L`Arco n. 4_2009

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L`Arco n. 4_2009
L’arco
Dicembre 2009
ANNO XXII n. 4
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARCO” - MAZARA DEL VALLO - Reg. Trib. Marsala n. 86-5/89 del 2/3/1989 - Distribuzione gratuita
Editoriale
PASSATO E... FUTURO
di Giuseppe Fabrizi
E' stato, per l'Arco, un anno denso di avvenimenti e di
mutamenti!
Il cambio sofferto e doloroso del Direttore
Responsabile, Dr. Nino Corleo, che per venti anni ha
firmato il giornale, cui ha profuso tutto il suo
entusiasmo, le sue indubbie capacità di giornalista
onesto intellettualmente, e la sua incessante
operosità. L'allontanamento, altrettanto sofferto, del
Dr. Mario Caiazzo, compagno “ab inizio” di avventura,
uomo di grandi virtù e di specchiata fede cristiana,
elegante e colto, sempre preciso, lucido e puntuale
nelle sue discussioni sulle più svariate tematiche.
L'adesione però entusiastica di un nuovo direttore
responsabile, il Prof. Onorato Bucci, illustre studioso e
docente universitario, Direttore del Dipartimento di
Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi del
Molise, nonché Membro del Pontificio Consiglio per
l'interpretazione dei testi antichi della Chiesa, fine
letterato, dotato di una vasta cultura umanistica, ha
ridato subito lustro e soprattutto rinnovato slancio al
nostro impegno e a quello di tutto il comitato di
redazione per la costruzione di un nuovo giornale!
L'Arco infatti, pur rimanendo ancorato tenacemente al
territorio, ha ampliato il suo orizzonte, dibattendo
tematiche di ampio respiro come l'Islam, la solidarietà
e la cooperazione internazionale, temi quest'ultimi
presenti nel panorama editoriale nazionale.
Abbiamo poi deciso, per assicurare una diffusione più
capillare a livello nazionale e internazionale e la
possibilità di colloquiare con i nostri lettori, di mettere il
giornale in rete internet, al sito www.arcomazara.it, di
fare, quindi, un moderno periodico on line.
Il nostro impegno con i lettori rimarrà, pur con queste
novità, invariato e si farà anzi sempre più stretto.
Infatti noi continueremo con l'impegno di sempre, e
con la nostra voce libera parleremo ai mazaresi e per i
mazaresi, ma sempre nel precipuo interesse della
nostra amata città e del nostro territorio.
Daremo vita a manifestazioni culturali e saremo
sempre al fianco di chi organizza progetti per restituire
alla nostra Mazara l'orgoglio culturale di essere
”inclita urbs”, ma di questo parleremo l'anno venturo!
Intanto come fornire un contributo per celebrare i 150
anni dell'Unità d'Italia? Ne abbiamo parlato a lungo
con il nostro Direttore e all'interno della Redazione. E
il risultato è stato che cercheremo di parlare della
Sicilia e di Mazara del Vallo e della Penisola italiana,
nei loro rapporti prima dell'Unificazione e dopo, sino ai
giorni nostri, senza rinnegare nulla del passato (che
comunque ci appartiene, ma per capire il passato:
quali errori abbiamo cioè fatto e sono stati fatti, quali
errori potevamo non fare e che invece abbiamo fatto,
e perché in nome di un'autonomia siciliana (che esiste
prima che fosse codificata: spero che questo sia
riconosciuto da tutti e che nessuno possa
rimproverarcelo) ci siamo troppo spesso dilaniati e
lacerati al nostro interno e nei confronti dello Stato
Nazionale: un esame di coscienza, dunque, perché
segna poi il dolore dei peccati e il proponimento di non
commettere più gli stessi errori (e di non farne altri, di
nessun altro tipo). Credo che questo sia il modo
migliore per arrivare al 2011, ai 150 anni dall'Unità
Nazionale!
Per ora, a nome di tutto il Comitato di Redazione e dei
componenti dell'Associazione Culturale “L'Arco”,
sentiamo il dovere di esprimere a tutti i cittadini
mazaresi i nostri più fervidi voti augurali, esteso anche
alle tante famiglie mazaresi che vivono fuori Mazara,
un po' sparse nell'Italia e nel mondo, ed alle numerose
famiglie degli immigrati, tunisini e non, presenti nella
nostra comunità cittadina. A tutti porgiamo di vero
cuore gli auguri per un Sereno e Santo Natale e che il
2010 sia per tutti un anno ricco di salute, di pace, di
benessere e di solidarietà sociale.
CARI MAZARESI - Lettera dal Burkina Faso
di fratel Vincenzo Luise
Abbiamo ricevuto da fratel Vincenzo
Luise, Padre Camilliano, missionario
in Burkina Faso, la seguente lettera,
c h e
p u b b l i c h i a m o
integralmente.Questa lettera, scritta
da un semplice frate, è testimonianza
vibrante di una profonda fede
religiosa e, nella sua semplicità, ci
parla di Dio e del prossimo. Essa
costituisce una pagina bellissima,
ricca di sentimenti, che ci fa riflettere
moltissimo sul nostro modo di vivere
la vita nella cosiddetta civiltà
occidentale del terzo millennio e sul
significato, vero e profondo, della
carità cristiana e dell'amore verso il
prossimo, verso i poveri e verso gli
ammalati.
Illustre Professore Giuseppe Fabrizi e
Amici di Arco-baleno onlus,
chi le scrive è un religioso Camilliano:
Fr.Vincenzo Luise, per grazia di Dio
missionario in Burkina Faso, paese
dell'Africa tra i più poveri del mondo.
Come camilliano ho la missione di Amore
nella cura dei malati, di tutti i malati,
membra del corpo mistico di Gesù
sofferente, e come tale assisto i malati di
lebbra, che sono circa 1.800, residenti i
più in un quartiere di Ouagadougou. Loro
sono il mio Paradiso e come tale hanno
diritto all'Amore supremo che si
trasforma in cibo, medicine, vestiario,
alloggio, cura delle piaghe, ecc…
Il Malato per me è Gesù crocifisso e
come tale l'adoro, è Lui che mi dona tutto,
è il Tutto. Gesù soffre in croce, ebbene se
c'è un Malato lascio Lui e corro dal
malato; Gesù ha la Mamma, Maria, ed io
faccio da Mamma al malato! La
vocazione camilliana è dare Amore e
farsi mangiare dall'Amore. Ho timore che
questa grandissima grazia di Dio sia
troppo pesante: ma ci sono i miei Padroni
e Signori che me la rendono leggera,
perché l'Amore che essi mi donano è
grandissimo e mi rendono leggero
questo carisma d'Amore. Dai miei Signori
e Padroni voglio essere mangiato,
digerito e assimilato.
Scusatemi di tutte queste chiacchiere ma
Voi, Professore e Amici di Arco-baleno
onlus state marciando sullo stesso
viottolo della Carità, che lo rende
un'autostrada, perché l'offerta di 1.840
euro, date con amore, è il pegno del
vostro cuore grandissimo a favore di
questi poverelli che non hanno la più
grande ricchezza, che è la salute. Sua
Eccellenza Mons. Vito Rallo, Nunzio
Apostolico in Burkina Faso, mi ha
consegnato la busta piena, colma del
vostro Amore per i malati di lebbra. Basta
il mio grazie?... certamente no! Il grazie
ve lo donano, ve lo dicono questi Gesù in
terra: i lebbrosi e, attraverso loro, lo
stesso Gesù. E dove c'è Gesù c'è la
Mamma, Maria, e anche Lei vi ha
detto:grazie! Che il Datore di tutte le
grazie vi riempia di Grazie Celesti e
benedica Voi e le vostre famiglie.
Da parte mia non mancherò di pregare il
Signore Gesù e la Mammina Maria, per
tutti Voi!
Con stima ed affetto, vostro in Cristo
Gesù, Fratel Vincenzo Luise, Camilliano.
Scritta in Ouagadougou il 3 novembre 2009.
