IL LINGUAGGIO DEI GIORNALI ITALIANI
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IL LINGUAGGIO DEI GIORNALI ITALIANI
IL LINGUAGGIO DEI GIORNALI ITALIANI Roxana Diaconescu Universitatea „Tibiscus”, Timişoara Realizzata finalmente l’Unità, gli italiani erano molto divisi linguisticamente e i giornali hanno giocato un ruolo importantissimo nella diffusione della lingua italiana, avendo così il compito di presentare al popolo un linguaggio accessibile, diverso da quello letterario, anche se non meno formale. A cominciare dalla seconda metà dell’Ottocento, il giornalismo comincia a rafforzarsi, per diventare un fenomeno di massa. Se prima i giornali venivano distribuiti tramite abbonamenti, verso il 1880 cominciano ad apparire sempre più edicole. A quei tempi, i principali temi messi in discussione nei giornali erano di natura politica, i cittadini diventando sempre più interessanti anche perché nel 1882 fu accordato il diritto di voto ai maschi alfabeti, esteso poi a tutti i maschi, nel 1912. All’inizio anche la pubblicità nel giornale veniva seguita con grande interesse dal pubblico in cerca di qualcosa più leggero, stanco dalle troppe discussioni politiche. Benché ci fossero anche allora molte pubblicità nei giornali, il prezzo di un giornale era altissimo, arrivando a costare 7-8 volte di più rispetto a un giornale americano. Seppure i giornali comincino a diffondersi anche oltre la élite, i lettori erano soprattutto appartenenti a questa classe sociale o avevano comunque finito un’istruzione medio-superiore oppure universitaria. Verso gli anni ’60 si comincia a investigare il linguaggio dei media e si osserva che comprendeva un maggior numero di parole straniere, rispetto alle altre varietà linguistiche parlate. Si incontrano quindi soprattutto forestierismi inglesi, che altrimenti, tradotti, non avrebbero lo stesso effetto: summit, intelligence: “Lego man spiaggiato, mistero a Londra. Un grande omino di plastica ritrovato sulla spiaggia di Brighton.” (Il Corriere della Sera, 01 novembre 2008); “[…] l’attore e il regista sono stati accolti da una standing ovation […]” (La Repubblica, 29 maggio 2008). Molti sono quindi i prestiti anglo-americani, ma ne incontriamo anche francesismi, soprattutto nel settore della mondanità: audience, pièce, tournée, ecc.: “L’Auditorium va in tournée […]” (La Repubblica, 11 dicembre 2007). Ritornando al modello inglese bisogna dire che questo viene seguito per la rapidità del messaggio, e per creare il sentimento di aspettativa. Soprattutto nelle cronache, i momenti della narrazione si susseguono, le frasi sono brevi, per dare rapidità al messaggio e per coinvolgere il lettore: “In carcere è diventato intelligente «Adesso lo potete giustiziare». Daryl Atkins riconosciuto da una giuria «adatto a morire». Roxana Diaconescu NEW YORK – Stare nel braccio della morte gli ha fatto bene. Troppo. Passare da un processo all'altro, ascoltare giudici e avvocati, leggere verbali, tutto questo gli ha aguzzato la mente. Purtroppo. Adesso che non è più un «minorato», il 27enne Daryl Atkins è finalmente pronto per l'iniezione letale. Il giudice che venerdì scorso lo ha riconosciuto «fit to die» ha già stabilito quando sarà l'esecuzione: dicembre. «Abile a morir». Sette anni gli son voluti, commenta amaro l'avvocato Burr, per crescere e avvicinarsi al boia” (Corriere della Sera, 9 agosto 2005). Lo scopo di un articolo è di dare più informazione in meno spazio, risparmiando il più possibile le parole, formando spesso parole nuove nelle quali viene raggruppato il messaggio di più parole: personaggio chiave, notizia bomba, tiro gol. In questo caso si tratta di coppie di sostantivi in cui il secondo qualifica il primo. Il loro legame ha il valore di una intera proposizione relativa o comparativa (visita veloce come il lampo, notizia che ha effetto di una bomba). “Ieri mattina, dopo un’udienza