relazione geologica generale

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relazione geologica generale
Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo
Dottore di Ricerca in Scienze della Terra
07100 Sassari - Via C. Floris, 2
Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected]
N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna
CF:TLCGNN58M17B354S
PI: 01819860907
RELAZIONE GEOLOGICA GENERALE
1
ASSETTO GEOLOGICO, GEOMORFOLOGICO E IDROGEOLOGICO DELLA PIANA DI OLBIA
CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE AREE DEGLI INTERVENTI PUNTUALI E LINEARI PREVISTI
PREMESSA
Con apposita convenzione il Comune di Olbia, ha affidato allo scrivente l’esecuzione di attività geologiche
nell’ambito della progettazione definitiva delle Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio
comunale di Olbia - Bacino del Riu Seligheddu- Bacino del Gadduresu-Bacino del San Nicola-Vasche
di Laminazione.
Tale progettazione, suddivisa per opportune finalità pratiche, in n. 4 progetti distinti, riprende, sviluppa e
perfeziona la proposta d’interventi denominata “Quadro delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel
territorio comunale di Olbia”, scaturita dallo Studio Generale (di seguito chiamato Studio), redatto a seguito
dell'evento alluvionale del 18 Novembre 2013, costituente variante al PAI ed ascrivibile alla fattispecie dei
piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico di cui all’articolo 67,
comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006 ai sensi della Deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di
Bacino n. 2 del 18.12.2014 (cfr. anche Allegato 14-Relazione sullo stato di programmazione delle opere
infrastrutturali del Progetto di PGRA 2014 di cui alla Deliberazione n. 1 del Comitato Istituzionale n.1 del
18/12/2014).
1. INTERVENTI IN PROGETTO
Il Quadro delle opere Prevede una molteplicità di interventi, in gran parte in ambito urbano. Di seguito si
riporta il quadro riassuntivo delle numerose opere di attraversamento da realizzare secondo detto quadro, in
ambito urbano o perturbano, per lo più mediante demolizione delle strutture presenti e rifacimento di nuove
opere.
Fiume
Affluente
Riu Paule Longa
Riu/Canale Seligheddu
Riu
Tannaule
ID
B1.1P
NB2.3P
NB2.4P
B2.19P
B2.20P
B2.21P
B2.22P
B2.12P
B2.13P
B2.14P
B2.15P
B2.16P
B2.17P
B2.1P
B2.2P
B2.3P
B2.4P
B2.5P
B2.6P
B2.18P
B2.7P
B2.8P
B2.9P
NB3.1P
NB3.2P
B2.10P
NB2.5P
B2.11P
Posizionamento
Tratto tombato, condotto Via Como
Via Siena
FFSS
Via Li Caprioni
330m a valle del ponte in Via li Caprioni
120m a monte di Via del Nuraghe
Via del Nuraghe
via Santa Lucia
Via Stazzu Mannacciu
Strada privata a valle di via Stazzu Mannacciu
Via Riu Seligheddu
Strada privata a valle di via Riu Seligheddu
Circonvallazione
220m a valle della circonvallazione
Via Pizarro
Via Veneto (ss127)
280m a valle di Via V Veneto
Via dell'Agrifoglio
Via Tre Venezie
Via Friuli (attraversamento strada rurale)
FFSS
SS127 Via Imperia
SS127 Via Roma
Via Gianni Rodari
SS127 Via Luigi Capuana
FFSS
Via Professor G. Lupacciolu - FFS
Via G. Lupacciolu
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
Numero
Progress
Intervento
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
Progetto Definitivo
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Fiume
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Affluente
Riu
Pasana
Canale Gadduresu
Affl. Via Vesuvio
Canale Zozò
Canale/Riu San Nicola
Derivazione Zozò
Canale Tilibas
ID
Posizionamento
Numero
Progress
Intervento
B2.19P
NB2.1P
NB2.2P
B2.20P
B3.12P
B3.13P
B3.1P
B3.2P
B3.3P
B3.14P
B3.4P
B3.5P
B3.6P
B3.15P
B3.7P
B3.8P
B3.9P
B3.16P
B3.17P
B3.18P
B3.19P
B3.20P
B3.21P
B3.22P
B3.FFSS
B3.10P
B3.23P
B3.11P
B4.0P
B4.1P
B4.2P
B4.3P
B4.4P
B4.5P
B5.6P
B5.10P
B5.11P
B5.14P
B5.1P
B5.3P
B5.4P
B5.12P
B5.5P
B5.13P
B5.6P
B5.7P
B5.9P
B5.8P
B6.1P
B6.2P
B6.3P
B6.4P
B6.5P
B6.6P
B6.7P
Circonvallazione
Via Plutone
SS127 Via Giove
via Giove
Via Antea (Ludos)
Circonvallazione
Via S.Elena
Via Santa Chiara (via Dessi)
Via San Michele
Via Santa Monica
Via G. Arimatea
Via Barcellona
Via Archimede
Via Corelli
Via San Basilio
100m a valle Via San Basilio
Via Stromboli
Via Giotto
Via Correggio
Tratto tombato, condotto Via Masaccio - Via Pinturicchio
Tratto tombato, Condotto Via Giotto - Via Stradella
Tratto tombato, Condotto Via D'Arezzo
Tratto tombato, Condotto Via A. Cesti
Tratto tombato, condotto via Gadduresu (ponte via
Veneto)
Via
Amba Alagi
Via Logudoro
Tratto tombato, Condotto in foce sopra SS127
Via Caravaggio - Via Pinturicchio
Tratto tombato, Condotto alla fine di Via Boiardo
Via Fausto Noce
Via Galvani
Via Savona
Via G. D'Annunzio
FFSS
Lungomare Balaguer
Circonvallazione
250m a valle Circonvallazione (rurale)
Via Nervi (Riu Abba Fritta)
Via S. Petta
Via Spensatello
Via Ferrini - Via Maderno
tra Via L. Da Vinci e Via Talete
Via Galvani
Via Cellini (passerella pedonale)
Via D'Annunzio - A. Moro
FFSS
Lungomare Balaguer
Via M. Forteleoni
FFSS
Via Mincio
Via Isonzo
Rotatoria Via Isarco
Tratto tombato, condotto rotatoria Via Ticino /Via Danubio
Tratto tombato, condotto Via Nilo
Strada Privata Porto
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
Tab.1-Quadro generale degli interventi relativi ai manufatti di attraversamento. Codici in grassetto: nuovi
attraversamenti come da documenti del 9/3/2015
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
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A tale elenco debbono aggiungersi:
 interventi di ampliamento delle sezioni e di difesa spondale dei canali principali e degli affluenti
secondari
 la realizzazione di n. 5 canali scolmatori
 alcuni nuovi ponti sull’affluente L’Ua Niedda presso l’agglomerato di Putzolu-Raica.
Rispetto a tale insieme d’interventi da realizzarsi, come detto in prevalenza nell’ambito urbano, vale a dire a
valle della circonvallazione e minoritariamente a monte di questa (ambito rurale), costituiscono opere
preordinate (vale a dire gerarchicamente e cronologicamente prioritarie) le 4 casse di espansione previste
sui Bacini del Riu S’Eligheddu e sul Riu San Nicola (SE1, SE2, SN1 e SN2). La progettazione di queste
ultime seguirà l’iter assoggettato alla Legge Regionale 12/2007 - Norme in materia di progettazione,
costruzione, esercizio e vigilanza degli sbarramenti di ritenuta e dei relativi bacini di accumulo di competenza
della Regione Sardegna che ne prescrive il Progetto di Fattibilità e il Progetto Esecutivo. Per tale ragione,
pur trattandosi di casi ripartiti nel Bacino del S’Eligheddu e del San Nicola, le relative Relazioni Geologiche
sono redatte a parte, fermo restando il comune inquadramento geologico e geomorfologico generale e
regionale.
Bacino
Riu S’Eligheddu
Riu San Nicola
Denominazione
Riu Lu Caprolu
Riu Santa Mariedda
Riu San Nicola
Riu de S’Abba Fritta
Codifica
VSE1
VSE2
VSN1
VSN2
Volume Invaso
400.000 mc
210.000 mc
160.000 mc
100.000 mc
Tab. 2 - Sintesi Casse di Espansione
.
2. INTRODUZIONE
Con riferimento all’intero sistema idrografico di Obia (Riu/Canale S’Eligheddu, Riu/Canale Gadduresu,
Riu/Canale San Nicola, di seguito ciascuno denominato Riu o Canale a seconda della sua collocazione e
configurazione), la presente Relazione geologica, coerentemente con quanto previsto da norme e
indicazioni tecniche e unitamente a tutti gli elaborati cartografici che la completano nel dettaglio, si propone
di definire, con specifico riferimento al livello progettuale definitivo degli interventi, i seguenti elementi:
 l’assetto litogico e geomorfologico in cui il sistema idrografico si sviluppa, con particolare riguardo alle
diverse aree d’intervento;
 la successione litostratigrafica locale degli interventi previsti per la riduzione del pericolo e dei rischi
connessi;
 i caratteri geostrutturali generali del basamento, la geometria e le caratteristiche delle sue principali
superfici di discontinuità;
 la definizione dell’origine e della natura dei litotipi presenti, del loro grado di alterazione e di fratturazione
e della loro degradabilità;
 la distinzione fra rocce di base e coperture;
 I lineamenti geomorfologici generali e quelli più particolari di ogni area d’intervento;
 gli eventuali processi morfogenetici, i dissesti in atto e potenziali con la loro tendenza evolutiva stante
l’accertato livello di pericolosità idraulica del settore in cui ricade ogni singolo l’intervento;
 lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea.
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
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In sintesi, ciò che si è soliti definire, il Modello Geologico1.
La presente monografia ha carattere generale e deriva da varie attività di terreno sviluppate e stratificatesi
nel corso di 18 mesi circa, in parte svolte nell’ambito dello Studio della Variante e in parte affinate
successivamente in questa sede, ai fini delle progettazioni delle opere. Ad essa si aggiungerà per ciascun
bacino una specifica Relazione Geologica di dettaglio più mirata alle caratteristiche di ciascun bacino, per un
totale di 4 elaborati geologici (n. 1 Relazione Geologica generale e n.3 Relazioni Geologiche di maggior
dettaglio).
Le attività svolte sono le seguenti:
□ Indagine di campo su ponti, su confluenze di reti idriografiche minori, su confluenze di reti di acque
bianche, su inizio e fine tratti tombati, etc.;
□ Ricostruzione, alla scala dello strumento urbanistico, dello scenario di evento alluvionale del 18
Novembre 2013 sull’intero territorio di Olbia, con particolare riguardo al centro urbano e alle aree
sottese relative al Riu e al Canale2 San Nicola, al Riu de S’Abba Fritta, al Canale Zozò, al Riu/Canale
S’Eligheddu, al Canale Gadduresu, Al Riu7Canale Pasana, al Riu/Canale de Tannaule, al Canale Paule
Longa e al Canale Tilibas;
□ Analisi geomorfologica della rete afferente al sistema del S’Eligheddu (considerato bacino principale e
in quanto tale comprensivo dei sub sistemi, Pasana, Gadduresu, Santa Cecilia e Tannaule) con
particolare attenzione all’ambito canalizzato o comunque artificializzato urbano;
□ Individuazione della rete dei compluvi e delle depressioni più o meno bonificate o progressivamente
obliterate nel corso dell’urbanizzazione;
□ Valutazione della tipologia dell’acquifero e del ruolo della falda nella risposta di piena, in funzione
dell’assetto lito-stratigrafico desunto dal quadro geognostico o dei rilievi sul terreno,
□ Valutazione del comportamento dei litotipi allo scavo e una volta escavati;
□ Supporto geologico alla verifica delle mappe di assorbimento in funzione della permeabilità delle
superfici sia delle aree urbanizzate che di quelle coltivate e naturali (valutazione della permeabilità dei
suoli; questa parte è stata finalizzata soprattutto allo studio idrologico di base);
□ Valutazione qualitativa del trasporto solido e della capacità di trasporto solido nei tratti interessati dalle
opere anche alla luce dell’evento alluvionale (questa parte ha avuto come risultato nello Studio, la
TAV.16 Carta dei processi erosivi e della loro magnitudo e la TAV.18 Carta della suscettività
all'erosione dei bacini);
□ Individuazione dei tratti esposti all’erosione per azioni di trascinamento da parte della corrente di piena
e delle aree di sovralluvionamento in alveo, per meglio definire le soluzioni da prevedersi, in particolare
le tipologie di opere di protezione in alveo;
□ Contributo geoidrologico alla valutazione di Indici di scabrezza e di Curve Number dello Studio idraulico,
(portata al colmo e idrogramma di piena), ferma restando in capo al consulente esperto, la decisione
ultima.
Ai fini di dettagliare gli elementi geognostici in funzione delle opere puntuali e a sviluppo longitudinale da
realizzare, sono stati curati inoltre, nel presente studio:
□ il reperimento delle indagini geognostiche svolte nell’ultimo quindicennio per la progettazione delle
sistemazioni idrauliche e di altri studi e progetti finalizzati alla geognostica e al dettaglio litostratigrafico
dell’area urbana;
1
Dal cap. 6.2.1. - Caratterizzazione e modellazione geologica del sito delle NTC/2008 si evince che “La caratterizzazione e la modellazione geologica del
sito deve comprendere la ricostruzione dei caratteri litologici, stratigrafici, strutturali, idrogeologici, geomorfologici e, più in generale, di pericolosità geologica del
territorio, descritti e sintetizzati dal modello geologico di riferimento”.
2
Nello sviluppo del lavoro si farà uso del termine Riu per i tratti dell’idrografia principale di Olbia non ricadenti nell’ambito degli interventi di bonifica storici e ad
assetto per lo più naturale o comunque non significativamente mutato per intervento umano; il termine Canale verrà invece impiegato in modo circostanziato con
riferimento ai tratti risalenti alla bonifica storica e a quelli realizzati in modo del tutto artificiale nel corso degli anni ’80, come nel caso del Gadduresu fra via
Barcellona (SP38 bis) e via Stromboli (cfr. elaborato A07 dello studio per la Predisposizione della variante al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e del quadro delle
opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia). Cfr. Figg. 1 e 2.
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
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□ il reperimento di dati analitici di laboratorio finalizzati all’indagine geotecnica ed alla definizione del
relativo modello, nell’ambito di progettazione pubblica e privata;
□ la realizzazione del Database relativo ai due ultimi punti.
Evidenze di canali tombati in uscita
Fig. 1 – Stato attuale. Evidenziazione del Canale San Nicola (Nord), del Canale Zozò (Sud) e del Canale Diversivo San Nicola-Zozò e di parte
del Canale Tilibas (NordEst). Al contrario dei restanti che hanno conservato la traccia originaria, l’assetto planimetrico del Canale Zozò attuale
consegue da un ulteriore intervento realizzato successivamente alla prima bonifica, ai fini della funzionalità del campo di aviazione ottenuto
sull’area della colmata, nel periodo prebellico.
Evidenze di canali tombati in uscita
Fig. 2 – Stato attuale. Evidenziazione Canale S’Eligheddu, Canale Gadduresu (Cecilia) e Canale Tannaule (via Belgio) e altri minori (Canale
Zona Baratta; canale depuratore Baratta; Canale Pasana)
L’insieme di tali attività ha condotto ai risultati seguenti:
I.
Fornitura di indicazioni da introdurre nella Relazione Tecnica finale dello studio (per quanto di
competenza);
II. Studio di Compatibilità idraulica e firma (per quanto di competenza);
III. Supporto alla elaborazione delle scelte progettuali definitive (per quanto di competenza);
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
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IV.
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Stesura della Relazione Geologica e della Relazione Geotecnica di progetto definitivo e dei relativi
elaborati cartografici;
Elaborazione del Piano delle indagini ferma restando la responsabilità del progettista nella
definizione dello stesso, nella caratterizzazione e nella modellazione geotecnica (cfr. NTC/2008,
Cap. 6.2.2).
Per gli scopi prefissati è stata riposta massima attenzione nell’individuazione e nell’illustrazione degli
elementi diagnostici geomorfologici e litologici direttamente e indirettamente coinvolti con le morfodinamiche
del corso d’acqua e con le singole opere previste.
Per evidenti ragioni di praticità e coerenza, l’indagine qui presentata, terrà conto del complesso fisiografico
denominato Piana di Olbia così come definita e concettualizzata in apposito paragrafo (5.2.2; Fig. 18).
1. MATERIALI E METODI
Si riassumono di seguito le fasi dello studio e delle indagini svolte ai fini della relazione presente:
1. Ricognizioni preliminari sui luoghi nelle fasi immediatamente successive all’evento intenso del 18
Novembre 2013;
2. Preliminare ricerca bibliografica di base finalizzata a reperire gli eventuali studi scientifici sulle
problematiche d’interesse e sui caratteri geologici e sismici dell’area di indagine;
3. Ricerca storica allo scopo di documentare gli elementi di natura cartografica utili all’anamnesi delle
problematiche idrogeomorfologiche ed ai confronti su base cronologica mirati allo studio dell’assetto
idrogeologico e geomorfologico urbano considerati come elementi varianti;
4. Studio geomorfologico sul terreno e in foto aerea, allo scopo di raccogliere elementi diagnostici e
riscontri sulle dinamiche idro-geo-morfologiche presenti, sugli eventuali dissesti in atto o potenziali sui
versanti sottesi;
5. Studio geomorfologico e idro-geo-morfologico sul terreno e in foto aerea delle aste fluviali urbane anche
al fine di supportare l’analisi idraulica;
6. Analisi multi temporale in foto aerea tramite confronti diacronici finalizzata allo studio delle variazioni
naturali e artificiali dei corsi d’acqua;
7. Studio litologico sul terreno al fine di definire i caratteri litostratigrafici del sottosuolo ovvero di
confermare quelli già noti, anche al fine di circostanziare e correlarvi le indagini geognostiche fin qui
eseguite e reperite presso gli uffici comunali;
8. Studio idrogeologico speditivo allo scopo di verificare la presenza o meno di acque sotterranee,
interferenti, la soggiacenza della falda freatica e di ottimizzare la valutazione dei Curve Number dello
Studio idraulico;
9. Valutazione quantitativa delle modificazioni plano altimetriche determinate nel corso dell’urbanizzazione,
a partire dagli interventi delle bonifiche storiche sul tratto terminale del Riu S’Eligheddu;
10. Valutazione dello stato degli attraversamenti in ambito urbano e periurbano e delle relative interferenze
geomorfologiche con le dinamiche in alveo; ispezioni parziali di tratti tombati;
11. Ricerca bibliografica, al fine di reperire i documenti tecnici sugli interventi pubblici o privati e le opere
idrauliche realizzate;
12. Georeferenziazione e analisi spaziale dei Sondaggi geognostici reperiti al punto precedente.
2.1
[1]
[2]
BIBLIOGRAFIA
Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna (2013) - Studio generale per la definizione delle Linee Guida
regionali per la realizzazione degli interventi di riassetto idrogeologico con tecniche di Ingegneria Naturalistica. a
cura di Iris sas di Firenze e Criteria srl di Cagliari: M. Bacci, G. Bacchetta, G. Franchi, M. G. Marras, G. Tilocca, M.
Casti, M. Costa, A. Forci e A. Soriga Relazione. pp. 212 e 4 Allegati.
Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna (2013) – Studi, indagini, elaborazioni attinenti all’ingegneria
integrata, necessari alla redazione dello studio denominato Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF).
Sub bacino 4 – Liscia.
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Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna (2013) – Evento alluvionale del 18 Novembre 2013; Valutazioni
delle precipitazioni. Volume 01-pp.6. Servizio tutela e gestione delle risorse idriche, vigilanza sui servizi idrici e
gestione delle siccità.
APAT (2003) - Atlante delle opere di sistemazione fluviale. Dipartimento Difesa del Suolo. 27, pp. 172.
ARPAS-Sardegna (2013) – Analisi dell’evento meteorologico del 18 novembre 2013. pp.163.
Agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna (2013) – Evento alluvionale del 18 Novembre 2013; Valutazioni
delle precipitazioni – Aggiornamento del 17.12.2013. Volume 02 – pp.10. Servizio tutela e gestione delle risorse
idriche, vigilanza sui servizi idrici e gestione delle siccità. Settore idrografico.
Amadesi E. & Vianello G. (1978) – Nuova guida alla realizzazione di una carta di stabilità dei versanti. Mem. Soc.
Geol. It., v.19, p. 53-60.
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2.1.1 Sintesi bibliografica
Quello sopra riportato è l’elenco dei documenti scientifici a contenuto geologico, idrogeologico e
geomorfologico consultati ed a cui è fatto esplicito o implicito riferimento nel corso dello studio. Anche in
questa sede occorre tuttavia, mettere in evidenza che, se si eccettua l’esistenza di una buona cartografia
geologica ufficiale, quantunque datata e poco incline ad approfondire la distinzione sui terreni di copertura o
delle arenizzazioni del sostrato magmatico (cfr. S.G.I., F° 182), è del tutto assente una letteratura geologica,
geomorfologica ed idrogeologica che approfondisca il quadro delle conoscenze relative alla Piana costiera di
Olbia. Pertanto, delle singolarità di cui si tenterà di dare conto e, con un a certa fatica, anche spiegazione nel
corso della trattazione generale, non sussiste il necessario conforto scientifico “a monte”, in grado di
affrancare le interpretazioni di quanto descritto da elementi soggettivi e, dunque, da avverse interpretazioni.
Non di meno, la bibliografia riportata sottintende un’attenzione sullo specifico territorio che in realtà dura da
circa 16 anni e di cui v’è testimonianza sia nei lavori scientifici [21], [22], [72], [73], [74], [75] a firma dello
scrivente e nello stesso PAI Subbacino 4-Liscia, segnatamente alla identificazione dei tratti critici della rete
idrografica (gran parte dei quali derivò dagli approfondimenti posteriori alle Piene del 1998), alcuni dei quali,
peraltro, non hanno trovato ospitalità nella documentazione idraulica ad esso relativa, per ragioni che si
ignorano.
Va fin d’ora segnalato, che il presente studio dimostra con assoluta certezza l’inesistenza nella Piana di
Olbia (nettamente distinguibile, come si vedrà, dalla Piana del Padrogiano per il tramite della morfostruttura
di Punta Onica), in ambito emerso, di sedimenti a carattere alluvionale. Mancano in sostanza i veri sedimenti
di deposizione fluvio-torrentizia ora olocenica ora pleistocenica, che presso che ovunque nel resto della
Sardegna contornano i sistemi idrografici in ambiti pianeggianti. Al contrario la Piana di Olbia si rivela essere
un anomalo Glacis di erosione che esuma il sostrato roccioso più o meno alterato ed arenizzato, facendo
salve rarefatte, discontinue ed esili coperture di colluvi per lo più sui declivi più prossimi ai piedi dei rilievi. In
tal modo i terrazzamenti correlati alla rete idrografica modellano direttamente il sostrato roccioso arenizzato.
Solo le aree più depresse rivelano coperture sedimentarie, per lo più limoso-sabbiose e argillose, associabili
ad ambienti di transizione fluvio-palustri. La conseguenza pratica è che le incertezze geognostiche in
assenza di terebrazioni sono legate soprattutto alla distinzione fra coperture detritiche comunque derivate da
sostrati magmatici e litofacies arenizzate derivate dall’alterazione del basamento granitoide (non di rado
comportanti particolari difficoltà di discriminazione anche nei sondaggi, a seconda delle modalità di
perforazione impiegate) e fra queste e i sottostanti o latistanti ammassi rocciosi in senso stretto. Si noti infine
che anche le modalità di alterazione di questi ultimi e fin’anche il processo di arenizzazione, non sono affatto
improntati a regolarità geometrica, per cui le estrapolazioni spaziali divengono, in tal senso, improbe e
possono comportare ampi margini di errore. Ciò nonostante, non si può certo affermare che ci si trovi dinanzi
a condizioni di soverchia incertezza geologica tanto più che di norma i sostrati arenizzati del basamento
granitoide sono rocce con discrete capacità portanti, in forza dello loro resistenza attritiva e dei bassi
contenuti in argilla. Anche al fine di ridurre le residue incertezze, tramite la documentazione tecnica storica
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disponibile, sono stati, ricostruiti e georiferiti i volumi delle bonifiche dei primi decenni del XX secolo ottenute
con il colmata di depressioni preesistenti attraverso i materiali escavati alle foci dei canali principali regimati.
2.2
■
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■
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■
RICERCA FOTOGRAFICA
Aeronautica Militare (1954): Foto in b/n in scala 1:33.000 declassificate
E.R.S.A.T. (Ente Sardo di Assistenza Tecnica in Agricoltura) (1977): Foto a colori in scala 1:10.000
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (1997-1998): Ortofoto Aima in scala 1:10.000.