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DICEMBRE 2009
L’arco
La carboneria italiana è meridionale e ha radici cattoliche,
fra Napoli e la Sicilia, ispirata e protetta dall’Inghilterra
di Onorato Bucci
La necessità di unire l'Italia non fu soltanto
un'esigenza della cultura e degli strati sociali
più elevati della Penisola del Nord ma trovò
ascolto anche nella parte meridionale del
territorio di quella che sarà chiamata la
Nazione Italiana ma che era già intesa come
tale dalla classe culturale dei vari Stati in cui
era divisa la Penisola. La radice di questo
movimento storico-culturale è da vedere nei
circoli illuministici del Napoletano che erano
diffusi da Napoli all'Istmo di Messina e che
nella loro resa politica è tutta meridionale e si
concretizza dagli impulsi antibonapartisti da
cui nacque, nei sodalizi che presero il nome di
Charbonniers in Francia e Carbonari in Italia,
con propri riti e simboli ricavati dalla passione
di Cristo verso il settimo decennio del XVIII
secolo.
La testimonianza esplicita di Pietro Colletta e
di Giuseppe Rossetti porta a fissare un dato
imprescindibile, e cioè che questa
associazione di mutuo soccorso fra i militari di
bassa forza assunse un carattere
decisamente antinapoleonico con spiccate
tendenze repubblicane, dando vita a
fratellanze segrete che si diffusero,
certamente per gradi, in tutto il Meridione
d'Italia con una grossa differenza rispetto al
resto della Penisola, con caratteristiche
profondamente cattoliche o semplicemente
cristiane in avversione al grossolano
anticlericalismo professato dal partito dei
dominatori francesi da un lato, con un colore
tipicamente popolaresco perché costituito da
elementi piccolo borghesi e dal bassoclero,
tutti pervasi da profondo attaccamento alla
propria terra dell'altra.
Ciò lo si dovette non solo all'humus
precedente creato dalla cultura illuministica
napoletana caratterizzata da Vincenzo Cuoco
ma anche dalla copertura che gli Inglesi
diedero a tutto questo movimento che si
diffuse soprattutto nel Molise dove, sul seme
di Cuoco sorsero i Pepe, i De Attelis, la
Frangipane e una miriade di sacerdoti che
trovarono nei Vescovi Tria (a Larino) e De
Luca (Ripalimosani) fino ad Agnone
(Labanca), i testimoni più evidenti.
Il risultato fu che la Carboneria meridionale è
essenzialmente una Massoneria del tutto
cattolicizzata con scala gerarchica da due a
nove gradi e una organizzazione trapartita in
Vendite, Vendite Madri e Alte Vendite cui
spettava la direzione suprema dell'Ordine,
con Cristo crocifisso a grande Maestro
dell'Ordine ma con una scarsa propensione
verso la Resurrezione.
Quando lord Bentick fu inviato in Sicilia, la
Carboneria si diffuse anche nell'Isola e si
diffuse talmente capillarmente tanto che le
classi nobili isolane offrirono il regno di Sicilia
alla Corona Inglese (ottobre 1813). Da qui la
reazione durissima della relazione di
Vincenzo Dandolo (29 novembre 1813) al
Viceré Eugenio sull'entità della Carboneria a
Napoli e in Sicilia e di qui l'accusa fatta ai
Carbonari di aver sostituito parole
evangeliche a quelle massoniche, al fine di
rendere più accetto il suo intento alla piccola
borghesia e ai militari, dal soldato al capitano,
su pressione e istigazione dell'oro inglese. La
reazione borbonica fu durissima tanto più che
gli Inglesi avevano operato con l'appoggio
borbonico ma al tempo stesso infiltrandosi
nell'esercito sì che c'era una prevalenza
gerarchica carbonara dell'Alta Vendita sulle
decisioni del Governo. Di qui la ribellione dei
Borboni all'Inghilterra e di qui la richiesta,
subito ottenuta, del pronunciamento di fedeltà
del 1820 delle alte gerarchie militari del Re.
Questi avvenimenti, comunque, la dicono
lunga su quanto accadrà successivamente
allorché ci saranno episodi salienti dell'Unità
della penisola: l'adesione dell'alta borghesia
napoletana e siciliana alle indicazioni inglesi,
il comportamento filo-inglese (cioè filo
risorgimentale) dell'esercito borbonico e
soprattutto l'accoglienza fatta dall'Inghilterra a
tutti i transfughi carbonari non solo meridionali
ma del resto dell'Italia (quelli del Canavese, di
Milano, di Genova, con i nomi di Filadelfi,
l'Aldelfi e i Federati) dove i carbonari
meridionali si diffusero, a Londra (dove non a
caso si rifugiò Mazzini) e poi a Parigi, sotto il
nome di Carbonari riformati, mentre il resto
(che non si attenne alle indicazioni dei Filippo
Buonarroti, Borio-Carminati e Carlo Bianco) si
d i ff u s e a M a l t a , C o r s i c a e C o r f ù .
Particolare attenzione, su spinta inglese,
ebbe della Sicilia la Carboneria meridionale,
perché nell'isola visse e prosperò una
carboneria antinapoleonica la cui azione
traluce di frequente nei processi politici
anteriori al 1848: è attraverso la Carboneria
che nacque e si diffuse la Massoneria in
Sicilia, come operazione inglese di cui
ignoriamo le particolari attenzioni sul territorio
che andrebbero studiate dai documenti
conservati negli archivi delle grandi famiglie
siciliane.
Non c'è dubbio che “con i moti del 31 venne
consumato il divorzio tra la Giovine Italia e gli
uomini del passato” come ebbe a dire
Mazzini, (e qui per “uomini del passato”
Mazzini intendeva gli affiliati alla Carboneria),
ma l'Unità Italiana, l'associazione che diede
vita ai moti del '48 a Napoli, fu tutta
completamente gestita da carbonari. Nata a
Napoli nel giugno di quell'anno, dopo i fatti del
15 maggio, ad opera di Filippo Agresti,
Michele Pironti e Luigi Settembrini (che fu poi
esiliato nel Molise e nelle Ricordanze ricorda
momenti struggenti passati a Sant'Agapito, il
piccolo borgo sulle pendici del Matese che si
affaccia sulla Valle di Isernia), l'associazione
si divise in Gran Consiglio, Circoli Generali,
Circoli Provinciali, Distrettuali e Comunali,
partecipando alla insurrezione del 5-7
settembre quando a Napoli si innalzò per la
prima volta il Tricolore. Unì certamente tutta la
classe culturale napoletana, dalla città
partenopea alla Puglia e alla Calabria. Vi
aderì Poerio e fu di tendenza fortemente
cattolica, sollecitando il Papa ad intervenire
per una Italia federale unita contro lo straniero
(nel proclama ai Popoli Napoletani).
L’autonomia della Sicilia, il “sicilianismo e la nazione siciliana”
di Onorato Bucci
Parlare dell'Autonomia della Sicilia,
della Nazione Siciliana e del
cosiddetto "Sicilianismo" non è
semplice, ma è ragionevolmente
deducibile dalla storia dell'Isola, fin
dalla sua storia Antica, dal rapporto
che questa terra ebbe con la cultura
micenea, e poi greca, e quindi fenicia,
e cartaginese, e romana, fino ai
Vespri, del XIII secolo.
C'è tuttavia un dato, nella storia
postmoderna dell'Isola che ci dà
chiara la concezione dell'autonomia
della Sicilia. Se la Nazione Siciliana
nasce fin dai primordi della storia della
Sicilia, è al 1799 che quella Nazione
sviluppa la presenza della sua libertà
culturale e politica, quando, nella
pacifica e idilliaca Sicilia (come allora
la considerava il suo grande poeta
Giovanni Meli) la corte borbonica vi si
rifugiò nel momento in cui Napoli fu
invasa dai Francesi e vi si trattenne
fino al 1802 e ritornarvi poi nel 1806
per attendervi il crollo della potenza
napoleonica.
