Immigrati morti in mare........ La Parola Indice
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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n. 46) art.1, comma 2, DCB - Reggio Emilia Proprietario: Ass. Diaconia - direttore responsabile: Antonio Burani - stampato in proprio: via Leuratti, 8 - Reggio Emilia N. 7 Luglio 2013 Indice La Parola Immigrati morti in mare........ Immigrati morti in mare papa Francesco p1 Oh, Dio beato! Rachele Sorrentino p2 Il Vangelo contro la mafia a cura di Ivanna p2 I anniversario Rossella p 4 Centro Verde... Scuola Infanzia p 5 Quando siete in difficoltà... don Eugenio Morlini p6 Un papa di carne a cura della redazione p8 Ci impegnamo noi don Primo Mazzolari p 9 papa Francesco ...da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Prima però vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore. Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà! Grazie anche allArcivescovo Mons. Francesco Montenegro per le sue parole. Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con laugurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. Questa mattina, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, vorrei proporre alcune parole che soprattutto provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti. «Adamo, dove sei?»: è la prima domanda che Dio rivolge alluomo dopo il peccato. «Dove sei?». E un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E larmonia si rompe, luomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con laltro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente laltro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: «Caino, dovè tuo fratello?». Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello! Queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! Tanti di noi, mi includo anchio, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito. (segue in ultima pagina) Come un sasso nello stagno Stefania p 10 Se la mia roccia si sta sgretolando Milena p 11 Il potere dichiara.. .. Erri de Luca Inserto: Ciao Paride p 11 Oh, Dio beato! Il Vangelo contro la mafia Rachele Sorrentino a cura di Ivanna Con amore, tutto ci hai donato: i fiori colorati che armonizzano i prati. Le stelle che illuminano, di notte, il firmamento. Le onde capricciose che accarezzano il mare. Le rondini garrule che volano nel cielo. Il sole che riscalda i cuori ed il creato. A Te ricorriamo con affanno, tendi a noi la mano, dacci coraggio, conforto ed aiuto, nei momenti più bui della nostra vita. Benedetto sia il nome Tuo, Signor mio, Dio mio! I ragazzi del catechismo restituiscono alla comunità Nel capitolo 7 dellEsodo abbiamo letto che Mosè ha lottato con il faraone per liberare gli Ebrei dalla schiavitù egli Egiziani. Allora Don Daniele ci ha presentato la figura di don Pino Puglisi, un sacerdote assassinato 20 anni fa che ha lottato in prima linea contro la mafia siciliana, ricorrendo però al servizio del Vangelo, per liberare la sua gente dalla schiavitù di questo potere che, per i suoi interessi, non esita ad uccidere e a distruggere e a togliere di mezzo chi si pone come ostacolo. Abbiamo cercato su Internet delle frasi di Don Pino che illustrano il suo pensiero e il suo operato. Poi abbiamo ricavato da ognuna una parola che ne riassume il significato. A questo può servire parlare di mafia, parlarne spesso, in modo capillare, a scuola: è una battaglia contro la mentalità mafiosa, che poi è qualunque ideologia disposta svendere la dignità delluomo per soldi. CONOSCERE Non ci si fermi, però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore, attenzione, non vorrei essere frainteso. Hanno valore, ma se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti. AGIRE Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Non è qualcosa che può trasformare il quartiere. Questa è un illusione che non possiamo permetterci. E soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani, e cercare di smuovere le acque. GETTARE UN SEME Redazione don Daniele Simonazzi Gianni Salvarani Ivan Farioli Licia Gasparini Lorella Giansoldati Lorena Iotti Lucilla Cabrini Stefania Ferrari 2 In questa prospettiva ha senso anche premere sulle autorità amministrative perché facciano il loro dovere, tentare di coinvolgere il maggior numero di persone in un protesta per i diritti civili. Ma non dobbiamo illuderci: da soli non saremo noi a trasformare Brancaccio. COINVOLGERE LE AUTORITA Lo facciamo soltanto per poter dire: dato che non cè niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualcosa. E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto COLLABORARE Non è da Cosa Nostra che potete aspettarvi un futuro migliore per il vostro