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (2001-2004): Ortofoto a colori RGB in scala 1:10.000
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU (1977): Ortofoto a colori in scala 1:10.00
Sardegna geoportale; http://webgis.regione.sardegna.it/.
Repertorio Google Earth.
2.3
RICERCA DOCUMENTALE E ALTRE FONTI TECNICHE
In questo caso, lo scopo è stato quello di reperire in prima istanza quante più informazioni possibili sugli
eventi critici che abbiano riguardato il territorio di Olbia, in generale, ed il settore urbano, in particolare. Si è
pertanto fatto riferimento, specificamente a:
A.
B.
C.
D.
E.
F.
G.
H.
I.
J.
K.
L.
M.
N.
O.
P.
Q.
R.
S.
T.
U.
V.
W.
X.
Y.
Il repertorio del P.S.F.F. relativo al Riu San Nicola del Subbacino 4-Liscia;
il repertorio A.V.I. (Aree Vulnerate in Italia) del C.N.R.-G.N.D.C.I. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo
per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche);
il repertorio I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia).– A.P.A.T. & RAS (2005);
il repertorio P.A.I. relativo al Sub Bacino 4 – Liscia;
la consultazione di un estratto dell’archivio dei quotidiani regionali conservato in microfilm presso la Biblioteca
Universitaria del Ministero dei Beni Culturali di Sassari, al fine di acquisire ulteriori informazioni anche su
eventi calamitosi minori, a partire dagli anni ’20;
la consultazione di copie del materiale bibliografico storico giacente presso il Dipartimento d’Ingegneria del
Territorio della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari (anni 2000-2008);
lo Studio sull’Idrologia Superficiale della Sardegna (SISS), elaborato dall’E.A.F. (2003), sulla base dei dati
disponibili presso il Servizio Idrografico Regionale;
La Nuova Sardegna-Archivio on line;
Kerrer-Lacava (1988) - Studio di impatto ambientale del porto industriale. Consorzio n.1 di Olbia, pp. 404.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°NO Terranova Pausania. Firenze.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.181 I NE Muddizza Piana. Firenze.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze.
I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze.
I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SE Maladromida. Firenze.
I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NO Olbia. Firenze.
I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NE Golfo Aranci. Firenze.
I.G.M.I. (1967): Carta Topografica d’Italia in scala 1:100.000, F°182. Firenze.
I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-I Olbia Est. Firenze.
I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-IV Olbia Ovest. Firenze.
Comune di Olbia (2011)-.Cartografia tematica Assetto Ambientale in scala 1:10000. Riordino delle conoscenze
Piano Urbanistico Comunale.
Provveditorato OO. PP. per Lazio-Abruzzo-Sardegna (2005)-Rilievi Batimetrici Canaletta di Accesso al Porto.
2 Tavv. Scala 1:1000. Idrogeotop, Cagliari.
RAS (2009) - Elenco completo degli sbarramenti di competenza regionale. Assessorato dei LL. PP.- Servizio
Infrastrutture e risorse idriche. pp.59.
Studio Italiano di Geofisica Mineraria (anni ‘60)- Condizioni geologiche della Gallura nord orientale in relazione
alla ricerca d’acqua (con n. 6 stratigrafie di pozzi eseguiti).
Consorzio di Bonifica della Gallura (2006) – Carta degli ordinamenti colturali. RAS-CRAS
Tilocca G. (2007) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu Padrogiano.
Applicazione del metodo di Gavrilovic. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 16 + 9 Allegati
cartografici. Autorità Portuale di Olbia-Golfo Aranci (2008).
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
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Z.
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CF:TLCGNN58M17B354S
PI: 01819860907
Tilocca G. (2008) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu Padrogiano.
Relazione Tecnica Consuntiva. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 79. Autorità Portuale di
Olbia-Golfo Aranci (2008).
AA.
Perizia tecnica concernente la diagnosi delle cause dei danni provocati dall’allagamento del 18
novembre 2013 nell’Azienda Agricola Pala in Località Ludos (Olbia-OT).
BB.
Ministero dei Lavori Pubblici-Provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna. Ufficio del Genio Civile di
Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale Approvato con R.D. 4
Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12 Settembre 1935; C) 2° Elenco
Suppletivo Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938.
CC.
DD.
EE.
FF.
GG.
HH.
II.
JJ.
KK.
LL.
MM.
NN.
OO.
PP.
QQ.
RR.
Piano Generale della palude Salinedda – S. Simplicio a nord di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900).
Piano Generale della palude Salinedda – Gallurese a sud di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900).
Palude Salinedda San Simplicio – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903).
Palude Salinedda Gallurese – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903).
Lavori di bonifica delle paludi Salinedde in prossimità dell’abitato di Terranova Pausania-Perizia per
l’impiego degli imprevisti a norma dell’art. 20 del Reg.to 25 Maggio 1895-n.350, occorrenti per i
lavori di completamento dei terreni colmati di proprietà del Comune di Terranova. Planimetria. Scala
1:2000 (ed. 1904).
Piano Generale delle paludi Salinedde - presso Terranova. Scala 1:4000 (ed.1907).
Progetto per lavori complementari di bonifica delle paludi Salinedde presso Terranova P.nia.
Ponticelli con impalcature in cemento armato. Varie scale. (ed. 1908).
Planimetria della proprietà di Mossa Antonio nella località Giuanne Canu presso Terranova. Scala
1:500 (ed. 1910).
Piano dei terreni residuati coi lavori di bonifica delle Paludi Salinedde presso Terranova Pausania.
Scala 1:2000 (ed. 1910).
Disegni allegati alla monografia richiesta con nota 29 Luglio 1911 n.1061 dalla Commissione
Tecnica centrale per le Bonificazioni istituita con R.D. 11 Dicembre 1904. Tav. Scala 1:25.000.
Bonifica dello Stagno di Corcò-Piano grafico della zona bonificata. Scala 1:4000. (ed. 1912).
Progetto di sistemazione del Rio Cecilia a monte del ponte della strada provinciale Terranova-Telti
nella bonifica delle Paludi Salinedde in comune di Terranova Pausania. Planimetria. Scala 1:4000
(ed. 1919).
Progetto di un canale di scolo per gli stagni Palude Piana. Planimetria. Scala 1:4000 (ed. 1919).
Bonifica dello Stagno di Colcò. Stato di consistenza della bonifica sopradetta. Scala n.d. (ed. 1924)
Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della
strada provinciale Terranova-Monti3. Scala 1:4000 (ed. 1926).
Campo di aviazione di Terranova-Progetto di allargamento del campo con lo spostamento del canale
Sozzò. Planimetria. Scala 1:4000 (data n.d.).
Gli ultimi documenti di questo repertorio sono stati ufficialmente reperiti presso l’Archivio del Genio Civile di
Sassari dal Settore Pianificazione e Gestione del Territorio, Edilizia Privata e Pubblica del Comune (cfr.
Relazione Assetto Storico; A07).
Ulteriori elementi informativi di carattere geognostico sono stati tratti dal seguente elenco di progetti relativi
agli interventi idraulici svolti in tempi recenti anche su altri bacini (Tab.3).
N DENOMINAZIONE PROGETTO
3
ANNO
1
Sistemazione idraulica del Rio Gadduresu
2002
2
Sistemazione idraulica del Rio Gadduresu II stralcio
Opere difesa spondale Riu San Nicola
2003
2003
2004
3
Perizia suppletiva
Interventi di sistemazione idraulica (San Nicola)
2005
2005
2006
Perizia suppletiva n.1
2006
2006
ENTE ATTUATORE
Comune Olbia
Consorzio di Bonifica della
Gallura
Comune Olbia
La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato,
2007 è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII.
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
Progetto Definitivo
12
Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo
Dottore di Ricerca in Scienze della Terra
07100 Sassari - Via C. Floris, 2
Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected]
4
5
6
7
8
9
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Perizia suppletiva n.2
Completamento opere di adeguamento della
capacità di deflusso del reticolo idrografico
Interventi di sistemazione idraulica sul Rio
Gadduresu a valle del sottopasso ferroviario
Sistemazione idraulica Rio San Nicola a protezione
dell’abitato. Interventi di mitigazione del rischio
idraulico
Sistemazione idraulica Rio Gadduresu sottopasso
ferroviario
2007
2007
Comune Olbia
2008
2005
Comune Olbia
2009
2008
Comune Olbia
2012
Comune Olbia
Piano di Lottizzazione comparto “Sub A” Località
“S’Accutadorza”- Opere di collegamento con il
quartiere “Gregorio”
Arretramento stazione di Olbia
2006
Soc. Immobiliare Primavera
srl
2012
Rete Ferroviaria Italiana
Messa in sicurezza della sponda sinistra del Rio
San Nicola
2014- Comune Olbia
2015
13
Tab. 3 - Progetti finalizzati alla difesa del suolo e alla mitigazione del pericolo e del rischio
idrogeologico consultati
I dati reperiti sono stati riportati in uno specifico database in ambiente GIS, Quelli geognostici utili
all’indagine, sono riportati di volta in volta nei profili elaborati nel presente studio.
Si noti infine che, come già accennato, nel corso dello studio relativo alla Predisposizione della variante al
Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e del quadro delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio
comunale di Olbia, era stata elaborata una specifica Cartografia dell’Assetto Storico che poneva in evidenza
gli effetti di ordine geomorfologico relativi agli interventi di bonifica storica su vaste aree circostanti San
Nicola-Zozò e S’Eligheddu (all’epoca denominato in carta Rivo Gallurese), con la stima delle isopache dei
relativi apporti di colmata nelle aree di bonifica e la geolocalizzazione dei sondaggi lì realizzati all’epoca.
2.4
PRODOTTI E LAYOUTS
Nell’ambito dello studio sono stati prodotti i seguenti elaborati a corredo di ogni progettazione
Denominazione
Carta Geologica dei settori d’intervento in scala 1.10000
Profili Geologici-geotecnici longitudinali 1:100//1:1000
Profili geologici.geotecnici trasversali 1:100//1:1000
Stratigrafie indagini geognostiche pregresse
Piano delle Indagini
Tab. 4 - Elenco elaborati associati alla Relazione
3. NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Le specifiche fonti normative di riferimento nell’ambito dello studio sono le seguenti:
 D.Lgs. n. 163/2006
 D.M. 14-1-2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni, 2008)
 Norme di Attuazione PAI-RAS (e PSFF) - Aggiornate con Decreto del Presidente della Regione
Sardegna n.148 del 26.10.2012 (Agg. Gennaio 2014)
 D.P.R. n. 207/2010, – Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»
 Direttiva per la manutenzione degli alvei e la gestione dei sedimenti in attuazione degli artt. 13 e 15
delle n. d. a. del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Sardegna (PAI) (con All. 1 e All. 2)
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
Progetto Definitivo
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

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Civile di Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale
Approvato con R.D. 4 Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12
Settembre 1935; C) 2° Elenco Suppletivo Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938
Regio Decreto 523/1904
IL MODELLO GEOLOGICO
4.1
INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO REGIONALE
Ai sensi del DPR 207/20101, la Relazione Geologica comprende sulla base di specifiche indagini
geologiche, la identificazione delle formazioni presenti nel sito, lo studio dei tipi litologici, della struttura e dei
caratteri fisici del sottosuolo, definisce il modello geologico del sottosuolo, illustra e caratterizza gli aspetti
stratigrafici, strutturali, idrogeologici, geomorfologici, nonché il conseguente livello di pericolosità geologica
(art. 26/1a).
La finalità della presente sezione è quella di fornire, secondo un quadro di riferimento correlato alla scala
regionale, gli elementi geo-fisici generali che più spesso condizionano le convenzionali dinamiche torrentizie
e di introdurre quelli che a livello locale producono più effetti geomorfologici ed idrogeologici, sulla specifica
entità fisiografica rappresentata dalla Piana costiera di Olbia, essendo a loro volta da essa generati.
Lo scopo collaterale dell’ampliamento della contestualizzazione è certamente quello di consegnare
all’Amministrazione committente, agli uffici istruttori regionali e nazionali ed a chiunque altro fosse
interessato la più ampia gamma di elementi anamnestici e diagnostici di carattere geomorfologico e
geolitologico sulla cosiddetta pericolosità idrogeologica associata ai corsi d’acqua che attraversano il
territorio di Olbia. In particolare in questa sezione verranno presentati i seguenti aspetti generali:
la litostratigrafia del territorio
che ospiteranno le opere previste dal progetto definitivoe in tal modo
pervenire tramite il più ampio e serrato confronto interdisciplinare alla definizione ed alla condivisione delle
scelte più idonee per gli interventi di mitigazione.
E’ d’obbligo sottolineare, infatti, come a tali elementi geologici e geomorfologici, quantunque siano evocati
nella Relazione Finale del PAI e in parte persino trattati nelle Relazioni Monografiche del PSFF, non sia stata
data fin qui la sufficiente rilevanza in sede sia di pianificazione che di progettazione delle opere di
mitigazione del passato. La progettazione di queste ultime non è mai stata affrontata sistemicamente in un
ottica di bacino neppure nel corso dell’attuazione del PAI. Ciò per svariate ragioni, fra le quali, al di là delle
oggettive difficoltà insite nella trattazione dell’idrografia minore, la più rilevante, a parere di chi scrive, è, se
non proprio l’assenza, certamente la cronica insufficienza a monte di una specifica attenzione scientifica su
alcuni dei temi d’interfaccia che verranno per quanto possibile,
1. I caratteri geolitologici regionali con particolare riferimento alle litologie magmatiche granitoidi e al loro
stato di arenizzazione
2. la distribuzione e lo spessore dei volumi arenizzati (coltri eluviali)
3. la distinzione fra coltri eluviali ed eventuali coperture sedimentarie
4. la permeabilità degli ammassi arenizzati
5. la scarsa capacità di assorbimento e di ritenzione dei suoli associati a tali ammassi
6. la caratterizzazione idro-geo-morfologica dei torrenti
7. i processi erosivi
8. il trasporto solido
9. gli elementi geomorfologici terrestri ed idraulico marittimi connessi con la condizione al contorno delle
foci (compendi lagunari e portuali) alla luce delle profonde modifiche storiche da esse subite a seguito
sia delle bonifiche igienico-sanitarie che delle opere urbane degli ultimi decenni
10. Le caratteristiche di escavabilità dei litotipi.
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4.1.1 Generalità, equivoci cognitivi e criticità in sintesi
A. Se si esclude il convenzionale quanto incompleto quadro geologico fornito sulla Piana di Olbia dalla
Cartografia geologica ufficiale in scala 1:100.000, assolutamente nulla di scientificamente rilevante è
dato riscontrare nella pubblicistica scientifica sotto il profilo geologico e, tanto meno, sotto quello
geomorfologico e idrogeologico. La condizione di carenza è tale che, sul piano geologico, a fronte della
modesta articolazione litostratigrafica del contesto, si scontano soverchie difficoltà nel fornire una
caratterizzazione univocamente attendibile e suffragata dai riscontri di terreno. Ciò, oltre a evidenziarsi
in modo inequivocabile nella stessa disamina delle descrizioni dei sondaggi geognostici reperiti, si
evidenzia in generale nella definizione assai approssimata in genere dei termini litologici riferibili alle
“coperture” (alluvioni, colluvi, detriti di versante) sulle aree urbane e periurbane4 e nella distinzione di
queste dalle coltri arenizzate del sostrato (coltri eluviali). Parimenti sul piano geomorfologico, occorre
fare i conti col significato da attribuire al concetto di Piana alluvionale di Olbia. Questa espressione è
infatti in uso correntemente ma non è stata e non è suffragato dai necessari riscontri geologici per cui
appare di dubbia utilità in ambio pianificatorio e progettuale se non se chiariscono i limiti e se non se ne
precisano gli elementi morfoevolutivi di carattere geomorfologico. Dall’excursus fatto su studi precedenti
e sulle relazioni di accompagnamento ai progetti, si ravvisa spesso il frettoloso quanto erroneo
accostamento a voci descrittive delle coperture reperibili, tanto in superficie quanto nelle indagini
geognostiche, quali “sedimenti alluvionali”, “depositi fluviali”, “depositi alluvionali”. Altri concetti ancora,
quali Pediment (Glacis di erosione), di Olbia, Laguna di Olbia o Delta del Padrogiano, quantunque
corretti sul piano tecnico-scientifico, non si utilizzano neppure e quindi non hanno mai goduto né di
giusta valenza né di collocazione in campo tecnico ed amministrativo.
B. Non è mai stata riposta la necessaria attenzione al fatto che gran parte dei tratti terminali della rete
idrografica cittadina, costituiscono aree di regimazione idraulica e di bonifica dei terreni, sia per
colmamento che per escavo. Quindi si è ignorato fino ad oggi che le geometrie assegnate sono posticce
e totalmente fuorvianti in termini geomorfologico-sedimentologici (assetti ad estuario di originari delta; il
S’Eligheddu o Rivo Gallurese su tutti).
C. Dal punto di vista geo-idrologico, in particolare le conoscenze sulla permeabilità dei suoli e sui circuiti
idrici sotterranei appaiono alquanto insufficienti, per quanto attiene sia al cosiddetto acquifero del
complesso intrusivo che a quello delle cosiddette alluvioni plio-pleistoceniche (secondo la non
condivisibile definizione adottata nel Piano di Gestione del Distretto Idrografico della Sardegna). Nel
contesto urbano l’acquifero del complesso intrusivo è quello ospitato dalla coltre arenizzata, potente
mediamente qualche metro (2-4m) e facilmente saturabile in talune stagioni piovose (nel contesto
urbano di Olbia dunque non sussiste un acquifero alluvionale). Al contrario, le innumerevoli esumazioni
ed esposizioni artificiali della falda del contesto della Piana Alluvionale (in senso stretto) del Riu
Padrogiano, testimoniano invece di un acquifero alluvionale in senso stretto.
D. non di meno, sempre correlandoci alle episodiche o contraddittorie conoscenze scientifiche di base, si
possono reperire documenti tecnici che fanno riferimento a rinvenimenti di non meglio conosciute “falde
semiartesiane” o “leggermente in pressione” o “sospese” in quanto “confinate a tetto da uno strato
semipermeabile”. Ciò in conseguenza del riscontro di lenti argillose nei sondaggi dai cui report,
considerato lo specifico contesto geomorfologico della loro localizzazione5 si deve trarre che si tratti di
condizioni episodiche e locali che, tuttavia, non possono in alcun modo contraddire il modello più
generale.
E. Le trasformazioni subite dal territorio fin dai primi del ‘900 a seguito delle bonifiche antimalariche non
sono state adeguatamente prese in considerazione nel corso della disordinata espansione urbanistica
dagli anni ’60 fino ai tempi più recenti, per cui l’urbanizzazione sviluppatasi all’interno delle colmate e
4
Ciò, in sede di allestimento della cartografia geologica, ha fatto optare per la conservazione delle definizioni ufficiali di cui alla Carta Geologica di base della
Sardegna, lasciando il riconoscimento e le interpretazioni ex novo alla trattazione della presente Relazione tecnica e degli ulteriori elaborati analitici. Resta inteso
che nel modulo di valutazione del trasporto solido col metodo di Gavrilovic (pesi) si è invece tenuto conto di quanto lo studio fa emergere in termini geomorfologici e
litologici.
5
Ciò si evidenzia, in poche parole, da resoconti tecnici su progetti immobiliari localizzati in aree corrispondenti a zone un tempo sede di palude
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lungo i canali, realizzati con scopi di regimazione e di bonifica igienico-sanitari con assetto rettilineo e
abbattimento delle scabrezze, si è rivelata via via sempre più conflittuale con l’assetto idrografico ed
idrogeologico artificiale.
F. La scarsa conoscenza sugli elementi della trasformazione idrografica e geomorfologica del territorio,
attuati in circa due decenni a seguito della realizzazione delle misure di profilassi anti malarica degli inizi
del XX secolo, ha di fatto spianato la strada ad ulteriori reiterate sottovalutazioni attuatesi nei decenni
successivi nel corso delle dinamiche insediative e di sviluppo della città. Di ciò fanno fede6:
1. la cancellazione o la riduzione spaziale di gran parte delle aree di espansione e laminazione
naturale, presenti a monte della città storica come un naturale presidio alla genesi di alluvioni,
attraverso la forzata canalizzazione recente (il caso più “miope” in tal senso è quello del Canale
Gadduresu realizzato negli anni ’80, anch’esso in base a principi improntati a minimizzare la
scabrezza e a massimizzare la velocità);
2. la pretesa di far descrivere ai canali di recente realizzazione traiettorie incompatibili con la
dinamica di piena (Canale Gadduresu e Diversivo San Nicola) o;
3. il tombamento di canali in assenza o carenza di adeguato mantenimento nel tempo;
4. forzare i torrenti con tombamento al di sotto le abitazioni (Santa Cecilia, fra via Fontanesi e via
Pinturicchio);
5. la sistematica variazione dell’assetto plano-altimetrico con le lottizzazioni che in diversi casi
affranca dal pericolo diretto di allagamento chi si insedia colmando ed elevandosi a quote maggiori
rispetto all’originario piano di campagna ma che, di converso, espone a maggiore pericolosità, per
incremento locale dei tiranti idraulici, chi non adotta tali accorgimenti (a riprova dunque
dell’insufficienza dei regolamenti edilizi in tale ottica di salvaguardia idraulica);
6. l’insediamento edilizio a distanze dai canali incompatibili con la sicurezza;
7. la realizzazioni di ponti e di attraversamenti in genere privi di congruenza oltre che insufficienti
rispetto alle attuali verifiche;
8. la sovrapposizione di ponti tubo ostruenti su sezioni trapezie;
9. la collocazione di condotte di sottoservizi in posizioni interferenti e tali da abbattere i franchi e
ridurre le luci di progetto delle opere;
10. la drastica riduzione della scabrezza mediante la protezione in cemento delle sponde e del fondo;
11. La sovrapposizione delle protezioni in cemento su quelle in conci e malta;
12. il taglio della vegetazione arborea avente la funzione di presidiare la stabilità dei canali e di
garantire condizioni di ombra in funzione della riduzione vegetativa di Arundo donax;
13. le non ottimali risoluzioni delle interferenze idrauliche adottate con la realizzazione dei tratti in
rilevato della tangenziale che circonda l’abitato [cfr. RR del Par. 2.3]
G. La trasformazione urbanistica sia dell’abitato in senso stretto che della proporzionalmente enorme area
industriale, peraltro giustapposti senza una vera e propria soluzione di continuità naturale (vedasi a tale
riguardo il controverso settore di Tilibas), è avvenuta in un contesto di bassopiano sovraeroso,
morfologicamente depresso (Pediment) e con ricorrenti ulteriori sovradepressioni paludose sfuggite alle
bonifiche di inizio XX secolo o non considerate in quanto di modesta ampiezza o più distanti dall’abitato.
Ciò ha reso necessari in vari casi interventi locali di riassetto del territorio (talora comportanti modifiche
e vere e proprie dislocazioni degli alvei), in gran parte disgiunti gli uni dagli altri e privi di una qualche
organicità e, soprattutto, in assenza come detto di una qualsivoglia visione sistemica dell’assetto, al
contrario di quanto si evidenzia nelle stesse progettazioni di inizio secolo XX.
H. L’insieme di tali trasformazioni, ha nei fatti stravolto oltre quello idrografico, tanto l’assetto morfologico
quanto una parte di quello litologico originale, essendosi resi necessari ora interventi di riempimento-
6
L’elenco palesa anche quanto il disordine urbanistico di Olbia sia associabile all’assenza strutturale di qualunque apporto della scienza idrologica e
geomorfologica nella progettazione.
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colmamento, ora di escavazione e rimaneggiamento, con una ricollocazione spesso disordinata, per
non dire del tutto fuori controllo, dei materiali di risulta.
I. Molte delle criticità si osservano sia nell’ambito urbano di cui al presente studio che in quello industriale
(Tilibas-Cabu Abbas; Padredduri-Cocciani/Balidone etc.) e, come è emerso negli elaborati di cui allo
Studio di Variante, nell’ambito urbano, hanno pesato in modo rilevante nel condizionare i tiranti
dell’esondazione del 18/11/2013 anche nelle zone più tragicamente colpite.
J. La più o meno rapida trasformazione di talune aree costiere in altrettante aree residenziali turistiche, nel
passato, ha presso che ignorato gli assetti idrogeologici locali (l’esempio più noto all’Amministrazione in
tal senso è quello di Pittulongu ma andrebbe considerato con massima attenzione ed altrettanta
preoccupazione anche lo sviluppo verso l’aree lagunare di Murta Maria, Porto Rotondo) e le
trasformazioni recenti nel sottovalutare gli elementi idrogeologici, hanno reso progressivamente più
pericolose tali aree anche in presenza di opere idrauliche, di mitigazione e/o salvaguardia, non sempre
adeguate.
