n.4 -2002 - Istituto Nazionale Revisori Legali
Transcript
n.4 -2002 - Istituto Nazionale Revisori Legali
S O IL GIORNALE DEL REVISORE DIRETTORE DI REDAZIONE Virgilio Baresi, Agostino Basso, Gianluigi Bertolli, Modesto Bertolli, Andrea Boreatti, Gaetano Carnessale, Giovanni Battista De Muzio, Paolo Fontana, Giandomenico Genta, Andrea Mastroianni, Santino Mazzilli, Antonio Mirone, Massimo Pollini, Ubaldo Procaccini, Giuseppe Sanfilippo, Gaetano Scognamiglio, Michele Simone, Mario Tonucci COMITATO SCIENTIFICO Antonino Mirone, Mario Tonucci, Antonio Preto, Ernesto Currili, Angelo Deiana, Michele Del Castello, Alberto Cioni, Nicola Tonveronachi HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Francesco Arcadio, Roberto Belotti, Giacomo Bertocchini, Gianluigi Bertolli, Giuseppe Castronovo, Michele Del Castello, Serenella Di Donato, Michele Di Maio, Agostino Galeone, Domenico Napolitano, Achille Pellenghi, Ubaldo Procaccini EDITORE Istituto Nazionale Revisori Contabili Via Zuretti, 39 - 20125 Milano REDAZIONE Via Zuretti, 39 - 20125 Milano Tel. 02/67.38.311 r.a. Fax 02/67.38.31.26 - 02/67.38.31.24 E-mail: [email protected] 3 LA RESPONSABILITÀ RICHIEDE ANCHE UMILTÀ Modesto Bertolli 5 INTERESSI MORATORI PER RITARDATO PAGAMENTO Agostino Galeone PUBBLICITÀ Istituto Nazionale Revisori Contabili STAMPA Arti Grafiche Amilcare Pizzi SpA Via Amilcare Pizzi, 14 20092 Cinisello Balsamo (Mi) R I O Editoriale 10 COSTI DEDUCIBILI DA OPERAZIONI CON IMPRESE NON RESIDENTI Roberto Belotti 16 NEL PROCESSO TRIBUTARIO LE PARTI SONO INDIVIDUATE DALLA LEGGE Michele Del Castello 19 COMPATIBILITÀ TRA T.O.S.A.P. E CANONE CONCESSORIO Michele Di Maio 22 REVOCA O ANNULLAMENTO DELL’ATTO IMPUGNATO: “PAGA IL RICORRENTE” Francesco Arcadio 27 ONLUS: “GESTIONE DI UNA CASA DI RIPOSO PER ANZIANI” Gianluigi Bertolli 30 COSTITUZIONE IN GIUDIZIO: “IMPOSSIBILE L’UTILIZZO DELLE POSTE” Domenico Napolitano 31 REVOCABILE L’AMMISSIONE DI CONCORDATO PREVENTIVO Serenella Di Donato 33 A NAPOLI UN CONVEGNO SUL FALSO IN BILANCIO Ubaldo Procaccini 35 TRASMISSIONE TELEMATICA E FIRMA DIGITALE Achille Pellenghi 37 LETTERE a cura della redazione 40 FORTE INIZIATIVA A DIFESA DEL REVISORE CONTABILE a cura della Segreteria generale 41 I QUESITI DEI LETTORI a cura dell’I.N.R.C. 42 ACCERTAMENTI DELLE ENTRATE E IMPEGNI DI SPESA Giacomo Bertocchini 43 RIELEGGIBILITÀ DEL REVISORE NEGLI ENTI LOCALI Giuseppe Castronovo 45 SPECIALE a cura del Centro Studi Enti Locali ART DIRECTOR Laura Arcari IMPAGINAZIONE Kappadue srl A IL GIORNALE DEL REVISORE EDITORIALE Angelo Stradiotti COMITATO M GR RESPONSABILE Enrico Sassoon COORDINAMENTO M Registrazione Tribunale di Milano n. 9 del 15 gennaio 2001 NUOVA SERIE ANNO XXVI - NUMERO 4 Spedizione in abb. post. 45% - Art. 2 Comma 20/B legge 662/96 - Milano La redazione si riserva di modificare e abbreviare i testi originali. Gli articoli firmati rispecchiano il pensiero degli autori. Studi, servizi e articoli de “Il Giornale del Revisore” possono essere riprodotti purché ne sia citata la fonte. ISTRUZIONI PER GLI AUTORI I lavori non devono superare le 11.600 battute. I lavori dovranno essere inviati alla redazione di Milano: Via Zuretti, 39 preferibilmente per e-mail utilizzando un formato Word per Windows (MS-DOS o Macintosh) a questo indirizzo: [email protected] GARANZIA DI RISERVATEZZA Il trattamento dei dati personali che riguardano il destinatario viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla legge 675/96 sulla tutela dei dati personali. Il trattamento dei dati è effettuato al fine di aggiornare il destinatario su iniziative e offerte dell’editore. I dati non saranno comunicati o diffusi a terzi e per essi il destinatario potrà richiedere, in qualsiasi momento, la modifica o la cancellazione. 1 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 Lettere Notizie associative Il parere dell’esperto Enti locali Il revisore negli Enti locali IL GIORNALE DEL REVISORE CONVENZIONI ASSICURATIVE 2002 R.C. AUTO E AUTO RISCHI DIVERSI L’Istituto Nazionale Revisori Contabili e il gruppo SAI - compagnia Azzurra Assicurazioni per il tramite di B&S Insurance Brokers & Services - hanno stipulato una convenzione in esclusiva per tutti i Revisori Contabili a condizioni vantaggiosissime ed appositamente scontate per i Revisori. Possono aderire: Revisori in attività e in pensione, coniugi, figli, dipendenti/collaboratori dello studio Per aderire: (preventivi ed emissione contratti) Call Center dedicato numero verde 800.996.690 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00 R.C. PROFESSIONALE Rimane in vigore anche per il 2002 l’accordo con i Lloyd’s per la copertura dei rischi professionali a condizioni invariate Rischi assicurati: TUTTI i rischi professionali Per aderire: rivolgersi agli uffici B&S (in calce) COPERTURE INFORTUNI, SANITARIE, VITA A condizioni estremamente favorevoli per tutti i Revisori in attività ed in pensione, familiari, dipendenti e collaboratori Rischi assicurati: Morte, invalidità permanente, invalidità permanente da malattia, invalidità temporanea, diaria da infortunio e malattia, spese mediche, vita puro rischio Assicuratori: Chubb, Lloyd’s Per aderire: rivolgersi agli uffici B&S (in calce) UFFICI DEL GRUPPO B&S IN ITALIA MILANO Via Turati, 38 20121 Tel. 02.65 55 754 Fax 02.65 99 941 e-mail: [email protected] PADOVA P.zza De Gasperi, 12 35131 Tel. 049.87 50 990 Fax 049.87 50 974 e-mail: [email protected] UDINE Via Maniago, 2 33100 Tel. 0432.47 04 57 Fax 0432.47 95 29 e-mail: [email protected] GENOVA Via S. Luca,12/54 16124 Tel. 010.24 72 488 Fax 010.24 72 514 e-mail: [email protected] MARINA DI CARRARA V.le da Verrazzano,13 54036 Tel. 0585.63 11 14 Fax 0585.63 41 21 e-mail: [email protected] ROMA Via F. Mengotti, 45 00191 Tel. 06.32 97 654 Fax 06.32 97 769 e-mail: [email protected] UFFICIO CORRISPONDENTE: BROLO (Me) • 98061 Via Mazzini, 4 • Tel. 0941.56 25 27 • Fax 0941.56 25 28 • e-mail: [email protected] E D I T O R I A L E La responsabilità richiede anche umiltà Il rientro dalle ferie rappresenta un po’ l’apertura dell’anno solare accomunando in sé il distacco temporaneo dalla comune attività e la quasi nostalgia ad un rientro inconsciamente albergante nel nostro io come un desiderio inappagato. Comporta qualche fatica staccarsi da un mondo diverso incapace di soddisfare le nostre abitudini nelle faccende quotidiane delle quali portiamo a volte come un peso stressante che a pur breve distanza di tempo ci manca, ci disorienta e guarda caso non ci appaga. Dimostrato quindi che l’uomo mai trova tutto ciò che vorrebbe, non certo per colpa del mondo che lo circonda ma perché vittima di inquietudini molteplici e pressanti destinate a portarlo all’ostinata ricerca di qualche cosa che l’umana convivenza non offre. È in questa illusione che trascorre i suoi giorni su questo pianeta convinto di essere in possesso di quella felicità alla quale ogni essere umano agogna e che lo aiuta a raggiungere l’apice della sua esistenza nella credenza conforto dell’illusione di aver raggiunto la meta agognata. Ciò dovrebbe bastare a fare capire quanto sia appagante la reciproca umana comprensione, il sapersi capire, tollerare, collaborare, amare il prossimo che ci circonda esso stesso vittima di un comune destino non certo entusiasmante ma reso vivibile dall’umana comprensione delle reciproche debolezze. È ciò che io auguro ai miei colleghi perché capiscano che nessun privilegio differenzia l’uomo dal suo simile per cui il senso di solidarietà è l’unico vero antidoto ad un destino comune immodificabile ma sicuramente reso vivibile dall’umana solidarietà. E ai miei colleghi che come me hanno l’onere di responsabilità direttive in organismi di categoria vorrei ricordare che la nostra opera è tanto più al servizio di chi rappresentiamo quanto più sapremo essere umili nell’espletamento delle pesanti responsabilità che incombono sull’alto ruolo che ci è stato affidato, di cui dobbiamo essere degni mettendoci al servizio della categoria rappresentata, di quanti la 3 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 Modesto Bertolli Presidente dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili costituiscono, di tutti gli organismi con i quali esistono ruoli di rappresentanza partecipativa. Solo così dimostreremo di aver capito fino in fondo che il ruolo dei primi è la capacità di valutare il pregevole stato di chi sa essere ultimo. I grandi del passato infatti insegnano. Seneca sosteneva: “Nullius boni sine socio iucunda possessio”. Cioè a dire: “Il possesso di nessun bene è dolce se non è condiviso”. Modesto Bertolli IL GIORNALE DEL REVISORE DOMANDA DI ISCRIZIONE Io sottoscritto................................................................................................................ nato a ............................................................ Cod. Fisc. .................................................................................... Partita IVA .................................................................................... residente a ............................................................................................................................. CAP..................................................... Via/Piazza .................................................................................................................................................... Civ. .............................. Tel. ........./ ........................... Fax ........../ ...................................... E-mail ......................................................................................... con studio in.................................................. Via/Piazza............................................................................... Civ. ............................. I N V I A R E V I A FA X O S P E D I R E A L L A S E D E D I M I L A N O (Scrivere possibilmente in stampatello) Tel. ........./ ........................... Fax ........../ ...................................... E-mail ......................................................................................... iscritto nel Registro dei Revisori Contabili di cui al D.Lgs. 27.01.1992, n° 88 dal ......................................... con D.M. .................................... (G.U. n° ........ del .................................) chiedo di essere iscritto all’Istituto Nazionale Revisori Contabili dichiarando di conoscere e accettare incondizionatamente le norme dello Statuto dell’Istituto. Conseguentemente mi obbligo al pagamento sia della quota di iscrizione “una tantum” sia della quota annuale, e mi impegno di assolvere all’obbligo di detti pagamenti finché non cesserò di appartenere all’Istituto per dimissioni volontarie o per altra causa statutariamente disciplinata. Dichiaro infine che “l’attestato di iscrizione”, “il timbro nominativo” e la “Tessera Personale di riconoscimento” - che potranno essermi forniti - sono di proprietà dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili e dovranno essere da me restituiti all’Istituto stesso a semplice richiesta, nel caso di cessazione della mia appartenenza all’Istituto ai sensi dell’art. 6 dello Statuto Sociale e ciò a partire dalla data di cessazione. Data ........................................................ (firma autografa) In ottemperanza alle prescrizioni della legge n. 675/1996, Vi autorizzo espressamente a inserire le informazioni contenute nel presente modulo nel database informatico, conservato presso la sede di Milano, degli Iscritti all’associazione, che potranno chiederne la consultazione. Autorizzo l’utilizzo delle sole informazioni strettamente attinenti l’esercizio della professione, nel contesto di pubblicazioni e materiale divulgativo di varia natura, finalizzati a promuovere l’attività dell’Istituto e a diffonderne la conoscenza tra i soggetti con i quali l’Istituto stesso intrattiene rapporti utili per il raggiungimento dei propri scopi statutari. firma QUOTE ASSOCIATIVE - Quota iscrizione “una tantum” RIMBORSI DAI SOCI PER SERVIZI (franco destinatario) e 26,00 = (solo all’atto dell’iscrizione) comprensiva dell’attestato nominativo (1 copia) e 130,00 = - Quota associativa annuale comprensiva della Tessera di Riconoscimento - Timbro nominativo preinchiostrato con il logo dell’INRC - Distintivo in oro 750 (diam. mm. 18) - Distintivo in oro 750 (diam. mm. 12) - Medaglione argentato (diam. mm. 70) - Medaglione in bronzo (diam. mm. 70) - Attestato nominativo (mm. 420x295) (diam. mm. 37) e e e e e e 52,00 = 77,00 = 37,00 = 26,00 = 24,00 = 26,00 = TESSERE DI RICONOSCIMENTO DELL’ISTITUTO Le tessere di riconoscimento rilasciate agli associati verranno corredate dalla foto del titolare. Gli associati dovranno far pervenire alla Sede dell’Istituto due fotografie formato tessera a colori allegando fotocopia di un documento di identità personale, in corso di validità, munito di fotografia. Il numero e la data di scadenza della tessera andranno sempre riportati nelle comunicazioni con l’Istituto. RIEPILOGO VERSAMENTI QUOTE E RIMBORSI ❏ Quota associativa ❏ Rimborso spese timbro nominativo ❏ Quota iscrizione “una tantum” ❏ Rimborso spese distintivo ❏ Rimborso spese successivi attestati ❏ ............................................... Versamento di e .............................. effettuato in data .............................. sul c/c n. 952140 della Banca Popolare di Crema (ABI 05228 - CAB 01660). Si prega non utilizzare altre forme di pagamento. 4.2002 INTERESSI MORATORI PER RITARDATO PAGAMENTO l a direttiva in oggetto evidenziata, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L 200/35 dell’8 agosto 2000, al fine di tutelare direttamente le imprese ed indirettamente i posti di lavoro all’interno delle Comunità europee, ha sancito il principio dell’automatismo della corresponsione degli interessi di mora allorché il prezzo riferito ad una fornitura di beni o ad una prestazione di servizi sia pagato oltre il relativo termine stabilito contrattualmente o per legge. Tale direttiva, pur non essendo state emanate dall’Italia, entro l’8 agosto 2002, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per conformarsi alla stessa, avendo disciplinato dettagliatamente la materia, ha direttamente innovato l’ordinamento giuridico italiano. Le sue disposizioni immediatamente applicabili sono, quindi, pienamente efficaci dal 9 agosto 2002. Il Governo italiano aveva già approvato il 14 giugno 2002 uno schema di decreto legislativo finalizzato ad emanare una disciplina nazionale attuativa dei principi sanciti dalla direttiva europea, ma tale fonte di diritto non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Dal 9 agosto 2002 sono efficaci le disposizioni della direttiva n. 2000/35/CE del 29 giugno 2000 che sancisce l’automatismo degli interessi di mora per ritardati pagamenti di Agostino Galeone Ambito oggettivo La disciplina comunitaria in esame si applica soltanto ai contratti aventi ad oggetto la fornitura di beni o la prestazione di servizi verso la corresponsione di un prezzo. Ne rimangono esclusi i contratti relativi all’esecuzione di lavori pubblici, per i quali si applicano le specifiche disposizioni previste dagli articoli 29 e 30 del Capitolato generale di appalto dei lavori pubblici approvato con Decreto del Ministro dei LL.PP. 19.04.2000 n. 145. Nelle ipotesi di contratto “misto”, ossia il cui oggetto preveda la fornitura non soltanto di beni e/o di servizi ma anche i lavori per la loro realizzazione o posa in opera, occorre dapprima decidere la natura del contratto secondo le rispettive normative comunitarie e, quindi, a seconda se sia 5 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 predominante la fornitura dei beni o dei servizi ovvero dei lavori, si può applicare la relativa disciplina attinente agli interessi moratori corrispondenti. La disciplina di questa direttiva si applica a tutti i contratti, prescindendo dalla tipologia della sua natura – atto pubblico, scrittura privata, per adesione, ecc. – e dalla sua forma – scritta o verbale – prescelte, purché abbiano i predetti elementi oggettivi. Con riferimento ai contratti da stipularsi da una pubblica amministrazione in quanto parte debitrice del prezzo, si suggerisce, al fine di poter applicare le condizioni ed i termini più favorevoli per l’eventuale pagamento di interessi moratori, di prevedere tali elementi accidentali espressamente nel bando e nella lettera di invito e nel capitolato speciale, perché, altrimenti, non si possono imporre unilateralmente nel conseguenziale contratto da perfezionarsi formalmente o informalmente. Ove la scelta del contraente sia da effettuarsi mediante una informale trattativa privata, è indispensabile che l’ordinazione della fornitura dei beni o della prestazione dei servizi sia effettuata per iscritto, di modo che le condizioni ed i termini più favorevoli rispetto a LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DOVREBBE PREVEDERE LE CONDIZIONI PER L’EVENTUALE PAGAMENTO DI INTERESSI MORATORI NEL BANDO E NEL CAPITOLATO IL GIORNALE DEL REVISORE quelli legali siano riportati quanto meno nella stessa lettera di ordinazione unitamente alla previsione della loro accettazione, anche tacita, da parte del futuro creditore del prezzo quale condizione essenziale per il perfezionamento del contratto, soprattutto se quest’ultimo si perfezionerà in forma verbale o per adesione espressa o implicita. Ambito soggettivo La disciplina dettata dalla direttiva 2000/35/CE si applica a tutti i contratti stipulati tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, le cui prestazioni siano costituite dalla forniIL CREDITORE tura di beni o di servizi verso la HA DIRITTO AGLI corresponsione di un prezzo. INTERESSI DI MORA L’impresa è definita qualsiasi soggetto esercente non soltanto una TRASCORSO attività economica organizzata ma IL TERMINE anche una libera professione, pure se espletata da una sola persona. DI PAGAMENTO Per individuare quali siano le pubPATTUITO bliche amministrazioni non si deve SENZA ALCUNA fare riferimento alla normativa italiana, quale ad esempio l’elencazioNECESSITÀ ne prevista dall’art. 1, comma 2, DI ATTI FORMALI del D.L.vo 30.03.2001 n. 165 maggiormente utilizzata dal legislatore nazionale, bensì alle direttive comunitarie sugli appalti pubblici n. 92/50/CEE, n. 93/36/CEE, n. 93/37/CEE e n. 93/38/CEE, espressamente citate nella direttiva. Contenuto del principio di automatismo In base al principio di automatismo sancito dalla direttiva in esame: a) il creditore diviene “ipso jure” titolare del diritto di percepire dal debitore gli interessi moratori con il solo trascorrere del termine utile contrattuale o legale entro cui avrebbe dovuto pagare il prezzo pattuito, senza necessità che egli IL GIORNALE DEL REVISORE rivolga al debitore alcun atto formale di sollecito o di diffida con messa in mora per il pagamento del prezzo; ma tale diritto sorge a condizione che il creditore abbia adempiuto esattamente agli obblighi contrattuali e di legge e che il ritardo nel ricevere il pagamento dell’importo dovuto non sia da imputare al debitore; il debitore può tuttavia rinunciare espressamente o tacitamente a percepire detti interessi; b) gli interessi moratori cominciano a decorrere dal giorno successivo: - al termine di pagamento previsto dal contratto (data di scadenza o fine del periodo); ovvero, in mancanza di un termine contrattuale, - al termine previsto dalla direttiva, ossia trascorsi 30 giorni: - dalla data in cui il debitore ha ricevuto la fattura o una richiesta equivalente di pagamento; - dalla data in cui il debitore ha ricevuto le merci o la prestazione dei servizi, se la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento sia incerta o anteriore alla data di ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; - dalla data in cui è stata accertata o verificata la conformità delle merci o dei servizi al contratto, secondo la procedura prevista dalla legge o dal contratto, se il debitore ha ricevuto la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data di accettazione o di verifica; c) il tasso legale degli interessi moratori è predeterminato dalla direttiva, ma con il contratto può essere pattuito un tasso diverso; 6 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 d) al creditore è attribuito “ipso jure” anche il diritto al “risarcimento ragionevole”, basato sui principi della “trasparenza” e della “proporzionalità”, per tutte le spese sopportate per recuperare il prezzo contrattuale e gli interessi di mora; e ciò purché il ritardo non sia imputabile al debitore. Si evidenzia che per non incorrere nell’obbligo di dover pagare gli interessi moratori occorre che il creditore sia posto nelle condizioni di riscuotere il proprio credito entro il termine contrattuale o legale. Si rende necessario, pertanto, sussistendone tutti i presupposti per il pagamento del prezzo entro il termine contrattuale o legale, che tutti gli atti e gli adempimenti prodromici relativi alla liquidazione – cioè all’accertamento del creditore, alla ragione ed all’ammontare del credito – siano emanati dal competente ufficio in tempo utile a ché anche l’ufficio di ragioneria possa emettere il relativo mandato di pagamento, dandone comunicazione al creditore, prima che scada il predetto termine. Ai fini di cui sopra, sarebbe opportuno che pure le modalità di pagamento, in una delle forme previste dall’ordinamento giuridico, fossero predeterminate e comunque pattuite al pari del termine utile per il pagamento del prezzo. Sino a quando lo Stato italiano non emanerà eventuali disposizioni che escludano tutte o alcune delle fattispecie di seguito indicate, la direttiva comunitaria si deve applicare anche: - ai debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore; - ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002; IL CREDITORE DEVE POTER - alle richieste di interessi di importo complessivo inferiore a cinque euro. A ciascuno degli Stati membri della Comunità Europea è consentito: - determinare, nel rispetto dei principi di trasparenza e proporzionalità, un tetto massimo del risarcimento per i costi sopportati per il recupero da parte del creditore delle somme dovute, tetto da distinguere per scaglioni di debito; - ampliare il predetto termine legale alla cui scadenza sono dovuti gli interessi soltanto per alcune categorie di contratti individuate dal legislatore nazionale: - fino a 60 giorni, purché la normativa statale dichiari che le parti non possano derogare contrattualmente a tale termine più lungo; - oltre il periodo legale di 30 giorni con determinazione contrattuale delle parti, purché la normativa statale stabilisca, dichiarandolo inderogabile, un