la quantificazione della coarticolazione nello sviluppo fonetico

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la quantificazione della coarticolazione nello sviluppo fonetico
in V. Giordani, V. Bruseghini, P. Cosi (a cura di), Atti del III Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana di Scienze della
Voce (AISV), Trento, 29-30/11-1/12/2006, Torriana (RN): EDK Editore, 2007, Pp. 135-150
LA QUANTIFICAZIONE DELLA COARTICOLAZIONE NELLO SVILUPPO
FONETICO
Andrea Petracco, Claudio Zmarich
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione-C.N.R.,
sede di Padova
[email protected], [email protected]
1. SOMMARIO
L’organizzazione articolatoria nell’adulto esprime un alto grado di abilita’ motoria, che è il risultato di un lungo
periodo di maturazione e apprendimento. Secondo alcuni autori (v. Studdert-Kennedy, 1998) il bambino restringe
progressivamente il dominio dell’organizzazione articolatoria dalla sillaba (CV) ai singoli gesti vocalico e
consonantico, diminuendo quindi la coarticolazione e aumentando la distintività fonemica di consonante (C) e vocale
(V).
In questo studio è stata analizzata la coarticolazione anticipatoria (V su C) nelle sillabe “CV” del babbling e delle
prime parole prodotte da una bambina al 10°, 12°, 14°, 16° e 18° mese. Sulla base di una prima trascrizione fonetica
(Zmarich e Ferrero, 1999) sono state selezionate tutte le sillabe CV (C=[p/b],[t/d],[k/g]; V = qualsiasi vocale), che sono
state poi ritrascritte da due trascrittori indipendenti. Le analisi sono state eseguite solo sulle sillabe ritrascritte in modo
concorde per la consonante e la metrica scelta per investigare lo sviluppo della coarticolazione è stata quella delle
equazioni di luogo (Sussman et al., 1999), che sono regressioni lineari dei valori di frequenza della F2 misurati
all’inizio della transizione (da C a V) e al centro di V. Se si considera il valore di F2 nella transizione tra C e V come
indice del luogo di occlusione lungo la direzione antero-posteriore del cavo orale, allora le transizioni di F2 forniscono
coppie di valori (F2onset, F2vowel), che per una data categoria di luogo individuano punti distribuiti con regolarità nel
piano cartesiano F2onset x F2vowel, in modo da poter essere interpolati dalla retta di regressione: F2onset= kF2vowel+c
(Sussman et al., 1999). Il calcolo della costante k (detta anche slope, perché determina la pendenza della retta di
regressione) ci ha permesso di quantificare e descrivere lo sviluppo della coarticolazione dalle sillabe di babbling
prodotte a 10 mesi a quelle delle prime parole prodotte a 18 mesi.
Sebbene i valori degli indici dei tre luoghi articolatori in nessun mese siano uguali a quelli calcolati per quattro soggetti
adulti, nondimeno essi manifestano una tendenza spiccata verso la linearità ed inoltre evidenziano una separazione in
funzione dello specifico luogo di articolazione. E’ stato così possibile dimostrare come la coarticolazione segua diverse
cronologie a seconda del luogo consonantico a cui si applica, ed è possibile spiegare le differenze facendo riferimento
alla forza dei vincoli anatomofisiologici che condizionano le manovre articolatorie sottostanti nell’interazione con la
vocale seguente (Petracco, tesi non pubblicata)
2. INTRODUZIONE
Chiunque si occupi dello sviluppo vocale pre-linguistico nel babbling (o lallazione) sa che la Fonetica è la disciplina
più attrezzata per descrivere e spiegare la particolare forma assunta dalle sequenze di suoni prodotte dal bambino.
Infatti la Fonetica si basa su fatti e principi extralinguistici la cui motivazione empirica è indipendente dai dati
linguistici da spiegare, come i meccanismi generali dell’udito e del controllo motorio, cosicchè, per es., l’acquisizione
di una particolare forma fonica viene spiegata con la sua salienza percettiva e la sua facilità articolatoria (Lindblom,
1995). Chiunque poi si occupi del primo sviluppo linguistico sa che l’aspetto fonetico delle parole da produrre
rappresenta per il bambino che ha appena cominciato a parlare una sfida non meno importante di quella rappresentata
dagli aspetti cognitivi. Infatti, anche concentrando la nostra attenzione alla produzione del suono, questa non si riduce
solo all’aspetto cognitivo implicato nella manipolazione di un numero ristretto di unità discrete, astratte, permutabili e
indipendenti dal contesto (studiata dalla Fonologia) ma consiste anche in una attività fisica in variazione continua
indotta dal contesto in un gran numero di variabili articolatorie, acustiche, uditive o neurali (studiata dalla Fonetica,
cfr. Davis, MacNeilage & Mateyear, 2002). Per quanto riguarda la variabilità articolatoria è possibile distinguere
quella di tipo intrasegmentale e quella intersegmentale o contestuale. Nel primo caso si ha l’emergere di una
articolazione compensatoria e il fenomeno può derivare da perturbazioni dell’equilibrio del sistema dovute a
modificazioni delle strutture periferiche che vengono coinvolte contemporaneamente sia nella produzione linguistica
che in altre attività (masticare, fumare ecc.), o può dipendere da fattori biologici, psicologici e/o da scelte pragmatiche.
Nel secondo caso, invece, ci si riferisce ad un fenomeno di tipo coarticolatorio.
