Il Dottorato di Ricerca e il Servizio Sanitario Nazionale

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Il Dottorato di Ricerca e il Servizio Sanitario Nazionale
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Opinioni a confronto
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Il ottorato di icerca
e il Servizio Sanitario Nazionale
Giuseppe Noce
La mia esperienza con il dottorato è iniziata
nel 1993, quando, dopo il servizio militare
in qualità di Sottotenente di Complemento
del Corpo Veterinario, mi ritrovai a vagare
da assistente volontario nei laboratori degli
Istituti Zooprofilattici e negli Uffici delle ASL
alla ricerca di qualcosa da fare. In seguito ai
colloqui con i colleghi più fortunati di me,
ossia che già lavoravano, venni a sapere della possibilità di frequentare un corso di dottorato presso l’Università di Perugia.
Come molti colleghi che se lo chiedono ora,
io me lo chiesi allora, ma che cosa è il corso
di dottorato? Mi informai.
Il corso di dottorato di ricerca, al termine del
quale si raggiunge il titolo di dottore di ricerca (DR) fu istituito nel lontano 1980 allo scopo, lo seppi dopo, di formare persone attraverso la ricerca perché i corsi di dottorato
“forniscono le competenze necessarie per
esercitare, presso università, enti pubblici o
soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione. [...] (art. 4 della legge 3 luglio
1998, n. 210).
Insomma alla fine del corso avrei raggiunto
competenze tali che mi avrebbero permesso di esercitare attività di ricerca di elevata
qualificazione. La cosa mi allettava e mi entusiasmava al punto che feci domanda e partecipai al concorso pubblico.
Vinsi il concorso e partecipai al corso triennale, che è la massima espressione della formazione universitaria.
In questi tre anni mi sono formato alla ricerca attraverso la ricerca. L’obiettivo della mia
ricerca scientifica era quello di realizzare un
modello matematico per la stima dell’indice
di accrescimento degli animali di razza ovina Fabrianese. La ricerca scientifica oltre ad
avere un valore culturale è riconosciuta come
strumento di formazione critica, di sviluppo
delle capacità analitiche e di elevazione del
livello culturale e professionale, al punto che
il DR viene riconosciuto in grado di produrre innovazione.
La ricerca scientifica viene addirittura vista
come un addestramento alla democrazia. Infatti, con la scienza si impara a difendere le
proprie idee con razionalità e sulla base di
dati e che tutti possono contribuire ad au-
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mentare il progresso della conoscenza tollerando le idee altrui.
Una migliore e più esaustiva descrizione delle capacità del DR è stata realizzata dalla
CRUI (la Conferenza dei Rettori) che insieme all’Associazione Dottorandi e Dottori di
Ricerca (ADI) ha elaborato la brochure “Il
dottorato di ricerca passaporto di innovazione e competitività”, che si può trovare
all’indirizzo: http://www.dottorato.it/sottopagine/documenti/ADI/2006/20060320CRUIbrochure.pdf.
Proprio in base al tipo di formazione che si
ha durante il corso di dottorato, al DR è riconosciuta la possibilità di contribuire al progresso economico, sociale e culturale dell’Italia, incluse quelle sanitarie, caratterizzate da un elevato tasso di lavoro intellettuale. Penco (2002) sostiene addirittura che il
corso di dottorato può essere definito a
buon diritto come la palestra della futura
classe dirigente, cosa che accade in nazioni come gli USA e la Gran Bretagna dove il
DR, che si chiama PhD, è un riconoscimento che apre quasi automaticamente molte
porte. Superato l’esame davanti ad una
commissione nazionale mi addottorai conseguendo il titolo di DR.
Conseguito il DR mi affacciai al mondo del
lavoro. Ero sicuro che siccome lo Stato aveva investito nella mia preparazione elargendomi una, seppur minima, borsa di studio
nella logica che “quando fai un piano per un
anno, semina grano, se fai piani per un decennio, pianta alberi, se fai piani per la vita,
educa e forma le persone” (proverbio cinese: Guanzi c 645AC). Ero in attesa dell’applicazione del “le norme che disciplinano
l’accesso al Pubblico Impiego sono integrate [...] al fine di tenere in considerazione le
professionalità prodotte dai diplomi universitari, dai diplomi delle scuole a fini speciali, dai diplomi di laurea, dai dottorati di
ricerca e dai diplomi delle scuole di specializzazione” (art. 17 comma 111 della legge 15 marzo 127) e della valutazione dei
titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell’ammissione a concorsi pubblici per attività di
ricerca non universitaria, [...] determinata
con uno o più decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Istruzione di concerto con gli altri ministri interessati” (art. 4 della legge 3
luglio 1998, n. 210).
