Editoriale - Blood Transfusion
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Editoriale - Blood Transfusion
Editoriale Sicurezza trasfusionale ed errore: l'organizzazione in primo piano Michele Rubertelli(1), GianLodovico Molaro(2) (1) (2) Trento Pordenone Negli ultimi anni il problema della sicurezza e dell'errore in sanità si è sempre più imposto all'attenzione dell'opinione pubblica, dei politici e degli esperti per i suoi drammatici costi tanto in termini economici quanto per le sofferenze umane provocate1,2. Qual è stato l'atteggiamento culturale del mondo trasfusionale nei riguardi degli stessi problemi? Quali conseguenze ne sono derivate? Per rispondere a questi quesiti, è utile fare una riflessione su come i concetti di sicurezza e di valutazione dell'errore si sono sviluppati in campo trasfusionale. Non vi è dubbio che dalla fine degli anni '70 l'attenzione dei medici trasfusionisti sia stata sempre più focalizzata sui problemi di ordine infettivo, ancor di più dopo la dimostrazione della trasmissibilità attraverso il sangue del virus dell'AIDS. Si è finito così quasi per identificare la sicurezza trasfusionale con la garanzia di non trasmissione di agenti infettivi, facendo così passare tutti gli altri aspetti della sicurezza in second'ordine. Questo atteggiamento culturale, anche nei suoi riflessi politici e commerciali, ha creato notevoli ripercussioni sulla ripartizione, ancora oggi estremamente squilibrata, dell'impegno scientifico e delle risorse finanziarie necessarie per garantire la sicurezza nelle sue diverse espressioni3. Per quanto riguarda l'atteggiamento nei confronti dell'errore, il mondo della trasfusione non si è distaccato dall'impostazione prevalente nella sanità, secondo la quale l'errore medico (e tecnico) sarebbe soltanto la conseguenza di una colpa individuale, oggetto di biasimo e di sanzioni. Ciò in omaggio ad una irrealistica concezione di un sistema che si vorrebbe privo di errori. Al contrario, in altri ambienti (ad esempio aeronautica civile, centrali nucleari) l'errore Corrispondenza: Prof. GianLodovico Molaro Via Montereale, 113 33170 Pordenone viene incorporato nei processi organizzativi per sviluppare efficaci sistemi di sicurezza e di prevenzione degli incidenti. Questo perché viene generalmente accettato come un'opportunità per apportare modifiche atte ad evitarlo in futuro4. Nella Medicina Trasfusionale, le conseguenze di tale atteggiamento nei confronti della sicurezza e dell'errore sono state da un lato la notevole riduzione del rischio di trasmissione di infezioni attraverso la trasfusione fino a valori vicino allo zero, dall'altro una sostanziale situazione di stallo per quanto riguarda i rimanenti rischi, in primo luogo quelli da "trasfusione sbagliata". Secondo un recente rapporto del sistema di emovigilanza in atto nel Regno Unito, Serious Hazards of Transfusion (SHOT), quest'ultimo rischio è pari alla somma di tutti gli altri, mentre il rischio infettivo è vicino allo zero5. Dagli inizi degli anni '90 si registra tuttavia a questo proposito un cambiamento di tipo culturale iniziato nei paesi anglosassoni sotto la spinta degli studi sull'errore: si tende cioè a spostare la responsabilità dalla persona che ha commesso l'errore al sistema organizzativo nel quale l'autore dell'errore opera6. Poiché però tali trasformazioni si svolgono con notevole lentezza, anche in Italia, appare utile affrontare l'argomento con l'intento di stimolare un dibattito e di offrire un contributo all'evoluzione culturale già in atto. La sicurezza è l'assenza di pericolo*, ovviamente corrispondente ad un rischio** zero. Poiché in biologia il rischio zero non esiste, il termine viene in genere usato per indicare il livello complessivo del rischio (overall safety). * Per pericolo (hazard) si intende la possibilità che un certo evento sfavorevole possa realizzarsi. Ad es., le reazioni emolitiche o da contaminazione sono dei pericoli legati alla trasfusione di sangue. ** Il rischio (risk) è un concetto statistico: indica la probabilità che l’evento si verifichi. Ad es., in caso di errore di gruppo il rischio di reazione emolitica