1 I metodi di valutazione del Bianco I bianchi sono

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Dr. Enrico Bardazzi
Datacolor (Europe) Service AG
Servizio Tecnico Applicativo
Tel. 0335 80 41 970
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I metodi di valutazione del Bianco
I bianchi sono generalmente caratterizzati dal possedere alti valori di Luminosità e un basso
valore di Croma, e per questo motivo occupano un volume relativamente piccolo dello spazio colore.
Non si può dire la stessa cosa della importanza commerciale del bianco che qualifica un grande numero
di manufatti dei materiali fra i più diversi, dalla carta ai tessuti alla plastica. La loro natura particolare
impone quindi, una valutazione a sé stante che esula dal calcolo dell’ormai noto deltaE colorimetrico.
Infatti anche se i cosiddetti bianchi occupano un volume tridimensionale dello spazio colore, (vedi Fig
1) essi sono sottoposti ad una valutazione strumentale, utilizzando una formula che presuppone come
risultato un singolo numero, l’indice di bianco appunto.
Figura 1: Diagramma di Munsell che mostra i limiti dello spazio occupato dai cosiddetti bianchi.
La tinta, ovvero ciò che può essere nel gergo comune definita anche come “sfumatura”, di un
bianco è spesso influenzata dalla presenza di una specifica impurità. Dal punto di vista delle coordinate
nello spazio colore questo si riflette nella possibilità di determinare univocamente un bianco dando un
singolo numero ed eventualmente una indicazione sulla deviazione di tinta. Osservatori diversi hanno
preferenze diverse riguardo al bianco: alcuni preferiscono una tinta sul violetto, altri prediligono
sfumature che tendono al blu o al neutro. Per rendere conto di questa diversità sono stati sviluppati
metodi diversi per la valutazione strumentale del bianco che sostanzialmente differiscono fra loro per la
diversa scala di valori.
La percezione del bianco
Se due campioni di bianco differiscono tra loro unicamente per luminosità è ovvio che sarà il
più chiaro dei due che apparirà più bianco. Se essi invece differiscono solo per il fatto di essere uno più
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blu dell’altro, allora sarà il più blu della coppia ad apparire più bianco. Se uno dei due è più chiaro ma
anche meno blu non è detto che debba apparire come il più bianco della coppia, dal momento che la
sensazione di bianco dipende dal bilancio delle due cose. Tale fenomeno può essere esemplificato
dall’esempio seguente: la figura 2 riporta gli spettri di riflettanza di un tessuto di cotone non
candeggiato (curva G), dopo il candeggio (curva B). Il candeggio determina un generale aumento a tutte
le lunghezze d’onda dei valori di riflettanza in misura maggiore nella zona blu dello spettro, risolvendosi
in un forte aumento del grado di bianco del tessuto. E’ possibile aumentare ulteriormente la
“sensazione” di bianco aggiungendo una piccola quantità di un colorante blu brillante(curva S). Se tale
colorante non è fluorescente questa aggiunta causa una diminuzione dei valori di riflettanza nella
regione rossa dello spettro. Il campione appare ora più scuro ma considerevolmente più blu e la
risultante di ciò è che l’osservatore percepisce una maggiore sensazione di bianco.
Figura 2: spettri di riflettanza di un tessuto di cotone a seguito di candeggio od altri trattamenti.
Trattando il tessuto con un’agente FWA (Fluorescent Whitener Agent), ovvero con sostanze
generalmente in grado di assorbire nell’ultravioletto vicino (320-400 nm) e di riemettere nella zona
violetta o blu dello spettro, è possibile aumentare di molto il grado di bianco del tessuto in questione.
La luce proveniente da un oggetto trattato con un FWA non è più pari alla luce riflessa e quindi a
rigore, non è più possibile definire la curva F come uno spettro di riflettanza del campione. Ecco la
ragione fondamentale per cui una valutazione strettamente colorimetrica di un bianco fluorescente non
sia possibile e quindi si debba ricorrere ad una particolare analisi specifica per tale tipo di campioni.
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L’indice CIE per la valutazione del bianco.