quartiere. Il mafioso non potrà mi darvi una scuola media per i vostri figli o un asilo dove lasciare i bambini, quando andate al lavoro. NON LASCIARSI ILLUDERE Mi rivolgo anche i protagonisti delle intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono ad ostacolare chi tenta di educare i vostri figli alla legalità, al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile. DIALOGARE Perché non volete che i vostri bambini vengano a me? Ricordate: chi usa la violenza non è un uomo. Noi chiediamo a chi ci ostacola di riappropriarci dellumanità. E comunque facciamo sentire la nostra solidarietà a coloro che sono stati colpiti. Andiamoli a trovare a casa, rimaniamo uniti. Abbiamo avuto la conferma che tutto ciò voleva essere un avvertimento per il nostro operato. Ma noi andiamo avanti. Perché, come diceva san Paolo, se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? SOLIDARIETA Il massimo che possono farmi è ammazzarmi. E allora? Non ho paura di morire se quello che dico è la verità. ESSERE DISPOSTI A PAGARE DI PERSONA Il discepolo è testimone soprattutto della risurrezione di Cristo. Certo, la testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà, una testimonianza che diventa martirio. Dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza. Sarete felici quando vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male di voi per causa mia; rallegratevi ed esultate, perchè grande è la vostra ricompensa nei cieli. Per il discepolo testimone è proprio quello il segno più vero che la sua testimonianza è una testimonianza valida TESTIMONIANZA Abbiamo detto, vogliamo creare un mondo diverso. Ci impegniamo a creare un clima di onestà, di rettitudine, di giustizia che significa compimento di ciò che a Dio piace. DESIDERARE UN MONDO NUOVO Anche la forza , quando diventa un culto, una legge, oggi diffusa molto dal cinema, è un segno di degrado delluomo per cui anche la violenza e la vendetta conseguenti a questo culto sono oggi considerate un modo di pensare. Il mondo rivela tutti questi controvalori, diffusi dove cè il benessere, come cose che danno pace e felicità, ma non è così: il piacere non dà gioia, e Ciò è provato da un numero frequente di suicidi, dalluso abbondante di droga ed alcool. CONDANNA DELLA FORZA Abbiamo capito che rappresentano una forma di lotta non violenta che porta al bene di tutti e sconfigge il male. Questa lotta prevede anche si arrivi a pagare di persona come ha fatto don Puglisi Ma la sua morte violenta per la mafia rappresenta la peggior sconfitta. 3 I° Anniversario Sono.... Rossella Riccardo Tu non sai quanto questa frase mi abbia riempito il cuore, quelle parole che per tutta la vita ho sperato di sentire: Mi manchi". "Sono" Sono Montecchi e tu Capuleti , siamo la nuvola che offuscò la delizia, il sogno, la gioia.. Sono Pagano e tu Ebreo, siamo il vento che posò l'oblio sulle tavole di Mosè. Sono Cristiano e tu Induista, siamo il nero che oscurò il tempo Sono Ateo e tu Mussulmano, siamo l'errore che ha donato tremore Sono Cattolico e tu Protestante, siamo il sangue che inondò la dolce Belfast. Mi manchi tanto anima mia, pura, piccola dolce FARFALLA, sei volata via con le tue ali rosa e io guardo sempre verso il cielo con la speranza di vederti un'altra volta ancora. Sono Sciita e tu Sunnita, siamo il ventre che abortì i suoi figli. Sono Tutsi e tu Utu, siamo la lama che imboccò la vergogna.. Sono Fascista, sono Nazista e tu Comunista, siamo il rosso che macchiò l'amata terra. Siamo Bianco e tu Nero, siamo la lapide che seppellì un profumato fiore. "Mi manchi"? Dice il "SIGNORE" dov'è la tua fede e la speranza? Sono ricco e tu povero, sono firmato e tu mercato, siamo le spine che negarono un abbraccio. Sono bello e tu brutto, siamo la mano che soffocò il bacio.. Sono ignorante e tu colto, sono primo e tu secondo, siamo il fango che sporcò le menti. Sono uomo e tu donna, sono gay e tu etero, siamo la scure che recise il rispetto. Sono, siamo, siete A BIANCA "Tutto in un mi manchi" Apri il tuo cuore figlia mia e ricorda quanto amore ti ha regalato quella piccola farfalla rosa volata in cielo. Lei era speciale e Lui l'ha voluta perfetta per sempre al suo cospetto. La tua nonna Rossella (29 maggio 2013) Bianca n/m 28 luglio 2012 Pablo Picasso Le papillon, Eaux-fortes originales pour des textes de Buffon 1941 - 1942 4 Perché? Una lacrima urla al vento la felicità persa.. è così semplice il moto dell'anima.. Penso al nudo, al libero, al sorriso.. Penso al gabbiano, alla rondine, all'aquilone.. Penso a una coperta, al calore a un sospiro. Penso all'umile, alla carezza, al fiore Penso all'azzurro, al mare, al sole. Penso al bene, al dolce, al gentile.. Penso allo sguardo, alle favole, al sogno.. Penso alla tavola, al pane, al vino.. Penso a una preghiera, al silenzio, a Madre Teresa. Penso a Bhutto, a Gandhi,a Gesù e al Dalai Lama, in un'unica trama. In un soave bagliore Penso all'amore. Ricca 10.12.2012 Centro Verde... 