E' in quel periodo che maturò il
dissidio insanabile fra la Corte e i
Siciliani; fra il “Continente” come si
dirà poi, e la terra di Sicilia, fra l'Italia
rappresentata da Napoli e la
Trinacria, confermando quindi
l'isolamento culturale e politico
dell'Isola affermato già rispetto ai
Savoia e agli Absurgo d'Austria
dell'immediata epoca precedente,
con il fallimento delle riforme
avanzate dal vicerè Marchese
Caracciolo.
Ebbene, nel periodo 1802-1806, si
affermarono gli attentati alla
costituzione siciliana, che voleva dire
gli attentati all'individualità storica e
politica della Sicilia. Legittimo tutore
della Costituzione siciliana, si levò il
Parlamento che era l'erede
dell'aristocrazia feudale, il quale si
ribellò all'arresto di cinque fra i
maggiori rappresentanti parlamentari
(G. Ventimiglia principe di Belmonte;
C. Cottone principe di Castelnuovo,
G. Riggio principe di Aci; G. Alliata
principe di Villafranca, A. Grioeni duca
d'Angiò). Ad appoggiare la ribellione
fu W. C. Bentinock, ministro
plenipotenziario dell'Inghilterra in
Sicilia, e da allora l'Impero Britannico
non distolse più lo sguardo dalla
Trinacria favorendo la costituzione dei
circoli massonici nell'isola e
preparando l'adesione ai moti della
Rivoluzione italiana che si avranno di
lì a poco.
L'intervento inglese (sorretto dalla
forza di 14.000 uomini) impose come
Vicario Generale per la Sicilia il
principe ereditario Francesco, diede
vita alla nuova costituzione elaborata
da Paolo Balsamo, approvata nel
1812, con due Camere, quella dei
Pari (composta dai membri dei due
estinti Bracci reintegrati) e quella dei
Comuni, elettiva, di chiara
derivazione inglese. L'Ordinamento
Costituzionale siciliano fallì
miseramente per la lotta dei due partiti
al suo interno (i Cronici, dal giornale
La Cronaca di Sicilia, costituzionalisti
e filobritannici e gli Anticronici, realisti
e rivoluzionari) cosicché, quando il
Bentinack fu richiamato in Inghilterra
e quando fu tolto il presidio militare
inglese in Sicilia, Ferdinando I sciolse
il Parlamento il 15 maggio 1815
abolendo l'8 dicembre 1816 la
Costituzione e proclamandosi Re del
Regno delle Due Sicilie. In quel
momento la secolare indipendenza
siciliana, la Nazione Siciliana, il
Sicilianismo erano finiti.
L’arco DICEMBRE 2009
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PRESERVATIVO E SFIDA DELLA PROPAGAZIONE DELL'AIDS
Una testimonianza dal Burkina Faso
di Sibir Nestor Samné
Introduzione
Dopo la violenta tempesta mediatica che ha
scosso il mondo in merito alle dichiarazioni
del Papa sull'AIDS, alcuni politici e
intellettuali hanno gridato allo scandalo. Il 3
aprile scorso il parlamento belga ha
approvato una risoluzione che definisce
come “inaccettabili” le recenti dichiarazioni
del Papa sulla lotta contro l'AIDS.
Durante questo periodo è anche innegabile
che altri spiriti si liberassero
progressivamente delle loro passioni.
Ciascuno deve essere a uno stadio della
digestione di ciò che ha optato di ritenere per
sé, certamente, dopo tutte le riflessioni che
sono state fatte sulla situazione. Ma, al di là
delle motivazioni più o meno confessate di
queste polemiche, dovremmo chiederci se
la dichiarazione del Papa sui profilattici è
stata considerata con un'attenzione
sufficiente e seria, o se non è stata piuttosto
esaminata attraverso un filtro non obiettivo
da alcuni mass-media occidentali ?
Del testo dell'intervista del Papa, alcune
persone hanno estrapolato e brandito
questa frase come uno stendardo di
scandalo al mondo: " (…) non si può
risolvere questo flagello attraverso la
distribuzione dei preservativi : al contrario,
essi aumentano il problema»
Che cosa c'è di scandaloso in questa
affermazione ? – Detto diversamente, è
falso dire che: I preservativi (distribuiti),
aumentano il problema e, di conseguenza,
non si può risolvere questo flagello
(solamente) con questo metodo?
Si rende opportuno presentare il punto di
vista di alcuni eminenti ricercatori che hanno
scritto sui condom e sulla loro utilizzazione in
prestigiose riviste scientifiche internazionali,
che ogni uomo, senza pregiudizi, può
consultare.
I - Storia
Qual è l'origine del condom? Perché gli
uomini lo hanno inventato?
Secondo l'archeologia, la scoperta del
condom risale al 3000 a.C. in Egitto (1). I
soldati egiziani utilizzavano principalmente i
condom fatti di intestini di pecore (2) per
proteggersi dalle malattie veneree, molto
diffuse. Notiamo che in questa epoca, dalle
patologie veneree come la sifilide, la
gonorrea, si guariva difficilmente a causa
dell'assenza di antibiotici. I militari, lontani
delle loro spose durante le lunghe
campagne belliche, conoscevano i rischi
che correvano frequentando le prostitute, e
prendevano le loro precauzioni con tale
genere di profilattico.
È nel X secolo d.C. che il preservativo
conosce veramente una grande modifica
strutturale e morfologica in Cina ed in
Giappone. I giapponesi e i cinesi nella loro
finezza, verso gli anni 900 della nostra era,
inventarono rispettivamente dei preservativi
a base di squame di tartaruga e di carta di
seta lubrificata.
È solamente verso la metà dell'ultimo
secolo, con le teorie della “liberazione dei
sessi” e del “sesso sicuro”, che il
preservativo, fatto oramai di lattice, entra
pienamente in una nuova era superando la
sua funzione primaria di protezione e di
prevenzione contro la sifilide, per diventare
anche un mezzo del piacere.
II - Affidabilità ed efficacia del
preservativo
Il virus del SIDA: Secondo i ricercatori, il VIH
è un retrovirus molto piccolo da 100 a 120
nm di diametro (3). Esso è 60 volte più
piccolo del batterio che causa la sifilide, e
circa 400 volte più piccolo dello
spermatozoo umano.
Il condom: è fatto di lattice e ha una
moltitudine dei piccoli fori: i pori. Nel lattice
naturale queste particelle porose misurano
da 0.1 a 5 micron. L'efficacia dell'effetto
barriera e integrità dei preservativi in lattice
sono verificate da una prova di fuoriuscita. Il
problema è che la sensibilità del test di
fuoriuscita per i piccoli difetti della
membrana non è molto grande. Roland e i
suoi collaboratori hanno calcolato che il più
piccolo orifizio rilevabileattraverso questo
test in condizioni ideali doveva misurare 1012 micron (4). Questo limite di sensibilità del
test rende critico il problema dei difetti delle
membrane in elastomero. Oggi, dunque, la
presenza di difetti nel lattice, dovuti a errori di
fabbricazione, è ben stabilita.
Per il VIH, ogni orifizio più grande dello 0,10
micrometro sarebbe da considerare come
una fuoriuscita attraverso la quale il virus
potrebbe passare. Infatti, certi studi in vitro
hanno mostrato che le membrane di lattice
dei preservativi erano impermeabili al VIH e
ad altri agenti degli IST (5).
Tuttavia, questi risultati sono stati messi in
questione - in particolare in occasione della
V Conferenza Internazionale sul VIH/SIDA a
Montreal - dopo che dei preservativi molto
controllati, prodotti da fabbricanti molto
conosciuti hanno mostrato una permeabilità
alle microsfere di misura superiore a quella
del VIH (6 preservativi su 69) (6).