tasso legale di interesse “sensibilmente” superiore al tasso legale (questa facoltà, così esposta, è una interpretazione soggettiva del sottoscritto). Nella materia, la disciplina comunitaria in esame assume la rilevanza di normativa generale, la quale, si ritiene, possa essere oggetto di deroga da parte del legislatore nazionale con normative speciali purché nel rispetto dei principi e dei limiti dalla stessa dettati. Da tale assunto consegue che le normative speciali preesistenti, quale quella per il pagamento degli onorari degli ingegneri ed architetti di cui al paragrafo 9 dell’allegato alla legge 3 marzo OTTENERE ENTRO 90 GIORNI DALLA DATA DELL’EVENTUALE RICORSO UN TITOLO ESECUTIVO PER OTTENERE LA LIQUIDAZIONE DEL CREDITO 1949 n. 143, seppure risultassero quanto al termine e/o al tasso d’interessi legali più favorevoli per i creditori, devono intendersi tacitamente abrogate dalla direttiva 2000/35/CE perché, essendo entrata in vigore successivamente, ha disciplinato “ex novo” l’intera materia, e ciò a norma dell’art. 15 delle Disposizioni sulla legge in generale. Rimedi contro le condizioni gravemente inique Ciascuno degli Stati membri può disporre che l’eventuale accordo tra le parti sulla determinazione della data di pagamento o sugli effetti conseguenti al ritardato pagamento, non conforme alle disposizioni di cui al comma 1, lettere b), c) e d), e al comma 2 della direttiva, sia dichiarato nullo di diritto e non produttivo del risarcimento del danno, se, tenuto conto di tutte le circostanze attinenti alla fattispecie ivi compresa la corretta prassi commerciale e la natura del prodotto, risulti “gravemente iniquo” per il creditore. In tal caso si applicheranno di diritto i termini legali, salvo che al giudice nazionale non sia data la possibilità di riportare il contratto ad equità. Ai fini della determinazione dell’iniquità occorre anche valutare eventuali motivi oggettivi giustificativi del fatto che il debitore abbia ignorato le predette pre- 7 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 scrittive disposizioni comunitarie. Ogni Stato membro deve assicurare, nell’interesse dei creditori e dei concorrenti, l’esistenza di mezzi giuridici efficaci ed idonei che impediscano il continuo ricorso alle predette condizioni gravemente inique. Riserva di proprietà Limitatamente ai contratti aventi quale oggetto la fornitura di beni, ciascuno degli Stati membri prevede una apposita normativa che riconosca e garantisca al venditore di conservare il diritto di proprietà dei beni finché il prezzo non sia stato pagato nella sua interezza, e ciò allorché tra le parti sia stata pattuita, prima della consegna dei beni, una clausola di riserva della proprietà. Tale disciplina deve essere conforme alle norme nazionali in materia che siano applicabili secondo il diritto internazionale privato. Termine per ottenere un titolo esecutivo Qualora non siano oggetto di contestazione l’esistenza del debito ed il suo ammontare o gli aspetti procedurali, l’ordinamento giuridico di ogni Stato membro deve assicurare al creditore di ottenere entro 90 giorni di calendario, decorrenti dalla data di presentazione del ricorso o di proposizione della domanda alla autorità giurisdizionale o ad altra autorità competente, al netto dei periodi necessari per le notificazioni ed i ritardi imputabili al creditore, un titolo esecutivo – una sentenza, un decreto ingiuntivo, ecc. – per ottenere il soddisfacimento del suo credito, qualunque ne sia l’importo. Agostino Galeone IL GIORNALE DEL REVISORE Inserzione pubblicitaria Inserzione pubblicitaria COSTI DEDUCIBILI DA OPERAZIONI CON IMPRESE NON RESIDENTI c on l’individuazione dei paesi a bassa fiscalità (c.d. paradisi fiscali) avvenuta attraverso il decreto del Ministero Economia e Finanze del 23.01.2002 si completa il quadro delle norme antielusive che era stato per la prima volta introdotto nel nostro ordinamento dalla L. 413/91 art. 11 comma 12. Come noto, lo scopo della norma è quello di escludere o limitare, sottoponendoli a particolari condizioni, la deduzione dei componenti negativi del reddito d’impresa derivanti da operazioni (in un primo tempo solo infragruppo) con aziende localizzate in paesi a bassa fiscalità, al fine di evitare appunto artificiose riduzioni di reddito imponibile non accompagnate dall’effettività della spesa. Mentre nella formulazione originaria la detrazione delle spese e degli altri componenti negativi si riferiva a soggetti, non appartenenti all’Unione Europea, che erano controllanti o controllati dall’impresa residente, dopo una complessa evoluzione normativa, si è pervenuti all’attuale criterio secondo cui la spesabilità di IL GIORNALE DEL REVISORE Con l’individuazione dei paesi a bassa fiscalità si completa il quadro delle norme antielusive introdotto dalla Legge 413/91 art. 11 comma 12 di Roberto Belotti un onere è subordinata alla condizione che il fornitore estero svolga prevalentemente un’attività commerciale effettiva (vedi tabella 1). È bene subito notare che la limitazione riguarda soltanto i soggetti che agiscono nell’esercizio d’impresa e non si riferisce ai lavoratori autonomi. L’originaria individuazione degli Stati o territori non UE aventi un regime fiscale privilegiato nel D.M. 24.04.1992 La L. 413 del 1991 introduceva per la prima volta nel nostro ordinamento tributario l’indetraibilità di spese ed oneri fatturati da società fiscalmente domiciliate in paradisi fiscali; in quest’ottica venivano aggiunti al- 10 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 l’art. 76 del TUIR i nuovi comma 7-bis e 7-ter. Nella versione attuale, che si rinviene dopo le modifiche da ultimo apportate con la L. 448/2001, la deducibilità delle menzionate spese si riferisce ad operazioni intercorse tra residenti e imprese non residenti. Siccome la nozione d’impresa è più ampia di quella di società in quanto può contemplare altri soggetti tra cui enti commerciali e ditte individuali, è evidente che l’ampliamento del raggio d’azione della norma consente di ricomprendere fornitori esteri che prima ne erano di fatto esclusi. Oltre a questa modesta differenziazione tuttavia, la deducibilità delle forniture da parte di imprese appartenenti a territori a bassa fiscalità era subordinata al rapporto di controllo così come individuato nell’art. 2359 c.c. in base al quale sono considerate controllate: 1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; 2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; 3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Nel comma 7-bis veniva inoltre considerato privilegiato il regime dello Stato o del territorio estero che esclude da imposte sul reddito o che sottopone i redditi conseguiti dalle società fornitrici ad un’imposizione in misura inferiore alla metà di quella applicata in Italia. Il rapporto di controllo, nell’accezione prevista dall’art. 2359 c.c., consentiva all’impresa residente di fornire la prova che il soggetto estero svolgesse effettivamente e prevalentemente un’attività commerciale effettiva in quanto (ad esempio) il particolare vincolo contrattuale o l’influenza dominante dava la possibilità di avere senza alcun margine di dubbio le informazioni essenziali della controllata (così anche in R. Rizzardi in “Il punto fiscale” n. 2 - maggio 2000, Pirola editore, pag. 191). Fermo restando il potere dell’Amministrazione di verificare l’effettiva esecuzione dell’operazione, la prova non doveva essere fornita qualora il contribuente avesse chiesto il parere preventivo dell’Amministrazione e l’avesse ottenuto realizzandolo nei termini proposti (artt. 21 e 11 comma 13 L. 413/1991). È da notare che con la stessa legge del 1991 veniva per la prima volta istituito, nel contesto dell’ordinamento tributario, l’interpello dell’Amministrazione tributaria da parte del contribuente e cioè la possibilità di consultare preventivamente il fisco su un caso concreto. In sostanza, quindi, per conseguire la deducibilità delle spese predette, o veniva dimostrato l’effettivo svolgimento di un’attività commerciale della controllante estera, oppure la richiesta di parere preventivo inoltrato presso il Ministero aveva avuto esito positivo. In attuazione all’originario comma 7-bis dell’art. 76, veniva emanato il D.M. 24 aprile 1992, nel quale si distingueva fra: a. Paesi o territori aventi comunque un regime fiscale privilegiato (art. 1); b. Paesi sospetti salvo che per alcuni tipi di società (art. 2); c. Paesi considerati paradisi fiscali limitatamente ad alcuni soggetti o attività espressamente individuate. In realtà, la condizione posta dalla legge del rapporto di controllo o collegamento col fornitore estero era facilmente bypassabile dall’impresa residente, perché sarebbe bastata l’interposizione fittizia di un terzo soggetto o il controllo indiretto tramite fiduciaria per far cadere (almeno apparentemente) il castello della presunzione. In effetti non si ha notizia di parti- colari istanze di interpello volte a consentire la deducibilità dei componenti negativi fatturati da imprese domiciliate nei c.d. paradisi fiscali, né tantomeno sembra che questa norma sia stata fonte di un numero frequente di accertamenti. La formulazione della norma con le modifiche apportate dalla L. 342/2000 Con l’art. 1 comma 1 lett. b) della L. 342/2000 vengono considerati indeducibili le spese e gli altri componenti negativi di operazioni fra imprese residenti ed imprese domiciliate nei c.d. paradisi fiscali evitando definitivamente il riferimento a soggetti controllanti o controllati. Quindi, già da questo momento, si spezza la catena alla quale era originariamente agganciata la deducibilità o meno del costo, visto che l’inciso non è più indirizzato a fornitori controllati o controllanti ma piuttosto semplicemente a fornitori non residenti appartenenti a territori con regime fiscale privilegiato. Questi regimi o territori che avrebbero dovuto essere indivi- Tabella 1: CONDIZIONI PREVISTE DALLA LEGGE SULLA INDEDUCIBILITÀ DI COSTI SOSTENUTI CON IMPRESE ESTERE Entrata in vigore 4 febbraio 2002 Soggetti residenti Imprese Paesi non UE interessati Black list di cui al decreto 23 gennaio 2002 Condizioni per l’applicabilità Rapporti con imprese estere da cui derivano componenti negativi di reddito Condizioni per l’inapplicabilità A seguito di richiesta dell’amministrazione finanziaria inoltro nel termine di 90 giorni di alcuni elementi di prova Prova contraria 1. l’impresa estera svolge prevalentemente un’attività commerciale effettiva; 2. l’operazione risponde a un effettivo interesse economico e ha avuto concreta esecuzione 11 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE Tabella 2: ELENCO DEI PARADISI FISCALI DI CUI AL D.M. 23.1.2002 (G.U. 4 FEBBRAIO 2002 N. 29) Stati e territori considerati paradisi fiscali per presunzione assoluta Stati e territori considerati paradisi fiscali con la sola esclusione di alcune attività espressamente individuate Stati e territori considerati paradisi fiscali limitatamente ai soggetti e all’attività per ciascuno di essi indicato Clausola residuale Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Cipro, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Singapore, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu. 1) Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; 2) Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate a imposta; 3) Kuwait, con esclusione delle società con partecipazione straniera superiore al 47% se soggette a imposizione con le aliquote previste dall’Amiri Decree n. 3 del 1955 o superiore al 45% se soggette a imposizione con le aliquote previste dalla locale legge n. 23 del 1961, sempre che tali società non usufruiscano dei regimi agevolati previsti dalle locali leggi n. 12 del 1998 e n. 8 del 2001; 4) Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato. 1) Angola, con riferimento alle società petrolifere che hanno ottenuto l’esenzione dall’Oil lncome Tax, alle società che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori fondamentali dell’economia angolana e per gli investimenti previsti dal Foreign Investment Code; 2) Antigua, con riferimento alle international business companies, esercenti le loro attività al di fuori del territorio di Antigua, quali quelle di cui all’lnternational Business Corporation Act, n. 28 del 1982 e successive modifiche e integrazioni, nonché con riferimento alle società che producono prodotti autorizzati, quali quelli di cui alla locale legge n. 18 del 1975, e successive modifiche e integrazioni; 3) Corea del Sud, con riferimento alle società che godono delle agevolazioni previste dalla tax Incentives Limitation Law; 4) Costa Rica, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché con riferimento alle società esercenti attività ad alta tecnologia; 5) Dominica, con riferimento alle international companies esercenti l’attività all’estero; 6) Ecuador, con riferimento alle società operanti nelle Free Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi; 7) Giamaica, con riferimento alle società di produzione per l’esportazione che usufruiscono dei benefici fiscali dell’Export Industry Encourage Act e alle società localizzate nei territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act; 8) Kenia, con riferimento alle società insediate nelle Export Processing Zones; 9) Malta, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, quali quelle di cui al Malta Financial Services Centre Act, alle società di cui al Malta Merchant Shipping Act e alle società di cui al Malta Freeport Act; 10) Mauritius, con riferimento alle società “certificate” che si occupano di servizi all’export, espansione industriale, gestione turistica, costruzioni industriali e cliniche e che sono soggette a Corporate Tax in misura ridotta, alle Off-shore Companies e alle International Companies; 11) Panama, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, secondo la legislazione di Panama, alle società situate nella Colon Free Zone e alle società operanti nelle Export Processing Zone; 12) Portorico, con riferimento alle società esercenti attività bancarie e alle società previste dal Puerto Rico Taxi Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico Tourist Development Act del 1993; 13) Svizzera, con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”; 14) Uruguay, con riferimento alle società esercenti attività bancarie e alle holding che esercitano esclusivamente attività off-shore. Le disposizioni menzionate si applicano altresì ai soggetti e alle attività insediati negli Stati di cui sopra che usufruiscono di regimi fiscali agevolati sostanzialmente analoghi a quelli ivi indicati, in virtù di accordi o provvedimenti dell’ Amministrazione finanziaria dei medesimi Stati. duati con decreto da pubblicare in G.U. in ragione, non già di un’imposizione inferiore alla metà di quella applicabile in Italia come nel testo previgente IL GIORNALE DEL REVISORE dalla L. 413/91, ma piuttosto in funzione alternativamente: • del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicabile in Italia, 12 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 • della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, non sono stati immediatamente individuati. Nella L. 342, tuttavia, ci si limitava a precisare che la deduzione delle spese e dei componenti negativi era subordinata al fatto che l’impresa residente fornisse la prova che il fornitore estero svolgesse principalmente un’attività industriale o commerciale effettiva nel paese in cui aveva sede. Eliminato l’inciso del controllo o del collegamento come anzidetto, era chiaro che questa prova era impossibile da fornire perché mentre si potevano dare le informazioni su una controllata, altrettanto non si poteva dire lo stesso di un fornitore con il quale non c’era alcun rapporto societario. Al comma 7-ter dell’art. 76 veniva aggiunto che la deduzione delle spese e degli altri componenti negativi era comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontari dedotti. Il ripristino della condizione originaria apportato dalla legge finanziaria per il 2002 Accortosi dell’impossibilità da parte dell’impresa residente di dimostrare che il fornitore estero, con il quale non c’era alcun tipo di controllo o collegamento, svolgesse una reale attività commerciale, il legislatore ha ripristinato la condizione originaria prevista nella L. 413/1991 e cioè che la deduzione dei costi era possibile anche quando si era in grado di dimostrare che l’operazione posta in essere rispondesse a un effettivo interesse economico e che la stessa aveva avuto concreta esecuzione (cfr.: Assonime, circolare 28.11.2001 n. 52 par. 5). Il quadro attuale La travagliata evoluzione normativa porta all’attuale formulazione dell’art. 76 commi 7-bis e 7ter del TUIR secondo la quale in sostanza (vedi tabella 3): a) le spese e i componenti negativi da fornitori residenti in paradisi fiscali non appartenenti alla UE non sono in linea di principio deducibili; b) la detraibilità delle spese è comunque subordinata alla separata indicazione in dichiarazione dei redditi; c) la deduzione è ammessa quando l’impresa residente fornisce alternativamente la prova che il fornitore svolge un’attività effettiva oppure che l’operazione risponde a un reale interesse economico ed ha avuto concreta esecuzione; d) prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento l’Amministrazione concede al contribuente 90 giorni di tempo per fornire la prova sull’effettività dell’operazione; e) è possibile conoscere l’avviso dell’Amministrazione in merito alla natura e al relativo trattamento tributario dell’operazione che si intende porre in essere, previo interpello ex art. 21 L. 413/1991. Volendo fare un esempio, se l’impresa residente “Manifattura srl” dovesse acquistare una partita di materie prime dalla società “Omega srl”, domiciliata in un paradiso fiscale, la prima potrebbe temporaneamente ammettere in deduzione nella propria di- Tabella 3: LA DEDUZIONE DELLE SPESE NEI RAPPORTI CON I PARADISI FISCALI Soggetti destinatari Aziende residenti titolari di redditi di impresa (Spa, Srl, Snc, Sas, cooperative, imprese individuali, enti commerciali). No lavoratori autonomi. Fornitori non UE localizzati in paradisi fiscali Imprese estere con domicilio fiscale nei paesi o territori indicati nel d.m. 23.1.2002; non è determinante il rapporto di controllo o collegamento. Tipologia di spesa Spese per l’acquisto di beni e servizi nonché ogni altro componente negativo; è dubbio se si possano dedurre gli ammortamenti su beni strumentali importati dai c.d. paradisi fiscali. Indeducibile Strumentali importati dai c.d. paradisi fiscali. Come fornire la prova contraria La deduzione delle spese e degli altri componenti negativi è subordinata al fatto che il fornitore estero svolga prevalentemente un’attività commerciale effettiva. In alternativa la detrazione degli oneri si può altresì ottenere fornendo la prova che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Interpello È possibile conoscere l’avviso dell’Amministrazione in merito alla natura e al relativo trattamento tributario dell’operazione che si intende porre in essere. Indicazioni in Unico La detrazione delle spese è subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi. Rapporti con la normativa CFC (art. 127-bis TUIR) Il regime di indeducibilità non si applica per le operazioni intercorse con soggetti non residenti controllati soggetti al regime dell’art. 127-bis TUIR (reddito della CFC tassato per trasparenza in capo all’azienda residente). chiarazione la spesa sostenuta, con l’accortezza di annotarne separatamente l’ammontare. In un secondo tempo, l’Amministrazione chiederebbe al contribuente residente di dimostrare che “Omega srl” svolge effettivamente e prevalentemente quell’attività commerciale oppure che quella particolare operazione d’importazione sia funzionale al ciclo produttivo dell’impresa acquirente e che, tramite contabili bancarie, documenti doganali o simili, abbia avuto concreta esecuzione. L’impresa italiana ha 90 giorni di tempo per fornire queste prove ma, come innanzi precisato, è estremamente difficile dimostrare al fisco italiano che il soggetto non residente svolge o meno un’effettiva attività commerciale se non si è controllanti o controllati, perché questo lo si può 13 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 desumere soltanto da visure della Camera di commercio locale o da altri organismi equipollenti. Fra le cause che possono consentire di dimostrare l’effettiva attività industriale e commerciale, la circolare 18/E del 18 febbraio 2002, nel trattare la disciplina CFC dell’art. 127-bis TUIR, ha ritenuto opportuno evidenziare i seguenti elementi: • atto costitutivo o statuto dal quale si possano ricavare notizie utili circa l’attività svolta nello Stato o territorio incluso nella black list; • relazione descrittiva della struttura organizzativa dedicata allo svolgimento dell’attività principale o della stabile organizzazione localizzata in uno Stato o territorio inclusi nella black list, con adeguata documentazione di supporto (normativa e delibere disciplinanti gli organi IL GIORNALE DEL REVISORE Tabella 4: L’ENTRATA IN VIGORE A STEP Esercizi Norma di riferimento 24.11.2001 - 31.12.2001 Vecchio art. 76 TUIR e black list del 24.04.1992 01.01.2002 - 03.02.2002 Nuovo art. 76 TUIR e black list del 24.04.1992 Dal 04.02.2002 Nuovo art. 76 TUIR e black list del 23.01.2002 sociali e la loro attività, contratti di lavoro, descrizione delle mansioni svolte dei dipendenti di qualifica più elevata, autorizzazioni delle autorità locali, disponibilità di locali ad uso civile o industriale, utenze, etc.). La tipologia di spese ed oneri per i quali la legge non ammette la deduzione è senz’altro riferibile all’acquisto di beni tra cui materie prime, semilavorati, prodotti finiti, etc. e anche sicuramente servizi (nel comma 7-bis si parla di “altri componenti negativi”) tra cui si può indicare in maniera esemplificativa ma non esaustiva le prestazioni, le consulenze, le lavorazioni ed altre attività di servizio. Non è chiaro se la norma possa essere applicabile anche agli ammortamenti di beni strumentali importati dai c.d. paradisi fiscali (cfr.: Luca Gaiani in “Informatore Pirola” n. 9/2002 pag. 80). Qualora l’amministrazione non ritenga idonee le prove addotte dall’importatore, rettificherà la sua dichiarazione considerando indeducibile la spesa originariamente dedotta e dandone specifica motivazione nell’avviso di accertamento. La black list dal 23 gennaio 2002 Lo schema è sostanzialmente lo stesso del d.m. 24 aprile 1992 (vedi tabella 2); fra i paradisi fiscali considerati tali per presunzione assoluta vengono aggiunti