la profezia della regina d`argento

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la profezia della regina d`argento
LA PROFEZIA
DELLA REGINA D’ARGENTO
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Partendo dall’incipit di Loredana Frescura e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso
indicate:
Liceo Statale “A. Galizia” di Nocera Inferiore – Classe III Am (Indirizzo Musicale)
Liceo Classico “Terenzio Mamiani” di Pesaro – Classe II B
Liceo Scientifico Linguistico “A. M. De Carlo” di Giugliano in Campania – Indirizzo
Scientifico sezioni A/B/F/G/H/L/M; indirizzo Linguistico sezioni A/B/C
Liceo Artistico “Duccio di Buoninsegna” di Siena – Classe II B
Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione “Ignazio e
Vincenzo Florio” di Erice - Classe Sez. Mediterraneo-Casa Circondariale di Trapani
I.I.S. “G. B. Ferrari” di Este – Classe II A Scientifico (Opzione Scienze Applicate)
Istituto Alberghiero “A. Prever” di Pinerolo - Classe II G
Liceo Classico-Scientifico “Don Carlo La Mura” di Angri - Classe I H Liceo Classico
Liceo Classico “P. Colletta” di Avellino - Classe V D
I. S. “E. Majorana” di Moncalieri - Classe II E
IPSSEOA di Pagani - Classe II B
IISS “L. Einaudi” di Manduria - Classi II A/B/C Economico, II B Turistico
Editing a cura di: Loredana Frescura
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali
Ente Formatore per docenti accreditato MIUR
Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani
Staffetta Bimed/Exposcuola 2014
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Monitoraggio dell’azione
e ottimizzazione delle procedure
Ermelinda Garofano
Segreteria di Redazione
e responsabili delle procedure
Valentina Landolfi
Margherita Pasquale
Francesco Rossi
Staff di Direzione
e gestione delle procedure
Angelo Di Maso
Adele Spagnuolo
Responsabile per l’impianto editoriale
Marisa Coraggio
Grafica di copertina:
l’Istituto Europeo di Design, Torino
Docente: Sandra Raffini
Impaginazione
Tullio Rinaldi
Ermanno Villari
Relazioni Istituzionali
Nicoletta Antoniello
Piattaforma BIMEDESCRIBA
Gennaro Coppola
Angelo De Martino
Amministrazione
Rosanna Crupi
Annarita Cuozzo
Franco Giugliano
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale
RINGRAZIAMENTI
I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola 2014 si
realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dalle istituzioni e dai
Comuni che la finanziano perché ritenuta esercizio di rilevante qualità per la formazione
delle nuove generazioni. Tra gli Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana
Staffetta 2014 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta, Pinerolo, Moncalieri, Castellamonte,
Torre Pellice, Forno Canavese, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo
Torinese, Sicignano degli Alburni, Petina, Piaggine, San Giorgio a Cremano, l’Associazione
in Saint Vincent e l’Associazione Turistica Pro Loco di Castelletto Monferrato.
La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di
presentazione dei Racconti 2014 dai Comuni di Moncalieri, Salerno, Pinerolo e dal Parco
Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti.
Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato per il
buon esito della Staffetta 2014 e che nella Scuola, nelle istituzioni e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in
favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per la Staffetta e lo donano a questa straordinaria
azione qualificando lo start up dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni
Regionali Scolastiche e agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2014 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito
alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo SGPR 01/10/2013 0102715P del PROT SCA/GN/1047-1
Partner Tecnico Staffetta 2014
Si ringraziano per l’impagabile apporto
fornito alla Staffetta 2014:
i Partner tecnici
UNISA – Salerno, Dip. di Informatica;
Istituto Europeo di Design - Torino;
Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly
Company;
il partner Must
Certipass, Ente Internazionale Erogatore
delle Certificazioni Informatiche EIPASS
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2014 viene stampata in parte su carta
riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di
autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della
tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per
il futuro di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di
recupero e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2013/2014
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo)
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati
unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura
Bimed/ExpoScuola.
La Staffetta 2013/14 riceve:
Medaglia di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana
Patrocini:
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero della Giustizia,
Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministero dell’Ambiente
PRESENTAZIONE
Quante attenzioni, quanta positiva tensione e quanto straordinario e felice impegno
nella Staffetta di quest’anno. L’emozione che abbiamo provato quando il Presidente
della Repubblica ha conferito alla Staffetta la Medaglia di Rappresentanza è
stata grande ma ancora e di gran lunga maggiore è stata, l’emozione, nel vedere
gli occhi dei nostri ragazzi in visita al Quirinale. Ho avvertito in quegli occhi
l’orgoglio di chi sentiva di essersi impegnato in un’attività che le istituzioni gli stavano
riconoscendo … È quello che vorrei vedere negli occhi di quei tanti giovani che
dopo la scuola, a conclusione del proprio ciclo d’istruzione, invece, in questo tempo
sentono l’apprensione di un contesto che, probabilmente, dovrebbe sancire la
Staffetta come buona prassi da adottare in funzione del divenire comune. Cos’è, in
fondo la Staffetta? E’ un format educativo, un esercizio imperdibile per l’acquisizione
gli strumenti necessari a affrontare LA VITA sentendo lo straordinario dono della vita.
La Staffetta è una sfida in cui tutti si mettono insieme stando dalla stessa parte,
sentendo anche le entità lontane come i compagni di un cammino comune …
L’altro che diventa te stesso … Questo è la Staffetta un momento che dura un intero
anno e che alla fine ti mette nella condizione di sentirti più forte e orgoglioso per
quello che è stato fatto, insieme a tanti altri che hanno concorso a realizzare un
prodotto che alla fine è la testimonianza di un impegno che ci ha visti UNITI (!)
in funzione di un obiettivo … Si tratta di quello di cui ha bisogno il Paese e di
quello che appare indispensabile per qualificare il tempo e lo spazio che stiamo attraversando.
Andrea Iovino
L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola italiana.
Questo è il secondo anno che operiamo in partnership con Bimed per la realizzazione
della “Staffetta di scrittura Creativa e di Legalità”. Siamo orgogliosi di essere
protagonisti di questa importante avventura che, peraltro, ci consente di raggiungere
e sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per
molti ancora poco conosciuto, tema che attiene la cultura digitale.
Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia e di internet: tutti elementi
che hanno rivoluzionato il mondo, dalle amicizie, al tempo libero,lo studio, il lavoro
e soprattutto il modo di reperire informazioni. L’innovazione ha travolto il mondo
della produzione, dei servizi e dell’educazione, ma non dobbiamo dimenticare
che “innovare” significa, prima di tutto, porre la dovuta attenzione alla cultura.
Da un punto di vista tecnico, siamo tutti più o meno esperti, ma quanti di noi
comprendono realmente l’essenza, le motivazioni, le opportunità e i rischi che
ne derivano?
La Società è cambiata e la Scuola, che è preposta alla formazione di nuovi
individui e nuove coscienze, non può restare ferma di fronte al cambiamento che
l’introduzione delle nuove tecnologie e internet hanno portato anche nella
didattica: oggi gli studenti apprendono in modo diverso e questo implica
necessariamente un metodo di insegnamento diverso.
Con il concetto di “diffusione della cultura digitale” intendiamo lo sviluppo del
pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione,
aiutano i docenti e i nostri ragazzi a districarsi nella giungla tecnologica che
viviamo quotidianamente.
L’informatica entra a Scuola in modo interdisciplinare e trasversale: entra perché
i ragazzi di oggi sono i “nativi digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui
non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e che porta inevitabilmente
la Scuola a ridisegnare il proprio ruolo nel nostro tempo.
Certipass promuove la diffusione della cultura digitale e opera in linea con le
Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e
nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del
contesto sociale contemporaneo. Poter anche soltanto raccontare a una comunità
così vasta com’è quella di Bimed delle grandi opportunità che derivano dalla
cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la relazione con i contesti
informatici, è di per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini
internazionali da cui si evince l’esigenza di organizzare una forte strategia di
ripresa culturale per il nostro Paese e considerato anche che è acclarato il dato
che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del
basso livello di alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano, Research, Quality,
Competitiveness. European Union Technology Policy for Information Society IISpringer 2012) non soltanto di carattere digitale, ci è apparso doveroso
partecipare con slancio a questo format che opera proprio verso la finalità di
determinare una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali
alle moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado
di determinare confronto, contaminazione, incontro, partecipazione e condivisione.
Promuoviamo, insieme, la cultura digitale e la certificazione delle I-Competence
per garantire competenze indispensabili per acquisire a pieno il ruolo di cittadino
attivo nella società della comunicazione e dell’ informazione.
Partecipiamo attivamente alla diffusione della cultura digitale, perché essa diventi patrimonio di tutti e di ciascuno, accettando la sfida imposta dalle nuove
professioni che nascono e dai vecchi mestieri che si trasformano, in modo profondo
e radicale.
Tutti noi abbiamo bisogno di rigenerare il pensiero accettando nuove sfide e
mettendo in gioco tutto quanto imparato fino adesso, predisponendoci al
cambiamento per poter andare sempre più avanti e un po’ oltre.
Il libro che hai tra le mani è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere,
dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro
collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione
tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante
di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che evoluzione tecnologica!
Il Presidente
Domenico PONTRANDOLFO
INCIPIT
LOREDANA FRESCURA
La regina d’argento
Così è questo.
Certo lo avevo immaginato in molti modi e avevo costruito anche
sensazioni nuove e avevo provato a dare loro nuovi nomi come
se un nome potesse racchiudere un sogno. Vibridante, Scivosoccante, Imminfinito… Ah ah ah. Avevo sorriso dei nomi da fantasy e
mi ero perso in ombre e luci senza calore.
Ma questo è tutto diverso. Ora è tutto diverso. Sospeso qui lontano 380mila chilometri dalla mia casa nel silenzio frusciante
guardo nel buio e la vedo.
Non casa mia, non certo i miei figli che giocano in giardino o mia
moglie che stende il bucato e si alza sulla punta dei piedi per stringere le pinze sulla tovaglia appesa al filo e neppure vedo la mia
Buick azzurra parcheggiata sul vialetto vicino alle bici dei bambini. No, ciò che vedo nel buio che si apre nel cono di luce solare
ha il sapore di milioni di case e ognuna è casa mia.
Il blu è qualcosa di stordente e di netto; stampato e ritagliato
con forbici zigrinate incastrato nel bianco di questa che sembra
una biglia di vetro che un bambino potrebbe tenere tra le dita.
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Ho voglia di correre, di sentirla più vicina, di accorciare le distanze. Adesso è un occhio di cristallo che si contrae e dà luce
al buio che l’avvolge. È fragile e in questo somiglia ai suoi ospiti
invisibili. È bellissima, ammantata di un nitore impreciso che arriva dentro i miei occhi fino a sfiorare il cuore. Quanti respiri,
quanti fiati, quante nuvole di pensieri. Lontanissima.
Mia nonna che mi sussurrava nelle notti d’agosto.
“Neil, la vedi? Lei è la regina d’argento della notte. Irraggiungibile”.
Sì, la regina e adesso sono con lei. L’ho raggiunta invece.
“Neil, devi sempre alzare gli occhi perché la regina vuole così”.
Sì nonna. La regina che mi ha fatto conoscere quant’è splendida
la Terra.
Un rumore fastidioso rompe la meraviglia. Dentro lo scafandro
arriva una voce.
«Neil Armstrong tutto bene là fuori?»
Fra poco risponderò: “Tutto a meraviglia”. Fra poco. Adesso ancora ho voglia di guardare il mare.
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CAPITOLO PRIMO
Un sogno realizzato
Quell’immensa distesa, dall’indistinto orizzonte, che da piccolo
colmavo di sogni, ora mi appare come un piccolo lago blu. Un
sogno realizzato. Lei, l’irraggiungibile regina d’argento, la piccola
biglia da tenere tra le dita, ora è con me a far pulsare il mio cuore
fino a 110 battiti al minuto, affascinante, addolcita dalle sue forme
che trasmettono un senso pieno di armonia, dolcezza e condivisione. Il mistero che la avvolge ora qui, da vicino, si infittisce e la
mia mente si smarrisce.
Completo silenzio. Ciò che ora invade il mio corpo sono solo battiti di un cuore troppo piccolo per contenere un’emozione così
grande.
Il pianeta azzurro, che all’apparenza emana tranquillità, ora è la
mia Luna e su quella Luna ho lasciato un pezzo di me. Lì ci sono
Erik e Mark; chissà se anche loro stanno alzando gli occhi al cielo,
dove adesso ritrovo Karen, scomparsa sette anni fa dalla Terra
per poi diventare una stella. Pensavo di averla persa per sempre,
invece ora è qui, a sorvegliarmi dall’alto, facendosi sentire vicina
più che mai e trasmettendomi un senso di sicurezza.
Parte della mia famiglia è qui con me. I miei bambini, la mia Liz,
anche loro forse hanno spedito in orbita la fantasia infrangendo
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Un sogno realizzato
le ombre della notte tanto da arrivare fin quassù. Intanto io contemplo la straordinaria visione azzurra, imparagonabile alle mie
scoperte da piccolo. È come comprendere che, toccando le ali
a una farfalla, si può compromettere il suo volo. Così anche per
noi. Basta un niente, una superficialità e tutto è compromesso. Il
pianeta azzurro ci tiene legati alla vita non permettendoci di continuare il nostro cammino. Che buffo! Ora sono qui con i miei compagni, con le mie paure, eppure mi sento così sollevato, leggero; la
forza di gravità, quella che ci tiene legati alla Terra qui scompare, riduce il peso del corpo e rende leggera persino l’anima. Da qui, qualsiasi prospettiva cambia: quante guerre inutili, quante sofferenze
causate dall’egoismo di chi crede di essere importante! L’immensità e
l’oscurità dei crateri mi ricordano quelle missioni in Corea, i bombardamenti, le urla della gente: ho causato anche io tante sofferenze,
morti e mutilazioni del cuore. Da qui l’uomo è meno che un granello
di sabbia, meno di una formica, eppure è capace di sfiorare il cielo,
l’universo intero!
L’universo! Non mi è mai sembrato tanto immenso come da qui.
Sono immerso in un sogno e mi sento parte di uno spazio senza limiti, senza tempo.
Sono io, proprio io, che vivo questa meraviglia.
Soddisfazione, smarrimento, felicità, incertezza del ritorno, ma
anche orgoglio di essere il primo uomo prima dei russi e…
Capitolo primo
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AMERICANO. È strano come la regina d’argento riesca a persuadere la mia mente e a far affiorare i miei ricordi…
In un preciso istante, questo, inconsapevolmente, la mia mano
sfiora il distintivo dei boy scout, poggiato sul mio petto.
D’un tratto però i miei ricordi vengono interrotti dall’arrivo di Aldrin.
«Ehi Neil, dico a te. Tutto bene? Ci sei?»
Mi riscuoto. Mi sento come fuori dal tempo, i miei ricordi sono compressi tutti insieme, non c’è un prima o un poi. Tutto è come un
istante. Mi sono avvicinato all’universo e ne scopro l’infinita vastità, ora mi avvicino al tempo e scopro l’eternità.
«Ma che succede? Sei ancora vivo?»
Il mio fedele amico Buzz e compagno di tante avventure ha la
voce preoccupata.
Come da piccoli nella missione Una notte in tenda. Ci stancammo
molto quel giorno, però scoprimmo anche come si sopravvive in
natura: procurare la legna, accendere il fuoco con solo due pietre senza usare fiammiferi, costruire una tenda con un tessuto e
dei bastoncini di legno incrociati. È un ricordo che abbiamo vissuto e condiviso insieme e continuerà a far parte della nostra vita.
«Sembri assente…» continua.
Lo guardo, ma ho ancora la mano poggiata sul distintivo degli
scout…
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Un sogno realizzato
«Ti capisco, anche io sono invaso da uno strano sentimento,
non saprei definirlo, forse è una specie di nostalgia» mi dice sorridendo Buzz. Poi il silenzio.
Un sospiro di sollievo ed esclamo: «Tutto a meraviglia, è un paesaggio mozzafiato, toglie il respiro».
«Mi sembra ovvio. Non c’è atmosfera!» afferma ironicamente
Buzz.
Scatta un abbraccio automatico e più tardi Collins, sentendosi
un po’ fuori luogo, mi riferisce che la base chiede di me.
Elizabeth intanto continua la sua quotidiana routine. Ha imparato a gestire l’ansia dell’assenza di Neil.