40 anni di scuola dell'infanzia a Pratofontana Il gruppo di lavoro del Centro per l'infanzia Camillo Prampolini Piace fin dora anticipare, in queste poche righe di saluto prima della pausa estiva, che lavvio del prossimo anno scolastico vedrà alcune sobrie iniziative celebrative per festeggiare il quarantennale della municipalizzazione della scuola Camillo Prampolini, iniziative che ci auguriamo possano coinvolgere partecipativamente tutte le realtà della nostra circoscrizione e non solo. Fu infatti nel 1973 che lallora scuola gestita dall UDI (Unione Donne Italiane) diventò scuola comunale dellinfanzia, compiendo un passaggio fondamentale nella sua storia di istituzione scolastica. Un quarantennale che non mancherà di collegarsi alle origini storiche e pedagogiche di istituzione educativa operante sul territorio fin dal maggio del 1946, e da allora in continuo aggiornamento È infatti da quel lontano secondo dopoguerra, che la nostra scuola rappresenta un punto di riferimento costante per leducazione dei bambini, delle famiglie e dellintera comunità locale, oltrechè una peculiarità (come centro verde) per la rete scolastica cittadina, complessivamente considerata. Prepararsi a celebrare un anniversario vuol dire guardare contemporaneamente a due orizzonti, uno futuro e laltro passato, che però alimentano già pensieri presenti. Tutto ciò ci rimanda, da un lato, ad unidea di tempo molto vicino ai tempi della scuola, quasi mai lineari e confinati come le nostre abitudini vorrebbero farci sembrare; dallaltro, ci invita a riflettere intorno al sentire (al contempo semplice e complesso) del tempo da parte dei bambini e di come tutto ciò sia simile ai processi (al contempo semplici e complessi) della natura. Queste riflessioni a caldo sovvengono spontanee in questo finale danno che nella sua esclusiva ricorsività ci trova, o meglio ci ritrova, come gruppo di lavoro, ad imbastire la trama dei pensieri, delle relazioni, delle aspettative, per il nuovo anno scolastico che, già presente, verrà. Ecco potremmo forse dire che il tempo della scuola più che un tempo è un con-tempo, un tempo con... Un tempo con: i bambini, le famiglie, il sociale e i suoi protagonisti, i colleghi di lavoro, le opportunità e le problematicità che si propongono continuamente, i previsti e gli imprevisti, i successi e i non successi, gli inciampi e i rilanci. Un tempo capiente, complesso, che soprattutto ascoltando quotidianamente i bambini ci appare con astratta chiarezza, rimanendo però difficile, accidentato e persino enigmatico, nel suo pratico attraversamento quotidiano da parte di tutti noi insieme. In questo ordito di apparenti uguaglianze (cè sempre una fine danno scolastico e un inizio danno scolastico, ci sono sempre bambini, insegnanti, genitori e famiglie) in realtà intessuto di concrete varianze; limpegno costante con i bambini e le famiglie rappresenta per noi la bussola di orientamento in un percorso aperto al conoscere e al comune stupore. Una bussola in ricerca con le conoscenze, le teorie e i linguaggi dei bambini per interpretare il micromondo della nostra comunità come il macromondo che si avvista dai campi di Pratofontana , provando con la fatica dellottimismo a mettere costantemente in dialogo: nature, culture, saperi , identità e diversità. Gli ultimi giorni di scuola hanno tuttavia una loro speciale bellezza per via di quel senso di svolto, di compiuto che li contraddistingue facendo con-vivere: sentimenti di nostalgia , propositi futuri, certezze di continuità e consapevolezze Tutto ciò soprattutto guardando alle bambine e ai bambini: a chi di loro approderà alle primarie, a quelli che rimarranno al Centro Verde Prampolini, a tutti coloro con cui ci siamo salutati da tempo, ma di cui restano tracce nella scuola, nel nido , nelle relazioni con famiglie o nei ricordi di adulti speciali, come il nostro amico Nonno Paride, che ci ha lasciato regalandoci tanto e che per questo sarà sempre tra noi sorridentemente presente. Il complesso tempo del finale (anche della fine della scuola) è insomma un tempo sempre molto fertile perché non chiude, bensì conclude e schiude al futuro! Ma per lintanto laugurio che vogliamo fare a tutti, in questo luminoso giorno di solstizio, è semplicemente quello di trascorrere una bella estate!!! 