K. Gli interventi di mitigazione attuati fin qui hanno assecondato una logica presso che puntuale o locale,
per cui, come mostra chiaramente il caso del Gadduresu7, si sono attuati a monte senza risolvere le
condizioni più critiche di valle o di foce, semmai ignorando dei vincoli specifici e delle condizioni al
contorno che di fatto vanificavano tutte le mitigazioni a monte (la condizione dell’attuale confluenza del
Gadduresu nel S’Eligheddu, come la sussistenza del Sottopasso ferroviario di via Amba Alagi, sono
piuttosto eloquenti in tal senso).
L. La scarsa considerazione dell’assetto idrogeologico complessivo, è palese anche nel divario esistente
fra stato di fatto e repertorio ufficiale degli invasi di competenza regionale, cioè fra i bacini artificiali
presenti nel territorio di Olbia e quelli ufficialmente censiti dal sistema in capo all’Assessorato dei LL.
PP. della RAS8.
4.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA
La Gallura, sul piano strettamente geologico, costituisce la parte nord orientale del Pilastro tettonico o Horst
bordante la fossa terziaria del Logudoro. Tale Pilastro tettonico, in termini geo-litologici è contrassegnato
dalla assoluta prevalenza di rocce granitoidi erciniche (Leucograniti, Granodioriti, Monzograniti),
raramente integre, più spesso attraversate da vistosi sistemi di fratturazione di origine tettonica e, per ciò
stesso, alterati o alterabili in varia misura a partire dalla superficie. Tali litologie sono spesso associate a
cortei filoniani a chimismo, dimensioni e direzioni variabili (più spesso SW-NE e SSW-NNE).
In un tale quadro, costituiscono volumi assai subordinati, sempre in contatto con le precedenti, le litologie
erciniche più antiche riferibili al complesso metamorfico, rappresentate da Migmatiti (Metatessiti, Diatessiti
e Ortogneiss) in prevalenza. In Gallura queste ultime assumono una certa rilevanza areale nell’alto Bacino
idrografico del Riu Vignola (Aggius), ad E ed a S di S.anta Teresa Gallura (La Filaccia, Ciuchesu) e Trinità
d’Agultu (Serra Tamburu), fra Sant’Antonio di Gallura e Luras (M.te Foci, M.te Candela, Carana), ad
Arzachena e fra Budoni e S. Teodoro.
Ad Olbia le migmatiti si ritrovano nel settore settentrionale e meridionale periurbano (M.te Plebi, 473 m; M.te
Chidade, 91m) e, come documentato dai rilievi sul terreno, costituiscono per intero anche il sostrato
geolitologico roccioso del territorio costiero fra Olbia e Golfo Aranci (Golfo di Cugnana, Golfo di Marinella;
Suiles, Terrata, Bados, Pittulongu, Sa Testa) e immediatamente a Sud di Olbia (Foce del Padrogiano; Isola
della Bocca). Esse affiorano con una certa continuità dai 250 m di quota fino alla linea di costa (Bados,
Pittulongu, Punta di Filio, Gravile) oltre la quale certamente costituiscono l’impalcatura anche della
piattaforma continentale sommersa (Isola della Bocca).
7
L’irrisolta questione del sottopasso è esemplificativa ma lo è di più quella assai meno nota della trave che riduce di circa il 50% la luce della già insufficiente
sezione alla confluenza del Santa Cecilia/Gadduresu sul S’Eligheddu.
8
Gli sbarramenti ufficialmente riscontrabili nel documento denominato “Elenco completo degli sbarramenti di competenza regionale” sono 6.
Tale evidente deficit suggerisce dell’insufficiente controllo della RAS sulla fattispecie.
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A questo panorama ufficiale, gran parte del quale è condiviso dalla letteratura geologica, sfugge tuttavia,
l’importanza sia per l’estensione che, per lo spessore delle coltri di arenizzazione delle rocce granitoidi (Coltri
eluviali), in particolare di Granodioriti e Monzograniti, le cui diverse litofacies si rinvengono in settori molto
ampi e a quote differenziate, come risultato sia di un’impostazione geologica degli ammassi rocciosi che della
loro evoluzione geomorfologica. Per questa ragione si configurano anche come coperture, dato il loro diverso
assetto litotecnico con differenziato comportamento geotecnico ed idrogeologico rispetto agli ammassi che le
originano. Su ciò si cercherà di approfondire più avanti, ferma restando l’assenza di organici punti di
riferimento sia per la loro tipicizzazione che per la discriminazione cartografica che fino ad oggi ne ha
impedito una qualsiasi cartografia e ha determinato in una certa casistica progettuale (ivi compresa quella
degli interventi di mitigazione e delle opere idrauliche di Olbia), non trascurabili confusioni ed equivoci in
ambito geognostico.
In base alla stessa concettualizzazione della Gallura, le coperture sedimentarie sul basamento di tale Pilastro
tettonico, costituiscono condizioni di eccezionalità geologica, essendo decisamente rare e geograficamente
circoscritte. Esse sono rappresentate da:
4. i sedimenti quasi esclusivamente carbonatici del Mesozoico di Capo Figari e Tavolara
5. I vulcano-sedimenti e le vulcaniti del Miocene inferiore di Trinità d’Agultu (Bacino di Lu Colbu-Falzaggiu)
6. i sedimenti terrigeno-carbonatici del Miocene inferiore (Burdigaliano) di Capo Testa (Santa Teresa
Gallura)
7. le coperture detritiche, alluvionali ed eoliche del Quaternario
Fra questi, solo quelli al punto 4 interessano, peraltro, in modo marginale, gli interventi in progettazione ai fini
della mitigazione del rischio idraulico.
4.2.1 Coperture detritiche quaternarie
La casistica delle coperture detritiche di origine alluvionale, gravitativa, colluviale, eluviale ed eolica, è
significativa soprattutto sul piano dell’interpretazione geomorfologica in quanto anche a piccola scala è
evidente quanto sia subordinata dal punto di vista areale.
Si ha ragione di ritenere, tuttavia, che le coperture eluviali (arenizzazioni pleistoceniche ed oloceniche di
ammassi del Carbonifero-Permiano), in particolare, possano essere assai più diffuse di quanto la cartografia
ufficiale rappresenti, in ragione del modello geomorfologico gallurese, peraltro interessato da piani inclinati
pedemontani (Pediment), il principale dei quali coincidente con la Piana costiera di Olbia [47] [48].
La presenza di arenizzazioni nel sostrato magmatico del rilievo, ha indotto a far prevalere nelle cartografie
ufficiali il riferimento a dette masse intrusive (senza peraltro distinzione fra roccia e arenizzazione) sui colluvi,
simili in apparenza alle arenizzazioni per tessitura, litotecnica e colorazione, ad esse sovrapposti su tutti i
declivi. Ciò in quanto può rivelarsi arduo discriminare il passaggio fra le due litofacies (roccia arenizzata e
colluvio) lungo la superficie di erosione che genera il piano inclinato, senza opportuni rilievi sul terreno.
In generale le grandi valli intramontane e le piane alluvionali più importanti, cioè quelle percorse da corsi
d’acqua sottendenti i bacini relativamente più vasti (Vignola, Carana-Liscia, San Giovanni, Padrogiano, San
Teodoro e Budoni), sono interessate da corpi alluvionali talvolta potenti più di 10m (Liscia, Padrogiano, San
Giovanni), con terrazzamenti di dubbio riferimento al Pleistocene superiore che inducono ad assegnare gran
parte di essi alla fase di onlap costiero posteriore all’ultimo Massimo Glaciale (cfr. Par.4.3.2).
Parimenti, come già accennato in 4.1.1, si parla assai spesso a torto di sedimenti alluvionali in senso stretto
postulandone la presenza, in particolare con riferimento ad Olbia, senza che tuttavia sia mai stato realmente
possibile rilevarli sul terreno emerso. In tal senso secondo criteri geologici, l’impiego del termine Piana
Alluvionale nella descrizione appare quanto meno discutibile e non verrà qui impiegato.
Infatti le coperture classiche della litostratigrafia di Olbia, sono essenzialmente riferibili ad una varietà di
litologie ascrivibili ai piani di accumulazione colluviale e in misura assai minore torrentizia. Questi ultimi ad
Olbia si rinvengono praticamente solo in settori attualmente sommersi o poco meno (per l’esattezza in
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corrispondenza del fronte degli scavi che ospitano il tunnel stradale, lungo il porto storico). A tale
subordinazione della sfera squisitamente torrentizia, fa eccezione la stratigrafia che si determina a Sud della
struttura di Punta Onica, ovvero entro la composita Pianura del Padrogiano. Quantunque, come detto non si
disponga in letteratura di alcuna autorevole conferma, l’assetto geomorfologico e i riscontri di terreno
suggeriscono accumuli talora superiori ai 10m.
Si vedano in seguito, per ogni bacino interessato da interventi, le illustrazioni delle sezioni geologiche più
rappresentative.
4.3
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA
Nella Sardegna settentrionale, l’interferenza dell’evoluzione morfoclimatica pleistocenica e olocenica sulla
componente geolitologica e sulle morfostrutture ereditate dagli avvicendamenti tettonici tardo terziari
(Strutturazione del Mar Tirreno), ha generato un quadro geomorfologico tanto singolare quanto composito. La
strutturazione tettonica terziaria del micro continente sardo-corso, è responsabile di un assetto
tradizionalmente definito da due Horst a sostrato paleozoico, coincidenti con la Nurra ad Ovest e la Gallura
ad Est, separati da una Fossa (Graben) colmata da vulcaniti e sedimenti terziari (Bacino del LogudoroAnglona) a dislocazione circa N-S. All’interno di tale fossa si delineano dal Miocene strutture d’impostazione
tettonica estensiva o transtensiva (“Corridoio di Monti”), ospitanti bacini laterali più interni, che non essendo
stati raggiunti dal dominio marittimo contengono coperture continentali costituite da sedimenti, vulcaniti e
vulcanoclastiti (“Bacino di Oschiri-Berchidda”). Il pilastro orientale, a litologie prevalentemente rocciose e
cristalline coincide, dunque, nella sua parte settentrionale, con la Gallura. Questa verrebbe definita da un
ideale quadrilatero (Fig. 1) circoscritto da due lati marittimi (Golfo Asinara-Bocche di Bonifacio e Mar Tirreno)
e due continentali (la valle del Coghinas a SW e il Corridoio di Monti a SE). Verso Sud Est può aggiungersi
(seconda taluni Autori), in ossequio alla presenza di frammenti di batolite intrusivo e di Metamorfiti di alto
grado, tutta una vasta regione compresa fra i Monti di Alà e le pendici Sudorientali del Monte Nieddu, sino al
promontorio costiero di Orvile (Posada). La Piana di Olbia, come vedremo, s’inserisce in questo contesto
come morfo-struttura derivante dall’evoluzione geodinamica tardo miocenica e pliocenica su cui si sovra
impongono gli effetti geomorfologici legati al glacio-eustatismo pleistocenico ed olocenico (cfr. Ria di Olbia).
Le coperture tardo paleozoiche sono piuttosto rare: le prime sono presenti solo nella Gallura Occidentale
(espansioni ignimbritiche permiane di Trinità d’Agultu-Bortigiadas; Punta Salici, 911m); quelle postpaleozoiche si rilevano in settori ben localizzati:
a. nella penisola di Capo Figari e sull’isola di Tavolara affiorano i conglomerati, i calcari e dolomie del
Giurassico
b. nel Bacino di Lu Colbu-Falzaggiu di Trinità d’Agultu affiorano conglomerati continentali e piroclastiti
del Miocene inferiore
c. nella penisola di Capo Testa (Santa Teresa Gallura) si ha l’unica testimonianza di terreni terziari
marini (Calcari e Calcareniti del Burdigaliano).
Le testimonianze del Pleistocene marino o eolico sono discontinue, rare e mal conservate lungo le coste, di
norma all’interno di anfratti costieri o zone in falesia meno soggette a processi erosivi marini (S. ta Teresa
Gallura-Santa Reparata; lato NW Isola di Molara; Costa di Arzachena-Canale delle Galere; Tavolara;
Molara). Esse in ogni caso si devono interpretare come relitti di coperture più vaste, in gran parte eoliche o di
versante (Tavolara). Relativamente più diffusi e voluminosi, si presentano i corpi alluvionali, talora terrazzati,
nelle piane costiere più “mature” (Riu Liscia; Riu San Giovanni; Riu Padrogiano e minori nella Piana di
Olbia). Tali formazioni, come acquiferi poco profondi a falda libera, svolgono, data la collocazione
fisiografica, una fondamentale funzione ecologica a sostegno degli ambienti di transizione; come volumi di
detriti poco addensati o sciolti, costituiscono un vasto stock a disposizione dell’azione erosiva che si espleta
lungo le sponde dei tratti terminali dei corsi d’acqua stessi.
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I detriti di versante, attribuibili quanto meno al tardo Pleistocene glaciale (Wurmiano Auct.), sono diffusi sui
rilievi più aspri come prodotto di movimenti gravitativi (frane), al giorno d’oggi stabilizzati per via naturale
(versante Nord di Tavolara) o più spesso sospesi e quiescenti (es: Monte Pino; settori di Punta Cugnana a
San Pantaleo)9.
Dal Pleistocene sono certamente più attivi i processi di degradazione fisica e chimica, diffusamente e
pervasivamente responsabili del fenomeno di arenizzazione sugli ammassi intrusivi basici ed è sempre da
attribuirsi al ritiro del livello marino, dell’Ultimo Massimo Glaciale (cfr. Par. 4.3.2) la genesi del Pediment (o
glacis di erosione) a cui è riferibile geomorfologicamente la Piana di Olbia. Solo nelle valli a maggior recapito
sedimentario si ha, dunque, evidenza di onlap costiero olocenico post glaciale, con relativamente spessii
depositi alluvionali.
4.3.1 Le reti idrografiche della Gallura nord-orientale
Se si esclude il settore Sud-Orientale, quasi tutta la rete idrografica gallurese si delinea in modo centrifugo dal
Monte Limbara (1362m) per lo più in ambiti montani o intramontani, sfruttando l’assetto a gradinata di tale
struttura asimmetrica in senso N-S, ovvero più acclive verso S (settore di Berchidda) che verso N (settore di
Tempio), ed i conseguenti differenziali orografici e clivo metrici (Fig.1). In tal modo, a Serre (che stanno ad
indicare situazioni con profilo montuoso a denti di sega; in gallurese Sarre) impervie si avvicendano spesso,
da monte a valle, altopiani denudati a quote ricorrenti, con dislivelli in media di circa 200 m. e bacini
intramontani. Di conseguenza, i differenziali morfologici più accentuati si osservano sul limite Ovest (Corridoio
- o Soglia di Monti, a seconda di quale sia la sezione di riferimento) fra Fossa terziaria logudorese (solco
vallivo a valle del lago del Coghinas) e Pilastro gallurese o fra questo ed i sub bacini periferici al Logudoro in
cui è scomposto il Pilastro in prismi. In ogni caso, benché il profilo altimetrico decresca verso Nord, NordNordEst ed Est, in tutta la regione gallurese, compreso il settore costiero, si conservano gradienti morfologici
estremamente elevati, fin quasi a lambire la linea di costa.
Ugualmente accentuati sono i differenziali altimetrici e clivometrici visibili al passaggio fra i rilievi e le piane
intramontane e quelle pedemontane, dove è collocato il settore d’indagine e di progetto. In tali contesti, di
conseguenza, le “pianure alluvionali” si limitano a frange particolarmente strette, di solo ambito pedemontano.
Ciò, per diverse predisponenti ragioni tettoniche.
In primo luogo l’eredità della deformazione rigida transtensiva miocenica; in secondo luogo le ridefinizioni
delle sue strutture a seguito della più recente strutturazione del margine tirrenico (Mio-pliocenica), peraltro
ancora sismicamente attivo10 che ha determinato una piattaforma continentale ad oggi esigua ed incisa da
canyon.
A tutto ciò deve sommarsi l’evidente eredità dei movimenti glacio-eustatici, in particolare l’attuale livello
marino mediterraneo (che, al netto di ipotesi di innalzamento medio di 1mm/anno, si considera relativamente
“stazionante” da non più di 3-4 ka), a partire dalle coste di sommersione a Rias. Tutte le suddette pianure
scontano, infatti, una certa immaturità geomorfologica per cui, il loro colmamento deve considerarsi processo
in corso per progradazione ed aggradazione dei sedimenti dell’onlap costiero. La sostanziale assenza di
terrazzamenti antichi ne sarebbe la conferma, assieme alla negatività delle quote dei tratti terminali di alcuni
Thalweg (quest’ultimo aspetto è apparso generalizzato all’intero territorio regionale, a seguito delle
informazioni topografiche assunte col PSFF-RAS).
Da tale punto di vista infatti si rileva quasi fino al limite costiero una pervasiva condizione erosiva dei bacini
idrografici che limita gli ambiti di trasferimento e deposizione proprio ai soli lembi di piana costiera (es.
Olbia; San Teodoro; Budoni) ed alle valli alluvionali di origine strutturale (Liscia, San Giovanni, Padrogiano-La
Castagna-Lerno) associate alle piane. Tutti questi ambiti fisiografici divengono in tal modo estremamente
predisposti alla pericolosità idraulica.
9
Di essi fornisce una prima testimonianza la cartografia geologica del PUC di Olbia.
L’attuale attività geodinamica sul lato orientale del Tirreno è responsabile della sismicità residua e relativamente maggiore della Sardegna Nord-Orientale,
rispetto al resto della Sardegna (cfr. Geologia).
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Per questo non deve meravigliare l’assenza o per meglio dire, la limitatezza di vere piane alluvionali
esplicitamente immature in termini geomorfologici, cioè con evidenze erosive e di trasporto . La Piana di Olbia
esprime in tal modo una chiara una depressione strutturale piuttosto deficitaria di riempimento sedimentario.
Questa configurazione, che interessa peraltro, dove più dove meno, tutta la Sardegna Orientale, deve
ritenersi di estrema rilevanza idrologica. Essa infatti testimonia di ringiovanimento del rilievo e, data la
limitatezza dei corridoi idrografici conseguente alla strutturazione tettonica in prismi, tende a generare fasce
pedemontane brevi sottendenti limitati bacini. I tempi di corrivazione sono conseguentemente molto bassi e
di solito nella realtà inferiori a quelli normalmente calcolati senza riferimento al contesto geomorfologico. E’ di
tutta evidenza, dunque, che l’assetto geomorfologico va a condizionare sia le portate (liquide e solide), sia le
velocità dei corsi d’acqua che scorrono in questo tipo di bacini.
I sistemi idrografici di Olbia ricadono esattamente in queste caratteristiche, sebbene morfometrie e patterns
loro e dei rispettivi sottobacini non siano omogenei (come si vedrà, ad esempio, il ramo del S’Eligheddu
denominato Riu l’Ua Niedda ha un pattern dissimile dal ramo denominato Riu Lu Caprolu).
Tale assetto trova una prima spiegazione parziale nella ridefinizione tettonica tardo miocenica e
pliocenica11, connesso con l’approfondimento del Mar Tirreno e nel postulato basculamento quaternario verso
NE dei prismi strutturali (o di una parte di essi) in cui è ritenuto essersi frammentato l’Horst orientale (tesi
questa che non trova molto accordo nel mondo scientifico).
Tali fenomeni hanno quindi prodotto, su di un sostrato sostanzialmente poco permeabile, una rete idrografica
ad elevata densità di drenaggio, defluente verso N ed E. Questa dà luogo, su scala regionale, ad un
drenaggio con patterns prevalentemente dendritici, sub-dendritici e, a scala di singolo bacino, talora
angolari che assecondano e ricalcano il caratteristico reticolato di faglie e fratture sovrimposte sul sostrato
roccioso cristallino e che ne sottolineano la scarsa o scarsissima permeabilità primaria. Verso N ed E, tale
rete é tributaria in gran parte del sistema Carana-Liscia (e del relativo lago artificiale: diga del Liscia), verso W
e verso S, del Coghinas (e relativi invasi: diga di Muzzone e diga di Casteldoria). A SW di Badesi e di Trinità
d’Agultu, drena bacini esigui, impostati fra i margini della piattaforma ignimbritica permiana e i sottostanti
terreni granitici, più occidentali. Subordinate e più periferiche idrografie, defluiscono verso N; fra esse le più
importanti sono quelle relative al Riu di Vignola (Riu Turrali) e al Riu San Giovanni di Arzachena (Riu Toltu).
Quest’ultimo, che com’è noto, per un consistente tratto interessa il territorio di Olbia ed è stato investito
dall’alluvione del 18/11/2013, è per buona parte impostato lungo un corridoio strutturale che si diparte a NW
di Olbia ricoperto da importanti coltri alluvionali per cui l’alveo non è confinato.
Lungo l’area costiera marginale esposta ad E, la rete idrografica è articolata in bacini tendenzialmente
allungati con asse NNW-SSE, di modesta superficie, a pendenza relativamente alta, nel complesso ben
gerarchizzati in rapporto all’estensione, con chiare evidenze erosive (ed altrettante propensione al trasporto
con gli eventi intensi) sino al bordo della piana. Qui, solo a qualche centinaio di metri dalla linea di costa, si
rilevano tendenze al riempimento con presenza di cordoni litoranei e relativi stagni retrostanti. Queste
strutture fungono da bacini di laminazione delle piene e possono entrare direttamente in contatto col mare,
con conseguente rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità fenomenologica fluviale o marittima.
I corsi d’acqua più importanti in tali tratti terminali, presentano tutti tendenze alla diversione mentre i rami
minori eventualmente dislocati in prossimità delle foci sono tutti a bassa gerarchizzazione e spesso non
dispongono di alveo inciso.
Il sistema idrografico più rilevante presente in questa regione, è quello che al termine viene chiamato Riu
Padrogiano nel territorio di Olbia. La sua genesi è anch’essa in relazione al baricentro idrografico regionale
del Monte Limbara. Infatti da qui in direzione ESE, si dirama l’ importante sottosistema idrografico del Riu
Taroni-Riu S. Simone; tributario a pochi chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano. Verso il Padrogiano
recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu Castagna-Riu de su Piricone), proveniente dal Monte Nieddu (970 m),
al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò (a W) e Baronia (a S), nei territori fra Padru, San
Teodoro e Budoni.
11
L’attuale attività geodinamica sul lato orientale del Tirreno è responsabile della sismicità residua e relativamente maggiore della Sardegna Nord-Orientale,
rispetto al resto della Sardegna (cfr. Sismicità).
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Fig.3 - Schema Idrografico della Gallura tratto da M. Dore, G. Ghiglieri & G. Tilocca, Prime considerazioni sul dissesto idrogeologico della Gallura (NE Sardegna,
Italia). Congrès international Environnement et Identité en Méditerranée, Corte-Corsica 2002 ; p. 45-55 (2002)
Il Riu Padrogiano termina con foce a delta nella Rada di Olbia nella quale si riversano periodicamente
abbondanti torbide fluviali. Essa, anche per tale ragione e contrariamente a quanto si ritiene, non costituisce
affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o geomorfologicamente in equilibrio. Semmai,
possiede i connotati naturali di una incipiente laguna (pre-laguna) che necessita di periodici interventi umani
in corrispondenza della “bocca”, per garantire, malgrado le tendenze all’insabbiamento, la funzionalità della
navigazione (vedi Par. 9).
All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu, il Riu S. Nicola entrambi
abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo scorso, il Riu Gialdinu (altrimenti
noto nel centro urbano come Canale Zozò), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone, deviati
e “sistemati” con rettificazioni in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine,
alcuni compluvi minori con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo
Sacro.
Ancora, sempre a Sud di Olbia, si dipartono, dal Monte Nieddu verso E, le reti dendritiche del Riu San
Teodoro e del Riu di Budoni, anch’esse definite su profili ad alto gradiente, in contesti poco o per nulla
permeabili, salvo che per fratturazione, e con deflussi terminali su piane costiere poco sviluppate, confluenti
non a caso ancora una volta, su aree lagunari.
Dalla configurazione descritta trae, dunque, origine la parte naturale dell’assetto che caratterizza gli ambienti
connessi al demanio marittimo, in particolar modo quelli delle spiagge. Premesso lo strutturale stato di
debolezza del budget sedimentario a disposizione delle celle sedimentarie marittime ad esse sottese, il
naturale ripascimento viene garantito, oggi per lo più solo attraverso il meccanismo delle massime piene e
delle conseguenti lacerazioni del cordone litoraneo, ove presente. Alla re-distribuzione dei sedimenti fini
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(sabbie e limi) recapitati dal deflusso fluviale sul litorale, partecipano subordinatamente deflazione eolica o,
ancor più di rado, le onde di tempesta.