Appare sempre calma e serena ma il suo cuore è invaso da una
preoccupazione rassegnata. Ogni volta che saluta il suo compagno in partenza per una missione è cosciente, tristemente cosciente, che forse è l’ultimo bacio. E stavolta? Che pensare di
questa missione straordinaria, più pericolosa e con innumerevoli
incertezze! Eppure rimane tranquilla per dare ai suoi figli quella
serenità di cui nessun bambino deve essere privo.
«Su forza è tardi, a letto».
«No mamma, vogliamo vedere ancora papà in televisione».
Mark, il più piccolo protesta. E si sa che un bambino riesce sempre a intenerire il cuore di un genitore.
Capitolo primo
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Tutti incollati allo schermo, come milioni di uomini nel mondo, a
seguire il grande evento. Ma quale differenza per Elizabeth, Erik
e Mark. Quale trepidazione nei loro cuori e quanto orgoglio!
In quell’istante Elizabeth con lo sguardo al televisore volge la sua
mente altrove. Anche la sua mente vaga nei ricordi. Alza gli occhi,
osserva la Luna, quella che spesso guardava con Neil all’inizio
del loro innamoramento: sogni, speranze, sospiri. Ora è diverso: la
Luna è un pianeta da conquistare, tutto è freddo calcolo, precisione, strumenti, tecnica.
Elizabeth si sente divisa: è partita con Neil, il suo cuore è per metà
con lui. Lo conosce bene, conosce i suoi pensieri. Vorrebbe essergli accanto, condividere con lui tutte le emozioni…
E così quelle sensazioni improferibili di Neil invadono anche il
cuore di Elizabeth. È un attimo, ma i loro occhi si incontrano a
380mila chilometri di distanza.
«Neil, la base chiede di te».
«Arrivo, Collins!»
Il tempo di rientrare in astronave.
«Roger».
«Terra chiama Luna. Armstrong fate rapporto».
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Un sogno realizzato
CAPITOLO SECONDO
La Luna a stelle e strisce
«Allunaggio terminato con successo, passeggiata lunare compiuta.
La Luna è Americana!».
La terribile paura provata poco fa è solo un ricordo quando Buzz
fa cenno di avvicinarsi alla postazione.
«Guarda questi calcoli Neil, mi sembra che ci sia qualcosa che
non va!» mi dice preoccupato mostrandomi una serie di numeri sul
monitor che non corrispondono ai suoi calcoli.
Chiama Collins e anche lui conferma i suoi dubbi.
«Sono cambiate le coordinate di allunaggio, chiediamo alla base
di verificare se i nostri sospetti sono fondati».
Dalla base, fortunatamente, viene comunicata la rettifica dei dati
precedentemente inviati e tutto torna a procedere come previsto.
«Avete raccolto qualche campione di terra lunare?» chiede la base.
«No, procedo subito».
Sulla soglia della navicella tento di fare un balzo per scendere, ma
rimango in aria diversi secondi senza che nulla mi trattenga al
suolo. Mi sento sospeso in un turbine di emozioni uniche.
All’atterraggio stampo le mie due orme sulla superficie lunare lasciando un’impronta indelebile del mio passaggio, del passaggio
di un uomo americano.
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La Luna a stelle e strisce
“La nostra vita: orme sulle sabbie del tempo”.
Queste parole mi ritornano in mente più e più volte come un ricordo indimenticabile che fornisce nel suo incedere un insegnamento per la vita di ogni uomo, anche per la mia, perché io sono
solo questo: un uomo.
Un uomo che però ha compiuto per primo una delle più grandi
missioni dell’umanità, eppure nessuno sa quanto io mi senta infinitamente piccolo rispetto all’impresa che sto portando avanti.
Penso a Liz, che accudisce i bambini e si occupa della casa, che
quotidianamente fa la spesa e accompagna i bambini a scuola,
mascherando le sue preoccupazioni per quello che mi potrebbe
accadere a migliaia di chilometri di distanza; mentre io qui, in balia
della scarsa forza gravitazionale, cerco di contribuire alla grandezza degli Stati Uniti.
In confronto a Liz sono un nulla, un piccolo satellite che orbita intorno a un grande pianeta.
Che cosa ne sarà dello spazio, ora che è stato raggiunto? Lo ridurremo come la Terra? Nonostante la bellezza di questi luoghi?
Sei bianca, immacolata, ancora inesplorata, così sola da tanti
anni, avvolta da un fascino primordiale, sei fortunata per non essere ancora stata intaccata dall’uomo che modifica irreparabilmente l’originaria purezza di tutte le cose che lo circondano.
Penso a come i miei figli, camminando tra il grigiore della città, soCapitolo secondo
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vrastati dal suo squallore, non godano della bellezza e del
verde di cui io conservo tanti ricordi.
Spazi infiniti… infiniti dubbi. Sarà stata una scelta giusta?
Questo è.
Il primo passo su questa terra di sconfinato isolamento l’ho compiuto io. L’ha compiuto l’AMERICA!
Mentre mangiamo, non posso non pensare alle conseguenze del
nostro allunaggio: avrà un seguito il confronto tra Stati Uniti e
Russia? E se poi la competizione degenerasse in una vera e propria guerra? Esprimo le mie preoccupazioni a Collins e a Buzz,
per il quale bisogna superare i sovietici, costi quel che costi,
anche se questo implicasse una guerra probabilmente catastrofica.
Mi risveglio dai miei pensieri, ho una missione da compiere e
poco tempo a disposizione, sono alla ricerca di tracce di una
possibile esistenza passata o delle condizioni necessarie per
un’esistenza futura, per creare una colonia umana in questo deserto di splendida solitudine, deserto che è stato spesso l’oggetto dei miei sogni e della mia immaginazione.
Così, con l’aiuto di Buzz, estraiamo un pezzo di roccia lunare e
lo cataloghiamo.
Siamo alla ricerca di un qualsiasi elemento che ci possa facilitare la comprensione di questo nuovo mondo.
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La Luna a stelle e strisce
Mentre cammino mi imbatto in una piccola collina ma, arrivato in
cima, mi accorgo che è solo il bordo di un enorme cratere, causato dall’impatto con una roccia dalle dimensioni modeste se confrontata al danno che ha causato alla superficie. Anche quello
che stiamo facendo ora nel suo piccolo produrrà dei danni così
sproporzionati? Questo dubbio mi assilla da quando sono partito.
Guardo la bandiera che abbiamo piantato, simbolo del colonialismo giunto fino allo spazio, fino a ieri terra di nessuno; le stelle e
le strisce sono immobili, non c’è alito di vento che la muova.
Mentre rifletto mi accorgo che la Terra, spostandosi, mi permette
di vedere Venere, un’enorme sfera tinteggiata di nubi arancioni,
ben riconoscibili anche a questa distanza. Vorrei fotografarla,
come vorrei fotografare tutto ciò che è intorno a me, ma non
posso, ho a disposizione un numero limitato di pellicole e ho un
preciso compito che non posso trascurare.
La luce del sole è accecante, i raggi arrivano direttamente, senza
nessun filtro e vengono riflessi dal bianco del terreno lunare, creando un gioco di luci e ombre, le stesse che vediamo da laggiù,
dalla Terra.
L’ossigeno sta scarseggiando e preferirei non essere fuori quando
si esaurirà, quindi ritorno sui miei passi e, dopo aver raccolto tutto,
alzo lo sguardo e vedo Buzz, immobile, che ammira la Terra con
un’espressione di stupore.
Capitolo secondo
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Mi avvicino a lui e gli chiedo: «È stupenda, vero?»
«Non l’avevo mai vista così bella!» replica lui con voce meravigliata.
«Ora è meglio se rientriamo» gli faccio notare «io ho quasi finito
l’ossigeno, non so tu».
E insieme ci dirigiamo verso la nave.
Sono le nove, Elizabeth e i bambini avranno sicuramente finito di
cenare.
«Erik, Mark, lavate i denti e mettetevi il pigiama! Tra poco vedremo
papà!»
Il notiziario trasmetterà a breve gli sviluppi dell’allunaggio e i bambini puntualmente vorranno rimanere svegli per avere notizie del
loro eroe. Tutti e tre sul divano, sotto la coperta che ho regalato
loro prima di partire, attendono con trepidazione l’inizio del telegiornale.
“Sono felice di potervi dare la notizia, che i nostri astronauti hanno
raggiunto la Luna, si sono agganciati al suolo con una nave fuori
bordo e sono scesi sulla superficie lunare! Ma ora ascoltiamo le
parole del capo spedizione, Neil Armstrong, registrate alla base
della NASA”.
La mia famiglia mi starà sicuramente ascoltando.
«Allunaggio terminato con successo, passeggiata lunare compiuta, la Luna è AMERICANA!»
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La Luna a stelle e strisce
Quest’ultima frase desta la felicità della Nazione e da ogni dove
inizia a echeggiare l’inno nazionale per celebrare questo successo e gli straordinari astronauti che sono riusciti a compiere la
loro missione, andando incontro all’ignoto.
Capitolo secondo
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CAPITOLO TERZO
Luna, dea splendente,
protettrice di tutta l’umanità
Liz è sola nella notte, i suoi occhi si perdono nel cielo.
Affiora il ricordo di quando con Neil si incantava ad ammirare la Luna
in tutto il suo splendore. Quella stessa Luna che ha da sempre ascoltato i desideri d’amore e conservato le promesse di entrambi, adesso
li separa. Il brivido che prova quella sera, guardando il cielo, normalmente riesce a procurarglielo solo Neil. Immagina che i loro
sguardi si incontrino in quel momento, come fosse la prima volta.
Come se fra loro non ci fosse quell’enorme distanza.
Dice a se stessa: «L’amore supera ogni cosa».
Infatti, nel suo caso, ha superato anche gli anni luce.
Eppure nella mente di Liz è rimasta impressa una frase pronunciata
mezz’ora prima da Neil: “La Luna è Americana”.
Quell’inno patriottico l’ha resa fiera, in fondo anche lei è americana; ma l’ha turbata non poco. Non sembrava il suo Neil ad aver
pronunciato quelle parole. Sembravano fredde, distanti da quell’uomo umile che conosceva e l’aveva fatta innamorare. Sembrava
un altro. Patriottico, certo, ma anche stranamente egoista.
Respira più forte per cacciare via il brutto pensiero. Sorride,
manda un bacio al cielo scuro.
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Luna, dea splendente, protettrice di tutta l’umanità
Mi sono sentito strano pronunciando quelle parole. Come se mi
fossero estranee; erano patriottiche, ma in un modo anomalo. Non
che io non sia orgoglioso di essere americano, ma prima di essere
americano io sono solo un uomo. Piccolo e insignificante come un
granello di sabbia nella vastità interminabile dell’universo che in
questo momento mi circonda. Ho affrontato una sfida che sembra
lontana dalla realtà dell’uomo, eppure non mi sento del tutto soddisfatto dell’impresa. C’è qualcosa che mi turba, che mi fa sentire
scontento. Le mie stesse parole continuano a rimbombarmi nella
mente e sembrano sempre più vuote, come se il loro significato si
andasse affievolendo nei meandri della mia interiorità. Quelle parole le ho sentite come sbagliate al momento sbagliato. In fondo,
chi sono io per privare di una cosa tanto meravigliosa, misteriosa
e magica come la Luna, tutta l’umanità al di fuori dell’America?
Le persone, tutte le persone, confidano nella protezione della
Luna, come ogni genitore amorevole accoglie i propri bambini nel
lettone matrimoniale, dopo un brutto sogno. Io per primo ho provato sulla mia pelle la sensazione di sicurezza, proveniente dal
globo lunare, che mi irradiava di luce candida e confortante nell’oscurità intensa della notte.
Mi ritrovo a riflettere sugli eventi delle ultime ore, sul mio discorso
registrato alla base della NASA. Mi sono sentito davvero egoista
a pensare di poter fare della Luna una proprietà esclusiva della
Capitolo terzo
31
mia nazione. Ognuno che sia cinese, italiano, inglese, spagnolo,
australiano, africano ha il diritto di poter liberamente confidare
nella Luna. Ognuno ha bisogno di una sicurezza, di un’ancora e
sono sicuro del fatto che tanti considerano la Luna come la propria ancora. Ciascuno ne ha diritto, come l’acqua, come il cibo,
come il diritto alla vita. L’America non può, quindi, averla tutta per
sé. Cosa ne sarebbe di tutti gli altri popoli?
E poi, cosa accadrebbe se i russi avessero male interpretato le mie
parole? Potrebbero pensare che sia un affronto nei loro confronti,
o peggio, una dichiarazione di guerra. Cosa succederebbe se
fossi io a scatenare un’altra guerra mondiale? Mi sentirei così in
colpa. Cosa penserebbero i miei figli che mi vedono come il loro
eroe? E la mia Liz? O la mia Karen? Ricordo quanto era bella mentre giocava al parco con la sua bambolina di pezza.
Mi diceva sempre: «Papà è vero che lassù la Luna mi guarda e mi
protegge?»
E io le ho sempre risposto che era così. Ora lei sente la Luna più
vicina di quanto avrebbe mai potuto immaginare. É la stella più
splendente, ne sono certo. Ma se a causa mia il suo splendore si
affievolisse? Forse non sarebbe più orgogliosa del suo papà e
delle sue parole fin troppo patriottiche. Chissà cosa potrebbe
provocare una guerra ai giorni nostri. Una tragedia! Una enorme,
immane tragedia!
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Luna, dea splendente, protettrice di tutta l’umanità
Come recuperare i valori veri, come non perdere di vista ciò che
conta sul serio? Forse la soluzione sta nei gesti più piccoli, nelle
cose apparentemente insignificanti, magari nei bambini. Cosa c’è
di più piccolo, di più sano e di più vero dei bambini? Immagino
nulla. Forse sono proprio loro la soluzione di tutto. Forse riuscirebbero a fare cose migliori di noi adulti, unendo tutte le loro manine.
Quanto sarebbero forti i bambini se si unissero? Innocenti, pieni di
vita: gli uomini del futuro. Sarebbero la soluzione a tutti i problemi
di questo mondo. Se ci riflettiamo sono i bambini la forza maggiore
che abbiamo. Queste lunghe riflessioni mi stanno aiutando a capire: le mie parole, quelle che ho pronunciato nel mio discorso alla
NASA, erano sbagliate. Quelle giuste sarebbero state: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”. Piccolo
come un bambino, grande quanto la sua forza.
«Armstrong a rapporto, la base chiede di te».
Buzz mi chiama, facendomi tornare alla realtà. È ora di andare.
Dalla base mi comunicano che dobbiamo rilasciare una dichiarazione per i giornalisti di tutto il mondo. È l’occasione perfetta. Potrei formulare la frase giusta questa volta, una frase intrisa di
significato che rimarrà nei cuori della gente che la ascolta da ogni
angolo del mondo e che, forse, passerà alla storia.
Sorrido pensando al fatto che il fato, il destino, la fortuna o come
la si voglia chiamare, mi ha dato una seconda chance, una posCapitolo terzo
33
sibilità per rendere il mondo intero partecipe di questo straordinario evento. Buzz non si accorge del mutare della mia espressione a
causa del casco della tuta spaziale, ma mi segue non appena comincio a saltellare come un canguro per arrivare, assieme ai 21,5 kg
di materia del suolo lunare, all’interno dell’Apollo 11.
Salgo la scaletta con trepidazione e finalmente entro nel modulo.
Buzz mi raggiunge in pochi secondi e cominciamo il nostro “comunicato stampa interspaziale”.
Dal dispositivo di comunicazione ci arriva la voce un po’ distorta
di una giornalista americana, la quale ci saluta mostrandosi subito
entusiasta per la nostra avventura e comincia con le domande.
«Siete i primi uomini ad aver messo piede sulla superficie lunare. Scusate
la banalità della domanda, come vi sentite?»
Guardo Buzz, sperando che sia lui a rompere il ghiaccio, ma il mio
amico mi fa cenno con la mano e mi esorta a rispondere. Non sono
mai stato bravo a parlare in pubblico e ho un timore folle di non
esserne all’altezza. Mi faccio coraggio e comincio.
«Beh, sono emozionatissimo, mi sembra così strano trovarmi quassù,
immerso nell’universo più profondo; la Terra poi, vista da qui, è magnifica, uno spettacolo incredibile».
«Noi qui giù sappiamo che avete affrontato un duro addestramento per questa missione, oggi siete arrivati lì su: eravate preparati?»