Fra le diverse formule nella tabella 1, l’indice CIE riveste particolare importanza, sia per la
diffusione che tale formula ha in tutte le applicazioni anche non tessili, che per la sua validità dimostrata
da tutta una serie di test e pubblicazioni. La formula riportata di seguito ha come risultato un numero
puro, il cui valore assoluto esprime il grado di bianco dell’oggetto misurato. Più alto ò tale valore, più
l’oggetto apparirà bianco . Il diffusore ideale perfetto ha W( indice CIE di bianco) =100, mentre
campioni trattati con FWA possono superare abbondantemente tale valore. Per dare un’idea della
magnitudo di tale grandezza, si può dire che differenze di tale indice al di sotto di cinque unità, non
sono percepibili neanche dal colorista più esperto.
Tabella 1: alcune tra le più usate formule per la valutazione strumentale del bianco.
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La formula adottata nel 1982 dalla CIE è la seguente:
W = Y + 800( x n − x ) + 1700( y n − y )
dove xn e yn sono le coordinate del punto acromatico dell’osservatore scelto( 2° o 10°), invariabilmente
sotto l’illuminante D65, dal momento che la scelta dell’illuminante nella valutazione dei fluorescenti è
quasi del tutto irrilevante. La formula è stata sviluppata sulla base di una più generale proposta da Ganz
e Griesser ( si noti la sostanziale uguaglianza delle formule):
W = DY + Px + Qy + C
dove i coefficienti D, P, Q, C possono variare per adattarsi alle diverse scale e preferenze di tono, così
come ai diversi illuminanti e osservatori.
Nel prosieguo del loro lavoro Ganz e Griesser proposero una formula per la determinazione
strumentale della tinta di campioni bianchi, che la CIE ha prontamente incorporato, nel 1985, con
coefficienti propri così come aveva precedentemente fatto con l’indice sopra citato.
Tw = a ( x n − x ) − 650( y n − y )
dove a = 1000 per l’illuminante D65/2° e 900 per D65/10°. Per bianchi neutri Tw= 0, altrimenti se Tw
>0 il campione bianco presenta una fiamma verde, se Tw <0 il bianco del campione ha un tono
rossastro.
Nel 1987 l’indice CIE di bianco e di tinta sono stati incorporati nella norma “ISO 105, Part J02:
Method for the Instrumental Assessment of Whiteness”.
Considerazioni
Così come sono state definite tali formule contengono intrinseca una limitazione di fondo su
cui è necessario soffermarci. La SPD (spectral power distribution), ovvero la distribuzione alle singole
lunghezze d’onda dell’intensità relativa della sorgente dello strumento, dovrebbe approssimare quanto
più possibile quella dell’illuminante D65 non solo nel visibile ma anche nell’UV.
Questo perché, campioni trattati con FWA sono in grado come abbiamo visto di assorbire in
tale regione dello spettro e di emettere nella zona del visibile proporzionalmente alla intensità della luce
UV incidente. Una misura assoluta dell’indice di bianco non può dunque prescindere da una accurata
calibrazione della emissione UV della lampada dello strumento. I moderni spettrofotometri possiedono
un filtro, capace di lasciar passare la gran parte della radiazione nello spettro visibile, ma di bloccare la
radiazione Uv. E’ possibile frapporre tale filtro fra la lampada e il campione, e per mezzo di dispositivi
meccanici, e sistemare la sua posizione in modo da regolare la quantità di radiazione Uv incidente sul
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campione. Sono disponibili in commercio, campioni, di cui sono noti gli indici di bianco, che possono
essere utilizzati per una accurata calibrazione degli spettrofotometri. Il procedimento prevede che, una
volta trovato il giusto settaggio dei filtri Uv, i coefficienti di Ganz Griesser siano poi variati per
minimizzare ogni residua differenza fra lo strumento in questione e lo strumento master di riferimento.
Vengono a tale scopo misurati una serie di campioni standard sullo strumento che si vuole tarare e
contemporaneamente sullo strumento di riferimento: i valori di bianco misurati sono sottoposti quindi
a regressione lineare per il calcolo dei coefficienti.
Ad esempio, ogni spettrofotometro Datacolor, prima di essere messo in commercio, viene
accuratamente tarato ed i valori dei coefficienti di Ganz-Griesser calcolati rispetto ai tre strumenti
campione che si trovano a Lawrenceville (Stati Uniti). Lo spettrofotometro viene quindi accompagnato
da una certificazione che attesta l’avvenuta calibrazione e riporta i valori ottimali dei coefficienti di
Ganz per quel determinato strumento.
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