Con il termine “coarticolazione” si indica l’influenza (acustica, articolatoria, percettiva) di un fono su un altro, che lo
segue (C. perseverativa) o lo precede (C. anticipatoria; per una estesa trattazione sulla coarticolazione, cfr. il volume
curato da Hardcastle & Hewlett, 1999). A livello articolatorio esso indica che un articolatore impegnato nella
realizzazione di un fono tende ad anticipare l’inizio o posticipare la fine dei suoi movimenti negli intervalli temporali
durante i quali altri articolatori sono impegnati nella realizzazione di altri suoni, interferendo in varia misura nella loro
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articolazione. A livello acustico esso indica che alcune proprietà acustiche di un certo fono saranno presenti anche in
uno o più dei foni adiacenti. Quest’ultima definizione è legata al concetto di target acustico e l’attenzione è
principalmente rivolta all’analisi formantica e dunque allo studio dell’andamento delle frequenze di risonanza del
suono; tali indici, rilevati dall’analisi dello spettro acustico, sono particolarmente significativi in quanto permettono di
risalire ai diversi atteggiamenti articolatori (luogo di costrizione principale all’interno del cavo orale secondo F2,
grado di apertura orale secondo F1, cfr. Fant, 1970).
L’emergere dei fenomeni coarticolatori sembra rispondere a richieste di economia e funzionalità da parte del nostro
sistema di comunicazione vocale. La coarticolazione aderisce innanzitutto ad un principio di “economia temporale” in
quanto permette di produrre più segmenti nell’unità di tempo. La produzione del parlato consiste in un continuo
susseguirsi di unità segmentali che vengono prodotte in rapida successione e questo richiede al nostro unico tratto
vocale, che è per altro legato a vincoli di natura fisiologica, di cambiare configurazione continuamente ed in tempo
reale per permettere la realizzazione di tali sequenze (Kuhnert & Nolan, 1999). Senza l’integrazione fra le unità
fonologiche in successione, il tempo richiesto per la realizzazione del prodotto linguistico renderebbe la nostra
produzione lenta e quindi assai poco funzionale.
Inoltre il fenomeno coarticolatorio risponde anche ad un principio di “economia da sforzo”. Esso permette di diminuire
lo sforzo articolatorio riducendo il contrasto fonetico e adattando un fono ai suoni che lo precedono e che lo seguono.
A tal proposito Recasens (1999) evidenzia che nella produzione di due segmenti adiacenti che devono essere realizzati
in luoghi articolatori diversi ma vicini, il nostro sistema di produzione linguistica tende a confluire in una soluzione
intermedia in modo da poter ridurre lo sforzo richiesto nella realizzazione articolatoria. Tutti i sistemi motori, pur
offrendo un estremo e ricco set di possibilità per l’esecuzione di un dato compito, tendono sempre ad operare
attraverso il minimo dispendio di energia .
Infine la coarticolazione potrebbe rispondere anche ad esigenze relative al nostro sistema percettivo: l’influenza di un
fono sui segmenti vicini o adiacenti permette che l’informazione ad esso relativa possa essere mantenuta ed utilizzata
dal sistema percettivo per un tempo maggiore. Inoltre un processamento in parallelo dell’informazione segmentale ha
come probabile conseguenza una trasmissione e una percezione più rapida del linguaggio.
L’organizzazione articolatoria nell’adulto esprime un alto grado di abilita’ motoria, che è il risultato di un lungo
periodo di maturazione, apprendimento e allenamento. Infatti è importante a questo punto cercare di comprendere
come evolva il comportamento articolatorio del bambino fino a raggiungere quello tipico dell’adulto; la
coarticolazione, infatti, è un tipo di organizzazione articolatoria che richiede un alto grado di abilità motoria e quindi
un lungo periodo di maturazione e apprendimento (Farnetani, 1990).
Per quanto riguarda l’acquisizione del comportamento articolatorio adulto nel bambino possiamo individuare due
correnti di pensiero.
La prima, in accordo con le teorie estrinseche viste precedentemente ed in linea con la Standard Theory di Chomsky,
assume come unità distintive i fonemi ed i tratti ed ipotizza che il bambino acquisti dapprima la padronanza
articolatoria relativa al segmento e che solo successivamente sviluppi la capacità di adattarlo al contesto e di operare
una coordinazione temporale tra foni successivi. Secondo questa linea di pensiero la coarticolazione aumenta con la
maturazione; inizialmente il dominio coarticolatorio è ristretto alla dimensione segmentale e con il tempo si espande
fino a raggiungere le caratteristiche spazio-temporali tipiche dell’adulto (Kuhnert e Nolan, 1999). Un diverso
approccio, in linea con la Fonologia Articolatoria (Browman & Goldstein 1989; Studdert-Kennedy & Goldstein, 2002;
Goldstein & Fowler, 2003) e più in generale con le teorie della coproduzione, dove le unità distintive sono i gesti
articolatori e la coarticolazione la conseguenza del loro sovrapposizione temporale, sostiene che inizialmente le unità
di produzione siano le sillabe e che queste siano il risultato di pure oscillazioni mandibolari. Solo con la maturazione,
infatti, il dominio di organizzazione articolatoria si riduce ad unità inferiori di tipo segmentale; consonanti e vocali
diventano cioè unità di contrasto in seguito ad un processo di differenziazione e coordinazione dei gesti articolatori che
rende possibile la loro segregazione. Secondo tale approccio, con la maturazione, la coarticolazione diminuisce; il
bambino sviluppa una capacità di coordinazione spazio-temporale dei singoli gesti vocalici e consonantici sempre più
conforme a quella dell’adulto e grazie ad un aumento della distintività fonetica si assiste all’emergere della struttura
fonologica.