lampo di circa mezz’ora, il gip Giorgio Maria Rossi ha deciso il rinvio a giudizio del muratore di Balsorano accusato di un delitto atroce […]” (La Repubblica, 22 novembre 1990). Altre volte abbiamo a che fare con un’elissi sintattica, in cui cade la preposizione: dirigente FIAT, busta paga, caro vita, assicurazione vita; oppure a cadere è addirittura il nome,mentre l’aggettivo che lo seguiva diventa a sua volta nome: la stradale, la tangenziale, i mondiali. Esistono piccole differenze tra i giornali cartacei e quelli online. Prima di tutto, i giornali online sono più immediati, più chiari e gli articoli sono molto più brevi. La cosa essenziale però è che vengono aggiornati di continuo: si cerca così di tenere i lettori informati al minuto su tutto ciò che succede nel mondo. Un’inchiesta su internet, sul sito “Yahoo!Answers” (nella sua traduzione “Yahoo! Domande”) ha rivelato che la maggior parte degli italiani preferisce leggere sia i giornali online (al lavoro quando fanno la pausa oppure quando cercano un’informazione specifica, all’interno dei giornali essendoci motori di ricerca, abilitati a cercare parole-chiavi), sia giornali nel formato tradizionale. Solo una piccola parte ha risposto di preferire esclusivamente i giornali online, perché abitano fuori del Paese, perché i giornali costano troppo, o perché così scegliendo aiutano l’ambiente. La prima frase nella quale si imbattono i lettori del giornale, è senza dubbio la frase del titolo. La brevità nei titoli è importantissima giacché si ha a disposizione uno spazio limitato, entro il quale il messaggio dell’articolo deve essere trasmesso in modo chiaro, rapido e allo stesso tempo attraente, per convincere i lettori a leggere l’articolo, oppure per influenzare i lettori a scegliere un giornale a un altro. I giornalisti usano quindi piccoli “trucchi”, perché la frase del titolo richiami l’attenzione e dia la prima informazione sommaria, come per esempio: – riassunto dell’articolo: “Città del Messico, cade aereo del governo. Morto il ministro dell’Interno, 13 vittime.” (Il Corriere della Sera, 5 novembre 2008); Il Linguaggio Dei Giornali Italiani – eliminare le parole superflue e creandole parole-macedonia (composte da pezzi di parole unite arbitrariamente): A-sole (autostrada del sole), Confindustria, polfer (polizia ferroviaria), polstrada, parole incontrate ormai anche all’interno degli articoli e di largo uso anche nell’uso comune; – niente per un titolo negativo: “Niente asse democratici-UDC”, “Niente tasse per chi denuncia il racket” (La Repubblica, 12 novembre 2008); – ellissi iperboliche: “Big Bang Obama: Inizia l'era del primo presidente di colore nella storia Usa” (L’espresso, 6 novembre 2008); – di frequente uso è la frase nominale, a forma di riassunto in cui si omette il verbo: “Schianto nel Salernitano, quattro morti” (Il Corriere della Sera, 9 novembre 2008); – spesso si incontrano nei titoli frasi staccate dai due punti, dove la prima parte isola il luogo oppure il personaggio, mentre la seconda annuncia la notizia: “Il Papa: occasione storica” (Il Corriere della Sera, 6 novembre 2008); “Roma: nomade ubriaco travolge 13 persone alla fermata del bus” (Il Corriere della Sera, 5 novembre 2008); – cercando di imitare sempre di più il linguaggio parlato, i giornali adottano piccoli dialoghi nei loro titoli: “Bush a Obama: «Vieni a incontrarmi»” (Corriere della Sera, 16 ottobre 2008); “Berlusconi: «In arrivo decreto per sostenere banche e famiglie»” (Il Corriere della Sera, 5 novembre 2008); – d’attualità i titoli che sembrano che continuino un discorso interrotto, cominciando con “E”, “Ma”: “E anche nel Villaggio più blindato del mondo irrompe la paura” (La Repubblica, 5 agosto 2008); “Ma se vince Barack saranno guai” (Il Giornale, 4 novembre 2008); – “è” seguito da un sostantivo: è rissa, è polemica:” È polemica tra le forze politiche” (La