il Brunei, Cipro, le Filippine, Gibilterra, il Libano, Singapore ed altri territori minori. Per quello che riguarda gli Stati considerati paradisi fiscali con la sola esclusione di alcune attività espressamente considerate viene aggiunto il Kuwait (vengono escluse le società con partecipazione straniera superiore al 47 o al 45%) e Monaco (vengono escluse le sole società che producono il 25% almeno del fatturato fuori dal Principato). Infine tra le disposizioni dell’art. 3 è importante evidenziare che viene inclusa anche la Svizzera ma solo con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali quali le holding ausiliarie e di “domicilio”. Entrata in vigore L’entata in vigore del provvedimento è fonte di altrettante incertezze, come già evidenziato da autorevole dottrina (cfr.: Siegfried Mayr in “Corriere tributario” n. 27/2002 pag. 2428; Vincenzo Evangelista in “La settimana fiscale” n. 9 pag. 25; circolare Assonime 18 luglio 2002 n. 52) in quanto è possibile distinguere fra tre momenti diversi (vedi tabella 4): a) sino al 31 dicembre 2001 secondo l’Assonime i paradisi fiscali erano quelli individuati nella vecchia black list di cui al d.m. 24 aprile 1992 nel contesto del regime di indeducibilità del vecchio art. 76 TUIR; b) dal 1° gennaio al 3 febbraio 2002 rivive la vecchia black list del d.m. 24 aprile 1992 ma collegata al nuovo comma 7-bis art. 76 TUIR; c) dal 4 febbraio in poi, spiega la sua efficacia il d.m. 23 gennaio 2002. Roberto Belotti Visitate il sito dell’Istituto! Normativa e giurisprudenza sulla figura del Revisore, attività sindacale dell’Istituto, risposte ai quesiti relativi alla professione, accordi con le istituzioni e convenzioni economiche a favore degli associati, indici del “Giornale dei Revisori”, link ai siti più interessanti per la professione: questi i principali contenuti del sito. Visitatelo all’indirizzo: w w w. r e v i s o r i . i t IL GIORNALE DEL REVISORE 14 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 L’INRC, oltre alla tutela e rappresentanza della figura del Revisore Contabile e all’assistenza per l’esercizio della professione, offre ai propri associati i benefici di accordi con Enti e Aziende leader di settore per migliorare la propria attività e avere condizioni di acquisto favorevoli di prodotti e servizi. Gli accordi fino ad oggi sottoscritti sono: INPS intesa per migliorare il servizio agli utenti e convenzione per le attività e compensi relativi INAIL intesa per migliorare il servizio agli utenti B&S insurance Brokers & Services convenzione per condizioni agevolate per la copertura R.C. PROFESSIONALE (assicuratori LLOYD’S) R.C. AUTO E AUTO RISCHI DIVERSI (assicuratori SAI) COPERTURE INFORTUNI, SANITARIE, VITA (assicuratori CHUBB, LLOYD’S) INFOCAMERE Gestione di servizi telematici per gli associati FIAT AUTO convenzione per sconti sull’acquisto di vetture ALFA ROMEO, FIAT, LANCIA BANCA INTESA BCI Condizioni particolari su tassi, valuta, operazioni e spese TELECOM convenzione per l’utilizzo di INTERNET tramite il collegamento ADSL ad alta velocità garantita GRANDI ALBERGHI convenzioni per tariffe speciali con gli alberghi BASTIANI di Grosseto, MARCONI di Milano, RAFFAELLO di Roma, LE SORGENTI di Montecatini Terme, JOLLY HOTELS e STARHOTELS I dettagli delle convenzioni sono reperibili alla pagina “convenzioni” sul sito www.revisori.it Condizione necessaria per ottenere i benefici delle convenzioni è l’iscrizione all’INRC, nelle pagine di questa rivista il coupon per associarsi. NEL PROCESSO TRIBUTARIO LE PARTI SONO INDIVIDUATE DALLA LEGGE u na recente Sentenza della Corte di Cassazione conferma quanto detto nel n. 1 della nostra rivista. Le impugnazioni avverso gli atti emessi dai Centri Operativi vanno presentate direttamente ai predetti Uffici. Nel primo numero di quest’anno, su queste colonne, commentammo il provvedimento emanato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate con il quale si sopprimevano tutti i Centri di Servizio e, contemporaneamente, si istituivano due nuovi Uffici: i Centri Operativi di Venezia e di Pescara. I nostri dubbi sulla costituzionalità di un provvedimento direttoriale che abolisce una Legge dello Stato erano forti ma i dubbi circa le sue conseguenze furono ben maggiori. In buona sostanza ponemmo un problema di competenza territoriale nel contenzioso nel caso si dovesse impugnare un atto emesso da uno dei due centri operativi. In particolare il contribuente che volesse contestare un provvedimento – omesso o negato – da uno dei due nuovi Uffici deve farlo presso quel medesimo Centro IL GIORNALE DEL REVISORE La norma individua con chiarezza sia l’Ufficio cui notificare il ricorso sia la Commissione Tributaria Provinciale ove costituirsi di Michele Del Castello Operativo oppure presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente sulla residenza del contribuente medesimo? La differenza è fondamentale perché nel primo caso la costituzione in giudizio deve avvenire presso la Commissione Tributaria Provinciale dove ha sede il Centro Operativo (Venezia o Pescara); invece nel caso che il ricorso deve essere notificato presso l’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate la costituzione in giudizio deve avvenire presso la Commissione Tributaria Provinciale ove risiede il contribuente. Le nostre perplessità nascevano dal fatto che l’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 546/92 individua la “parte nel processo tributario nell’ufficio del Ministero 16 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 delle finanze…” e continua dicendo “... se l’ufficio è un centro di servizio, l’ufficio del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso”. L’articolo 4 individua la competenza territoriale delle Commissioni Tributarie in questa maniera “nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle finanze … che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio, è competente la Commissione Tributaria Provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso”. La formulazione letterale della Legge è chiara ed è perfettamente speculare sia nella individuazione dell’Ufficio a cui va notificato il ricorso – quello che ha emesso l’atto che si vuole impugnare – sia della Commissione Tributaria Provinciale ove ci si deve costituire – quella nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’Ufficio che emette l’atto impugnato. L’unica eccezione prevista dalla norma è relativa ai Centri di Servizio che sono stati abrogati a decorrere dal 31/12/2001 e, L’ISTITUZIONE DI DUE SOLI pertanto, tale eccezione risulta inefficace da tale data. Ebbene la nostra interpretazione trova ora conforto in una recentissima pronuncia della Sezione tributaria della Corte di Cassazione – Sentenza n° 11570 depositata il 2 agosto 2002. L’oggetto del contendere era questo: è ammissibile un appello presso la Commissione Tributaria Regionale firmato e prodotto direttamente dal Ministero delle Finanze invece che dall’Ufficio locale del Ministero delle Finanze? La Suprema Corte ritiene l’appello inammissibile poiché “... è la formulazione letterale della legge che indica come parti nel procedimento dinanzi alle Commissioni Tributarie i singoli Uffici fiscali, e che non appare superabile, o suscettibile di interpretazioni estensive, che consentano di considerare possibile parte di questi giudizi anche il Ministero delle Finanze in prima persona”. In buona sostanza la individuazione delle parti processuali è estremamente rigorosa e bisogna attenersi scrupolosamente al tenore letterale della Legge. Ritornando alla fattispecie dei Centri Operativi la conseguenza è evidente: o si modificano gli articoli 4 e 10 del Decreto Legislativo n° 546/92 introducendo per i Centri Operativi un’eccezione simile a quella preesistente per i Centri di Servizio oppure i ricorsi avverso gli atti emessi dai Centri dovranno essere notificati ai predetti Uffici e la costituzione in giudizio dovrà avvenire, a prescindere dalla residenza del contribuente, presso le Commissioni Tributarie Provinciali di Venezia e di Pescara rispettivamente competenti territorialmente. CENTRI OPERATIVI A VENEZIA E PESCARA IMPONE CHE LE IMPUGNAZIONI AVVERSO GLI ATTI EMESSI DA DETTI CENTRI VADANO PRESENTATE DIRETTAMENTE AI PREDETTI UFFICI, CON EVIDENTI SVANTAGGI PER IL CONTRIBUENTE È opportuno ricordare che l’articolo 5 del Decreto Legislativo n° 546/92 dispone che la competenza delle Commissioni Tributarie è inderogabile ed è rilevabile d’ufficio, pertanto è assolutamente sconsigliabile di tentare la carta della interpretazione estensiva della Legge e, quindi, rivolgersi alla Commissione Tributaria della propria città poiché quand’anche l’altra parte processuale, l’ufficio locale prima, la Commissione Tributaria Provinciale e quella Regionale in seguito, non sollevasse l’eccezione della competenza territoriale, tale eccezione verrebbe, automaticamente e d’ufficio, sollevata dalla Corte di Cassazione vanificando così il buon diritto del contribuente. Gli svantaggi per il contribuente e per il suo difensore sono evidenti così come è altrettanto evidente l’eccessivo carico a cui verranno sottoposte le Commissioni Tributarie Provinciali di Venezia e di Pescara nonché quelle Regionali del Veneto e dell’Abruzzo dovendo decidere su di una serie di problematiche provenienti da tutta la Penisola. RISULTA EVIDENTE L’ECCESSIVO CARICO CUI VERRANNO SOTTOPOSTE LE COMMISSIONI TRIBUTARIE PROVINCIALI DI VENEZIA E DI PESCARA NONCHÉ QUELLE REGIONALI DEL VENETO E DELL’ABRUZZO Noi, nel nostro piccolo, possiamo soltanto dire di aver segnalato in tempo la problematica. Michele Del Castello COMPETENZE DEI CENTRI OPERATIVI VENEZIA ➤ Analisi del funzionamento delle procedure di controllo automatizzato delle dichiarazioni ai sensi dell’art. 36-bis del Decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; ➤ Controllo preventivo degli esiti della liquidazione PESCARA ➤ Controllo delle richieste di rimborso in conto fiscale per le imposte dirette e l’imposta sul valore aggiunto; ➤ Controllo dei crediti di imposta previsti da leggi speciali; automatizzata; ➤ Controlli di qualità su comunicazioni di irregolarità, ➤ Controllo delle comunicazioni provenienti da Stati esteri ruoli e rimborsi che derivano dalla liquidazione automatizzata; riguardanti i redditi percepiti all’estero da contribuenti residenti in Italia; ➤ Controllo delle dichiarazioni presentate a seguito di ➤ Gestioni dei rimborsi a non residenti in materia di crediti ravvedimento operoso; ➤ Iscrizione a ruolo, nei casi di urgenza o indifferibilità, dei tributi derivanti dalle dichiarazioni e irrogazione delle relative sanzioni. d’imposta sui dividenti e di imposta sul valore aggiunto; ➤ Gestione delle competenze già demandate all’Ufficio del Registro concessioni governative di Roma e successivamente trasferite all’Ufficio di Roma 2; ➤ Gestione delle comunicazioni relative alle spese di ristrutturazione edilizia; ➤ Acquisizione dei dati dei questionari degli studi di settore; ➤ Rimborsi ai Comuni dell’imposta comunale sugli immobili relativa all’anno 1993; ➤ Sgravi e rimborsi derivanti dal contenzioso sulle dichiarazioni relative agli anni di imposta 1992 e precedenti; ➤ Ricezione della documentazione cartacea relativa alle predette attività. 17 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE CONVENZIONI ALBERGHIERE – ANNO 2002 – ENTI CONVENZIONATI BASTIANI GRAND HOTEL Piazza Gioberti, 64 58100 Grosseto (GR) Tel. 0564 20047 Fax 0564 29321 HOTEL MARCONI Via Fabio Filzi, 3 20124 Milano (MI) Tel. 02 66985561 Fax 02 6690738 www.marconihotel.it E-mail: [email protected] HOTEL RAFFAELLO Via Urbana, 3-4-5 00184 Roma (RM) Tel. 06 4884342 - 06 4824780 Direzione e fax 06 4744905 JOLLY HOTELS Centro Prenotazioni Numero Verde 800-017703 www.jollyhotels.it E-mail: [email protected] PARK HOTEL LE SORGENTI Via Matteotti, 198 51018 Montecatini Terme Pieve a Nievole (PT) Tel. 0572 951116 Fax 0572 952731 STARHOTELS S.p.A. Viale Belfiore, 27 50144 Firenze (FI) Numero Verde 800-860200 www.starhotels.it IL GIORNALE DEL REVISORE SERVIZI E FACILITAZIONI CONCESSE MODALITÀ DI ACCESSO Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe preconcordate con tutti gli esercizi dal Gruppo con convenzione “Jolly Hotel Club” Istituto Nazionale Revisori Contabili Prenotazione tramite “Centro Prenotazioni” come “Socio INRC 2002”; al ricevimento dell’albergo prescelto presentando la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità 18 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 COMPATIBILITÀ TRA T.O.S.A.P. E CANONE CONCESSORIO l a vetusta Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, più comunemente nota come T.O.S.A.P., disciplinata dal D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507 e per cui era stata disposta l’abolizione a far data dal 1° gennaio 1998, continua ad essere applicata grazie al quattordicesimo comma dell’art. 31 della Legge 23 dicembre 1998 n. 448 che, a sua volta, ha abrogato la lettera a) del secondo comma dell’art. 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 che aveva previsto l’abrogazione della T.O.S.A.P. e la contestuale sostituzione della stessa, ai sensi del successivo art. 63, con un canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, applicabile anche alle aree mercatali, determinato nell’atto di concessione di utilizzo del suolo pubblico e quantificato in base a tariffe tabellari. I continui ripensamenti del legislatore e le abrogazioni incrociate, evitando un fattivo svecchiamento dei principi della fiscalità degli enti locali, costringono alcuni operatori economici, fra cui i concessionari di spazi e/o banchi nei pubblici mercati ortofrutticoli, all’iniquo contemporaneo pagamento della T.O.S.A.P. e del canone concessorio di cui alla Legge 25 marzo 1959 n. 125. Alcuni operatori economici sono costretti da vecchie norme al contemporaneo pagamento della T.O.S.A.P. e del canone concessorio di Michele Di Maio Nel previgente regime fiscale, in cui la Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche era disciplinata dagli articoli 192 e seguenti del Testo Unico per la Finanza Locale approvato con Regio Decreto n. 1175 del 1931, la compatibilità dei due balzelli era stata più volte affermata da numerose risoluzioni ministeriali1 sulla scorta della netta distinzione rilevabile tra il canone di concessione, visto come un diritto corrisposto a fronte di un servizio reso dall’ente gestore del mercato, e la T.O.S.A.P., quale adempimento di un obbligo tributario connesso alla semplice occupazione. Con l’introduzione della nuova normativa, prevista dal Capo II del D.Lgs. n. 507 del 15 novembre 1993, non si è posto rimedio a tale situazione. Ed, infatti, il combinato disposto del primo e 19 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 del quinto comma dell’art. 38 di quest’ultimo Decreto Legislativo2, nell’escludere dal pagamento della T.O.S.A.P. le sole aree appartenenti al patrimonio disponibile dei Comuni e delle Province, di fatto hanno continuato a consentire la contemporanea applicazione dei due gravami in quanto, ai sensi degli articoli 822 ed 824 del Codice Civile, le aree destinate a mercato comunale hanno regime giuridico di beni demaniali. Tale conclusione, seppur non espressamente indicata nel dettato normativo, venne chiaramente indicata nella Circolare Ministeriale esplicativa del D.Lgs. n. 507 del 15/11/933, la quale, nel ribadire che il presupposto della specifica imposizione risiede “nella sottrazione delle aree e degli spazi all’uso indiscriminato della collettività per il vantaggio specifico dei singoli”, contemporaneamente prevede che sono “escluse dall’area impositiva le utilizzazioni particolari di fabbricati o di porzioni di fabbricati appartenenti ai Comuni o alle Province, fatta eccezione di quelli costituiti su aree di mercato preventivamente sottratte all’uso pubblico che integrano, strutturalmente e funzionalmente, il concetto di area mercatale”. NUMEROSE RISOLUZIONI MINISTERIALI HANNO PIÙ VOLTE AFFERMATO LA COMPATIBILITÀ DEI DUE “BALZELLI” IL GIORNALE DEL REVISORE Dall’analisi della spiegazione fornita dal Ministero, peraltro vincolante nei confronti dei soli uffici pubblici, emerge chiaramente la palese contraddizione che sta alla base dell’applicazione della T.O.S.A.P. al caso in esame e la fragilità dell’interpretazione tendente a superare questa contraddizione. Ed, infatti, appare del tutto evidente che le aree mercatali non possono assolutamente essere ricompresse tra quelle aree per cui esiste la possibilità di un “uso indiscriminato della collettività” in quanto un Comune, nel momento stesso che attrezza un’area al fine di destinarla ad SECONDO uso mercatale e per l’utilizzo di UNA SENTENZA porzioni di tale area pretende dai concessionari un canone, di fatto DEL TRIBUNALE ed in prima persona sottrae a queDI LUCCA st’area la possibilità di essere utilizzata in ogni e qualsiasi altro modo LA T.O.S.A.P. È dalla collettività e, pertanto, a voler APPLICABILE SOLO applicare alla lettera il presupposto SE LE AREE dell’imposta, si avrebbe l’assurdo giuridico che, in capo allo stesso PUBBLICHE Comune, vengono a cumularsi OCCUPATE SONO contemporaneamente la posizione EFFETTIVAMENTE di soggetto attivo e soggetto passivo della tassa4. DESTINATE Contro questa Circolare insorse la ED ADIBITE ALL’USO FEDAGRO (Federazione Nazionale degli Operatori all’Ingrosso PUBBLICO Agro - Orto - Floro - Ittico AliGENERALIZZATO mentari) che, con un articolato ricorso, investì della questione il T.A.R. del Lazio affermando, tra l’altro, che la stessa ledeva gli interessi degli operatori dei mercati all’ingrosso i quali, nella veste di titolari di concessioni comunali per l’uso di porzioni di fabbricati posti all’interno dei mercati e costituenti posteggi fissi, sono già soggetti ad oneri tariffari diversi. L’eccezione, al pari di tutte le altre contestualmente sollevate, venne respinta dal collegio giudicante5. Trascorsi poco più di due anni dal D.Lgs. n. 507/93 si tentò di porre rimedio al problema della contemIL GIORNALE DEL REVISORE poranea presenza di più oneri scaturenti dal medesimo presupposto e, con il sessantacinquesimo comma dell’art. 3 della Legge n. 549 del 28 dicembre 1995, si diede facoltà ai Comuni ed alle Province che riscuotevano canoni di concessione non ricognitori di deliberare una riduzione della T.O.S.A.P. fino ad un dieci per cento della stessa. La norma, prevedendo una semplice facoltà per gli Enti Locali, era destinata a restare lettera morta, mentre la circolare esplicativa della stessa6 ha, se non altro, il merito di aver chiarito il concetto di canone non ricognitorio attraverso l’esplicito richiamo ai commi settimo ed ottavo dell’art. 27 del Nuovo Codice della strada, approvato con D.Lgs. n. 285 del 30 aprile 19927, e la contrapposizione con il concetto di canone ricognitorio. Ed, infatti, questa circolare attribuisce ai canoni non ricognitori “la funzione di corrispettivo, di vera e propria controprestazione per l’uso particolare del suolo pubblico” mentre ritiene che i canoni ricognitori rappresentino “esclusivamente la somma dovuta a titolo di riconoscimento del diritto di proprietà dell’Ente locale sul bene oggetto della concessione”. Un secondo tentativo venne fatto con il già citato D.Lgs. 446/1997, il cui art. 63 prevede che i Comuni e le Province, con autonomo regolamento, possano assoggettare l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzate, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa, sostitutivo della T.O.S.A.P.. Quest’ultima norma, pur superando le remore previste 20 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 dal combinato disposto del primo e del quinto comma dell’art. 38 del D.Lgs. n. 507/1993 che prevedevano la possibilità di escludere dal pagamento della T.O.S.A.P. le sole aree appartenenti al patrimonio disponibile dei Comuni e delle Province, ha anch’essa il limite di non prevedere un obbligo di esclusione dalla doppia imposizione ma, più semplicemente, concede agli enti impositori la facoltà di eliminare, in via autonoma, tale vessazione. A diverse e più eque conclusioni va orientandosi la giurisprudenza. Ed, infatti, in una relativamente recente sentenza riguardante l’art. 192 del Testo Unico per la Finanza Locale, che però enuncia presupposti d’imposta analoghi a quelli della normativa in vigore, la Cassazione8 limita l’applicabilità della T.O.S.A.P. ai soli mercati che si tengono “su suoli naturalmente e normalmente inclusi nel complesso della viabilità municipale, e destinati dall’ente territoriale, mediante provvedimento di tipo autorizzatorio, allo svolgimento di attività di vendita al pubblico” escludendo, pertanto, “quelli ubicati in edifici appositamente realizzati o comunque utilizzati dal Comune per ospitare dette attività” in quanto “la tassa in questione, sostanzialmente definibile come imposta, trova base giustificativa nel venir meno, per la collettività e per l’ente che la rappresenta, della disponibilità di porzioni altrimenti inglobate nel sistema viario e, quindi, ove contemplata per i pubblici mercati, va circoscritta a quelli che siano collocati su strade o superfici similari, restituibili alla loro originaria funzione con semplice rimozione dei banchi di vendita e delle attrezzature accessorie”. In definitiva questa sentenza stabilisce il fondamentale principio per cui se un Comune “opta per l’inserimento di un mercato in apposito fabbricato, il singolo rivenditore non occupa un tratto di strada od una porzione di bene ad esso equiparabile, e nemmeno uno spazio soprastante o sottostante ad una strada; l’eventuale iniziale destinazione al pubblico transito dell’area edificata è stata infatti irreversibilmente rimossa per effetto di detta scelta, con la conseguenza che l’oggetto dell’occupazione è costituito da locali in edificio pubblico” e, pertanto, nei casi di corresponsione di canoni non ricognitori da parte dei concessionari è incontrovertibilmente esclusa “la concorrente applicazione del tributo in discorso, in considerazione della non riconducibilità del bene investito da dette attività fra quelli per i quali il tributo stesso è stabilito”. Anche i Giudici di merito si sono più volte espressi in modo analogo. È il caso del Tribunale di Lucca che, più volte investito dell’argomento, ha sempre mantenuto una linea costante affermando che “nel caso in cui il Comune abbia occupato stabilmente degli spazi pubblici (nella specie aree di mercato) con fabbricati dati in concessione a privati dietro pagamento di un canone, non è possibile chiedere agli stessi il pagamento della tassa per l’occupazione di suolo pubblico” 9 escludendo la debenza della T.O.S.A.P. quando “il Comune ha sottratto il suolo all’uso pubblico, mediante la erezione su di esso di manufatti che ha in seguito concesso in godimento esclusivo a privati a destinazione commerciale, previa corresponsione di un canone soggetto a periodiche revisioni” 10. Alle stesse conclusioni sono giunti anche alcuni Giudici tributari11 che ravvisano quale “presupposto indefettibile per operare legittimamente la tassazione delle aree occupate” l’onere, a carico del Comune impositore, di fornire la “prova che l’area mercatale in oggetto, sulla quale insiste l’occupazione, appartenga al demanio od al patrimonio indisponibile dello stesso ente locale” in quanto “la dichiarazione soggettiva dell’ente pubblico, diretta ad attribuire al bene vincolo di demanialità od indisponibilità, non può essere sostituita dalla sola oggettiva destinazione del bene alla funzione pubblica”. Sulla scorta di tali presupposti il collegio giudicante ha ritenuto, altresì, che quando si è in presenza di un mercato comunale svolto all’interno di un’area recintata, il Comune impositore deve fornire l’ulteriore prova che l’area recintata è normalmente soggetta ad uso pubblico “talché possa percepirsi nella compressione dell’uso pubblico la ratio della T.O.S.A.P., che vuole esserne il corrispettivo” e, di conseguenza, ha dichiarato inapplicabile tale imposta nei casi in cui “il concessionario non occupa un tratto di strada od una porzione di bene ad essa equiparabile, e nemmeno uno spazio soprastante o sottostante una strada”. Di analoga portata è un’ulteriore sentenza degli stessi giudici tributari12 in base alla quale “il presupposto indefettibile per l’applicabilità della T.O.S.A.P. ex art. 38 1° comma del D.Lgs 507/93 è che le aree pubbliche occupate debbano essere effettivamente e concretamente destinate ed adibite all’uso pubblico generalizzato” e, per converso, “in un’area attrezzata a mercato pubblico soggetta a regime del demanio pubblico e giammai costituente bene demaniale ai termini dell’art. 824 C.C., che è quindi sottratta a qualsiasi utilizzazione fuorché quella dello svolgimento dell’attività mercatale …… tale indefettibile requisito non ricorre”. Quest’ultima sentenza ha altresì affrontato il problema della compatibilità della T.O.S.A.P. con il 21 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 canone non ricognitorio alla luce della previsione normativa di cui all’art. 63 del D.Lgs. 446/1997 che, come detto, concede ai Comuni la possibilità di determinare agevolazioni, fino alla completa esenzione dal pagamento della T.O.S.A.P., per le superfici e gli spazi gravati da canoni concessori non ricognitori. Il Collegio giudicante ha ritenuto che questa norma “conferma tale compatibilità ma, chiaramente, non intacca affatto il richiamato principio”, “che resta necessario ed indefettibile”, secondo cui, per la legittimità dell’applicazione della T.O.S.A.P., le aree pubbliche occupate devono essere effettivamente e concretamente destinate ed adibite all’uso pubblico generalizzato. Michele Di Maio Bibliografia 1. Risoluzioni Ministeriali n° 2428 del 30/06/1977, n° 3307 del 02/04/1980, n° 714 del 29/11/1989, n° 86 del06/02/1990 e n° 566 del 03/08/1990. 