Gordon concludeva da questi risultati che i
metodi attuali per controllare la qualità dei
condom non erano sufficienti perché se ne
possa dedurre che i preservativi erano
impermeabili al VIH. Lo stesso Gordon
pensa che i preservativi in lattice falliscono
anche nel prevenire le gravidanze a causa
delle rotture di questi elementi. Il lattice può
ridurre solamente la
probabilità di trasmissione
del virus. Ma si tratta
solamente di una
riduzione, non di una
barriera assoluta. Ci sono
dei forellini nel lattice e
questi pori sono
sufficientemente grandi
per lasciare passare delle
particelle della misura del
VIH, e anche della misura
degli spermatozoi per
alcuni di questi piccoli
orifizi (8). Così, Carey e
collaboratori hanno
osservato attraverso il
33% delle membrane dei
preservativi in lattice
studiati, il passaggio di
particelle della misura del
VIH (9).
L'indice di Pearl del
contraccettivo è
compreso tra 2 e 15, con
un valore medio tra 2 e 34.
Il tasso di insuccesso del
preservativo maschile
nella prevenzione della
gravidanza, definito come
la probabilità di gravidanza su un periodo di
un anno per una donna che utilizza il
preservativo solamente come mezzo
contraccettivo, è dell'ordine dal 5 al 30% (il
4% nelle coppie molto motivate di
un'Associazione di Programmazione
Familiare, secondo Vessey (10), tra il 6 e
22% delle coppie studiate da Grady (11).
Uno studio americano su larga scala circa
l'efficacia dei differenti preservativi per
prevenire le gravidanze mostra un
insuccesso del 15% tra i giovani utenti
durante il loro primo anno di utilizzazione, e
un insuccesso del 2% tra le coppie esperte
nell'uso del dispositivo (12).
In certe circostanze, lo spermatozoo che è
400 volte più grande del VIH, arriva a
passare attraverso i pori del preservativo. Il
paragone di proporzione può essere
applicato all'elefante e alla capra! La
capretta è almeno 400 volte più piccola
dell'imponente pachiderma! Ed è qui che ci
poniamo una domanda legittima: da un buco
dove un elefante può passare, quante capre
possono passare al tempo stesso attraverso
il medesimo orificio? Chi ha degli orecchi per
intendere, intenda!
Senza dubbio, il condom preserva dalle
infezioni sessualmente trasmissibili come la
sifilide, la gonorrea ecc. Ma di fronte all'AIDS
la protezione del preservativo è sotto
condizione. La sua efficacia e la sua
affidabilità non dipendono da
un'assicurazione incondizionata. Parecchi
parametri sono da prendere in conto: la
struttura porosa del lattice, la possibilità di
perdite e di rotture, la degradazione
possibile del latex; la contaminazione della
superficie esterna del condom dal VIH, le
macchie del profilattico causate dal VIH
presente nelle secrezioni uretrali e vaginali,
e tanti altri elementi di ordine fisico e
psicologico!
A proposito della
discriminazione nell'utilizzazione dei
preservativi: il profilattico perforato o
lacerato espone di più la donna. Da ciò
discende anche la femminilizzazione della
problematica dell'AIDS. Parlando del
preservativo, manteniamo come riflesso
l'immagine del preservativo maschile.
Orbene questo esporrebbe di più le donne.
Procediamo per ipotesi. Qui, per coppia,
bisogna intendere partner “uomo-donna”.
* - Coppia di cui l'uomo è sieronegativo e la
donna sieropositiva.
In questo caso, se l'uomo utilizza un
preservativo per i rapporti, e se il
preservativo si strappasse, l'uomo
conserverebbe sempre una possibilità di
non essere contaminato dalla donna a meno
che abbia delle piaghe o delle lesioni sul suo
sesso.
* - Coppia di cui l'uomo è sieropositivo e la
donna sieronegativa.
In questa circostanza, se il preservativo è di
cattiva qualità o se si strappasse, la
probabilità che la donna sia contaminata si
rinforza, poiché tutta la riserva dello sperma
infettato dal virus dell'AIDS ha la strada
libera per andare il più lontano possibile nel
tratto sessuale femminile.
* - Nel caso in cui il preservativo restasse
intatto.
Anche qui, teoricamente, le probabilità
dell'uomo di non essere infettato
supererebbero quelle della donna perché
esisterebbe una pressione dello sperma
all'interno del profilattico. In ogni caso, esiste
oggi tutta una varietà di marche di
preservativi e di conseguenza, nelle
condizioni normali, la loro efficacia varia
dall'80% (13) al 96% (14) secondo le loro
qualità di fabbricazione.
Certo, i preservativi non sono sicuri al 100%
ma, se utilizzati correttamente, possono
ridurre sessualmente i rischi di malattie
trasmissibili, ivi compresa l'AIDS, come
raccomandato dall'OMS e da alcuni
ricercatori biomedici (15,16). Considerando
tutti questi rischi e questi pericoli di infezioni,
è facilmente deducibile che colui che utilizza
il preservativo non è dunque fuori pericolo al
100% dall'essere contaminato dal
VIH/AIDS.
III - Distribuzione di preservativi e
propagazione del VIH/SIDA in Africa
Si considera generalmente che il primo caso
accertato di AIDS, in Burkina, sia stato
identificato nell'anno 1986; la lotta si è
chiusa subito, con l'istituzione di una società
di promozione di preservativi : PROMACO.
In occasione del Primo Congresso
Nazionale di Bioetica, i partecipanti hanno
constatato, sulla base delle comunicazioni
scientifiche fatte, che obiettivamente, la
promozione del “tutto preservativo”, aveva
contribuito ad aumentare i rapporti sessuali
occasionali e la moltiplicazione dei partner, e
di conseguenza, a decuplicare i casi di
infezione da VIH/AIDS. È stato chiesto, per
motivi di salute pubblica, di ritirare alcune
pubblicità televisive troppo volgari e
incitatrici e di mirare un po' di più ad
un'educazione morale sana dei giovani nel
campo della sessualità.
Concretamente, come avviene la pubblicità
e la commercializzazione dei preservativi?
- La propaganda: negli stabilimenti
scolastici, in occasione delle riunioni dette di
educazione sessuale e di prevenzione delle
IST (malattie sessualmente trasmissibili) e
delle gravidanze indesiderate, gli incaricati
cercano di parlare di una “sessualità senza
complesso” ai giovani; si mostra loro come
utilizzare i preservativi e i contraccettivi orali.
Una distribuzione di scatolette di pillole è
fatta alle ragazze ed alcuni preservativi sono
proposti ai ragazzi. Spesso, davanti alla
reticenza dei ragazzi, si danno i preservativi
in "scatole" alle ragazze. Durante le feste di
fine anno negli istituti, ci sono distribuzioni
“preventive” di preservativi; non è raro
vedere dei balli di ragazze concludersi con
lancio di preservativi all'assemblea come
piccole caramelle! In occasione delle
promozioni di fine studio nelle grandi scuole,
i genitori si fanno carico di distribuire
Pag. 4
DICEMBRE 2009
pubblicamente pacchetti di preservativi ai
felici diplomati.
- L'assuefazione: lo scopo di tutto il
martellamento pubblicitario è di creare
un'abitudine tra i giovani, sostenuta del resto
da una certa letteratura disonesta,
sfruttando la psicanalisi di Freud sulle
pulsioni umane; le relazioni sessuali
frequenti sarebbero indispensabili
all'equilibrio mentale e la verginità delle
ragazze le predisporrebbe ad avere turbe
psichiche...
- Alcuni tipi di preservativi che non possono
più essere commercializzati in Occidente,
sono scaricati in Africa! Per l'Africa tutto è
buono perché c'è urgenza; ed è così che si
trova in vendita ogni marca di preservativi
nelle sordide botteghe di quartiere, tra i
pacchetti di sigarette e le scatole di
fiammiferi, nelle condizioni di conservazione
più dubbie.
IV - Aspetti economici e politici del
preservativo.