è molto alto. LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 46 - num. 6 novembre-dicembre 2001 (341-346) 341 M Rubertelli, GL Molaro Ad esempio, dire che la trasfusione di sangue è molto sicura non significa negare che vi siano dei pericoli ad essa connessi, bensì soltanto che la sommatoria dei singoli suoi rischi è molto bassa. La sicurezza trasfusionale comprende la sicurezza infettiva e quella non infettiva. Attualmente, dato il bassissimo livello del rischio infettivo residuo, i margini di miglioramento del processo trasfusionale sono concentrati nell'area della sicurezza non infettiva, soprattutto in quella riguardante i pericoli da errore di identificazione del sangue o del paziente (clerical error). Il miglioramento della qualità del processo trasfusionale non può essere disgiunto da quello della sicurezza. Pertanto anche tale miglioramento passa attraverso la prevenzione dell'errore. Un processo trasfusionale, per accrescere il suo livello qualitativo fino a diventare "eccellente", deve dunque diventare fondamentalmente "sicuro". Il paradosso del miglioramento continuo della qualità del processo trasfusionale è proprio questo: che solamente attraverso la comprensione ed il "condono" dell'errore è possibile ridurne l'incidenza, e che per migliorare la pratica medica bisogna utilizzare la scienza della prevenzione dell'errore7. Che cos'è che vìola la sicurezza? È l'errore. Esso è strettamente legato alle attività umane, avviene in tutti gli ambienti ed è all'origine dell'incidente, cioè di un evento indesiderato, ma evitabile*. Anche se non tutti gli errori sfociano, per fortuna, in un incidente, molti incidenti conseguono ad uno o più errori e se vogliamo comprendere perché si verificano gli incidenti, dobbiamo allora approfondire la genesi degli errori4. I meccanismi con cui essi si verificano sono comuni a tutte le situazioni di lavoro: cambiano solo l'espressione e l'effetto, nel senso che lo stesso tipo di errore produce incidenti diversi a seconda che si stia pilotando un aereo oppure si stia eseguendo un'operazione chirurgica8. Visti in quest'ottica, sia gli incidenti occupazionali, sia quelli che colpiscono i pazienti, si possono riportare a identici meccanismi di genesi, per cui andrebbero considerati alla stessa stregua, sia sotto il profilo delle responsabilità che dell'impiego delle risorse necessarie alla loro prevenzione. Discipline diverse (psicologia cognitiva, studi comportamentistici sul fattore umano, ergonomia ecc.) hanno affrontato, ciascuno dalla propria prospettiva, il complesso problema dell'errore, analizzandone i meccanismi * L’evitabilità è strettamente connessa al concetto di incidente. Un evento indesiderato imprevedibile ed inevitabile non è un incidente, ma una fatalità. Il mancato incidente, quello che viene evitato all’ultimo momento, è un “near miss” (colpo mancato). 342 di genesi, la tipologia, la tassonomia, le modalità di espressione ed ipotizzando possibili azioni preventive e correttive. Secondo una definizione cognitivista dell'Institute of Medicine (IOM) di Bethesda2, l'errore è il fallimento nel portare a termine, come nelle intenzioni, un'azione precedentemente pianificata (errore di esecuzione: ad esempio, ritirare dalla frigoemoteca e consegnare un'unità di sangue errata), oppure l'uso di una pianificazione sbagliata per raggiungere un obiettivo (errore di pianificazione: ad esempio, non identificare un anticorpo per aver utilizzato una tecnica inidonea). Si tratterebbe, secondo tale indirizzo di ricerca, di un evento dovuto a cause psicologiche e strettamente legato alle attività umane: l'aforisma errare humanum est (Plutarco) esprime in maniera incisiva il fatto che l'errore non è emendabile. Invece, secondo una concezione derivata dall'ergonomia francofona (Teoria dell'Azione Organizzativa)9,10, che considera il lavoro organizzato come un processo di decisioni e di azioni orientate a scopi e a risultati attesi ed in cui l'organizzazione non è separata dai soggetti agenti, l'errore non è altro che la conseguenza di una tra le possibili scelte alternative (di tipo tecnico, operativo, organizzativo) riguardanti