2. Art. 38 D.Lgs. 507/93 - Oggetto della tassa (comma primo) - Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province. …… (omissis) …… (comma quinto) - Sono escluse dalla tassa le occupazioni di aree appartenenti al patrimonio disponibile dei predetti enti o al demanio statale. …… (omissis) …… 3. Circolare Ministeriale n° 13 del 25/03/1994. 4. Art. 39 D. Lgs. 507/93 – La tassa è dovuta al Comune o alla Provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio. 5. Tribunale Amministrativo del Lazio – Sezione seconda – Sentenza n° 1827 del 19 novembre 1997. 6. Circolare Ministeriale n° 43 del 20/02/1996. 7. Art. 27 D.Lgs. 285/1992 (Formalità per il rilascio delle autorizzazioni e concessioni) ...... omissis ...... (comma settimo) La somma dovuta per l’uso o l’occupazione delle strade e delle loro pertinenze può essere stabilita dall’ente proprietario della strada in annualità ovvero in unica soluzione. (comma ottavo) Nel determinare la misura della somma si ha riguardo alle soggezioni che derivano alla strada o autostrada, quando la concessione costituisce l’oggetto principale dell’impresa, al valore economico risultante dal provvedimento di autorizzazione o concessione e al vantaggio che l’utente ne ricava ...... omissis ...... 8. Corte di Cassazione – Sezione prima – Sentenza n° 253 del 14 gennaio 1998. 9. Tribunale di Lucca – Sentenza del 24 marzo 1992. 10. Tribunale di Lucca – Sentenza del 27 gennaio 1998. 11. Commissione Tributaria Provinciale di Napoli – Sezione quarantunesima – Sentenza n° 237 del 2 giugno 1999. 12. Commissione Tributaria Provinciale di Napoli – Sezione quarantunesima – Sentenza n° 281 del 2 giugno 1999. IL GIORNALE DEL REVISORE REVOCA O ANNULLAMENTO DELL’ATTO IMPUGNATO: «PAGA IL RICORRENTE» IL 3° COMMA DELL’ART. 46 r DEL D.LGS. 546/92 APPARE IN CONTRASTO CON L’ART. 3 DELLA COSTITUZIONE, IN QUANTO GENERA UNA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO TRA IL CONTRIBUENTE E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IL GIORNALE DEL REVISORE ecentemente è stato portato a dibattito costituzionale il caso in cui l’atto impugnato viene annullato o revocato, come da comunicazione dell’Ufficio Tributario e che la Commissione Tributaria competente deve dichiarare la cessazione della materia del contendere, con effetto estintivo, che opera automaticamente. Il Giudice tributario non può pronunziarsi, però, in ordine alla richiesta di condanna alle spese di causa, perché vi osta il 3° comma dell’art. 46 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, secondo il quale le spese del giudizio estinto a norma del 1° comma restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diversa disposizione di legge. È stata ritenuta, rilevante nel giudizio tributario, la soluzione della questione di legittimità costituzionale della norma, sollevata dalla parte sotto diversi profili, in quanto il Collegio Giudicante solo a seguito della eliminazione della norma ostativa potrà riprendere il suo potere-dovere, proprio di ogni Organo Giurisdizionale, di decidere nulle le spese di causa. Va anche osservato che nel nuovo processo tributario è prevista una Nel caso di revoca o annullamento dell’atto impugnato, le spese di causa restano, a norma di legge, a carico della parte che le ha anticipate di Francesco Arcadio differenziazione tra le posizioni delle parti, che non trova giustificazione logica e/o razionale. Infatti, mentre l’Ufficio ha la facoltà di avvalersi dei principi della autotutela, con la conseguenza di poter impedire la prosecuzione del giudizio, senza incorrere nella eventuale condanna alle spese di giudizio, analoga facoltà non è riconosciuta al contribuente che a seguito di un errore o di un mutamento giurisprudenziale non può esercitare un potere analogo alla autotutela, ma può solo avvalersi della rinunzia agli atti del giudizio, con la conseguenza del rimborso delle spese di causa all’altra parte. Già sotto questo profilo, è stato fatto rilevare una disparità di trattamento, che annulla di fatto la parità processuale tra 22 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 le parti, che costituisce uno dei cardini fondamentali del nostro ordinamento giuridico e processuale e che, nel contempo, viola l’art. 3 della Costituzione, senza una giustificazione logica o razionale. Ma la violazione dell’art. 3 della Costituzione si può ricavare anche considerando che, mentre dinanzi a tutte le altre giurisdizioni (cioè quella Civile, Amministrativa, Contabile), nel caso in cui la Pubblica Amministrazione eserciti la cosiddetta “autotutela”, l’Organo Giudicante deve dichiarare cessata la materia del contendere e condannare, eventualmente, la Pubblica Amministrazione alle spese di causa, per la cosiddetta soccombenza virtuale, nel nuovo processo tributario la Pubblica Amministrazione può esercitare la cosiddetta “autotutela” e conseguire la cessazione della materia del contendere, senza poter essere condannata, eventualmente, alle spese di soccombenza virtuale. Si verifica, così, una disparità di trattamento, che trova origine e fondamento nell’art. 46 del Decreto Legislativo n. 546/1992 sopra citato. LA NORMA APPARE Ma tale articolo, nel senso sopra riportato, appare anche in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, in quanto con esso viene ad essere menomato, limitato e scoraggiato l’esercizio del diritto di difesa dei contribuenti-ricorrenti, diversi dalla Pubblica Amministrazione, i quali, pur avendo sostanzialmente ragione, possono indursi a non ricorrere, sapendo poi che la Pubblica Amministrazione, riconoscendo i propri errori, fa cessare il contenzioso, lasciando a carico dei ricorrenti l’onere delle spese di causa e quelle sostenute per le competenze al professionista incaricato. Appare evidente la irrazionalità, oltre che l’ingiustizia, della scelta normativa, contenuta nell’art. 46 dianzi citato, per il quale la parte contribuente, che sostanzialmente ha ragione ed ha esercitato il suo diritto di difesa, deve sopportare le spese per la sua assistenza tecnica (peraltro obbligatoria per le controversie il cui valore supera l’importo di 5 milioni di lire – art. 12, n. 5 del D.Lgs. n. 546/1992), con la liberazione dell’altra parte e cioè la Pubblica Amministrazione, che per il suo errore l’ha costretta a proporre ricorso e ad avvalersi dell’assistenza tecnica. Il Giudice delle leggi ha, però, dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata, con Ordinanza n. 77 in data 18 marzo 1999, in relazione al contenuto dell’art. 46, comma 3° del D.Lgs. n. 546/1992 e che all’asserita violazione del principio di eguaglianza, la Corte Costituzionale ha rilevato che basta solo ribadire la disomogeneità, sia con riguardo ai presupposti sia con IN CONTRASTO ANCHE CON L’ART. 24 DELLA COSTITUZIONE, IN QUANTO CON ESSA VIENE SCORAGGIATO L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI DIFESA DEI CONTRIBUENTI-RICORRENTI riguardo agli effetti processuali e sostanziali, fra la rinunzia al ricorso e la cessazione della materia del contendere, dando la palese inconfigurabilità della paventata disparità di trattamento, risultante tra la comparazione degli artt. 44 e 46 del Decreto Legislativo n. 546/1992. In particolare la Corte ha sottolineato come il legislatore, nell’opera affidata alla sua discrezionalità, di confermare negli istituti del processo tributario i criteri del rito civile, non abbia travalicato il limite della razionalità. Nel contempo è stata affermata l’inidoneità del richiamo, quale parametro di riferimento, all’art. 97 della Costituzione, che riguarda le sole leggi concernenti, in senso proprio, l’ordinamento ed il funzionamento, sotto l’aspetto amministrativo, degli Uffici Giudiziari. Però nel panorama della giurisprudenza tributaria, qualche voce di dissenso si è già manifestata. Infatti la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, con sentenza n. 129 del 12 giugno 2001, ha ritenuto che la tardività di annullamento dell’avviso di accertamento, in sede di autotutela, giustifica la condanna alle spese di causa dell’Ente Locale (nel caso di specie il Comune). In tal modo il Giudice Tributario non applica la disposizione di 23 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 cui all’art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992, laddove è previsto che il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione prevista dalla legge e in ogni altra ipotesi di cessazione della materia del contendere, e che il 3° comma dello stesso articolo stabilisce che le spese rimangono a carico della parte che le ha anticipate. Dalla motivazione della sentenza n. 129/2001 si evince che l’annullamento d’ufficio dell’avviso di accertamento, attraverso l’esercizio del potere dell’autotutela, avvenuto dopo che era trascorso molto tempo dalla proposizione del ricorso, impedisce al giudice di compensare le spese di giudizio, “considerato il colpevole ritardo dell’Ufficio”. Però non può essere dichiarata la cessazione della materia del contendere se il Comune si limita ad annullare un atto emanato per eliminare dei vizi e degli errori contenuti nell’atto stesso, ma che non comportano la rinunzia alla pretesa tributaria sostanziale. Nella suddetta ipotesi, la adozione del provvedimento di annullamento si configura, secondo il Giudice Tributario molisano, come rinuncia agli atti del giudizio ai sensi dell’art. 44 del D.Lgs. n. 546/1992 e che comporta l’addebito delle spese di lite a carico del rinunziante, salvo diverso accordo tra le parti. L’effetto principale che ne deriva è l’estinzione del processo, che può essere dichiarata dal Presidente della Sezione con decreto o dalla Commissione con sentenza. E così vivit sub pectore vulnus (e cioè rimane ancora aperta la controversia interpretativa). Francesco Arcadio IL GIUDICE DELLE LEGGI HA PERÒ DICHIARATO LA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ PER LA DISOMOGENEITÀ FRA LA RINUNZIA E LA CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE IL GIORNALE DEL REVISORE Inserzione pubblicitaria Inserzione pubblicitaria Speciali condizioni di acquisto riservate da Fiat Auto ai Revisori Contabili iscritti all’Istituto Nazionale Revisori Contabili Validità: dallo 01/01/02 al 31/12/02 Siamo lieti di comunicarvi che Fiat Auto ha predisposto il rinnovo delle speciali condizioni di acquisto riservate ai Revisori Contabili iscritti all’Istituto Nazionale Revisori Contabili. I trattamenti riservati alla Vostra categoria sono i seguenti: V E T T U R E F I AT Modelli sconti a cliente PANDA SEICENTO PALIO PALIO WE Restyling PUNTO STILO STILO ACTUAL 5% 12% 5% 5% 12% 11% 10% Modelli sconti a cliente MAREA MULTIPLA MULTIPLA MY BARCHETTA DOBLO’ ULYSSE 12% 12% 12% 12% 12% 12% VEICOLI COMMERCIALI Modelli sconti a cliente PANDA VAN SEICENTO VAN STRADA PUNTO VAN 5% 14% 14% 14% VETTURE LANCIA Modelli sconti a cliente LANCIA Y LYBRA LANCIA Z PHEDRA THESIS 12% 12% 12% 8% 8% Modelli sconti a cliente DOBLO’ CARGO MARENGO SCUDO DUCATO 14% 14% 14% 14% V E T T U R E A L FA R O M E O Modelli sconti a cliente 147 156 (esclusa vers. GTA) 166 SPIDER/GTV 12% 12% 12% 12% Tutti i trattamenti di sconto sopra espressi si intendono praticati sul Listino detassato comprensivo di eventuali optional e non sono cumulabili con altre iniziative promozionali che non siano specificamente predisposte per la categoria Revisori Contabili. Inoltre, i trattamenti di sconto in oggetto si riferiscono esclusivamente ai veicoli compresi nei vigenti listini Fiat, Lancia, Alfa Romeo e nelle versioni attualmente commercializzate. DIREZ. MARKETING E COMMERCIALE MERCATO ITALIA AZIENDE E UTENZE PROFESSIONALI Strada della Manta, 2 - 10137 Torino Tel. (011) 68.31.111 - Casella Postale 1202 Telegrammi Fiatauto - Torino FIAT AUTO S.p.A. Corso G. Agnelli, 200 - 10135 Torino Capitale Sociale EURO 1.800.000.000 R.I. Ufficio di Torino n. 70998/2000 REA Torino n. 934697 Comm. Estero - Posiz. CCIAA TO 084920 Cod. Fiscale / P.IVA 07973780013 Fiat Auto S.p.A. ONLUS: «GESTIONE DI UNA CASA DI RIPOSO PER ANZIANI» c on l’avvento del D.Lgs. 4/12/1997 n. 460 che, oltre a costituire il primo impianto normativo tendente a disciplinare il mondo del no-profit, ha introdotto la figura delle Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS), numerose sono le problematiche sorte in ordine alla esatta individuazione delle attività che rappresentano i requisiti necessari per poter beneficiare delle disposizioni agevolative previste dalla normativa in commento. Come noto, l’articolo 10 del citato Decreto prevede che per poter essere qualificati come ONLUS i soggetti giuridici classificati tra quelli non commerciali, oltre a prevedere nei propri statuti particolari clausole, debbono rispettare tre requisiti fondamentali: - perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale; - svolgere statutariamente un’attività nel settore della assistenza sociale e socio-sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell’arte e della tutela dei diritti civili; tra tali attività, quelle che sono Per poter essere qualificati come ONLUS e beneficiare delle agevolazioni previste dalla attuale normativa è necessaria la esatta individuazione dei requisiti necessari di Gianluigi Bertolli rivolte alla persona, devono essere rese nei confronti di soggetti svantaggiati in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari oppure nei confronti di componenti di collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari. Una volta soddisfatti i requisiti fondamentali, si rendono applicabili tutta una serie di agevolazioni ai fini delle imposte dirette ed indirette che, secondo lo spirito della norma, tendono a non gravare tali enti di oneri amministrativi e fiscali. In fase di prima interpretazione ed applicazione delle nuove disposizioni, numerosi sono stati 27 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 gli equivoci che hanno portato i taluni soggetti a qualificarsi come ONLUS, mentre in realtà erano carenti dei necessari requisiti, con immaginabili dolorose conseguenze sotto il profilo sanzionatorio. In particolare, nel campo dell’esercizio dell’attività di casa di riposo per persone anziane, ancora oggi si manifestano perplessità e dubbi interpretativi in ordine alla sussistenza dei requisiti necessari per poter essere annoverata tra quelle ammesse a godere dei benefici previsti dalla normativa in esame. Nel tentativo di fornire un contributo utile a dissipare tali incertezze, è opportuno ripercorrere brevemente le disposizioni contenute nel citato D.Lgs. 460 nonché le interpretazioni ministeriali che si sono succedute dalla sua entrata in vigore. Come sopra accennato, l’esclusivo perseguimento di finalità sociali costituisce condizione essenziale affinché un soggetto possa essere qualificato ONLUS e, per espressa previsione normativa, tali finalità si intendono perseguite quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi – LA CONDIZIONE ESSENZIALE AFFINCHÉ UN SOGGETTO POSSA ESSERE QUALIFICATO ONLUS È L’ESCLUSIVO PERSEGUIMENTO DI FINALITÀ SOCIALI IL GIORNALE DEL REVISORE relative alle attività statutariamente svolte nei settori dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della promozione della cultura e dell’arte e della tutela dei diritti civili sono dirette ad arrecare benefici a: - persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari; - componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari. A prescindere poi dalle citate condizioni, si considerano comunque inerenti a finalità di solidarietà sociale le attività statutarie istituzionali svolte nei settori della assistenza sociale e sociosanitaria, della beneficenza, della tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico di cui alla L. 1.6.1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al D.P.R. 30.9.1963, n. 1409, della tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, della ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo, nonché le attività di promozione della cultura e dell’arte per le quali sono riconosciuti apporti economici da parte dell’Amministrazione centrale dello Stato. In altri termini, quindi, i settori di attività elencati nel già citato art. 10 del Decreto in commento vengono distinti, ai fini dell’individuazione delle finalità di solidarietà sociale, in due categorie: - settori per i quali le finalità di IL GIORNALE DEL REVISORE LA FIGURA DELLE ONLUS È STATA INTRODOTTA DAL D.LGS. N. 460 DEL 4 DICEMBRE 97, CHE HA DEFINITO LE CLAUSOLE STATUTARIE E I REQUISITI FONDAMENTALI CHE TALI ORGANIZZAZIONI DEVONO AVERE solidarietà sono correlate alle condizioni dei destinatari; - settori per i quali le finalità di solidarietà sociale si considerano immanenti per espressa previsione normativa. Analizziamo ora in dettaglio le due fattispecie. Al punto A) appartengono i seguenti settori: - assistenza sanitaria; - istruzione; - formazione; - sport dilettantistico; - promozione della cultura e dell’arte; - tutela dei diritti civili. All’interno di tali settori la finalità solidaristica si considera perseguita solo qualora l’attività ad essi relativa sia diretta a procurare vantaggi a soggetti che versano in condizioni di particolare bisogno o disagio. La nozione di persone svantaggiate è stata fornita, seppure in via esemplificativa, dalla Circolare ministeriale 26.6.1998, n. 168/E che così precisa: “La valutazione della condizione di “svantaggio” costituisce un giudizio complessivo inteso a individuare categorie di soggetti in condizioni di obiettivo disagio, connesso a situazioni psico-fisiche particolarmente invalidanti, a situa- 28 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 zioni di devianza, di degrado o grave disagio economico-familiare o di emarginazione sociale. Situazioni di svantaggio possono, pertanto, riscontrarsi ad esempio nei seguenti casi: - disabili fisici e psichici affetti da malattie comportanti menomazioni non temporanee; - tossico-dipendenti; - alcolisti; - indigenti; - anziani non autosufficienti in condizioni di disagio economico; - minori abbandonati, orfani o in situazioni di disadattamento o devianza; - profughi; - immigrati non abbienti”. Al punto B) appartengono i seguenti settori: - attività di assistenza sociale e socio-sanitaria; - beneficenza; - tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico di cui alla L. 1.6.1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al D.P.R. 30.9.1963, n. 1409; - tutela e valorizzazione dell’ambiente, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 5.2.1997, n. 22; - attività di promozione della cultura e dell’arte, per le quali sono riconosciuti apporti economici da parte dell’Amministrazione centrale dello Stato; - ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca e altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell’articolo 17 della L. 23.8.1988, n. 400. Per alcune delle suddette attività, quali l’assistenza sociale, sociosanitaria e la beneficenza, il fine solidaristico è considerato immanente in quanto la condizione di svantaggio dei destinatari è presupposto essenziale dell’attività stessa e non vi è necessità di ulteriori precisazioni normative. Per talune altre, quali la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico ovvero della natura e dell’ambiente nonché della ricerca scientifica, il fine solidaristica si intende perseguito indirettamente a beneficio non di singole persone ma della collettività diffusa1. Tornando all’argomento che ci occupa relativo alla attività delle case di riposo per anziani – alla luce delle considerazioni sopra esposte e delle interpretazioni ministeriali richiamate – potrebbe apparire scontato che, trattandosi di attività inquadrabile tra quelle di assistenza sociale o socio-sanitaria per la quale la finalità di solidarietà sociale si considera immanente per espressa previsione normativa, rientri tra quelle gestibili da parte di una ONLUS (con le conseguenti agevolazioni fiscali ed amministrative) senza l’ulteriore necessità di verificare la condizione dei soggetti destinatari della prestazione fornita. A tale proposito è però intervenuta la Risoluzione ministeriale 11.12.2000, n. 189/E la quale, richiamando l’articolo 38 della Costituzione2, delimita il concetto di assistenza sociale e socio-sanitaria alle attività finalizzate ad assicurare un’esistenza dignitosa a coloro che, inabili al lavoro, versano in condizioni di bisogno. Appare quindi evidente che la qualifica di soggetto “anziano” non appare di per sé sufficiente a ricondurre lo stesso tra i soggetti che versano in condizione di bisogno, destinatari di assistenza sociale e, per estensione, di assistenza socio-sanitaria3. Da ciò discende che l’attività di casa di riposo per anziani potrà essere svolta da ONLUS, usufruendo del regime di agevolazione previsto per tali enti, solo qualora si facciano carico di situazioni personali effettivamente marginali e disagiate anche sotto l’aspetto economico tale per cui gli assistiti siano chiamati a corrispondere rette poco più che simboliche, eventualmente integrate da contributi di enti pubblici4. La citata risoluzione riporta una importante precisazione laddove specifica che, in ogni caso, le ONLUS (senza peraltro usufruire delle agevolazioni previste dalla normativa ad esse specificamente riferita bensì applicando il normale regime previsto per gli enti non commerciali – n.d.r.) possono svolgere la loro attività in regime di convenzione con le Amministrazioni pubbliche, in tal caso essendo riconosciuta l’irrilevanza fiscale dei contributi erogati all’ente – ex articolo 108, comma 2 bis, del TUIR – sia per quelli a fondo perduto che per quelli aventi natura corrispettiva. Volendo trarre delle conclusioni da quanto si è andati esponendo, appare evidente che l’attività svolta dalla stragrande maggioranza delle case di riposo per anziani oggi presenti sul mercato non può certo essere annoverata tra quelle tipiche delle ONLUS 29 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 che, come abbiamo visto, debbono operare con il primario obiettivo di fornire supporto e sostegno a categorie di soggetti certamente non abbienti e, soprattutto, in situazioni di acclarata indigenza. Avere chiari questi concetti appare di assoluta importanza per operare corrette scelte gestionali e ciò al fine di non ritrovarsi con amare sorprese in caso di verifica da parte dell’Authority preposta al settore o dell’Amministrazione finanziaria. Gianluigi Bertolli Bibliografia 1. Vedi Circolare ministeriale 26.6.1998, n. 168/E. 2. Articolo 38 – “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.” 