L`attivazione della plastica

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L`attivazione della plastica
plasma
L’attivazione
della plastica
Prosegue l’indagine sul trattamento delle superfici con il plasma,
una tecnologia innovativa ancora poco diffusa nel nostro Paese: in
questo numero descriviamo le applicazioni nel settore della plastica
A CURA DI MASSIMO TORSELLO
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ANNO XI – N.44 – NOVEMBRE 2005
plasma
INTRODUZIONE
Come si è visto nella prima parte
della nostra indagine (vedi MCF n°
43), nel nostro settore il plasma può
essere utilizzato per tre differenti tipi
di trattamento superficiale: la pulizia della superficie, l’attivazione della
superficie, la polimerizzazione.
In questa seconda parte verranno
trattati gli ultimi due aspetti.
In generale la plastica necessita di
essere sottoposta a processi di rivestimento della superficie, per migliorarne l’estetica o per aumentarne la
resistenza e la protezione verso gli
agenti atmosferici e l’uso quotidiano;
essa presenta però un comportamento
idrofobo più o meno spiccato a
seconda del tipo di polimero. Il comportamento idrofobo caratterizza la
“non bagnabilità” di una superficie
ed è rilevabile visivamente dalla formazione di gocce sparse quando dell’acqua viene versata sulla superficie
stessa.
La bagnabilità è la proprietà di una
superficie di permettere ad un liquido
di distendersi in strato sottile su di
essa, senza formare gocce. Più in dettaglio, quando una goccia di un
liquido si posa su di una superficie,
si forma un angolo di contatto che
dipende dal rapporto tra la tensione
superficiale del liquido e la tensione
superficiale del substrato.
La tensione superficiale (o energia
superficiale o energia libera) del substrato è la forza attrattiva della superficie stessa; una bassa energia significa scarsa adesione del liquido sul
substrato. Una buona adesione la si
ottiene quando la tensione superficiale del substrato è maggiore di quella
del rivestimento.
Il valore assunto dall’angolo di con-
o
METAL CLEANING & FINISHING
tatto caratterizza l’interazione tra
liquido e superficie: se l’angolo è
superiore a 90°, si considera che il
liquido non bagna la superficie; se
l’angolo è inferiore a 90°, la goccia
riesce a bagnare la superficie. La
bagnabilità totale si ha quando l’angolo di contatto è pari a 0° .
I metalli, i vetri, e le ceramiche hanno
di per sé energie superficiali elevate;
pertanto, il semplice lavaggio di questi materiali è generalmente sufficiente a preparare la superficie per
essere in grado di fornire legami forti
per il successivo rivestimento (adesivi,
inchiostri, vernici).
I materiali polimerici, al contrario,
hanno energie superficiali relativamente basse (ciò è particolarmente
evidente per materiali non polari
come il polistirene e il polietilene) e,
nel loro stato non trattato, sono difficili da rivestire efficacemente. Per
ottenere una superficie plastica adeguatamente bagnabile, è necessario
qualcosa di più di un semplice lavaggio della superficie.
LA FLAMMATURA
Fin dalla metà degli anni trenta del
secolo scorso, la tecnica tradizionale
per cercare di aumentare l’energia
superficiale di un materiale plastico
è stata la flammatura.
Le modificazioni subite dalla superficie polimerica a contatto con la
fiamma sono rimaste a lungo ignote
ma, attualmente, grazie alle moderne
tecniche di misura e di analisi, questo processo può essere spiegato con
precisione: l’azione espletata dalla
fiamma è la modificazione per ossidazione della superficie polimerica.
Con le temperature determinate dalla
fiamma (superiori a 1400°C), l’ossi-
geno che non partecipa alla combustione si dissocia dividendosi in atomi
liberi. Questo ossigeno atomico è
molto reattivo chimicamente e,
assieme alle altre particelle attive presenti nella fiamma (elettroni, ioni e
molecole eccitate), a contatto con la
superficie polimerica non polare, fa
sì che la superficie stessa si polarizzi,
offrendo alle molecole del rivestimento l’opportunità di ancorarsi le
une alle altre. Tale fenomeno è dovuto
principalmente alla rottura della
catena polimerica e alla formazione
di gruppi funzionali come -OH,
–COOH ed altri.