la progettazione, la realizzazione del sistema o l'esecuzione di attività. Tali scelte vengono compiute secondo una razionalità intenzionale, tendente cioè a raggiungere degli obiettivi. Questa però è limitata, poiché riconosce i limiti della ragione umana. Dalle scelte effettuate possono derivare risultati considerati positivi (attesi) o negativi (non attesi): nel primo caso si tratta di scelte giuste e quindi di azioni o decisioni corrette, nel secondo caso di errori. Secondo tale impostazione, tutti gli errori sono umani, poiché le possibili scelte alternative sono sempre fatte da persone e nessun sistema è esente dalla possibilità di errore. La complessità del sistema trasfusionale può essere dominata solo attraverso una comprensione approfondita del processo trasfusionale13. Esso va inteso, secondo la Teoria dell'Azione Organizzativa 10, come una concatenazione di scelte, decisioni, azioni tecniche, articolate in fasi e sottoprocessi; il tutto finalizzato al raggiungimento di un obiettivo: somministrare l'emocomponente giusto al paziente giusto, al momento ed al posto giusto e secondo le corrette modalità. Senza l'ausilio di un idoneo metodo, la descrizione e l'analisi organizzativa di un processo come quello trasfusionale evidenziano elevati livelli di difficoltà. Questo perché il sistema trasfusionale è contrassegnato da una notevole complessità organizzativa legata alla necessità di integrazione e di coordinamento tra strutture ed operatori di unità operative a volte anche fisicamente distanti e spesso Sicurezza trasfusionale ed errore Figura 1 - Schema generale del processo trasfusionale (schema ad Y) Richiesta del medico Chiamata del donatore Identificazione del paziente Prelievo del sangue Emocomponente richiesto Preparazione dell’emocomponente Gestione dei campioni di sangue Invio dei moduli di richiesta e dei campioni al SIT FASE TRASFUSIONALE FASI ANALITICHE FASI PREANALITICHE Controllo e validazione dell’emocomponente Fornitura dell’emocomponente FASI PRODUTTIVE Scelta dell’unità di emocomponente ed esecuzione della prova di compatibilità Assegnazione dell’unità di emocomponente Distribuzione della unità di emocomponente Controllo al letto del ricevente Trasfusione dell’unità di emocomponente Controllo del ricevente e registrazione di eventi avversi Trasmissione dei dati relativi alla trasfusione al SIT con livelli disomogenei di sensibilità e di preparazione nei confronti delle problematiche trasfusionali. I criteri offerti dalla Teoria dell'Azione Organizzativa appaiono particolarmente adatti alla comprensione dell'eziopatogenesi organizzativa dell'errore e delle sue conseguenze. Inoltre, tale teoria offre una risposta concreta alle esigenze di una strategia preventiva degli incidenti trasfusionali, poiché mette a disposizione un metodo di analisi dei processi organizzativi (metodo OC o delle congruenze organizzative*), utilizzato in molteplici contesti lavorativi10-12, che consente di individuare le condizioni di pericolosità o "costrittività organizzative"*, corrispondenti * Metodo OC (Organizational Congruences): il processo viene scomposto in fasi. Di ognuna di esse si definisce l’obiettivo e si descrivono le attività elementari utilizzando uno schema a 4 colonne, dove vengono riportate, per ogni attività: la struttura, la struttura “sociale”, le conoscenze tecniche richieste e le “costrittività organizzative” evidenziate. La descrizione e l’analisi sono svolte dagli stessi operatori, dopo adeguata formazione. agli errori più difficili da scoprire, ma anche più pericolosi, cioè quelli "latenti" di sistema. Nella descrizione e nell'analisi critica del processo riferito alla singola realtà organizzativa, è importante avere come riferimento uno schema generale del processo trasfusionale, che può essere rappresentato graficamente a forma di "Y" (Figura 1)14. Utilizzando il metodo OC si ha a disposizione uno strumento di descrizione e di analisi del processo trasfusionale molto valido per la prevenzione primaria degli incidenti, individuando le fasi più a rischio e consentendo così di attuare i necessari interventi di