Repubblica, 4 aprile 2005); – la predominanza dei sostantivi per rinforzare l’impressione visiva: “Andreotti, malore in diretta: “I contrattempi dell’età” (Il Corriere della Sera, 3 novembre 2008); “Truffa ad Autostrade con ticket falsificati” (Il Corriere della Sera, 6 novembre 2008); – prestiti dall’linguaggio dello sport: “Proficuo pressing da parte di Alleanza Nazionale e Forza Italia” (Il Messaggero, 15 gennaio 1995); – prestiti dal linguaggio militare: “Duello al Quirinale: due ore di fuoco tra Scalfaro e Berlusconi” (la Repubblica 10 gennaio 1995); – titoli ispirati ai film: “Via col vento ma senza notti magiche: parte l’America’s cup, nessuna barca italiana” (Il Corriere della Sera, 12 gennaio 1995); – titoli ispirati a libri di grande successo: “Per chi suona il Quirinale” (La Stampa, 15 marzo 1994); Roxana Diaconescu – sineddoche: la materia prima per il prodotto finito: “Ginnastica, oro storico per la Ferrari” (Il Corriere della Sera, 20 ottobre 2006) invece di “medaglia d’oro”; – ellissi: “Salvare Venezia”, cioè “è necessario salvare Venezia” (Il Giornale, 23 aprile 2008); – uso di ellissi nominali e di antitesi: “Bush a Obama: Vieni a incontrarmi.” (Il Corriere della Sera, 5 novembre 2008). Il risultato di un’inchiesta svolta sul sito Yahoo!Answers, ci rivela che molti italiani sono attentissimi ai titoli dei giornali, per poter valutare se leggere l’articolo oppure no. Tante volte succede che ci si limiti solo al titolo, per mancanza di tempo ma anche spesso, per mancanza di interesse. Ma se il titolo è la copertina dell’articolo, il contenuto di esso non ha un’importanza minore, anzi, il giornalista deve saper coinvolgere il lettore, proporre un tema interessante, tema esposto in un modo che suoni bene. Secondo Sandro Petrone (2004: 303), conosciuto giornalista che lavora presso la Rai, esistono quattro variabili che determinano l’importanza di un fatto: – il grado e il livello gerarchico dei soggetti che partecipano all’evento – l’impatto sulla nazione, ossia la potenzialità dell’evento a incidere sugli interessi del paese – la quantità di persone coinvolte – la rilevanza e significatività dell’evento rispetto agli sviluppi futuri di una determinata situazione. Tra le caratteristiche più importanti degli articoli, ricordiamo: – nell’ambito della prefissazione e della suffissazione si incontrano prefissi come: anti- (antiglobale), co- (cofinanziamento), super- (superstar), ultra(ultrasessantenni) e suffissi come: -ale (digitale), -are (stoppare); – omissione delle preposizioni e delle congiunzioni: soldati USA, dirigente FIAT, ufficio minori, formato cartolina; – l’uso di espressioni con il verbo fare: fare notizia, fare titolo, fare moderno, fare nuovo, fare moda, fare inverno: “Il Papa fa notizia, la stampa fa disinformazione. Dalla Humanae vitae alla camorra: quando la stampa sembra non voler capire il Papa” (www.politicaonline.net, 29 ottobre 2008). – combinazioni di parole (aggettivi – sostantivi, avverbi – verbi) per dare una maggiore spettacolarità rimanendo comunque imparziali: “Un episodio agghiacciante quello avvenuto ieri pomeriggio a Castelvolturno, in una zona abitata soprattutto da extracomunitari della Nigeria […]” (Rassegna Stampa, Osservatorio sulle politiche per l’immigrazione in Campania, 26-30 marzo 2007); – varie espressioni per dare un maggior sentimento di distacco, di tono ufficiale: a quanto sembra, secondo le prime notizie ecc. Per esprimere meglio l’incertezza oppure il fatto che la notizia non è stata confermata, si ricorre spesso al condizionale; così, se la notizia dovesse rivelarsi non vera, l’autore dell’articolo prenderebbe un distacco e non sarebbe colpevole: Il Linguaggio Dei Giornali Italiani “Dal Gemelli le prime indiscrezioni: Giovanni Paolo II avrebbe avuto una crisi respiratoria […]” (Italia Estera, il giornale degli italiani all’estero; 24 febbraio 