3. Vedi Risoluzione ministeriale 11.12.2000, n. 189/E. 4. Tale concetto è stato ripreso nella successiva Risoluzione del 21.5.2001, n. 75. Progetto A.T.S. Sicilia Presentato a Palermo presso l’Assessorato al Lavoro della Regione Sicilia, a cura del Vice Segretario Generale dell’INRC, Ragioniere Giuseppe Sanfilippo, un progetto per accedere ad un finanziamento di un corso di formazione professionale FSE per assistenza alla Revisione Contabile art. 2403 bis, finanziato dalla CE e Regione Sicilia. Sono inoltre previsti stages, convegni ed incontri di studio sui temi specifici. Poiché la realizzazione dell’iniziativa richiederà tempi non brevi, ci riserviamo la tempestività dell’informazione a tempo debito. Istituto Nazionale Revisori Contabili IL GIORNALE DEL REVISORE COSTITUZIONE IN GIUDIZIO: «IMPOSSIBILE L’UTILIZZO DELLE POSTE» l a costituzione in giudizio nel processo tributario si è arricchita di una importante precisazione: la non utilizzabilità del servizio postale. È una questione di forma o di sostanza? La regola, ricorda la sentenza n. 8829/01, è la consegna eseguita personalmente e, in assenza di una espressa previsione normativa, non è consentito, per il deposito degli atti, utilizzare il servizio postale, configurandosi tale modalità come eccezione alla regola. La deroga prevista per il ricorso per Cassazione, oltre a confermare la regola, sarebbe giustificata dalla: - unicità della Corte; - ubicazione della Corte; - connessa opportunità di sollevare la parte depositante dall’onere di recarsi a Roma. Considerazioni, queste, pregnanti di lodevole partecipazione alla tribolata vita del cittadino che meriterebbero di assurgere a principio canonico cui regole e procedure dovrebbero ispirarsi. Sempre. Se ne deduce, quindi, che gli aspetti che non consentirebbero la deroga della costituzione in giudizio a mezzo servizio postale IL GIORNALE DEL REVISORE Nella costituzione in giudizio, la regola prescrive che la consegna sia eseguita personalmente: deciso ancoraggio al passato nell’era della telematica di Domenico Napolitano sarebbero essenzialmente: - le Commissioni tributarie sono più di una; - esse hanno sede in diverse altre città e non solo a Roma; - la parte depositante, per recarsi alla segreteria della Commissione Tributaria competente (non importa quale sia la sua ubicazione), non sopporterebbe oneri meritevoli di attenzione. È noto, però, che i rapporti giuridici del cittadino-contribuente, oggigiorno, tendono a travalicare, in maniera crescente, diffusa e generalizzata, i confini comunali, provinciali, della Regione, forse anche dello Stato di residenza. Doverli curare di persona, talvolta, potrebbe essere ben ardua impresa. Altro che recarsi a Roma! 30 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 Si pensi, per rimanere in materia di tributi, all’I.C.I. della casa al mare o in montagna, dell’abitazione del paese natio dal quale si è lontani per motivi di lavoro. Condizioni, queste, tutt’altro che rare nel nostro paese e che rappresentano altrettante fonti di possibili liti tributarie. È facile immaginare, quindi, lo scenario: un popolo in cammino, da Nord a Sud e viceversa, da Est ad Ovest e viceversa, anche al di là del mare, da e per le isole, dall’estero, con tanto di fascicolo sotto-braccio, da depositare presso la segreteria della C.T. competente per territorio. Mentre l’Ente impositore, necessariamente, rimane in casa. Magari si trattasse di arrivare a Roma! Per il milanese che ha la casa in Sardegna o il siciliano che ce l’ha in Trentino, depositare il ricorso potrebbe significare giorni di viaggio, con pernottamenti e soste varie, cercando di conciliare termini di scadenza, orari propri e orari di segreteria. È pur vero che è possibile delegare, ma è altrettanto vero che i conseguenti oneri potrebbero indurre a desistere dal ricorrere; maggiormente quando gli importi in discussione sono relati- vamente modesti. Il più delle volte, delegare significa dare mandato ad un professionista, quand’anche, in ragione del valore della lite, il contribuente possa essere esonerato dall’obbligo di farsi assistere. Nell’era della telematica, della generalizzata diffusione della firma digitale, definire anacronistica la precisazione della sentenza, forse, non renderebbe il giusto merito ai suoi estensori. Mentre, infatti, tutto evolve verso il virtuale, deposito o consegna o presentazione o trasmissione che sia, dai bilanci delle società alle dichiarazioni fiscali, dalla registrazione dei contratti ai ricorsi alla G.C.C.E. (Cfr C.G. C.E. – T.P.I. – istruzioni del 14.03. 2002), è difficile ipotizzare un rigido ritorno al formalismo più severo. La massima della Cassazione, invece, ben potrebbe essere interpretata come monito al legislatore affinché provveda a dettare nuove regole, in linea con i tempi e maggiormente rispondenti alle esigenze del cittadino. Nel frattempo, si assiste ai consueti disorientamenti; e dottrina e giurisprudenza fanno la loro parte. Commissioni Tributarie che, in precedenza alla sentenza della Cassazione non avevano censurato come inammissibile l’utilizzo del servizio postale, adesso hanno adeguato il loro orientamento a tale precisazione; altre, di avviso diverso, hanno sollevato l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma (artt. 22 e 23, D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 - C., T.P. di Novara, ord. 16.10.01). A ben vedere, quando gli importi in discussione sono modesti, il disagio connesso al deposito del ricorso potrebbe far propendere per l’acquiescenza alla pretesa tributaria, con palese compressione del diritto di difesa. Un diritto, costituzionalmente garantito, il cui esercizio dovrebbe essere facilitato e agevolato e non ostacolato o reso maggiormente oneroso o, peggio ancora, negato, nonostante le ragioni del ricorrente o la sua volontà di difendersi siano giunte, comunque, a conoscenza del giudice. Domenico Napolitano REVOCABILE L’AMMISSIONE DI CONCORDATO PREVENTIVO i l decreto del Tribunale relativo all’ammissione di una Società alla procedura di concordato preventivo nella forma di cui all’art. 160, 2° comma, n. 1 L. F., è revocabile. È quanto stabilito in una recente sentenza del Tribunale Fallimentare di Monza il quale così si è espresso a proposito del ricorso avanzato da una Azienda metalmeccanica. Il decreto di ammissione al concordato preventivo seguito dalla successiva revoca ha Una recente sentenza del Tribunale Fallimentare di Monza ha consentito il raggiungimento della miglior tutela per il ceto creditorio di Serenella Di Donato consentito il raggiungimento della migliore tutela per il ceto credi- 31 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 torio il quale da un lato è stato salvaguardato con l’interruzione dei termini prescritti per l’eventuale esperimento delle azioni revocatorie ex art. 67 L.F., e dall’altro con la restituzione della piena dignità di creditori dell’imprenditore non insolvente a coloro che erano divenuti creditori dell’imprenditore non insolvente e quindi assoggettati al sacrificio. I fatti: in data 23/7/01 a seguito di istanza di fallimento presentata IL GIORNALE DEL REVISORE da un fornitore e del rispetto della successiva richiesta congiunta di concessione di ampio termine per il perfezionamento di un concordato stragiudiziale (motivato dal Tribunale con riferimento al pregiudizio che sarebbe derivato alla massa dei creditori, nel caso di fallimento, dal superamento del termine per la revoca ex art. 67 L.F. di ingenti pagamenti effettuati tra il luglio e l’ottobre 2000), presenta domanda di ammissione a concordato preventivo nelle forme di cui all’art. 160, 2° comma, n. 1 L.F.; con decreto del 27/7/2001 il Tribunale ammette la Società alla procedura di concordato preventivo; in data 17/10/2001 prima della formale apertura dell’adunanza dei creditori, la Controllante dell’Azienda in oggetto comunicava di aver acquistato pro soluto la totalità dei crediti vantati dal ceto bancario nei confronti della controllata, di aver provveduto al pagamento integrale di tutti i creditori commerciali e di aver quindi concesso alla controllata una dilazione di mesi diciotto per l’intero ammontare dei crediti acquistati e dei crediti di rivalsa, con disponibilità a rinegoziare alla scadenza del termine le modalità di rimborso; contestualmente venivano prodotte le dichiarazioni con cui le Società del Gruppo industriale di appartenenza dell’Azienda, pure creditrici della stessa, avevano concesso una dilazione di cinque anni per tutti i crediti; veniva altresì prodotta la dichiarazione di concessione di dilazione di mesi 18 da parte di un creditore governativo estero: indi il Giudice delegato differiva l’adunanza dei creditori per verificare IL GIORNALE DEL REVISORE con l’ausilio del Commissario Giudiziale, la documentazione prodotta e valutare l’incidenza delle dichiarazioni sulla situazione finanziaria della Società in concordato preventivo. Successivamente l’Azienda presentava ricorso per la revoca ex art. 742 c. p. c. del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo per sopravvenuta cessazione dello stato di insolvenza e il Giudice delegato, risultando dagli accertamenti compiuti dal Commissario Giudiziale che l’operazione aveva interessato la totalità dei crediti e pertanto non vi era più alcun credito esigibile prima della decorrenza dei 18 mesi, si riservava di riferire al Collegio. Il Tribunale Fallimentare pur in mancanza di una specifica disposizione normativa, decideva di revocare il decreto di ammissione dell’Azienda alla procedura di concordato preventivo. Il motivo di una tale decisione può essere ricondotto principalmente alla considerazione che il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo non ha valore di definitivo accertamento della sussistenza dello stato di insolvenza il quale può venire meno in pendenza del giudizio di omologazione con cessazione degli effetti e debitatori e dilatori a carico dei creditori di imprenditore insolvente. Quanto alla forma del provvedimento che sancisce la revoca del decreto di ammissione al concordato nel caso in cui la cessazione emerga prima o durante l’adunanza dei creditori, non risulta debba essere necessariamente quella della sentenza che omologa il concordato. Si rileva inoltre la natura di istituto gene- 32 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 rale di diritto pubblico della revoca la quale mantiene la connotazione della generalità anche nell’ambito più specifico del diritto processuale. Ne discende logicamente che in materia di concordato preventivo in assenza di una specifica disciplina della revoca, opera il principio generale della revocabilità dei provvedimenti diversi dalla sentenza che definisce il provvedimento quindi è revocabile il decreto di ammissione. La sentenza inoltre considera anche la circostanza in cui non si condividesse l’enucleazione di un principio generale di revocabilità dei provvedimenti in materia processuale e si ritenesse quindi necessaria l’individuazione delle specifica previsione normativa a cui ancorare la revoca del decreto di ammissione al concordato preventivo. In tal caso si perverrebbe comunque alla conclusione della sua revocabilità in virtù delle seguenti considerazioni: la previsione di cui all’art. 742 c. p. c. è applicabile ai procedimenti di volontaria giurisdizione quale quello del concordato in considerazione dell’assenza dei caratteri tipici del giudizio contenzioso, parimenti risulterebbe la revocabilità del decreto qualora si qualificasse atto funzionale ad esigenze cautelari. Infine può ragionevolmente affermarsi che la previsione di cui all’art. 487 c. p. c., secondo cui le ordinanze possono essere revocate finché non abbiano avuto esecuzione, sarebbe applicabile nel caso in cui il procedimento di concordato preventivo venisse qualificato come procedimento esecutivo speciale. Serenella Di Donato A NAPOLI UN CONVEGNO SUL FALSO IN BILANCIO l a riforma della giustizia è uno dei temi più caldi di questi ultimi mesi su cui quasi quotidianamente più che confrontarsi si scontrano maggioranza e opposizione. La delegazione napoletana dell’Istituto ha inteso inserirsi tecnicamente nella problematica, promuovendo due forum su provvedimenti molto delicati e strettamente connessi con le funzioni professionali ricoperte dai revisori contabili quali il Falso in Bilancio e la Riforma della Bancarotta Fraudolenta. Tratteremo in questa sede del primo convegno svoltosi il 18/3/2002, che ha affrontato le tematiche del “Falso in Bilancio” proprio mentre questo provvedimento già licenziato dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati era all’esame della Commissione Giustizia del Senato. Nel momento clou si sono quindi confrontati docenti universitari, rappresentanti dell’imprenditoria e delle professioni e magistrati, con esponenti della Commissione Giustizia del Senato dei due schieramenti. La relazione introduttiva è stata svolta dal Prof. Ermanno Bocchini, ordinario di diritto commerciale alla Università Federico II di Napoli. Il Prof. Bocchini ha fatto rilevare come il metro di valutazione, piuttosto morbido, utilizzato dalla giurisprudenza costante nei Organizzato a Napoli dalla delegazione locale dell’INRC un riuscito convegno sul tema di Ubaldo Procaccini decenni precedenti per valutare il Falso in Bilancio abbia subìto poi una sterzata negli ultimi anni verso un regime sanzionatorio molto rigido. Questa norma è divenuta un’arma nelle mani delle Procure della Repubblica per colpire indiscriminatamente qualsiasi trasferimento di denaro senza rispettare una giusta proporzionalità fra il reato commesso e la sanzione. In questa ottica, per il docente universitario, la modifica apportata dalla nuova normativa introduce un principio di proporzionalità prima inesistente ed è quindi positiva. Desta però perplessità la decisione di trasformare il reato di falsa comunicazione da delitto in semplice contravvenzione. Alla relazione del Prof. Bocchini ha fatto seguito il dibattito in cui sono intervenuti l’Ing. Giampiero de la Feld, presidente della Federindustria Campania, cha ha dichiarato: “Errori e illegalità in un bilancio, che è il biglietto da visita di un’impresa, non possono essere lasciati a valutazioni oscillanti. Su questa materia abbiamo bisogno 33 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 di norme certe, dall’interpretazione univoca”. Il presidente della Confapi Campania Dario Scalella ha espresso preoccupazione per alcune modifiche apportate in materia di reati societari: “Separare per legge le fattispecie di punibilità a seconda che l’azienda sia quotata in Borsa o meno, dice, è un errore che va al più presto emendato perché rischia di creare eccessive differenziazioni fra le piccole e medie imprese e i colossi economici”. Per Domenico Ciruzzi, consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, una riforma del Falso in Bilancio era indispensabile dopo l’uso troppo spesso strumentale che si è fatto di questa tipologia di reato, ma l’abbassamento della soglia di punibilità rischia di trasformarsi in una sorta di depenalizzazione di questo reato. In questa posizione si è attestato anche il Presidente di Corte di cassazione dr. Domenico Mazzocca, mentre il Vice Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti Domenico Posca ha rilevato che “la politica forse ha strumentalizzato una materia che aveva implicazioni squisitamente economiche”. La parola è quindi passata ai parlamentari impegnati nella Commissione Giustizia del Senato. Il senatore di An, Luigi Bobbio, ha sostenuto: “Stiamo attuando IL GIORNALE DEL REVISORE con enorme senso di responsabilità una difficile opera di riorganizzazione dell’intero sistema normativo dei reati societari per rispondere alle richieste che provenivano in primis dalla stessa dottrina giurisprudenziale. Qualsiasi altra motivazione alla riforma del Falso in Bilancio addotta dalle opposizioni è solamente strumentale. Basti pensare che la disciplina in materia risale al 1942. cioè a sessant’anni fa. Era logico che ci impegnassimo, nel pieno rispetto dei programmi presentati dagli elettori come Casa delle Libertà, ad un adeguamento di una normativa del tutto obsoleta e ormai non più rispondente alle esigenze della nostra economia. Con la nuova legge proseguiamo strategicamente l’obiettivo di adeguare la nostra normativa a quella della Comunità Europea per entrare a pieno titolo in Europa. Direi che è alquanto singolare che chi ci accusa di non essere abbastanza europeisti, di fare una politica miope su questioni come la mancata partecipazione al progetto dell’Airbus europeo o del mandato di cattura internazionale, non senta poi l’esigenza di mettere mano al più presto a una modifica di una materia vitale per la nostra economia come questa. La verità è che da troppi anni il reato di falso in bilancio è stato usato come arma a scopo di lotta politica. Chi si oppone aprioristicamente a questa legge teme solo di non poter usare più la vecchia normativa per colpire gli avversari, per danneggiare questo o quel soggetto scomodo. Questa legge, slegata da considerazioni particolaristiche, ci proietta pienamente in Europa modificando un settore chiave di sviluppo della nostra IL GIORNALE DEL REVISORE economia con ricadute a positive a cascata proprio per i soggetti più deboli che operano sul mercato, cioè i piccoli risparmiatori. Le opposizioni ci hanno anche accusato di eccessiva fretta, di voler smantellare il sistema sanzionatorio. Tutto ciò e falso e grossolano. La nuova legge, da una parte fa salve le fattispecie della vecchia normativa, dall’altra ne individua di nuove come quella presente nel resto d’Europa dell’infedeltà patrimoniale, e contemporaneamente restringere a soggetti precisi e ben individuati le ipotesi punibilità. Abbiamo del resto seguito criteri di razionalizzazione della stessa terminologia. Si pensi, ad esempio al termine “fraudolentemente”, una vera mannaia che ha generato tanti errori. Lo abbiamo sostituito con le fattispecie, più coerenti, del dolo intenzionale e del dolo eventuale. Siamo sicuri che il mondo dell’economia ne riceverà solo benefici.” Ovviamente di contrario avviso, il senatore Ds, Massimo Villone, che ha affermato: “La nuova normativa sul Falso in Bilancio e, più in generale, sull’intera disciplina dei reati societari è, a mio modo di vedere, una pessima legge di cui francamente proprio nessuno sentiva il bisogno. Ritengo che soltanto con una sfrenata fantasia si può tentare di avvalorare la tesi che questa nuova legge sul Falso in Bilancio fosse indispensabile. Sono convinto che il sistema economico nazionale non trarrà da essa alcun giovamento. Affermare poi che essa serve ad adeguare la nostra normativa a quella europea appare risibile. Mi spiego: in tutta Europa e nel resto del mondo ci si incammina nel senso di moltiplicare i 34 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 meccanismi di controllo del mercato, a garanzia di trasparenza, non certamente di smantellarli. Quali e quanti vantaggi possono venire dall’introduzione di un regime di sostanziale incertezza sulla validità dei bilanci presentati dalle aziende è ancora una questione che mi appare del tutto oscura. A mio giudizio se non c’è trasparenza non può esserci affatto un corretto e libero mercato. La maggioranza vuole il varo della nuova normativa sul Falso in Bilancio e sui reati societari per salvare personaggi ben individuati e quindi per motivi che nulla hanno a che fare con le motivazioni che vengono addotte. Ritengo quindi grave che si travolga in modo così profondo una materia fondamentale al solo scopo di creare condizioni favorevoli per tutti coloro che intendono