correzione. Inoltre, esso serve anche per la prevenzione secondaria e per il miglioramento continuo della qualità e dell'organizzazione. Infatti, la prevenzione degli incidenti si esercita attraverso l'analisi del contesto di lavoro, cioè del processo * Le costrittività organizzative sono condizioni di pericolosità conseguenti a determinate scelte e decisioni tecniche-organizzative risultate incongruenti sotto il profilo organizzativo 343 M Rubertelli, GL Molaro Tabella I: fasi dell'errore L’errore ha radici lontane e risulta dalla combinazione di diversi fattori. Si riconoscono 2 fasi: - Fase preparatoria: errori latenti Rimangono silenti nel sistema per molto tempo. Vengono generalmente commessi nei “piani alti”; sono la minaccia più insidiosa per la sicurezza dei sistemi complessi. - Fase scatenante: errori attivi Sono associati alle prestazioni degli operatori di prima linea. I loro effetti sono immediatamente percepiti e, dunque, facilmente individuabili. Vengono spesso facilitati da precursori psicologici, fisici e ambientali. trasfusionale, finalizzata ad un duplice scopo: valutazione sia del rischio possibile (pericolo), al fine di evitarlo (prevenzione primaria) che di quello in atto, per la protezione del paziente (prevenzione secondaria), e conseguente progettazione del lavoro10,15. La sicurezza è vista come una opportunità per giungere, attraverso l'analisi critica dei processi organizzativi, ad un miglioramento della qualità dell'offerta trasfusionale e del livello dell'organizzazione. La concezione dinamica del processo trasfusionale offerta dalla Teoria dell'Azione Organizzativa consente di capire come, lungo la catena di scelte, di decisioni e azioni che ne caratterizzano lo svolgimento, possano inserirsi condizioni di pericolo ("costrittività organizzative") ed "attivatori di rischio"* che, combinandosi con determinati tipi di errori (errori "attivi"), danno luogo ad incidenti e ad eventi avversi. Infatti, nelle organizzazioni complesse gli errori sono causati dalla interazione di numerosi elementi e l'incidente ha quasi sempre radici lontane (root causes) di natura organizzativa4 (Tabella I). Nel sistema trasfusionale, basato sull'interazione tra strumentazioni automatiche ed informatiche ed elementi umani spesso chiamati a svolgere compiti molteplici con una variabile capacità di attenzione, gli errori possono verificarsi in ogni fase del processo trasfusionale, ripercuotendosi poi alla fine di esso con un incidente (cioè un evento sfavorevole che può essere prevenuto) potenzialmente capace di provocare danni o la morte13. Esiste una complessa tassonomia dell'errore, ma la distinzione più importante è quella che distingue l'errore "latente" dall'errore "attivo" (Tabella II)8. * Sono i "precursori" psicologici (ansia, stress, fatica, demotivazione ecc.), ambientali (ambiente di lavoro affollato, conflittuale ecc.) o fisici (ambienti scomodi, angusti, troppo caldi o freddi ecc.). Essi sono legati alla condizione umana, ma vengono spesso determinati ed accentuati da scelte di tipo organizzativo. 344 Tabella II: errori latenti ed errori attivi Errori "latenti" di sistema: - Design tecnologico e manutenzione - Comunicazione interna - Gestione del personale/responsabilità - Procedure e organizzazione del lavoro. Errori "attivi": - Errori di attenzione - Errori di memoria - Errore propriamente detto - Violazione di norme Gli errori "latenti" di sistema sono legati alle attività manageriali, normative ed organizzative, cioè ad attività distanti, (sia in termini di spazio che di tempo) dal luogo dell'incidente. Sono gli errori commessi ai "piani alti" (at the blunt end)16 dell'organizzazione (dirigenti e manager); le loro conseguenze possono restare silenti nel sistema anche per lungo tempo, diventando evidenti solo quando si combinano con altri fattori in grado di rompere le difese del sistema stesso. Sono "programmati" per scoppiare prima o poi, senza che si possa prevedere quando e sono i più difficili da scoprire. Gli errori "latenti" riguardano il disegno organizzativo e tecnologico, la manutenzione, la comunicazione interna, la gestione e la