2005). – neologismi presi in prestito dalla TV: nonsolomoda, nonsolocalcio, oppure dalle pubblicità: donna è bello, slogan femminista costruito su “black is beautiful”, da cui sono nate poi espressioni come “grasso è bello”, “single è bello”. – l’uso dei punti nei titoli o all’interno dell’articolo, per dare un effetto di rapidità all’azione: “Presa a calci da quattro ragazzi. Nello stomaco e sui fianchi. Ripetutamente. Minacciata con un coltello. Nell’indifferenza della gente, su un treno regionale. Una tratta breve, Roma – Ciampino, quindici minuti appena. È successo sabato scorso a Ilaria […]” (L’Unità, 12 novembre 2008). – nuovi nomi composti, seguendo un certo modello: emergenza + nome: emergenza rifiuti, emergenza freddo, emergenza criminalità, oppure allarma + nome: allarme tsunami, allarme maltempo, allarme smog, allarme prezzo, sindrome + nome: sindrome dei Balcani, sindrome del Golfo, oppure con l’aggettivo caro + sostantivo: caro-scuola, caro-vita ecc. Le voci che i giornali usano con insistenza entrano nell’uso comune: mucca pazza, buco dell’ozono. Le pagine di cronaca aiutano alla diffusione di alcune parole regionali, come pizzo, siciliano per “tangente”, termine nato nell’ambiente carcerario e si riferiva al “capo del letto”, che si doveva pagare una volta arrivato in prigione. Altre volte mettono in uso alcuni neologismi politici: girotondi, oppure espressioni prese dal burocratese: mettere in ordine, prendere in esame, apportare modifiche, a volte con tono impersonale, per dare una maggiore autorità: non si deplorano vittime, da una sommaria ricostruzione del crimine si è potuto appurare, sono stati notificati i mandati di cattura. “Pronto il provvedimento sul lavoro agricoloROMA. Verrà presentato probabilmente nel prossimo Consiglio dei Ministri il disegno di legge sul contratto di lavoro a termine e il part time nel settore agricolo. Ad annunciarlo è il ministero del Lavoro che ha fatto prevenire lo schema del provvedimento alla Presidenza del Consiglio e ai dicasteri interessati. Subito dopo l'approvazione del ddl, il ministro Clemente Mastella convocherà le parti sociali.” (Il Corriere della Sera, 18 settembre, 1994). Benché l’uso del congiuntivo sia meno frequente in TV (dove a volte viene usato in modo sbagliato, oppure viene sostituito con l’indicativo), i giornali seguono le norme dell’italiano standard, forse perché essendoci testi scritti, si possono verificare prima di essere pubblicati. Tuttavia, per quanto riguarda la formazione del periodo ipotetico, i giornalisti ricorrono spesso all’indicativo: “A un certo punto ha chiesto l'eutanasia, ha saputo che se voleva poteva avere una sedazione terminale…” (Il Corriere, 5 ottobre 2003). Si vede quindi quanto sia cambiata la lingua dei giornali rispetto al passato, e come si cerca oggi di seguire il modello dell’italiano di uso medio (chiamato anche italiano neo-standard). Tra le altre tendenze di questa varietà linguistica ricordiamo: Roxana Diaconescu – dislocazioni a destra: “Non ne avevo mai sentito prima di questa storia” (La Repubblica, 24 febbraio 2005). – frasi pseudoscisse: “Quello che hanno scoperto è che sue di questi ormoni sono legati all’incremento dei livelli del colesterolo cattivo” (Panorama, 2 settembre 2008). – “che” polivalente: “Gente che non si può difendere, che lo stato dovrebbe difendere. Lo stesso stato che minaccia di mandare la forza pubblica nelle scuole…” (L’Unità, 12 novembre 2008., p. 2). – “gli” invece di “loro”, “lui” / “lei” invece di “egli” / “ella”, forme cadute ormai del tutto in disuso nel linguaggi giornalistico – passato prossimo invece di remoto (il quale però viene scelto soprattutto nei titoli) – numerose voci colloquiali, le quali vengono ad avvicinare il giornale al lettore, creando un linguaggio informale: “Casini beccato con lo skipass della figlia” (Il Corriere, 13 gennaio 2008). “[…] ha