operare attraverso comportamenti censurabili e sanzionabili e non certo per chi aspira ad una economia di mercato sempre più aperta e sostanzialmente virtuosa”. I lavori apertisi con un indirizzo di saluto del Presidente dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili Modesto Bertolli, sono stati conclusi dal Segretario generale Virgilio Baresi che ha tratto le conclusioni del dibattito. Per Baresi “lo spirito della riforma sui reati societari” è certamente condivisibile. Il problema, secondo i revisori, è che una legge efficace cala in un contesto in cui l’amministrazione della giustizia è allo sfascio. Per carenze logistiche, organizzative e di risorse umane i tempi della legge sono troppo lunghi e con il regime delle prescrizioni c’è davvero il rischio che, alla fine, nessuno venga più punito per reati societari. Ubaldo Procaccini TRASMISSIONE TELEMATICA E FIRMA DIGITALE l a legge 24 novembre 2000, n. 340 (legge di semplificazione 1999), prevede, fra le altre novità riguardanti il Registro delle imprese, che dal 9 dicembre 2001, poi prorogato al 9 dicembre 2002, gli atti, le domande, le denunce relative alle società dovranno essere obbligatoriamente presentate per via informatica e telematica e non potranno più, quindi, essere utilizzati i moduli cartacei. Secondo il D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, modificato dal decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10, per documento informatico si intende la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti e, in quanto sottoscritto con firma digitale e redatto in base alle disposizioni tecniche prefissate, soddisfa il requisito della forma scritta. La firma digitale è l’equivalente elettronico della firma apposta su carta ed è associata al documento informatico tramite un SW contenuto nel microprocessore di una Smart Card. La sua funzione è quella di attestare la paternità e l’integrità di un documento. Essa ha le caratteristiche di: • riservatezza, in quanto il documento firmato deve essere compreso soltanto dal destinatario; • integrità, in quanto il documento, dopo essere stato firmato, Obbligatorio dal 9 dicembre 2002 l’invio telematico degli atti alle Camere di Commercio con l’utilizzo della firma digitale di Achille Pellenghi non può essere modificato da nessuno; • autenticazione, in quanto il documento firmato, deve poter essere attribuito soltanto al suo mittente, cioè al titolare della chiave pubblica, la cui identità è certificata da una autorità di certificazione; • non ripudio, in quanto chi ha sottoscritto il documento non può negare di averlo fatto. La firma elettronica è generata da un programma che cripta i documenti in un modo unico per ogni utente, ed è basato su un sistema a coppia di chiavi indipendenti e asimmetriche, una pubblica e una privata; dalla conoscenza di una di queste chiavi non è possibile ricavare l’altra. Ogni chiave può essere usata sia per criptare sia per decifrare un messaggio, ma non per entrambe le cose; infatti, se si cripta con la chiave privata (posseduta dal tito- 35 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 lare), il messaggio è decifrato soltanto utilizzando la chiave pubblica (rilasciata dall’Autorità di certificazione) e viceversa. Per il rilascio del dispositivo di firma digitale l’Ente Certificatore si avvale degli Uffici di registrazione (RAO), strutture ubicate nel territorio abilitate alla distribuzione delle Smart Card, svolgenti, in sostanza, le attività di interfaccia tra il Certificatore e l’utente titolare della firma. La Smart Card è l’apparato elettronico che conserva in luogo protetto la chiave privata e serve per generare la firma digitale. È simile ad una carta di credito, dotata di un microprocessore, in cui vengono scritti dati significativi, e custodisce la chiave privata, rendendola inaccessibile dall’esterno. È protetta da un PIN (Personal Identification Number) segreto dell’utente, rigorosamente numerico e di lunghezza tra i 5 e gli 8 caratteri. Al fine di sottoscrivere un documento, il firmatario lo visualizza, inserisce la sua Smart Card in un apposito lettore collegato con il PC e digita il PIN segreto. La firma viene creata all’interno della Smart Card e il documento firmato viene salvato su file. Nel caso in cui debba essere sottoscritto da altro firmatario, il medesimo visualizzerà il docu- IL GIORNALE DEL REVISORE mento già firmato dal primo, inserirà la propria Smart Card e digiterà il proprio PIN segreto, quindi il documento, con tutte le firme, verrà salvato su file. L’autentica della firma digitale, ai sensi dell’articolo 24 del D.P.R. n. 445/2000, consiste “nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma digitale è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità della chiave utilizzata e del fatto che il documento sottoscritto risponde alla volontà della parte e non è in contrasto con l’ordinamento giuridico”. La procedura di autentica consiste: - firma del documento da parte del sottoscrittore, - verifica della chiave pubblica del sottoscrittore effettuata dal pubblico ufficiale tramite il collegamento ai registri della Camera di Commercio, - apposizione dell’attestazione di autenticità al documento, - apposizione della firma sull’impronta calcolata sull’insieme costituito dal documento, dalla firma del sottoscrittore e dall’attestazione di autenticità. L’apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale integra e sostituisce ad ogni fine di legge l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi comunque previsti. Data l’importanza dell’innovazione obbligatoria dal 9 dicembre l’Istituto Nazionale dei Revisori Contabili offre ai Revisori associati ed ai loro collaboratori e clienti il servizio di rilascio della Smart Card, senza doversi muovere dalla propria sede ma semplicemente prenotandosi on line sul sito: www.revisori.it/servizitelematici/firmadigitale/ Gli strumenti necessari per richiedere la firma digitale sono il possesso di PC, collegato ad Internet, e un indirizzo di posta elettronica. L’Istituto Nazionale Revisori Contabili offre la fornitura del servizio di rilascio: - di Smart Card, contenente la relativa Firma digitale, unitamente al Codice Segreto, al Manuale Operativo, al Certificato di autenticazione; - dell’apposito Lettore (Seriale o UBS) - del CD-ROM per installazione software di applicazione Dike. I requisiti obbligatori che occorrono per ottenere il rilascio della firma digitale sono la maggiore età ovvero avere compiuto 18 anni, essere in possesso del Codice fiscale e di un documento d’identità CORSI SUI SERVIZI TELEMATICI Nell’ambito dell’approntamento delle procedure per l’utilizzo dei servizi telematici più avanzati – disponibili sul nostro sito www.revisori.it – l’Istituto organizza un incontro in data 29 ottobre p.v. ore 14,30 presso la sede in Milano, Via Zuretti n. 39 dove esperti del settore illustreranno l’utilizzo delle nuove procedure per l’invio degli atti alle Camere di Commercio (bilanci, iscrizioni, modifiche, ecc.) nonché l’utilizzo del servizio Telemaco per l’accesso agli atti delle Camere di Commercio (visure, certificati, protesti, ecc.). Tenuto conto che l’invio telematico degli atti diverrà obbligatorio a partire dal prossimo mese di dicembre, è assai importante predisporre per tempo sia gli strumenti tecnici (Hardware) che acquisire le necessarie conoscenze delle procedure applicative (Software). L’ISTITUTO è disponibile ad organizzare analoghi corsi anche presso altre province purché in gruppi di almeno 30 unità. Si invitano pertanto gli associati interessati all’iniziativa a far pervenire l’adesione a mezzo e-mail a: [email protected] in tempo utile per la organizzazione dei corsi. IL GIORNALE DEL REVISORE 36 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 valido. Occorre poi sottoscrivere il contratto e la richiesta di registrazione, che è possibile compilare e trasmettere on line con i “Moduli di richiesta” indicati. Il servizio fornito dall’Istituto comprende l’attivazione, l’assistenza tecnica e la gestione nei vari adempimenti amministrativi da compiere con l’utilizzo della firma digitale. I costi per tale fornitura sono indicati all’indirizzo telematico succitato. L’offerta dei Servizi Telematici a distanza, consente, presso la propria sede e con notevole risparmio di tempo, di trasmettere, attraverso internet, tutte le pratiche d’iscrizione, di modifica e di cessazione riguardanti il Registro delle imprese, di ottenere “on line” visure, certificati con valore legale, protesti, bilanci, rispettando le normative vigenti sulla certificazione in formato elettronico. In considerazione che il centinaio di sedi camerali italiane, ubicate nelle province competenti per territorio, hanno, per tradizione, un comportamento procedurale diversificato, l’Istituto Nazionale dei Revisori Contabili ha ritenuto non opportuno accollarsi l’onere del deposito presso tutte le Camere di Commercio. Al fine di fornire, tuttavia, un servizio completo e capillare su tutto il territorio, l’istituto ha stipulato un’apposita convenzione con una agenzia leader in Italia tra i Distributori Ufficiali dei servizi informatici camerali e offrirà ai revisori contabili interessati un’adeguata consulenza e la possibilità di depositare, tramite personale altamente specializzato, tutte le pratiche relative alle iscrizioni, modifiche e cancellazioni al Registro delle imprese. Achille Pellenghi L E T T E R E Pubblichiamo la risposta data ad un nostro associato dalla Direzione Centrale Rischi dell’I.N.A.I.L. e la successiva replica del Presidente dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili, rag. Modesto Bertolli. Milano, 4 ottobre 2002 Roma, 28 marzo 2002 OGGETTO: Revisori Contabili Riscontriamo la Vs. in data 28 marzo 2002, nella quale assumete - in risposta ad un quesito di un nostro associato - che la legge 12/1979 (che disciplina l’attività di consulente del lavoro) non prevede tra le categorie abilitate a tale attività, i revisori contabili e quindi per essi tale attività sarebbe vietata. Per l’art. 1 della legge tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro (direttamente o a mezzo di propri dipendenti), possono essere assunti solo da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali. Orbene – sembra di poter desumere dalla Vs. risposta – che ciò che è consentito a consulenti, avvocati, periti commerciali, ragionieri e dottori commercialisti, non sarebbe invece consentito ai revisori contabili. Ma questo assunto sembra dimenticare alcuni importanti particolari, che ora occorre spiegare. 1) La legge sui consulenti del lavoro è anteriore a quella sui revisori contabili e dunque non poteva menzionarli. La legge 12/1979, sulla disciplina dell’attività di consulente del lavoro, è di data anteriore al decreto legislativo istitutivo del Registro dei Revisori Contabili ed ecco spiegato perché non prevedeva e non poteva prevedere la categoria del Revisore Contabile tra quelle abilitate ad esercitare l’attività di consulente del lavoro. D’altra parte, viste quali sono le categorie citate dalla legge sulla consulenza del lavoro (periti commerciali, ragionieri, avvocati, dottori commercialisti), non v’è ragione di ritenere che i revisori contabile, che di professionalità ne hanno almeno quanto quella dei professionisti citati, non dovrebbero essere ammessi a svolgere attività di consulenza del lavoro. 2) I revisori contabili sono qualificati almeno quanto le altre categorie. Non appare coerente e logico con il sistema, negare la possibilità ai revisori contabili di svolgere alcuni adempimenti, che possono invece essere svolti ad esempio dai ragionieri e dai periti commerciali. Come è noto, il sistema di accesso alla professione di revisore contabile è altamente qualificante, attesi i rigidi requisiti posti dal Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 88, che impone il superamento di un esame per l’ammissione al Registro e per il conseguimento dell’abilitazione a svolgere la professione di revisione contabile. Il Registro dei Revisori Contabili è stato istituito presso il Ministero della Giustizia con il D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 88. Per l’art. 3, l’iscrizione al registro è condizionata al superamento di un esame, che il Ministero della Giustizia indìce annualmente ed al quale possono essere ammessi solo: coloro che hanno svolto, presso un revisore contabile un tirocinio triennale, avente ad oggetto il controllo di bilanci di esercizio e consolidati, ovvero i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici che abbiano svolto un tirocinio della durata di tre anni presso un funzionario pubblico abilitato al controllo legale dei conti. OGGETTO: Revisori Contabili. In riferimento alla nota inoltrata tramite e-mail in data 14 marzo u.s., con la quale si chiede di conoscere se i revisori contabili, iscritti nell’apposito registro istituito ai sensi del D.Lgs. n. 88 del 27 gennaio 2002, possano essere autorizzati alla tenuta dei documenti di lavoro, si significa quanto segue. Considerata la vigente formulazione dell’art. 1, comma 1, della Legge n. 12 dell’11 gennaio 1979, tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente o a mezzo di propri dipendenti, possono essere assunti solo dai soggetti che siano regolarmente iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, nonché da coloro che siano iscritti agli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettorati provinciali del lavoro territorialmente competenti. Atteso che una conferma in senso positivo non può risultare nemmeno dal testo del protocollo d’intesa stipulato in data 29 gennaio 2002, i revisori contabili, non appartenendo ad una delle categorie sopra citate, non possono essere autorizzati alla tenuta e alla regolarizzazione dei documenti aziendali in materia di lavoro. IL DIRETTORE CENTRALE dott. Ennio Di Luca Spett.le I.N.A.I.L. Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Direzione Centrale Rischi - Ufficio Tariffe Piazzale Giulio Pastore 6 - 00144 Roma 37 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE L E T T E R E L’esame previsto dall’art. 3 consiste in prove scritte e orali dirette all’accertamento delle conoscenze teoriche del candidato e della sua capacità di applicarle praticamente, nelle materie che seguono: a) contabilità generale; b) contabilità analitica e di gestione; c) disciplina dei bilanci di esercizio e consolidati; d) controllo della contabilità e dei bilanci; e) diritto civile e commerciale; f) diritto fallimentare; g) diritto tributario; h) diritto del lavoro e della previdenza sociale; i) sistemi di informazione e informatica; l) economia politica e aziendale e princìpi fondamentali di gestione finanziaria; m) matematica e statistica. L’esame per l’iscrizione al Registro – visto l’elenco sopra descritto - verte su materie in gran parte coincidenti con quelle che formano oggetto dell’esame per l’iscrizione all’Albo dei dottori commercialisti. 3) Le competenze dei revisori contabili nel codice civile e nelle leggi speciali. Dobbiamo anche ricordare che l’istituzione del Registro dei Revisori Contabili, che abilita i soggetti al controllo legale dei conti, ha inciso anche sulle norme del codice civile. L’art. 2397 c.c. (come modificato dall’art. 21 proprio del D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 88) regola la composizione del collegio sindacale delle società per azioni e prevede che “i sindaci devono essere scelti tra gli iscritti nel Registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia”. Un’altra cosa deve essere messa in evidenza e ricordata in questa sede. Oltre al codice civile, un numero crescente di leggi e provvedimenti dello Stato sta riconoscendo al Revisore il suo giusto ruolo. Anche i revisori contabili sono stati abilitati ad apporre il cosiddetto “visto pesante” sulle dichiarazioni. Anche i revisori contabili sono stati riconosciuti in possesso dei requisiti per essere nominati giudici delle commissioni tributarie provinciali (cfr. art. 4 D.Lgs. n. 545/92). Anche i revisori contabili sono stati ammessi a svolgere assistenza tecnica, come difensori, dinanzi alle Commissioni tributarie. Al revisore contabile viene espressamente riconosciuto “sia l’elevato livello professionale e l’alta formazione morale, al quale viene richiesto il possesso di rigorosi requisiti individuati dal Decreto Legislativo 88/1992, sia l’importanza della funzione connessa all’espletamento dell’attività di controllo sui bilanci e sui documenti contabili” (cfr. Risoluzione n. 38/E dell’Agenzia delle Entrate, 7 febbraio 2002). Anche al revisore contabile è stato riconosciuto il diritto di essere iscritto negli Albi dei Consulenti tecnici d’Ufficio dei Tribunali, in quanto dotato di particolare specializzazione tecnica (pressoché tutti i Tribunali d’Italia e Corti d’Appello, tra le altre, di Bologna, Trento, Brescia, Bari, Campobasso). 4) Conclusione. La conclusione cui Codesto Istituto è pervenuto è dunque infondata, perché va contro l’orientamento generale – nazionale e comunitario – verso il riconoscimento del revisore come soggetto dotato di specifiche competenze tecniche. L’Istituto Nazionale Revisori Contabili chiede pertanto che l’orientamento finora espresso sia rivisto a favore del pieno riconoscimento della competenza e delle qualificazioni del Revisore Contabile, essendo disposto per questa ragione ad adire le vie giudiziarie, ossia a portare la questione anche all’attenzione della Corte Costituzionale, dato che è intollerabile che periti commerciali, ragionieri e dottori commercialisti possano fare ciò che invece sarebbe vietato proprio ai Revisori Contabili. IL PRESIDENTE INRC rag. Modesto Bertolli IL GIORNALE DEL REVISORE 38 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 CONQUISTATA LA RAPPRESENTANZA TRIBUTARIA Preg.mo Presidente Bertolli Il ddl S.1396 ha terminato il suo iter l’11 settembre 2002, oramai la rappresentanza tributaria ai Revisori Contabili è un dato certo anche in virtù della unanime approvazione alla Camera e al Senato. Una battaglia importante che sicuramente darà una svolta alla nostra professione. Ti ringrazio per quello che quotidianamente assieme ai Tuoi validi collaboratori riesci a conquistare. Cordiali e caldissimi Saluti. Dr. Giovanni Maurizio Ceré Con l’approvazione da parte del Senato della proposta di legge che abilita il “Revisore Contabile” alla difesa del contribuente nanti le commissioni tributarie si è raggiunto un traguardo importantissimo non tanto per il conseguimento di una qualifica professionale che ci era dovuta, ma per aver superato una accanita caparbia opposizione operata da parte delle altre categorie interessate che si opponevano al nostro ingresso nell’“olimpo” della difesa tributaria, ritenuta riserva privilegiata delle professioni cosiddette legalmente riconosciute. È stata una battaglia senza esclusione di colpi che rende ancora più piacevole il sofferto risultato. Ci auguriamo ardentemente finisca una volta per tutte il ricorso a diatribe antagoniste non solo perché non hanno ragione di essere ma anche perché, non ci stancheremo mai di ripeterlo, non sono le “qualifiche” che fanno il professionista ma quest’ultimo attraverso la più scrupolosa preparazione. Conseguentemente mentre tu “Revisore Contabile” hai motivo di esserne orgoglioso, renditi anche conto che per partecipare alla difesa del conquistato e raggiungere mete future sempre più ambiziose, è necessario possedere sempre più forza scaturente solo da una unione compatta, forte, prolifica e solidale. Modesto Bertolli L Durante la lettura quotidiana della Gazzetta Ufficiale, mi è balzato all’occhio il decreto emesso in data 9 luglio 2002 dal Direttore Generale della Giustizia Civile, con il quale è stato riconosciuto il titolo professionale valido per la iscrizione nel registro dei Revisori Contabili di un cittadino italiano residente all’estero che vi allego. Francesco Arcadio Ritenendolo utile per i lettori pubblichiamo il testo del decreto inviatoci: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana Serie generale – n. 171 Decreto 9 luglio 2002 Riconoscimento di titolo professionale ai fini dell’accesso ed esercizio in Italia della professione di revisore contabile. Il Direttore Generale della giustizia civile Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; Visto l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, su indicato, che prevede l’applicabilità del decreto legislativo stesso anche ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea in quanto si tratti di norme più favorevoli; Visto altresì il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115, di attuazione della direttiva n. 89/48/CEE del 21 dicembre 1988 – relativa a un sistema generale di riconoscimento di diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di durata minima di tre anni; Vista l’istanza del sig. Tedesco Gianpiero, nato a Windsor (Canada) il 24 maggio 1965, cittadino italiano, diretta ad ottenere, ai sensi dell’art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in combinato disposto con l’art. 12 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, - n. 115, il riconoscimento del ti- E T T E R E tolo professionale di “Chartered Accountant” di cui è in possesso come attestato dal certificato di iscrizione dal 26 settembre 1991 all’ “Istitute of Chartered Accountants” dell’Ontario ai fini dell’accesso ed esercizio in Italia della professione di revisore contabile; Considerato che il richiedente è insignito del titolo accademico statunitense di “Bachelor of Commerce, Honour Business Administration” dal 12 giugno 1988, presso la “University of Windsor”; Considerato che la formazione professionale statunitense risulta essere più ristretta in rapporto allo spettro di attività professionali che il revisore contabile italiano è in diritto di esercitare; Visto l’art. 6 del decreto legislativo n. 115/1992; Viste le determinazioni della Conferenza di servizi nelle sedute del 28 marzo 2002 e del 29 maggio 2002; Sentito il parere del rappresentante di categoria nelle sedute sopra indicate; Decreta Art. 1 Al sig. Tedesco Gianpiero, nato a Windsor (Canada) il 24 maggio 1965, cittadino italiano, è riconosciuto il titolo professionale di cui in premessa quale titolo valido per l’iscrizione al registro dei revisori contabili. Art. 2 Detto riconoscimento è subordinato al superamento di una prova attitudinale, che consiste in un esame orale volto ad accertare la conoscenza delle seguenti materie: 1) diritto tributario; 2) diritto societario. Roma, 9 luglio 2002 Il direttore generale Mele CASSA PREVIDENZA REVISORI CONTABILI Siamo costantemente pressati da richieste tendenti ad ottenere