34
Luna, dea splendente, protettrice di tutta l’umanità
«Certo, i nostri tecnici sono stati bravissimi a cercare di ricreare le
condizioni lunari durante i test a cui ci hanno sottoposto sulla
Terra, anzi camminare qui è molto più facile e divertente di quanto
mi aspettassi. Abbiamo raccolto vari campioni dal suolo lunare
per far sì che il materiale, di cui è composto il nostro satellite, possa
essere identificato e analizzato».
«Come definiresti questa impresa eroica che tu e i tuoi compagni
state affrontando?»
«Sono stato il primo uomo a mettere piede sulla Luna, ma quello
che è stato UN PICCOLO PASSO PER UN UOMO È UN GRANDE
BALZO PER L’UMANITÀ».
Con questa frase termino la mia intervista, Buzz mi dà una pacca
sulla spalla e mi dice: «Ben fatto Neil!»
È fiero di me e lo sono anch’io.
Capitolo terzo
35
CAPITOLO QUARTO
Il mare della tranquillità
«La Luna puzza di uovo e polvere da sparo!»
«Meglio non farlo sapere agli altri».
La voce degli astronauti, appena entrati nella loro navicella, ora intenti a togliersi la tuta, riecheggia, invece, negli auricolari di ogni
persona presente alla base. Tutti sorridono alle loro parole, aiutati
anche dall’allegria del momento.
Paul, che ora siede alla sua postazione con le spalle decisamente
più rilassate, sorride assieme agli altri, scuotendo appena la testa
nel constatare che, anche se si porta a termine l’impresa più importante della storia, non si può fare a meno di ironizzare.
«È andata bene».
Sospira di sollievo il collega, battendo la mano su quella di Paul,
troppo occupato a sorridere per rispondere subito alla sua esultanza.
«Avevi qualche dubbio?» risponde di rimando l’amico, con la sua
solita convinzione. La sua sicurezza è un solido appoggio per i compagni.
Trae l’ennesimo sospiro prima di sistemarsi meglio le cuffie e tornare al
lavoro: i festeggiamenti sono conclusi.
«Okay, adesso dovete ricongiungervi al Modulo di Comando».
36
Il mare della tranquillità
Le parole pronunciate nel microfono distante appena pochi centimetri dalla bocca che, nonostante tutto, avvicina per essere sicuro
di farsi sentire meglio dagli astronauti, risultano quasi un comando.
Paul sente la voce scricchiolante di Neil attraverso le cuffie.
«Ehm, Houston, abbiamo un problema».
L’uomo corruga la fronte, confuso, e insieme a lui gran parte dei presenti che ascoltano la medesima frase.
«Definite il problema».
Passa qualche secondo di silenzio prima di ricevere la risposta.
«L’interruttore dell’accensione si è spezzato».
«Com’è successo?»
«Penso quando ci siamo tolti le tute» si intromette Buzz e si può avvertire il suo impegno nel mantenere la voce ferma e fredda.
“C’è una soluzione?” È il primo pensiero di Paul dopo aver ascoltato
le parole di Neil. Deglutisce leggermente, cercando di non farsi prendere dalla morsa dell’ansia mentre comincia a sudare freddo.
Paul cambia stazione di comunicazione, così da parlare con il pilota del Modulo di Comando.
«Mike, la situazione da te è a posto?»
Questa volta, invece del microfono, si tocca la cuffia, per cercare di
sentire il più possibile le sue parole.
«Non posso ricongiungermi con il Modulo Lunare».
La sua voce riecheggia negli auricolari dell’uomo: «Dobbiamo trovare immediatamente una soluzione!»
Capitolo quarto
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«È proprio meravigliosa! Chissà se lo è anche da vicino!»
Beth contempla la Luna, ammaliata.
«Smettila Beth!» Il nonno, poco interessato, rimprovera la piccola.
«Perché, non ti piace? Io un giorno vorrei essere come loro».
«Certo tesoro, come vuoi tu!»
Beth entra in casa correndo, si infila nella sua cameretta a prendere
il finto telescopio, fatto di rotoli di cartone. Torna di sotto, dove la
mamma sta cucinando.
«Che cosa stai facendo Beth?»
«Cerco di vedere i miei eroi, gli astronauti».
Punta il suo giocattolo fuori dalla finestra.
La mamma alza gli occhi al cielo, ormai abituata alle sue fantasie. La
sera, a cena, Beth continua a fantasticare sulle avventure degli
astronauti. Poi accende la televisione e tutta euforica grida: «Ci sono
gli astronauti in tv!»
All’entusiasmo della bimba si contrappone il viso truce del nonno,
caratterizzato da una ragnatela di rughe, seduto a capotavola. Distoglie gli occhi dal piatto. Si alza, spegne la tv e, tra il disappunto
di Beth e lo sguardo comprensivo della mamma, mette via il piatto andando di sopra nella sua stanza. Si sistema sulla poltrona di fronte
alla finestra, fissando il cielo notturno poco illuminato da colei che
ormai è diventata una celebrità, una dea.
Tutto avrebbe immaginato, tranne che l’uomo sarebbe riuscito ad arrivare in quel luogo, oltre il cielo e tutto ciò che era conosciuto.
38
Il mare della tranquillità
D’altra parte, che senso ha?
Perché andare a conquistare luoghi desolati e senza alcun valore?
Per lui ben altre cose hanno valore: bisogna prima occuparsi dei
problemi di casa propria. Da una parte c’è gente che muore di fame,
gente che non ha un tetto sulla testa, persone che lottano contro
malattie incurabili, dall’altra parte persone che vengono spedite in
posti dove non c’è nulla, solo per il gusto della sfida.
Insomma, non ha alcun senso spendere soldi e tempo in un progetto
così lontano dalla vita vera, così inutile per risolvere i tanti problemi
della vita della gente.
Come un viaggio di vacanza, però a discapito dell’umanità, di
un’umanità che si può riassumere nel ricordo di una donna a cui è
stato negato anche il diritto di sapere di cosa è morta. Occhi verdi
che si sono spenti e che ora rivivono nel viso della nipotina; proprio
lei interrompe i suoi pensieri entrando nella stanza.
«Nonno, perché hai spento la televisione?»
Beth, la sua gioia. Il nonno si volta verso di lei.
«Perché ti interessano così tanto?» domanda sospirando leggermente, la voce roca che fa trapelare la sua fatica nel parlare. «Sei
soltanto una donna, non potrai mai fare ciò che fanno loro».
Le sue parole sono spietate e crudeli.
La faccia allegra della bambina lascia il posto a una tristezza che
domanda solo il motivo di quelle parole: se ne va correndo veloce
in camera sua.
Capitolo quarto
39
La sorella di Beth, in fondo alla stanza, osserva la scena, mentre nella
sua testa riecheggia un pensiero fisso: “Non importa quello che dici,
niente e nessuno mi potrà impedire di arrivare lassù. Io, Sally Kristen
Ride, sarò la prima donna americana astronauta”.
«Neil, dobbiamo pensare velocemente».
La voce di Buzz mi sembra lontana.
Sono paralizzato dalla paura. Che cosa possiamo fare? Ogni secondo è prezioso. Non ci voleva proprio, quella leva rotta; è una catastrofe: dobbiamo ripartire, e in fretta; l’ossigeno non ci consentirà
di rimanere troppo a lungo. Inizio a pensare.
La leva va sostituita al più presto, provo a sbloccarla con il dito, ma
è inutile, non si muove.
Mi accorgo che Buzz ha avuto un colpo di genio, sta affannosamente cercando qualcosa nella sua tasca: tira fuori una penna, e
immediatamente capisco.
La penna che gli ha regalato Mike, robusta e resistente, potrebbe essere una valida alternativa alla leva rotta. Provare non ci costa
niente.
La penna-leva gira, sentiamo il rumore dei motori. Tiriamo un sospiro
di sollievo.
Siamo salvi. Una volta ricongiunti con Mike, ci aspetta solo il viaggio
di ritorno. Finalmente mi posso rilassare.
40
Il mare della tranquillità
Siamo lì, cullati da questa grande distesa illuminata da minuscoli
puntini tutti intorno a noi, come delle lucciole. Non so se interpretarla come un’allerta o come una dolce accoglienza. Come il mare
che può essere calmo o impetuoso, così forte che potrebbe spazzarti via, veloce, senza che tu te ne renda conto. È tutto silenzioso, muto, eppure così pieno. Ci sentiamo così piccoli di fronte
a quella distesa d’acqua infinita della Terra; e lì, immersi nel cielo
nero, siamo una nullità, una parte così insignificante di tutto questo. Ci sentiamo al sicuro nel nostro mondo, ma solo stando davanti a tutto ciò ci rendiamo davvero conto di quello che siamo:
niente. È così bello, affascinante e, allo stesso tempo, spaventoso
e terribilmente vuoto. Provo le stesse cose quando guardo il mare,
quel piccolo universo del pianeta in cui viviamo. Voglio ricordare
tutto questo: questa meraviglia, questa grandiosità così inquietante.
Non finirò qui i miei giorni, credo e spero, ma vorrei che dopo aver
esalato il mio ultimo respiro qualcuno o qualcosa mi riportasse qui,
dove potrei vivere per sempre. Oppure potrei semplicemente disperdermi nell’oceano, quel piccolo universo che abbiamo a portata di mano, sotto il nostro naso. Così facendo potrei finalmente
far parte di tutto ciò che ho vissuto e dormire per sempre in questo mare di tranquillità.
Capitolo quarto
41
CAPITOLO QUINTO
La protezione
della dea argentata
I motori si accendono e per parecchi minuti un suono assordante
li sovrasta. La navicella si solleva dal suolo lunare in perfetta verticale per un centinaio di metri, poi vira lentamente a destra, guidata dalle attente direttive inviate dalla base di Houston e si
riallinea sulle coordinate terrestri. Inizia così il lungo viaggio di ritorno. Poche parole scandiscono i dialoghi scarni ed essenziali
degli astronauti. La tensione è palpabile. Tutto deve procedere
come previsto e non possono permettersi errori.
L’azzurro intensissimo che li ha cullati e avvolti come in un utero
materno si schiarisce a poco a poco, avvicinandoli sempre più a
un azzurro più chiaro, leggermente slavato ma più familiare. Adesso
distinguono chiaramente la Terra: l’immenso continente africano,
l’Oceania, che appare come una manciata di minuscole isolette
galleggianti in una grande macchia di colore blu, la piccola Europa, il lunghissimo continente americano che si srotola pigramente
tra due oceani e il vasto continente asiatico attraversato in gran
parte dalla monumentale Muraglia Cinese. Vedono chiaramente
chiazze di luci che illuminano a giorno alcuni stati ma anche vaste
zone quasi completamente buie.
42
La protezione della dea argentata
“Poche luci, poco benessere, molta fame e tanta povertà” pensa
Amstrong con una fitta di rabbia al petto.
“Ma forse loro sono ancora in tempo a salvarsi dalla furia devastatrice dell’uomo e magari saranno capaci di costruire un ambiente più attento alla natura e alle vere necessità dell’umanità”.
Si volta indietro: la Divina, la dea di luce lattea si sta allontanando
sempre di più. La osserva immobile nel suo argenteo splendore e
Neil vuole pensare che proteggerà il loro ritorno. Visti dall’alto i
grandi oceani sembrano piccoli laghetti, chiazze azzurre sparse a
caso sulla superficie terrestre che, però, a ogni miglio trascorso
diventano sempre più grandi fino ad assumere la loro forma reale.
Torna bruscamente alla realtà, richiamato da una voce gracchiante al microfono.
«Qui base, chiama Apollo!»
«Dite pure base. Vi ascoltiamo».
«Purtroppo dobbiamo comunicarvi che vi state allontanando di
parecchio dalle coordinate previste in precedenza e quasi sicuramente l’ammaraggio avverrà sempre nell’Oceano Pacifico, ma
in un altro punto. Vi trasmetteremo le nuove coordinate non appena saremo sicuri del luogo».
«Ok, c’è dell’altro?» chiede Buzz percependo una nota di disagio
nella voce dell’operatore.
L’operatore esita un attimo.
Capitolo quinto
43
«Ecco... ragazzi, la zona dove avverrà l’ammaraggio è al momento
battuta da forti raffiche di vento. È in corso una violenta tempesta».
«Andrà tutto bene».
Neil lo rassicura con la sua solita calma. E rivolgendosi agli altri
dice: «Ricordatevi che tutto il mondo ci osserva e poi… poi noi
dobbiamo riabbracciare le nostre famiglie!»
Gli altri annuiscono e con la fronte imperlata dal sudore si preparano per il burrascoso ammaraggio.
Liz e i bambini si guardano attorno meravigliati. La base NASA di
Houston è davvero… spaziale! Sono stati invitati a seguire le ultime fasi dell’atterraggio direttamente da lì per poi poter riabbracciare i loro cari.
Mentre i bimbi camminano a bocca aperta affascinati dai computer, da tutti gli apparecchi elettronici, dai monitor, dai mille e
più tasti da pigiare a cui corrispondono altrettante lucine colorate, Liz percepisce la tensione degli operatori e un’onda di terrore la percorre dalla testa a piedi. E se davvero qualcosa
andasse storto? E se non fossero capaci di recuperarli e si fossero
inabissati per sempre? Li avrebbero mai più trovati? La Luna, certo.
Una conquista. Ma come avrebbe fatto lei senza il suo Neil, l’uomo,
il compagno di vita e non l’eroe?
44
La protezione della dea argentata
Dal gigantesco schermo arrivano immagini troppo sfocate e confuse per capire il reale stato d’animo dei tre astronauti, che mantengono sempre una voce calma e controllata.
«Neil, pensi che riprenderemo la vita di sempre?» chiede un Buzz
insolitamente pensieroso.
«Non credo. La nostra vita cambierà per sempre. È già cambiata.
Non apparteniamo più a noi stessi ma al mondo e alla Storia. Abbiamo il compito di far capire ai nostri figli che l’uomo è capace
di grandi cose, ma che al tempo stesso è una cosa davvero piccola nell’universo, e che le grandi cose si possono conquistare
solo con l’umiltà e la pazienza».
«Già, piccoli granelli in un mare di sabbia!» conclude Mike.
«Bene ragazzi, adesso prepariamoci all’ammaraggio. Mi sa che
saremo sballottati un bel po’. Pronti?»
Vedono la superficie terrestre che viene loro incontro velocemente, troppo, forse. Prima le grandi montagne innevate, poi le
vaste pianure, poi i grattacieli, i palazzi, le casette, le fattorie, gli
animali al pascolo che scorrono vorticosamente sotto i loro occhi
come in un vecchio film in Super Otto.
E poi il mare. Il grande mare. L’oceano maestoso e infinito. Nuovamente provano la sensazione di essere nulla di fronte alla grandiosità della natura che adesso si presenta con un volto infuriato,
rabbioso.
Capitolo quinto
45
Il vento frusta le onde che gli rispondono ergendosi sempre più
alte. Sembra che una guerra sia in corso tra gli elementi della natura, che una vecchia disputa debba essere risolta proprio ora.
«Pronti! Sganciamo il Lem. Adesso!»
Sentono chiaramente il distacco del Lem dalla navicella e le prospettive immediatamente cambiano: scendono a una velocità vertiginosa e si capovolgono milioni di volte prima di trovare un
equilibrio, comunque precario, nel mare in tempesta. Sentono gli
schiaffi delle onde, il profondo ruggito del mare, le sirene delle
portaerei della flottiglia militare USA che arriva in loro aiuto e le
parole concitate della base che chiede insistentemente notizie.
Ovviamente non possono udire il boato di gioia che accoglie il
loro ritorno e che riecheggia a lungo non solo nelle case degli
americani ma in quelle di tutto il mondo. Non vedono stappare lo
spumante e i calici che si sollevano per brindare in loro onore a
Houston, nella base NASA e Neil non vede le calde lacrime di sollievo che solcano le guance di Liz.
L’apertura del portellone viene eseguita con estremo timore e
grande cautela: dentro i soccorritori trovano i tre astronauti storditi e spaesati che abbracciano commossi e prendono subito in
custodia, accompagnandoli festosi in quarantena.
«Dopo tre giorni nello spazio, la cosa più difficile da sopportare
è non poter riabbracciare e baciare i tuoi figli, stringere tua mo-
46
La protezione della dea argentata
glie al petto, sentire il loro calore, ritornare alla normalità» dice
con malinconia Neil.
«Prepariamoci ad avere i riflettori puntati su di noi per molto
tempo».
«Nonno, sono ammarati!» grida entusiasta Beth che è rimasta incollata al televisore per ore ed ore.
«Sì, bimba mia, ma non ti agitare così tanto!».
