Se Angelina diventa Mariane

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Se Angelina diventa Mariane
[CINEMA]
DI GIULIA CERQUETI
M
SE ANGELINA
DIVENTA MARIANE
La Jolie si è trasformata nella moglie di Daniel
Pearl, il giornalista ucciso dai terroristi islamici
Qui sopra: Mariane Pearl.
A sinistra:la Jolie nei panni
della Pearl, che riesce
a rendere con
grande somiglianza
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ariane Pearl era incinta di cinque mesi quando, nel 2002, suo
marito Daniel Pearl, reporter
del Wall Street Journal, venne rapito e ucciso da militanti islamici in Pakistan. Pochi mesi dopo, Mariane, anche lei giornalista, diede alla luce un bambino, Adam. Proprio come il personaggio da lei interpretato sul set,
anche Angelina Jolie era in attesa di una
bambina, Shiloh Nouvel, nel periodo in cui
stava girando le riprese di A mighty heart,
dedicato alla vita e all’esperienza di Mariane
Pearl (tratto dal libro omonimo scritto dalla
vedova del giornalista americano). «Ricordo
che ero incinta di sei mesi», racconta l’attrice, «e non potevo neanche immaginare come sarebbe stato non avere il padre di mia figlia al fianco».
Mariane e Angelina, due donne e madri
forti, coraggiose, impegnate. «La famiglia di
Mariane è stata distrutta», dice la Jolie, «ma
lei è stata capace di riemergere con dignità.
Non si è lasciata accecare dall’odio e dalla
paura. È difficile farla parlare del suo dolore, rifiuta l’autocommiserazione. Penso
che sia ammirevole». Prima di girare il
film, Angelina Jolie e la Pearl si sono incontrate, hanno parlato e discusso. «Conoscere Mariane mi ha aiutato a studiarla
e capirla», spiega l’attrice. «Lei non
guarda molti film e non è mai venuta sul set durante le riprese.
Questo mi ha aiutato a sentirmi
più libera, senza il timore di essere controllata o criticata per ogni
dettaglio dell’interpretazione».
Attrice e mamma di tre figli (una
bambina avuta dal compagno Brad
Pitt e due adottati), sembra quasi
impossibile che Angelina Jolie riesca a gestire la sua vita professionale e familiare con equilibro,
senza sacrificare l’una o l’altra. Eppure, pare riuscirci alla perfezione.
«Abbiamo una casa a New Orleans ma è come se non ne avessimo
alcuna. Abbiamo il privilegio di poter prendere lunghi periodi lontani
dal lavoro, o di andare tutti insieme
nel luogo dove uno di noi, Brad o
io, sta lavorando in un film. Quando ho girato A mighty heart ab씮
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Qui sopra: la Jolie con Dan Futterman (nel film è Daniel Pearl). A destra:
l’attrice durante le riprese, quando era al quinto mese di gravidanza
씮
biiamo vissuto tutti quanti in
India». E aggiunge: «Amo
stare con i miei piccoli. Bisogna imparare a programmare, io sono una maniaca pianificatrice. Con Brad vogliamo
una famiglia numerosa. Mia
madre racconta sempre che
quando avevo solo 12 anni già dicevo che
avrei voluto adottare dei bambini».
Oggi, oltre che come attrice, la Jolie è co-
UN OMAGGIO AL CORAGGIO DEI MITI
N
el 2004, quando il suo
libro (Un cuore grande,
Sonzogno) uscì in Italia,
ebbi la fortuna di incontrare
Mariane Pearl. Lei vivace,
acuta, solare nonostante la
tragedia che l’aveva
investita. Interessante,
preciso, per nulla scontato
o “lamentoso” il libro, uno
dei migliori sul tema del
terrorismo e dei suoi orrori.
Ripubblico qui una parte
dell’intervista che allora
uscì su Famiglia Cristiana,
un piccolo omaggio a una
donna eccezionale.
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«Nei giorni del rapimento»,
diceva Mariane, «avevo ben
chiaro che dovevo essere
io a dar forza a tutti gli altri.
Se fossi crollata, sarebbero
crollati anche loro e per
Danny non ci
sarebbe
stata più
speranza.
Volevo anche
venisse fuori
che in una
situazione
critica, in
un Paese
difficile come
nosciuta per l’instancabile impegno umanitario. «Crescere sentendo di non essere utile
agli altri non mi fa dormire tranquilla la notte. Volevo viaggiare, essere una studentessa
del mondo. Prima di girare A mighty heart
ero già stata in Pakistan tre volte per il mio lavoro con l’Unhcr (Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati). Mi trovavo sul confine
tra Pakistan e Afghanistan
con i rifugiati afgani, due settimane prima degli attentati
dell’11 settembre 2001. Per
questo allora ero già ben informata sulla situazione di quella
zona. Il mio primo Tomb Raider è stato il primo film girato
in Cambogia dalla fine della
guerra. Allora non sapevo nulla di campi profughi, e molto
poco dell’ex primo ministro
birmano Khin Nyut. Credo
comunque che la conoscenza passi attraverso l’educazione scolastica. Per questo
ho appena finito di produrre
un documentario che riguarda la politica
estera degli Stati Uniti: presto sarà distribui왎
to nelle scuole americane».
il Pakistan, si era formato
un gruppo di ebrei,
cristiani, musulmani e
buddhisti che riuscivano a
lavorare insieme per
salvare la vita di un uomo
buono. Funzionava allora,
dovrebbe funzionare
sempre».
La morte di
Danny ha
commosso il
mondo intero.
Perché,
secondo lei?
«Perché lui era
l’uomo più
universale che
si potesse
immaginare. Prendendo lui,
i terroristi hanno sbagliato
bersaglio in modo
clamoroso. Inoltre, era un
mite di grande coraggio.
Quando i rapitori gli
facevano le foto, lui cercava
di sorridere. Quando fu
costretto a leggere l’ultimo
appello prima di essere
ucciso, rivelò un particolare
dei suoi avi ebrei che i
terroristi non potevano
conoscere: per rivendicare
le origini, la sua identità di
uomo. Avevano preso e
ucciso il suo corpo ma non
il suo spirito».
Fulvio Scaglione