L’ipotesi avanzata dalla Fonologia Articolatoria trova conferma nell’analisi relativa ai primi tentativi da parte del
bambino di riprodurre un target adulto. Nella realizzazione di una parola bersaglio si può infatti riscontrare una grande
variabilità fonetica tra le diverse forme prodotte dal soggetto; a volte sono presenti foni che non compaiono nel target e
spesso, nelle diverse varianti, non sono rilevabili elementi fonetici comuni. Vi sono dunque errori di tipo segmentale
(foni scorretti), ma non si riscontrano differenze se le stesse produzioni vengono analizzate considerando i gesti di
costrizione degli organi vocalici. Più precisamente, ci possono essere errori nell’ampiezza e/o nella durata dei gesti
articolatori, o nella loro organizzazione temporale reciproca (Studdert – Kennedy & Goodell, 1995), ma è comunque
presente una adeguata corrispondenza tra le unità gestuali del bambino e quelle proprie del target adulto (cioè il
bambino usa gli stessi organi articolatori impiegati dall’adulto). La variabilità nella produzione infantile è quindi il
risultato di una difficoltà nell’organizzazione temporale delle unità di azione articolatoria; essa è destinata a diminuire
con la maturazione e quindi con lo sviluppo di un’abilità motoria sempre più adeguata (vedi anche Moore, 2004; Smith
& Goffman, 2004; Zmarich, Danelon e Lonardi, 2005).
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Anche nel bambino molto piccolo è presente una notevole coerenza nell’uso degli organi implicati per la produzione di
una data parola (Studdert-Kennedy, 2000) e la relazione tra azioni di diversi organi e unità lessicali viene acquisita
molto precocemente grazie soprattutto ad un’azione imitativa. Inizialmente tale legame non è mediato da unità
fonologiche, ma semplicemente dall’identità dell’organo articolatorio coinvolto nel gesto e che il bambino utilizza per
cercare di produrre e differenziare i diversi items lessicali.
Non esistono molte ricerche sperimentali sullo sviluppo della coarticolazione. Tra le più interessanti vi è quella di
Green, Moore & Reilly (2002) che rilevarono la cinematica del movimento di labbro superiore, labbro inferiore e
mandibola nella produzione di parole costituite da vocali e consonanti bilabiali da parte di bambini di 1 anno, 2 anni, 6
anni e da adulti. La loro conclusione è che la coordinazione tra i tre diversi articolatori cambia in modo importante
durante i primi anni di vita e continua a raffinarsi anche dopo l’età di 6 anni. Green et alii (2002) propongono
l’esistenza di 3 fasi principali nello sviluppo della coordinazione tra labbra e mandibola:
integrazione (a 1 anno): le labbra sono passive, e vengono trascinate in movimento dall’attività della mandibola
differenziazione (a 2 anni): le labbra sono indipendenti dalla mandibola ma non tra loro
raffinamento (a 6 anni): ottimizzazione della sinergia tra le 3 strutture (controllo separato di labbro superiore, labbro
inferiore e mandibola.
Se gli studi sullo sviluppo della coarticolazione di tipo articolatorio sono relativamente scarsi, per la loro intrinseca
complessità, invasività e collaborazione richiesta ai soggetti, gli studi di tipo acustico sono relativamente più numerosi.
Tra quelli quelli più significativi vogliamo citare i due studi che per metodo (Sussman, Duder, Dalston & Cacciatore,
1999) e per contesto linguistico (Farnetani, 2003), sono a noi più vicini.
L’articolo di Sussman et al. (1999), che corona una serie di studi sull’evoluzione della coarticolazione incominciata
all’inizio degli anni ‘90 (Sussman, Hoemeke & McCaffrey, 1992; Sussman, Minifie, Buder, Stoel-Gammon & Smith,
1996) analizza dal punto di vista acustico la coarticolazione nelle produzioni di sillabe CV relative al babbling e nel
successivo sviluppo linguistico in una bambina dai 7 ai 40 mesi. Il metodo usato è quello delle “equazioni di luogo”.
Esse sono regressioni lineari dei valori di frequenza (Hz) della seconda formante (F2) misurati all’inizio della
transizione, cioè subito dopo il burst conseguente al rilascio dell’occlusione consonantica, e al centro della vocale.
Secondo Sussman et alii (1999) tali equazioni consentono di quantificare il grado di coarticolazione anticipatoria C-V
(vedi anche Zmarich e Marchiori, 2005, e Zmarich, Avesani e Marchiori, in questo volume). Infatti, ogni transizione di
F2 fornisce una coppia di valori frequenziali (F2onset, F2vowel) che, diposta nel piano cartesiano, con F2onset in ordinata
F2vowel in ascissa, e’ in grado di individuare un punto in maniera univoca. L’insieme dei punti, relativo a una singola
categoria di luogo (bilabiali, alveolari, velari) coarticolata con un’ampia gamma di vocali, si addensa lungo tutta la
distribuzione dei valori ed e’ ben interpolato dalla retta di regressione lineare descritta dalla formula: F2onset=kF2vowel+c
(Lindblom, 1963) con k e c costanti reali che rappresentano rispettivamente la pendenza della retta di interpolazione e
l’intercetta con l’asse delle ordinate (Sussman et alii, 1999).
Come si vede in figura 1, in una situazione ideale come quella rappresentata dal grafico in alto a sinistra si verifica un’
assenza di coarticolazione tra la vocale e la consonante che la precede. Infatti, il locus consonantico, punto in cui inizia
la risonanza di F2, non muta al variare del contesto vocalico e l’andamento di F2 determina una curva di transizione
diretta verso i differenti valori stazionari della vocale. Avremo allora, per le diverse sillabe (CV1, CV2, ecc.), un
insieme di coppie in cui variera’ uno solo dei due valori formantici, essendo l’altro costante. Il tracciato
dell’equazione di luogo derivante da un tale insieme sara’ dato da una retta a pendenza nulla (k=0), ovvero parallela
all’asse delle ascisse. La situazione idealmente opposta e’ illustrata dal grafico in basso a sinistra di figura 1, in cui si
verifica il massimo grado di coarticolazione anticipatoria: in questo caso non e’ presente alcuna transizione, poiche’ in
ogni contesto vocalico il locus consonantico (F2onset) sara’ identico al valore dello stato stazionario della vocale
(F2vowel). Un simile insieme di coppie di valori da’ luogo a punti con coordinate simmetriche che interpolati generano
(per c=0) la retta bisettrice del piano (k=1) (Sussman et alii, 1999; Zmarich e Marchiori, 2005).