Nello specifico della rada di Olbia, la morfodinamica dei sedimenti è soggetta certamente all’influenza del
flusso idrico fluviale (quindi delle portate idriche e solide), dei flussi generati dalle ampie escursioni di marea
sigiziale (con 0,60 m sarebbero le più ampie in Sardegna, secondo Spano & Pinna,1956) e dalle correnti
tangenziali che si creano, come conseguenza dei moti ondosi in funzione della geometria e della batimetria
non naturale del paraggio. Gli apporti dei torrenti sulla rada in ogni caso generano ostruzioni strutturali. Come
si vedrà nel seguito, oltre all’evidenza del Padrogiano, tanto la foce del S’Eligheddu, quanto quelle del Cabu
Abbas e del Padredduri-Balidone erano morfologicamente definibili a delta, a riprova della prevalenza
dell’effetto morfodnamico fluviale legato ai sedimenti trasportati, su quello marittimo. Nella sostanza
complessivamente la Laguna di Olbia tende ad insabbiarsi e dunque questo aspetto acuisce la pericolosità
stessa dei torrenti poiché generando ostruzioni, determina foci periodicamente non funzionali allo smaltimento
delle portate di piena. Va tuttavia osservato che, di contro, la generazione di bassifondi sull’area portuale
esercita un’ulteriore dissipazione del frangimento. Per cui gli effetti del sovralzo del livello del mare
(combinazioni possibili di Marea astronomica, Dislivello barico, Sovralzo dovuto al vento-Wind setup,
Sovralzo d’onda-Wave setup, Sovralzo di Tempesta-Storm surge, Risalita lungo la battigia-Run up etc)
vengono assommati nello specifico paraggio a circa 1m (cfr. PSFF), misura che ha avuto riscontro durante
l’evento del 18 Novembre 2013.
4.3.2 Approfondimento geomorfologico delle condizioni al contorno
Una seconda spiegazione dell’assetto geomorfologico della Gallura costiera, in cui s’inserisce il caso di
Olbia, è data dagli effetti delle variazioni glacio-eustatiche Pleistoceniche ed oloceniche. Infatti quando il
sostrato roccioso intercetta il livello del mare, dà luogo ad una linea di costa a Rias.
Le coste a Rias della Gallura documentano di testate di valli fluviali in gran parte incise secondo allineamenti
strutturali, sovraescavatisi col ritiro del livello marino durante glaciazione wurmiana fino a massimo (Last
Glacial Maximum = LGM ; circa 20ka) di -125m/135m dal l.m.m. attuale (Fig 2) .
In generale si ammette che ai vari stadi di stazionamento del ritiro wurmiano (70.000 y b.p. - 19000 y b.p.),
tramite gli apporti continentali (onlap costiero), si siano generati ambienti con prodotti sedimentari di genesi
sia marina (Beach rocks) che continentale (alluvioni ed eolianiti) che, durante gli stadi di risalita olocenica del
livello glacio-eustatico, hanno costituito gli stocks di volta in volta rielaborati dai cicli di erosione e
deposizione, per svariate generazioni di sedimenti. Taluni di tali corpi sono pertanto posizionati in forma relitta
sotto il livello del mare o possono affiorare sporadicamente o continuativamente (e con spessori significativi) a
seconda dell’importanza della valle fluviale che li ha generati12.
In questo modo tali processi, la cui ciclicità è oggi ammessa anche nell’Olocene, al termine della risalita
olocenica del mare (3 Ka) hanno reso possibile all’interno di tali testate sommerse, l’impostazione di vari tratti
ghiaiosi e sabbiosi (barre litoranee, progressivamente evolutesi) i quali, sarebbero progressivamente emersi
in forma di cordoni sabbiosi determinando, quindi, l’edificazione delle spiagge ai margini interni delle
insenature, in altri termini le Pocket beach, isolando lagune e conche stagnali retrostanti che
progressivamente vengono colmate dalle foci dei corsi d’acqua.
Si ricorda che già Spano & Pinna (1956), citando il Portolano della Sardegna dell’Ammiraglio Albini del 1842,
sottolineavano per Olbia la scarsa profondità (“poco più di un metro e mezzo sotto il pelo d’acqua”) del
“canale di accesso all’insenatura interna” (Pag. 54 op. cit.), segnalando implicitamente la presenza di una
bocca di laguna con manifesta tendenza all’insabbiamento precoce ad opera della pro gradazione del delta
del Padrogiano.
LepPocket beach, quindi, costituiscono in larga misura, la risultante morfo-strutturale costiera della
interazione fra:
12
Questa circostanza è alla base del fatto che nella Piana di Olbia, i corpi alluvionali siano limitati alla foce del Seligheddu o siano sommersi, mentre poco a Sud
costituiscano una parte piuttosto rilevante della Piana del Riu Padrogiano, corso d’acqua le cui caratteristiche idrologiche e sedimentologiche autorizzano ad
ammettere lo spostamento della foce verso Nord a causa del sovralluvionamento del tronco di Olevà a monte della Laguna delle Tartanelle (cfr.
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fratturazione tettonica del sostrato litologico che ha guidato il deflusso idrico delle acque
continentali e, conseguentemente, degli apporti sedimentari (attualmente cessati o meno),
evoluzione eustatica e deposizionale pleistocenica,
attuale configurazione dei moti ondosi e dei vettori derivati.
Fig. 4- Stima dei Livelli Relativi del mare fra Pleistocene e Olocene,
Oltre alla struttura a gradinata, la diffusione di valli sovraescavate e la creazione di pocket beach, l’effetto
geomorfologico più caratteristico e noto sul paesaggio granitico continentale della Gallura è attualmente dato
dalla larga diffusione di rilievi residuali (Inselberg e Tor; “Cataste di blocchi” della cartografia PUC) e dei
prodotti secondari ad essi associati (Boulders e Corestones), con paesaggi rocciosi a Serre (profilo a denti
di sega) o a Inselberg e Tor. Tutti questi elementi derivano da masse evolutesi in condizioni morfoclimatiche
diverse da quelle odierne, sulle quali, si sono impostate, certamente in condizioni di clima periglaciale e
sfruttando i giunti di fratturazione, altrettanto diffuse franosità da crollo che oggi si manifestano come
fenomeni per lo più relitti o naturalmente stabilizzati (Pietre Ballerine Auct.)sui versanti più acclivi e/o elevati. I
processi di denudamento di tale contesto sono, in sostanza geologicamente recenti e destinati a perdurare
nel lungo tempo.
Riassumendo la rete idrografica della Gallura, di cui quella di Olbia fa parte a pieno titolo, ha un comune
denominatore nelle seguenti circostanze:
1. spartiacque principali (o della rete principale) molto definiti su livelli altimetrici in gran parte prossimi e
talvolta superiori ai 1000m, contrassegnati anche da cornici rocciose verticali o comunque da differenziali
morfologici aspri (ad es. M.te Limbara; M.te Nieddu, o rispetto al bacino di Olbia, il M.te Pinu), soprattutto
se impostati su sostrato granitoide,
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2.
bacini idrografici poco permeabili o impermeabili per via primaria ma permeabili per fratturazione e per
porosità secondaria da arenizzazione;
3. bacini idrografici condizionati sia sul piano clivo-altimetrico, che sul quello litologico (alterazioni degli
ammassi in coltri di arenizzazione) dalla frammentazione tettonica;
4. bacini idrografici principali con gradienti clivometrici elevati e tendenza a configurazioni a gradinata, in
condizioni di prevalente erosione nel bilancio geomorfologico, fin quasi alla linea di costa,
5. prolungati tratti a valli incassate anche nelle reti minori;
6. alvei con profilo di equilibrio instabile;
7. alvei soggetti per la gran parte a fenomeni di erosione e trasporto quasi fino al mare; eventualità questa,
sia ben chiaro, non connessa ai deflussi ordinari ma che si esplica solo concomitantemente ad eventi
intensi, ed è funzione dell’articolazione litologica, e del livello di alterazione del sostrato roccioso;
8. aree di transizione all’ambiente marittimo-litorale, che ereditano configurazioni disomogenee dal quadro
evolutivo pleistocenico e olocenico, generalmente con limitati spazi a disposizione per i processi di
deflusso, il cui bilancio morfo-sedimentologico genera sedimentazione e colmamento per sensibile
caduta di pendenza ed energia cinetica (“capacità di trasporto”) solo in prossimità della costa (a scala
locale, vi rientrano tutti i punti della rete idrografica contrassegnati, a seconda della portata, da riduzione
repentina del gradienti clivometrici, da aumento della scabrezza e/o da incongruità degli interventi
artificiali).
9. un settore litoraneo dominato da coste di sommersione a Rias, ovvero valli fluviali escavate nel
Pleistocene superiore e progressivamente “affogate” dalla risalita eustatica olocenica, con modesti corpi
alluvionali, interposti fra area montana e linea di costa, oppure limitati agli ambiti vallivi principali, ai tratti
intramontani planari, attualmente per lo più reincisi, o come nel caso di Olbia, da corpi alluvionali
attualmente ai limiti della linea di costa (S’Eligheddu);
10. molteplici aree stagnali costiere minute e più rare condizioni Lagunari, fra le quali la più rilevante è senza
dubbio quella di Olbia, anche al netto delle sue profonde alterazioni di origine antropica;
11. Valli fluviali principali a più o meno esplicito controllo strutturale e alimentate da contributi solidi niente
affatto modesti in rapporto all’ampiezza dei bacini stessi;
A tale quadro si aggiunge che, stante l’assetto geolitologico, orografico e strutturale:
 sono innumerevoli le idrografie torrentizie, anche a bassa gerarchizzazione, che sfociano a mare
contrassegnate da tempi di corrivazione che durante gli eventi intensi, si rivelano sistematicamente
più bassi di quelli calcolabili con le tradizionali formulazioni;
 numerose idrografie sono associate a esposizioni orientali sia dei bacini che delle foci e dunque sono
strettamente connesse con eventi pluviometrici intensi e con difficoltà di deflusso alla foce per ondazione
contrapposta;
 la Piana costiera di Olbia13 sottendente la Laguna (esclusa quindi la valle del Padrogiano) detiene
caratteri geomorfologici piuttosto singolari e tali da renderla interpretabile come un Glacis di erosione
piuttosto che ad una Piana alluvionale in s.s..
5.
SINTESI GEOLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELLA PIANA
COSTIERA DI OLBIA
Di seguito si definisce Piana di Olbia la depressione strutturale delimitata da lineamenti tettonici di genesi
ercinica interessati da riattivazione nel Miocene superiore a seguito dell’avvio della tettonica che struttura il
Mar Tirreno. Tale bacino strutturale non ospita tuttavia sedimenti terziari dal momento che il suo
abbassamento è relativo ed a livelli superiori a quelli raggiunti dal mare Serravalliano-Tortoniano, bensì è
interessata da presenza di solo basamento granitoide, secondo varie litofacies, eroso e sovraescavato nel
13 Intendendo con ciò la struttura compresa fra spartiacque e linea di costa.
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corso dell’ultima glaciazione del Pleistocene superiore. Attualmente, contrariamente alla limitrofa e più
meridionale Piana del Padrogiano14, vera e propria piana alluvionale a valle di un relativamente ampio
sistema pedemontano, non si rinvengono al suo interno corpi alluvionali terrazzati. Di recente (1999-2000),
gli scavi del tunnel portuale, ai limiti dell’area sommersa e per alcuni metri in quote negative, hanno
attraversato relativamente potenti corpi alluvionali di epoca storica che individuano e confermano la ciclicità
climatica nell’Olocene.
5.1
QUADRO GEOLOGICO
5.1.1 Geolitologia del basamento cristallino
L’area circostante la città di Olbia è pienamente caratterizzata da un sostrato geolitologico in rocce granitoidi
più o meno fratturate ed alterate in superficie in funzione dei differenziali di chimismo, delle tessiture e
dell’assetto tettonico e geomeccanico. Nel settore di monte a W e NW (Campo di Pino), prevalgono i corpi
litoidi delle masse granitoidi, più o meno dissestate per crolli per lo più antichi, più o meno stabilizzati o con
alterazioni più o meno profonde, con spessori variabili da 1-2 m nell’area pedemontana fino anche a 6-8 m
lungo i versanti a quote intermedie (200-400m). Solo a N (M.Te Plebi-M.te Su Aspro) e al margine esterno
NE (Sa Testa-Pittulongu-Suiles), stratigraficamente sottostanti le masse granitiche, ma da queste
attraversate, si rilevano caratteristici corpi migmatitici, in prevalenza Diatessiti e Gneiss o prodotti di contatto
lungo costa (Cala Saccaia-Isola della Bocca-Caprile -Bados-Sos Aranzos).
Lungo i versanti rocciosi a granitoidi a forte pendenza (> 100%) delimitanti gli spartiacque dei corsi d’acqua
che la interessano e quindi periferici anche per l’area extraurbana di Olbia (Monte Pino) si possono rilevare
dunque aree con coperture detritiche a caratteristici blocchi sparsi, il cui stato di stabilità è sollecitato
soprattutto in caso di piogge intense e il cui assetto lungo i compluvi e i canaloni più scoscesi,
particolarmente in caso di presenza a monte di (relativamente) antiche Colate di Blocchi (Block Streams),
può essere favorevole a fenomeni afferenti alla casistica delle Colate Detritiche (Debris Flow).
Su di un piano generale le condizioni geolitologiche in affioramento dell’area del tessuto urbano e di quello
extraurbano della Piana Costiera sono contrassegnate dalla presenza di un sostrato a granitoidi che può
articolarsi in 4 litofacies, non sempre presenti in forma contigua ed organica come sintetizzato in Fig. 6, a
cui si aggiungono i terreni di riporto delle colmate funzionali alle bonifiche di inizio sec. XX (cfr.A07).
Nel complesso, ai fini dello studio si richiama fin da ora l’attenzione anche sui corpi detritici di risulta
rinvenibili un po’ ovunque al di sotto delle aree edificate, per spessori che possono variare da 0,5-0,8m a 1,52,0m i quali possono giocare un ruolo né irrilevante né trascurabile nella dinamica sia delle esondazioni
(condizionando morfologicamente traiettorie locali e dunque i tiranti idrici) che degli allagamenti finendo per
cagionare aree favorevoli al più lento drenaggio sotterraneo.
Di seguito se ne fornisce uno schema in sintesi secondo un’ideale sequenzialità a partire dalla condizione
originaria sino a quella più evoluta:
1. Ammasso Roccioso in senso stretto, di solito in corrispondenza di rialzi morfologici, ovvero piccole
alture isolate (relitti di Tor), contrassegnate da più sistemi di discontinuità persistenti e a spaziatura da
larga a molto larga , talora diaclasate ma con manifesta condizione di solidità e competenza;
2. Ammasso roccioso con numerose famiglie di discontinuità e pervasive alterazioni delle superfici
che ne indeboliscono le caratteristiche litotecniche fino al punto da generare stagionali scivolamenti di
cunei che degenerano in accumuli di pietrame al piede del pendio;
3. Ammasso roccioso contornato da discontinue plaghe di arenizzazione ovvero volumi dello stesso
ammasso che hanno subito processi più o meno spinti e più o meno pervasivi di alterazione chimico14 Come vedremo La Piana del Padrogiano interessa una struttura tettonica diversa, tanto che appena a Sud a S e SE del centro abitato, sul lato meridionale del
Porto di Olbia, al di sopra del sostrato granitoide sono ben sviluppati con potenze di diversi metri (fino a 25 m; Vardabasso, 1955) depositi alluvionali conglomeratici
olocenici terrazzati che, sul delta del Riu Padrogiano, lasciano il posto a ghiaie, sabbie, torbe e limi bituminosi.
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fisica e comunque tali da condizionare i caratteri litotecnici. Di norma, in questi casi, l’arenizzazione è
poco profonda (1-2m) e assai discontinua ma in caso di saturazione e in condizioni attive di pendenza
(fronti naturali o escavi con inclinazione >40°) sistematici fenomeni assimilabili a Soil slip o più di rado
(in aree di monte) a colate di detrito di esiguo sviluppo;
4. Coltre di arenizzazione più o meno continua o granito arenizzato latu sensu, ovvero coperture eluviali
di aree parzialmente erose dei pendii o dei bassi morfologici, spesse anche diversi metri sui fianchi delle
colline (presenti nel settore in esame extraurbano; a spessore decrescente verso l’area urbana), sulle
cui superfici esposte possono determinarsi fenomeni di ruscellamento, mentre sui tagli e sulle trincee in
caso di saturazione si generano stagionalmente fluidificazioni superficiali.
Fig. 5 - Stralcio da Carta geologica d’Italia in scala 1:100.000, F° 182 –Olbia
Legenda
qd: discariche portuali. Olocene
qp: Depositi salamastri di lagune
temporanee. Formazione deltizia Oloc.
dt: Detrito di falda, conoidi di deiezione,
suoli detritici, suoli colluviali. Olocene
f: Alluvioni attuali e recenti talora
terrazzate e parzialmente cementate.
Olocene
δf: Filoni di composizione da dacitica a
basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti,
camptoniti) con termini di transizione alla
serie dacite-basalto. Carbonif. Sup.Permiano.
Υ: Graniti grigio-rosati, biotitici,
localmente passanti a granodioriti, in
genere a grana eterogenea con
prevalenza di componenti di dimensioni
medio-grossolane, talora contenenti scie
ricche di biotite ed inclusi di varia natura.
Carbonif. Sup.- Permiano.
Υi:graniti minuti a grana media, rosei o
raramente grigi, a sola biotite o a due
miche, spesso a tendenza aplitica,
localmente un po’ porfirici, in masse a
contorni per lo più sfumati ; Carbonif.
Sup.- Permiano.
g: Gneiss occhiadini, listati, zonati, a
composizione granitica, granodioritica, e
quarzo-dioritica, ad una o due miche;
migmatiti prevalentemente arteritiche.
Rari noduli cornubianitici per lo più a
contatto con i Graniti di Gallura. Precambriano ?
Corridoi principali di faglie
Nella realtà tale ideale sequenza, dove gli ammassi di cui al punto 1 sono, in verità rari da riscontrare, non
mostra soluzioni di continuità vere e proprie se non alla scala del singolo affioramento, secondo un dettaglio
non cartografabile sinotticamente ma solo caso per caso. Tuttavia è altrettanto chiaro che sussista una
correlazione fra forme e litologie. Ciò in quanto l’articolazione morfologico-altimetrica dei luoghi ricalca un
assetto geolitologico che, a sua volta, è parzialmente derivante dall’evoluzione geomorfologica. Infatti le aree
più distali (cioè quelle lontane dallo spartiacque) della Piana di Olbia, sono di per sé il risultato di una sovra
escavazione Pleistocenica a discapito principalmente delle coltri arenizzate, che invece si conservano “a
mezza costa” e la loro condizione di colmamento attuale è palesemente immatura (geologicamente è un
fenomeno in atto che si evince anche dalle tendenze all’interrimento della laguna; ciò spiega l’estrema
rarefazione di corpi alluvionali antichi in affioramento) e si limita al solo settore sepolto e sommerso
ricadente a valle del contorno di foce del Riu Seligheddu (cfr. dove vere alluvioni ciottolose fluviali sono state
riscontrate negli scavi del tunnel nell’area del porto e sono stati segnalati per la prima volta nel 2003 [76].
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6
5
4
3
6 Alluvioni e fanghi di ambiente fluvio-lagunare (0,2-1,0m)
5 Detriti di versante 0.50-2,0m (variabile)
4 Complesso granitoide ercinico del tutto
arenizzato (0.50-6,0m) (variabile)
Olocene-Attuale
Coltre eluviale
[dal Pleistocene]
3 Complesso granitoide ercinico parzialmente
arenizzato (0.50-2,0m) (variabile)
2
2
Complesso
granitoide
ercinico,
a
Monzograniti molto fratturati e
fessurati (radicato)
Complesso granitoide del
Carbonifero-Permiano,
a
prevalenti
Monzograniti
porfirici in ammassi rocciosi.
Con filoni accessori. Radicato
in profondità.
1
1
Complesso
granitoide
ercinico,
a
Monzograniti porfirici integri o
poco fessurati (radicato)
Fig. 6 - Schema litostratigrafico generale
5.1.2 Geologia e Geomorfologia del processo di arenizzazione
Ai fini dell’inquadramento geomorfologico della Piana di Olbia e della definizione dei suoi comportamenti
idrogeologici appare piuttosto importante inquadrare il tema dell’arenizzazione e della conseguente
formazione di detriti sulle superfici di deflusso del sostrato granitoide. Il processo di arenizzazione è
responsabile della maturità del paesaggio appena retrostante il tessuto urbano di Olbia a cui, al contrario si
contrappone, a dispetto delle quote relativamente pronunciate e comunque inferiori ai 700m s.l.m.), l’asprezza
e l’immaturità del rilievo appena retrostante l’area pedemontana.
In generale, come si vedrà meglio più avanti, le condizioni di arenizzazione che si documentano nel contesto
degli ammassi granitoidi appaiono non disgiunte da quelle geomorfologiche, in quanto nelle culminazioni
orografiche, di norma, la roccia è nuda, assume forme a Tor prive di coltri detritiche o al più con Boulders
residuali, a testimonianza sia di una maggiore integrità litotecnica (fisico-mineralogica) che di un
verosimilmente più spinto stato di denudamento da erosione.
In tali casi la roccia si presenta con una maggiore integrità in generale con RQD buoni (80) e localmente
eccellenti, dal momento che si rinvengono blocchi o prismi selezionati da spaziature maggiori e risparmiati in
ragione delle migliori qualità geo-meccaniche e con n. di giunti per m3 (Jv) compreso fra 5 e 6. Tali prismi si
selezionano, infatti, in funzione della strutturazione tettonica e, di conseguenza, delle caratteristiche
geometriche dei sistemi di fratturazione e fessurazione sulle quali l’acqua agisce sia su scala macro che
microscopica, secondo lo schema concettuale col quale s’illustrerà il fenomeno dell’arenizzazione delle
litologie intrusive.
Se nelle culminazioni del rilievo la roccia è nuda e talora priva di vegetazione, anche come conseguenza del
diboscamento, delle condizioni di pendenza e della reiterazione degli incendi estivi, lungo i versanti
permangano aree contrassegnate da coltri di arenizzazione del sostrato e possono aversi accumuli residuali
di blocchi derivanti da ammassi diaclasati e persino antiche frane stabilizzate naturalmente o quiescenti
(Monte Pino) o talvolta, altrove, in parte relitte. Queste ultime possono concentrarsi alla base di dette aree di
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culminazione dove solitamente sono poco rilevabili in caso di presenza boschiva oppure si rinvengono
disperse per rotolamento ai piedi dei versanti. Alle coltri di arenizzazione corrispondono in ogni caso le
maggiori estensioni di manto boschivo o a macchia che peraltro determinano condizioni di Feed back che
contribuiscono a stabilizzarle (es.: M.te Pinu).
L’area d’indagine, per la gran parte dall’evidente carattere erosivo, appare interessata da spessori di
arenizzazione metrici e plurimetrici. Il più delle volte le fasce di arenizzazione hanno potenze molto irregolari,
potendo risultare di qualche decimetro e spingersi fino a 10m e oltre in alcuni settori al passaggio con la
collina. Di solito ciò nel settore di Olbia è rilevabile sulle parti più basse dei versanti (San Vittore), dove le
stesse possono essere ricoperte anche da esigui conoidi o dove in genere può apprezzarsi
l’approfondimento del regolite. La disponibilità di acqua e di acidi organici all’interno di questo inducono per
attacco chimico lo sgretolamento granulare.
Fig.7- Litofacies granitoide n.2. (della Fig. 6).Trincea 250m a SE svincolo per Nuovo Ospedale.
Bacino del Riu deTannaule
A Ad ogni modo, poiché le coltri arenizzate si generano a partire dalla superficie esposta, si trovano sempre
in posizione stratimetrica superiore rispetto ai loro corrispettivi ammassi rocciosi e mai al di sotto di volumi di
roccia. Questi ultimi possono al più costituirne dei nuclei più interni o collocati più in basso (Fig. 6) A meno
di nette e particolari discontinuità tettoniche, appare difficile riscontrare reali soluzioni di continuità laterali o
verticali15 nelle varie casistiche della degradazione (Fratturazione-Alterazione-Regolite), essendo il
passaggio spaziale fra i vari fenomeni costituito da vaste aree a Corestones (masse in blocchi
apparentemente più integri e distinguibili secondo geometrie prismatiche più o meno arrotondate ai vertici,
che risultano contornate da sacche di arenizzazione in modo da generare una tessitura pseudoclastica), il
cui risultato terminale, posteriore all’allontanamento dei sabbioni, è la formazione di innumerevoli Tor e
l’accumulo residuale di Boulders (in gergo “Pietre Ballerine”). Queste ultime forme, rappresentano l’eredità
ultima di un’evoluzione che ha comportato una strutturale condizione di blando dissesto geomorfologico
naturale consistente nella diffusione di relitti morfologici di versante stabilizzati o meno, i quali costituiscono
di solito gli elementi di maggior pregio del paesaggio geologico della Gallura sia interna che costiera.