da parte di chi, per le ragioni più disparate, non gode del servizio della cassa di previdenza. Il notevole numero delle richieste ci ha indotti ad instaurare detto servizio anche perché rappresenta una importante tutela dei nostri iscritti privi di tale copertura. Il problema ci ha posti di fronte alla necessità di offrire un servizio importante attraverso la creazione di un apposito organismo sotto diretto nostro controllo. Ci rimanevano due scelte: creare una Cassa ad hoc oppure appoggiarci ad una esistente sempre nel campo delle libere professioni il che risultava soluzione auspicabile, attesa la necessità di fornire l’importante servizio in tempi ragionevolmente brevi. Di qui il contatto con la Cassa di previdenza ed assistenza di una categoria professionale che ci ha benevolmente accolti per cui si è provveduto alla creazione di apposita commissione paritetica operativa costituita da sei elementi, tre per ciascun organismo e ciò al fine di pervenire al perfezionamento dell’accordo in tempi brevi. A rappresentare il nostro Istituto sono stati designati i colleghi Baresi, Genta, Mazzilli i quali hanno già partecipato ad una prima riunione collegiale tenutasi in Roma il 05 settembre c.a. nella quale si sono create le basi di futuri programmi. Ci rendiamo conto della importanza che l’iniziativa riveste, per cui faremo ogni possibile sforzo per giungere al più presto alla sua attuazione. Altro problema spinoso è rappresentato dalla consulenza del lavoro, ma non disperiamo di portarlo a ragionevole soluzione con la collaborazione dei colleghi di quel settore nel rispetto dei reciproci diritti. Come potete osservare la “marcia” continua augurandoci ardentemente di non risvegliare ulteriori gelosie che a nostro avviso non trovano albergo tra persone ragionevoli. Settembre ’02 IL PRESIDENTE INRC 39 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE N O T I Z I E A S S O C I A T I V E Forte iniziativa per la tutela del Revisore Contabile a cura della Segreteria generale Il Consiglio Nazionale del 24 settembre ha rappresentato l’espressione della concretezza, dell’impegno professionale, delle proposte, segnando in modo efficace l’intendimento comune di conseguire ulteriori obiettivi rivolti alla difesa del Revisore Contabile. Se occorreva, nel susseguirsi dei lavori è emersa la forte crescita di immagine e di presenza dell’Istituto che ripropone mirate iniziative nell’area della formazione professionale, dell’aggiornamento e della presenza convegnistica sul territorio italiano. Particolare approfondimento e discussione sono stati dedicati alla prevista unificazione dei Dottori e Ragionieri Commercialisti vista con favore se essi abbandoneranno l’intendimento di sottrarre la tenuta del Registro al Ministero della Giustizia, evitando pesanti turbolenze nell’area professionale italiana e certamente una forte distonia a livello europeo. Non risponde infatti alla evoluzione dei tempi ed alle norme degli altri Stati Membri insistere per la conservazione e l’appropriazione di nuovi spazi in esclusiva, di fronte alla conclamata realtà di richiedere sì garanzie, ma dove è il libero mercato che premia il consumatore finale, il nostro cliente professionale. Per non porci, quindi, professionalmente al di fuori del contesto europeo ed in una posizione di particolare debolezza nei confronti delle altre Regioni di Europa, con prevedibile ulteriore perdita di competitività professionale e ricadute negative sul bilancio personale dei Revisori, il Consiglio Nazionale del 24.09.02 ha, all’unanimità, deliberato e deciso di diffondere la sottostante decisione richiamando l’impegno e l’atten- Virgilio Baresi zione di tutti i Revisori iscritti e non all’Istituto sull’importanza del mantenimento dello “status quo” del Registro dei Revisori presso il Ministero della Giustizia, che ben ha svolto e svolge la propria attività. Il Segretario Generale Virgilio Baresi DELIBERA DEL CONSIGLIO NAZIONALE REVISORI CONTABILI Il Consiglio Nazionale riunitosi a Milano il data 24 settembre 2002, preso atto che sulla stampa nazionale è apparso il progetto di riforma delle professioni economico-amministrative predisposto congiuntamente dai Consigli Nazionali dei Dottori e Ragionieri Commercialisti, con il quale si vorrebbe sottrarre la gestione del Registro dei Revisori Contabili al competente Ministero della Giustizia, per essere affidato all’istituendo Albo Unico dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri; - che tale soluzione, al di là della incostituzionalità della stessa, finirebbe col creare Revisori di serie A e B, iscritti in albi i primi e non iscritti i secondi, in contrasto con la legge istitutiva che caratterizza un’unica figura di revisore contabile (DPR 27.1.92 n°88 in attuazione direttiva 84/253/CEE); - che tutto cio’ non trova ha alcuna giustificazione in considerazione del fatto che il Ministero ha dimostrato di saper gestire con la necessaria imparzialità il Registro; DELIBERA di conferire mandato all’Ufficio di Presidenza affinché si adoperi nelle sedi competenti per la salvaguardia della indipendenza del Revisore Contabile anche in virtu’ della circostanza che dei circa 140mila Revisori Contabili oggi esistenti sul territorio nazionale, oltre 90.000 di essi non risultano iscritti in alcun albo professionale pertanto privi di tutela. All’Istituto Nazionale Revisori Contabili, unica Organizzazione rappresentativa della categoria da oltre 40 anni, va riconosciuto il diritto alla rappresentanza. Al presente documento sarà data la massima divulgazione nelle sedi piu opportune. Milano, 24 settembre ’02 I S T I T U T O N A Z I O N A L E R E V I S O R I C O N TA B I L I IL GIORNALE DEL REVISORE 40 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 I L P A R E R E D E L L ’ E S P E I quesiti dei lettori REVISORI E CONSULENTI VISIBILITÀ AGLI ASSOCIATI SUL DEL LAVORO SITO WWW.REVISORI.IT Siamo una società di capitali “Srl” la cui partecipazione al capitale sociale della stessa è interamente detenuto da due persone fisiche entrambe iscritte all’albo dei Revisori Contabili. La società de quo svolge attività rivolta nell’elaborazione dati contabili e vorrebbe sapere se gli è possibilitato incrementare l’attività svolgendo anche consulenza ed elaborazione nel campo paghe e contributi. Chiesta la relativa autorizzazione all’ispettorato del lavoro compartimentale lo stesso pone divieto adducendo al fatto che necessita essere titolare di iscrizione o all’albo dei consulenti del lavoro o a quello dei dottori commercialisti o a quello dei ragionieri commercialisti... insomma non è sufficiente il titolo di revisore contabile. Esiste valida motivazione al rifiuto de quo? È possibile avere per il caso in specie vostra diretta assistenza? Carlo Gariboldi RISPOSTA La questione è controversa nel senso che il revisore contabile è nato dopo la legge regolante la attività di consulente del lavoro per cui non poteva essere menzionato nella legge stessa. La tesi della sostenuta non abilitazione è sostanzialmente insostenibile. Noi sosteniamo quindi, in attesa dell’intervento del legislatore da noi già adito, di esercitare detta attivita professionale disposti ad affrontare eventuale denuncia di abusivismo che non potra mai essere condivisa in sede giurisdizionale. Vedi anche altre nostre risposte a quesiti sia sul ns. sito www.revisori.it sia sul ns. periodico del 2002. Sono iscritto al Registro dei Revisori Contabili tenuto presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Vorrei sapere se l’iscrizione al Vs. Istituto dei Revisori mi dà la possibilità di comparire in appositi elenchi dei revisori consultabili a livello nazionale. Ringrazio anticipatamente per l’attenzione che verrà prestata alla presente. Vincenzo Buccino RISPOSTA Il ns. sito www.revisori.it già informa su quello che siamo e cosa diamo. Il sito è in fase di implemetazione ed avrà struttura dinamica, dando così la possibilita ai ns associati di rendere visibile la scheda contenente tutti i dati che già abbiamo e che il collega, se lo desidera, completera con le informazioni che ritiene di dover pubblicizzare, curriculum incluso. Altre novità sono: la Cassa di previdenza del revisore, la procedura firma digitale e smart-card. AUTENTICA COPIE VERBALI Gradirei sapere se un revisore contabile può autenticare copie di verbali assembleari da allegarsi ai modelli S2 ecc. da presentare al Registro Imprese presso le Camere di Commercio. Francesco Pelosi RISPOSTA Sì, dal momento che il revisore contabile puo autenticare la firma della clientela sulle dichiarazioni fiscali. 41 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 R T O a cura dell’INRC NOMINA A CONSULENTI TECNICI DI TRIBUNALI Sono il Dr. Giuseppe Balsamo di Castel san Giorgio (Sa) e sono in procinto di iscrivermi al Vs. Istituto, e pongo il seguente quesito: 1. posso presentare al Tribunale di residenza (Nocera Inferiore SA) domanda di iscrizione nell’elenco dei CTU e dei periti? 2. in caso affermativo, e dopo l’iscrizione al Vs. Istiuto, nel momento in cui il Tribunale dovrà decidere l’accoglimento della mia istanza, sarà presente anche un Vs. rappresentante? Giuseppe Balsamo RISPOSTA L’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici del giudice (per il settore di competenza) è un diritto del revisore contabile per cui il richiedente deve inoltrare domanda al tribunale della giurisdizione di residenza. Sulla ammissione all’albo il tribunale decide autonomamente senza ingerenze esterne pr cui sia in caso positivo che negativo ne dà notizia direttamente all’interessato. Per avere una risposta nella rubrica “I quesiti dei lettori” inviate le vostre domande a: [email protected] riportando sempre il numero e la data di scadenza della tessera di iscrizione all’Istituto. IL GIORNALE DEL REVISORE E N T I L O C A L I Accertamenti delle entrate e impegni di spesa LA CORRELAZIONE TRA L’ACCERTAMENTO DEL Giacomo Bertocchini Il concetto di copertura finanziaIl concetto di copertura finanziaCREDITO E GLI IMPEGNI DI SPESA COSTITUISCE IL ria esige inoltre una radicale riria trova il suo fondamento giuristrutturazione e riorganizzazione dico nella reale disponibilità delle MEZZO PER ASSICURARE L’EQUILIBRIO GESTIONALE dell’ente locale in termini funziorisorse atte a sostenere una deterDEGLI ENTI LOCALI nali e non documentali; funziominata spesa per cui gli impegni nalità che si acquisisce attraverso di spesa sono subordinati all’acuna analisi scrupolosa delle funcertamento delle entrate nei mozioni attinenti una determinata attività informatica con il servizio finanziario di e nei termini stabiliti dalle disposizioin modo da costruire sistemi organici e dell’ente, chiamato a dare inputs sulla ni di legge, regolamenti, contratti o atti coordinati. disponibilità della quota assegnata (si amministrativi. L’attuale articolazione strutturale degli tratta in genere di entrate tributarie e per Gli elementi che caratterizzano l’accertaenti in settori, comparti, dipartimenti, trasferimenti erariali). Il servizio finanmento sono: la definizione quantitativa stagnanti fra di loro e spesso comunicanziario dovrà gestire tali risorse attraverso del credito, il nominativo del creditore, ti attraverso atti e documenti, non propiani contabili che sviluppino l’andala scadenza di riscossione. duce gli effetti voluti in termini di effimento degli accertamenti e riscossioni, La correlazione tra gli accertamenti, cocienza ed efficacia. degli impegni e pagamenti. Lo stesso serme sopra definiti, e gli impegni di spesa Il baricentro di un moderno organivizio, nel rispetto dell’equilibrio generale è il nesso economico aziendalistico della gramma amministrativo è un sistema indi bilancio, ha il compito di rimettere copertura finanziaria, venendo meno la formatico razionale e aperto con l’impietrimestralmente alla Giunta e all’unità quale si generano ripetuti squilibri gego di risorse umane motivate nella prooperativa del controllo di gestione piani stionali fessionalità la cui crescita è legata a mirafinanziari, del resto rilevabili dalla contaII bilancio degli enti locali è caratterizzati corsi formativi. La stessa programmabilità evidenziando gli scostamenti tra gli to da una massa di entrate che finanziazione, più volte richiamata dal legislatostati previsionali e gli accertamenti e tra no un plafond di spese senza un distinre, è relegata alla sola relazione che acquesti e le riscossioni nonché tra gli stati guo di destinazione fatta eccezione per le compagna il bilancio senza avere un valiprevisionali e gli impegni di spesa e tra entrate vincolate a specifici interventi e do supporto costituito da indagini socio questi e i pagamenti. di quelle in conto capitale. economiche territoriali, ambientali e tecL’unità operativa del controllo di gestioDa tale quadro emerge che il solo conniche. La definizione quantitativa e quane, avvalendosi di tali strumenti, è tenutrollo contabile di bilancio è insufficienlitativa degli obiettivi; l’analisi dei fattori ta a verificare le cause di eventuali scostate a garantire la copertura finanziaria per necessari al raggiungimento di questi al menti anche in rapporto ai singoli obietcui devono essere valorizzati altri strufine di attribuire ai responsabili dei servitivi programmatici al fine di proporre menti, quali i piani esecutivi di gestione zi risorse adeguate per la gestione della adeguati e tempestivi correttivi. la cui utilizzazione spesso è limitata alla combinazione produttiva, la scelta delle Le spese di investimento sono, invece, capienza degli stanziamenti assegnati modalità gestionali sono elementi detersubordinate all’effettivo realizzo delle risenza una valutazione della disponibilità minanti di programmazione. sorse. delle risorse destinate, e quali sono diverRicondurre la spesa pubblica nell’alveo Per le opere finanziate con contributi sificate nel senso che alcune sono proprie naturale della copertura finanziaria, oltre concessori si pone il problema di armodel servizio e quindi rientranti nella gea snellire l’attività amministrativa con la nizzare il pagamento degli stati di avanstione a livello di accertamento e riscosconseguente riduzione della massa di rezamento dei lavori all’effettivo introito sione da parte del responsabile del servisidui attivi e passivi che ne frenano la liche, generalmente, a norma di legge, avzio; altre improprie nel senso che la genearità e la trasparenza, arricchisce l’ecoviene in più anni per cui tale risorsa si stione spetta ad altri servizi o settori se nomicità e la produttività delle autonopresta maggiormente al finanziamento pure attribuite pro quota. Per queste ulmie locali. di lotti funzionali. time si impone una intercomunicabilità IL GIORNALE DEL REVISORE 42 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 E N T I L O C A L I Rieleggibilità del revisore negli Enti Locali DUE INCARICHI NEL MEDESIMO ENTE, ANCHE Con il presente scritto intendiaNON CONSECUTIVI E A PRESCINDERE DALLA LORO mo esprimere le ragioni che ci inducono a dissentire dalla riDURATA, IMPEDISCONO AL REVISORE, sposta data al quesito con il quaVITA NATURAL DURANTE, UNA TERZA RIELEZIONE le veniva chiesto di “fare chiarezza nella interpretazione della norma” di cui al 1° comma delcrea nel lettore più dubbi di quanti ne l’art. 235 del Decreto Legislativo n. risolve. Risultandoci inoltre che in alcu267/2000, disciplinante la durata in cani Comuni sono stati deliberati incaririca dei componenti del Collegio dei chi per un terzo mandato, siamo stati Revisori Contabili negli Enti Locali, indotti alle riflessioni esposte nei paraentrambi pubblicati sul n. 3 – mag./giu. grafi che seguono. 2002 della Rivista “Il Giornale del Revisore”, edito dall’Istituto Nazionale Soluzione del problema Revisori Contabili. Il provvedimento che da ultimo ha afL’autore del quesito lamentava il fatto frontato il tema della “durata dell’incariche, dopo aver ricoperto la carica di comco dei Revisori Contabili” è il Testo ponente del Collegio dei Revisori ContaUnico sull’ordinamento degli Enti Locabili di un Comune per due mandati conli n. 267/2000, il quale, in proposito, cosecutivi (1992-1995, 1995-1998), nel sì dispone al 1° comma dell’art. 235: 2002 si vedeva respingere la domanda “L’Organo di revisione contabile dura in per un terzo incarico con la seguente mocarica tre anni a decorrere dalla data di tivazione: il richiedente aveva già ricoperesecutività della delibera o della data di to tale incarico presso lo stesso Ente per immediata eseguibilità nell’ipotesi di cui due mandati. Lamentava, in particolare, all’articolo 134, comma 3, e sono rielegche l’Amministrazione, a suo dire, non gibili per una sola volta. Ove nei Collegi aveva tenuto conto del fatto che il richiesi proceda a sostituzione di un singolo dente non avesse ricoperto tale carica nel componente la durata dell’incarico del triennio immediatamente precedente la nuovo revisore è limitata al tempo resiterza domanda. Da qui la richiesta di veduo sino alla scadenza del termine trienrificare la legittimità della motivazione nale, calcolata a decorrere dalla nomina della sua esclusione. dell’intero Collegio. Si applicano le norL’estensore della risposta – dopo aver afme relative alla proroga degli Organi fermato che “la nuova norma nel porre Amministrativi di cui agli articoli 2, 3, il divieto di superare i due mandati concomma 1 – 4, comma 1 – 5, comma 1 e secutivamente non chiarisce se la so6 del Decreto Legge 16 maggio 1994, n. spensione deve operare sine die oppure 293, convertito con modificazioni, dalla trattarsi di sospensione temporanea ... – legge 15/4/1994, n. 444. prosegue affermando che – Su questo Quattro sono i punti cardini stabiliti punto la legge tace lasciando la questiodal legislatore: ne alla libera interpretazione”. - durata triennale dell’incarico; Risposta, a dir vero, poco aderente al - rieleggibilità per una sola volta; quadro normativo di riferimento che 43 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 Giuseppe Castronovo - durata limitata al tempo che residua per completare il triennio in caso di sostituzione del singolo componente1; - prolungamento dell’incarico solamente in regime di prorogatio per un massimo di 45 giorni2. Poiché, per la parte che qui ci interessa, il su citato 1° comma dell’art. 235, ad eccezione dei punti 3 e 4 di nuova introduzione, riporta fedelmente quanto già stabilito dall’art. 57 della legge n. 142/1990, rimane ancor oggi valida la nostra opinione espressa ancor prima dell’emanazione del Nuovo Testo Unico n. 267/2000; quella secondo cui: “i Revisori che siano stati eletti per due volte (consecutive e non) nello stesso Comune non sono più rieleggibili in quel Comune vita natural durante”; “i Revisori dei Conti possono ricoprire tale carica nello stesso Comune per un periodo massimo di sei anni”3. Va ricordato che il testo sopra riportato è diverso da quello inizialmente predisposto dal Governo, il quale originariamente aveva disposto che i Revisori fossero rieleggibili consecutivamente per una sola volta. Una versione, quella originaria, che, in analogia alla disciplina dettata dalla legge 81/93 per l’elezione del Sindaco, avrebbe consentito al Revisore, dopo la seconda (consecutiva e non) elezione nello stesso Comune, una terza, una quarta ... elezione, purché intervallate tra loro da un periodo di almeno tre anni. L’estensore della risposta usa purtroppo – e qui sta il suo errore – l’avverbio “consecutivamente” del quale non c’è più traccia alcuna nella versione definitiva della norma; da qui la risposta non aderente al testo definitivo e i conseguenti dubbi sorti nei lettori. IL GIORNALE DEL REVISORE E Il fatto che il testo finale, in seguito ai rilievi formulati dalle Commissioni Parlamentari e dal Consiglio di Stato4 sull’originario testo governativo, sia stato riscritto in sintonia con l’articolo 57 della legge 142/90, rafforza la tesi secondo cui: un revisore può svolgere la sua funzione presso lo stesso Comune per un periodo massimo di sei anni, vita natural durante. La nostra tesi è avvalorata, altresì, dal fatto che l’art. 51 del medesimo Testo Unico n. 267/2000 specifica, in materia di elezione dei Sindaci e dei Presidenti di Provincia, che il limite alla rielezione per una sola volta opera esclusivamente tre mandati consecutivi. Ne consegue che lo stesso soggetto può essere eletto alla carica di Sindaco presso lo stesso Comune per più di due volte, purché dopo due mandati consecutivi intercorra una soluzione di continuità prima della terza elezione. Questo favore il legislatore l’ha concesso ai Sindaci e ai Presidenti di Provincia e non ai componenti del Collegio dei Revisori dei Conti! Ubi voluit dixit, ubi voluit tacuit. Ne consegue che due incarichi nel medesimo Ente, a prescindere dalla loro effettiva durata, impediscono al Revisore, vita natural durante, una terza rielezione. Breve rassegna delle motivazioni dottrinarie e giurisprudenziali a giustificazione del limite dei due mandati. Passiamo in rassegna, infine, le motivazioni addotte da dottrina e giurisprudenza per giustificare il limite dei due mandati. Dottrina: Il Lombardi, rispondendo ad un quesito analogo a quello in esame, dopo aver affermato che “... il Revisore dei Conti non può essere rieletto nello stesso Ente per più di una volta ...” prosegue individuando la ratio di tale limitazione nella necessità di “... evitare la cosiddetta perpetuatio e quindi la cristallizzazione degli incarichi nell’ufficio dei Revisori, per prevenire quella eccessiva “familia- IL GIORNALE DEL REVISORE N T I L O C A rizzazione” con l’ambiente controllato che può – nel tempo – addolcire il ruolo di verifica. È, infatti, logico che il permanere per lungo tempo in tale delicato ruolo possa determinare l’affievolimento della qualità della terzietà dell’appporto professionale per l’innestarsi di fattori condizionanti l’obiettività delle pronunce. La limitazione mira perciò a favorire un ricambio delle persone in modo da assicurare discontinuità ed elementi innovativi nella gestione dell’Ente Locale”5. La ratio del limite dei due mandati è individuata dal Fontana “... Nell’obiettivo di garantire un’effettiva indipendenza ed una assoluta imparzialità del Revisore rispetto agli organi assembleari, esecutivi e direttivi dell’Ente. Condizione che non sarebbe del tutto garantita qualora il rapporto tra il Revisore e l’Ente si consolidasse divenendo tendenzialmente permanente”6. Il Barberis, infine, afferma di “... Condividere la limitazione dei mandati, come condizione di autonomia, di indipendenza e di imparzialità dell’organo di revisione rispetto agli organi politici titolari del potere di nomina. In questo modo si garantisce una efficace azione dell’organo, non disturbato dalla ricerca di un consenso, e quindi libero di svolgere il proprio compito nell’interesse pubblico oltre che dell’Ente, operando al meglio e assicurando una effettiva posizione terza di controllo. Con la limitazione dei mandati si evitano la cristallizzazione degli incarichi, l’affievolimento dell’impegno ed eventuali situazioni di connubio”7. Giurisprudenza: Il giudice amministrativo afferma, da parte sua, “... Che il Collegio dei Revisori dei Conti, per le funzioni che è chiamato a svolgere (articolo 239), richiede una posizione di sostanziale indipendenza dalla maggioranza politica che esprime gli organi di governo dell’Ente Locale. Le funzioni consultive e di controllo sui bilanci, sui programmi 44 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 L I e i progetti, di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione delle entrate e delle spese, dell’attività contrattuale, dell’amministrazione dei beni, ecc., assolvono infatti a finalità di garanzia nell’interesse oggettivo e generale dell’equilibrio della gestione economica dell’Ente Locale. Nel solco di una tradizionale e stabilizzata linea di tendenza nell’organizzazione amministrativa, all’organo di controllo contabile devono essere assicurate quell’autonomia e quella indipendenza dall’amministrazione attiva necessarie per consentire un giusto adempimento della funzione di controllo ...”8. In precedenza il Consiglio di Stato aveva affermato che “... Proprio l’autonomia decisionale, organizzativa, gestionale e finanziaria dell’Ente esige la presenza di Revisori assolutamente imparziali e privi di qualsiasi contiguità con l’Ente Locale, quale contrappeso dell’abbandono del sistema dei controlli esterni e del potenziamento dei controlli interni ...”9. Affermazioni abbastanza chiara, al punto da rendere superfluo ogni commento. Note 1 - 2) I punti 3 e 4, non presenti nella legge n. 142/1990, ora trovano, con l’art. 235 del T.U. n. 267/2000, idonea e specifica disciplina: il punto 3 in analogia al 1° comma dell’art. 2401 del Codice Civile secondo dui “i nuovi nominati scadono insieme con quelli in carica”; il punto 4 attraverso l’espresso richiamo della legge n. 444/1994, relativa alla proroga degli Organi Amministrativi. Trattasi, comunque, di due disposizioni letteralmente riprese dal 1° comma dell’art. 101 del Decreto Legislativo n. 77/1995. 