L’USO DEL PLASMA
PER L’ATTIVAZIONE
DELLA SUPERFICIE
E’ possibile ottenere un miglioramento significativo della bagnabilità
di una superficie plastica (attivazione), senza modificare le caratteristiche di base del polimero, attraverso l’ossidazione della superficie
stessa mediante un plasma generato
da gas come l’ossigeno (solo o in
miscela con altri gas) o l’ossido nitroso
(N2O). Questi processi sono usati
estensivamente per ottenere superfici
pulite, reattive e in grado di creare
legami chimici forti per processi quali
la stampa, l’adesivizzazione e la verniciatura.
Di fatto, il processo al plasma riproduce
le stesse condizioni chimiche e fisiche
(produzione di particelle reattive) presenti nel processo di flammatura, ma
a pressioni e temperature di esercizio
molto più ridotte. Esso è applicabile ad
una grande varietà di polimeri.
Il processo di attivazione superficiale al plasma avviene con lo stesso
meccanismo presente nel lavaggio al
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plasma
plasma: poichè i polimeri costituenti
il substrato hanno atomi di C e H
presenti nella loro struttura superficiale, anche se legati chimicamente
al resto del polimero con energie di
legame molto più forti che non
quelle presenti tra contaminazione
organica e superficie, l’azione dell’ossigeno si esplica con la formazione
di gruppi OH idrofili e molto attivi
chimicamente, che aumentano di
molto la bagnabilità della superficie
e quindi la sua capacità di ricevere
e legare chimicamente l’eventuale
film di rivestimento. Se l’attivazione
viene effettuata con un gas neutro
come l’argon, i gruppi attivi saranno
invece i radicali liberi. Va da sè che
l’attivazione della superficie rende la
superficie attiva anche nei confronti
di eventuale contaminazione presente nell’ambiente: è quindi importante che le eventuali lavorazioni
successive vengano effettuate nel più
breve tempo possibile. L’attivazione
inoltre, non è permanente, ma ha
una sua vita che generalmente è di
poche ore.
Generalmente il tempo necessario
per attivare la plastica è di circa 1
minuto: poichè il tempo di appli-
cazione è così breve, il pezzo non riesce a scaldarsi, nemmeno se l’attivazione avviene con il plasma termico.
Per verificare l’efficienza del trattamento al plasma in termini di attivazione della superficie, viene utilizzato il metodo dell’angolo di
contatto usando l’inchiostro come
liquido di prova; è il metodo più
semplice ma presenta un importante
difetto dovuto al fatto che l’inchiostro è costituito da sostanze che non
necessariamente vengono attratte
dai gruppi polari OH che si formano sulla superficie a seguito dell’attivazione: la misura dell’energia
superficiale può quindi risultare falsata. Il modo migliore è quello di
usare l’acqua come liquido di prova,
in quanto i gruppi OH sono estremamente idrofili e quindi la totale
bagnabilità viene immediatamente
rivelata.
Per questa stessa ragione, una superficie attivata chimicamente è molto
più ricettiva verso le vernici all’acqua, proprio per la presenza dei
gruppi polari idrofili. Al contrario,
le vernici che non contengono
sostanze soggette a tale azione, dif-
ficilmente possono fornire prestazioni congrue con le aspettative.
LA
POLIMERIZZAZIONE
Si è detto che le superfici attivate con
il plasma sono in genere poco stabili e possiedono un tempo di vita
limitato. Ne segue che per ottenere
una buona adesione, le superfici trattate devono essere sottoposte rapidamente ad successivo processo di
rivestimento. Il meccanismo di decadimento delle proprietà delle superfici nel tempo è stato ampiamente
studiato e c’è generalmente accordo
sul ritenere che il principale meccanismo di decadimento consiste nella
riorientazione delle specie superficiali
instabili ad alta energia verso il
volume interno del polimero, in
modo da minimizzare l’energia
superficiale. Altri fattori che contribuiscono al decadimento della
superficie attivata sono le reazioni
inter- e intramolecolari, l’adsorbimento dei contaminanti presenti in
atmosfera e, forse, la diffusione di
specie mobili dall’interno del polimero verso la superficie.
