Whistleblower: spia o eroe nazionale?
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Whistleblower: spia o eroe nazionale?
Daily Storm, 13 luglio 2013 Whistleblower: spia o eroe nazionale? di Andrea Contratto Mentre infuria lo scandalo Datagate, la figura del whistleblower è tornata agli onori delle cronache nazionali e internazionali. L’Italia rimane indietro dal punto di vista legislativo, ma la ratifica di una convenzione europea e una mozione della commissione antimafia del comune di Milano pongono solide basi per migliorare la tutela dei “suonatori di fischietto”. UN PO’ DI DEFINIZIONI – Il whistleblower è una figura che in Italia è poco o nulla conosciuta: la definizione recita che il “suonatore di fischietto” è il lavoratore pubblico o privato che rileva e segnala una pratica scorretta o un pericolo grave che possa danneggiare il pubblico o l’azienda stessa. Una definizione che va a svelare l’importanza di una figura che, in pratica, quando fa una segnalazione dà vita ad un processo denominato appunto whistleblowing. Questo è uno strumento legale che permette al singolo dipendente di poter segnalare delle anomalie all’interno del luogo di lavoro, potendo contare su una tutela e protezione legale qualora dovesse incappare in ritorsioni da parte del denunciato. In pratica l’istituto del whistleblowing, il cui sviluppo legislativo maggiore si è registrato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, è quel mezzo che permetterebbe di smascherare trame corruttive o/e altre anomalie, agevolando di molto il lavoro degli inquirenti. In Italia, non essendoci alcuna tutela per queste posizioni, queste figure vengono sempre dipinte in negativo, delineando la figura di spia e il più delle volte subiscono ritorsioni che passano dall’isolamento sul posto di lavoro al licenziamento. UN ESEMPIO STORICO - In questi ultimi tempi, un esempio di whistleblower che ha guadagnato le prime pagine di tutti i giornali mondiali è il caso Snowden. In questo caso il giovane Edward è stato al centro di un caso internazionale, ma si è configurato come whistleblower in quanto dipendente pubblico che ha denunciato una pratica, ovvero la violazione della privacy da parte di un programma governativo USA illegale. Come si può ben constatare, la figura del “suonatore di fischietto” è sempre al limite tra l’esser spia — e quindi diventare un nemico per lo Stato — e eroe civile. C’è poi anche un altro esempio abbastanza recente che andrebbe analizzato, sopratutto in questa settimana in cui ricorre l’anniversario della strage di Sebrenica. Si tratta del caso di Kathryn Bolkovac. In quanto semplice poliziotta americana, Kathryn decise di andare in Bosnia dopo esser stata reclutata dalla DynCorp, agenzia privata che forniva uomini ai gradi interforze dell’ONU. La sua storia, raccontata sia nel suo libro The Whistleblower: Sex Trafficking, Military Contractors And One Woman’s Fight For Justice che nel film The Whistleblower, descrive come lei abbia scoperto un enorme scandalo di traffico sessuale tra la Croazia e la Bosnia. Durante le indagini, si è scontrata più volte con vari ostacoli di alto livello che l’hanno portata a scoprire che l’intero traffico era gestito da membri della DynCorp e da altri membri dello staff internazionale dell’ONU. Per intralciare il minuzioso lavoro della troppo zelante poliziotta, la DynCorp tentò l’estrema arma, licenziandola. Ma sarà proprio questa la mossa che porterà la vicenda alla ribalta della cronache: il processo si svolgerà, e la coraggiosa poliziotta porterà tutti i fascicoli che aveva raccolto in mesi di indagini facendo prevalere la sua giusta causa che aveva però provocato il suo licenziamento, dando inoltre un’enorme quantità di notizie alla stampa. Per dovere di cronaca, tutto lo staff internazionale accusato non verrà poi perseguito legalmente in quanto detentore dell’immunità. LA SITUAZIONE IN ITALIA - In Italia le norme sul whistleblowing, come per molte altre leggi, sono quasi nulle. Infatti, nel decreto firmato Monti per la Pubblica Amministrazione: “l’art. 8 del Codice prevede l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e al proprio superiore di casi di illecito, nessun riferimento viene fatto agli aspetti di tutela, né di cosa accade se il responsabile della corruzione è il superiore stesso” . Il decreto pone dunque la denuncia come obbligo, ma non mette le basi per la più fondamentale protezione del whistleblower stesso. Un grande passo in avanti è stato fatto però a livello locale, per l’esattezza dal comune di Milano, che con la sua commissione antimafia ha inserito la procedura del whistleblowing nella macchina amministrativa. Nella mozione firmata da David Gentili si descrive la procedura incentrandola sull’importanza della figura del “suonatore di fischietto” in quanto protettore del principio di legalità e di quanto, anche se in via anonima, vada tutelato. Inoltre, si propone l’attuazione di programmi informatici per semplificare le possibili denunce e l’istituzione di un organo di garanzia autonomo e indipendente, che possa raccogliere le segnalazioni e, qualora abbiano un riscontro positivo, avviare un’indagine interna. La strada è ancora lunga ma le basi poste sembrano quelle giuste: ora ci si aspetta che anche il Parlamento le attui, vista anche la ratifica della Convenzione penale sulla Corruzione del 1999. Questa entrerà in vigore nell’ottobre prossimo e sancirà il diritto di segnalare un’anomalia da parte del dipendente pubblico, ponendo una serie di tutele legali per lo stesso.