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Tutto sommato pensavo che ci fossero le
condizioni perché le mie competenze raggiunte con il corso di dottorato fossero utilizzabili e valorizzate dal mondo del lavoro, sia esso privato che pubblico.
Mi accorsi, invece, che nel mondo professionale c’è una scarsa considerazione del titolo di DR. Nei concorsi pubblici per il SSN
non viene riconosciuto utile ed è necessaria la specializzazione, e quindi i DR sono esclusi dalla Pubblica Amministrazione (PA).
Tanto che il CUN ha ricordato che l’assenza
dei DR danneggia gravemente tutta la PA
che si priva della capacità di innovazione
propria dei DR ha riconosciuto la possibilità di utilizzare il DR in sostituzione della
specializzazione per i concorsi nel SSN.
Ma il CUN è un organo consultivo del Ministero e non tutti si sono adeguati alle sue
indicazioni. Solo la Regione Autonoma Sardegna (2004) riconosce l’utilizzabilità del
DR per il conferimento di incarichi nell’ambito del SSN. Anche il Ministero della Salute ha parzialmente dato attuazione a quando indicato dal CUN. In un primo momento (Decreto legge 429/96 convertito in
legge 532/96) ha riconosciuto l’utilizzabilità del DR per accedere ai ruoli del Ministero della Salute stesso. Poi (concorso 16
gennaio 2006 su GU 99 del 16 dicembre
2005) lo stesso Ministero della Salute non
attribuisce utilità né al DR né al diploma di
specialista. Nel 2002 (Circolare 5 marzo
2002 su GU n. 110 del 13 maggio 2002), il
Ministero della Salute emana delle linee
guida per l’ECM ed esonera dalla raccolta
punti ECM chi frequenta i corsi di dottorato,
le scuole di specializzazione e i master.
Anche la FNOVI rende possibile l’uso del
DR per la pubblicità sanitaria (circolare 16/
2005) equiparandolo al ricercatore.
In attesa che al DR fosse riconosciuto un ruolo nel mondo professionale, mio malgrado,
ho dovuto conseguire il diploma di specialista e dopo un’esperienza da libero professionista, forse troppo breve, dove il titolo mi serviva da pubblicità ed era riconosciuto più dai clienti che dai colleghi, ora
presto la mia opera per un ente pubblico
(Servizio Veterinario di una Regione) come
responsabile dei procedimenti inerenti la
sanità animale, l’alimentazione degli animali
ed il loro benessere. In altre parole da funzionario (senza che la mia specializzazio1 / 37
ne o il mio DR mi assicurino il giusto riconoscimento economico) coordino il lavoro
dei veterinari (tutti dirigenti e con la specializzazione) delle ASL e degli Istituti Zooprofilattici.
Che strano è questo nostro paese che prepara le persone e non le utilizza e le costringe alla fuga o in gabbia.
Finalmente anche per il SSN la ricerca e lo
sviluppo di conoscenze scientifiche sono
diventate lo strumento necessario per soddisfare il sempre maggiore fabbisogno conoscitivo, tanto da essere una delle funzioni istituzionali del SSN come riconosciuto
dal Piano Sanitario Nazionale (DPR 7 aprile
2006, GU n. 139 del 17 giugno 2006). Forse
anche per il SSN il DR, che si prepara attraverso la ricerca, può risultare utile.
Ultimamente l’On.le Ministro Mussi ha detto
che il DR deve essere utile anche al di fuori
delle Università e nella Pubblica Amministrazione in genere e che i decreti di cui alle già
citate leggi Bassannini devono essere emanati. Finalmente si potranno, infatti, evitare
inutili e irragionevoli disparità tra i veterinari, che nel rispetto del diritto allo studio e alla ricerca (artt. 9 e 34 della Costituzione italiana), scelgono i vari percorsi di studio offerti delle Università per aumentare la propria qualificazione professionale.
Inoltre riconoscendo anche ai possessori
del DR la possibilità di accedere ai concorsi pubblici per il SSN, così come prescritto
dalle leggi e così come è già avvenuto per
i diplomi universitari dell’area sanitaria (Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 16
dicembre 2004), si favorisce l’inserimento
professionale dei giovani veterinari che sono una riserva preziosa per l’Italia, riducendo allo stesso tempo lo spreco dei cervelli attraendo i migliori provenienti dalla ricerca e dalla formazione universitaria, favorendo la realizzazione del progetto innovativo
della veterinaria basato sull’approccio scientifico, migliorando la sinergia tra le Università e il SSN. Anche perché i DR già lavorano, spesso da precari, nel SSN.
Molte locandine per i premi di dottorato si
trovano anche nelle bacheche delle strutture del SSN, forse chi elargisce i premi di
DR sanno dove si trovano i DR.
La bibliografia è disponibile sul sito
www.ilprogressoveterinario.it