5 Quando siete in difficoltà andate a trovare un povero... a cura della redazione Testimonianza di don Eugenio Morlini, parroco di San Bartolomeo, missionario fidei donum in Brasile dal 1975 al 1991. Ringrazio molto il Signore Gesù che ha avuto il coraggio di stare sulla Croce fino alla fine; se no, poveri noi! Però non sento molto parlare della croce, oggi. (...) Le due cose più interessanti nella mia vita, che mi hanno condotto finora e spero mi conducano fino alla fine, sono la passione per Cristo Gesù e la passione per i poveri. Queste due passioni convivono in me con i miei peccati. E così i miei errori non mi turbano tanto, perché questa passione per Cristo Gesù e per i poveri mi sembra che sia più forte e che prevalga ancora. Accostare il Vangelo e lamore di Cristo ai poveri, alla vita della gente, diventa una forza indomabile, che nessuna violenza o minaccia riesce a fermare; anzi, ne viene il coraggio, la voglia di affrontare tutte le situazioni. Mi trovavo, nel 1975, nella parrocchia di Andaraì, in Brasile, che allora contava 36mila abitanti. Di questi, circa 12mila furono costretti a lasciare le loro terre perché il latifondo voleva prenderne possesso; anche i paesi che si trovavano su quei terreni dovevano sparire e la gente doveva andarsene senza nessun diritto. Allora vivevo in parrocchia con don Creardo Cabrioni: abbiamo tentato il dialogo con i latifondisti, ma non abbiamo ottenuto nulla. Don Creardo addirittura fu schiaffeggiato duramente. Allora abbiamo deciso di andare a incontrare la gente, a visitare i paesi e le comunità senza alcuna protezione. Questo ha dato speranza alle persone, anche se a noi procurava fatica e tensioni. Don Creardo era più dedito alla preghiera, io invece ero più pronto allazione e questo binomio ha funzionato benissimo: ci sostenevamo lun laltro e questo ci dava la forza per vincere la paura. Una volta mi recai al mercato di Nova Redencon. Contrariamente al solito, quel giorno nessuno mi salutò, nessuno mi rivolse la parola. Finché un vecchietto mi prese in disparte: Guarda, padre, che nessuno ti saluta perché sono tante le minacce su di te che tutti hanno paura. Decisi allora di muovermi a piedi, totalmente disarmato, senza alcuna protezione, e da solo, poiché la gente aveva paura. Sono andato avanti così per 7-8 mesi, finché questo stile si è rivelato più forte delle minacce e la gente è ritornata a parlarmi e a camminare con me. La cosa che più mi preme, però, è dirvi la passione per la gente e i poveri e la passione per Cristo Gesù: un fuoco che arde dentro ognuno di noi (lo Spirito Santo) e che mi ha fatto vincere la paura, mi ha dato tanta forza, tanto che gli altri avevano più paura di me che ero disarmato. È una cosa grande vivere la passione di Cristo e della gente. Spesso la chiamiamo croce, ma io ho un po di ritegno a chiamarla così. Di fatto è una sofferenza, un vivere sacrificando la propria vita (uscivo al mattino senza sapere se poi la sera sarei tornato a casa...). Era un pensiero quotidiano. Ma questa, che abitualmente chiamiamo croce, per me è la passione: lamore del Signore e del prossimo. 6 E queste cose grandi e belle possono convivere anche con tutti i nostri limiti. Non è che il martire sia migliore degli altri. Io ho la sensazione che la vita quotidiana sia molto più martirizzante, esige una fedeltà continua a questa passione di Cristo Gesù e a questo innamoramento per la gente. Le minacce e le persecuzioni sono momenti eccezionali, in cui tutti noi ci sentiamo un po più di coraggio e ce la mettiamo tutta: ognuno di voi avrebbe fatto quello che ho fatto io. Mi libererei da questa concezione del martirio come quella di colui che dà la vita e vi inviterei a pensare che lamore di Cristo Gesù che cè nei nostri cuori e lamore verso i poveri e il prossimo sono più forti di tutti i nostri peccati e ci associano alla croce di Cristo Gesù. Allora, neanche noi vogliamo scendere dalla croce, perché è lì che viviamo la pienezza della vita e lamore che Gesù ci ha insegnato. Abbiate coraggio: lamore per Dio che cè in noi è molto più forte di quello che pensiamo. State vicini ai poveri, a chi soffre, a chi è malato, perché quelli ci redimono sempre; e quando siete in crisi, andate a trovare qualcuno che è in difficoltà e lui vi aiuterà a rialzarvi, a riprendere la vostra vita con tutta la croce che avete addosso. In te sono stato albume, uovo, pesce, le ere sconfinate della terra ho attraversato nella tua placenta, fuori di te sono contato a giorni. In te sono passato da cellula a scheletro un milione di volte mi sono ingrandito, fuori di te laccrescimento è stato immensamente meno. Sono sgusciato dalla tua pienezza senza lasciarti vuota perché il vuoto lho portato con me. Sono venuto nudo, mi hai coperto così ho imparato nudità e pudore il latte e la sua assenza. Mi hai messo in bocca tutte le parole a cucchiaini, tranne una: mamma. Quella linventa il figlio sbattendo le due labbra quella linsegna il figlio. Da te ho preso le voci del mio luogo, le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri, da te ho ascoltato il primo libro dietro la febbre della scarlattina. Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze, a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco, a finire le parole crociate, ti ho versato il vino e ho macchiato la tavola, non ti ho messo un nipote sulle gambe non ti ho fatto bussare a una prigione non ancora, da te ho imparato il lutto e lora di finirlo, a tuo padre somiglio, a tuo fratello, non sono stato figlio. Da te ho preso gli occhi chiari non il loro peso, a te ho nascosto tutto. Ho promesso di bruciare il tuo corpo di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco fratello del vulcano che ci orientava il sonno. Ti spargerò nellaria dopo lacquazzone allora dellarcobaleno che ti faceva spalancare gli occhi. Erri De Luca 7 Un papa di carne a cura della redazione Un Papa di carne. Questa definizione che don Primo Mazzolari coniò per Giovanni XXIII, l'arcivescovo Loris Francesco Capovilla l'applica anche a Papa Francesco. Nel corso dell'intervista a "L'Osservatore Romano" in occasione dei cinquanta anni di ricorrenza della morte del beato Giovanni XXIII e dell'inizio del concilio Vaticano II, l'antico segretario di Roncalli rileva un singolare collegamento nello stile pastorale dei due Pontefici. Entrambi, a suo dire, hanno suscitato un forte consenso popolare perché manifestazione concreta e immediata dell'umanità e della bontà di Dio. Si commuove più volte Capovilla nel suo studio a Sotto il Monte. Sta per compiere 98 anni con una salute invidiabile e una mente vigile. vi proponiamo alcuni stralci dell'intervista. Papa Giovanni diceva che a essere pessimisti o ottimisti si paga lo stesso; tanto vale essere ottimisti, confidando in Dio. Il nostro ottimismo nasce dalla fede e dalla carità. Nasce dalla fede che Dio non può fallire e che l'opera di Gesù non può essere distrutta, e nasce dall'amore perché ci è stato ordinato di amare. Non ci è stato detto amerai solo i buoni e non i cattivi, come noi siamo soliti catalogare i nostri fratelli e sorelle. Amatevi l'un altro, ci ha detto Gesù. E Giovanni XXIII, in linea con questo comandamento, aprendo il concilio ha indicato la medicina della misericordia e dell'amore come via per rendere credibile il Vangelo anche ai nostri giorni. Solo che noi non abbiamo capito abbastanza cosa volesse dire questa indicazione. Noi dobbiamo rimanere saldi nella dottrina che ci ha lasciato Gesù, senza paura di essere troppo buoni o troppo misericordiosi. Ci sono state persone tra i credenti che hanno fatto confusione dicendo: se noi cominciamo a distinguere tra il peccato e i peccatori, la gente non capisce nulla e ci sarà confusione. No, io lo spiego ai bambini e lo capiscono: bambino, ricordati che la bestemmia è un orribile peccato, ma che il bestemmiatore non è un orribile uomo. Definendo orribile un uomo tu dai un giudizio e Gesù ha detto: non giudicate. Perché non devi definire orribile un uomo? Perché è una persona e ha diritti inalienabili dati da Dio, e tra i diritti ci sono anche il rispetto, la fiducia, la speranza, e anche se lui è un grande peccatore e tu sei cristiano, egli ha diritto al tuo amore, perché forse solo con l'amore lo possiamo riportare a casa. Misericordia è considerare con il cuore i miseri e dir loro che a vederli in tale stato ci si spezza il cuore. Noi siamo cristiani un po' zoppi qualche volta, ma non dobbiamo addebitare alla Chiesa le colpe dei singoli che, purtroppo, non sono mai mancate nella storia. La Chiesa non è vecchia, e resta sempre la fontana del villaggio, come la definì Papa Giovanni. Riportare i credenti alla sorgente è stato sempre lo sforzo e l'esempio dei santi. Svegliare i dormienti e riportare sulla retta via chi era fuori strada, questo si è sempre fatto. Se qualcuno di noi, anche ecclesiastico, ha sbagliato, cosa costa dire: sono un povero peccatore? Immediatamente due braccia si aprono ad accoglierti. Adesso con Papa Francesco abbiamo messo i piedi sulla terra, in contatto con i nostri fratelli, per camminare insieme, nel pieno rispetto reciproco. La nostra vocazione è portare nel mondo questa speranza. E ciascuno di noi deve essere pronto a convertirsi. E la prima conversione qual è? Prendere in mano la prima lettera ai Corinzi e fermarsi al dodicesimo capitolo, quello dei carismi, che sono i doni. Ogni dono è qualcosa che ti ha dato Dio. Anche se tu non fossi credente o praticante