C'è anche una verità meno buona da dire,
ma la cui espressione rimane tuttavia
indispensabile. Se il preservativo è, secondo
alcuni, ciò che di cui ha bisogno l'Africa per
sopravvivere, esso è diventato oggi una
manna economica per quelli che lo
producono. L'economia influenza la politica
e il politico, ne consegue che la storia del
preservativo è, a non voler dubitare, un
territorio di caccia aspramente custodito da
alcuni politici. La sua commercializzazione e
la sua volgarizzazione entrano nell'elenco
delle responsabilità prioritarie di certi
organismi internazionali del Nord, che
finanziano i programmi di sviluppo nei paesi
del Sud. In mooré si dice che " ka soom
meng yoob yaa toogo " (per colui che non è
libero, non è facile trovare uno/a amante).
La politica che non dispone sempre dei
mezzi per sostenersi, si vede obbligata ad
agire in favore dell'economia che, a sua
volta, finanzia la politica. La tempesta
mediatica sulle dichiarazioni del Papa non si
giustificherebbe in Europa, per questo verso
della medaglia? Non si è organizzata per
giustificare agli occhi dei contribuenti
europei che i milioni di euro spesi per la
distribuzione dei preservativi erano ben
giustificati ed effettivamente spesi? Le cifre
sulla diffusione dell'AIDS nell'Africa subsahariana sono in rialzo, sì o no? Si è passati
da 20,4 milioni nel 2001 a 22 milioni nel
2007. Una pandemia che, secondo alcuni
occidentali, è da attribuire agli africani che
continuano a rimanere selvaggi e ignoranti,
senza civiltà, e che non sanno utilizzare
correttamente i preservativi!
Inoltre è possibile comprendere che la
tempesta mediatica è servita, soprattutto, a
non parlare di altri mali dell'Africa, che il
Papa invece, vero amico dell'Africa, ha
sottolineato : la malaria, la penuria
alimentare, la mancanza di risorse di acqua,
la corruzione, le multinazionali, lo
sfruttamento delle risorse naturali dell'Africa,
le ingiustizie, la situazione della donna, il non
rispetto dei diritti umani ecc. Una campagna
mediatica che ha anche nascosto il resto
degli interventi del Papa sulla responsabilità
umana nelle relazioni sessuali, sull'AIDS, le
sue parole di compassione, la sua richiesta
di gratuità nelle terapie contro l'AIDS per
l'Africa, ecc. Ma tutto ciò non sembra
interessare alcuni europei e, soprattutto,
coloro che hanno degli interessi economici
su questo Continente tormentato che è
diventato preda della malattia del secolo e
della miseria.
Per confortare gli africani che sono sotto il
giogo della povertà, delle guerre fratricide e
delle malattie infettive, il Santo Padre ha
convocato un secondo Sinodo dei Vescovi
sui problemi dell'Africa nel mese di ottobre
2009, affinché essi possano riflettere
insieme sui molteplici mali che minano e
lacerano il continente nero, culla
dell'umanità. Nell'Instrumentum laboris (del
19 marzo 2009) il Papa invita gli africani alla
riconciliazione, allo sradicamento
dell'egoismo che alimenta l'esca del
guadagno, la corruzione e l'avarizia, e
spinge alla deviazione di beni e ricchezze
destinate a interi popoli.
Secondo il Sommo Pontefice “La sete di
potere provoca il disprezzo di tutte le regole
elementari di buon governo, utilizza
l'ignoranza dei popoli, manipola le differenze
politiche, etniche, tribali e religiose, e installa
la cultura del guerriero come eroe e quella
del debito per sacrifici passati o torti
commessi” (I.L. n.11). Inoltre, secondo il
Santo Padre “in connivenza con uomini e
donne del continente africano, forze
internazionali sfruttano questa miseria del
cuore umano che non è specifica delle
società africane.
Esse fomentano le guerre per la vendita
delle armi. Sostengono poteri politici
irrispettosi dei diritti umani e dei principi
democratici per assicurarsi, come
contropartita, dei vantaggi economici
(sfruttamento delle risorse
naturali, acquisizione di
mercati importanti, ecc.).
Minacciano, infine, di
destabilizzare le nazioni e di
eliminare tutti coloro che
vogliono affrancarsi dalla loro
tutela” (I.L. n.12). Pertanto il
Papa invita “i Padri sinodali ad
esaminare questi drammi di cui
le società africane sono in parte
responsabili e in parte vittime”
(I.L.n.13).
Si comprende allora perché
alcuni mass-media, alcune
personalità politiche o società
economiche che non vogliono
essere denunciate
pubblicamente dal Papa,
hanno provato a creare delle
polemiche intorno a questa
frase! Il loro scopo era di
mascherare attraverso un
fracasso inaudito il messaggio
papale all'Africa. Oramai
abbiamo smascherato quei
mass-media che, sotto la
copertura del relativismo
morale, si sono accaniti senza
rispetto, senza dignità e senza
nessuna deontologia giornalistica sulle
affermazioni del Papa estrapolandole dal
loro contesto, per snaturarle e porre in
ridicolo Sua Santità.
CONCLUSIONE
V - Il Papa ama l'Africa
Il Papa, più informato di quanto non si creda
su tutti i parametri dai quali dipendono
l'affidabilità e l'efficacia dal preservativo, non
può incoraggiare in nessun caso la sua
distribuzione.
Infatti, abbiamo appena visto che nel
medesimo mondo scientifico non c'è
uniformità e univocità di idee sul
preservativo in quanto alla sua efficacia,
affidabilità e diffusione. Le voci scientifiche
sul profilattico sono discordanti e divergenti.
Il Papa non ha fatto altro che ripetere in
modo più alto ciò che alcuni organismi ed
eminenti ricercatori biomedici pensano a
voce bassa o hanno scritto: il profilattico non
preserva al 100% dalla trasmissione
sessuale del VIH e, di conseguenza, la sua
distribuzione potrebbe favorire la
propagazione dell'AIDS.
La dichiarazione del Commissione di
Bioetica della Conferenza Episcopale del
Burkina-Niger ha chiarito il senso della
risposta del Santo Padre che è da leggere
alla luce della dottrina della Chiesa su tale
questione. Di conseguenza, non ritengo
necessario ripetere ciò che è stato illustrato
in modo così brillante dalla suddetta
Commissione.
La Chiesa non gestisce direttamente
l'intimità della sessualità delle coppie
sposate legalmente. Ma resta convinta che
ogni coppia, per grazia di Dio, ha le capacità
di santificarsi nella verità e nella fedeltà. Il
Papa non augura che gli africani muoiano di
AIDS. Egli ci mostra la strada della vera vita,
L’arco
l'itinerario della perfezione, la strada della
felicità. Egli sa che l'Africa, ad immagine
di un corpo umano, fragilizzato dalla
Sindrome dell'Immunodeficienza
Acquisita (AIDS), ha perso l'Immunità dei
suoi valori, delle sue tradizioni umane
positive e di tutto ciò che costituiva la sua
legittima fierezza!
Coloro che possono e vogliono aiutare
l'Africa a ritrovare l'Immunità acquisita dei
suoi valori ancestrali si facciano avanti!
Cari amici, chi è stato e resta il vero amico
degli Africani? Colui che ci nasconde la
verità o colui che ha il coraggio di andare
contro corrente per farla conoscere a tutti?
Il Papa Benedetto XVI ama gli africani e
vuole la loro felicità, in nome del Cristo che
rappresenta sulla terra!
____________________________________
[1] Gouviac A, des Laboratoires Ansell,
http://www.magpluspharmacie.com/pr_servatif.h
tml.
2 Studyrama, Condom Story,
http://www.studyrama.com/article.php3?id_articl
e=5123
3 L. Stryer, Biochimica, terza edizione, Zanichelli,
Bologne 1992, p.1002.
4 C.M.Roland, The Barrier Performance of Latex
Rubber, Rubber World, vol.208, nº3, june 1993.
5 Centers for Disease Control, Condoms for
prevention of sexually transmitted diseases,
MMWR 1988, 37, 133-137.
6 B.A.Hermann, S.M. Retta, I.E.Rinaldi, A
simulated physiologic test of latex condoms, Vth
Internat.Conf.on AIDS, 1989, Abstracts WAP
101.
7 R.Gordon, A critical Review of the physics and
statictics of condoms and their role in individual
versus societal survival of the AIDS epidemic,
J.Sex.Mar.Ther., 1989, 15, 5-30.