15
Ragione per cui non esiste oggi una sola carta geologica ufficiale che distingua sistematicamente le tipologie delle alterazioni delle litofacies.
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Detto fenomeno ha in definitiva nell’assetto strutturale della roccia le sue cause predisponenti per cui
considerando anche il degrado termico superficiale16, deve considerarsi sia fisico che e chimico-mineralogico
e diviene progressivamente più pervasivo con l’infiltrazione dell’acqua, la quale concorre ad amplificare i
processi di alterazione dei termini litologici (Idrolisi; Ossido/Riduzione). Per tale ragione le coltri di
arenizzazione danno luogo ad acquiferi permeabili per porosità secondaria, con circolazioni e portate solo di
rado apprezzabilmente significative.
SE
NW
Intersezione Idrografia
Fig. 8 - Profilo litologico schematico del sostrato granitoide nella Piana di Olbia. La legenda è la stessa della Fig.6
Lo schema seguente dà conto del fenomeno di arenizzazione ed è illustrato soprattutto con l’intento di porre
in evidenza la varietà della casistica da cui traggono e possono trarre origine i volumi solidi degli alvei ed i
suoi legami con la più controversa questione della pericolosità idrogeologica naturale del territorio gallurese.
Di seguito si illustrano in termini schematici le varie fasi che compongono il processo di degrado fisicochimico di un ammasso roccioso granitoide primigenio per sfruttamento del sistema dei giunti da parte dei
processi atmosferici, noto come arenizzazione:
I)
Fasi predisponenti di Tettonizzazione che sovrimpongono alle discontinuità associate alla
sequenza di raffreddamento dei corpi magmatici, ulteriori sistemi di discontinuità strutturali
variamente ma non casualmente orientati in funzione delle cinematiche;
II)
L’ammasso roccioso subisce una deformazione rigida con rottura in segmenti e prismi secondo
più ordini di giunti, con caratteri geometrici, di pervasività e spaziatura disomogenei ma, di norma
definiti da una rete di discontinuità il cui inviluppo è sede preferenziale di inneschi dei
comportamenti di cui ai successivi punti;
III)
Sviluppo di progressiva permeabilità per fessurazione;
IV)
Penetrazione di acque. Contatto con acque d’infiltrazione superficiale, a partire dai livelli meno
profondi;
V)
Degrado ed alterazioni superficiali sulla componente dei minerali silicati per idrolisi e ossidazione;
VI)
Incremento della infiltrazione e della circolazione d’acqua;
VII)
Ulteriore approfondimento di fenomeni di alterazione per idrolisi, a partire dai costituenti basici
silicatici e da quelli feldspatici (2NaAlSi3O8), più rapidi se in ambiente morfoclimatico caldo-umido;
16
Nell’azione di sgretolamento dell’ammasso roccioso l’attacco chimico è sollecitato dalla disponibilità idrica e dalla presenza di acidi organici mentre alla parte
fisica del processo non dovrebbe essere considerato estraneo il ruolo del congelamento in un contesto cronologico periglaciale (quanto meno nel Pleistocene
superiore). Il modello schematizzato nelle pagine seguenti è, in ogni caso, fortemente influenzato dall’assetto strutturale a meso e micro-scala.
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VIII)
IX)
X)
XI)
XII)
XIII)
XIV)
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Prosecuzione dell’alterazione e innesco di un più generale e pervasivo fenomeno di
Arenizzazione dalla superficie esterna verso l’interno (Fig. 9), con contemporanei fenomeni di
ferrettizzazione per ossidazione del Fe2+ della biotite in Fe3+ e formazione di goethite;
Estensione ed approfondimento dell’arenizzazione con efficacia diversa a seconda delle
geometrie, della persistenza dei piani di taglio, dei tipi petrografici interessati, degli afflussi
pluviometrici, della temperatura e delle sue variazioni;
Formazione di Corestones nel regolite (Figg. 9,11,12), a partire dai prismi fratturati in più ordini di
giunti; si tratta di litofacies ad alterazione evoluta non completa o ad uno stadio intermedio che dà
luogo ad un ammasso suddiviso in affioramento in prismi di dimensioni varie a sezione da
romboidale a quadrangolare, con vertici arrotondati secondo una geometria a graticcio, con
elementi più o meno integri separati o contornati da superfici arenizzate;
Progressiva rimozione/erosione (o distacco) del sabbione di arenizzazione contornante i blocchi
integri ed accumulo successivo di massi, blocchi o clasti di materiale roccioso sui bordi
(Formazione di Boulders; “Pietre Ballerine” Auct.);
Asportazione totale del contorno arenizzato e totale esumazione delle parti integre;
Generazione di Rilievi residuali con tipiche morfologie (Tor in primo luogo; Inselberg
subordinatamente; es: Pedres presso Olbia);
Eventuale rimodellamento dei rilievi residuali, con formazione al loro piede di accumuli di frana per
crollo di blocchi ciclopici; tali frane si stabilizzano in funzione delle dimensioni dei massi,
dell’acclività originaria del versante e della colonizzazione vegetale, ma porzioni di essa possono
dare luogo per tempi di ritorno centenari a distacchi limitati in funzione del progressivo degrado
fisico.
L
Fig. 9 - Litofacies arenizzata di tipo 4 con nucleo meno alterato tipo 3. Trincea
Circonvallazione.a Sud Est di viadotto Pasana 2
Resta il fatto che il prodotto finale dell’alterazione e dell’arenizzazione, più simile ad un’arenaria grossolana
semicoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato,
potente da pochi decimetri fino anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta
capacità ed ospitare una falda libera con portate, comunque, sempre molto limitate (tendenti ad abbassarsi o
a cessare nel periodo estivo), in ogni caso sostenute dal sistema di fratturazione della massa granitica
sottostante o circostante.
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Fig. 10 - Litofacies arenizzate n.3 e 4 passanti verso monte a litofacies 2 erose in superficie a
seguito della demolizione della protezione in cemento della sponda Dx. Riu Seligheddu a valle
ponte di via V. Veneto (immagine del 22/11/2013; attualmente la sponda Dx risulta sistemata con
un intervento di manutenzione straordinaria)..
Riassumendo, i connotati geologici e geomorfologici più importanti ai fini della discussione sulla pericolosità
idrogeologica naturale del territorio di Olbia non sono dissimili da quelli di altre aree costiere della Sardegna
orientale. Essi sono i seguenti:
1. Basamento geolitologico poco permeabile;
2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore circostante lo spazio urbano
alti gradienti clivo metrici (circa 100 m s.l.m.);
3. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo;
4. Scarso sviluppo della pianura costiera;
5. Bacino ed asse vallivo della piana impostato, lungo direttrici tettoniche
6. Presenza di un diffuso stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidl in particolare di quelle
granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso stretto, talora
profonda, talora meno che rende suscettibile all’erosione il sostrato granitoide;
7. Diffusione di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo
antiche che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici;
8. Elevata energia del rilievo del settore collinare e di quello montuoso retrostante la piana costiera e in
comunicazione idrografica con l’area urbana .
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Fig. 11 -Tipica sequenza di alterazione dei graniti [73]
Fig.12 - Rappresentazione schematica del processo di arenizzazione di un ammasso granitico [74]
Tali condizioni, se sottovalutate, come sovente in passato, conducono ad una sostanziale replica degli
equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere tutta la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti
idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare trasporto solido con le reti
idrografiche. Tale equivoco è stato ripetutamente contraddetto dai fatti negli ultimi 15-20 anni. L’assetto
descritto rende particolarmente vulnerabile la Bassa Gallura e, in generale, tutti suoi settori con differenziali
clivo metrici, alle criticità idrogeologiche ed al pericolo idraulico. Ciò anche perché le originarie aree di
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espansione naturale sono state sopraffatte dall’urbanizzazione o bonificate per ragioni igienico sanitarie (Fig.
20). Se si considera, in più, l’esposizione dei bacini alle perturbazioni metereologiche da Sud, si comprende
anche la ricorrenza cronologica dei fenomeni alluvionali associati a piovosità intensa. Fra questi, negli ultimi
60 anni, debbono rammentarsi in particolare quelli del 1951;1964; 1979; 1989; 1998; 2004; 2005; 2008; 2009;
2010, 2011, 2013.
W
Abba Fritta
NE
≈400m
2m
Fig.13 - Schizzo litostratigrafico interpretativo e legenda della Cassa SN2 (Bacino Riu de S’Abba Fritta)
secondo la sezione sub parallela a via Nervi e trasversale al Riu de S’Abba Fritta
5.1.3 I sedimenti alluvionali e palustri
Come anticipato, i depositi detritico-alluvionali, nella Piana di Olbia sono localizzati solo in corrispondenza
della parte più prossima alla costa, nell’area del’insenatura meridionale (scavi Tunnel e Bonifica Pedru Calvu
del 190)”, in quella industriale poco a N del Porto Industriale (dove assumono spessori massimi di circa 10
m, raccordandosi a monte con falde detritiche “pedemontani”), coincidente col tratto terminale della piana
costiera su cui scorrono sistemi torrentizi (Riu Padredduri, Riu Cabu Abbas). In particolare, come visto, sono
state riscontrate sul margine costiero ma a quote negative, nel corso degli scavi del Tunnel portuale, vale a
dire sulla sponda Sx del sistema idrografico correlabile col Riu S’Eligheddu. Queste ultime alluvioni potenti 34 m al massimo ricoprono reperti archeologici del V sec. D.C. e quindi sono riferibili all’Olocene più recente
ma ne documentano una fase climatica connessa con la ciclicità glacio-eustatica. Ancora più a N, termini
simili ma più recenti possono rinvenirsi sporadicamente e ipotizzarsi per spessori alquanto più modesti
nell’area della vecchia Salina di Pittulongu, nella Laguna di Bados ed all’interno delle conche stagnali retrodunali attive o relitte, dove a stento superano 1 m. Queste ultime strutture sono delimitate dai cordoni di
sbarramento sabbiosi e/o ghiaiosi edificatisi coi livelli più recenti del mare. Potenze più importanti si
riscontrano in tutta la Piana del Padrogiano, struttura geologicamente separata da quella di Olbia in S.S..
Gli alvei attuali e le aree ospitanti depressioni morfologiche (oggi in parte bonificate con colmate ed
urbanizzate) sono caratterizzate da ulteriori coperture a limi siltosi e sabbiosi i primi e a limi, argille in lenti e
argille organiche in superficie, le seconde. Attualmente tali sedimenti sono reperibili nell’area a Nord di
Isticcadeddu allo spartiacque fra S’Eligheddu e Gadduresu, nell’area del S’elligheddu più o meno circostante
Zona Baratta a monte della Ferrovia, nella paludi terminali (Tilibas, Tannaule) e, in superficie, in tutte le
residue conche di espansione e laminazione naturale “pensili” (Tanca Ludos nel Bacino del S’Eligheddu;
Abbafritta nel Bacino del San Nicola) di ciascun bacino e sub bacino, ivi comprese quindi le aree che
saranno sede di casse di laminazione. Va tuttavia sottolineato che gli spessori maggiori di questi sedimenti
da considerarsi recenti ed attuali, si riscontrano nei settori più prossimi alla costa.
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5.1.4 I sedimenti attuali degli alvei e dei canali
In generale tutti i sedimenti in alveo o deposti di recente sulle sponde come effetto del ritiro dei livelli idrici e
del rallentamento della corrente negli eventi di piena, provengono dall’erosione a monte di tratti più pendenti
e dalla stessa erosione spondale che di norma precede in sequenza temporale e spaziale la
sedimentazione. In diversi tratti si osserva peraltro la contiguità fra i due fenomeni che spesso hanno offerto
dei veri traccianti per la ricostruzione dell’evento idrologico su tutti i tratti a monte del centro urbano.
Si tratta presso che esclusivamente di sedimenti ghiaiosi e sabbiosi con frazioni secondarie di limo e/o
argilla. Nelle aree di monte (>500m-600m) e di maggiore acclività possono rinvenirsi in fondo ai canaloni o
sospesi sui versanti a questi più prossimi anche sedimenti conglomeratici grossolani sciolti e talora
concentrazioni di blocchi che suggeriscono saltuarie possibilità di fenomeni ai limiti delle colate rapide,
durante gli eventi a maggiore intensità temporale.
Da notare che le bonifiche di inizio ‘900 vengono messe in atto anche aggredendo e scavando migliaia di mc
di tali sedimenti sabbiosi e limosi, in particolar modo alla foce del S’Eligheddu/Rivo Gallurese, il cui piccolo
ma caratteristico segmento aggettante dell’epoca, riscontrante un delta su specchi acqueo lagunare, viene
totalmente distrutto per generare l’attuale falso estuario in progressivo colmamento.
5.1.5 I sedimenti di spiaggia
Le spiagge attuali sono prevalentemente sabbiose lungo le falcate e ghiaiose o ciottolose presso i
promontori. Sebbene siano il risultato di processi selettivi a carico anche di sedimenti relitti, ovvero
formazioni sedimentarie fossili eredi di livelli eustatici precedenti, riesumate, rierose e risedimentate, la
composizione mineralogica dei sedimenti costituenti gli arenili è, in generale, influenzata dal sottostante
sostrato cristallino.
Le spiagge di fondo baia (Pocket Beachs) più estese contengono di norma sedimenti sabbiosi più classati
(unimodali o al massimo bimodali) sotto il profilo granulometrico e più selezionati sul piano composizionale.
Quelle a Nord di Olbia sono confinate in celle sedimentarie ben delineate per assetto geomorfologico ma
anche piuttosto povere in spessore di volumi sabbiosi e con bassifondi rocciosi ripetutamente in
affioramento. I sedimenti che le riempiono derivano per la gran parte da processi erosivi e selettivi di
materiali depostisi in precedenza (Paleo-dune), durante stazionamenti eustatici antichi e, subordinatamente,
da apporti più recenti. Per questo é tipica in esse la presenza di muscovite, minerale fillosilicatico stabile
derivante dal sostrato gneissico-migmatitico.
Le spiagge meridionali, ovvero quelle ricadenti a Sud della congiungente Olbia - Sa Testa (Punta Aspra e
Punta di Filiu)-Capo Ceraso hanno caratteri assai meno regolari e risultano nettamente influenzate dagli
apporti fluviali storici ed attuali del Riu Padrogiano che risentono visibilmente del sostrato granitoide del
bacino. Di ciò attestano i loro connotati tessiturali (sabbie grossolane poco evolute, persino alla foce),
composizionali (abbondanza di litoclasti e feldspato) e cromatici (da giallo-ocra a bruno-rossastro), tutti
piuttosto diversi dalle spiagge settentrionali (sabbie anche molto fini, con quarzo prevalente, da grigie e
bianche), fatte salve le spiagge del settore Nord della bocca lagunare (generate dagli accumuli artificiali dei
primi escavi eseguiti per la realizzazione della Canaletta di accesso al Porto). Esse infatti rispondono ad altro
tipo di azioni2 e sottolineano quanto l’assetto geomorfologico sia dipendente dai risultati delle interazioni
sedimentologiche ed idrauliche dell’ambiente fluviale e di quello marittimo. In genere tutti tali arenili sono
interessati da deposizioni sabbioso-ghiaiose di tipo fluviale che si mescolano a quelli “fossili” eredi di livelli
eustatici precedenti in ragione della loro distanza dalla foce del Padrogiano.
Le litologie descritte non interferiscono con gli interventi in progetto, dal momento che le foci attuali dei canali
non sono più occupate da sedimenti sabbiosi di spiaggia marina (quelle del Riu San Nicola e del Riu
S’Eligheddu/Rivo Gallurese lo erano ancora prima delle bonifiche, ai primi del 1900).
2
Spano & Pinna (1956) segnalano lo stato di sofferenza strutturale di tali spiagge in conseguenza delle opere e degli interventi alla foce del Fiume finalizzati alla
funzionalità portuale.
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5.1.6 Le colmate artificiali
L’area emersa subito ad W del Porto Romano di Olbia nell’inviluppo dei bacini del Riu San Nicola e del
Canale Zozò e quella relativa al tratto terminale del Riu S’Eligheddu (all’epoca riscontrabile come Rivo
Gallurese), essendo state sedi, nei primi anni del XX secolo, di massicci interventi di regimazione e di
bonifica idraulica igienico-sanitaria mediante escavazioni, rettificazioni, canalizzazioni, colmate e riempimenti
(cfr. A07), si contraddistinguono per la presenza di ingenti volumi derivanti da movimentazioni artificiali. Di
tali volumi si dà conto nell’apposita Tavola 11 della cartografia elaborata ai fini dello Studio.
Le aree dove in tempi più recenti si sono compiute artificializzazioni, mediante riempimenti e colmate con
materiali di risulta ed annessi rimodellamenti e spianamenti, risultano essere quelle della parte settentrionale
della Laguna di Olbia compresa fra Punta Taulas e Cala Cocciani (Molo Cocciani) e quelle fra Poltu Quatu e
Sa Marinedda (Nuovo Porto Turistico) a Sud. In termini idrogeologici, devono farsi rientrare fra le
artificializzazioni più significative, lo spostamento ad Est della foce a delta del Riu Padredduri, con la
rettificazione del suo corso terminale e la cementificazione dell’alveo e lo spostamento sempre ad est del
tratto terminale del Riu Cabu Abbas, un tempo recapitante sulla palude di Tilibas.
5.1.7 Riepilogo sintetico litostratigrafia
In sintesi, dal basso verso l’alto gli assetti lito-stratigrafici salienti della regione di Olbia possono così
riassumersi:
UNITA’ LITOSTRATIGRAFICHE DENOMINAZIONE C.G.I.
Metamorfiti gneissiche
Complesso migmatitico
ercinico
Monzograniti fratturati e
Complesso plutonico
Cortei filoniani
Masse granitiche alterate
Complesso Plutonico
Calcari e dolomie
ETA’
Precambriano incerto
Paleozoico, Carbonifero sup.Permiano
Fenomeni quaternari
(su litologie del Carbonifero
sup.-Permiano);Quaternario
Successione della Sardegna Mesozoico, Giurassico
orientale
DESCRIZIONE
Migmatiti leucocratiche, gneiss;
Anfiboliti
Monzograniti inequigranulari
LITOTECNICA
Rocce coerenti litoidi
Alterazioni quaternarie di genesi
chimica e fisica sulle litologie
granitoidi
Banchi di calcari e calcari dolomitici
stratificati di colore grigio chiaro
Rocce pseudocoerenti,
talvolta incoerenti
Rocce coerenti litoidi
Rocce coerenti litoidi
Mantello alluvionale e/o
detriti di versante
Mantello eluviale,
Depositi Quaternari
residuali
Pleistocene e, Olocene
Conglomerati, Ghiaie , limi, argille dei
depositi alluvionali.
Coltri arenizzate
Terre incoerenti o poco
coerenti
Depositi quaternari
Ghiaie, sabbie, limi e argille
sabbiose dei depositi
alluvionali e litorali
N.C.
Olocene
Depositi ghiaiosi e sabbiosi di
ambiente deltizio
Terre incoerenti
Attuale
Vari
Terre poco coerenti
Suoli e depositi attuali
Tab.5 : Litostratigrafia (da Carta geologica della Sardegna in scala 1:200.000. Le unità sottolineate sono quelle interessate dall’insieme degli
interventi
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S5
P4
S4
S2
S3
P3
S1
P2
P1
P5
P6
P8
P7
Sezioni di progetto
Prova Penetrometrica
S* Sondaggio geognostico
P*
Fig.14- Localizzazione sondaggi geognostici eseguiti sul Riu Gadduresu (progetto di sistemazione idraulica del Riu Gadduresu, 2003)
5.2 QUADRO GEOMORFOLOGICO DI OLBIA
5.2.1 Oro-idrografia della Piana di Olbia
La Piana di Olbia costituisce una struttura di Pediment dal punto di vista geomorfologico. Si tratta cioè di un
Glacis non tanto di accumulo, quanto di erosione, o dove quanto meno è prevalsa la tendenza erosiva. Come
detto infatti al suo interno non si rinvengono particolari accumuli alluvionali e le principali tracce di
terrazzamento sono modellate sul sostrato arenizzato del basamento magmatico, a quote relativamente
superiori a quelle dei torrenti che mostrano incisione fino alle porte dell’area urbanizzata in continuità, oltre la
quale tendono ad appiattirsi in aree di espansione idrica, oggi per lo più obliterate dalle stesse edificazioni.
Tale modellamento non può che correlarsi all’evoluzione morfodinamica conseguente il massimo ritiro
glaciale (LGM Last Glacial Maximum) a -135m dal l.m.m. attuale circa 20ky, secondo quanto detto al par.
4.3.2.
Dal punto di vista altimetrico il territorio di Olbia è prevalentemente ripartito in settori di bassa collina e
pianeggianti con una modesta quota di rilievi superiori ai 500m. Esso è ripartito in due aree principali
contrapposte in base ad elementi tettonici orientati NE-SW: la più settentrionale e più vasta, ospita i rilievi più
elevati e acclivi con rare e assai strette interposizioni di valli piane di origine tettonica entro cui scorrono aste
torrentizie (ad es. Valle tettonica del San Giovanni); quella meridionale, sostanzialmente una piana costiera
erosa, denudata e articolata a partire da un inviluppo di modeste conoidi, vergenti da NW e da SW verso la
Laguna di Olbia che si fondono fra loro solo ad Est della dorsale rocciosa, culminante con Monte Telti (274m),
anch’essa in relazione con le strutture tettoniche NE-SW testé accennate.
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S Suolo vegetale e riporti attuali
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EA Coltre eluviale mista a colluvi da poco coerente a sciolta (Pleistocene)
γArghiaie
Monzogranito
(Carb.
Sup.-con
Permiano)
arenizzato
e sabbie
limose
lenti dialterato
argilla e(Olocene)
dal Pleistocene
γ Monzogranito
inalterato fessurato
e fratturato (Carb. Sup.- Permiano)
nel corso lapideo
del Pleistocene
e dell’Olocene
(Carb. Sup.- Permiano)
Fig. 15– Profilo geognostico del Gadduresu da via Umbria a monte sezione via Vittorio Veneto (stralcio da Relazione Geologica del Progetto n.1 in Tab 3)
SW
NE
Gadduresu
Zozò-Gialdinu
Minore
San Nicola →
Fig. 16 - Schizzo geolitologico trasversale (orientativamente fra Via Archimede a SW e nuovo quartiere a monte di via S. Petta a NE. In verde, terreni eluviali prevalentemente ghiaiosi e sabbiosi (con limo e argilla diffusi)
formatisi per alterazione del granito a partire dalla superficie. In marrone, sedimenti di origine palustre, più di rado alluvionali, in parte rimaneggiati; mescolati a materiali di risulta sul Gadduresu; in viola, sostrato roccioso a
granitoidi fratturati e poco alterati. Stessa legenda di Fig.13.
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La parte più orientale della Piana di Olbia è la sede degli interventi di progetto. Come visto tale struttura
geomorfologica consiste prima di tutto in una depressione strutturale non colmata né nell’ambito della
ridefinizione interna all’Horst della Gallura durante la cinematica tardo terziaria del Blocco Sardo-Corso nel
Mediterraneo, verosimilmente connessa all’impostazione del Tirreno occidentale, né a seguito dell’onlap
costiero posteriore alla risalita eustatica olocenica. Essa è il risultato dell’interferenza fra lineazioni tettoniche
principali N60° impostate sul cosiddetto Corridoio di Monti e loro coniugate NNW-SSE responsabili peraltro
della struttura morfologica a gradinate tipica del Limbara e degli altopiani circostanti (Lu Tosu, Altopiano di
Telti, Muddizza Piana). Gli altopiani (300-400 m) circostanti la Piana si raccordano ad essa con pendenze
molto elevate (25%) a partire da quote prossime ai 100 m, fino al livello del mare. Lungo i pendii il rilievo
appare dal punto di vista pedologico-sedimentologico e geomorfologico notevolmente denudato, con sola
presenza di regolite e accumuli di versante roccioso testimonianti di fenomeni gravitativi impostati quanto
meno nel Pleistocene superiore. Il paesaggio è quindi contrassegnato dalla presenza di forme residuali
dell’alterazione dei graniti tettonizzati (Tafoni, Boulders, Tor, Inselberg, Pietre Ballerine).
All’estremità orientale della piana costiera si è ridefinita, con l’ultima risalita eustatica postglaciale, una costa
di sommersione a Rias. Dell’origine e della funzione idrografica di tali tratti morfologici, nonché della loro
rilevanza in ambito regionale testimonia ancora il sistema fluviale del Padrogiano, uno dei più importanti
dell’isola ma terminante in una morfostruttura esterna alla Piana di Olbia, contrassegnata da un vasto e
potente delta tardo olocenico ancora in evoluzione come la piana alluvionale sottesa alla foce.