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V1
c
V2
V3
Vn
c
V1
c
V2
c
V3
c
Vn
Fig.1. Estremi ipotetici delle equazioni di luogo (modificato da Sussman et alii, 1999:1082).
I risultati ottenuti da Sussman et alii (1999) indicano che la coarticolazione di consonanti e vocali segue profili
evolutivi differenziati a seconda del luogo di articolazione delle consonanti. Le sillabe della bambina da loro studiata
erano state suddivise in tre periodi successivi di babbling da loro chiamati primo babbling (7-10 mesi), medio babbling
(11-14 mesi) e tardo babbling (15-18 mesi), e in due periodi di produzione lessicale, primo vocabolario (20-22 mesi) e
parlato continuo (38-40 mesi).
•
BILABIALI: poiché labbra e lingua sono articolatori indipendenti (anche se tutti e due legati alla mandibola),
nell’adulto consentono la massima coarticolazione, da intendersi come coproduzione articolatoria dei gesti vocalici e
consonantici. Nelle sillabe che caratterizzano il primo babbling della bambina le pendenze delle rette che interpolano i
valori di F2 di C e V sono minime (minor coarticolazione), perché la bambina ha una produzione vocalica ristretta al
solo tipo basso centrale (probabilmente originato dalla semplice oscillazione mandibolare, con scarso movimento
linguale autonomo), ma già nel medio babbling aumentano verso i valori adulti, che sono raggiunti verso i 3 anni
(massima coarticolazione);
•
ALVEOLARI: nell’adulto le sillabe composte da consonanti alveolari seguite da vocali sono prodotte dallo
stesso articolatore (la lingua) in due parti distinte (apice, dorso) e quasi indipendenti. L’atteggiamento articolatorio
richiesto da tali sillabe impone alla lingua di muovere quasi simultaneamente l’apice per articolare la consonante e il
dorso per articolare la vocale (Sussman et alii, 1999). Questa ridotta sovrapposizione articolatoria porta a una ridotta
coarticolazione intesa come co-produzione, ma lascia spazio all’emergere di influenze coarticolatorie dovute a
reciproci adattamenti di dorso e apice della lingua. Nelle sillabe prodotte dalla bambina, le pendenze che indicizzano la
coarticolazione delle occlusive alveolari seguite da vocale evidenziano un pattern opposto alle bilabiali: sono massime
durante il babbling (maggior coarticolazione), ma a 3 anni hanno quasi i valori adulti;
•
VELARI: nell’adulto, le sillabe con consonante velare seguita da vocale contengono le restrizioni maggiori
dal punto di vista biomeccanico, perché l’articolatore di C, il dorso della lingua, coincide con quello di V, e ogni
produzione è un compromesso tra il luogo articolatorio della vocale e quello della consonante. Le pendenze delle rette
interpolanti i valori di F2 per C e V raggiungono nelle sillabe della bambina la norma adulta già alla fine del primo
anno, suggerendo che l’alto grado di coarticolazione richiesto per queste sillabe è naturaliter presente nelle prime
produzioni del bambino.
Per quanto riguarda lo sviluppo della coarticolazione nei bambini italiani, l’unico studio a nostra conoscenza è quello
di Farnetani (2003), che ha per oggetto la coarticolazione anticipatoria in sillabe CV di un bambino italiano di 37 mesi
la cui produzione è confrontata con quella della madre. A differenza dello studio di Sussman et alii (1999) e del nostro
studio, Farnetani prende in considerazioni anche le consonanti fricative e non solo quelle occlusive. I risultati indicano
una chiara tendenza ad una coarticolazione maggiore nel bambino rispetto all’adulto, che ha gradi variabili in
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dipendenza del modo e del luogo di occlusione. Tralasciando le considerazioni relative al modo, che non sono oggetto
del presente studio, e considerando solo il luogo delle consonanti occlusive, Farnetani (2003) riscontrava che il
bambino anticipava sistematicamente il gesto vocalico durante l’occlusione labiale, spesso anche più dell’adulto. Per la
dentale/alveolare il bambino è in grado di usare distintamente come fanno gli adulti l’apice-lamina della lingua, per la
produzione della consonante, e il dorso, per la produzione della vocale. Per la velare invece gli influssi coarticolatori
della vocale sono molto più forti nel bambino che nella madre.
3. PROCEDURA SPERIMENTALE
3.1 Soggetto e procedura di registrazione
La bambina considerata nello studio e’ Caterina, femmina, nata a termine e con uno sviluppo riferito normale, senza
alcun problema specifico relativo al suo apparato uditivo e fonatorio. La bambina si presentava con uno sviluppo
lessicale e fonetico\fonologico adeguato per l’età, che è stato oggetto di studi precedenti condotti dal primo autore e dai
suoi colleghi (vedi Zmarich & Ferrero, 1999; Zmarich & Miotti, 2003a, Zmarich e Miotti 2003b). I suoi genitori sono
entrambi italofoni. La bambina e’ stata registrata ogni 2 settimane, a partire dall’ 8° mese in poi, in un contesto di
interazione semistrutturata con la madre. Le registrazioni, della durata di 45 minuti ciascuna, sono state fatte in casa
della bambina in un ambiente privo di rumori esterni, servendosi di un registratore Sony DAT mod. TCD-D8 e di un
microfono Sony mod. ECM M5 907. In questo studio sono presentate le analisi di sole 5 registrazioni riferite al 10°
mese (9,05 mesi e giorni), al 12° mese (11,12 mesi e giorni), 14° mese (13,14 mesi e giorni), 16° mese (15,14 mesi e
giorni), 18° mese (17, 17 mesi e giorni).