«Ma nonno, come fai a non capire! È il momento più importante
della storia dell’umanità! L’uomo sulla Luna! Sai nonno, io andrò
sulla Luna e diventerò famosa e tu sarai molto orgoglioso di me».
«Quando tu andrai sulla Luna, se mai ci andrai, io non ci sarò più,
piccola peste. Sarò una stella nel cielo come tante altre, accanto
alla stella di tua nonna» risponde tristemente il nonno.
«E allora, appena io arriverò così in alto con la mia navicella spaziale vi prenderò e vi porterò sempre con me, caro nonnino».
«Beth» sospira l’ormai esasperato vecchietto «le donne non diventeranno mai astronauti. Sono fragili, deboli per questo lavoro.
Non hanno sufficiente resistenza. E poi la mancanza di gravità potrebbe creare alterazioni al vostro organismo e potrebbe…»
La bimba lo interrompe quasi con violenza.
«Non è vero, è tutto falso. Noi possiamo farcela benissimo. È solo
questione di studi severi, applicazione, intelligenza e allenamenti
Capitolo quinto
47
rigorosi! E per quanto riguarda la forza fisica, lo sai che ho rotto il
naso a quel grassone di John e ho dato un calcio potentissimo
nello stomaco a Frank perché facevano i gradassi con Robert?
Adesso quando mi vedono si allontanano!»
«Beth!» esclamano all’unisono il nonno e la madre scandalizzati.
«Mamma, ma perché li hanno rinchiusi in una scatola di vetro?»
«Mamma, ma come fanno a respirare e mangiare così pigiati come
delle sardine?»
«Mamma ma perché non possiamo toccarli? Io voglio baciare
papà» piagnucola il più piccolo.
I figli di Liz investono la madre con una valanga di domande mentre si avvicinano alla camera iperbarica dove il padre è rinchiuso
con i suoi due amici già da due giorni.
Ma Liz li sente appena: finalmente può vedere il suo Neil, anche se
dietro uno spesso vetro. Lo guarda con preoccupazione mentre gli
parla dal citofono interno.
«Come fai a sopportare tutto questo? Non avete nemmeno lo spazio per dormire bene» chiede preoccupata Liz.
«Posso sopportare perché quando uscirò da questo cubo mi
aspetta il regalo più bello! Potrò riabbracciare te che mi hai sostenuto in questi difficili giorni. La fiducia che tu, i bambini avete riposto in me mi ha aiutato a superare tutte le difficoltà! Senza di
48
La protezione della dea argentata
voi, senza la certezza del vostro amore non ce l’avrei mai fatta!»
Le mani si cercano e si uniscono combaciando perfettamente le
dita attraverso la spessa lastra di vetro, scivolando verso il basso
per incontrare le manine dei bambini e i loro baci stampati sullo
specchio riflettente. E si abbracciano stretti stretti circondando
l’intero cubo.
E finalmente sorridono.
Capitolo quinto
49
CAPITOLO SESTO
Di nuovo a casa
Neil si sente soffocare, nonostante l’ossigeno non sia più scarso
come lo era sull’Apollo 11, e forse è proprio quello il vero problema: si è ormai abituato alle condizioni ambientali lunari e deve
ancora realizzare completamente che si trova sulla Terra, a pochi
centimetri dai suoi cari. I sorrisi dei suoi figli e di Liz lo sollevano e
lo rendono fiero della sua impresa. Nella sua mente si accavallano molti pensieri.
Beth, nel salotto di casa sua, stringe tra le mani un giornale; leggendo, sussulta e chiama la mamma, che arriva subito e le chiede:
«Cos’è successo tesoro?»
«È vero quello che ha detto il nonno su noi donne? È vero che le
donne non saranno mai in grado di compiere i lavori che di solito
fanno gli uomini?»
La mamma sospira e le risponde: «Vedi, Beth, non è poi così vero!
Le donne hanno grandi risorse e, con molta determinazione e intelligenza, possono compiere imprese straordinarie!»
La bambina la guarda con gli occhi lucidi e le dice: «Ne ero convinta! Un giorno sarai fiera di me, mamma: sarò la prima donna
astronauta!»
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Di nuovo a casa
La fantasia di Beth è infinita: ha, infatti, modellato uno scatolone
ritagliandolo in cima. Va in giardino e fa poggiare la scatola su
quattro sgabelli con le gambe legate fra loro. All’interno, poi, disegna un monitor e molti altri tasti e, con del nastro adesivo, attacca alle pareti pezzi di carta che rappresentano levette e
interruttori. Verso sera l’opera è finita e la bambina è molto orgogliosa: a lei sembra proprio un vero Modulo di allunaggio. Prova,
quindi, a saltare giù dalla scatola ripetendo la frase di Neil Armstrong “Un piccolo passo per l’uomo è un grande balzo per l’umanità” e a fingere la bassa gravità del suolo lunare, muovendosi a
grandi ma lenti balzi intorno al suo Modulo.
Neil, dopo essere uscito dalla camera iperbarica, si avvia verso
casa, fermandosi ad ammirare il mare, quello stesso mare che lo
aveva meravigliato lassù, nello spazio, e che era così immenso da
scomparire all’orizzonte. Era solo una goccia nell’oceano: quanto
contava lui di fronte all’universo? Ricorda ancora Kennedy, il
quale diceva che lo spazio sarebbe stato raggiunto entro la fine
del decennio. Neil è entusiasta, ma non è convinto che il merito sia
stato tutto suo, perché la sua più grande protettrice è stata e sarà
sempre la sua Karen: quella stella, o meglio, la sua stella, lo aveva
sempre protetto e gli aveva permesso di arrivare alla regina d’argento.
Capitolo sesto
51
L’auto della NASA si ferma davanti a casa sua. Cammina sul vialetto a passi veloci. Sta per suonare il campanello, quando la
porta si apre improvvisamente e Mark ed Eric si precipitano verso
di lui, abbracciandolo; Elizabeth gli sorride. Neil non ha mai visto
un sorriso così splendente e si rende conto di quanto gli sia mancato.
Quella sera, al telegiornale, trasmettono un video riguardo al loro
atterraggio sulla Terra e la giornalista annuncia: «Domani mattina
verrà rilasciata un’intervista da parte dei tre astronauti che, a seguire, saranno lieti di rispondere alle domande di alcuni bambini,
che avranno l’occasione di incontrare i loro eroi».
Un rumore assordante sveglia il nonno di Beth, che sta riposando
sulla poltrona. La bambina urla per un istante, dopo aver sentito
le parole della giornalista alla televisione.
«Mamma, domani potrei incontrarli?» dice la bambina.
«Va bene, tesoro!» risponde la madre.
Beth la ringrazia e corre in camera sua, per poter scrivere tutte le
domande che vuole rivolgere ai suoi eroi.
Mike e Buzz sono un po’ agitati e contano sulle risposte di Neil, il
quale si affida a Karen: finora non lo ha mai abbandonato e, soprattutto in quel momento, la sente più vicina che mai. Sceso dal-
52
Di nuovo a casa
l’auto davanti allo studio televisivo molte persone gli si avvicinano
chiedendo una foto e l’autografo; non gli piacciono affatto tutte
quelle attenzioni, ma sa che deve abituarsi.
Appena arrivato, saluta Buzz e Mike.
Aldrin gli sussurra: «Sono tutti fieri di noi e non possiamo deluderli!
Sei il nostro punto di riferimento e sappiamo che saprai rappresentarci!»
Neil si sente commosso, perché nessuno gli ha mai parlato così,
con tanta stima e ammirazione.
«Mancano trenta secondi alla diretta» annuncia una voce al microfono.
Si avviano verso il primo piano, dove una folla esaltata li aspetta
e, alla fine della rampa di scale, si trovano di fronte a una stanza
con le due porte tagliafuoco aperte: una stanza che dall’uscio sembra vuota ma che conta circa una settantina di file di sedie dietro
a una lunga serie di finestre disposte per tutta la lunghezza della
grande sala rettangolare. Dal lungo finestrato entrano i raggi di sole
che illuminano la stanza e rendono l’atmosfera calda e piacevole.
Le mani di Neil cominciano a sudare e la sua paura sta per prendere il sopravvento, ma basta lo sguardo di sua moglie, seduta tra
il pubblico, e un pensiero rivolto ai compagni, per tranquillizzarlo.
La giornalista annuncia: «Buongiorno e ben ritrovati a tutti! Siamo
in diretta con i due astronauti che hanno lasciato la bandiera
Capitolo sesto
53
americana sulla Luna, Neil Armstrong e Buzz Aldrin, e con il loro
collega Michael Collins. Come vi siete sentiti quando avete messo
il piede sulla Luna e avete consegnato a tutta l’umanità questa
scoperta sensazionale?»
Neil è pensieroso, perché conosce l’animo umano. Gli uomini sono
avidi e non condividerebbero qualcosa con gli altri senza prima
affermare con spavalderia che è loro il merito e bisogna rammentarlo!
Tutto ha un prezzo. Lui ha rischiato di perdere Liz e i bambini e
cosa ci ha guadagnato? Una celebrità senza fine, alla quale non
può sottrarsi. Forse, quando sarà vecchio, ripenserà a quei momenti e solo più in là negli anni potrà godersi la propria vita; ma
per ora deve attendere.
Risponde con voce serena: «È stato un momento davvero memorabile! Eravamo molto emozionati e un po’ increduli, ma poi tutto
è diventato più chiaro. Ce l’avevamo fatta! Eravamo davvero sulla
Luna, sulla regina d’argento, su quella magnifica desolazione,
come ha detto Buzz quando è sceso!»
«La vostra è stata una vera impresa, ma l’avete portata a termine
con successo. Quali sono stati i vostri compiti durante la permanenza sulla Luna?»
È Buzz adesso a rispondere.
«Sono state solo poche ore, ma abbiamo avuto molto da fare.
54
Di nuovo a casa
Abbiamo scattato numerose foto, che saranno preziose per le
analisi sulle condizioni del Modulo LM dopo l’allunaggio. Poi è arrivato il momento più emozionante: raccogliere il primo campione
di suolo lunare, che somigliava alle rocce terrestri. Tenere in mano
quel piccolo pezzo di roccia è stato indimenticabile! Neil pensava ancora che fosse assurdo che quelle rocce potessero venire da quella palla di luce che di sera vedeva fuori dalla finestra».
«Il momento più emozionante?»
«Quando abbiamo piantato la bandiera! Quel gesto ci ha resi
fieri di poter rappresentare l’America e di consegnare questa impresa alla Storia!»
«Cosa ci potete raccontare del viaggio di ritorno?»
Neil ha qualche esitazione: «Dal punto di vista tecnico tutto è andato bene, a parte il cambio del punto di ammaraggio, che ci ha
un po’ preoccupati. Quello che ci ha davvero impressionati è
stata la vista della Terra nel suo insieme: un piccolo pianeta nell’immensità dello spazio, che in realtà ospita miliardi di persone diverse. Da lassù, però, queste differenze non si possono cogliere, o
meglio, non esistono! Il cielo è profondamente nero. A parte il Sole,
la Terra è l’unico oggetto visibile. Del nostro pianeta si vedono i
continenti e le nuvole. È bellissima, piccola, remota e molto blu».
«Grazie, signor Armstrong! Queste parole sono state davvero toccanti: tutti dovrebbero compiere un viaggio nello spazio, per renCapitolo sesto
55
dersi conto di quanto prezioso sia il miracolo della vita! “Un piccolo passo per l’uomo è un grande balzo per l’umanità” è una frase
interessante. Potrebbe dirmi a cosa stava pensando, Neil?»
«Ho pensato che noi americani abbiamo conquistato la Luna,
certo, o almeno così dicono tutti. Io ci sono stato e quel mondo
non ha proprietario. Siamo tutti uguali, uomini con gli stessi diritti,
figli della stessa umanità. Quando ho detto uomo, lo intendevo in
senso lato perché ognuno di noi deve avere la possibilità di assaporare quello che noi abbiamo provato lassù. Sentirsi piccoli,
impotenti davanti a un luogo sconosciuto ma di una bellezza
sconcertante; sento di aver portato dentro di me le aspettative di
tutti noi».
Mentre l’intervista prosegue, Beth, tra la folla, attende impaziente
il momento di incontrare a tu per tu i suoi eroi; non ha chiuso occhio tutta la notte per l’emozione e sta ancora ripassando nella
mente le mille domande che si è preparata.
56
Di nuovo a casa
CAPITOLO SETTIMO
Beth realizza il suo sogno
Il momento così atteso è finalmente arrivato.
Il pubblico, incuriosito ed emozionato sta per conoscere di persona i tre astronauti.
Con qualche esitazione vengono poste delle domande ai tre uomini, diventati ormai degli eroi. Le domande sono varie e differenti:
“Come vi siete sentiti quando avete messo il piede sulla Luna?”;
“Non avete mai provato nostalgia per il nostro pianeta?”
Oppure: “Non ci sono mai stati momenti di tensione tra di voi”; “Che
cosa vi è mancato di più durante il viaggio?” “Avete mai avuto
paura?” “Qual é la prima cosa che avete fatto tornati sulla Terra?”
A queste e ad altre domande cercano di rispondere i tre uomini:
sul loro volto è evidente la grande emozione ma anche la stanchezza.
Tra il pubblico, la piccola Beth, agitata e ancora incredula per
quello che stava accadendo intorno a lei, ascolta le risposte ma
non trova il coraggio di porre le domande che tanto avrebbe desiderato fare. In particolare Beth avrebbe voluto chiedere loro se
ritenevano possibile che in futuro una donna avrebbe potuto essere la protagonista di un viaggio sulla Luna... ma Beth rimane
ferma sulla sedia.
58
Beth realizza il suo sogno
È ormai sera quando i tre astronauti escono dagli studi televisivi
seguiti da tutto il pubblico che continua ad acclamarli e ad applaudirli.
Tra la folla si intravede Beth: è triste per non essere riuscita a parlare con i suoi eroi ma è anche eccitata dalla sensazione di aver
trascorso la giornata più importante della sua vita: è ormai convinta che dedicherà ogni giorno al suo sogno più grande!
Arrivata a casa, Beth si chiude subito in camera sua: senza fermarsi a parlare con i suoi genitori, si butta sul letto e piange disperatamente; la sua paura più grande è quella di affrontare la
sua famiglia e di riuscire a convincerla che non potrà mai rinunciare al suo sogno: essere la prima donna ad andare nello spazio
e a toccare la Luna.
Trascorrono rapidamente gli anni della scuola elementare e della
scuola media. Al termine di questa, sceglie la scuola che con più
facilità potrà aiutarla ad arrivare al suo scopo: il liceo scientifico.
Si diploma con la votazione massima e con i complimenti della
commissione per il suo elaborato sulla condizione della donna nel
mondo contemporaneo: Beth è ormai consapevole che per una
donna certi mestieri sono ancora difficili da intraprendere e che
certi luoghi di lavoro sono ancora quasi esclusivamente per gli
uomini. Ha scoperto che, malgrado le lotte femministe e tutte le
leggi emanate a favore delle donne, bisogna fare ancora molta
Capitolo settimo
59
strada prima di arrivare a una uguaglianza totale per i diritti tra
uomo e donna e alle pari opportunità tra i due sessi. Nonostante
queste difficoltà ben chiare alla nostra protagonista, la scelta dell’università non è messa in discussione neanche per una volta, neanche quando, dopo una lite con i genitori per le sue idee ritenute
poco adatte e poco concrete per una donna, decide di andare
a vivere in un monolocale, per conto suo, pagandosi le spese con
dei lavori occasionali, poco remunerativi, ma che le permettono di
frequentare i corsi universitari, alla facoltà di ingegneria.
Inoltre, consapevole che la perfetta conoscenza della lingua inglese sia un requisito fondamentale per il suo progetto, presenta
la domanda per entrare nella scuola inglese più prestigiosa della
sua città.
Le giornate di Beth diventano sempre più impegnative e faticose
ma lei è felice perché sa che il suo sogno è sempre più vicino e che
tra un po’ non sarà più un sogno.
A volte Beth si ritrova a pensare a quel giorno: ai suoi eroi e alla
sua paura di porre loro delle domande in pubblico: “Come sarebbe diverso, adesso, se mi trovassi di nuovo in una situazione simile! Di certo non avrei più paura di parlare con loro: anzi, sarei
orgogliosa di presentarmi davanti a loro”. Così pensa tra sé e sé
e immagina che un giorno si possa avverare, per lei, un’ altra possibilità simile.