Al contrario di questa, la depressione di Olbia che come detto non è mai stata riempita da sedimenti terziari,
appare piuttosto deficitaria anche nell’ambito delle coperture pleistocenico-oloceniche. Si è detto infatti che
almeno in affioramento i sedimenti alluvionali in senso stretto (più precisamente banchi ciottolosi con ghiaie,
sabbie e limi) si collocano sul bordo del perimetro costiero in prossimità del porto in ambito prevalentemente
sommerso (“scavi tunnel”; 1999/2000)17; affiorano invece ma restano comunque limitati nello sviluppo
spaziale nell’area industriale (si veda anche il Documento V in Ricerca documentale e altre fonti tecniche).
Tale circostanza, dal punto di vista geomorfologico, individua una condizione complessiva e perdurante di
esposizione all’erosione che, si manifesta in una generale assenza di significative coperture e in una
condizione di sovraescavazione dello stesso mantello eluviale rappresentato dalle coltri arenizzate del
granito, almeno fino ai livelli marini attuali. Il quadro è coerente con l’ipotesi che l’intera idrografia della Piana
sia il relitto di una più ampia paleo-idrografia la cui asta principale, spingendosi ben oltre l’attuale delta, fosse
alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutta quella serie di Rii minori che al
presente attraversano l’abitato di Olbia, ovvero il Riu S’Eligheddu, il Riu San Nicola, Riu Gadduresu, il Cabu
Abbas e il Padredduri e di altri ancora, nel settore fra Pittulongu e Golfo Aranci (del significato
geomorfologico ed idraulico in passato di tale idrografia “minore” anche in epoca storica, possono tuttavia
essere chiamati a testimoniare i sedimenti alluvionali, alternati a palustri e marini, recentemente messi in
luce con gli scavi del Tunnel presso l’area portuale per un totale di 6-8m, per lo più al di sotto del livello del
mare).
17
Di tali litologie, purtroppo, non si conoscono descrizioni compiute né analisi o approfondimenti del loro significato litostratigrafico e sequenziale. Se ne fa cenno,
tuttavia, in [76] della bibliografia citata.
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Fig.17 - Schema della rete idrografica (naturale ed artificializzata) defluente sulla piana di Olbia e convergente entro la Rada. In
Celeste: Idrografia del Riu Padrogiano; in Blu e Verde: le restanti minori. In Rosso ed Arancio: tracce dei principali segmenti di
spartiacque fra tali reti; in Giallo: principali tratti tombati ricostruibili; in Rosa: fosso di guardia a monte dell’area industriale.
Per quanto attiene al sostrato, appaiono diradate anche le sue coperture eluviali anche nell’area assiale della
piana, la meno elevata e con potenze della coltre arenizzata discontinue e limitate, in media a 2-4m, talora
meno, mentre verso monte, nel tratto pedemontano gli spessori del mantello eluviale aumentano
significativamente almeno fino ai livelli d’erosione guidati dall’acclività. Benché non possa dirsi sussistere un
legame fisso fra quote e stato dell’arenizzazione del sostrato granitoide, è piuttosto evidente che in tutta la
Piana di Olbia, nel tratto altimetrico fra i 25m s.l.m. e i 50m, dove non mancano gli ammassi e le alture
rocciose di cui ai punti 1, 2 dello schema di Fig. 6), lo stato di alterazione del granito si configura più
spesso come quello tipicizzato al punto n.3 e in subordine al n.4 di Fig. 4. Le stesse trincee sulla
Circonvallazione attestano di una importante presenza di rocce molto fratturate afferenti alla litofacies n.3. La
litofacies n.4 è più presente nei settori di basso topografico (quote 10-25m), in condizioni di più bassa
acclività e al di sotto del piano di campagna nelle aree più depresse dell’area urbana, come avvalorato da
scavi e da qualche sondaggio puntuale (cfr. Tab.3).
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Fig. 18 - Schematizzazione morfostrutturale della Piana di Olbia (Pediment o Glacis di erosione). In rosso direttrici delle strutture tettoniche. In
nero i limiti orografici coincidenti o ad esse ortogonali e correlate (coniugate)
Resta il fatto che sia il S’Eligheddu che il San Nicola nel tratto urbano scorrono entro valli piuttosto ampie
con forme decisamente residue di terrazzamento al contorno, soprattutto sul S’Eligheddu (Tanca
S’Accutadorza), ritagliate sul sostrato alterato e non su alluvioni. Gli alvei in origine, cioè al netto della
rispettive canalizzazioni (che parrebbero averli approfonditi, non solo nei tratti più distanti dalle foci), sono
relativamente poco incisi e con tendenze alla sinuosità. Non sono affatto incisi inoltre, i rami a minima
gerarchizzazione (Zozò/Gialdinu; Tannaule) che, in base all’interpretazione assunta, non possono essere
altro che corpi idrici connessi esclusivamente con il livello del mare attuale cioè senza una storia precedente.
Sotto questo aspetto anche il tratto urbano del Gadduresu parrebbe avere una struttura recente e non è
affatto da escludersi una paleo idrografia con confluenza nel S’Eligheddu ben più a monte di quella odierna.
5.2.2
La Piana Costiera e la Ria di Olbia
La Ria di Olbia è disposta sul prolungamento assiale della Piana di Olbia, ovvero del Pediment (Glacis di
erosione) che ne costituisce la sua principale struttura geomorfologica. Come accennato precedentemente,
la parte più interna della Ria deve considerarsi di fatto, una Laguna compromessa dallo stato di
artificializzazione che a partire dal XIX secolo si è imposto sull’evoluzione naturale. Essa si è definita
all’estremità orientale della piana costiera, con l’ultima risalita eustatica post-glaciale, come parte di una
costa di sommersione a Rias ed è contrassegnata da numerose aree umide palustri (Fig. 20) sottese ai
modesti bacini idrografici a regime torrentizio e da questi alimentate.
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
Progetto Definitivo
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Alcune di tali aree sono state oggetto in passato di bonifiche a scopi igienico-sanitari, sia in aree di transizione
(Salinedda San Simplicio) che più all’interno (Colcò). Fino ai primi del ‘900 infatti sopravvissero i laghi naturali
di Colcò e di Casteddu, ubicati in depressioni endoreiche di origine tettonica. alimentati dalla falda subalvea
del Riu Padrogiano. Tuttavia tutto l’abitato originario di Olbia (Terranova) era contrassegnato da depressioni
morfologiche ospitanti paludi o stagni. Gran parte di queste sono state oggetto progressivamente di colmate,
inalveamenti e regimazioni. Alcune tuttavia sono state deliberatamente urbanizzate senza le necessarie
contromisure idrauliche.
Fig. 19 - Ricostruzione delle paleo linee di riva dall’Olocene, nel Golfo di Olbia18
Per quanto attiene alla sua evoluzione, si ammette in sintesi che l’intera idrografia della Piana sia il relitto di
monte (“testata”) di una più ampia paleo-idrografia di epoca Wurmiana (70.000-19/20.000 y. B.P), Questa
idrografia, stanti gli elementi batimetrici e paleo-batimetrici in possesso (cfr. Fig. 19), doveva necessariamente
essere sottesa all’asta principale corrispondente ad un paleo Riu Padrogiano, il quale spingendo la foce ben a
valle dell’attuale delta del Padrogiano (si consideri che il LGM ammette una profondità a -135 m s.l.m.
attuale), veniva alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutto il sistema
idrografico di Rii che oggi attraversano l’abitato di Olbia (San Nicola-Abba Fritta, S’Eligheddu-Gadduresu,
Padredduri-Cocciani, Cabu Abbas, e di tutti i restanti dislocati nel settore Sud (Paule Longa alias Ena Frisca)
e Est fra Pittulongu e Golfo Aranci. Tutti questi, all’epoca (circa 20 ka), in sostanza fungevano da testate
montane (1°ordine gerarchico, sensu Horton-Strahler) di affluenti minori di sinistra ed hanno continuato ad
esserlo fino al raggiungimento del livello eustatico attuale posteriormente ai 3-4 ka, in base alla ricostruzione
di Fig. 6, rispetto alla quale la parte emersa del delta del Riu Padrogiano potrebbe essersi messa in posto in
un arco di tempo di 2-3000 anni.
Attualmente si tratta, nel complesso, di corsi d’acqua a carattere torrentizio con una rete a sviluppo subdendritico ad alta densità di drenaggio, discreto rapporto di biforcazione, quindi ben gerarchizzata rispetto
all’estensione, sia per ragioni geo-litologiche che morfologiche. Tali caratteristiche morfometriche sono ben
individuabili e nella fascia altimetrica superiore ai 100 m s.l.m. appaiono ben più marcate che a valle dove, a
partire dagli 80-100 m, la rete tende a rarefarsi, riducendo sensibilmente la densità di drenaggio, fin quasi a
18
Porqueddu A., Antonioli F., D’Oriano R., Gavini V., Trainito E. & Verrubbi V. (2011): Relative sea level change in Olbia Gulf (Sardinia, Italy), a historically
important Mediterranean Harbour. Quaternary International 232, pag. 21-30.
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rettificarsi, per poi propendere a divagare nel tratto terminale (E’ da qui in poi che sui corsi d’acqua sono state
adottate nel secolo scorso misure di controllo e regolazione del flusso con opere di regimazione).
L’osservazione della idrografia (Figg. 17 e 18) mostra chiaramente:
■
una tendenza dei corsi d’acqua a raccordarsi verso Est, in direzione della Ria di Olbia che deve, pertanto,
considerarsi, come detto, l’erede di una valle fluviale sommersa dalla risalita del livello marino (paleo
idrografia);
■
un deflusso chiaramente condizionato da direttrici NW a SE (assi N300°-320°) a N di Olbia, più
irregolare a S di Olbia, che sono quelle che strutturano la Piana e condizionano l’inviluppo dei bacini
idrografici;
■
un settore legato al Padrogiano (Regione d’Olovà) in cui in passato doveva registrarsi, in un contesto
idrologico dissimile dall’odierno, lo sfondamento verso Est (attuale Laguna delle Tartanelle) del Riu della
Castagna, attuale affluente in Dx del Padrogiano (spartiacque con tratteggio in Fig.18).
Il Riu Padrogiano infatti termina con foce a delta nella Laguna di Olbia ed in esso riversa periodicamente
abbondanti apporti di torbide e di detriti in ragione delle portate associate ai singoli eventi idrologici. In tale
contesto il fiume ha avuto storicamente uno straordinario ruolo nel recapito a mare di sedimenti e nel
modificare per loro progradazione il profilo della costa. Anche per tale ragione e contrariamente a quanto si
ritiene, l’insenatura a ria di Olbia non costituisce affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile
o geomorfologicamente in equilibrio.
Ad W di Olbia, dal Monte Limbara, in direzione ESE, si dirama un importante sottosistema tributario a pochi
chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano (Riu Taroni-Riu S. Simone), decisamente il più importante dell’area.
Verso di esso recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu Castagna-Riu de su Piricone), proveniente dal Monte
Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò (a W) e Baronia (a S).
All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu-Riu Gadduresu, il Riu S. NicolaRiu de S’Abba Fritta, entrambi abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo
scorso, il Riu Gialdinu (altrimenti noto Riu Zozò; anch’esso realizzato tramite inalveamento e regimazione con
l’intervento del 1902 sulla Palude di Salinedda), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone-Riu
Cuggiani, deviati e “sistemati” in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine,
alcuni compluvi minori con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo
Sacro.
La Laguna determina una riduzione delle quote delle condizioni al contorno di foce relative alle condizioni
marittime. Tali altezze vengono computate in circa 1,00m s.l.m.m. a differenza di gran parte dei paraggi
esposti della Sardegna, per i quali il PSFF predetermina condizione al contorno di 1,80m che di norma
vengono confermati dagli eventi. Durante l’alluvione di Olbia del 18/11/2013 i riscontri confermano un effetto
complessivo di risalita del livello marino di circa 1,00m che ovviamente ha ostacolato il deflusso dei canali alle
sole foci, in particolare quelle gravate di ponti con franco irrisorio (+0,50m e 0,60m sono i franchi misurati
sulle 2 tipologie di luci presenti alla foce del San Nicola e analogamente 0,60m sono quelle del Canale Zozò,
in condizioni di alta marea).
5.3.3
Geomorfologia dell’assetto idrografico
Nella regione circostante Olbia lungo l’area costiera marginale esposta ad E, la rete idrografica è articolata in
bacini tendenzialmente allungati con asse NNW-SSE o NE-SW, di modesta superficie, a pendenza
relativamente alta a monte, nel complesso ben gerarchizzati in rapporto all’estensione, con chiare evidenze
erosive (ed altrettante propensione al trasporto con gli eventi intensi) sino al raccordo della piana. Solo a
qualche centinaio di metri dalla linea di costa, si rilevano oggi tendenze al rallentamento e al riempimento con
presenza di cordoni litoranei e relativi stagni retrostanti o sistemi di lagune. Queste strutture fungono da bacini
di raccolta e di laminazione delle piene e possono entrare direttamente in contatto col mare, con conseguente
rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità delle fenomenologie torrentizie. Va tuttavia evidenziato che
gli interventi di regimazione, con rettificazioni e canalizzazioni dei principali torrenti (S’Eligheddu/Gallurese e
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San Nicola/San Nicolò dei primi decenni del ‘900 hanno stravolto l’assetto idrografico, cancellando gli originari
elementi idro-geo-morfologici ritenuti cause corresponsabili della diffusione della malaria. L’originaria
documentazione (cfr. Assetto Storico) evidenzia tuttavia, com’è del resto facile immaginare, testimonia di
rallentamenti della corrente a partire da 3000m e 1600m a monte della foce rispettivamente del S’Eligheddu e
del San Nicola. Per converso, il ramo del San Nicola denominato S’Abba Fritta conserva fino all’ingresso nel
tratto urbano (sensu studio presente) chiari elementi di torrente montano (rilevante dislivello dell’alveo fra la
sezione corrispondente all’attraversamento della Tangenziale e il ponte di via E. de Nicola subito a valle).
5.3.4 Conche palustri e aree di ristagno (o di espansione naturale)
Com’è noto la bonifica delle paludi ritenute principali (San Nicola-Zozò; Paule Longa; Pedru Calvu; Tilibas)19
unitamente alla regimazione di tratti fluviali divaganti su alluvioni attuali (S’Eligheddu) costituisce un rilevante
elemento dell’assetto idrografico storico e recente dell’attuale territorio urbano, sebbene all’epoca delle
bonifiche, gli interventi fossero sostanzialmente collocati piuttosto all’esterno della Città. Di tali opere
idrauliche, ottenute mediante canalizzazioni, regimazioni, escavi, deviazioni e colmate unitamente a svariate
opere di attraversamento, sussiste ancora un’evidente testimonianza, in particolare nel tracciato della rete
idrografica principale; sono inoltre rinvenibili, ancor che spesso in parte obliterati al di sotto di abitazioni,
canali minori che attestano di collegamenti secondari fra paludi decentrate rispetto all’idrografia di
riferimento. Parimenti su diversi rami idrografici (Tannaule, Zozò e parte a monte del Paule Longa) si
evidenzia con chiarezza la scarsa capacità dell’alveo o di sue parti ad assicurare il deflusso.
In ogni caso, le aree di impaludamento e ristagno del deflusso idrico ancora rinvenibili nel territorio urbano ed
extraurbano della Piana di Olbia (Fig. 15) continuano ed essere estremamente numerose e, considerato che
altre ne sono state identificate, quantunque per lo più nascoste al di sotto dal tessuto urbano, costituiscono
nell’insieme una caratteristica geomorfologica piuttosto singolare nel panorama insulare, unitamente alla
presenza di una rete di drenaggio tendente alla divagazione ma priva di alveo inciso. Esse sono interpretabili
al momento come il risultato dell’interazione fra l’evoluzione geomorfologica della Piana costiera di Olbia
(così come definita e delimitata nei precedenti paragrafi) e il suo assetto geolitologico.
In particolare, pur in assenza di una letteratura scientifica sullo specifico tema, è evidente che la cosiddetta
Piana Alluvionale di Olbia è per la gran parte una Piana di erosione, definita per la gran parte su di una
superficie posta al di sopra dei livelli interessati da attacco sedimentario ed in parte sovra escavata. Si noti
infatti che i terrazzamenti presenti, niente affatto paragonabili a quelli rinvenibili sull’adiacente Piana del
Padrogiano, sono ricavati sui terreni arenizzati del sostrato cristallino intrusivo (e per ciò stesso ancora
esposti all’erosione) e che le uniche alluvioni “antiche” parrebbero posizionate nell’area marginale costiera
della Piana (Scavi realizzati per la collocazione del “Tunnel” Portuale; Area industriale).
In questo contesto parrebbe giocare un ruolo antitetico alla dinamica erosiva generale il graduale instaurarsi
delle condizioni lagunari certamente posteriori ai 3-4 Ka la quale può essere ragionevolmente essere messa
in relazione alla deposizione dei sedimenti alluvionali sabbioso-ghioasi o deltaici del S’Eligheddu e alla
formazione del cordone litorale responsabile dello stagno costiero oggi bonificato sul lato del San Nicola. A
tale sedimentazione recente sono quindi correlabili le litologie che all’inizio del XX secolo sono state oggetto
di escavazioni etc. nell’ambito del Piano delle Paludi Salinedde (a Nord di Terranova e a Sud di Terranova).
E’ dunque coerente con tale quadro la presenza limitata al settore portuale ed a quote negative di copiosi (>
3m) sedimenti alluvionali (lenti di ciottolame e ghiaia con argille) di epoca storica che “fossilizzano”,
seppellendoli, reperti navali di epoca Romana (V sec. D.C.) ma che a loro volta precedono sabbie di spiaggia
e fanghi attuali.
19
Oltre queste va considerata la bonifica di Colcò nell’area dell’adiacente e più meridionale Piana del Padrogiano
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5.3.5 Idrogeologia sotterranea
Per completezza e organicità si farà cenno all’illustrazione delle caratteristiche dei circuiti sotterranei di tutto
l’intorno di Olbia, anche quelli esterni alla Piana, tralasciando le parti più strettamente idrologiche ed
idrografiche esposte nei capitoli precedenti e ancor più dettagliate nella parte idrologica dello Studio di
Variante al PAI.
Nel settore della Piana costiera di Olbia (intesa come inviluppo di Piana di Olbia in s.s. + Piana del
Padrogiano, sussistono due acquiferi principali per lo più in comunicazione fra loro:
1.
le masse litoidi granitiche permeabili per fessurazione secondaria
2.
le coltri eluviali ed alluvionali, le falde di detrito e i colluvi, permeabili per porosità.
Sono inoltre a bassa permeabilità per porosità i sedimenti delle colmate realizzate nell’ambito delle bonifiche
del 1900, anche con spessori di 3,5 m.
In entrambi i casi principali si tratta di circuiti sotterranei superficiali contenenti falde libere di modesta
capacità.
Il primo circuito è definito nelle aree subito a monte dove dà luogo a manifestazioni sorgentizie di modesta
portata (<<0,5l/s) che traggono alimentazione e ricarica dai rilievi più elevati o da vie sotterranee di genesi
tettonica. Esso si spinge più a valle fungendo da base per il sovrastante secondo acquifero. La captazione
delle acque da esso convogliate ha alimentato il vecchio acquedotto di Maltana, mentre i Graniti di Cabu
Abbas hanno alimentato fin dall’antichità l’Acquedotto Romano.
Nel secondo circuito la permeabilità deriva sia da porosità primaria che secondaria. La prima si manifesta nei
corpi alluvionali più superficiali diffusi nelle aree più vallive o ai margini con la costa (Padrogiano, area
Palmera ecc.); la seconda si determina in conseguenza dell’asportazione della fase argillosa contenuta nelle
masse granitiche alterate. Quest’ultimo acquifero permeabile per porosità, a cui studi condotti dall’Università
di Sassari hanno attribuito trasmissività T dell’ordine di 10-6 mq/sec e conseguenti permeabilità K dell’ordine
di 10 -5 cm/sec (permeabilità bassa; porosità assunta del 25% dagli studi citati) in ragione delle potenze fino a
15 m (area Palmera). In media, soprattutto nelle aree a monte, ha spessori inferiori ai 10 m, comunque
variabili in rapporto allo stato dell’arenizzazione. Esso caratterizza l’area periurbana ed urbana di Olbia con
medie di 2-4m e dà luogo ad una falda superficiale libera in grado, in talune circostanze, di produrre
manifestazioni sorgentizie di contatto o di trabocco assimilabili a risorgive, con portate massime di 0,2-0,5
l/sec, raramente superiori. Nel passato, soprattutto nelle aree rurali, tale falda, date la sua facile reperibilità è
stata sottoposta a sfruttamento tramite pozzi. Oggi essa risulta persino alimentata dall’irrigazione estiva. A
tale riguardo è ben nota nell’agro la variazione estiva in incremento delle portate dei torrenti (es. Gadduresu)
anche in assenza di precipitazioni.
Nel corso di recenti progettazioni (cfr. Tab. 3: RFI, 2012) su livelli corrispondenti alla coltre eluviale del
sostrato magmatico intrusivo, sono state eseguite prove di permeabilità Lefranc dalle quali sono stati ricavati
coefficienti di conducibilità K compresi fra 4,8* 10-5 e 6,7*10-6 m/s correlabili a permeabilità bassa [20].
Talune terebrazioni eseguite nell’ambito di progettazione di edilizia privata a Sud di via Vittorio Veneto,
segnalano, tuttavia, non meglio precisate falde sospese in corrispondenza di livelli argillosi.
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Fig. 20 - Aree paludose o con ristagni al netto dei settori bonificati
del tutto o in parte nel corso del XX secolo
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Fig.21 - Pianta del modello idrogeologico schematico della Piana di Olbia e delle Pianure circostanti su stralcio ingrandito della Carta Geologica d’Italia F° 182 –Olbia (1967) con aggiunta delle linee
tettoniche a Sud e a Est del la valle del Riu Padrogiano. Il riquadro delimita i sistemi idrici scolanti sulla Ria di Olbia e interagenti coi sistemi idrografici in studio del territorio costiero di Olbia; nei cerchi, le
aree ospitanti gli acquiferi. Le frecce danno conto dei deflussi sotterranei verificati (ad es. Padrogiano) o ipotizzabili, per lo più ricalcanti i deflussi superficiali negli acquiferi ermeabili per porosità
L’acquifero fratturato alimenta la falda dell’acquifero poroso soprastante per cui le aree di ricarica sono quelle degli spartiacque sui massicci granito idi. Cfr. Legenda
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sigla
UNITA’
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DENOMINAZIONE
C.G.I.
ETA’
n.
Villafranchiano (?) 1
Brecce con mammiferi (Myotragus
melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti,
crostoni stalagmitici a capo Figari.
Puddinga in piccoli ciottoli conservata
entro cavità del calcare (Isola di
Tavolara).
2
PLEISTOCENE
Brecce cementate con mammiferi
(Prolagus sardus; Megaceros
cazioti); terre rosse, sabbioni
cementati con molluschi terrestri (Helix
serpentina) a Capo Figari.
Conglomerati conchigliari con Conus
testudinarius, Patella ferruginea
e.;(“Panchina Auct.”)
“Panchina Auct.” Tirreniano
“Duna antica”: sabbioni, eolianite,
detriti minuti arrossati: “pseudopanchina” Auct. Brecce rossastre,
poco coerenti; con resti di mammiferi
(Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli
all’isola di Tavolara e Capo Figari.
Depositi calcariferi incrostanti,
localizzati, con molluschi terrestri
(Helix serpentina, ecc.)
“Duna antica”
Alluvioni attuali e recenti talora
terrazzate e parzialmente cementate
(ghiaie, sabbie, detriti vari torrentizi)
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3
Pleistocene
4
Olocene
5
Progetto Definitivo
48
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Detrito di falda, coni di deiezione, suoli
detritici, suoli colluviali
Olocene
6
Sabbie e dune costiere recenti, cordoni a
sbarramento di lagune (qs).
Spiagge ciottolose (qc)
Olocene
7//8
Olocene
9
Formazione deltizia
(Fiume Padrogiano)
Sabbie e limi, lenti
torbose con fauna
palustre e ceramica
d’età énea
Depositi ghiaiosi e
sabbiosi
10
OLOCENE
Discariche portuali; argille con molluschi
marini (Olbia)
Fig.22 - Litostratigrafia Quaternario (da Carta geologica d’Italia , in scala 1:100.000, F°182-Olbia). Dal più antico (1) al più recente (10).
qc
Spiagge ciottolose (qc)
dt
f
Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali
Alluvioni attuali o recenti, talora terrazzate e parzialmente cementate (ghiaie, detriti vari
torrentizi).
Qe
“ Duna antica “: sabbioni edianite, detriti minuti arrossati: “pseudo-panchina” Auct. Brecce
rossastr, poco coerenti; con resti di mammiferi (Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli all’Isola di
Tavolara e Capo Figari. Depositi calcariferi incrostanti, localizzati, con molluschi terrestri (Helix
serpentina, ecc.)