Per ottenere una superficie ad alta
Figura 1 - Angolo di contatto dell’acqua vs. tempo trascorso dal trattamento della superficie di polistirene con plasma O2 (A), plasma N2O (B), e rivestimento al plasma polimerizzato (C)
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plasma
Figura 2 - Velocità di variazione dell’angolo di contatto dell’acqua vs. tempo trascorso dal
trattamento della superficie di polistirene con plasma O2 (A), plasma N2O (B), e rivestimento
al plasma polimerizzato (C)
energia (attivata) caratterizzata da
una vita più lunga, è possibile eseguire la deposizione sulla superficie
stessa di un film sottile di un materiale simile al vetro di silice, altamente reticolato, mediante una tecnica denominata polimerizzazione al
plasma. Questi film (che sono troppo
sottili per essere visibili e non interferiscono con le altre proprietà del
polimero) possono essere ottenuti
miscelando, al gas utilizzato per la
produzione del plasma, un opportuno reagente a base di silicio. Il reagente si lega alla superficie e polimerizza, formando uno strato di
pochi micron con elevate proprietà
anticorrosive ed antiusura. La deposizione di questi film su superfici
polimeriche può essere un modo
economico per migliorare le prestazioni del materiale senza intaccarne
le proprietà specifiche.
UN ESEMPIO DI
RIVESTIMENTO AL
PLASMA
L’esempio presentato di seguito paragona le proprietà superficiali dei vassoi di polistirene per colture biologiche, in seguito a trattamento con
METAL CLEANING & FINISHING
vari plasma ossidanti e con un rivestimento polimerizzato al plasma.
Il polistirene è un polimero economico che viene facilmente lavorato
utilizzando tecniche quali lo stampaggio ad iniezione. Esso possiede
una bassa energia superficiale caratteristica dei polimeri idrocarburici.
Tuttavia, molte applicazioni (come
i vassoi per colture) traggono beneficio dall’avere una superficie che
sia altamente bagnabile da fluidi
acquosi come il sangue. Con il trattamento al plasma, il polistirene
assume una superficie spontaneamente bagnabile, con l’inconveniente però che l’articolo deve essere
usato entro un certo periodo di
tempo limitato, dopo aver subito il
trattamento, per poter trarre vantaggio dall’aumento dell’energia
superficiale. Per ovviare a questo
inconveniente, il polistirene può
essere rivestito con un film sottile di
silicio vetroso altamente aderente,
che rende la plastica bagnabile per
un periodo di tempo più lungo. Tale
processo di polimerizzazione,
richiede un ciclo di deposizione di
pochi minuti.
La Figura 1 mostra l’angolo di con-
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tatto in funzione del tempo, per una
superficie di polistirene trattata al
plasma sia con gas ossidanti non
polimerizzanti (O2 o N2O), sia ricoperta con pochi nanometri di rivestimento polarizzato al plasma. Tutti
i trattamenti mostrano un angolo di
contatto iniziale di 0°. Dopo alcuni
giorni, l’energia superficiale del polistirene trattato con O2 (linea A) e con
N2O (linea B) è significativamente
diminuita, mentre per il polistirene
polimerizzato (linea C) la riduzione
dell’energia superficiale è più lenta:
Le differenze tra i vari trattamenti
sono ancora più evidenti quando si
analizza la velocità di decadimento
dell’energia superficiale.
La Figura 2 mostra la derivata prima
dell’angolo di contatto rispetto al
tempo. Questo grafico mostra che
la variazione dell’angolo di contatto
con il tempo è estremamente lenta
e relativamente costante per i campioni rivestiti.