3.2 Trascrizione fonetica e selezione del materiale
Una prima trascrizione fonetica, eseguita da un trascrittore esperto (il secondo autore) nell’ambito di uno studio
precedente (Zmarich e Ferrero, 1999), aveva usato i simboli e i diacritici IPA (1996), compresi quelli consigliati per la
trascrizione del linguaggio patologico (Duckworth, Allen, Hardcastle e Ball, 1990; The Handbook of the International
Phonetic Association, 1999), sfuttando anche le potenzialità di visualizzazione del segnale acustico e di feedback
sonoro offerte dal PC. Questa prima trascrizione aveva permesso a Zmarich e Ferrero (1999) di selezionare gli episodi
di babbling e le prime parole, in conformita’ con i criteri acustici proposti da Oller. In questa maniera sono state
riconosciute e selezionate tutte le produzioni vocali riconducibili al babbling e alle prime parole mentre sono state
escluse, per ragioni tecniche, tutte le produzioni caratterizzate da un basso rapporto segnale/rumore, e per
considerazioni di merito, i suoni di tipo vegetativo e riflesso o appartenenti allo stadio precedente del vocal play.
Nell’ambito di quello studio erano state accettate le le produzioni caratterizzate da una voce quasi “modale” (cioe’ non
“eccessivamente” laringalizzata, nè nasalizzata, desonorizzata o in falsetto) e precedute da consonanti. Questa
revisione aveva portato alla eliminazione di 422 sillabe su 1172 potenziali episodi di babbling o di parole.
Il passo successivo nella selezione dei dati per il presente studio e’ stato quello di trovare in ogni registrazione tutte le
sillabe CV che erano state trascritte con una occlusiva iniziale bilabiale (/p/-/b/), alveolare (/t/-/d/) o velare (/k/-/g/)
seguita da una vocale; questa cernita, sulla base della trascrizione iniziale, e’ stata eseguita dal primo autore.
Successivamente il segnale acustico relativo a tali sillabe è stato acquisito su PC con una frequenza di campionamento
di 22.05 kHz, utilizzando il software open source PRAAT versione 4.3.20, (www.fon.hum.uva.nl/praat). Si è
proceduto quindi al salvataggio del segnale acustico relativo a ogni sillaba selezionata, che è stato nominato
assegnando il nome della bambina, il mese della produzione e i numeri di enunciato e di sillaba, ricavati dalla
trascrizione (per es., la sillaba n. 40 dell’enunciato n. 30 della registrazione di Caterina a 9 mesi e 5 giorni è stato
codificato “cat9,05en30s40”). Una volta memorizzate e suddivise tutte le sillabe CV (C = [p]/[b], [t]/[d], [k]/[g],
[q]/[G]; V = qualsiasi) sono state riprodotte al PC e ritrascritte da 2 trascrittori indipendenti (il primo e il secondo
autore) durante ascolti ripetuti. In questo modo, per essere inclusa nell’analisi, una sillaba CV doveva presentare la
consonante trascritta con lo stesso simbolo da 2 trascrittori distinti; se non c’era accordo sulla trascrizione essa era
esclusa dall’analisi. I suoni vocalici non sono stati trascritti in maniera stretta perché la determinazione dell’esatta
qualità delle vocali non è necessaria, a differenza di quella consonantica, a ricavare i punti necessari all’estrazione
delle equazioni di luogo (vedi più avanti, e cfr. Sussman et alii, 1999). Su un numero di 513 sillabe potenzialmente
analizzabili prima del processo di verifica e selezione si è pervenuti al numero finale di 255 (49,70%).
3.3 Confronto con adulti
Allo scopo di poter istituire un confronto tra le produzioni infantili e il target adulto, l’assenza di valori di riferimento
per i parametri considerati nella equazioni di luogo nella letteratura scientifica sull’italiano parlato dagli adulti, ci ha
obbligato a registrare ed analizzare le produzioni di quattro locutori, scelti di genere femminile in quanto più vicino dal
punto di vista sia acustico che “ecologico” al bambino rispetto alla voce maschile. I locutori sono parlanti italofoni,
provengono dalla provincia di Pordenone, sono in possesso almeno del diploma di Scuola Media Superiore, e hanno
rispettivamente 23 anni (soggetto SP), 25 anni (NM), 29 anni (CT), 57 anni (AP).
Ciascuno di loro è stato invitato a ripetere per 5 volte, con pronuncia accurata e intonazione costante, ciascuna pseudoparola di struttura ‘CVCVCV, dove C poteva essere una consonante distinta per luogo di articolazione (bilabiale,
dentale, velare) e sonorità (sorda, sonora), mentre la vocale era distinta per tipo (i, e, a, o, u), preceduta dalla parola
“dico…”. La lista di frasi era randomizzata e ogni soggetto alla fine ne ha prodotte 150, che sono state registrate in
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ambiente domestico ma silenzioso, con registratore DAT Sony mod. TCD-D8 e un microfono Sony mod. ECM M5
907. Per ciascun trisillabo prodotto è stata analizzata la seconda sillaba, che è atona post-tonica. La scelta di analizzare
una sillaba atona è dovuta a un criterio conservativo, di fronte alla mancata determinazione del livello di accentazione
delle sillabe analizzate per la bambina. Nel caso i risultati relativi alle equazioni di luogo caratterizzassero in modo
univoco il luogo di articolazione delle consonanti, questo risultato potrebbe essere senz’altro esteso anche alle sillabe
accentate, che sappiamo da altri studi essere caratterizzate da un grado minore di coarticolazione e quindi da una
maggiore discriminabilità tra i luoghi consonantici rispetto alle sillabe atone (vedi Zmarich, Avesani e Marchiori,
questo volume).
3.4 Analisi acustica
L’effetto coarticolatorio considerato in questo studio e’ solo quello esercitato dalla vocale sulla consonante precedente
(coarticolazione anticipatoria di V su C). La coarticolazione e’ stata analizzata usando come indice l’andamento di F2
nella transizione da C a V, per le ragioni e con i modi già esposti nella parte introduttiva. Qui basti ricordare che questa
transizione si modifica, per direzione e per grado, in funzione del luogo di occlusione bilabiale o linguale lungo la
direzione antero-posteriore del cavo orale (Lindblom, 1963) e che la metrica scelta per investigare lo sviluppo della
coarticolazione e’ quella delle equazioni di luogo (cfr. Locus Equations, Sussman et alii, 1991; Sussman et alii, 1999).