responsabilità del personale, le procedure e l'organizzazione del lavoro. Secondo l'impostazione scaturita dalla Teoria dell'Azione Organizzativa, gli errori "latenti" di sistema corrispondono alle "costrittività organizzative", cioè alle scelte e alle decisioni tecniche-organizzative che comportano l'insorgenza di condizioni di pericolo. Gli errori "attivi" corrispondono a quelli che comunemente ed impropriamente vengono definiti errori "umani", in contrapposizione agli errori "di sistema", proprio in ragione del fatto che l'errore "umano" è facilmente attribuibile all'operatore che lo ha commesso, mentre sia l'errore di "sistema" che il suo autore rimangono allo stato latente e sono di difficile evidenziazione. In realtà sia gli uni che gli altri sono errori umani, nel senso che sono il risultato di scelte, decisioni ed azioni dell'uomo. Gli errori "attivi", però, sono associati alle prestazioni degli operatori di prima linea (at the sharp end)16. Sono "attivi" in quanto i loro effetti sono immediatamente percepiti e gli autori, perciò, sono più facilmente individuabili. Sono di vario tipo (slips, lapses, mistakes, violations) e spesso vengono facilitati dagli "attivatori di rischio". L'operatore che compie l'errore "attivo" è il più delle volte vittima di uno o più errori latenti Sicurezza trasfusionale ed errore Tabella III: costrittività organizzative Costrittività organizzative (errore latente) Attivatori di rischio (precursori) Errore attivo Incidente Evento avverso di sistema (di disegno organizzativo, di carenza di risorse ecc.) che agiscono come tali oppure attraverso gli "attivatori di rischio" (stress, fatica, ansia, demotivazione ecc.) da essi indotti. Gli errori "attivi" sono quelli che innescano la sequenza che porta al danno, rendendo palese l'errore "latente". Nella tabella III è riportato schematicamente il ruolo dell'errore "latente" e di quello "attivo" nella successione degli eventi che conducono al danno. I precursori operano come "attivatori" delle condizioni di pericolo potenziale (costrittività organizzative) trasformandole in rischio concreto. È in simili condizioni che un'azione pericolosa, cioè un'azione che viola la sicurezza, è in grado di produrre un incidente seguito o meno da un evento avverso (infortunio o morte). Ed è l'errore "attivo" a svolgere tale ruolo. Le azioni che violano la sicurezza sono pertanto errori "attivi" e/o violazioni che vengono commessi in presenza di una condizione di pericolosità e di rischio concreto. Si dividono in: azioni che sono condotte non secondo le intenzioni e quelle invece secondo le intenzioni 8. Le azioni non secondo le intenzioni (comunemente definite errori) sono quelle caratterizzate da una pianificazione corretta, ma con una esecuzione sbagliata: sono gli slips (errori di attenzione) ed i lapses (errori di memoria). Sono errori di esecuzione, più frequenti quando si svolgono compiti in maniera automatica. Le azioni secondo le intenzioni (comunemente definite sbagli) sono quelle caratterizzate da una pianificazione sbagliata per raggiungere l'obbiettivo: sono i rule-based mistakes (errori di applicazione delle regole), i knowledgebased mistakes (errori di applicazione delle conoscenze) e le violations (violazione di norme). Sono errori di pianificazione, più frequenti nello svolgimento di compiti che richiedono un controllo cosciente, non automatico. Ricapitolando, l'impostazione culturale purtroppo tutt'ora vigente, soprattutto in sanità, tende a colpire esclusivamente gli operatori che hanno commesso l'errore "attivo", causa dell'incidente. Essa trascura, il più delle volte, la ricerca, ben più difficile, degli errori latenti di sistema e della loro natura organizzativa che è ben più difficile da condurre. Di conseguenza, finché non vengono scoperti e corretti, questi persistono e creano le condizioni per il verificarsi di altri errori e possibili incidenti. L'errore "umano", o meglio l'errore "attivo", è quindi strettamente collegato all'errore "latente" di sistema che ne è il catalizzatore, nel senso che è l'errore attivo a portare alla luce l'errore di sistema, che era già programmato