8 C.M.Roland, J.W.Sobieski, Rubber Chemistry
and Technology, 1989, 62, 683.
9 R.F.Carey, W.A.Herman, S.M.Retta,
J . E . R i n a l d i , B . A . H e r m a n , T. W. A t h e y,
Effectiveness of Latex Condoms as barrier to
Human Immunodeficiency Virus-sized Particles
Under Conditions of Simulates Use, Sexually
Transmitted Diseases, 1992, 19, 230-234.
10 M.P.Vessey, L.Villard Mackintosh, letter, The
Lancet, March 7 1987, vol.I, Nº8532, p.568.
11 Grady et al., Contraceptive Failure in the US:
Estimates from the 1982 National Survey of
Family Growth, Family Planning Perspectives,
vol.18, nº5, sept.oct. 1986, p.204, 207.
12 E.F.Jones, J.D.Forrest, Contraceptive Failure
in the United States: Revised Estimates from the
1982 National Survey of Family Growth, Family
Planning Perspectives, 1989, 21:3, p.103,109.
13 Weller S, Davis K. Condom effectiveness in
reducing heterosexual HIV transmission.
C o c h r a n e D a t a b a s e S y s t R e v.
2002;(1):CD003255.
14 Davis KR, Weller SC. The effectiveness of
condoms in reducing heterosexual transmission
of HIV. Fam Plann Perspect. 1999 NovDec;31(6):272-9.
15 Sekadde-Kigondu and J.O. Oguto et al?
., 1999.
Condom Acceptability and Use Among Patients
Attending Sexually transmitted diseases (STD)
clinic. http://libdoc.who.int/hq/1994/51927.pdf
16 D.J. Shelton and J.R. Harris, 1990. Role of the
condom in combat in global Aids: Application of
Sutton's Law of Public Health. Heterosexuel
Transmission of Aids, 27: 327-337.
(traduzione dal francese dell’articolo “Préservatif
et défis de la propagation du SIDA” di Sibir Nestor
Testo dell’intervista che Benedetto XVI ha concesso ai giornalisti, il 17 marzo 2009, durante il volo verso il Camerun
Domanda: “Santità, tra i molti mali che travagliano l’Africa, vi è anche e in
particolare quello della diffusione dell’Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul
modo di lottare contro di esso viene spesso considerata non realistica e non
efficace. Lei affronterà questo tema, durante il viaggio?”.
Papa: “Io direi il contrario: penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte
della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le
sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e
anche invisibilmente, per la lotta contro l’Aids, ai Camilliani, a tutte le Suore che
sono al servizio dei malati. Direi che non si può superare questo problema
dell’Aids unicamente con i soldi, sebbene necessario. Se non c’è l’anima, se gli
africani non si aiutano, non si può risolvere questo flagello con la distribuzione di
preservativi: al contrario essi aumentano il problema. La soluzione può trovarsi
solo in un duplice impegno: il primo, un’umanizzazione della sessualità, cioè un
rinnovamento spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi
l’uno con l’altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone
sofferenti, la disponibilità, anche a prezzo di sacrifici, con rinunce personali, ad
essere accanto a coloro che soffrono. Questi sono i fattori che aiutano e che
portano visibili progressi. Perciò, direi questa nostra duplice forza di rinnovare
l’uomo interiormente, di dare forza spirituale e umana per un comportamento
giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, e questa capacità di
soffrire con i sofferenti, di rimanere presenti nelle situazioni di prova. Mi sembra
che questa sia la giusta risposta, e la Chiesa fa questo, offrendo così un contributo
grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno.
L’arco DICEMBRE 2009
Pag. 5
AIDS E LA “CORTINA DI GOMMA”
ovvero il preservativo che non preserva!
Come dermatologo ho avuto modo di
occuparmi di AIDS nei bambini allorché,
circa 15 anni fa, Mino Damato, il noto
giornalista televisivo della RAI-Tv, venne a
cercarmi, nel mio reparto di Dermatologia
Pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma,
per invitarmi a visitare i reparti di Pediatria
dell'Ospedale Victor Babes di Bucarest in
Romania. E' iniziata così una collaborazione
intensa, che è durata più di dieci anni,
durante i quali io e i miei più stretti
collaboratori ci siamo alternati ripetutamente
per garantire il nostro servizio di
dermatologia a questi bambini, malati di
Aids, e con tante patologie cutanee correlate
all'AIDS stesso!
Una volta guariti tali bambini venivano
avviati in case famiglie a Singureni, un
piccolo villaggio a trenta chilometri da
Bucarest, dove vivevano in piccoli gruppi,
con un capofamiglia, di solito una suora o
una volontaria laica!
In tutti questi anni questa esperienza si è
rivelata per me incredibile sul piano
professionale e su quello umano, nel senso
dell'arricchimento spirituale, in quanto ho
incontrato la malattia in piccoli corpicini pieni
di sofferenza e nel contempo di grande
umanità. E in tutto questo tempo è stato
poco è niente quello che io ho potuto fare
come medico o come persona rispetto a
quello che io ho ricevuto in termini di affetto
da questi meravigliosi piccoli pazienti,
carichi di fierezza e di grande dignità pur
nella disgrazia di una malattia ricca per loro
di grandi sofferenze.
E visitando l'anno scorso Ouagadougou, la
capitale del Burkina Faso (1.600.000
abitanti circa!) sono stato colpito, durante le
mie visite alle strutture sanitarie ospedaliere
esistenti dalle carenze strutturali e funzionali
che ruotano attorno a questa malattia nei
paesi africani, da qualcuno definita la peste
del terzo millennio. Mancano strutture e
reparti adeguati, manca il personale
addetto, dove spesso la buona volontà
sostituisce la competenza e
la professionalità, sono
carenti le attrezzature e sono
esigui ed insufficienti i
medicinali (farmaci
antiretrovirali!) atti a curare
questa malattia.
Queste carenze sono in
parte mascherate dalla
realizzazione di progetti di
solidarietà internazionale
(vedi il reparto per l'AIDS
pediatrico presso l'Ospedale
dei Camilliani, costruito e
funzionante con 40 posti
letto dedicati all'AIDS
pediatrico grazie all'aiuto e
alla attività costante di
medici pediatri italiani provenienti
dall'Università di Brescia e per grande merito
di uno straordinario sacerdote missionario
italiano, P. Salvatore Pignatelli, cha quasi da
solo, assieme ad un pugno di volenterosi
collaboratori, tra i quali Fr Vincenzo Luise,
cura più di mille malati di AIDS.
Tutto ciò mi ha indotto a fare alcune
riflessioni sull'AIDS nei paesi sottosviluppati,
come quelli africani, sulle modalità di
contagio e soprattutto sulle possibilità di
prevenirlo!
Il Burkina Faso è uno dei paesi dell'Africa
Occidentale più colpiti dalla pandemia HIVAIDS. Recenti stime indicano infatti che su
una popolazione complessiva di circa 14
milioni di abitanti siano almeno 600.000 i
pazienti sieropositivi e che ogni anno
almeno 40.000 persone muoiano di AIDS!
Ogni anno inoltre vengono segnalati almeno
40.000 nuovi casi di AIDS e di questi circa
10.000 sono bambini, che hanno contratto
l'infezione dalla madre durante la
gravidanza o al momento del parto o nei
primi mesi di vita con l'allattamento al seno!
Nel Marzo di quest'anno sono stato colpito,
come medico, da una frase, pronunziata da
Sua Santità Benedetto XVI durante una sua
visita in Africa. Egli infatti ha affermato con
forza che “l'AIDS non si sconfigge
distribuendo i preservativi, ma attraverso
una educazione sanitaria attenta e puntuale
e soprattutto attraverso una educazione alla
d i g n i t à
u m a n a ! ”
Queste parole, dissonanti ed antitetiche a
quanto mass media e posizioni governative
avevano sino ad allora amplificato,
attribuendo all'impiego del profilattico l'unico
scudo reale ed efficace per evitare il
contagio di tale malattia mi ha indotto ad
effettuare alcune rigorose, sul piano
scientifico, ricerche bibliografiche
sull'argomento e quindi sulla effettiva utilità
del preservativo di prevenire la malattia
AIDS.