piazzato tre bombe nella cantina […]” (La Repubblica, 11 aprile 2004). Possiamo quindi osservare quanto siano cambiati i giornali e quanto sia cambiato il loro stile di scrittura, da molto formali a informali, essendo a volte anche abbastanza trascurati. Se nel 1970 Il Giorno scriveva “…sarebbe molto facile addebitare questo stillicidio alla negligenza o all’incapacità delle forze dell’ordine…”, lo stesso testo oggi suonerebbe: “non bisogna dire che la colpa di tutti questi delitti è della polizia che non fa nulla”. Eppure non tutto il male viene per nuocere. Sandro Petrone, conosciuto giornalista presso la Rai, considera che “una lingua semplice e piana non è una lingua fiacca e inespressiva. Trasformare un discorso complicato in uno semplice, non vuol dire svilire i contenuti o rendere sbiadito e privo di interesse ciò che si dice. Il nemico da battere è lo stile ufficiale, il burocratese, quello che gli esperti usano come barriera, per rendere inaccessibile e da iniziati la loro materia. Ma i contenuti devono restare integri ed espressi in modo vivace” (Petrone 2004: 246). Quando scrive, un giornalista deve tener conto dell’vocabolario fondamentale, cioè le parole più usate che non sono più di duemila, e del vocabolario di base, che non supera settemila parole. Una persona colta riesce in genere a riconoscere circa sessantamila parole, ma non tutte le saprebbe usare a suo turno. Un giovane con prospettive universitarie, sa più o meno ventimila parole, ma ne usa sicuramente di meno. Le persone con istruzione media – inferiore conoscono in torno a diecimila parole. Se riesce a scrivere l’articolo usando parole semplici, il giornalista sarà sicuramente capito. Bisogna quindi sostituire l’astratto con il concreto. Una frase del tipo: “Da oggi a mezzanotte, la benzina aumenterà del 5%”, sicuramente non avrà l’effetto scontato, mentre potrà attirare l’attenzione una frase come: “Un litro di benzina costerà 5 centesimi in più dalla mezzanotte di oggi”. Al massimo si potrebbe aggiungere in seguito che l’aumento è del 5 per cento. Il Linguaggio Dei Giornali Italiani La cosa vitale per un giornale è che non perda la sua oggettività. La notizia, di qualsiasi natura, è un’informazione e deve essere presentata come tale. Secondo un’inchiesta propria svolta sul sito Yahoo! Answers, gli italiani considerano che i giornali sono sempre più soggettivi e addirittura faziosi: “Brutta cosa trascorrere l'autunno sulla riva del fiume e scoprire che il moribondo s'è riavuto e il cadavere non passerà. La profezia di Berlusconi è fallita. Quella sulla durata dell'esecutivo in cui si è esercitato a lungo. Sempre più elastico, seguendo il ritmo di rotture e ricuciture, temporali e schiarite nella maggioranza. […] Solo che non si è visto quello che lui prevedeva. Un'attesa lunga, la sua, animata da una girandola di previsioni. Dalla certezza della crisi ai più dignitosi esercizi di cautela […]” (La Repubblica, 15 novembre 2007). Gli elementi visivi sono altrettanto importanti, i titoli vengono rappresentato in grassetto, spesso a caratteri cubali e gli spazi che una volta erano riservati alle parole oggi sono invasi da illustrazioni. Il linguaggio dei giornali si differenzia, a seconda delle pagine. Molto spesso il lettore della pagina di politica non legge la pagina di sport, e vice versa. Secondo un’indagine svolta sul sito internet Yahoo! Answers si è scoperto che gli italiani leggono ancora – e in grande numero – gli articoli sulla politica. La seconda in classifica è stata la pagina della cultura, di pari passo con la pagina di spettacoli / gossip e con la pagina sportiva dove si parla soprattutto di calcio. Le pagine che tutti hanno ammesso di non leggere sono le pagine sull’economia, e questo soprattutto perché non riescono a capirle. Spesso il linguaggio usato, a seconda del contesto, è abbastanza prevedibile, fino a