Stampa - Il Giornale di Calabria

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51° anno
quotidiano regionale d'informazione
Economia
CATANZARO. “Vorremmo fare presente che se da un
lato lo Stato investe tante risorse, umane ed
economiche, per combattere e debellare la criminalità e
disarmarla, dall’altro ha fornito di fucile con licenza di
uccidere una società privata come l’Etr, che ha facoltà
di sequestrare e pignorare beni in tutta autonomia in
modo unilaterale, senza possibilità di contraddittorio e
di un giudizio di terzi a garanzia dell’esecutato, il tutto
naturalmente autorizzato dalla legge”. Ad insorgere è
Francesco De Sarro, fondatore della Fondazione Flora
Napolitano Onlus, convenzionata con il Centro di
Ascolto del Disagio Sociale (C.A.D. Sociale) con sede
a Lamezia Terme, che già da tempo hanno attivato,
anche attraverso la creazione di Centri di Assistenza in
tutta la Regione e uno staff di professionisti qualificati,
“azioni di contrasto contro le procedure spesso
discutibili con cui opera Equitalia”. “Ci rendiamo conto
- scrive - di cosa possa significare per un imprenditore
(e di quelli calabresi in particolar modo) l’iscrizione di
un pignoramento a suo danno: l’immediato
annullamento degli affidamenti bancari e l’allarme e
l’allerta dei Fornitori nazionali, che già intrattengono
rapporti di grande diffidenza con gli imprenditori
calabresi. Per una impresa secondo noi questo
equivale alla morte, e per l’imprenditore serio ed
onesto essere ucciso o ferito moralmente non è tanto
diverso dall’esserlo fisicamente dalla mafia Lo spirito
della legge è volto giustamente a punire in maniera
esemplare il mancato pagamento delle imposte e delle
tasse, non l’evasione che è tutt’altra cosa e che è il
fiore mediatico all’occhiello del governo e di certa
classe politica, che fa intendere di combattere i grandi
evasori a tutto vantaggio delle classi sociali più deboli,
ma che nella realtà con i suoi strumenti legislativi si
limita ad uccidere chi è già morto. Ma il legislatore aggiunge - non si è chiesto se il mancato pagamento
derivi dalla volontà di non pagare o piuttosto dalla
impossibilità di far fronte al pagamento, determinata
molto spesso da ritardi insostenibili nei pagamenti della
Pubblica amministrazione, quella stessa che pretende
tutto e subito, che mettono in crisi finanziaria le aziende
erogatrici di beni e servizi alla stessa, e creando un
effetto moltiplicatore a cascata con un rallentamento
della circolazione monetaria che impoverisce ancora di
più tutta l’economia calabrese. In una regione dove il
prodotto lordo è determinato per la maggior parte dalla
fornitura di beni e servizi alla Pubblica amministrazione,
un ritardo medio nei pagamenti di 1.200 giorni mette in
ginocchio l’intera economia regionale, poiché la
mancanza di circolazione della moneta impoverisce il
sistema”. “Questo tipo di provvedimenti - aggiunge 06-12-2010
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può essere giustificato in Paese in cui la Pubblica
Amministrazione opera con efficacia ed efficienza nei
confronti del cittadino, operando i controlli in tempo
reale e riconoscendo, quando accade, con
professionalità e responsabilità i propri errori e
ricostituendo immediatamente i diritti dei propri cittadini;
non può essere accettato nel nostro Paese, dove una
burocrazia elefantiaca e autoreferenziale non riesce a
smaltire le pratiche e propone in blocco provvedimenti
sanzionatori, derivanti spesso da propri errori e senza
alcun discernimento al solo scopo di evitare la
prescrizione e le relative sanzioni per i funzionari
addetti. Il problema - conclude - investe un numero
elevato di contribuenti, che non hanno alcuna
possibilità di far valere le loro lagnanze, ed è quindi
sconosciuto nella sua rilevanza sociale, specialmente
nella nostra Regione, che per tanti versi, ed anche per
questi motivi, stenta a decollare verso uno sviluppo
socio economico che le compete ed al quale la gente
laboriosa di questa terra ha diritto. In una situazione
siffatta - prosegue - le imprese calabresi arrancano
finanziariamente affannandosi a coprire i buchi
finanziari derivanti dai mancati pagamenti privilegiando
dapprima le esigenze delle famiglie dei lavoratori e
della propria, quindi dilatando i pagamenti verso i
fornitori, almeno quelli necessari per continuare
l’attività, infine molto spesso viene meno il pagamento
a quello Stato che con la sua lentezza nei pagamenti
ha decretato lo stato di crisi finanziaria dell’azienda.
Ora lo Stato fa la voce grossa e pretende non solo il
pagamento di quanto dovuto, che è giusto, ma anche il
pagamento di salatissime multe, di spese di riscossione
e dei relativi interessi su tutte le somme, giungendo a
triplicare o addirittura quadruplicare il dovuto iniziale,
mentre nel frattempo l’imprenditore riesce a prendere
dalla stessa Pubblica Amministrazione, le sole somme
dovute per le forniture effettuate, e sulle quali deve
detrarre quanto pagato alle Banche per eventuali
anticipazioni. In questo perverso meccanismo continua - si inseriscono infatti le Banche, che con il
loro vampirismo succhiano le ultime risorse degli
operatori regionali, che a questo punto hanno profuso
energie e risorse per alimentare il sistema senza alcun
corrispettivo per la loro attività”.
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