a manifestarsi prima o poi. Per rendere più sicure le pratiche trasfusionali è necessario ridisegnare i processi realizzando un sistema capace di assorbire e tollerare l'errore, che ne permetta l'autocontrollo da parte degli operatori, senza nasconderlo o rimuoverlo (come spesso accade), ma rendendone più difficile l'insorgenza e neutralizzandolo una volta che si sia verificato: un sistema cioè non privo di errore (il che è quasi irrealizzabile), ma a prova di errore. Ciò può essere reso possibile soprattutto creando una cultura nella quale si ammetta l'esistenza dell'errore e contemporaneamente si riconosca la responsabilità di tutti nella prevenzione degli incidenti. Se si vuole veramente fare un sostanziale progresso in questo senso, bisogna superare la diffusa convinzione basata sull'utilità di biasimare e punire le persone che hanno commesso un errore (che di esso sono il più delle volte le prime vittime)16,17. Si deve cominciare a considerare gli errori e le deviazioni non come incapacità umane, ma come insuccessi del sistema. Treat systems, not errors, concludeva uno dei massimi esperti nel campo dell'errore, L. Leape, commentando alcuni clamorosi casi di errore sanitario verificatisi negli USA4,18. Questa nuova "cultura dell'errore", cioè il nuovo e diverso modo di prospettare il significato dell'errore nel processo di lavoro, ha origini lontane, se già nel 1905 Ernst Mach affermava che "La conoscenza e l'errore hanno le stesse origini mentali; solo il successo può distinguere l'una dall'altro". Tuttavia, la strada per una sua completa realizzazione, soprattutto in campo sanitario, sembra ancora lunga da percorrere. Le conclusioni possono essere così riassunte: - tutti sbagliamo: l'errore è strettamente connesso alle attività umane ed è pertanto inevitabile; - le cause dell'errore sono generalmente al di fuori del controllo individuale e sono da ricercare soprattutto nell'organizzazione del sistema: se noi non possiamo cambiare le persone, possiamo però cambiare le condizioni in cui esse lavorano 6; 345 M Rubertelli, GL Molaro - - - - - raramente un incidente è il risultato di un singolo errore, ma dipende da una combinazione di errori "latenti", precursori ed errori "attivi"; l'errore è un sintomo di un problema, ma non necessariamente la causa principale di esso: esso rappresenta piuttosto un'opportunità per analizzare il processo di lavoro e per progettarlo nuovamente, almeno in alcuni punti 4; un sistema che si basi su attività ritenute scevre da errori è destinato prima o poi a fallire: è invece importante che sia a prova di errore, cioè capace di assorbirlo e neutralizzarlo 4; bisogna cambiare l'atteggiamento culturale nei riguardi dell'errore, instaurando una cultura positiva di esso: biasimare chi commette un errore serve solo ad impedire l'individuazione delle radici dell'errore; conoscere l'errore è fondamentale per combatterlo e per raggiungere la sicurezza. 5) Williamson L, Cohen H, Love E, Jones H, Todd A, Soldan K: The serious hazards of transfusion (SHOT) initiative: the UK approach to haemovigilance. Vox Sang, 78 (Suppl. 2), 291, 2000. 6) Reason J: Human error: models and management. BMJ, 320, 768, 2000. 7) Blumenthal D: Making medical errors into medical treasures. JAMA, 272, 1867, 1994. 8) Reason J: L'errore Umano. Il Mulino, Bologna, 1994. 9) Maggi B: Analisi e progettazione del lavoro per la tutela della salute. L'orientamento innovativo del DLgs n° 626, 1994. In: Ambiente, salute e sicurezza. Per una gestione integrata dei rischi da lavoro. A cura di Montuschi L, Giappichelli Editore, Torino, 323, 1997. 10) Maggi B: Razionalità e Benessere. Studio Interdisciplinare dell'Organizzazione. Etas Libri, Milano, 1990 11) R u l l i G , C r i s t o f o l i n i A , B i a n c o R e t a l . : A n a l i s i organizzativa del lavoro ospedaliero: identificazione degli elementi di costrittività ed ipotesi sulle loro relazioni con il benessere degli infermieri. La Medicina del Lavoro, 86, 3, 1995. 12) Lamanna O, Zappini L, Rubertelli M: La revisione dell'analisi dei processi lavorativi. 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