E, riassumendo
brevemente quanto
trovato in letteratura
scientifica, sono rimasto
impressionato dai
seguenti dati scientifici.
Innanzitutto occorre dire
che il diametro massimo
del virus HIV è di circa 0,1
micron, mentre il diametro
della testa di uno
spermatozoo umano è
dell'ordine di 2,5 micron
(cioè 25 volte più grande
del diametro massimo del
v i r u s
H I V ! )
Negli anni '60, con
l'introduzione della pillola
anticoncezionale, il preservativo venne
quasi del tutto abbandonato, perché ritenuto
meno sicuro della pillola stessa. Infatti è
stato osservato che in una percentuale
variabile dal 13% al 20% il preservativo non
riusciva a bloccare tutti gli spermatozoi e
quindi si potevano avere dal 13 al 20% di
gravidanze indesiderate.
Ma abbiamo appena detto che la testa dello
spermatozoo è 25 volte più grande del
diametro del virus HIV e da questo deriva
che il virus dell'AIDS può attraversare più
facilmente, rispetto allo spermatozoo, la
parete gommata, la cosiddetta “cortina di
gomma”, del
preservativo!
L e A z i e n d e
produttrici dei
p r o f i l a t t i c i
ovviamente esaltano
e garantiscono nei
loro depliant
pubblicitari l'assoluta
impenetrabilità della
p a r e t e d e l
preservativo
portando come
prova il superamento
del “test di
permeabilità”.
Questo test di
permeabilità
consiste nel riempire
un profilattico con
300 ml di acqua
distillata e di tenerlo
appeso per qualche ora, verificando che non
vi siano perdite. Le molecole dell'acqua sono
ovviamente più piccole del virus HIV e
pertanto se non passa l'acqua è
consequenziale, per le Case produttrici, che
non passa nemmeno il virus HIV.
In realtà noi sappiamo che in questi
esperimenti (cioè se riempiamo di acqua
distillata un preservativo!) intervengono
anche altri fattori fisici diversi dalla
permeabilità, che sono la capillarità e la
tensione superficiale. Infatti nel 1990 Davis e
Schroeder, due illustri scienziati, hanno
condotto un esperimento molto semplice
utilizzando il Microscopio Elettronico. Essi
hanno praticato nelle pareti dei profilattici in
esame dei forellini larghi circa 1 micron
(larghi cioè 10 volte di più del diametro
massimo del virus HIV e molto più grandi
delle molecole di acqua distillata!), e li hanno
successivamente sottoposti al test di
permeabilità, che è stato brillantemente
superato! Essi però hanno concluso che pur
praticando nelle pareti dei fori più grandi
delle molecole di acqua esse, a causa della
capillarità e della tensione elastica, non
fuoriescono attraverso la parete.
Carey due anni dopo ha condotto un altro
interessante esperimento.
Egli ha preso dei profilattici nuovi e li ha
riempiti di microsferule fluorescenti del
diametro di 0,1 micron (cioè grandi quanto il
diametro del virus HIV!). Li ha sottoposti a
stiramenti e traumi, simili a quelli che
subiscono durante un atto sessuale, e il
risultato è stata una perdita, cioè una
fuoriuscita di sferule pari a circa 6.000
sferule al minuto!
di Giuseppe Fabrizi
Presidente dell’ "International Society
of Pediatric Dermatology"
Roland, infine, noto ricercatore di
Washington, osservando la superficie
gommata di un profilattico al Microscopio
Elettronico, ha scoperto come essa sia
costellata da una miriade di crateri e di
canali. I crateri larghi circa 15 micron, sono
profondi 30 micron, cioè non attraversano la
parete del profilattico a tutto spessore, ma la
loro presenza lo rende più vulnerabile ai
traumatismi ripetuti di un atto sessuale. I
canali invece sono larghi 5 micron (cioè 50
volte più grandi del diametro massimo del
virus!) ed attraversano numerosi e a tutto
spessore perforandola completamente la
parete gommata del preservativo e
rendendola pertanto attraversabile dal virus
HIV!
Un gruppo di studio europeo infine ha
pubblicato sul British Journal of Medicine
alcuni dati circa il grado di protezione del
profilattico che è risultata intorno al 69% e lo
stesso FDC, Ente Americano che controlla la
validità dei prodotti farmaceutici, ha inviato
una circolare a tutti gli Ospedali degli USA
scrivendo che “il preservativo può solo
ridurre il rischio di contrarre le malattie
veneree e l'AIDS, ma non lo elimina del
tutto!”
Un'ultima considerazione infine, ma non per
questo meno importante.
La possibilità che un preservativo si laceri
durante un rapporto sessuale aumenta dal
3% al 6% per i preservativi nuovi sino ad
arrivare al 18,6% per quelli più vecchi di
qualche anno ed in entrambi i casi questa
percentuale aumenta in modo esponenziale
con l'aumento della temperatura
ambientale.
E' in errore quindi sul piano scientifico chi
afferma che per combattere l'AIDS in Africa è
sufficiente l'uso del preservativo dato che, in
molti paesi africani dove l'AIDS è endemico,
il clima è sempre caldo torrido e quindi
aumenta la possibilità che il profilattico si
laceri più facilmente!
Sul piano quindi meramente scientifico
possiamo, alla luce di quanto letto,
affermare che il preservativo diminuisce del
69% la probabilità di contrarre l'AIDS, ma
certamente non la esclude del tutto!
Tutte le altre considerazioni di tipo etico o
pratico naturalmente esulano dagli obiettivi
scientifici di questo articolo.
Pag. 6
DICEMBRE 2009
L’arco
UNA GOCCIA PER LA VITA
Attività di Arco-baleno onlus in Burkina Faso
Ci sembra giusto, ad appena 18 mesi dalla
costituzione di Arco-baleno onlus, portare a
conoscenza dei soci e dei cittadini mazaresi,
quanto sino ad oggi è stato fatto, grazie
anche alla generosità e alla adesione
incondizionata da parte di molti amici e
benefattori.
Come sapete il nostro slogan è “una goccia
per la vita”, perché l'impegno primario della
nostra onlus è quello di fare in modo che i
burkinabè, soprattutto quelli che abitano in
zone rurali, indipendentemente dal loro
credo religioso, possano avere l'accesso
all'acqua potabile, elemento per noi
scontato, ma che in Burkina Faso si
evidenzia come l'elemento più prezioso per
la sopravvivenza stessa. Senza acqua non
c'è vita, non vi sarebbero campi coltivati, non
esisterebbero cereali, come riso, mais e
miglio, sementi e verdure, frutta e alimenti di
prima necessità per la vita di questa
popolazione, che ha la sfortuna di vivere in
un terreno desertico dell'Africa centrooccidentale, al di sotto della fascia del Sahel.
Ebbene entro la fine di questo anno sono
stati già realizzati, grazie all'aiuto finanziario
di una fondazione bancaria, ben sette pozzi
per l'acqua potabile, che daranno acqua da
bere e per cucinare a migliaia di persone.
Durante la nostra visita all'Ospedale "Paolo
VI" ad Ouagadougou avevamo assunto
l'impegno di costruire “ex novo” un moderno
reparto di pediatria, struttura sanitaria
indispensabile in uno Stato dove la metà
circa dell'intera popolazione è in età infantile.
Ebbene, attraverso una sottoscrizione,
lanciata a Roma, la generosità di moltissimi
amici romani e non, ci (hanno) ha permesso
di raccogliere la somma sufficiente per
realizzare questo ambizioso progetto e con
l'inizio del 2010 avranno
inizio i lavori per portare
a compimento in pochi
mesi tale progetto.