Conglomerati conchigliari grossolani con Conus testudinarius, Patella ferruginea, ecc.
(“Panchina” Auct.). TIRRENIANO
PLEISTOC
ENE
3
Q
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Formazioni continentali
qs
Discariche portuali ; argille con molluschi marini (Olbia)
Depositi salmastri di lagune temporanee (Sebkhe).
Formazione deltizia (Fiume Padrogiano): sabbie e limi, lenti torbose con fauna palustre (Emys)
e ceramica d’età ènea.
Sabbie e dune costiere recenti; cordoni a sbarramento di lagune (qs).
qd
qp
OLOCENE
A
Formazione
marina
Progetto Definitivo
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Q
10-
G
11
GIURASSICO
10
f
Filoni ed ammassi di quarzo d’origine idrotermale.
Filoni aplitici, filoni ed ammassi pegmatitici (α);
filoni microgranitici, microgranitico-aplitici e micropegmatitici, talora a due miche (γf).
q
α
B
Formazioni marine
7-
G
Brecce cementate con mammiferi (Prolagus sardus, Megaceros cazioti) : terre rosse, sabbioni
cementati con molluschi terrestri [Helix serpentina] a Capo Figari
Brecce con mammiferi (Myotragus melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti, crostoni stalagmitici a
Capo Figari. Puddinga a piccoli ciottoli conservata in minuti lembi entro cavità del calcare (Isola
Tavolara). VILLAFRANCHIANO (?)
Sedimenti terziari e quaternari
CALCARE DI MONTE BARDIA- Calcari bianchi, massicci o grossolanamente stratificati,
spesso bioclastici od oolitici, a coralli, nerinee [Cryptoplochus pyramidalis (Muenst.), C.
macrogonius (Thurm.),ecc.] diceratidi ed altri molluschi. Tra i microfossili: Salpingoporella
annulata Car., Clypeina jurassica Favre, Thaumatoporella parvovesiculifera [Rain.],
Campbelliella striata [Car.], Kurnubia palaestiniensis Henson, Favreina salevensis [Par.].
KIMMERIDGIANO p.p.-PORTLANDIANO.
FORMAZIONE DI DORGALI-Calcari micritici nocciola ad articoli di crinoidi, alternanze parallele
o irregolari di calcari e dolomie (settore sud-occidentale dell’Isola di Tavolara), dolomie
grigiastre o brune, spesso oncolitiche, talora a noduli di selce, con rari rostri di belemniti,
arenarie e conglomerati basali. BATONIANO-KIMMERIDGIANO p.p.
Siltiti ed arenarie grigie o giallastre a stratificazione incrociata, conglomerati ad elementi
granitici e scistoso-cristallini, sottili orizzonti e vene di lignite picea (I. Tavolara), in sacche tra
granito e la Formazione di Dorgali. LIAS?-DOGGER INF.?
Formazi
oni
continent
ali
Qb
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F
δ
dt
γ
γ
c
γ
1
γ
P
γ
a
γ
σ
δ
K
ε
Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica,
ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche.Rari noduli cornubianitici per lo più
al contatto con i Graniti della Gallura.
a
Anfiboliti ad orneblenda non sempre distintamente scistose.
gm Migmatiti arteritiche a prevalente paleosoma con intercalazione di lenti e filoncelli, in genere
concordanti, pegmatitici, aplitici e microgranitici, localmente prevalenti sulla frazione
paleosomatica.
m
γ
Migmatiti per lo più arteritiche a prevalente neosoma.
Sg
Metabasiti pirossenico-granatifere a matrice simplettitica (originarie eclogiti?) e rocce
associate (scisti biotitico-anfibolici a granato, ecc.)in masserelle incluse nelle migmatiti a
prevalente neosoma (Punta de li Tulchi).
Tab. 6- Legenda stratigrafia F° 182 Olbia della Carta Geologica d’Italia (A + B +C:dal più recente in alto al più antico, in basso)
COMPLESSO
METAMORFICOMIGMATITICO
g
Formazioni metamorfiche
C
Rioliti a struttura porfirica ed a massa di fondo granulare o granofirica in filoni e, più
raramente, in ammassi; filoni afirici di riolite a struttura granofirica, talora a due miche e con
tendenza aplitica.
Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con
termini di transizione alla serie dacite-basalto.
Graniti grigio-rosati biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea
con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenentiscie ricche
dibiotite ed inclusi di varia natura (γ).Graniti cataclastici (γ c).
Mantelli eluviali dei corpi granitici e relative facies arcosiche (γ dt)
Graniti minuti o a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche, spesso a
tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati.
Graniti porfirici con massa di fondo a grana media o medio-piccola, sulla quale spiccano
grossi cristalli di feldspato roseo o bianco e plaghe quarzose, localmente contenenti scie
ricche di biotite, chiazze e vene pegmatitiche ed inclusi di varia natura.
Alternanze tra graniti e micrograniti (Zone prossime a Ludurru)
Sienite alcalina (Dintorni di Berchiddeddu)
Masserelle differenziate quarzodioritiche biotitico-anfiboliche a grana a volte fine a volte
porfirica (K δ);
gabbri quarzifero-anfibolici a grana grossa (ε).
Formazioni eruttive
CICLO MAGMATICO ERCINICO
f
γ
F
ρ
Le sorgenti sono rare e localizzate, di norma, ma talvolta, in periodi di prolungata piovosità e di conseguente
saturazione dell’acquifero, soprattutto ove esso risulti poco potente (4-5 m) manifestano carattere di arealità
configurandosi come sorgenti per affioramento di falda freatica. In settori di maggiore spessore, in cui alle coltri
eluviali si sovrappongano mantelli alluvionali o accumuli di falda detritica, tali fenomeni sono più rari o non si
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riscontrano. Al contrario, alcune aree, soprattutto quelle di recente urbanizzazione fra Maltana e Isticcadeddu, a
Ovest dell’abitato, sembrano possedere le condizioni geoidrologiche e morfologiche di maggiore
predisposizione al fenomeno di risorgiva. Tuttavia va rammentato che tali condizioni sono pur sempre
generabili anche al di sotto di aree colmate e/o urbanizzate di recente. La Fig. 20 fornisce in tal senso
numerose indicazioni.
Questa caratteristica idrogeologica in grado di innalzare, dopo prolungate piogge, il coefficiente di deflusso dei
corsi d’acqua, risulta in generale molto importante al fine di inquadrare l’approvvigionamento della rete minore
e anche gli eventi calamitosi a cui danno luogo i rii della Piana di Olbia, ivi compreso il Gadduresu. Come già
sostenuto, in caso di saturazione dell’acquifero e di emersione della falda, gli afflussi, non potendo dare luogo
né a flusso ipodermico né a flusso sotterraneo, si trasformano, evidentemente, totalmente in deflussi. Com’è
noto, nell’ambiente urbano di Olbia a ciò si deve aggiungere l’insufficienza dei sistemi di drenaggio artificiale e
la conseguente scarsa capacità di smaltire l’incremento del deflusso di superficie causato
dell’impermeabilizzazione dei suoli.
Osservazioni speditive su alcuni pozzi rilevabili sul bacino del Riu Gadduresu e nel Riu San Nicola, in
prossimità degli alvei/canali, hanno posto in evidenza, com’era facile immaginare, una falda drenata dai corsi
d’acqua con livello statico localizzabile a profondità di 1 m circa dal p.c. nel periodo autunno invernale; d’estate
la falda drena il rispettivo corso d’acqua, salvo occasionali sovraccarichi da irrigazione che in ogni caso
documentano della modestia dell’acquifero.
6 PERICOLOSITA’ IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO
6.1
PERICOLOSITÀ IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO
Nel caso di Olbia, a dispetto dei dati dei cumulati di piovosità, indubitabilmente più bassi rispetto a numerosi
centri vicini, tutta la zona idrografica sottesa al centro abitato, è certamente interessata da un generale stato di
pericolosità idrogeologica, in particolare di natura idrologica e idraulica. Ciò è in primo luogo il risultato di:
1. la conformazione oroidrografica, favorevole a condizionare gli eventi di pioggia, a prescindere dagli
effetti sul suolo;
2. la natura dei sostrati litologici per lo più poco permeabili;
3. la scarsa capacità di ritenzione dei suoli.
mm
Altezze di pioggia annuali (1922-2001) della stazione pluviometrica di Olbia
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
1
11
21
31
41
51
61
71
anni di osservazione dal 1922 (1) al 2001 (80)
Fig.23 - Altezze di pioggia annuali (1922-2001) nel pluviometro di Olbia
Lo sviluppo urbano concentrato da un lato e disordinatamente diffuso in ambito rurale interferiscono con le
questioni di cui al punto 2 e 3 e accentuano il rischio.
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Dal punto di vista idrologico i fenomeni intensi di Olbia sono di consueto giustificabili in base ai dati di pioggia
della stazione di Putzolu più che di quelli di Olbia, come si ricava anche dalla tabella seguente basata su
cumulati pubblicati negli Annali Idrologici.
n° evento
intenso
Giorno/i
Effettivo/i
Mese
Anno
Piovosità (mm)
Staz. Olbia
Piovosità (mm)
Staz. Putzolu (Telti)
1
20
11
1929
N.D.
N.D.
2
17/18
10
1951
55,3/56,8
106/93,8
3
21
11
1958
42,2
71
4
9
11
1964
42
90
5
18
12
1964
80,8
25
6
3
10
1967
18,2
15
7
11
9
1969
32,2
87
8
8
9
1972
55
42
9
31
12
1972
63
163
10
3
1
1973
21,6
13
11
18
2
1974
15,2
52
12
21
7
1974
18,6
13
3
9
1975
10,4
20,9 (20 Luglio)
11,2
15
3
12
1976
12,6
21,3
16
7/8
4
1978
26/21,4
56/67
17
19/20/21
10
1978
Non registrata
75/50/17
20
21/22
2
1979
59/46
130/69
21
11
10
1980
14,8
30
23
12
7
1981
3,2
50
24
28
10
1981
18,4
65 (27 Dicembre)
Tab. 7- Eventi critici e precipitazioni reali.
L’esame della documentazione storica relativa ai fenomeni calamitosi più significativi verificatisi nella Gallura
negli ultimi ottanta anni ne ha confermato lo stretto legame con le piogge ed ha consentito di sintetizzare per
Olbia e dintorni, gli eventi schematizzati in Tab.8.
n° evento
Giorno
Mese
Anno
Comune
Bacino Idrografico
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
20
17/18
21
10
17
2
10
7
30
2
17
20
2
10
2
7
20
21
12
12
11
6
11
10
11
11
12
10
09
09
12
01
02
07
09
10
12
04
10
02
03
09
10
01
1929
1951
1958
1964
1964
1967
1969
1972
1972
1973
1974
1974
1975
1975
1976
1978
1978
1979
1979
1979
1980
1981
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia (S. Pantaleo)
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
N.D.
Vari
S.Nicola
Padrogiano ?
Padrogiano
N.D.
N.D.
N.D.
Gadduresu/C. Zozò
Padrogiano et al.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
Gadduresu/S.Giovanni
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
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N°Scheda
S4 AVI *
600042
-------------600161
600225
600226
600266
600289
600337
600345
600346
600357
600366
600379
600382
600426
600431
600433
600443
600444
600455
600471
600482
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23
24
25
26
11
27
15
7
07
10
02
11
1981
1981
1983
1983
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
2
27
18
16
3
9
26
25
10
3
13
15
21
6
30
12
09
11
10
12
12
12
01
03
12
01
11
04
12
01
1983
1989
1989
1990
1990
1990
1990
1992
1996
1998
2001
2001
2002
2004
2006
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
Olbia
0lbia
0lbia
N.D.
N.D.
N.D.
S’Eligheddu/Gadduresu
Loddone/Enas/
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
C.Zozò
C.Zozò
Gadduresu
Gadduresu
Gadduresu
Vari
Padrogiano
Padrogiano
600485
600488
600511
600518
53
600523
600593
600595
600607
600610
600611
600614
66000007
8600001
-------------------------------------------------------------------
Tab.8 - Quadro degli eventi che hanno interessato il centro abitato di Olbia e/o il suo circondario (sino al
2006. I numeri dell’ultima colonna sono relativi al catalogo A.V.I. (Aree Vulnerate Italiane) a cura del
G.N.D.C.I (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche) del C.N.R.. La data è di
riferimento convenzionale, poiché in realtà molti fenomeni si sono protratti per più giorni.
Di seguito si riportano i dati dell’Alluvione del 18 Novembre 2013 tratti da rapporto denominato “Evento
alluvionale del 18 Novembre 2013 Valutazioni delle precipitazioni- 02- Aggiornamento del 17.12.2013.”
(Direzione Generale Agenzia Regionale del Distretto Idrografico della Sardegna).
Stazione
Comune
Latitudine
Longitudine
Quota (m)
Valore (mm)
Massima
oraria
Olbia
Olbia
4530430
1542780
15
117,6
36mm
Putzolu
Olbia
4528900
1534000
100
175,2
54mm
intensità
Tab. 9 – Dati cumulati di pioggia durante l’evento 18 Novembre 2013
In base ai confronti storici si riscontra che il dato cumulato del 18/11/2013 di Putzolu è il massimo della serie
statistica, come confermato dalla pubblicazione [4] in Bibliografia.
Tab.10 - Analisi statistica cumulati di pioggia tratta da Tab. 5-A ARPAS-Sardegna (2013) – Analisi dell’evento meteorologico del 18
novembre 2013. pp.163.
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La tabella seguente, in base a dati di cronaca, riscontra invece della casistica dei fenomeni di alluvionamento
e di allagamento che hanno interessato il territorio o la città di Olbia negli ultimi 15 anni.
DATA
Gennaio 2001
3 Settembre 2004
14 Giugno 2005
PIOGGIA
65 mm
130 mm
nd
130-150 mm
(in 1,5 h)
nd
67 mm
(in 5ore)
AREA COLPITA
28/29 Novembre
2008
43,8 mm
(in 24 ore)
Quartieri di Putzolu, Maria
Rocca e Santa Mariedda
Gennaio 2010
nd
13 Ottobre 2010
nd
2-3 Marzo 2011
nd
18 Novembre 2013
117,6 - Olbia
Quartieri di Pittulongu,
Santa Mariedda e zona
Fausto Noce
Viale Aldo Moro, Via
Veronese, Via Di Cambio,
Via Venezia, quartiere di Sa
Minda Noa, zona di
Bandinu e di Putzolu e
quartiere di San Nicola.
Centro Urbano e agro
bacini sottesi
Tutta la piana e il centro
urbano
23 Dicembre 2007
4 Novembre 2008
(175,2 Putzolu)
Nord Olbia
Sud Olbia
Olbia
Costa di Olbia,
centro abitato di Olbia
DANNI-CRONACA
Non documentati
Non documentati
Diluvio breve non riporta danni considerevoli
Nube temporalesca imperversa ore e ore sulla città
e su San Teodoro.
Non documentati
Allagamento traverse di viale Aldo Moro tra cui via
De Simone e via Pozzo; chiusura di via Escrivà,
allagamento sottopassaggio; sulla sopraelevata
sud comparsa di pericolose buche.
Problemi sulle strade: allagamento di via Bronzetti,
via Como, via San Domenico e via San Michele.
Crollo ponte via Libeccio (Pittulongu)
Non documentati
Strade in tilt e ponte crollato.
Viale Aldo Moro bloccata, tombini saltati e
circolazione ferma, via Veronese allagata.
Nella zona di Putzolu il rio S’Eligheddu ha
sommerso il ponte che collega la zona con la
strada provinciale.
Vari
Richiesta stato di calamità
Milioni di euro di danni
Vittime umane
Interventi di portata nazionale
Richiesta stato di calamità
Tab. 11 - Fenomeni Alluvionali o di allagamento registrati in Olbia dal 2001 al 2013 (dall’archivio personale basato su cronache di quotidiani
locali)
L’assetto fisiografico è dominato come visto da rilievi di varia altitudine che cingono a guisa di anfiteatro
orografico una limitata piana costiera, piuttosto singolare in termini di articolazione geomorfologica per la
presenza sia di una rete idrografica relativamente densa in quanto a drenaggio (densità e frequenza di
drenaggio), sia esso naturale o, come emerge dall’elaborato A07 dello Studio di Variante, artificiale (data
l’originaria incidenza e diffusione di depressioni senza sbocco) e con coefficienti di deflusso superiori alla media
sarda. Una delle conseguenze di tali configurazioni fisiche è data dai tempi di corrivazione molto meno elevati
di quelli che tradizionalmente vengono considerati per i calcoli idrologici e idraulici e l’abbondanza storica di
paludi alimentate anche per via sotterranea (risorgive di falde a bassa soggiacenza).
Del pericolo idrogeologico testimoniano del resto i numerosi eventi calamitosi che, seppure con varia intensità e
distribuzione, hanno colpito l’area idrografica di Olbia, in particolare l’area urbana, anche in anni recenti.
Malgrado si evidenzino, di norma, anche in questa casistica, strette correlazioni fra dati pluviometrici ed eventi
di criticità idraulica, si è visto che non tutti fra questi sono susseguiti a fenomenologie particolarmente intense
sul piano idrologico. Ciò a riprova di due importanti questioni:
 la prima, è che come detto, buona parte del bacino drenante su Olbia non è affatto descrivibile
pluviometricamente coi soli dati locali ma semmai con quelli di stazioni più occidentali, situate a quote
maggiori, orograficamente montane, di Telti (Putzolu), più in grado di registrare gli afflussi di tipo
orografico-convettivo che possono scaricarsi sulla rete sottesa alla sezione di Olbia. Di ciò fanno fede
anche i dati idrologici relativi al 18/11/2013 (cfr. Studio Idrologico);
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
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la seconda, è che i fenomeni di piena si spiegano anche e soprattutto in rapporto all’intensità dei
deflussi e che la trasformazione spaziale e temporale afflussi-deflussi, nel contesto osservato, è, più
che altrove, in stretta relazione tanto con le caratteristiche geomorfologiche quanto, come si dirà
meglio in seguito, con quelle idrogeologiche del territorio.
Si deve infine ribadire che:
a) la Piana di Olbia è circondata da un anfiteatro di basse montagne (Monte Pino; Monte Plebi etc.) ad alta
energia di rilievo; in pratica la frangia orografica corrisponde, nel suo tratto di monte, ad un estesa cornice
di superfici di elevato gradiente clivometrico, in cui si determinano convergenze di varie reti idrografiche di
I e II ordine gerarchico la cui pendenza, che a monte tende ad inasprire la velocità, si abbatte in poche
centinaia di metri;
b) la modestissima capacità di smaltimento naturale per via sotterranea dell’assetto geolitologico;
c) gran parte dell’area urbana di Olbia, risulta, per le ragioni derivanti da quanto su esposto, edificata su aree
un tempo paludose, ora per acque stagnanti ora per risorgive di falde superficiali, bonificate a seguito
d’interventi complessi messi in campo fin dagli inizi del XX secolo. Le opere di regimazione, consistite in
colmate massicce di aree depresse, inalveamenti, derivazioni, rettificazioni e canalizzazioni, hanno
determinato un assetto idrografico del tutto artificiale via via consolidatosi ed ancora in fase di
sistemazione. Tale assetto ha fatto leva sulla realizzazione di canali ora in terra ora protetti e più di
recente cementificati e a tratti tombati (il Paule Longa, il Tilibas sono interamente e a tutti gli effetti Canali
di Bonifica);
d) le Bonifiche delle Paludi Salinedde (Parte a Nord e Parte a Sud di Terranova; cfr. Elaborato A07 dello
Studio di Variante al PAI) col corteo di opere complementari e successivi hanno avuto necessità di
interventi di regimazione e colmamento sul bacino del Riu di San Nicola e su quello del Rivo Gallurese
(oggi denominato Riu S’Eligheddu). Il primo un tempo alimentava lo stagno di retro spiaggia localizzato in
corrispondenza dell’attuale parco pubblico e complesso sportivo Fausto Noce. Qui, le reti divaganti
provenienti da una rete indistinta a Sud (che diede vita al Canale Zozò) e dal San Nicola a Nord, confluenti
nella palude retrostante il cordone litorale, furono separate20 e convogliate tramite due canali artificiali a
sezione trapezia in n. 2 rami sfocianti nel cosiddetto Porto Romano (Fig. 17). Il secondo, ancor più
complesso e composito, ha bonificato, sempre con colmate e opere di rettificazione e incanalamento, il
tratto terminale del torrente, peraltro all’epoca originante un delta interno alla Laguna di Olbia.
Si noti che il più recente intervento di sistemazione idraulica in ambito urbano (cfr. A07) ha nuovamente reso comunicanti i due sistemi, con una singolare opera di
derivazione tramite diversivo che, con inizio in Via Veronese e termine in via F. Noce, induce a scaricare le piene del Riu San Nicola sul Canale Zozò. Tale sistema si
è rivelato comunque insufficiente il 18 Novembre 2013.
20
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Fig. 24 - Stralcio della planimetria di progetto del Piano Generale della palude Salinedda S. Simplicio a nord di Terranova. (ed. 1900).
e) alle fenomenologie idrauliche derivanti da piogge intense si associano, sempre più spesso, pesanti perdite
di aliquote di suolo in ragione di sempre più scorretti approcci antropici nel suo uso. La più palese
conseguenza dal punto di vista della nostra trattazione è rappresentata dalla sovrabbondanza di trasporto
solido nelle dinamiche di piena, la quale, malgrado le basse pendenze è pur sempre ben osservabile negli
alvei attraverso l’esame dei depositi, di norma sabbiosi e ghiaiosi21. Si consideri peraltro l’abbondanza dei
materiali artificiali presenti nelle aree di espansione dell’attuale idrografia, a cominciare da quelli stessi che
costituiscono le colmate storiche condizioni favorevoli, che offrono condizioni palesemente favorevoli
all’erosione in caso di fenomeni particolarmente intensi e su tratti a correnti veloci, come in diversi casi è
stato l’evento del 18/11/2013 (si pensi alla massiccia erosione spondale del S’Eligheddu a valle del ponte
su via V. Veneto [Fig.10] e del San Nicola a valle dell’attraversamento di via Petta e, in Sx, a valle del
ponte di via Spensatello (Fig. 25) fino a via Ferrini. E’ da notare peraltro che tali fenomeni si accentuano
in ogni situazione al passaggio fra sponde in terra e sponde protette;
I loro volumi, pur potendo rappresentare un’aliquota importante nelle portate al colmo di piena, soprattutto in concomitanza di strozzature idrauliche con rigurgiti
dovuti a scarsità di luci e/o ad aumento di attrito (caso consueto: tubolari in zinco), quindi nei casi di criticità, sono purtroppo sistematicamente ignorati nei calcoli
idraulici. A ciò si aggiungano i materiali flottanti durante le piene; ciò rende davvero problematico qualunque riferimento di opportunità al “franco idraulico”.
21
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Fig. 25 - Stato erosivo delle sponde a valle di via Spensatello posteriore all’evento 18/11/2013
f) L’agro e la cintura urbana di Olbia appaiono fortemente interessati da queste dinamiche erosive in
conseguenza, rispettivamente, di talune pratiche agronomiche nelle aree ad uso seminativo (estese
superfici con aratura meccanica a rittochino; dissodamenti) e della proliferazione dei cantieri con annesse
pratiche di, sbancamenti, escavazioni, riporti e compattazione (in seguito, per semplificare, “movimenti
terra”), che intervengono su litologie di per sé favorevoli ai fenomeni di degradazione fisica, sia che si
tratti di arenizzazioni che di materiali detritici di colmata. Nel primo caso il risultato è l’aumento sensibile
del ruscellamento, con formazione di superfici interessate da rill erosion o erosione in rivoli (o addirittura
gully erosion, erosione i solchi), quando le pendenze si aggirano e superano il 15%-20%. Nel secondo
caso, il taglio ed il conseguente denudamento di ampi volumi di roccia, talora già alterata, rende
disponibile all’aggressione delle acque, sempre più vaste superfici. Inoltre, l’apertura di via via più
numerose strade sterrate di servizio, senza la necessaria manutenzione nè reti di drenaggio sulle cunette,
la movimentazione meccanica e l’azione di compattamento sui suoli, si traducono sistematicamente in una
drastica diminuzione di macro e microporosità, di capacità di ritenzione idrica del substrato e di crescita
radicale delle piante. Il risultato di ciò è costituito da una generale impermeabilizzazione di larghe parti di
territorio urbano, di incremento della velocità e dell’intensità erosiva nei tratti torrentizi periurbani. Tali
fenomenologie, benché sottovalutate sul piano idraulico, sono in ambito urbano le maggiori responsabili
dell’intasamento di caditoie e tombini. E’ inoltre noto che in ambiente mediterraneo per produrre
abbondante deflusso ed abbondante erosione, sono sufficienti piogge con intensità oraria > 12 mm/h.