60
Beth realizza il suo sogno
L’università è ormai al termine. Beth prepara una tesi su uno dei suoi
eroi: Neil Armstrong. È il suo professore che le consiglia di parlare
direttamente con lui per avere informazioni più reali, più complete
e più significative per il suo lavoro. A Beth non sembra vero di
poter realizzare questo suo grande desiderio e, dopo una lunga
e difficile ricerca per trovare l’indirizzo di Armstrong, con molta
emozione gli telefona.
È una mattina di aprile, Armstrong risponde al telefono con una
voce squillante mettendola subito a suo agio e Beth, incoraggiata
dal suo tono gentile e disponibile, gli propone di incontrarlo per
i giorni successivi. Il desiderato incontro avviene di sera, in un ristorante del centro: Beth si veste con cura, portando con sé gli
appunti della tesi per farsela visionare ed eventualmente correggere. Ormai Beth non è più quella bambina timorosa e impaurita di
vent’anni prima: è una donna che sa cosa vuole ottenere e che
conosce anche il modo di ottenerlo.
Inizia a incalzare il suo eroe con tanti quesiti a cui Armstrong risponde tranquillamente e le sue risposte sono un incoraggiamento
per Beth a proseguire nel suo obiettivo.
Armstrong afferma: «L’esperienza più emozionante della mia permanenza nello spazio è stata senza dubbio passeggiare nel vuoto».
Alle altre domande della sua interlocutrice l’astronauta risponde:
«Non è facile descrivere lo spazio che ho avuto modo di osserCapitolo settimo
61
vare. Direi che è nero, ma non è semplicemente buio, là c’è una totale assenza di luce. La Terra di lassù è di uno splendore caldo e
radiante. Vivere nello spazio ti permette di vederla con occhi diversi: i suoi colori e scenari hanno un fascino irresistibile».
Beth è incantata da queste parole e, con gli occhi pieni di lacrime, confessa ad Armstrong quello che spera di realizzare un
giorno: un viaggio come il suo, un viaggio sulla Luna! Armstrong le
sorride con simpatia e la incoraggia a proseguire nella sua impresa e, prima di andare via, le promette che l’aiuterà a realizzare il suo desiderio.
Quando Beth torna a casa è più sicura che mai: il suo sogno,
adesso che ha parlato con Armstrong, si realizzerà. Adesso ne è
sicura!
I periodi successivi sono duri, faticosi e difficili: oltre alla mente
Beth deve preparare anche il suo fisico per riuscire a intraprendere il suo viaggio. Allenamenti quotidiani, diete rigide ed esercizi
lunghi ed estenuanti: Beth arriva così alla vigilia del concorso indetto dalla Nasa per scegliere l’astronauta che affronterà il prossimo viaggio per arrivare sulla Luna, descritta da poeti e astronauti
come una splendida e indescrivibile divinità. Beth è l’unica donna
tra cinque candidati; nessuno pensa che possa farcela.
Le prove d’esame si svolgono in una settimana; i candidati devono affrontare prove teoriche ma anche prove pratiche: è il mo-
62
Beth realizza il suo sogno
mento di verificare se l’impegno dedicato allo studio e agli allenamenti in palestra siano stati sufficienti.
Al termine delle prove d’esame viene comunicato il nome del vincitore che sarà anche il nome dell’astronauta designato ad andare dalla regina d’argento.
Nessuno può credere alle proprie orecchie quando viene annunciato il nome dell’astronauta: Beth Sullivan.
Capitolo settimo
63
CAPITOLO OTTAVO
Tra sogno e realtà
Beth non può credere a quello che le è accaduto: sente che ormai
il suo sogno sta per diventare realtà.
Brividi le scaldano il cuore e l’emozione è tale da farle scivolare
tante lacrime di gioia sul viso, soddisfatto ma pensieroso: ripensa
alla fatica, ai suoi sforzi, ai momenti in cui si era sentita persa e sfinita, in cui aveva pensato di rinunciare, perché le sembrava che
tutto remasse contro di lei e, poi, alla forza che ritrovava dentro
di sé e che la spingeva, nonostante tutto, a continuare. A un tratto,
le risuonano in mente le parole del nonno, parole che, da un lato,
avrebbe voluto rinchiudere nell’angolo più buio del suo cuore, per
dimenticarle per sempre, e dall’altro tenere strette a sé per non
perderle.
“Cosa sarei adesso senza le sue parole?” pensa “Le donne sono
troppo fragili e deboli per fare le astronaute”.
Quei pensieri conferiscono un non so che di doloroso ai suoi
grandi occhi azzurri, splendidi e ridenti, ma pur sempre malinconici. Chi conosce Beth avrebbe subito colto quell’ombra di tristezza che velava il suo sguardo.
Ritornata a casa, si sdraia sul letto; poi, inquieta, si alza, si avvicina alla grande finestra che dà sul giardino fiorito, scosta la
64
Tra sogno e realtà
tenda ricamata con tante piccole lune argentee e volge il suo
sguardo al cielo stellato. Sa ora che quel cielo è finalmente suo.
E, mentre i suoi pensieri volano via insieme al suo sguardo, viene
attirata da due stelle vicine e luminose. Fantastica, pensando che
siano i suoi nonni; poi si volta indietro e, in un angolo della stanza,
vede la poltrona su cui era solito sedersi il nonno.
Lo ricorda con la pipa in bocca e un mazzo di carte da gioco,
con le quali si dilettava per interi pomeriggi… Si raggomitola sulla
poltrona, accucciandosi come da bambina, chiude gli occhi e le
scorrono davanti tante immagini, come diapositive della pellicola
di un film: i litigi con il nonno, la derisione da parte dei suoi compagni di liceo, per via del suo sogno troppo ambizioso per una
donna, anzi fantasioso; Katy, la sua migliore amica, sempre pronta
a difenderla dai bulli che la molestavano.
Ricorda quel giorno in cui, al quinto anno di liceo, durante l’ora di
geografia astronomica, parlando della Luna, i compagni di classe
iniziarono a prendersi gioco di lei. Alcuni, sghignazzando, dicevano: «Professore, ma qui abbiamo un’esperta della Luna, la futura astronauta, facciamo parlare lei!»
Tutti avevano cominciato a ridere. Lei era scoppiata in lacrime,
solo Katy, nel vederla così, si era alzata, dicendo: «Vergognatevi,
ognuno di noi cerca d’inseguire il proprio sogno. Che vita sarebbe
una vita senza desideri? Un arcobaleno con pochi colori!»
Capitolo ottavo
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Beth sente ancora sulla pelle l’aspro sapore di quella sofferenza.
Ma ecco che un altro volto le riaffiora alla mente: è il volto di
Robin, il suo primo amore, l’unico vero grande amore della sua vita;
a lui aveva dato il suo primo bacio.
Ricorda quella sera, una serata speciale, il cuore batteva a mille,
le tremavano le gambe e non sapeva cosa fare. Avrebbe voluto
piangere. Robin le era stato sempre vicino, nei momenti belli e
brutti, soprattutto quando il suo nonnino era andato via. Ma poi
la famiglia di lui era dovuta partire per lavoro e Robin aveva dovuto seguirli… il sogno si era infranto.
Da lontano si sentono i rintocchi del campanile della chiesa in
piazza; di notte, quando tutto tace e i rumori della quotidianità
frenetica cessano, è più facile udirli.
Beth si rende conto che è tardi. Deve preparare i bagagli. In questo stato di sospensione, si alza e va in soffitta per prendere le
valigie. Ma, un volta entrata, mentre si guarda intorno, nota qualcosa di familiare: la sua vecchia astronave, la navicella spaziale,
che il nonno le aveva regalato tanti anni prima.
Beth sorride, prende l’astronave tra le sue mani, la accarezza e la
stringe forte al suo cuore. Nel gesto, dalla navicella, cade un piccolo diario dai fogli un po’ ingialliti, ma non tanto da non riuscire
a capire quello che vi è scritto.
Beth sfoglia quelle pagine, lo sguardo le cade su una di esse. Dice:
Tra sogno e realtà
“21 Marzo 1960, inizio di primavera, la bambina è nata. Lo ammetto, ho sperato fino all’ultimo minuto che fosse un maschietto,
ma, vedendola lì così indifesa, con quegli occhioni azzurri, ho sentito subito che l’avrei amata più di me stesso. Certo, mi preoccupa
il pensiero di tutte le ingiustizie che dovrà subire, essendo una
donna, e gli ostacoli che incontrerà nel suo cammino. La società,
purtroppo, non si accorge di quanto una donna sia preziosa, lei
generatrice di miracoli, la parte della coppia più bella, lei che
rende il sentimento d’amore universale. La proteggerò”.
Beth sorride e continua a sfogliare. Legge l’ultima pagina, il nonno
si rivolge proprio a lei: “Mia piccola Beth, sappi che chi crede nei
sogni, prima o poi li vedrà realizzare e sarà premiato. Il mondo ti
attende”.
«Allora il nonno credeva in me!» esclama Beth, meravigliata.
Il viso le si illumina, ha un nodo alla gola e, a stento, riesce a trattenere il caldo pianto. All’improvviso, avverte un senso di vuoto dentro di sé, come una mancanza; si rende conto che una parte di lei è
volata via con il nonno ma, mai come in quel momento, lo sente vicino. Perché un sorriso, uno sguardo, un abbraccio, una carezza bastano per emozionare, ma quando è la scrittura a parlare essa lascia
un’emozione incancellabile, che non abbandona mai il cuore, anzi
sono attimi in esso, gli “attimi del cuore”. Beth ora sa cosa dovrà portare con sé sulla Luna, la più grande testimonianza d’amore.
Capitolo ottavo
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La notte scorre lenta, Beth non riesce a dormire, ed ecco l’alba
con i suoi dolci colori pronta a salutare un nuovo giorno, il suo
giorno.
Arriva a Cape Canaveral, la stazione spaziale; tutto è pronto
per la partenza. Deve indossare la tuta ed entrare nello shuttle.
L’avvince l’emozione, tra poco sarebbe stata vicina alla regina
d’argento, l’avrebbe toccata. Gli occhi scrutano la folla, come
alla ricerca di qualcosa, di qualcuno tra la gente venuta per assistere alla grandiosa impresa: per la prima volta il piede di una
donna toccherà il suolo lunare, e quella donna straordinaria sarà
proprio lei!
A un tratto, da lontano, le sembra di scorgere un volto familiare;
un ragazzo che sembra il suo Robin. Impossibile. E, invece, è proprio lui!
Il cuore in gola, distingue tutti i battiti, uno per uno. Il respiro si fa
pesante. Robin ha in mano una scatola colorata, lunga, sottile.
Di quale colore è? Non riesce a distinguerlo.
Il ragazzo si fa strada tra la folla, le è sempre più vicino, sgattaiola attraverso il servizio d’ordine che lo separa da lei e, così,
riesce a consegnarle il suo dono. I loro occhi si incontrano, per
un istante, un istante che dura una vita. In quel gioco di sguardi
si può scorgere tutto l’intreccio di emozioni e sensazioni, che da
sempre li unisce, e che proprio in questo giorno speciale lo ha
Tra sogno e realtà
spinto a correre da lei, dopo tanto tempo. Ora Beth ha tra le
mani la scatola, ora ne distingue il colore; è una scatola blu con
impresse tante piccole stelle d’argento e, su una di queste, con
un pennarello dorato è scritto: “Questo è il tuo sogno. Ma tu sei
il mio”.
Beth resta immobile, non fa in tempo a pronunciare nemmeno una
parola, non riesce a dirgli cosa tiene racchiuso dentro di sé, nel
suo cuore.
È ora. La stanno chiamando, deve andare. Apre in fretta la scatola, una macchia rossa le annebbia la vista, tante rose rosse,
bellissime rose rosse, dal lungo stelo, le sue preferite. Di ognuna
prende un petalo, li stringe tra le mani, li ripone in una tasca della
tuta e poi sfiora il suo viso, con un sorriso dipinto sulle labbra e
negli occhi. Quegli stessi occhi da sempre velati di malinconia,
ora finalmente si accendono di ritrovata gioia.
Beth sta per partire felice, si dà avvio al conto alla rovescia. Sta
per coronare il sogno di tutta una vita, il sogno per cui ha lottato
contro tutto e tutti, contro i pregiudizi, contro chiunque si sia
posto come ostacolo lungo il suo difficile cammino.
TRE.
Per tutta la vita non ha fatto altro. Lottare. Ora è lì, pronta al
lancio. “Guardami nonno” pensa “sii fiero di me”.
Capitolo ottavo
69
DUE.
Fino a quel momento lo scopo della sua vita è stato raggiungere
la regina d’argento, cavalcare il cielo ma ora non desidera altro
che rimettere piede sulla Madre Terra per abbracciare il suo
amore. Che è lì, ancora. Ora sa che, al suo ritorno, un nuovo sogno
la attenderà. Quel sogno è proprio lì, tra quella sconfinata folla
che invade l’intero piazzale, e segue il conto alla rovescia insieme
allo speaker.
Il suo sogno adesso ha un nome, Robin. Si volta e volge lo sguardo
al di fuori del piccolo finestrino dello shuttle. La sta guardando, e
lo farà anche mentre sarà lassù, sulla sua cara Luna.
UNO.
Partenza.
70
Tra sogno e realtà
CAPITOLO NONO
Stanza 125
«TRE… DUE… UNO…. PARTENZA! L’astronave sta per decollare.
Lentamente avanza nello spazio, ma… aspetta… quello cos’è…?
Per la prima volta nella storia dell’astronautica, una navicella sta
per essere risucchiata da un gigantesco buco nero! Si avverte la
base. Pericolo vortice. Pericolo, Neil, apri la bocca… qui è Beth
che parla. Pericolo!»
Il bambino sorride alla madre e tiene la bocca ben serrata.
«Niente».
Robin sospira mentre osserva lo sciroppo che traballa nel cucchiaio di Beth, che tenta invano di imboccare il figlio.
«È amaro» borbotta il piccolo Neil, girando la faccia.
«Non ne vuole proprio sapere» sbuffa Beth, con viso rassegnato.
«Sei andata a fare quel versamento?» chiede Robin a Beth mentre spalma il burro sul suo toast.
«Lo farò più tardi. Prima però vorrei fare un salto all’ospedale dal
vecchio Neil, sperando di trovarlo in condizioni migliori».
«Da quanto tempo non lo vedi?»
«Non ho sue notizie da quando ha avuto l’incidente. Il piccolo
verrà con me, la tosse mi preoccupa ancora».
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Stanza 125
«Come vuoi cara, io scappo in ufficio che è tardi. Oggi ho una
conferenza. A stasera».
Robin impugna la sua valigetta, fa scoccare un bacio sulla fronte
di Beth ed esce tranquillo.
Beth dà l’ultima occhiata allo specchio, l’ultimo colpo di cipria sul
naso.
Prende per mano Neil, salgono in auto, ingrana la marcia e accende la radio.
«Buongiorno amici ascoltatori, qui è David Joanson. E benvenuti al
nostro nuovo appuntamento della DJ News. Mi raccomando non
cambiate stazione, signore, questo giorno è dedicato a voi! Ebbene sì, non ci crederete, ma sono già passati dieci anni da
quando la nostra wonder woman Beth Sullivan toccò il suolo lunare! Beth, se ci stai ascoltando ti facciamo i nostri complimenti,
siamo fieri di te!»
Sorride Beth, al ricordo di quel 18 giugno del ’93: era una calda
mattina anche quella di dieci anni fa… sono già trascorsi dieci anni!
Beth, è assorta nei suoi pensieri come di solito accade quando è
al volante con il finestrino aperto, mentre il vento fresco e asciutto
le porta indietro i capelli. I suoi occhi blu si fermano sullo specchietto retrovisore sul quale è riflesso un primo raggio di sole mattutino che a stento le fa intravedere il suo piccolo Neil, che intanto
si è addormentato durante il tragitto.