3.5 Criteri e procedure d’analisi
L’analisi acustica, basata sullo spettrogramma delle sillabe CV, e’ stata effettuata con Praat 4.3.20 applicando le
tecniche LPC (Linear predictive code) e FFT (Fast Fourier Transformation). La prima ha permesso di avere una
parziale conferma sulla struttura formantica del segnale verbale nei casi in cui la voce infantile si presentava piu’
“velata”. Tale condizione, infatti, e’ dovuta a una perdita d’aria attraverso la rima aritenoidea che tende a sporcare il
segnale e ad allargare le bande delle formanti rendendo lo spettro meno “leggibile” (Ferrero, 1996, 1997). La seconda
tecnica, che si basa sulla nota trasformata di Fourier, e’ stata utilizzata qui per ricavare effettivamente i valori in Hertz
di F2 da sezioni (slices) spettrali estratte in istanti temporali selezionati. Tali slices sono rappresentazioni
diagrammatiche dell’energia associata alle formanti in funzione della frequenza (Zmarich e Marchiori, 2004). I criteri
per la selezione dei punti di misurazione di F2 sono stati i seguenti (Sussman et alii, 1991):
•
inizio della seconda formante (F2onset), definito come il valore di frequenza (Hz) di F2 alla prima pulsazione
glottale riconoscibile dopo il burst del rilascio dell’occlusione;
•
il “target” della seconda formante (F2vowel), definito come il valore di frequenza (Hz) a meta’ del nucleo
vocalico. Questo punto temporale puo’ non essere costante a causa delle variazioni dell’andamento formantico vicino
alla parte centrale del nucleo. I criteri per selezionare il punto di misurazione (F2vowel) sono i seguenti: (i) se la
risonanza formantica e’ costituita da una stato stazionario (determinato visivamente), allora viene misurata la
frequenza al centro dello stato stazionario (che corrisponde a un punto a circa 60-110 ms dopo l’inizio della
transizione, a seconda della durata della vocale); (ii) se il pattern di F2 e’ a forma di parabola concava o convessa,
allora viene preso come valore di F2 nel primo caso un minimo e nel secondo un massimo.
Fig.2. Finestre di analisi di Praat. Forma d’onda con spettrogramma (in alto) e sezioni spettrali (in basso).
140
Non e’ stato possibile usare la tecnica della “predizione lineare” (LPC) per il calcolo dei valori di F2, poiche’ essa,
secondo Ferrero (1997), “presuppone che il segnale analizzato sia generato da un filtro complesso con sole risonanze,
ed eccitato da una sorgente glottica completamente disaccoppiata. Cio’ implica che questo metodo di analisi dello
spettro di potenza e’ particolarmente adatto per i foni vocalici “non-nasalizzati”, mentre puo’ fornire informazioni
incomplete o non esatte nel caso di molti tipi di consonante”.
Per ogni sillaba analizzata, inoltre, abbiamo generato due spettrogrammi, uno a banda larga e uno a banda stretta, in
modo che per ognuno degli istanti temporali sopra descritti si potessero visualizzare due sezioni spettrali. Quella dello
spettro a banda stetta rappresenta le armoniche, mentre quella dello spettro a banda larga le formanti. In questo modo,
confrontando le due sezioni, si e’ potuto individuare con chiarezza la seconda formante anche nei casi in cui l’elevato
valore della fondamentale generava ambiguita’ e/o la formazione di artefatti formantici.
La procedura descritta e’ stata applicata a partire da una routine programmata con lo scripting di Praat. Quest’ultima
aveva il compito di visualizzare direttamente, una volta selezionato il file della sillaba da analizzare, due displays,
ciascuno contenente forma d’onda e sonogramma del segnale vocale, rispettivamente a banda stretta e a banda banda
larga. Lo script utilizzato e’ il seguente:
Read from file... C:\pathway di allocamento del file
Edit
editor Sound nome della finestra di editor
Spectrogram settings... 0 5500 0.002 50
Formant settings... 5500 4 0.025 40 1
endeditor
Read from file... C:\pathway di allocamento del file
Edit
editor Sound nome della finestra di editor
Spectrogram settings... 0 5500 0.01 50
Formant settings... 5500 4 0.025 40 1
endeditor
Play
da una tale visualizzazione si e’ poi proceduto all’estrazione delle sezioni spettrali e al loro confronto come gia’
spiegato sopra. Nello script sono indicati i valori selezionati per l’analisi:
a) impostazioni spettrografiche:
view range(Hz): 0-5500
window length(s): 0.002 (banda larga) / 0.1 (banda stretta)
dynamic range(dB): 50
b) impostazioni formantiche:
maximum formant(Hz): 5500
number of formants: 4
window length(s): 0.025
dynamic range(dB): 40
Infine, per ogni analisi eseguita si e’ utilizzata una Gaussian-window e i coefficienti LPC sono stati calcolati con
l’algoritmo di Burg.
4. RISULTATI
4.1 Caterina
I grafici 3, 4 e 5, mostrano le rette di regressione lineare, ovvero la rappresentazione geometrica delle equazioni di
luogo, nel piano individuato dagli assi cartesiani su cui sono stati riportati i valori di F2onset e F2vowel, rispettivamente in
ordinata e in ascissa. Ogni categoria di luogo individua delle proprie rette caratteristiche derivate da 4 diversi periodi di
sviluppo per le bilabiali (Fig. 3: 10°, 12°, 16°, 18° mese), 5 diversi periodi per le coronali (Fig. 4: 10°, 12°,14°, 16°,
18° mese) e ancora 4 periodi per le dorsali (Fig. 5: 12°, 14°, 16°, 18° mese).