In seguito all'alluvione
del 1° settembre stiamo
cercando di dare una
mano a Fratel
Vincenzo, missionario
Camilliano in Burkina
Faso. C'è la necessità
di costruire un villaggio
per i lebbrosi, di 30 case
circa, per trenta famiglie
rimaste senza tetto. Il
costo di ciascuna
costruzione abitativa è
di circa 1.100 Euro
ciascuna.
Abbiamo lanciato nella
nostra città una
c a m p a g n a
denominata “un
euro al mese”!
Previa visita ai
dirigenti scolastici e
loro disponibilità,
saranno portati
nelle classi dei
salvadanai, dove
tutti gli studenti che
lo desiderano
possono contribuire
con l'apporto di un
euro al mese sino
alla fine dell'anno
s c o l a s t i c o .
La somma raccolta
sarà inviata alla
Caritas del Burkina
Faso e sarà
devoluta per
contribuire al
miglioramento del processo di
scolarizzazione in questa terra d'Africa.
Infine dall'inizio del prossimo anno, lanciamo
un'iniziativa che consenta, aiutando con un
contributo di 500 euro l'anno di adottare uno
studente, di Facoltà diverse, e di portarlo
sino alla laurea.
Il progetto si chiamerà: pro.me.s.so
(PROgramma per il MErito allo Studio
SOlidale) e consentirà di migliorare il tasso
di scolarizzazione in questo paese.
Arco-baleno infine ha organizzato
direttamente o ha partecipato a
manifestazioni di solidarietà che si sono
svolte a Mazara del Vallo e provincia e tutte
le somme raccolte sono state impiegate per
aiutare poveri, ammalati, carcerati, ecc.
di Giuseppe Fabrizi
L'elenco dettagliato delle somme e la loro
relativa destinazione finale può essere letta
nel rapporto finale inviatoci da S.E. Mons.
Vito Rallo, consultabile ciccando sul sito:
www.arcomazara.it ed andando sul link:
Arco-baleno onlus.
Naturalmente chiunque sia interessato a
fare una donazione, che come è noto è
anche deducibile dalle tasse, può farlo
utilizzando i seguenti codici IBAN e
specificando il fine della donazione stessa:
Conto BancoPosta IBAN: IT 77 S 07601
16400 98952625
Conto Unicredit - Banca di Roma s.p.a.
IBAN: IT 38 P 03002 03360 000400540498.
Noi di Arco-baleno onlus ringraziamo tutti e
siamo certi che non rimarremo soli durante
questo cammino!
UNA NUOVA UNITA’: la celebrazione e i nuovi valori
Il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia è
un'occasione che, temo, ci stia scivolando
tra le dita.
I preparativi procedono in sordina, senza
entusiasmo, e pare servano a poco i
richiami dei componenti del comitato
nazionale delle celebrazioni per dare nuovo
impulso all'imbolsito cavallo risorgimentale.
Proprio qui, nell'odierna Provincia di
Trapani, i mille giunsero e cominciarono
l'avventura della nazione: lo sbarco a
Marsala, la marcia verso Palermo, la
battaglia di Calatafimi. Da qui mosse i primi
passi, ancora nell'incertezza dell'esito che si
doveva giocare in altre battaglie ed a prezzo
della vita, la storia di questo paese. Da qui
dove tutto idealmente ebbe inizio,
dovremmo rispolverare l'orgoglio nazionale,
sventolare il tricolore, ripercorrere,
onorandola, la storia di quegli uomini e di
quei giovani che scelsero di imbarcarsi a
Quarto per venire qui a combattere, a
morire, a fare qualcosa che, stante il Regno
delle Due Sicilie ancora in piedi, significava
attentare allo Stato, alto tradimento,
rivoluzione. Da qui, dove tutto idealmente
ebbe inizio, dovremmo essere immersi in
febbrili preparativi, per trasmettere un
messaggio di orgoglio e partecipazione. Da
qui, dove tutto ebbe idealmente inizio,
potremmo avere l'occasione per essere
promotori di un messaggio di rinnovata unità
nazionale, di ripensamento del senso di
patria nel segno della convivenza,
dell'integrazione, della solidarietà.
Celebrare la rivoluzione dei Mille: venivano a
fare l'Italia. E noi? Pare che finora la
Provincia di Trapani abbia pensato ad una
regata velica per celebrare in modo degno
l'avvenimento. Una regata importante, fatta
bene, di caratura internazionale. Una regata
velica? Qualcuno, alla Provincia, dovrebbe
fare un salto a Calatafimi, scarpinare fino ad
un obelisco, solitario e solenne, piantato
sulla sommità di un'altura che domina il
paesaggio: è il monumento del Pianto
Romano, il sacrario dei caduti della battaglia
di Calatafimi. E carpirne almeno un
insegnamento. Puntare più in alto e con
sacrificio.
Con un patriottismo fiaccato dal tempo, dal
logorio di una storia nazionale che dopo i fatti
del novecento non riesce ad emanciparsi del
tutto dalla paura del nazionalismo e dei suoi
effetti, viviamo con contraddizione
l'attaccamento alla bandiera, l'orgoglio della
nazione. Pronti a cantare l'inno ogni volta
che l'undici nazionale scende in campo,
ogni volta che un nostro atleta sale sul
gradino più alto del podio, pronti a
stringerci commossi attorno a delle bare
avvolte nel tricolore, a sentirci partecipi
dei successi dei nostri ricercatori, dei
nostri marchi di qualità: moda, letteratura,
architettura... Ma pronti anche ad esaltare
i nostri provincialismi (che alcuni
chiamano federalismo), ad esaltare i
nostri valori e la nostra identità fino al
parossismo dell'intransigenza, della
segregazione, dell'intolleranza, del rifiuto
dell'altro e della diversità. Eppure
dovremmo essere così forti e consapevoli
della nostra identità da non temere
“contaminazioni”, da non temere
“invasioni”, da non temere “l'altro”.
Capita così che il dibattito sulla
costruzione di nuove moschee si
trasformi in bagarre penosa e che
il dialogo già difficile diventi
scontro, muro contro muro. E' per
questo che lancio una
provocazione. Pensiamo in
grande, siamo ambiziosi,
armiamoci di coraggio e
costruiamo una nuova unità.
Rifacciamo l'Italia.
Organizziamola al contrario
questa regata, sbarchiamo in
Liguria, e combattiamo
pacificamente per esportare il
meglio dei nostri valori, di
mazaresi e di siciliani. Portiamo
con noi i nostri sogni , i nostri
ideali, le nostre storie: quelle di una città che
convive con una numerosa comunità
tunisina, di una città che accoglie e non
rifiuta, di una città che con fatica e decisione
affronta la strada del dialogo. Di una città
solidale anche nelle difficoltà, di una città i
cui pescatori formano equipaggi misti che si
dividono fatica e sudore sul mare e che, oltre
al pesce, qualche volta riportano anche
statue di bronzo che sembrano vive. Una
città che esalta nelle difficoltà il valore della
vita e del rispetto altrui, una città i cui
pescatori sfidano il mare in burrasca per
raccogliere gli S.O.S. degli immigrati che
affrontano il loro viaggio della speranza, e li
soccorrono, li ripescano anch'essi e li
riportano a riva. Una città che è capace di
migliorarsi, di cambiare, di fare scelte
coraggiose: essere una città multiculturale,
senza paure, come dalle pagine di questo
giornale hanno scritto il nostro sindaco ed il
nostro vescovo.
Questa è Mazara del Vallo. Una Mazara del
Vallo da esportazione. Un piccolo pezzo di
Italia, ancora poco conosciuto. Ma d'altra
parte, chi, a parte i liguri,
conosceva Quarto 151 anni
fa?
Presto, tutti a bordo.
di Gabriele Mulè
L’arco
ANNO XXII n. 4
DICEMBRE 2009
Periodico dell’Associazione Culturale “L’Arco”
Fondatore
Giuseppe Fabrizi
Direttore Responsabile
Onorato Bucci
Comitato di redazione
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n.86-5/89 del 2/3/1989
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Rallo s.r.l.
Mazara del Vallo