Capitolo nono
73
“Stamattina gli ho allacciato le scarpe, gli ho preparato la colazione, sono stata una donna normale. Mi sento niente, piccola e
uguale. Eppure sono la prima donna che ha attraversato lo spazio, una donna speciale. Ma come faceva Neil a trovarsi lì quando
sono scesa da quell’astronave?! E perché io inconsciamente ho
cercato il suo sguardo senza neanche sapere che ci fosse?! E
quando l’ho trovato mi ci sono persa dentro. Non ho visto nient’altro, non ho trovato nulla che valesse più di quella approvazione nel suo sguardo… Quant’è bello, quant’è dolce questo mio
cucciolo che dorme. Cosa starà sognando adesso? Se non scopri nulla o se non fai qualcosa di speciale, non sei nessuno! E a
volte rischi di essere nessuno pur essendo la prima donna ad aver
messo piede nello spazio. Non lo so. Non so niente, solo che devo
comprare il regalo di compleanno a Robin. C’è una gioielleria. Potrei passare di qui domani. Anche Robin era lì il giorno del mio atterraggio. Lui era stato il mio sogno, un sogno sulla Terra mentre ero
nell’universo. Eppure io Robin l’ho visto dopo. E adesso mi ritrovo
ogni sera a dormirgli accanto, mi ritrovo questa fede al dito; mi ritrovo ad aiutarlo a prepararsi, a fargli il nodo alla cravatta, quella
rossa è la mia preferita, anche se è rovinata; dovrei comprargliene
un’altra: potrebbe essere il regalo per il compleanno da parte del
piccolo Neil. Neil, mio figlio, nostro figlio: ogni giorno, ogni volta
che lo chiamo, mi riporta in mente quell’incrocio di sguardi tra me
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Stanza 125
e Armstrong mentre scendevo i dieci gradini della navicella. In
quegli occhi ho visto tanto coraggio, tanta voglia di amicizia,
tante passioni. Sapevo che da quel momento lui sarebbe stato
una parte importante della mia vita. Vedevo un fuoco che non si
sarebbe mai spento, per aver portato avanti quegli ideali che un
uomo ha semplicemente sognato. Ed era il mio stesso sogno, ci
pensate? Quanto è lungo questo viaggio. Il ritorno sarà ancora
più stancante. Chi preparerà il pranzo a Robin? Forse chiamo
mamma per dirle di invitarlo a pranzo da lei. Mamma l’ha sempre
preso bene questo mio rapporto con Robin. Com’era bella al matrimonio. Emozionata mi ha detto: ‘È quello giusto’ e lo credo anch’io. L’ho sempre saputo.
“Al nostro viaggio di nozze, siamo stati su un’isola in mezzo al mare.
La mia luna di miele. Mi sentivo la regina dell’universo: la tranquillità assoluta, lo spazio, il cielo, la Luna. La Luna di Neil Armstrong,
tanto favolosa. Luna d’argento e di miele… la mia luna di miele. E
lo spazio tutto mio. L’universo di Beth Sullivan. Un universo di amore.
Tutto è amore; l’universo non è che amore. ‘Base chiama Beth!’
Questa frase riecheggia ancora così spesso nella mia mente. E ripenso a quel momento, quello in cui dovevo tornare… Addio
Luna, che mi hai guardato ogni notte dall’alto; addio pianeti ancora sconosciuti, sentinelle delle stelle mentre splende il sole.
Addio stelle, innumerevoli nella galassia. Addio nonno, stella più
Capitolo nono
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luminosa, tu che hai creduto in me, ma non hai mai avuto la forza
di opporti a quello che pensava la società nei confronti di una
donna; ora devo andare. Guardami, cercami sempre e non lasciarmi mai”.
Le parole dello speaker alla radio interrompono i pensieri di Beth
che nel frattempo è arrivata in ospedale.
«Svegliati Neil, siamo arrivati per fortuna! Non perdiamo altro
tempo».
Beth e Neil scendono dalla macchina ed entrano nell’ospedale:
subito avvertono l’odore consueto di alcool e disinfettanti.
Reparto Ortopedia. Stanza 125.
«Sorpresa!» La voce fresca del piccolo Neil arriva nella stanza di
Armstrong.
«Oh, piccolo Neil, non mi aspettavo di vederti! Hai imparato a pedalare sulla nuova bici senza rotelle?»
«Certo! Non vedi quanto sono cresciuto?» sillaba Neil, alzandosi
sulle punte dei piedi.
«Sfiori quasi il soffitto» risponde Armstrong con tono divertito.
«Ehi, prima donna spaziale, mi hai portato un frammento di stella?»
ride rivolgendosi a Beth, la quale rimane sorpresa; Neil si è ricordato della sua grande impresa di dieci anni prima.
«Ti ho portato l’universo intero! Non lo vedi? È qui di fronte a te! Allora… come stai…? Sei solo? Liz non c’è?»
Stanza 125
Neil non risponde subito, sta lì a pensare a quante cose siano successe tutte insieme nell’ultimo periodo: la crisi con la moglie, l’incidente. Quella fede nuziale incastrata in un meccanismo del trattore,
in quella campagna dove da anni si era ritirato per vivere il suo privato lontano dai rumori del mondo. Quell’ingranaggio del trattore
si era portato via la sua fede nuziale, gli aveva strappato l’anulare,
un dolore atroce, un dolore nell’anima che durava da mesi ormai, da
quando Liz da quella campagna se n’era andata via.
«La verità, Beth, è che dopo il mio viaggio sono entrato in un vortice di depressione. Mi sentivo mercificato, usato, ho dato per
scontata la sua presenza… e lei se ne è andata. Solo in quel momento ho capito quanto fosse importante per me, ma era troppo
tardi, Liz ormai non mi amava più. Era troppo lontana da me, lontana, più della Luna. E questo episodio della fede nuziale, che mi
ha tolto persino una falange, è la prova fisica che da quando la
fede che ci legava è andata persa, la vita ha cominciato a consumarmi. La mano speciale, quella con cui avevo strappato il frammento di Luna, quella dove portavo l’anello di Liz. Un dolore
atroce, un dito mancante, una moglie mancante.
«Sì, sarò diventato l’icona d’America e del mondo, ma Beth, se non
hai chi ti attende a casa, se non hai una ragione per andare
avanti, se non hai l’amore, la vita sembrerà sempre così inutile! Mi
mancano le voci allegre dei bambini che ansiosi aspettavano il
Capitolo nono
77
mio ritorno dopo un mio viaggio: ora potrei partire e nessuno se ne
accorgerebbe».
Lo sguardo di Armstrong si posa sul sorriso del piccolo Neil che
sta giocando ai piedi del letto; gli ricorda le mattine successive al
suo grande traguardo, quando i suoi bimbi lo consideravano il
papà più coraggioso, più importante, più megagalattico del
mondo!
La voce è quasi un sussurro mentre continua a parlare e a stringere
la mano calda di Beth.
«Beth, tu sei una donna forte, d’esempio per tutte quelle che si sacrificano ogni giorno per amore e per i figli. Attenta a quello che
vuoi, coltiva quello che hai, tieni stretto il tuo sogno al tuo cuore…
se non vuoi che tutto sfumi».
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Stanza 125
CAPITOLO DECIMO
Eroi di tutti i giorni
Qualche sera dopo Beth non riesce a dormire, così si stende sotto
il cielo stellato. Pensa alle parole del suo mito: com’è possibile che
un uomo del calibro di Neil, acclamato dalla folla dei suoi tempi,
adesso si ritrovi solo e perso?
L’ultima volta che è andata in ospedale a trovarlo lui le ha consegnato una lettera per Liz e poi, con la voce dolce di chi è già
altrove, le ha detto: «Sai Beth, pensavo ti fossi dimenticata di me.
Nel periodo in cui mia moglie se ne è andata, mi sono sentito solo,
abbandonato da tutti. Penso che tu questo già lo abbia intuito,
altrimenti non saresti qui. Sai, avevo bisogno di qualcuno vicino a
me dopo l’allontanamento anche dei miei figli, per questo sei diventata la mia migliore amica.
«Maledizione! Non è facile morire: è da giorni che questi muri guardano la stessa faccia sofferente, priva di emozione, con le guance
scavate da lacrime che costantemente allagano non solo il viso
ma anche il cuore. Nessuno ha la minima idea di quanto sia soffocante, insopportabile e opprimente restare chiuso qui senza dire
una parola, senza alcuna rassicurazione, senza capire se c’è ancora qualcuno là fuori pronto ad aspettarti! A nessuno importa di
questo. D’altronde è così che si fa adesso: si pensa solamente a
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Eroi di tutti i giorni
se stessi, perché pensare a qualcun altro al di fuori di sé significherebbe sacrificio e perdita di tempo. Sarà paura? O forse semplicemente pigrizia? Io non chiedo soltanto una semplice pacca
sulla spalla, un sorriso, una stretta di mano: chiedo di esserci ancora per qualcuno, anche solo per cinque minuti al giorno».
La notte è silenziosa, si sente solo il sussurrare del vento tra le foglie degli alberi, come se il mondo fosse fermo. Lei, la Luna, è sempre là, tra le stelle, sogno dei viaggiatori, guida dei dispersi. La
regina d’argento è ancora lassù a proteggere gli uomini dalle tenebre; Beth continua a fissarla cercando, in qualche modo, conforto dal suo mantello di luce argentata che copre la superficie
terrestre, pensando alla fatica che ha dovuto sopportare per raggiungerla anche se adesso, a volte, non riesce nemmeno lei a inquadrare cosa abbia rappresentato nella sua esistenza.
Ora tocca a lei comprendere gli insegnamenti del suo idolo e non
ripeterne gli errori. “Nella vita” pensa “certe volte è meglio accontentarsi della solita routine che ostinarsi nel raggiungimento
del proprio obiettivo: non servono grandi soddisfazioni per realizzare se stessi. Equilibrio. Restare ancorati a qualcosa è necessario per andare avanti e andare avanti è necessario per poter
dimostrare a noi stessi di essere migliori di quel che eravamo ieri”.
Poi il piccolo Neil inizia a tossire e Beth viene richiamata alla reCapitolo decimo
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altà, ma solo per un attimo perché ben presto ricomincia a pensare a tutto quello che aveva dovuto affrontare per arrivare lassù.
Perché lo aveva fatto poi? Per dimostrare a se stessa che poteva
riuscirci. Già... ma a se stessa o a suo nonno? Aveva sempre voluto
credere che la verità risiedesse nella prima ipotesi, ma ora, dopo
l’ultimo incontro con Armstrong, non ne era più tanto sicura.
Dopo alcuni giorni Neil viene operato d’urgenza: parziale occlusione nelle arterie che portano il sangue il cuore.
Nella mente della ragazza regna il delirio totale. Lo sbarco, la bandiera, il ritorno, tutte le domande che non gli aveva fatto da bambina… tutte le domande che avrebbe voluto porgli ancora adesso.
Lui non poteva morire! Lui era il suo mito e i miti non possono volatilizzarsi! Non poteva andarsene, il suo posto era qua, sulla Terra!
“Non è vero” riflette Beth nella sala d’attesa dell’ospedale “i nomi
Neil Armstrong e Terra non sono mai andati d’accordo, il suo posto
nel mondo è il cielo, lo è sempre stato”.
E in quel momento vede l’infermiera correre a chiamare il medico
di turno: una luce lampeggia sopra la porta della stanza del suo
maestro che, silenziosamente, le dice addio per sempre.
Al funerale, oltre ai media, ad Aldrin, a tutto il corpo degli astronauti che avevano compiuto questo grande passo nella storia,
riesce a scorgere tra la folla una donna anziana, accompagnata
da due che dovevano essere i suoi figli. Non vi è ombra di dubbio: si tratta di Elizabeth.
82
Eroi di tutti i giorni
Certo è passato moltissimo tempo da quando il suo amico Neil
l’aveva vista per l’ultima volta ma le sue descrizioni hanno disegnato nella sua mente una donna che non poteva che essere lei.
A Neil, Beth deve tutto, ora tocca a lei fare qualcosa per lui.
«Mi scusi… lei è Elizabeth?»
«Sì…»
«Io sono Beth Sullivan, volevo dirle che conoscevo suo marito,
cioè il suo ex marito».
Una pausa e un incrocio di sguardi.
«Ecco, quando andavo a trovarlo mi parlava sempre di lei. Prima
di morire lui mi ha lasciato una lettera per lei».
«Una lettera?»
«Credo che lei debba leggerla: non ha mai avuto il coraggio di
cercarla per dirglielo personalmente... ma lui ha sempre e solo
amato la sua Liz!»
Una lacrima graffia il viso della vedova mentre apre la busta. Forse
anche lei non lo ho mai dimenticato. Forse l’amore non è sparito
anche se ha cambiato forma.
Un pomeriggio di qualche tempo dopo, Beth sente alla radio dell’inaugurazione di un nuovo Museo aerospaziale della NASA, in
onore degli astronauti protagonisti della missione sulla Luna.
Entrando con suo figlio al fianco, vede subito la statua che rappresenta Buzz e Mike mentre guardano Armstrong piantare la bandiera americana sul suolo lunare.
Capitolo decimo
83
Non riesce più a trattenere le lacrime, quando Neil corre da lei urlando: «Mamma! Ho visto anche la tua statua!»
La strattona ma lei, con il viso bagnato di un pianto rugiadoso,
non si muove. Non sente il bisogno di vedersi immortalata in quell’attimo di gloria.
Quello è stato un sogno, la mano di suo figlio nella sua è la realtà.
84
Eroi di tutti i giorni
CAPITOLO UNDICESIMO
Saldare la Terra con il Cielo
86
Non basta un mese per dimenticare…
Liz si sente profondamente triste, le manca così tanto Neil, lo stesso
Neil che l’aveva trascurata e lasciata sola, ma anche così tanto
amata. Lo stesso Neil che aveva dato per scontato la sua presenza, il suo amore, credendo che lei non sarebbe mai andata
via.
Come aveva potuto pensare che non avesse più bisogno di attenzioni, di carezze, di un ti amo detto sotto le stelle, ammirando
la dea d’argento in una notte d’estate?
Mentre è assorta nei suoi pensieri, arrivano a casa Erik e Mark.
Dagli occhi della madre, Mark si accorge che qualcosa in lei è
cambiato. Vede la stessa tristezza di quel periodo in cui lei e suo
padre si erano separati. Così, per distoglierla da quei pensieri cupi
e tristi, la invita a uscire con loro.
Arrivati al ristorante, Liz vede la donna che le ha consegnato la
lettera al funerale.
È lei. Beth Sullivan, la donna che ha in comune con il suo Neil quel
fantastico viaggio sulla Luna che, pur essendo stato una conquista dal punto di vista umanitario, era stato in grado di distruggere
per sempre il suo matrimonio.
Saldare la Terra con il Cielo
Beth si gira per chiamare il cameriere e appena nota Liz si alza di
scatto per andare da lei.
«Ciao Liz, sono Beth Sullivan, ti ricordi di me?»
«Sì, mi ricordo Beth, e poi chi non conosce la prima donna che ha
toccato il suolo lunare?»
«Non credo di essere una persona memorabile, sono una donna
come tutte le altre. Volete accomodarvi al mio tavolo? Sono sola
con mio figlio Neil, vedo che tu sei con Erik e Mark. Neil mi ha parlato tanto anche di loro. Sai Liz, andare sulla Luna è stato il mio
sogno fin da bambina. Questa passione è nata grazie a Neil, non
potrò mai dimenticare il mio telescopio di cartone, con cui cercavo di vedere i miei eroi, gli astronauti, né l’euforia che provavo
nel vederli alla televisione».
«Già, è stato veramente emozionante, lo ricordo come se fosse
ieri, mi tornano alla mente così tanti bei ricordi, io, Mark ed Erik incollati alla TV o con lo sguardo rivolto verso il cielo coperto di
stelle brillanti, fissando la dea argentata con così tanto stupore.
Non ricordo d’aver mai guardato la luna così nella mia vita, era
come se l’avessi riscoperta. Tu hai inseguito il tuo sogno, come
Neil, e ce l’hai fatta».
E Beth annuendo: «Sì, è vero, ci sono riuscita. Ma è stata dura, ho
dovuto combattere contro tanti pregiudizi. Oggi mi rendo conto
che ho realizzato questo sogno non solo per me, ma per tutte le
Capitolo undicesimo
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88
donne, per dimostrare che siamo coraggiose e in grado di superare grandi ostacoli nella vita. D’altronde chi meglio delle donne
è capace di affrontare le difficoltà?»
«Non so Beth, a volte ci lasciamo anche sopraffare dai problemi,
non siamo poi così forti!» ribatte Liz con un’aria rassegnata.
Beth, avverte il senso della sconfitta nella voce della donna e,
con tono rassicurante ma anche un po’ ironico, le dice: «Io penso
che abbiamo la forza e l’intelligenza per affrontare le difficoltà, le
prove che la vita ci pone davanti. Ma a volte, nel tentativo di capire, ci arrovelliamo un po’ troppo sul perché delle cose: facciamo
fatica ad accettarle per come sono. Le donne forti amano le soluzioni difficili».
Poi, poggiando la sua mano su quella di Liz, con dolcezza continua: «Sai, Neil tempo fa mi ha raccontato che quando è arrivato
sulla Luna non pensava di essere un eroe né una persona straordinaria. Nonostante l’impresa compiuta, riteneva che l’essere eccezionale fossi tu, perché riuscivi ad affrontare i problemi
quotidiani con leggerezza. In confronto a te si sentiva un nulla, un
piccolo satellite che orbita intorno a un grande pianeta. Ti amava
e ti stimava immensamente».