diventare stereotipi: gli anziani che hanno superato i sessanta anni, diventano gli over 60, i giovani che partecipano a degli incontri con una persona famosa, vengono subito chiamati in inglese, “boys”: i Papa-boys, i Moratti boys, oppure incontriamo espressioni come: morsa del gelo, tragica fatalità, operare un aresto, rendere una dichiarazione… “L’Italia nella morsa del gelo” (Il Corriere della Sera, 1 novembre 2008) / “Centro – Sud nella morsa del gelo” (La Repubblica, 16 dicembre 2007) “Tragica fatalità alla base dell'incidente” (Il Tempo, 23 giugno 2008) / “…la svolta della procura non esclude più la tragica fatalità…” (Il Corriere della Sera, 1 marzo 2008). Nel mondo della politica, i personaggi famosi sono indicati con il semplice nome o con dei sopranomi: Silvio, Il Cavaliere (Silvio Berlusconi, a cui nel 1977 è stata conferita l’onorificenza di “cavaliere del lavoro” ), il Professore (Romano Prodi, il quale è stato professore presso l’Università di Bologna): “Il Professore: "Berlusconi ammetta di aver sbagliato", ma il Cavaliere non ritratta”. Il linguaggio dei giornali è diverso tuttavia dal gergo giornalistico, che comprende quelle parole relative al mondo dei giornalisti “dietro le quinte” e che raramente vengono capite dai normali lettori dei giornali. Ecco alcuni di questi termini, insieme alle loro spiegazioni: Roxana Diaconescu – finestra – riquadro nel corpo della pagina con notizia da mettere in un certo rilievo; – articolo di taglio – articolo di metà pagina; – soffietto – breve pezzo elogiativo per presentare un libro, uomo politico ecc.; – free lance – giornalista indipendente ; – verme / serpente – spazio bianco verticale nella pagina stampata; – pesce – omissione inavvertita di lettere o parole; – gambero – riga ripetuta per errore; – cavallo di ritorno – pubblicare una notizia già conosciuta; – sforare – oltrepassare con la trasmissione il tempo consentito; – tormentone – battuta o gesto continuamente ripetuto che desta ilarità. BIBLIOGRAFIA Il Corriere della Sera – archivi storici. Il Corriere della Sera – edizione online. Il Tempo – edizione cartacea in formato pdf. Italia Estera, il giornale degli italiani – edizione online. L’Unità – edizione cartacea in formato pdf. La Repubblica – edizione online. Beccaria, Gian Luigi, Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi, Milano, Garzanti, 2008. Boldrini, Maurizio, Il quotidiano. Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico, Milano, Mondatori Università, 2006 Bonomi, I., Masini A., Morgana S. (a cura di), La lingua italiana e i mass media, Roma, Carocci, 2003. Castronovi, V., Tranfaglia N. (a cura di) La stampa italiana nell’età della TV. Dagli anni ’60 ad oggi, Bari, Laterza, 2002. De Mauro, Tullio, Storia linguistica dell’Italia unita, Bari, Laterza, 2008. http://it.answers.yahoo.com/. Medici, M., Proietti, D., (a cura di) Il linguaggio del giornalismo, Milano, Mursia, 1992. Petrone, Sandro, Il linguaggio delle news. Strumenti e regole del giornalismo televisivo, Firenze, Etas, 2004. (Petrone 2004) Serianni, Luca, Storia della lingua italiana. Il secondo Ottocento, Bologna, Il Mulino, 1990. Tosi, Arturo, Language and Society in a Changing Italy, Clevedon, Multilingual Matters, 2001. ABSTRACT The language of newspapers played a decisive role in making Italian known throughout the territory of the Peninsula. In time, newspapers formed their own Il Linguaggio Dei Giornali Italiani specific language, in order to save space, to send information to the readers as quickly as possible. Here are some of the devices journalists resort to: creating new compound words: A-sole, Confindustria; hyperboles: Big Bang Obama; imitating dialogues: Bush a Obama: “Vieni a incontrarmi”; titles inspired from well known books: Per chi suona il Quirinale. Key words: the language of journalism, Anglo-American borrowings, the English model