c'è una coscienza che è viva dentro di te. Il dono non ti è stato dato solo per te e la tua famiglia, ma per il bene comune. È il momento in cui il cristiano deve dare questo esempio: quello che ho non è completamente mio, mi è stato dato per aiutare i fratelli. Dentro e fuori la Chiesa. Ecco la partecipazione del cristiano alle sorti del suo Paese. Sei tenuto a dare, a fare famiglia con i tuoi fratelli, sei tenuto ad amare. .Abbiamo bisogno anche oggi di umiltà e di mitezza. E Papa Francesco ce lo ricorda bene. 8 Perché la Chiesa dei poveri è un argomento tanto divisivo? Ho fatto esperienza nella mia vita, ho conosciuto genitori con tre o quattro figli e uno handicappato. Questa gente vive con il pensiero soprattutto di questo figlio, perché la prima preoccupazione è per il malato. Ricominciamo a leggere gli Atti degli apostoli, dove si narra che la comunità cristiana aveva dei beni che portava agli apostoli per sostenere i poveri, le vedove, gli orfani, gli stranieri. Già l'Antico Testamento è pieno di attenzioni per i poveri, ma soprattutto lo è il Nuovo Testamento. Sappiamo che una delle prime creazioni apostoliche è stata l'istituzione dei diaconi. La Chiesa è di tutti, senza eccezioni, ma principalmente dei poveri: se invece di "specialmente" si dicesse "inizialmente" sarebbe lo stesso, ma si spiegherebbe un po' meglio, perché vorrebbe dire che non mi occupo di lui solo perché è povero, ma per lui che ha più bisogno di me. Prima vengono quelli che hanno bisogno. Se dovessimo erigere monumenti a tutti coloro che hanno esercitato le quattordici opere di misericordia, corporale e spirituale, non ci basterebbero i Paesi per farlo. Penso sia necessario anche per noi che siamo stati in seminario che accanto alla pietà, alla purezza, si consideri la giustizia, che qualche volta abbiamo un po' trascurato. Questa riflessione viene dal fatto che si usa dire: ho questa cosa, è mia. No, dobbiamo crearci una nuova mentalità: ogni cosa mi è stata data per la comune utilità. E per questo siamo chiamati a risolvere i problemi sia materiali che spirituali dell'uomo. L'uomo nasce con dei diritti inalienabili. Ci siamo sempre adoperati per la formazione alla paternità e alla maternità. Mettere al mondo un bambino non è solo dare un pezzo di pane, abbiamo grandi obblighi e tutta la nostra vita deve essere in funzione dei doveri e dei diritti. Povero è chi ha un pane, un vestito, un letto, una medicina, e rimane sempre povero. Quello che tuttora è una vergogna è che ci sono i miserabili. Nel 1930 da ragazzo mi si fissò nella mente un libro di Daniel Ross dal titolo La miseria e noi. Dobbiamo farle queste considerazioni. Ringrazio Dio che ci ha dato dei Papi che ci hanno aiutato a maturare una coscienza sensibile al problema dei poveri e della giustizia. ... In Papa Francesco sono evidenti la bontà e l'umanità di Dio che si mostra alla gente comune. Don Primo Mazzolari, un grande prete italiano quando fu eletto Papa Giovanni, disse: "Abbiamo un Papa di carne". Non si tratta di una cosa banale, perché Dio si è fatto carne. Papa Francesco lo manifesta in forma eloquente. Anche noi dovremmo incarnare il Vangelo per andare dai nostri fratelli, con più attenzione, meno applausi e più esemplarità di vita. Al termine del colloquio, l'arcivescovo si congeda con l'omaggio di un depliant che raffigura in parallelo il volto di due Papi, Giovanni XXIII e Francesco, uniti da una citazione di sant'Ambrogio: "Cristo per noi è tutto". A indicare una sostanziale fedeltà della Chiesa al Vangelo che anche oggi si testimonia in forma credibile vivendo l'amore di Dio e del prossimo. Ci impegnamo noi e non gli altri don Primo Mazzolari Noi ci impegniamo Ci impegniamo noi, e non gli altri; unicamente noi, e non gli altri; né chi sta in alto, né chi sta in basso; né chi crede, né chi non crede. Ci impegniamo, senza pretendere che gli altri si impegnino, con noi o per conto loro, con noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non simpegna, senza accusare chi non simpegna, senza condannare chi non simpegna, senza cercare perché non simpegna. Il mondo si muove se noi ci muoviamo, si muta se noi mutiamo, si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura. La primavera incomincia con il primo fiore, la notte con la prima stella, il fiume con la prima goccia dacqua lamore col primo pegno. Ci impegniamo perché noi crediamo nellamore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta a impegnarci perpetuamente. 