141
10°
12°
16°
18°
Figura 3: Distribuzione nello spazio diagrammatico delle coppie di valori per F2onset e F2vowel relativi alle sillabe che
comiciano per consonante bilabiale, interpolate dalla retta di regressione lineare, a 10, 12, 16, 18 mesi.
142
12°
10°
14°
16°
18°
Figura 4: Distribuzione nello spazio diagrammatico delle coppie di valori per F2onset e F2vowel relativi alle sillabe che
comiciano per consonante dentale, interpolate dalla retta di regressione lineare, a 10, 12, 14, 16, 18 mesi.
143
14°
12°
18°
16°
Figura 5: Distribuzione nello spazio diagrammatico delle coppie di valori per F2onset e F2vowel relativi alle sillabe che
comiciano per consonante velare, interpolate dalla retta di regressione lineare, a 12, 14, 16, 18 mesi.
Come si può osservare, a causa dell’esiguo numero di misure ottenuto al 14° mese per le bilabiali e al 10° mese per le
velari, non è stato possibile costruire il relativo diagramma. I relativi valori delle slopes non sono stati dunque utilizzati
per la rappresentazione dei profili longitudinali.
4.2 Adulti
I grafici 3, 4 e 5, mostrano, rispettivamente per le sillabe p\bV, t\dV e k\gV (V= \u o a e i\) le rette di regressione
lineare, ovvero la rappresentazione geometrica delle equazioni di luogo nel piano individuato dagli assi cartesiani su
cui sono stati riportati i valori di F2onset e F2vowel, rispettivamente in ordinata e in ascissa, per ciascuno dei 4 soggetti
adulti. Vengono riportati inoltre le formule delle equazioni e l’indice R2, che indica la forza della correlazione tra le
due variabili F2onset e F2vowel.
Figura 6: Distribuzione nello spazio diagrammatici delle coppie di valori per F2onset e F2vowel relativi alle sillabe p\bV,
interpolate dalla retta di regressione lineare, per i soggetti adulti AP (R2=0.987), CT (R2=0.965), NM (R2=0.974) e SP
(R2=0.968). All’interno di ciascun diagramma individuale è sta riportata l’equazione di luogo che descrive la retta di
regressione lineare
144
Figura 7: Distribuzione nello spazio diagrammatici delle coppie di valori per F2onset e F2vowel relativi alle sillabe t\dV,
interpolate dalla retta di regressione lineare , per i soggetti adulti AP (R2=0.979), CT(R2=0.940) , NM (R2=0.927) e SP
(R2=0.962). All’interno di ciascun diagramma individuale è sta riportata l’equazione di luogo che descrive la retta di
regressione lineare
Figura 8: Distribuzione nello spazio diagrammatici delle coppie di valori per F2onset e F2vowel relativi alle sillabe k\gV,
interpolate dalla retta di regressione lineare, per i soggetti adulti AP (R2=0.989), CT (R2=0.985) , NM (R2=0.975) e SP
(R2=0.986). All’interno di ciascun diagramma individuale è sta riportata l’equazione di luogo che descrive la retta di
regressione lineare
Abbiamo poi eseguito un’analisi ANOVA univariata per misurare la significatività delle differenze tra i luoghi
articolatori indicizzati dalla slope e dall’intercetta per i 4 soggetti. I valori di slope sono risultati essere
significativamente distinti per il fattore “luogo consonantico” [F(2,9)=15.747, p=0.001]. Ad un analisi post-hoc
(metodo Bonferroni) è risultato però che bilabiali (0.916) e le velari (0.988) si differenziano significativamente (p<.05)
dalle dentali (0.988), ma non tra di loro. Anche i valori di intercetta sono risultati essere significativamente distinti per
il fattore “luogo consonantico” [F(2,9)=14.653, p=0.001]. Ad un analisi post-hoc (metodo Bonferroni) è risultato però
che anche in questo caso le bilabiali (20.789) e le velari (94.545) si differenziano significativamente (p<.05) dalle
dentali (398.423), ma non tra di loro.
4.3 Confronto tra Caterina e la norma adulta
Le pendenze (slopes) delle rette di regressione, ottenute dall’analisi statistica, distribuite lungo il periodo che va dal
10° al 18° mese sono mostrate nei grafici 6, 7 e 8, rispettivamente per [bV-pV], [dV-tV] e [kV-gV] che nelle analisi
successive saranno indicate unicamente riferendosi al luogo di articolazione, per cui avremo rispettivamente la
categoria delle bilabiali, dentali e delle velari. Le tabelle 1, 2 e 3 esprimono nel dettaglio i valori numerici relativi ai
grafici. A causa dell’esiguo numero di misure ottenuto al 14° mese per le bilabiali e al 10° mese per le velari, i relativi
valori delle slopes non sono stati utilizzati per la rappresentazione dei profili longitudinali. In ciascuno dei grafici
inoltre le rette costanti, parallele all’asse x e raffigurate in tratteggio, rappresentano la media dei valori delle slope
realizzate dai quattro soggetti adulti nella pronuncia del target.
Il grafico in fig. 6 mostra che tra i 10 e i 12 mesi le pendenze per il luogo di articolazione bilabiale manifestano un
brusco aumento (da 0.244 a 0.733), seguito tra i 12 e 16 mesi da una lieve diminuzione (0.733, 0.690) e poi di nuovo
da un aumento a 18 mesi (0.710). In sostanza il profilo di sviluppo ricavato mostra, per il luogo bilabiale, un netto
aumento degli effetti coarticolatori entro il primo anno di età, per poi stabilizzarsi intorno a valori che si collocano
abbondantemente sotto il livello del target adulto (0.915).