«Anch’io l’ho sempre amato e rispettato, ma al suo ritorno dalla
missione era cambiato. Viveva con noi, però sembrava essere con
la testa sempre altrove!» confessa e, guardandola negli occhi,
Saldare la Terra con il Cielo
aggiunge: «Tu sei stata coraggiosa, hai scelto di intraprendere
l’avventura lunare. Cosa hai vissuto? Quanto ti ha cambiata? Vorrei capire!»
«È un’esperienza straordinaria, di un’emozione talmente forte che
il resto a confronto è il nulla».
Si ferma qualche istante a riflettere e poi continua: «Non sarei mai
riuscita a riprendere la vita di prima al ritorno dalla Luna. Dopo,
tutto assume un significato diverso. Sono stata fortunata, ho trovato Robin e un futuro da costruire, insieme».
Liz rimane immobile, fissa il vuoto e pensa che forse quel viaggio
sulla Luna aveva coinvolto a tal punto Neil da sminuire ogni sentimento provato per lei, per i ragazzi, per la loro vita fino a quel
momento…
«Vorrei chiederti una cosa Beth, da quanto tempo non vai al cimitero da Neil?»
«Circa una settimana, perché me lo chiedi?»
«Perché io non sono mai andata, non ne ho il coraggio, ho paura
di soffrire, di sentirmi male, di non riuscire ad accettare il fatto che
lui sia morto, che abbia raggiunto la nostra piccola Karen. Pur essendo passato così tanto tempo da quando ci siamo separati, ancora non ero riuscita ad ammettere che fosse accaduto, avevo
solo accantonato i miei sentimenti, li avevo messi da parte come
lui aveva fatto con me, solo per ripicca, ma in cuor mio speravo
Capitolo undicesimo
89
che potessimo tornare insieme. Come farò a vivere dopo la sua
morte?»
«Liz, affronterai la sua morte, ce la farai, non preoccuparti e,
anche se ci conosciamo da poco, ti sarò vicina. Domani andremo
al cimitero da Neil».
«Grazie, Beth».
In quel momento Beth comprende che l’affetto che l’ha legata al
grande Armstrong continua con i suoi cari e sorride a Liz.
«Ti vengo a prendere io, verso le dieci. Adesso devo scappare. Su
Neil andiamo. Ciao Liz, a domani!»
Tornata a casa, Beth pensa a ciò che ha detto a Liz “le donne
sono forti”. Se lo ripete spesso, ma andare sulla Luna aveva veramente risanato l’orgoglio femminile? Aveva veramente aiutato le
donne a sconfiggere le discriminazioni? Le uniche parole che le
vengono in mente sono quelle del nonno, un uomo che era totalmente in disaccordo con il suo sogno e con l’allunaggio di Neil
Armstrong. Un uomo razionale che riteneva che non ci fosse nulla
di sensato nella conquista di quello che lui considerava un luogo
desolato e senza alcun valore. C’erano cose di gran lunga più importanti, c’erano persone senza una casa, che non avevano da
mangiare, che lottavano tra la vita e la morte contro malattie incurabili, persone che combattevano per l’affermazione dei propri
diritti. E così comincia a riflettere. In fondo suo nonno non aveva
90
Saldare la Terra con il Cielo
tutti i torti. Ripensa al suo diario, lo aveva portato sulla Luna con
sé. Lo riprende e incomincia a rileggerlo; quelle parole avevano
sempre lo stesso effetto su di lei. Le lacrime scendono lente sul suo
viso. Il nonno l’avrebbe sempre protetta e in qualche modo era
come se lo avesse accanto.
Si rende conto di essere una privilegiata: una donna libera che
gode di ogni diritto, vive in un Paese democratico, la culla della
democrazia, è autonoma economicamente, ha un uomo che la
ama e nessuna costrizione. Per riscattare la sua condizione femminile è riuscita ad andare sulla Luna, ma la sua conquista aveva
davvero cambiato il mondo? Oppure gli ideali del nonno erano
realmente più importanti della missione sulla Luna?
Riflette a lungo sulle parole del nonno e, assorta, alla fine, si addormenta.
La mattina a svegliarla è un raggio di sole che penetra dalla finestra e le accarezza il viso.
Robin la bacia con delicatezza e, premuroso come sempre, le prepara la colazione.
Escono di casa con la solita fretta, Beth accompagna Neil a
scuola e passa a prendere Liz.
In auto, superato il centro cittadino si avviano verso una zona residenziale di periferia; i colori della natura esplodono nell’autunno
americano.
Capitolo undicesimo
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Guardando fuori dal finestrino Liz riflette ad alta voce: «La città non
mi è mai sembrata così bella, eppure malinconica! Sento che i miei
occhi hanno cambiato il loro sguardo da quando Neil non c’è più».
Beth le sorride con dolcezza e per stemperare la tensione che c’è
tra loro le chiede: «Accendiamo la radio per ascoltare le news
del mattino?»
Liz annuisce e dopo la sigla di apertura sentono la voce dello
speaker: “Buongiorno, cominciamo con le notizie internazionali di
oggi, giovedì 18 settembre 2012.
Parigi: le attiviste ucraine di Femen, celebri per le proteste contro
le violazioni dei diritti delle donne, hanno aperto il loro primo Centro internazionale, lo spazio servirà per il reclutamento e il training
di nuove attiviste…
Siria: la comunità internazionale tradisce i bambini della Siria, denuncia Save the Children, dopo un anno di guerra nel Paese Mediorientale. Il collasso del sistema sanitario sta mettendo a rischio
la vita e rendendo disabili tantissimi bambini… Una crisi umanitaria e sanitaria cui solo la comunità internazionale può rispondere…”
«Abbiamo conquistato la Luna, ma non abbiamo ancora dato pari
dignità a tutte le persone…» commenta Beth, guardando Liz.
«Bisognerebbe saldare la Terra con il Cielo» è la sua risposta che
risuona come una profezia.
92
Saldare la Terra con il Cielo
CAPITOLO DODICESIMO
Una lettera dal Cielo
Arrivate al cimitero Beth parcheggia l’auto e, insieme a Liz, si avvia
verso la tomba di Neil.
In quel silenzio, in cui si può riconoscere anche il fruscio delle foglie dei pioppi mosse da un leggero vento autunnale, Liz avverte
finalmente un profondo senso di pace, grazie anche alla presenza
rassicurante di Beth.
Insieme si dirigono verso la lapide, su cui sono impressi i nomi di
Karen e Neil Armstrong, e vi posano sopra un mazzo di fiori cremisi
e arancio; anche gli alberi intorno hanno ormai gli stessi colori dell’autunno.
Liz è colta da una grande tristezza e da un’immensa malinconia rivedendo le foto della figlia e dell’ex marito, un Neil ancora giovane, ritratto con la tuta blu della NASA. Il viso della piccola
Karen, incorniciato da biondi ricci scomposti, è sorridente: una
bambina serena prima che la malattia ne trasformasse il volto e
l’espressione. Quello era stato il periodo in cui tutto era cominciato e, forse, anche finito. Il ricordo dei suoi cari la commuove
profondamente e si sente quasi mancare.
Beth avverte il suo tremore e le prende la mano; vuole darle forza
e farle capire che non è sola.
94
Una lettera dal Cielo
Quel particolare momento, di intima sintonia, è interrotto dalla
voce di Liz che sussurra: «Ricordi quanto ti ho detto prima? “Bisognerebbe saldare la Terra con il Cielo”: è una frase della lettera
di Neil che mi ha molto colpito».
«Continuo a pensarci da quando lo hai detto… ma non è facile
congiungere la Terra con il Cielo» risponde Beth.
«Dobbiamo provarci! È il compito che ci ha lasciato Neil» aggiunse Liz.
«A cosa ti riferisci?»
«Nella sua lettera si dichiara, ancora una volta, amareggiato dalla
speculazione fatta sul suo nome e sulla sua impresa e rivela di aver
sempre avvertito fortissima, dentro di sé, l’esigenza di fare per gli
altri qualcosa che potesse migliorarne la vita; aveva sempre desiderato utilizzare parte di quanto ricavato dal suo ruolo di testimonial, sui media e in vari eventi, per iniziative benefiche e
umanitarie, ma il tempo non gli era bastato. Mi chiede perciò di
realizzare il suo progetto» conclude Liz.
Beth non è sorpresa da questa rivelazione; in tutti questi anni ha
imparato a conoscere l’animo sensibile di Neil, la sua determinazione e il suo altruismo. Chi è stato sulla Luna riesce a guardare il
mondo da una prospettiva diversa, ma questo modo di vedere le
cose pian piano si dimentica, una volta tornati alla quotidianità
della Terra.
Capitolo dodicesimo
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Beth lo sa bene, anche a lei era capitato. La lettera di Neil la riporta indietro, alle emozioni di quel 18 giugno del ’93 e all’affetto
che, negli anni, l’ha legata all’anziano astronauta. Per questo si ritiene fortunata; l’amicizia con Neil e il profondo legame con il
nonno l’hanno fatta sempre riflettere sui valori importanti della vita
e sulle tante diseguaglianze e ingiustizie sociali. Mentre si conquistava lo spazio, sulla Terra la gente continuava a soffrire la fame,
a non avere un tetto sulla testa e a morire di malattie incurabili,
così com’era successo a sua nonna e a Karen. Questa consapevolezza spiegava il desiderio di Neil di condividere una parte
della sua fortuna, anche economica, con chi ne aveva bisogno.
A quel punto Beth ha le idee chiare: devono provarci e, sicuramente, essere in due le avrebbe agevolate. Il loro cammino non sarebbe stato facile, né privo di ostacoli e nemici. Questo però non
deve scoraggiarle; se lei ha realizzato il suo sogno, in un tempo in
cui tutti lo consideravano impossibile, insieme forse sarebbero riuscite a concretizzare anche il progetto di Neil.
«Neil se lo merita. Glielo dobbiamo» mormora Beth ancora presa
dalle sue riflessioni; il cimitero però non è il luogo per definire i
tempi e i modi dell’impresa che vogliono compiere. Dopo aver recitato una preghiera per Neil, si incamminano verso l’uscita.
Beth accompagna a casa Liz che, appena entrata, esausta, si lascia cadere sul vecchio divano, ancora scossa dalle emozioni di
quella mattina.
Una lettera dal Cielo
«Mamma… mamma…» l’eco di una voce lontana, ma familiare, risuona nella mente di Liz.
Si ritrova in ospedale, il lamento sembra provenire da una punto
remoto, in fondo a un lungo corridoio; rivede la stanza dove
Karen, lottando contro un male implacabile, a fatica ripeteva il
suo nome, in cerca di aiuto, mentre respirava affannosamente. Rivede nel sogno i momenti di dolore impotente e di angoscia che,
insieme a Neil, aveva provato al capezzale di sua figlia mentre
veniva divorata dalla malattia; quei terribili ricordi, che per tanto
tempo la sua mente aveva rimosso, riaffiorano in tutta la loro intensità.
Mentre torna lentamente alla realtà realizza quanto, a distanza
di anni, quel dolore sia ancora insopportabile. Capisce che, ancora una volta, ha bisogno dell’aiuto di Beth. Si alza di colpo e il
primo istinto la porta davanti al telefono a digitare il suo numero.
«Pronto?»
«Sono Liz, ho bisogno di parlarti. Quando ci vediamo?»
Meravigliata, e anche un po’ preoccupata, Beth chiede: «È successo qualcosa?»
«Te ne parlerò di persona» riprende Liz.
«Possiamo incontrarci per cena al ristorante Red Moon alle ore
20:00, se ti va bene».
«Ok, ci vediamo lì».
Capitolo dodicesimo
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Decide di prepararsi un caffè per riprendersi. Nell’attesa che la
bevanda sia pronta, ritorna al sogno appena fatto cercando di
coglierne il significato e il legame con gli eventi della mattinata.
Forse anche Karen vuole mandarle un segnale.
I propositi condivisi con Beth, sino ad allora confusi, si avviano
verso la giusta direzione: il lascito di Neil sarebbe servito per finanziare la ricerca di terapie efficaci contro il cancro al cervello,
che colpisce ancora tanti bambini. Questa è la cosa giusta da
fare.
Quando Liz arriva al ristorante trova Beth ad attenderla: si salutano con affetto e si accomodano, ordinando qualcosa da mangiare.
Liz le racconta il sogno e le conclusioni cui è arrivata; Beth istintivamente si dice d’accordo, mentre le tornano in mente le amare
riflessioni che aveva sentito tante volte fare al nonno. Compreso
che lui non era contrario al suo sogno ma riteneva, come moltissimi
altri americani, che i fondi per i progetti spaziali fossero sprecati
e che fosse più urgente e necessario risolvere i problemi della
Terra, prima di andare sulla Luna.
E invece il lascito di Neil, frutto della sua carriera di uomo del
cielo, sarebbe servito per alleviare un po’ le sofferenze dell’umanità, esaudendo così anche i desideri del nonno: non a caso proprio il direttore scientifico della NASA, Ernst Stuhlinger, aveva
Una lettera dal Cielo
affermato: «C’è la continua, grande necessità di realizzare nuove
scoperte scientifiche, se vogliamo migliorare le condizioni della
vita umana sulla Terra».
Beth cita questa frase a Liz, spiegandole che la ricorda a memoria perché è parte della sua tesi di laurea in cui aveva approfondito le applicazioni delle nuove tecnologie in vari settori.
«Le conoscenze acquisite con i programmi spaziali nei campi
della fisica, della chimica, della biologia e soprattutto della medicina sono utili per affrontare tutti quei problemi che minacciano
l’esistenza della vita umana: la fame, le malattie, la contaminazione del cibo e delle acque, l’inquinamento e i cambiamenti
ambientali» conclude, rassicurandola sul suo appoggio.
A fine serata si salutano e decidono di rivedersi quanto prima,
per mettere a punto tutti i termini dell’iniziativa e prendere un appuntamento con il solicitor, che le avrebbe aiutate nella cura
degli aspetti burocratici. Si trattava di scegliere uno strumento
giuridico che non avesse conseguenze spiacevoli e imprevedibili.
Il solicitor le rassicura: «Mi sembra un’ottima idea, farò tutto
quanto è necessario per la vostra Associazione, provvederò anch’io alla sua fondazione, così il patrimonio che vorrete finalizzare al vostro progetto avrà sicuramente quella destinazione,
senza alcun rischio di strumentalizzazione».
Capitolo dodicesimo
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Dopo circa una settimana vengono richiamate: è nata la Kareil Incorporation, una fondazione benefica che si sarebbe occupata
dei bambini malati di cancro, finanziando le ricerche, e avrebbe
fornito supporto medico, economico e psicologico ai piccoli malati e alle loro famiglie.
Liz e Beth hanno raggiunto il loro obiettivo, ma quanta strada ancora da fare! Si guardano negli occhi con soddisfazione, pur sapendo che questo è soltanto l’inizio e che da questo momento la
loro vita sarebbe cambiata.
Beth dice, quasi per darle forza: «Mia cara amica, la felicità consiste nella lotta per far trionfare i sogni e gli ideali» e a Liz venne
in mente quando al college, durante una lezione di filosofia,
aveva ascoltato, colpita, l’affermazione di Kant «Due cose riempiono l’animo di ammirazione: “il cielo stellato sopra di me e la
legge morale dentro di me”. Rispetto all’universo l’uomo è una
creatura finita ma dentro di sé, attraverso la legge morale, egli
sperimenta un’esistenza indipendente dal mondo sensibile che,
sempre per dirla con Kant, “…si estende all’infinito”».
Loro, due donne, hanno lottato per contribuire a saldare la Terra
con il Cielo.
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Una lettera dal Cielo
APPENDICE
1. Un sogno realizzato
Liceo Statale “A. Galizia” di Nocera Inferiore – Classe III Am (Indirizzo Musicale)
Dirigente Scolastico
Maria Giuseppa Vigorito
Docente referente della Staffetta
Alessandro Califano, Anna Garofalo
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Gerarda Luciano
Gli studenti/scrittori della classe III Am
Lucia Di Casola, Bianca Stile, Maria Giovanna Bosco, Giovanna Basile, Martina
Flauto, Francesco Calabrese, Agostino Giannini, Luca Battipaglia, Raffaele Ficuciello.