9 Come un sasso nello stagno - Luisa Casiraghi Callegari Stefania Il romanzo di questa sensibile scrittrice è un inno alla speranza, anche e apparentemente contro ogni logica. La storia raccontata allinterno del libro è la dimostrazione che le vie del destino possono essere molteplici, ma che lamore può avere due facce: una può apportare dolore e disperazione se la fiducia viene tradita, ma laltra, supportata dalla speranza, dal rispetto e dalla fede, può neutralizzare ogni difficoltà, donando la serenità e la gioia. Lintreccio è buono e ricco di colpi di scena, soprattutto nella parte finale. Il linguaggio semplice e immediato rende il romanzo una lettura piacevole e scorrevole, senza troppi intoppi. Interessanti i risvolti psicologici che la scrittrice inserisce durante tutto larco della narrazione, che ne fanno quindi una storia che si estende oltre la sola trama, offrendo numerose occasioni di riflessione sulla caducità dei sogni, sulle prove che il fato riserva, ma anche sulla possibilità di trovare e donare conforto, sulla comprensione dei comportamenti umani che spesso si rivelano risultato di un vissuto doloroso, che è possibile superare e far superare solo con una apertura sincera verso gli altri. La protagonista degli eventi, Christine, deve superare una difficilissima infanzia: è figlia di una coppia composta da due madri, con un padre naturale di cui nemmeno conosceva lesistenza e al quale era stato negato il diritto di conoscere i suoi due figli, appunto Christine e suo fratello gemello Manuel. La scoperta da parte delle due madri di avere contratto lAIDS, le porta ad affidare i bambini a quel padre per loro sconosciuto, che però li accoglierà nella sua famiglia, con immenso amore da parte di tutti. Il trauma per il distacco, non compreso soprattutto da parte di Christine, la porta a essere unadolescente turbolenta e ribelle, con un rapporto assai conflittuale nei confronti della madre adottiva che continua a considerare unestranea. Il tempo smussa il carattere spigoloso della ragazza, che accetta la sua nuova famiglia, anche se il dolore per il primitivo abbandono la trasforma in una donna dolce, ma estremamente insicura, che rifugge la compagnia di estranei, soprattutto se uomini. Tuttavia lamore, o ciò che lei credeva che fosse, è dietro langolo e conosce Vincenzo, di cui si innamora, che sposa e da cui ha due bambine. Ma Vincenzo non è quello che sembra: è un violento e fugge, portando con sé le due figlie, facendo perdere le sue tracce. Christine è disperata ma, con il sostegno costante e ininterrotto dei genitori e del resto della famiglia adottiva, inizia uninfinita ricerca delle sue piccole, che durerà per anni, tra speranze e delusioni, domande senza risposta e ricordi che affiorano. Nella ricerca trova aiuto in John, un investigatore privato americano con il quale sinstaura unamicizia profonda che poi si trasforma inevitabilmente in amore, questa volta reale. Non senza remore e diversi sensi di colpa, Christine si lega a John, avendo da lui altri numerosi figli e trovando un po di quella serenità meritata, senza tuttavia mai smettere di cercare le sue bambine rapite. Un caso fortuito, dopo quasi ventanni, la porterà a ricongiungersi con le due ragazze, ormai grandi e rimaste senza padre, perito in un incidente. Christine potrà così finalmente contrarre matrimonio con John, recuperare il rapporto con le figlie perdute e vivere in armonia con la ormai numerosissima famiglia. Spirito Santo fa che il mio cuore sia aperto alla Parola di Dio, che il mio cuore sia aperto al bene, che il mio cuore sia aperto alla bellezza di Dio tutti i giorni. ..Domandiamoci oggi: siamo aperti alle "sorprese di Dio"? O ci chiudiamo con paura alla novità dello Spiritto Santo? siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novità di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la loro capacità di accoglienza?.... Papa Francesco 10 Se la mia roccia si sta sgretolando Milena È seduto sul dondolo allombra, lo guardo mentre è assopito o forse sta dormendo, non lo so, ormai è quasi sempre così, non riesco più a tracciare il confine tra dormiveglia o altro, so solo che mi sta lasciando, ormai è già in un mondo tutto suo, non condivisibile con nessun altro, è preso dai suoi ricordi, sempre gli stessi, le sue montagne, le sue scalate, le vie che portano il suo nome, ma per lui ormai non hanno più nome, sono tutte uguali hanno tutte la stessa connotazione, non ricorda più nemmeno il nome delle montagne da lui ascese. Le vette il suo grande e unico amore, la montagna anteposta a tutto, anche a se stesso, il desiderio di essere sempre pronto per una nuova spedizione, una nuova via, una nuova ascensione estrema. Adesso Lui la roccia, quella roccia così solida, quellappiglio che è servito e ha permesso a molti di raggiungere una cima, portare a compimento lascensione