Il meccanismo di decadimento dell’angolo di contatto nei campioni
polimerizzati è stato studiato utilizzando l’analisi XPS prima e dopo 8
mesi dal trattamento. La Tabella 1
mostra la variazione di concentra-
plasma
Tabella 1 - Variazione di concentrazione di alcune specie atomiche in funzione del tempo
zione di alcune specie atomiche in
funzione del tempo. Questi dati
sono stati raccolti a due differenti
angoli di uscita dello spettrometro,
il che implica una differente profondità di campionamento. I dati raccolti a 15° sono rappresentativi di 2
o 3 nanometri superficiali (circa due
o tre strati molecolari), mentre i dati
raccolti a 75° comprendono segnali
provenienti da circa 10 nanometri
al di sotto della superficie esterna.
Si può osservare un piccolo ma reale
incremento nella quantità di carbonio rivelata sulla superficie essenzialmente inorganica in un periodo
di 8 mesi di stoccaggio in laboratorio.
La concentrazione di carbonio decresce significativamente al crescere
della profondità del campione,
mostrando che il carbonio presente
sia sulla superficie nuova che su
quella invecchiata è realmente avventizio e non ha origine all’interno del
film o nel substrato di polistirene.
La percentuale di carbonio cresce
di poco in 8 mesi d’invecchiamento,
ma abbastanza da spiegare la crescita relativamente piccola dell’angolo di contatto osservata in Figura
1.
Poiché l’aumento nel tempo dell’angolo di contatto, osservato sui
polimeri trattati al plasma, è dovuto
principalmente al riarrangiamento
molecolare, i cambiamenti osservati
in questo campione sono dovuti
solamente all’adsorbimento di contaminazione proveniente dall’atmosfera del laboratorio. Il film polimerizzato è estremamente stabile.
UN CASO ITALIANO
La Bienne di Moncalieri (TO) è la
prima e unica azienda in Italia ad aver
installato un impianto al plasma per
l’attivazione della plastica. Fondata
alla fine degli anni ‘60 da Baldo
Nuvolese è oggi un gruppo importante, nel panorama italiano, con
stabilimenti a Moncalieri, Cremona
e Termini Imerese; con 450 addetti,
fattura circa 55 milioni di Euro.
Come ci racconta il Sig. Guido
Muscionico, co-titolare dell’azienda,
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la Bienne effettua la verniciatura di
prodotti in plastica (PP, PC, SHC,
BNC, ABS/PL) per il settore autoveicoli, sia per l’interno della vettura
che per l’esterno (paraurti). La lavorazione è in conto lavoro o in conto
acquisti ed i pezzi arrivano direttamente dalle case automobilistiche
produttrici(Fiat,
Peugeot,
Mitsubishi).
L’impianto al plasma è in funzione
dal febbraio 2002, sulla linea di verniciatura dei paraurti in polipropilene (PP); è stato acquistato in sostituzione del processo di flammatura
robotizzata presente in uno degli
stabilimenti, al fine di ottimizzare
l’efficienza di attivazione della plastica e soddisfare le richieste, da parte
dei clienti, di prestazioni di elevata
qualità. Grazie alla maggiore uniformità di trattamento che il plasma
garantisce rispetto alla flammatura,
il ciclo di lavoro al plasma è stato
quindi omologato dalle suddette
case automobilistiche, confermandone la qualità delle prestazioni.
L’impianto è costituito da una staANNO XI – N.44 – NOVEMBRE 2005
plasma
zione completamente automatizzata
di movimentazione, carico e scarico
dei pezzi (foto 1), dotata di particolari dispositivi di trasferimento
dei paraurti (6 per ciclo) dalla catena
di trasporto alla rampa di carico, e
dal sistema di trattamento al plasma vero e proprio; quest’ultimo è
costituito dalla camera di trattamento di circa 12 m3 di volume
(foto 2) e da tutte le apparecchiature
di contorno (contenitore del gas di
processo, pompa per il vuoto, canalizzazioni e strumentazione di processo e di controllo). L’impianto è
in funzione 16 h/gg per 220 gg/anno
ed ha una produttività di circa 70
pezzi/h.