145
Figura 6. Andamento delle slopes nel tempo per le bilabiali. La linea tratteggiata parallela all’asse delle X illustra il
valore di riferimento della norma adulta (k=0.915)
Tabella 1. Media ed errore standard dei valori delle slopes e delle intercette delle equazioni di luogo per le sillabe che
cominciano per bilabiale. La norma adulta per la slope è 0.915
146
Il grafico 17, sotto, mostra l’andamento delle slopes per il luogo di articolazione coronale: esso decresce
progressivamente dai 10 ai 14 mesi (0.897, 0.757, 0.697) finendo al di sotto del target adulto (0.790) per poi aumentare
e collocarsi di nuovo sopra il valore adulto (0.859). Infine, dai 16 ai 18 mesi si registra un’altra discesa del valore di
slope che torna così a posizionarsi sotto il target adulto. In sostanza l’andamento dello sviluppo nel complesso mostra
una fluttuazione attorno al valore della norma adulta la cui retta costante viene intersecata per tre volte nell’arco
dell’intero periodo analizzato.
Figura 7. Andamento delle slopes nel tempo per le dentali. La norma adulta per la slope è 0.790
Tabella 2. Media ed errore standard dei valori delle slopes e delle intercette delle equazioni di luogo per le sillabe che
cominciano per dentale. La norma adulta per la slope è 0.790
Il grafico di fig. 8, mostra lo sviluppo della slope nel tempo per il luogo di articolazione velare. Le occlusive prodotte
dal dorso della lingua forniscono i valori più stabili rispetto al target adulto, che è già molto alto (0.989): dai 12 ai 14
mesi si registra un deciso aumento dei valori di pendenza (0.882, 1.105) e poi dai 14 ai 18 mesi i valori di pendenza
restano praticamente costanti (1.105, 1.102, 1.100) al di sopra della norma adulta. In pratica il profilo di sviluppo
descrive un aumento degli effetti coarticolatori subito dopo il primo anno d’età, seguito da una stabilizzazione attorno
a un valore al di sopra del target adulto.
147
Figura 8. Andamento delle slopes nel tempo per le velari. La norma adulta per la slope è 0.989
Tabella 3. Media ed errore standard dei valori delle slopes e delle intercette delle equazioni di luogo per le sillabe che
cominciano per velare. La norma adulta per la slope è 0.989
5. DISCUSSIONE
La coarticolazione segue diversi profili di sviluppo a seconda del luogo consonantico considerato ed è possibile
spiegare le differenze in base alla forza dei vincoli anatomo-fisiologici presenti.
5.1. Bilabiali
L’occlusione bilabiale non essendo anatomicamente vincolante (per la lingua) permetterebbe la massima
sovrapposizione temporale dei due gesti, come avviene nell’adulto dove l’influenza coarticolatoria è massima: la
lingua al momento del rilascio dell’occlusione si trova già in posizione per la vocale (coarticolazione come coproduzione articolatoria).
Caterina nel 10° mese coarticola poco: la lingua è ancora in movimento nell’istante di rilascio dell’occlusione. Dal 12
mese iniziano movimenti indipendenti della lingua per la produzione della vocale che terminano nel momento del
rilascio dell’occlusione. Raggiunto un primo livello di coordinazione, esso è mantenuto.
5.2. Apico-dentali
Per tali sillabe la bambina deve imparare a differenziare in modo quasi indipendente e coordinare come fanno gli adulti
l’apice e il dorso della lingua (vincolo anatomico relativo). Negli adulti la coarticolazione ha effetti acustici scarsi,
poiché l’apice della lingua può restare in teoria fermo sul luogo consonantico indipendentemente dalla posizione del
dorso che articola la vocale.
148
In linea con tale ipotesi a 10 mesi la coarticolazione è maggiore, poi oscilla, segno che la b/a deve ancora imparare il
corretto coordinamento tra apice e dorso della lingua, che non viene raggiunto neanche nella tappa finale.
5.3. Velari.
In questo caso i vincoli biomeccanici sono massimi (C e V articolate con il dorso), e nell’adulto l’effetto acustico
evidenzia un grado di coarticolazione molto alto (coarticolazione come adattamento articolatorio reciproco).
In Caterina, dopo un periodo iniziale di variabilità le produzioni si stabilizzano su valori molto alti, anche rispetto a
quelli adulti, che evidenziano una maggiore coarticolazione rispetto alle altre categorie di luogo esaminate, ma anche
rispetto al comportamento adulto. Sarà compito futuro della bambina quello di ridurre l’eccessiva coarticolazione.
6. CONCLUSIONE
Abbiamo visto che la coarticolazione segue diversi profili di sviluppo a seconda del luogo consonantico considerato
non solo in forza dei vincoli anatomo-fisiologici presenti, ma anche per ragioni funzionali, dovute alla nascente
organizzazione fonologica.
Per quanto riguarda i vincoli anatomo-fisiologici, essi sono alti soprattutto per la velare, dove l’articolatore per la
consonante e la vocale è lo stesso, e cioè il dorso della lingua, mentre per la bilabiale sono praticamente scarsi (le
labbra che articolano la consonante e il dorso della lingua che articola la vocale sono anatomicamente indipendenti).
Per quanto riguarda le esigenze dettate dall’emergere della fonologia, vi può essere per es. una discontinuità tra
babbling e parole, dovuta al fatto che nelle sillabe delle parole il bambino non può “fregarsene del tipo di vocale che
seguirà una certa consonante” (Sussman et alii, 1996), come invece capitava nel babbling.
Naturalmente sarà necessario raccogliere ed analizzare le produzioni di più soggetti infantili seguiti longitudinalmente
per riuscire a delineare un profilo evolutivo di tipo generale. Quando gli indici di coarticolazione saranno calcolati su
più soggetti avremo valori normativi che potranno poi essere usati per individuare possibili ritardi o patologie su base
articolatoria: per es. Subramanian et al. (2003) hanno potuto distinguere sulla base dei valori di slope e intercetta i
bambini balbuzienti che dopo sarebbero restati cronici dai bambini balbuzienti che in seguito avrebbero recuperato
spontaneamente.
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