programmata, e a me di aggrapparmi per non precipitare nel burrone dei miei errori, quella roccia così svettante ora si sta sgretolando. Cerco di tenerlo stretto con le mie mani, sto lottando con tutte le forze perché non diventi polvere, è una lotta silenziosa, disperata contro lineluttabile avanzamento della malattia, non voglio che mi lasci anche fisicamente, non voglio non sentire più la stretta della sua mano quando chiede o ringrazia, non voglio non vedere più il suo sguardo azzurro che ora mi cerca per essere rassicurato. Il nostro amore si è trasformato in unaltra «specie damore», è diventato il mio bambino, un bimbo da proteggere, e come una mamma tigre lotto perché nessuno possa ferirlo, metterlo al riparo da ogni dolore. Lo guardo pensando anche alla mia vita che si sta spegnendo con Lui, possono bastare i ricordi a tenermi viva? Forse sì perché ormai il presente e già senza di Lui, senza i suoi pensieri, quei pensieri che condividevamo anche solo guardandoci negli occhi, le parole non servivano, bastava un piccolo tocco delle mani così forti per trovarmi unita e saldamente aggrappata a lui. Lui che con un nodo speciale a doppia corda mi ha tenuto in sicurezza accanto a Lui per tutti questi anni, anche per quelli a venire, lo so, saranno dolorosi, ho iniziato ad allenarmi, ma sicuramente non sarò preparata a sufficienza quando suonerà il campanello del via, per lultima ascensione. Cuori allo specchio - La stampa 9 giugno 2013 Il potere dichiara a cura della redazione «...Stefano Cucchi era in carcere perché era uno spacciatore abituale. Poveretto, è morto, e la verità verrà fuori, soprattutto perchè pesava 42 chili. La droga ha devastato la sua vita, era anoressico, tossicodipendente E poi il fatto che in cinque giorni sia peggiorato Certo, bisogna vedere come i medici lhanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così» Carlo Giovanardi, co-ideatore della legge Fini-Giovanardi. Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure, considerato che faceva il falegname e maneggiando chiodi si procurava spesso degli incidenti sul lavoro. Perché parlava in pubblico e per vizio si dissetava con l´aceto, perché perdeva al gioco e i suoi vestiti finivano divisi tra i vincenti a fine di partita. I colpi riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non idonea e la ferita al petto non proviene da lancia in dotazione alla gendarmeria, ma da tentativo di suicidio, che infine il detenuto è deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado lambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato Erri de Luca 11 dalla prima pagina «Dovè tuo fratello?», la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, accoglienza, solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio! «Dovè tuo fratello?» Chi è il responsabile di questo sangue? Nella letteratura spagnola cè una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto lesecuzione. E quando il giudice del re chiede: «Chi ha ucciso il Governatore?», tutti rispondono: «Fuente Ovejuna, Signore». Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non centro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dovè il sangue di tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nellatteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dellaltare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo poverino, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono lillusione del futile, del provvisorio, che porta allindifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dellindifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dellaltro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Ritorna la figura dellInnominato di Manzoni. La globalizzazione dellindifferenza ci rende tutti innominati, responsabili senza nome e senza volto. «Adamo dove sei?», «Dovè tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone allinizio della storia dellumanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?»,per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato lesperienza del piangere, del patire con: la globalizzazione dellindifferenza! Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento: «Rachele piange i suoi figli perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che cè nel mondo, in noi, anche in coloro che nellanonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo. «Chi ha pianto?». Signore, in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per lindifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel p ro p r i o b e n es s e re c h e p o r ta allanestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. «Adamo dove sei?», «Dovè il sangue di tuo fratello?». Amen 12