Nella camera di trattamento i pezzi
(che hanno una superficie esterna di
circa 0,8 m2 e pesano circa 5 kg/cad.)
subiscono sia il processo di attivazione della superficie sia l’asportazione (pulizia) dei residui di distaccante siliconico eventualmente
METAL CLEANING & FINISHING
ancora presenti sui paraurti; questi
ultimi, prima di accedere all’impianto al plasma, subiscono anche
un pre-lavaggio con acqua demineralizzata che ha lo scopo di togliere
l’eventuale particolato depositato
sulla superficie, che il trattamento al
plasma non è in grado di rimuovere. Il grado di pulizia richiesto è
totale.
Ogni ciclo di attivazione dura 5
minuti, da carico a scarico: circa 2,5
minuti servono per formare il vuoto
all’interno della camera, 1 minuto
è la durata del trattamento ed il
restante tempo-ciclo serve per le
operazioni automatiche di carico e
scarico. Il trattamento avviene con
ossigeno di alta qualità (cioè contenente una quantità trascurabile di
impurezze, che andrebbero altrimenti a ridurre le prestazioni del
trattamento stesso), immesso nella
camera in vuoto (0,5 mbar) attraverso un diffusore con una portata
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di erogazione di circa 15 l/min.
L’efficienza del trattamento al plasma viene direttamente confermata
dal fatto che i pezzi mantengono
l’attivazione superficiale anche per
lunghi periodi di tempo (sperimentalmente anche per 7 giorni): in particolare, per l’azienda è importante
che i pezzi trattati il venerdì possano essere già pronti per la verniciatura il lunedì successivo, senza
dover essere sottoposti ad un ulteriore trattamento. Tale efficienza
viene verificata nella pratica quando
i pezzi passano al successivo ciclo di
verniciatura: su questa linea produttiva sono stati praticamente azzerati i difetti di verniciatura imputabili a disuniformità di attivazione
superficiale.
Prima di raggiungere la cabina di
verniciatura, i pezzi passano attraverso una zona di deionizzazione,
che ha il compito di eliminare le
eventuali cariche statiche presenti
plasma
sulla superficie, ed una zona di pulizia ad aria, che ha lo scopo di rimuovere le ultime eventuali particelle di
polvere. Il ciclo di verniciatura è composto dalle seguenti fasi: una mano di
fondo con prodotti poliuretanici; una
base colorata; una finitura trasparente;
la cottura; il controllo qualità; una
eventuale lucidatura.
Il controllo qualità viene effettuato a
campione, con test standard (bagnabilità) e test specifici da capitolato dei
clienti.
La “nota dolente” dell’impianto al
plasma è costituita dai costi di gestione,
se paragonati con quelli imputabili
alla flammatura anche se, in valore
assoluto, non risultano poi così eccessivi.
La manutenzione ordinaria viene
espletata con un impegno di 2-3
ore/uomo settimanali essendo, quello
al plasma, un impianto che produce
una quantità minima di residui e non
necessita quindi di pulizie particolari.
La manutenzione straordinaria è
imputabile essenzialmente agli interventi sulle pompe per il vuoto: nell’impianto della Bienne ce ne sono 6
e in due anni di attività si è resa necessaria la revisione di una sola pompa;
il lato negativo di una revisione, consiste nel fatto che è necessario il fermo
impianto, in quanto la casa fornitrice
esegue in sede la manutenzione del
pezzo, e che deve essere completamente sostituito lo speciale olio lubrificante non infiammabile a base di
PTFE (dal costo di circa 260,00
Euro/kg).
Gli altri costi di gestione sono imputabili sostanzialmente al consumo del
gas di processo (circa 180 l/h) ed al
consumo energetico (potenza elettrica installata: 52 kW). ◆
Per ulteriori informazioni segnare 2
sull’apposita cartolina
in fondo alla rivista
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BIBLIOGRAFIA
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rie systems”
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❑ Kolzer - “Primerizzazione nanotecnologica di materiali plastici
“difficili” senza fiammatura: il caso
polipropilene”
ANNO XI – N.44 – NOVEMBRE 2005