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Gli alunni, alla loro prima esperienza di staffetta, hanno accolto l’invito con
molto entusiasmo. Dopo aver impartito loro solo alcune regole e direttive, hanno
saputo svolgere il lavoro in maniera autonoma. Essendo una docente di Inglese
(non di Italiano), non ho avuto molto tempo in classe per svolgere il lavoro con
gli allievi, e mi sono sorpresa nel constatare che questi si erano detti disposti a
ritardare l’uscita, pur di lavorare alla composizione del capitolo. Gli alunni sono
molto vivaci ed irrequieti nelle ore curriculari, ma in questa fase della scrittura
hanno mostrato entusiasmo e correttezza, svolgendo il lavoro con sana competizione e tanta creatività. Grazie”.
APPENDICE
2. La Luna a stelle e strisce
Liceo Classico “Terenzio Mamiani” di Pesaro – Classe II B
Dirigente Scolastico
Marcella Tinazzi
Docente referente della Staffetta
Simonetta Ligi
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Simonetta Ligi
Gli studenti/scrittori della classe II B
Beatrice Baldelli, Filippo Barbatosta, Virginia Cafiero, Piergiuseppe Capriotti,
Giovanni Eusebi, Elena Facenda, Halima Fatimi, Silvia Filipucci, Vanessa Gattoni,
Federico Belfiore Marchetti, Cecilia Marcolini, Filippo Neri, Laura Pagnini, Stefania Patrignani, Martina Pensalfini, Costanza Porcellini, Diana Pottetti, Diego Rapa,
Alessia Sabatini, Nicolò Santi, Giovanni Sinibaldi, Greta Tartaglia, Camilla Valentini
Hanno scritto dell’esperienza:
“… L’esperienza è stata apprezzata dai ragazzi perché si sono cimentati in una
modalità di scrittura insolita. Infatti, hanno inizialmente lavorato in piccoli gruppi
per una prima stesura del capitolo e poi in classe, cercando di selezionare le
parti più significative di ciascun elaborato, e dando prova di una generosa collaborazione”.
APPENDICE
3. Luna, dea splendente, protettrice di tutta l’umanità
Liceo Scientifico Linguistico “A. M. De Carlo” di Giugliano in Campania – Indirizzo Scientifico sezioni A/B/F/G/H/L/M; indirizzo Linguistico sezioni A/B/C
Dirigente Scolastico
Carmela Mugione
Docente referente della Staffetta
Anna Stanziano
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Anna Stanziano
Gli studenti/scrittori delle classi Indirizzo Scientifico sezioni A/B/F/G/H/L/M; indirizzo Linguistico sezioni A/B/C
Alessandra Aronne, Alessandro Battista, Sabrina Bellantonio, Mariano Campajola, Carlo Capasso, Mary Catone, Giusy Ciccarelli, Federica Colmayer, Simona
Criscuolo, Marika Di Giacomo, Carmen Di Martino, Salvatore Esposito, Chiara
Giordano, Antonio Iorio, Emanuela Maisto, Terry Maisto, Ilaria Marano, Giusy Micillo, Marco Preziuso, Giusy Ruggiano, Giada Russo, Giuseppe Russo,
Salvatore Sabatano, Miriam Sabella, Giulia Simeoli, Gloria Smarrazzo, Eleonora
Spagnolo, Elena Spina, Maria Chiara Vacca
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Il Liceo De Carlo aveva già partecipato con molto entusiasmo alla scorsa
edizione della staffetta; anche quest’anno si è scelto di lavorare per micro gruppi
misti, ciascuno formato da 3-4 alunni provenienti da classi diverse. Gli alunni
stessi, poi, hanno deciso tramite una votazione quale fosse il micro gruppo che
aveva prodotto il lavoro più accattivante. Il risultato è stato ancora una volta
sorprendente: nonostante il periodo di agitazione studentesca, tutti gli alunni
hanno partecipato con energia e puntualità ad ogni fase del lavoro. Essi stessi
hanno definito questa esperienza interessante, stimolante e divertente. I ragazzi
-se seguiti con dedizione- sono davvero capaci di produrre risultati notevoli!”.
APPENDICE
4. Il mare della tranquillità
Liceo Artistico “Duccio di Buoninsegna” di Siena – Classe II B
Dirigente Scolastico
Maria Sabrina Pirri
Docente referente della Staffetta
Silvia Paghi
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Silvia Paghi
Gli studenti/scrittori della classe II B
Benedicte Adiatro, Rebecca Arzilli, Aurora Bruttini, Valentina Cortonesi, Ledio
Curi, Erika Di Milia, Camilla Diele, Yuri Ferretti, Miran Inconditi, Giovanni Guido
Lainati, Cristina Lenzini, Eddie Michele Malounga, Antonia Maragno, Elena Marini, Gaia Migliorini, Eleonora Nardi, Daniele Pallari, Pablo Rensi, Lisa Rosini, Martina Rosini, Gaia Trabalzini, Marta Trefoloni
APPENDICE
5. La protezione della dea argentata
Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione “Ignazio e Vincenzo Florio” di Erice - Classe Sez. Mediterraneo - Casa Circondariale
di Trapani
Dirigente Scolastico
Giuseppa Mandina
Docente referente della Staffetta
Efisia Mattana
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Efisia Mattana
Gli studenti/scrittori della classe Sez. Mediterraneo-Casa Circondariale
Paolo Ales, Angelo Allonato, Filippo Bella, Emanuele Cannavò, Francesco Dado,
Giosuè Di Gregorio, Giuseppe Ferrante, Stefano Girasole, Mario Gulisano, Benedetto La Mattina, Salvatore Litrico, Antonino Giuseppe Marino, Orazio Montagna, Roberto Saggio, Carlo Sorrentino, Giovanni Tomaselli, Gaetano Venuto,
Fabrizio Vicino, Luigi Visalli
Hanno scritto dell’esperienza:
“… E' stata un'esperienza molto sentita e pregnante. Tutti gli alunni si sono davvero impegnati nella costruzione del capitolo, raffrontandosi e confrontandosi di
continuo.
La tematica dell'Allunaggio li ha trovati all'inizio un po’ scettici: alcuni di loro sostenevano che in realtà nessun allunaggio fosse mai avvenuto e che era tutta una
montatura della NASA; quando poi hanno compreso che gli si chiedeva di lavorare su un testo letterario usando la loro fantasia e libertà di espressione,
quindi senza vincoli giornalistici o storici, si sono buttati a capofitto dentro la
storia. Libertà di espressione, per ovvi motivi, espressione a loro molto cara, che
credo siano riusciti ad usare al meglio delle loro possibilità. Il testo, nella seconda parte, si dilunga sullo incontro tra gli astronauti e le loro famiglie, tema che
hanno voluto descrivere ampiamente perché molto vicino alla loro quotidianità”.
APPENDICE
6. Di nuovo a casa
I.I.S. ''G. B. Ferrari'' di Este – Classe II A Scientifico (Opzione Scienze Applicate)
Dirigente Scolastico
Barbara Frizzi
Docente referente della Staffetta
Nicola Ruzzenenti
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Nicola Ruzzenenti
Gli studenti/scrittori della classe II A
Laura Ambrosi, Anita Baccini, Elisa Baldoin, Beatrice Battistella, Mara Bellamio,
Lorenzo Bergamaschi, Denis Cogo, Filippo Conforto, Andrea Ferraretto, Riccardo
Ferrigo, Sara Filippi, Anna Fornasiero, Edoardo Francescon, Alberto Galante,
Samir Masato, Alice Miotto, Bianca Montagnana, Andrea Pieressa, Federico Ponzin, Francesco Quaglia, Filippo Scavazza, Tobia Schiavon, Riccardo Tamiazzo,
Simone Targa, Enrico Varotto
Hanno scritto dell’esperienza:
“… L'esperienza, davvero molto interessante, si è rivelata un ottimo modo per
conoscere noi stessi, stimolare la nostra fantasia ed il nostro spirito di collaborazione. Inoltre, abbiamo potuto migliorare notevolmente il metodo di stesura di
un racconto. Il tutto, infine, ha migliorato il modo di pensare di ognuno di noi,
aprendoci la mente, ampliando i nostri orizzonti e rendendoci capaci di cogliere
il valore di ogni uomo nella costruzione di una società”.
APPENDICE
7. Beth realizza il suo sogno
Istituto Alberghiero “A. Prever” di Pinerolo - Classe II G
Dirigente Scolastico
Rinaldo Merlone
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Anna Daniela Varetto
Gli studendi/scrittori della classe II G
Davide Anania, Federico Anfossi, Samantha Beraud, Francesco Bonetto, Tiziano
Bono, Carlo Borra, Mattia Cannizzaro, Alessandro Casaluci, Federico Cattaneo, Valentina Doni, Razvan Gherghe, Cristian Giusiano, Lorenzo Gropponi, Sara
Malan, Nicholas Marengo, Melissa Marmol, Giuseppe Martinelli, Emanuele Moscato, Antonio Nunnari, Cristian Onorato, Davide Rovelli, Maicol Rullo, Marco
Scibilia
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Siamo contenti di questa esperienza: abbiamo lavorato in gruppi per trovare più idee e successivamente, con l'aiuto della Prof.ssa le abbiamo unite insieme. Per molti di noi non è la prima staffetta scolastica: questa ci è piaciuta
per l'argomento trattato e per come è stato sviluppato dalle classi precedenti.
Ci sono piaciuti tanto i capitoli precedenti al nostro e adesso siamo ancora più
curiosi di vedere come terminerà la storia. E' stato emozionante pensare che
stiamo collaborando con scuole di tutta Italia per il medesimo scopo! E' un'esperienza, che se possibile, ripeteremo volentieri. Grazie per l'occasione che ci avete
dato”.
APPENDICE
8. Tra sogno e realtà
Liceo Classico-Scientifico “Don Carlo La Mura” di Angri - Classe I H Liceo Classico
Dirigente Scolastico
Filippo Toriello
Docente referente della Staffetta
Giuseppe Robustelli
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Giuseppe Robustelli, Giovanna Ferraioli
Gli studenti/scrittori della classe I H Liceo Classico
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Gli alunni hanno partecipato con entusiasmo all'iniziativa. Li abbiamo divisi
in gruppo, per sviluppare i vari punti del capitolo e tutti, compresi noi, ci siamo
divertiti molto. I ragazzi hanno voluto movimentare un po' la storia, inserendo
qualche elemento nuovo, come la morte del nonno ed, essendo del Liceo Classico, quindi, un po' più romantici, hanno dato alla vicenda un colorito più roseo.
A noi il capitolo piace molto. Grazie, è stato bello”.
APPENDICE
9. Stanza 125
Liceo Classico “P. Colletta” di Avellino - Classe V D
Dirigente Scolastico
Paolino Marotta
Docente referente della Staffetta
Giulietta Fabbo
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Giulietta Fabbo
Gli studenti/scrittori della classe V D
Federica Barra, Giusy Catino, Simona Crò, Antonia De Stefano, Francesco Dente,
Lorenzo Di Biccari, Giulia Festa, Asia Follo, Cristiana Guarino, Francesca Guerra,
Sara Iandolo, Marianeve Liguori, Federica Medugno, Antonio Pio Picone, Gaia
Pisacreta, Diana Maria Pop, Fiorenza Rizzo, Martina Russo, Gian Paolo Sellitto,
Allegra Veneruso
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Scrivere anche solo un capitolo di un libro è un grande traguardo per noi ragazzi di quindici anni! Ci siamo messi in gioco a tal punto da sentirci parte della
storia. Neil Armstrong è certamente un personaggio che tutti conoscono, ma nessuno, come noi, ha potuto scoprirlo semplicemente come un uomo, con le sue
debolezze, le sue paure, i suoi sentimenti; per tutti è l’acclamato Armstrong, ma
siamo riusciti a capire che pur essendo “grande”, si è sentito una piccola stella
in mezzo a tutto l’Universo”.
APPENDICE
10. Eroi di tutti i giorni
I. S. “Majorana” di Moncalieri - Classe II E
Dirigente Scolastico
Franco Zanet
Docente referente della Staffetta
Mariella Nicola
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Mariella Nicola
Gli studenti/scrittori della classe II E
Melissa Basilicata, Oscar Bruno, Denise Cavallo, Federico Corrias, Cecilia Lucania, Andrea Macar,Federica Morreale, Lorenzo Negro, Francesco Pantini, Elisa
Racca, Chiara Rignanese, Alessandero Riva, Simone Rizzo, Antonino Romano,
Alessia Scivoli, Christian Vacca
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Non è stato facile per gli studenti cercare di tirare le fila di tante linee narrative che volgevano alla fine, lasciando nel contempo spazio ancora per le
due classi successive. Tuttavia le sfide sono intriganti: e per il secondo anno i ragazzi l'hanno corraggiosamente affrontata e brillantemente vinta, almeno a detta
della tutor Loredana Frescura. I due protagonisti si sono riuniti in un'unica storia,
triste ma piena di vita e speranza, anche laddove la conclusione appare realisticamente tragica e terribilmente umana. Il mito del primo essere umano alla conquista dello spazio, comunque sia andata, resta un'impresa eccezionale, al di là
della fragilità che ne rende il campione un eroe del quotidiano, la forma più difficile di superiorità da raggiungere”.
APPENDICE
11. Saldare la Terra con il Cielo
Ipsseoa di Pagani - Classe II B
Dirigente Scolastico
Rosa Rosanna
Docente referente della Staffetta
Annamaria Simeone
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Carmela Stile
Gli studenti/scrittori della classe II B
Antonio Amantea, Gerardo Argentieri, Teresa Daniele, Cira Del Prete, Diego
Francione, Giovanni Gucciardi, Maria Iaquinandi, Vincenzo La Gatti, Annalisa
Malafronte, Martina Manfredi, Marco Menna, Rosanna Mosca, Narareno Padovano, Sara Petrone, Antonio Pirro, Maria Simeone, Emanuela Trapani, Valentina
Veneziano
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Innanzitutto vogliamo ringraziare le nostre docenti per averci permesso di
partecipare a questo progetto che ha sprigionato nella nostra classe un’armonia, uno scambio di idee pazzesco, abbiamo scoperto la fantasia di alcune persone e la bravura nella scrittura di altre. E’ stata una bella esperienza, scrivere
di mattina e continuare di pomeriggio, poi di sera e anche di notte. Con tutta la
passione del mondo, creare le situazioni nella vita di un personaggio e cambiarle a tuo piacimento, come se potessi scegliere un po’ il destino delle persone, davvero fantastico”.
APPENDICE
12. Una lettera dal Cielo
IISS “L. Einaudi” di Manduria - Classi II A/B/C Economico, II B Turistico
Dirigente Scolastico
Elena Silvana Cavallo
Docente referente della Staffetta
Cosima Saracino
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Anna Saracino, Anna Maria Marotta
Gli studenti/scrittori delle classi
II A Economico - Massimo De Tommaso, Anthony Dell’Anna, Ivan Lomartire, Giuseppe Mero,Federica Cilloco
II B Economico - Denise Dimitri, Lorenzo Buccoliero, Valery Treglia, Alessia Soloperto, Serena Immacolata
Fina
II B Turistico - Chiara De Santis, Giulia D’Ambrogio
II C Economico - Sabrina Frascina
II D Economico - Giorgio Dimonopoli, Roberta Marasco, Cristina Matino, Martina
Modeo, Antonella Scialpi
Hanno scritto dell’esperienza:
“… E’ stata una esperienza breve ma estremamente faticosa e coinvolgente. Per
le classi del biennio è stata la prima volta”.
NOTE
NOTE
NOTE
NOTE
INDICE
Incipit di LOREDANA FRESCURA ..................................................................pag
16
Cap. 1 Un sogno realizzato ..................................................................................»
18
Cap. 2 La Luna a stelle e strisce ..........................................................................»
24
Cap. 3 Luna, dea splendente, protettrice di tutta l’umanità ......................»
30
Cap. 4 Il mare della tranquillità ............................................................................»
36
Cap. 5 La protezione della dea argentata ....................................................»
42
Cap. 6 Di nuovo a casa..........................................................................................»
50
Cap. 7 Beth realizza il suo sogno ........................................................................»
58
Cap. 8 Tra sogno e realtà ....................................................................................»
64
Cap. 9 Stanza 125 ..................................................................................................»
72
Cap. 10 Eroi di tutti i giorni ....................................................................................»
80
Cap. 11 Saldare la Terra con il Cielo ..............................................................»
86
Cap. 12 Una lettera dal Cielo..............................................................................»
94
Appendici ..................................................................................................................»
102
Finito di stampare nel mese di aprile 2014
da Tipografia Fusco, Salerno