3) G. Castronovo, Revisori dei Conti: quanti anni nello stesso Comune?, in Nuova Rassegna, n. 8, 16 aprile 2000. 4 - 9) Così il Consiglio di Stato - Ad. gen., nel parere n. 87 dell’8 giugno 2000 reso in relazione allo schema preparatorio del T.U. n. 267/2000. 5) G.V. Lombardi, l’elezione dei Revisori dei Conti, in Guida agli Enti Locali, Il Sole 24 Ore, n. 29, pag. 60, ed. 2002. 6) Testo Unico degli Enti Locali – Commento al Decreto Legislativo n. 267/2000, Vol. 2°, pag. 409, Giuffrè ed., Milano, ediz. 2000. 7) La Riforma degli Enti Locali, Vol. 2°, pag. 1060, Utet ed., Torino, ed. 2002. 8) Così il T.A.R. Campania-Napoli, Sez. 1°, nella sentenza n. 3997 del 6 settembre 2001. 9) Si rinvia il lettore alla nota n. 4. I L R E V I S O R E N E G L I E N T I L O C A L I A CURA DEL CENTRO STUDI ENTI LOCALI* RUBRICA SPECIALISTICA SUGLI ASPETTI AMMINISTRATIVOCONTABILI, FISCALI E LEGALI CHE ATTENGONO AL RUOLO DI REVISORE NEGLI ENTI LOCALI *Centro Studi Enti Locali® S.r.l. Servizi informativi, formativi e consulenziali agli Enti Locali LE NOVITÀ IN MATERIA DI PROGRAMMA PLURIENNALE ED ELENCO ANNUALE DELLE OPERE PUBBLICHE INTRODOTTE DALLA RECENTE LEGGE N. 166/02 di Annalisa Mancini Com’è noto l’elenco annuale ed il programma triennale delle opere pubbliche di cui all’art. 14 della Legge n. 109/94 (meglio conosciuta come “Legge Merloni”) costituiscono due dei più significativi allegati al bilancio di previsione di un Ente Locale. Anche per questa ragione, oltre che per mettere in condizione i Revisori contabili di questi enti di svolgere con maggior cognizione di causa la loro attività di controllo anche su questi atti, riteniamo utile evidenziare le significative novità apportate, anche in ordine a questo adempimento, dall’art. 7 della recentissima Legge n. 166 del 1° agosto 2002 “Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti”. “Nelle more della revisione della Legge qua- dro sui lavori pubblici, anche allo scopo di adeguare la stessa alle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione,” all’articolo in questione della Legge Merloni sono state apportate tre modifiche, apparentemente marginali, ma che invece sono destinate a produrre conseguenze notevoli nell’attività amministrativa soprattutto dei Comuni più piccoli. Esclusione dall’obbligo di inserimento negli atti di programmazione delle opere di importo unitario inferiore ai 100.000 Euro È sicuramente la modifica che avrà maggior rilevanza per un numero molto elevato di Enti (ad esempio per tutti i piccoli e piccolissimi Comuni). Per tutte le stazioni appaltanti viene infatti stabilito che viene meno l’obbligo di includere, sia nel programma pluriennale che nell’elenco annuale delle opere pubbliche, tutti i lavori di importo unitario inferiore ai 100.0000 Euro (o meglio, non superiore ai 100.000 Euro). Il che significa che per gli Enti di minori dimensioni gli obblighi connessi all’attività di programmazione troveranno applicazione solo per pochissime opere. Se è evidente la notevole semplificazione di cui beneficeranno gli organi di questi Comuni, non si può tuttavia non rilevare come questa modifica, oltre ad attenuare quella spinta ad un maggior livello di programmazione dell’attività amministrativa, quanto mai opportuna a tutti i livelli, fa decadere, per queste tipologia di lavori, anche tutte le altre disposizioni correlate all’inclusione nei predetti elenchi (pubblicità mediante affissione all’albo pretorio per almeno 60 giorni, preventiva verifica di conformità urbanistica, obbligo di prevedere ed indicare fin dalla fase di programmazione i mezzi finanziari con cui si intende finanziare le opere, obbligo di comunicazione all’Osservatorio dei lavori pubblici, ecc.), sulla cui opportunità e necessità si sono, in questi anni, sprecati fiumi d’inchiostro. Proprio in considerazione di questo alto livello di semplificazione, c’è da eviden45 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 ziare che altrettanto alta può essere la spinta, negli Enti, a ricorrere ad artificiosi frazionamenti, peraltro espressamente vietati dalla legge, delle opere, al fine di mantenerne l’importo sotto la soglia dei 100.000 Euro, anche ai fini della possibilità di ricorrere a forme di trattativa privata ora resa possibile, sotto tale importo, dalla nuova formulazione dell’art. 24 della Merloni. Modifiche nell’individuazione delle priorità ai fini della realizzazione delle opere programmate Il nuovo testo del comma 3, dell’art. 14 in questione, introduce due modifiche, peraltro di diversa portata, alla previgente disciplina in ordine ai criteri di priorità da seguire ai fini della realizzazione delle opere previste nel programma triennale. La prima, e più significativa, modifica riguarda l’eliminazione dell’obbligo di indicare preventivamente un ordine di priorità tra le diverse categorie di lavori, nonché un ulteriore ordine di priorità all’interno di ogni categoria. Quella citata era una disposizione che contribuiva non poco a complicare ed appesantire l’attività di programmazione (si chiedeva in effetti una sorta di spaccatura del capello in quattro, senza peraltro che fosse chiaro “a che pro”), della cui soppressione saranno in pochi a lamentarsi. Tra l’altro, rimane comunque in vigore l’obbligo di indicare, nel programma, un ordine di priorità (sia pure senza nessuna particolare specificazione), nonché la precisazione che, nell’ambito di tale ordine, sono da ritenere comunque prioritarie alcune particolari tipologie di lavori. E la seconda, e ben più significativa, novità introdotta con la modifica legislativa in questione riguarda proprio questo elenco di “priorità nelle priorità”. In aggiunta ai lavori già precedentemente previsti “di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati” ed a quelli “per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario”, sono stati aggiunti nel IL GIORNALE DEL REVISORE I L R E V I S O predetto elenco anche quelli “i cui progetti esecutivi siano già approvati”. E questo, a ben vedere, significa un vero e proprio svuotamento di tutta la disciplina delle priorità. Se le situazioni che determinavano finora un diverso livello di priorità, rispetto a quanto previsto nel programma, erano tutte riconducibili a ragioni o stati di fatto oggettivi, quest’ultima aggiunta rinvia invece a condizioni assolutamente soggettive e predeterminabili. Sarà sufficiente infatti che si decida (chi, come, perché?) di mandare avanti più speditamente la progettazione esecutiva di un’opera, anziché di un’altra, perché questa diventi prioritaria rispetto alle altre non ancora progettate. Ma questo è quello che succedeva negli Enti prima che la Merloni li obbligasse a render conto, non ultimo ai propri amministrati, delle priorità che si intendeva seguire nella realizzazione delle opere programmate. Per questa ragione, pur non sottovalutando le positive implicazioni di ordine pratico che questa modifica può avere in molte realtà (una programmazione eccessivamente rigida rischia di costituire spesso un problema non di poco conto per l’operatività di una Amministrazione), riteniamo che sarebbe stata più coerente o l’abrogazione tout court del comma in questione o, meglio ancora, la trasformazione dell’obbligo di prevedere un ordine di priorità, in una semplice possibilità (“il programma può prevedere...”). Modifiche all’obbligo di progettazione preliminare per le opere da inserire nella programmazione È dall’entrata in vigore della Legge n. 415/98, la quale ha modificato questa parte della Merloni, e del successivo Regolamento attuativo, che è stata oggetto di discussione la disposizione, di cui al comma 6 dell’art. 14, con cui si stabiliva che l’inclusione di un lavoro nell’elenco annuale fosse subordinata alla preventiva approvazione della progettazione preliminare (salvo che per i lavori di IL GIORNALE DEL REVISORE R E N E G L I E N manutenzione, per i quali era sufficiente una elencazione degli interventi previsti ed una stima sommaria dei costi). Proprio per questa ragione, il primo anno di entrata in vigore dell’obbligatorietà dell’elenco, un apposito Dm., emanato quale interpretazione autentica (ma soprattutto, semplificazione) della disposizione in questione, aveva affermato che l’avvenuta predisposizione della progettazione preliminare poteva essere verificata, ai fini dell’inclusione nell’elenco, al momento della sua approvazione, unitamente al bilancio di previsione, da parte dell’organo consiliare. La modifica introdotta dalla Legge n. 166/02 è stata molto più radicale. Il nuovo testo del comma 6 in argomento stabilisce infatti che la progettazione preliminare non è più richiesta ai fini dell’inclusione nell’elenco di tutte le opere di importo inferiore a 1.000.000 di Euro (per le quali è sufficiente la predisposizione di un semplice studio di fattibilità). Se si considera che, mentre per la progettazione preliminare l’art. 16 della Legge n. 109/94 specifica dettagliatamente come deve essere redatto e da quali elaborati minimi deve essere costituito, non viene invece specificato alcunché circa il contenuto minimo di questo “studio di fattibilità”, l’ulteriore semplificazione in ordine agli adempimenti connessi alla programmazione dei lavori pubblici che questa modifica comporta è davvero notevole. UN INTERESSANTE PARERE DELL’OSSERVATORIO PER LA FINANZA LOCALE IN MATERIA DI ACCERTAMENTO DI ENTRATE COMUNALI di Nicola Tonveronachi Per la prima volta da quando è stato istituito, l’Osservatorio per la finanza e la 46 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 T I L O C A L I contabilità degli Enti Locali presso il Ministero dell’Interno ha pubblicato (a seguito di propria apposita disposizione) sul proprio sito internet un parere dallo stesso fornito in risposta ad uno specifico quesito, per inciso riguardante una questione interpretativa sul problema dell’accertamento delle entrate comunali ex art. 179, Tuel (Dlgs. n. 267/2000). La questione dibattuta, inizialmente solo all’interno dell’Ente istante, e successivamente anche nelle stanze dei Ministeri dell’Interno e dell’Economia e delle Finanze, era sorta in merito all’interpretazione del citato art. 179, comma 1, del Tuel, il quale, in merito agli elementi costitutivi dell’accertamento delle entrate, richiede la fissazione, tra gli altri, della scadenza del credito, senza alcuna limitazione temporale della stessa. Nel caso di specie, infatti, il Comune istante aveva emesso liste di carico per le entrate del servizio acquedotto per gli anni 1997, 1999 e 2000 ed aveva accertato l’importo complessivo nell’anno 2001 in modo da finanziare anche il disavanzo di amministrazione del precedente esercizio, operazione questa per la quale il Collegio dei revisori aveva eccepito sulla legittimità dei conseguenti atti dirigenziali. Posta dunque la questione alle sedi competenti, mentre il Ministero dell’Interno aveva riconosciuto la correttezza dell’operazione argomentando che la norma “prevede tra le modalità di accertamento l’emissione di liste di carico per le entrate patrimoniali e per la gestione di servizi a carattere produttivo…” e che “in sede di contabilità finanziaria in regime di competenza, quello che diviene rilevante è l’aspetto giuridico delle entrate e delle spese, ossia l’attenzione viene focalizzata sulle situazioni in forza delle quali sorge in capo all’ente locale il diritto a percepire somme di denaro…”, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, attivato sulla questione da un quesito posto dal I L R E V I S O Collegio dei revisori dell’Ente, ha invece sostenuto la tesi contraria, affermando che, viste le norme sulla competenza finanziaria delle entrate per le varie tipologie di Pubbliche Amministrazioni (rispettivamente, art. 222, Rd. n. 827/24, per lo Stato; art. 13, Dpr. n. 696/79, per gli Enti Pubblici non economici; art. 179, Tuel, per gli Enti Locali)”, “possono trovare iscrizione nel bilancio preventivo soltanto quelle entrate per le quali sia ragionevole presumere che saranno riscosse entro l’esercizio e che, pertanto, la eventuale mancata riscossione (residui attivi) sia da collegare a circostanze non prevedibili in sede di accertamento (ad esempio successiva adozione di un provvedimento a valenza generale che disponga la dilazione della scadenza del credito ovvero la rateizzazione del suo pagamento)”, visto che “il principio della competenza come sopra definito, ancorché non espressamente previsto dal predetto art. 179, del Decreto legislativo n. 267/2000, deve ritenersi vincolante per gli enti locali, essendo una diretta estrinsecazione del principio di integrità del bilancio cui devono conformarsi i bilanci pubblici”. Concordando con il Ministero dell’Interno, invece, i professori dell’Osservatorio, nell’ambito dei compiti loro assegnati dall’art. 154, comma 2, Tuel, hanno sostenuto che, in materia di accertamento contabile, gli Enti Locali debbano attenersi esclusivamente e letteralmente alle prescrizioni dell’art. 179, comma 1, Tuel (ovvero, testualmente: “1. L’accertamento costituisce la prima fase di gestione dell’entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonché fissata la relativa scadenza”), da ritenersi principio generale con valore inderogabile, ai sensi dell’art. 152, comma 2. R E N E G L I E N Sarebbero radicalmente illegittimi non solo comportamenti contrastanti, ma anche autonome regolamentazioni, riconosciute in via generale. In altre parole, secondo l’Osservatorio le norme speciali previste per gli Enti Locali (art. 21, Dlgs. n. 77/95, trasfuso nel citato art. 159, Tuel) non richiedono che la scadenza del credito debba ricadere nell’esercizio finanziario nel quale è stato eseguito l’accertamento, ma si limitano a prevedere che l’accertamento indichi la scadenza del credito, “ovviamente anche al di là dell’esercizio finanziario nel quale si sarebbe effettuato l’accertamento”. Ciò che rileva, quindi, per la corretta applicazione del principio della competenza finanziaria per gli Enti Locali è il suo aspetto giuridico consistente, per l’entrata, nella constatazione dell’esistenza di un documentato diritto di credito, e per la spesa, di un obbligo di pagare. Per contrastare quanto asserito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, i professori dell’Osservatorio non sono certo andati per il sottile, sottolineando che “l’obbligatorio vincolo, per gli Enti Locali, di accertare solo le entrate in scadenza nell’anno relativo all’operazione, non ha pregio in quanto le norme citate, dalle quali il vincolo si evincerebbe, sono di epoca precedente a quella relativa agli Enti Locali e nella gerarchia delle fonti sono di rango inferiore a quello del Testo unico citato, adottato non a caso con Decreto legislativo e quindi con atto avente valore di legge ordinaria. Non vale poi il richiamo al principio dell’integrità del bilancio (richiamato in verità nell’art. 162 del Testo unico), poiché esso, per unanime e concorde dottrina, si riferisce, invece, al solo obbligo di integrale iscrizione in bilancio di ciascuna entrata e spesa, senza possibilità di compensazioni. A tal proposito, appare inutile la citazione di riferimenti dottrinari, tutti concordi nei sensi detti”. 47 Anno XXVI - Numero 4 - Luglio/Agosto 2002 T I L O C A L I Inoltre, se ciò non bastasse, l’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti Locali ricorda “che l’esigenza, pur rappresentata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di evitare squilibri di gestione con forzate interpretazioni di tipo ingiustamente restrittivo non è affatto condivisibile anzitutto perché il pericolo paventato non sussiste, e poi perché semmai sarebbe il comportamento suggerito dal detto Ministero a costituire rischio di squilibri e forse impossibilità di far pareggiare i bilanci”. Come esempio di una chiarezza disarmante si cita giustamente cosa potrebbe accadere alle entrate dello Stato se le osservazioni delle Finanze si applicassero anche all’Addizionale Irpef, per la quale sarebbe assolutamente impossibile accertarne il relativo provento nell’esercizio, visto che la relativa riscossa è effettuata a cura dello Stato e il riversamento avviene “in epoca assolutamente imprevedibile e comunque molto successiva all’esercizio finanziario di riferimento, rendendo vano il sacrificio richiesto ai contribuenti”. Altri esempi di incertezza sul quantum e soprattutto sul quando dell’acquisizione della risorsa potrebbero essere i contributi erariali per gli enti sottoposti al regime di Tesoreria unica, oppure i proventi derivanti dalla repressione dell’evasione tributaria e tariffaria, che rischierebbero di non poter essere accertati ed utilizzati e quindi di vanificare l’opera e gli sforzi spesso meritori compiuti. In conclusione, con l’intervento dei tecnici dell’Osservatorio viene sancito che per la legittimità dell’accertamento è sufficiente che, assieme agli altri elementi indicati dall’art. 159, comma 1, Tuel, sia definita e ben indicata la scadenza del credito, non essendo invece richiesto che la stessa cada nell’esercizio nel quale è stato effettuato l’accertamento. IL GIORNALE DEL REVISORE ® Centro Studi Enti Locali s.r.l. MASTER BASE PER I REVISORI DEGLI ENTI LOCALI Seconda edizione ottobre 2002 - febbraio 2003 Bari - Milano - Verona - Firenze IL PROGRAMMA QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE e 775,00* + Iva 20 % 1a Giornata • L'ordinamento istituzionale degli Enti Locali • La revisione economico-finanziaria negli EE.LL. 2a Giornata • L'ordinamento finanziario e contabile 3a Giornata • La gestione del bilancio 4a Giornata • Il rendiconto della gestione • Il controllo di gestione 5a Giornata: • Gli investimenti degli Enti Locali • I principali adempimenti dei revisori degli Enti Locali nel corso dell'esercizio Comprensiva di coffee breack., lunch, materiale didattico documentale, testi della normativa di riferimento, attestato di partecipazione. La quota di partecipazione dà altresì diritto: - all'abbonamento gratuito per un anno alla rivista Entilocalinews, settimanale di aggiornamento ed approfondimento per gli operatori degli Enti Locali edita dal nostro Centro Studi; - all'accesso gratuito per un anno al sito web entilocaliweb.it; - alla partecipazione, a prezzo scontato, al seminario di approfondimento "Le novità della Finanziaria 2003 che interessano gli Enti locali" che verrà organizzato nel gennaio 2003 dal Centro Studi. CALENDARIO DELLE LEZIONI 1ª lezione: 2ª lezione: 3ª lezione: 4ª lezione: 5ª lezione: BARI MILANO VERONA FIRENZE 21 ottobre 2002 18 novembre 2002 16 dicembre 2002 27 gennaio 2003 24 febbraio 2003 22 ottobre 2002 19 novembre 2002 17 dicembre 2002 28 gennaio 2003 25 febbraio 2003 23 ottobre 2002 20 novembre 2002 18 dicembre 2002 29 gennaio 2003 26 febbraio 2003 25 ottobre 2002 22 novembre 2002 20 dicembre 2002 31 gennaio 2003 28 febbraio 2003 AZIENDE SPECIALI, CONSORZI-AZIENDA, ISTITUZIONI E SOCIETÀ DI CAPITALI PER LA GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI Il ruolo del revisore dopo la riforma della Legge n. 448/01 Seminario di approfondimento Verona (4 novembre 2002) - Milano (5 novembre 2002) - Firenze (8 novembre 2002) Docenti: Avv. Luigi Ferraioli Dott. Antonio Marrtini Quota d'iscrizione: e 180,00* + Iva 20 % Coupon d'iscrizione da inviare al Centro Studi Enti Locali - fax 0571 469237 Chiedo l'iscrizione di n. ___ persone: ❏ al Master base per i revisori contabili degli Enti Locali ❏ al seminario di approfondimento sui servizi pubblici locali che si svolgerà a _____________________________ La relativa fattura deve essere intestata a: Ente/Studio _________________________________________________________ Via __________________________________________________________ CAP ___________ Località ______________________________________________________________ Prov.______ P. Iva ___________________________ Tessera iscrizione I.N.R.C. n. ____________________________________ Tel. ___________________ Fax ____________________ E-mail ___________________________________________ Al pagamento di e _____________ ho provveduto mediante: ❏ bonifico bancario su Cassa di Risparmio di Firenze, agenzia di Ponte a Egola - c/c n. 1444 - ABI 06160 - CAB 71150; ❏ c/c postale n. 25538570 intestato a: Centro Studi Enti Locali - Via della Costituente 15 - 56024 San Miniato * Per gli iscritti all'I.N.R.C. sconto 20% sulla quota d'iscrizione