Complessivamente, pertanto, l’azione erosiva si traduce in crescenti aliquote di sedimenti che
interferiscono con le regolari dinamiche dei corsi d’acqua le quali, una volta sedimentate, anche nei casi di
sistemazioni d’alveo con fondi e sponde artificiali (come per il Riu Gadduresu, il Riu San Nicola e il Riu
S’Eligheddu, Paule Longa), favoriscono la colonizzazione e la proliferazione di vegetazione riparia,
laddove la riduzione di velocità ottenuta con l’ampliamento delle sezioni realizzate con le sistemazioni,
favorisce la deposizione dei sedimenti più fini e quindi induce maggiori necessità manutentive;
g) Lo scarso stato di manutenzione in tempo reale in cui necessariamente versa la porzione di rete
idrografica tombata, soprattutto in relazione alla possibilità di numerosi materiali flottanti derivanti
dall’insediamento;
h) Il taglio recente della vegetazione arborea (Pioppi naturali ed Eucalipti impiantati con le bonifiche) che
consente un irradiamento solare maggiore che in passato e più che in passato, quindi, favorisce la
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proliferazione vegetazione dei canneti (Arundo Donax), particolarmente nei tratti con sabbie limose e
fanghi;
i) l’assetto canalizzato e rettificato conferito dall’inizio del secolo fino ai nostri giorni appare una delle
condizioni di sviluppo di massima vulnerabilità data la possibilità che per le portate di progetto si verifichino
velocità talora del tutto incompatibili (> 5 cm/sec) con gli scenari di alluvionamento in ambito urbano e,
soprattutto in un contesto privo di opportune fasce di rispetto;
j) l’incongruenza e l’isufficienza idraulica di numerosi manufatti rispetto alle condizioni circostanti (Fig. 26).
k) le condizioni al contorno di foce determinate dalla possibilità che gli effetti combinati di marea, bassa
pressione e frangimento possono determinare (valutati in +1 m s.l.m. dal PSFF e non contemplati nel
PAI)22;
l) una trasformazione complessiva del territorio che non ha curato la realizzazione delle necessarie opere di
correzione;
m) per i motivi esposti occorre sottolineare che, allo stato attuale, la città di Olbia, considerati tutti i fattori che
concorrono a comporre il quadro generale e particolare del suo rischio idraulico, visti i risultati dell’indagine
regionale relativa al Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) sui sub bacini di riferimento, confermata dai
risultati del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) debba considerarsi l’area di maggior rischio e di
maggiore vulnerabilità idraulica della Sardegna.
Fig. 26 - Attraversamento di via Stromboli sul Gadduresu. Ripresa da monte
6.2
CORRELAZIONE CON L’EVENTO ALLUVIONALE DEL 20-21 FEBBRAIO 1979
La Città di Olbia nel corso dei decenni del XX secolo è stata interessata da numerosi eventi di precipitazione
intensa, che nel tempo hanno via via determinato sempre più numerosi effetti sul territorio in ragione
dell’evoluzione insediativa. L’evento del 18 Novembre 2013 è certamente quello che più di tutti ha manifestato
la vulnerabilità del tessuto urbano in relazione all’assetto idrogeologico. Tuttavia in un primo momento esso ha
avuto modo di essere comparato con quello del 20-21 Febbraio 1979. Ciò in quanto, ai più, sono apparsi simili
gli effetti dell’intensità dell’esondazione del Riu Gadduresu sulle aree contermini. In realtà la ricostruzione
dello scenario di evento del 2013 (cfr. A08 dello Studio di Variante al PAI) è piuttosto diversa dalla
22
E’ noto che in determinate condizioni meteorologiche, a partire dalle foci nei canali possano svilupparsi anche moti contrari al deflusso, oltre che aumento del
l.m.m..
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precedente, nonché nettamente più complessa. Ciò non solo per ragioni strettamente idrologiche ma anche
per evidenti implicazioni, vuoi idrauliche vuoi geomorfologiche, conseguenti allo straordinario differenziale
urbanistico determinatosi fra le due vicende; cosa questa che ha comportato modificazioni e complicazioni
dell’assetto idrogeomorfologico, in particolare nell’assenza di opportune fascia di tutela utilizzabile per
l’espansione.
Al di là delle strette cause innescanti, da alcuni specifici riscontri tratti dalla documentazione di chi scrive23,
resta tuttavia comprovata una certa similitudine locale fra le dinamiche dei due eventi, data l’asprezza
dell’allagamento in alcune delle strade più coinvolte nel 1979, fra cui via Tintoretto, via Giotto, via Bellini, via
Goldoni, via Pergolesi, via Cimarosa e via Masaccio. Inoltre, sempre dalla stessa documentazione, si ricavano
importanti elementi a supporto delle anamnesi sul Riu Gadduresu e delle sue, strutturali o meno, criticità. Di
seguito si riportano alcuni passaggi del Documento:
“Risponde a verità che causa determinante dei danni provocati ad Olbia dall’alluvione del 20 e 21 Febbraio è
stata l’alterazione, l’interrimento e, in alcuni casi, il completo tombamento dei canali di bonifica esistenti. Ciò in
conseguenza di un’espansione edilizia caotica e incontrollata.
Immediatamente dopo il verificarsi dell’evento questo Assessorato disponeva con la Perizia in data 9.3.1979
n.1065, l’esecuzione di lavori di pronto intervento tendenti a ripristinare la funzionalità dei canali di bonifica con
la costruzione di alcuni ponti su strade di urbanizzazione recentemente costruite che attraversano i canali con
tombini di sezione assolutamente insufficiente.
I lavori di cui sopra venivano affidati all’impresa Mario Achenza di Ozieri la quale però era costretta a condurli
in maniera irrazionale a causa degli impedimenti opposti dai proprietari confinanti”…..
6.3
PERICOLOSITÀ PAI E PSFF
Nel settore a monte di Olbia l’inviluppo di creste rocciose determina un anfiteatro montuoso a forti pendenze
fino ai limiti della piana alluvionale, dal quale si genera una ricca rete idrografica defluente verso Est e SudEst.
A tale rete idrografica che nel suo stato originario tendeva a ridurre le velocità a qualche centinaio di metri
dalla costa, assumendo dapprima assetto a meandri e poi ad impaludarsi o ad espandersi in stagni ed
acquitrini, è stato progressivamente assegnato un assetto canalizzato rettificato (S’Eligheddu/Rivo Gallurese,
San Nicola (San Nicolò), Gadduresu/Santa Cecilia, Paule Longa, Zozò/Gialdinu, Tannaule; PadredduriBalidone, Cabu Abba-Tilibass nel settore Est), con fondo e sponde cementificate (e talora, più di recente,
tombate) che, laddove le portate siano robuste, costituisce una condizione di incremento degli effetti della
pericolosità dei torrenti in caso di alluvione, soprattutto nel contesto urbanizzato.
Le cartografie delle Figg. 26, 27 e 28 riportano a scala ridotta le Tavv. 19Hi, 20Hi e 27Hi del P.A.I. (SubBacino 4-Liscia) che illustrano una parte della Pericolosità idraulica del centro urbano e dell’area aeroportuale.
Va notato che la perimetrazione del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) da Parte della R.A.S. (ADIS,
2013), avviata nel 2006 e approvata nel corso del 2013 ha e introdotto ulteriori aree di pericolosità per il Riu
San Nicola (Fig.12), sviluppando l’area Hi1 (Fascia C ex PSFF) per il Riu S’Eligheddu e ampliando e
precisando la pericolosità per il Padrogiano. Esso tuttavia non ha apportato perimetrazioni ulteriori su Riu
Gadduresu , su Riu de Tannaule e Canale Paule Longa, lasciando inoltre aperta la questione dell’area
industriale ad Est del C.A. e dei centri abitati minori interessati da idrografie non irrilevanti (San Pantaleo,
Marinella; Cugnana; Murta Maria; Porto Spurlatta, Berchiddeddu).
C’e da notare fini del PSFF non è stato considerato il torrente tributario del San Nicola, cioè il Riu de S’Abba
Fritta; il S’Eligheddu, per ragioni interne al procedimento amministrativo, è stato considerato corso d’acqua
secondario e pertanto ne è stata elaborata la sola fascia C Geomorfologica. In questo caso l’’alluvione del
18/11/2013 ha dimostrato che la capacità espansiva del corso d’acqua in Sx è nettamente superiore a quanto
illustrato sulla tavola in Fig. 30.
23
Prot. N.20652 O/I del 26/11/1979 dell’Ass. dei LL. PP. della RAS - avente a oggetto “Istanza comitato di quartiere “Gregorio” e “Orgosoleddu (S.Maria) di Olbia a
firma dell’Assessore dei LL. PP. S. Floris.
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Fig, 26 - Tav. 20 Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005).
Fig. 27 - Tav. 27 - Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). L’anomalia a valle della chiusura della
perimetrazione è spiegabile con la mancata verifica delle area di foce. La perimetrazione tronca è
concettualmente errata e non è realistica
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Fig. 28 - Tav. 19 Hi P.A.I. (RAS-Assessorato dei LL. PP.; 2005). Ai fini PAI questa perimetrazione è superata
da quella del PSFF Cfr. Fig. 29
Fig. 29 - Tav. SN001 del Sub Bacino Liscia. PSFF (Aprile 2012) - Bacino Riu San Nicola. Cfr. Fig.26
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Fig. 30 - Fascia geomorfologica del S’Eligheddu nella riduzione della Tav. SE001 del PSFF.
6.4
PERICOLOSITÀ IDRAULICA NON PERIMETRATA DAL PAI
Sono numerosi ed importanti i tratti critici della rete urbana e periurbana di Olbia ignorati dal PAI. Per quanto
attiene all’area urbana, le più rilevanti sono tra gli altri, quella del Riu Gadduresu (fatto salvo l’ultimo tratto
focivo e prefocivo, perimetrato nel PAI nell’ambito della perimetrazione del Riu S’Eligheddu), il canale Paule
Longa interamente tombato, i canali di Tilibas e i torrenti nella Zona Industriale ad Est del centro abitato (Riu
Cabu Abbas; Riu Padredduri, Riu Cocciani) tutti drasticamente riconfigurati, sia longitudinalmente che
trasversalmente sul piano geometrico per le esigenze della stessa area industriale (la palude Tilibas fungeva
da recettore del Cabu Abbas che è stato deviato con canale rettificato e foce sul porto industriale.
6.5 PERICOLOSITÀ E URBANIZZAZIONE
L’alluvione del 18 Novembre 2013 ha rivelato quale sia lo stato di vulnerabilità della città nei confronti del
pericolo idraulico a fronte degli interventi di mitigazione eseguiti a partire dal 2003-4 ed in corso di esecuzione,
ovvero l’incompatibilità dell’attuale tessuto urbano nei confronti dell’assetto idrografico ivi defluente tanto sul
piano idrologico-idraulico che geomorfologico. Secondo le conclusioni della Relazione sull’Assetto Storico (cfr.
A07), nell’area urbana di Olbia (sensu Variante), la rete idrografica è costituita presso che integralmente da
Canali di Bonifica realizzati e/o completati nei primi tre decennni del XX secolo. Fanno eccezione a tale
generalizzazione solo:

il ramo affluente in Dx del San Nicola, denominato Riu de S’Abba Fritta,

il ramo a monte di via S. Petta del Riu San Nicola

il ramo a monte dell’ultimo intervento di rettificazione così come riportato nella Fig. 25.
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Fig. 31 – Piano parcellare tratto da Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della strada
provinciale Terranova-Monti24. Scala 1:4000 (ed. 1926). Il circolo tratteggiato indica l’ultimo tratto canalizzato di monte del corso d’acqua


i compluvi esterni al tessuto urbano che concorrono a formare il Canale Zozò (tratti a monte di via
Guinizelli),
il ramo del Riu de Tannaule a monte della ferrovia
E’ di tutta evidenza che la dinamica urbanistica ad Olbia abbia incrementato tanto il rischio quanto il pericolo
idrogeologico stesso. Infatti con l’urbanizzazione oltre alla progressiva riduzione dello spazio di espansione per
le piene, si è determinata la progressiva obliterazione di una cospicua parte dell’originario assetto morfologico
del territorio a bassopiano sovra escavato e contrassegnato da ingente presenza di conche palustri. Queste
ultime ancor che bonificate con rettificazioni, canali e colmate, sono state progressivamente ammantate,
peraltro con un differenziale evidente negli ultimi 35 anni, da un tessuto edificato talora assai denso, soprattutto
in prossimità di alcuni canali (su tutti il Gadduresu), il quale si è rivelato fin da subito sempre meno compatibile
con le caratteristiche idrografiche dei luoghi, compresi quelli bonificati, in ragione crescente con l’assenza di
opportune condizioni di regimazione.
Fig. 32 A/B – La vistosa incongruità ed insufficienza della sezione del sottopasso (da monte a sx e da valle a dx) di via Amba
Alagi (Gadduresu) esasperata dalle soluzioni attuate. Si noti l’incombente interrimento della sezione di valle, di recente ampliata a
seguito d’intervento di sistemazione, che ha comportato anche il taglio della vegetazione arborea sulle sponde (e conseguente
maggiore irradiamento favorevole alla proliferazione di canne).
24
La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato, è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII.
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Fig. 33 – Il nuovo ponte per l’area ex artiglieria (intervento 2012), è stato realizzato con intradosso
sollevato rispetto al precedente per evitare i rigurgiti del Gadduresu in caso di piena ; tuttavia le quote
delle travi di sostegno dei piloni del viadotto permangono più basse e il muro sulla Dx ostacola
l’espansione a tutto vantaggio dell’incremento dei tiranti in Sx .
Questo processo di perdita presso che totale della “memoria” idrografica è stato tardivamente messo in
discussione, prima dal PAI e poi da una certa ricorrenza degli eventi calamitosi che hanno sì richiamato alla
necessità di opere di mitigazione, senza mai addivenire, però, ad un’organica e sistemica visione dell’intero
assetto idrografico nel quale, a fronte della relativa maggiore importanza del S’Eligheddu, possono giocare un
ruolo non trascurabile i torrenti minori e gli affluenti. Come, del resto, il presente studio è in grado di dimostrare
anche con il solo riferimento al doppio travaso di portata, prima dal S’Eligheddu al Gadduresu (Settore di via
Bottego-via Marco Polo e scuola A. Diaz) e da questo, nuovamente, al S’Eligheddu (via Cimabue; via Umbria,
via Lucania e via Umbria).
L’alluvione del18/11/2013 ha colpito tutta la rete idrografica ma le conseguenze intese come danni alle cose ed
alle persone sono state più accentuate soprattutto in corrispondenza dei tratti contrassegnati da tombamento,
da esasperata modifica geometrica delle sezioni longitudinali e/o dalla presenza di depressioni morfologiche
non dotate degli opportuni presidi o con presidi del tutto insufficienti (cfr. elaborato A08 dello Studio dio
Variante al PAI).
7
SISMICITÀ
Questo tema attiene ad una condizione generale al contorno. Lo studio della pericolosità sismica attiene agli
approfondimenti di fase preliminare di competenza geotecnica. Non di meno a quegli scopi si riscontra che
l’intero territorio della Sardegna risulta essere stato inserito nella Zona 4 della riclassificazione sismica
nazionale operata attraverso l’O.P.C.M. 3274/03 (si veda anche la Deliberazione G.R. 15/31 del 30.3.2004).
In tale sfondo non sono state elaborate ulteriori suddivisioni o zonazioni da parte della R.A.S., né sono stati
forniti contributi o articolazioni inerenti le palesi differenze territoriali riscontrabili nella sia pure debole
pericolosità sismica. Per cui anche il territorio di Olbia ricade in tale classe.
Non di meno è noto, che il territorio Nord Orientale e Meridionale della Sardegna possano risentire, sia pure
debolmente (M.C.S.= 4-5), della sismicità delle strutture tettoniche attive sia del Margine Ligure (o in generale
del Mediterraneo occidentale) che di quello tirrenico occidentale e del Canale di Sardegna.
Taluni degli epicentri sismici sono posizionati alcune miglia a Est e Sud Est del Golfo di Olbia, altri sono stati
riscontrati nella parte settentrionale del mediterraneo centrale ad W della Corsica, altri nel Canale di Sardegna.
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Con riferimento a tutto il 2012, gli eventi più recentemente registrati ed avvertiti sono stati quelli del:
 26/4/2000, con magnitudo Md = 4,8-4,1 della scala Richter all’epicentro sulla verticale delle strutture
tirreniche (alcune miglia ad Est di Posada);
 03/03/2001
(4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 21/04/2001
(3.5 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 10/02/2002
(3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 20/10/2003
(3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 12/12/2004
(4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 18/12/2004
(4.3 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 15/10/2008
non classificato, più debole e avvertito nel medesimo settore geografico;
 09/11/2010
(magnitudo Md = 3,3 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al
Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese
 28/07/2011 (magnitudo Md = 5,2 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo
della Corsica; avvertito nel Sassarese
 04/03/2012
(magnitudo Md = 4.6 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al
Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese.
La Fig.35 riporta la zonizzazione macrosismica assegnata alla Sardegna in conseguenza del sisma del
26/4/2000, segnalato come quello a maggior magnitudo fra i più recenti e avvertito in una vasta area della
Gallura, soprattutto a Olbia, Loiri-Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni. A tale riguardo, appare
interessante, ai fini della presente relazione, evidenziare come nella banca dati dell’I.N.G.V. del C.N.R. risultino
i seguenti riscontri, relativamente alla scossa sismica:
Olbia
Posada
Generalmente avvertita. scene di panico tra i turisti che si trovavano in una piazza. Vibrazione di pavimenti; tintinnio di
pentole e bicchieri; oscillazione di lampadari; porte e finestre si sono chiuse/aperte; divani e poltrone si sono spostati. La
popolazione si è riversata nelle strade. Leggere crepe e filature sono segnalate nei tramezzi di alcuni edifici. Qualche
pezzo di intonaco è caduto, qualche vaso rotto e una credenza rovesciata.
Generalmente avvertito; molta gente ha preferito uscire in strada, i vetri delle finestre, i letti e le scrivanie hanno tremato.
(si noti che normalmente a Md=4,8 corrispondono effetti sull’epicentro pari a M.C.S. = 7-8; la localizzazione
dell’epicentro a circa 25 Km dalla costa spiega, però, l’attenuazione dei fenomeni avvertiti in questo caso).
Molto rilevante, a fini statistici e storici, è stato anche il sisma del 13 /11/1948 (area ipocentrale Mar di
Sardegna, Io = 6.0 e MCS = 4.3), oggetto di studi speditivi da parte del G.N.D.T. che hanno portato alla
compilazione della successiva tabella delle intensità (si ricorda che la soglia del danno è quella di Io > 5-6).
Sulla base degli allegato all’ O.P.C.M. n. 3274/03 e s.m.i., poiché appartenente alla Zona 4, il territorio è
classificato come sismico e risulta con accelerazione sismica orizzontale ag/g ≤ 0,05 , con probabilità di
superamento pari al 10% in 50 anni. Il dato va tuttavia rielaborato e ricalibrato in base ad una specifica micro
zonazione (cfr. DM 14 gennaio 2008: “Norme Tecniche per le costruzioni” - NTC ‘08).
L’attribuzione alla Zona sismica 4 può consentire, alla luce delle NTC/2008, la conservazione delle
convenzionali procedure di verifica geotecnica, in considerazione delle caratteristiche delle costruzioni in
progetto.
Lat
Long.
Profondità (km)
Data UTC e ora
Magnitudo
Provincia evento
Località
13:28
4.1
SOTTOMARINO
Tirreno
centrale
Tirreno
40.956
10.216
5.67
26/04/00
40.831
10.414
24.59
27/06/00
04:07
4.1
SOTTOMARINO
01:54
4.2
SOTTOMARINO
40.866
10.084
11.05
03/03/01
41.092
10.19
33.47
21/04/01
17:31
3.5
SOTTOMARINO
16:21
3.1
SOTTOMARINO
3.1
SOTTOMARINO
40.957
10.277
10.0
10/02/02
41.711
9.198
8.4
20/10/03
21:23
12/12/04
11:52
40.830
10.160 10.0
4.2
18/12/04
09:12
40.898
10.168 10.0
4.3
Tab.12 - Elaborazione su dati provenienti da: http://kharita.rm.ingv.it/Gmaps/reg/
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
SOTTOMARINO
SOTTOMARINO
centrale
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Corsica
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Progetto Definitivo
65
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Fig. 34 - Localizzazione eventi sismici con effetti rilevati nella Sardegna NE (da http://kharita.rm.ingv.it/) dal 2000 in poi.
Fig.35 - Intensità macrosismica regionale conseguente al sisma del 26 Aprile 2000
Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia-Bacino del Riu Seligheddu
Progetto Definitivo
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CONCLUSIONI
Ai fini del modello geologico delle aree di intervento, prevalentemente ubicate all’interno dell’area urbana di
Olbia a valle della Circonvallazione periferica, si è ritenuto di dover inquadrare la prima parte della trattazione
ad un livello regionale, sottolineando in primo luogo gli elementi geomorfologici che accomunano la Piana di
Olbia a tutta la regione Gallurese. Pertanto sono stati posti in evidenza i seguenti punti:
1. L’assetto geologico spiccatamente omogeneo fondato su di un pilastro tettonico (Horst) costituito da rocce
per lo più magmatiche, spesso diffusamente e pervasivamente arenizzate, e contrassegnate da
discontinuità di età varisca (ercinica) e da migmatiti;
2. La sovrimposizione e quindi la ridefinizione tettonica terziaria che solleva il Massiccio del Limbara con
struttura a gradoni (altipiani) e isola il bacino di Oschiri-Berchidda, dando il primo impulso alla trama
idrografica centrifuga a maggiore gerarchizzazione (Coghinas, Carana-Liscia, Vignola, San Giovanni e
Padrogiano-La Castagna) con pattern dendritici e sub angolari, parte della quale si riversa su Olbia (San
Simone-Enas-Padrogiano);
3. il cosiddetto ringiovanimento tettonico mio-pliocenico, connesso con la contemporanea definizione del
Margine orientale della Sardegna e il successivo approfondimento del Mar Tirreno (in tale quadro viene
postulato ma non è ben dimostrato un basculamento quaternario verso NE dei prismi strutturali (o di una
parte di essi) in cui è ritenuto essersi frammentato l’Horst orientale) contrapposto ad una sostanziale
stabilità tettonica dell’isola;
4. Il glacio-eustatismo pleistocenico, responsabile della sovra incisione delle valli idrografiche del Pleistocene
superiore, della risalita olocenica del mare, dell’annegamento delle incisioni torrentizie (Rias) e di un
blando onlap costiero olocenico post glaciale, tutt’ora incompleto;
5. la rete idrografica principale caratterizzata da:
□ deflusso prevalente verso Nord ed Est, con subordinazione del macro deflusso a Sud;
□ spartiacque dell’idrografia principale definiti su livelli altimetrici in gran parte prossimi o superiori ai
1000m, contrassegnati anche da cornici rocciose verticali;
□ bacini idrografici principali a pattern montani dendritici o sub dendritici a forti gradienti, in condizioni di
prevalente erosione nel bilancio geomorfologico, fin quasi alla linea di costa, con settori di trasferimento
non netti e circoscritti e con settori di accumulo per lo più limitati alla frangia costiera, al netto
dell’interferenza con profili a gradinata ovvero con tratti di altopiano e con i bacini intramontani a guida
tettonica;
□ relativamente elevata densità di drenaggio;
□ prolungati tratti a valli incassate ed alvei confinati;
□ capacità di trasporto solido sul fondo che, al netto delle variabili idrologiche, beneficia di condizioni
favorevoli di pendenza e di materiali generati dall’arenizzazione dei graniti, delle coperture di versante,
della presenza ereditata dal Pleistocene di aree a pietraia (colate di pietrame e di blocchi), da colate
detritiche e talvolta, da frane attuali;
6. un settore litoraneo sedimentologicamente deficitario, in quanto dominato da coste di sommersione a
Rias, ovvero valli fluviali affogate dalla risalita olocenica (20Ky) del livello del mare, talvolta alimentate da
contributi solidi importanti (Delta del Padrogiano);
7. corpi alluvionali olocenici interposti fra area montana e linea di costa, attualmente reincisi;
8. assenza (o non evidenza) di terrazzamenti “antichi” (Pleistocene superiore).
Nello specifico del territorio comunale è stato quindi esposto il quadro delle conoscenze a carattere geologico,
geomorfologico e idrogeologico che debbono essere assunte ai fini della progettazione delle opere. Ciò in
quanto le variabili ad esse connesse comportano assunzioni complementari di responsabilità nella definizione
delle geometrie progettuali poiché esse giocano un ruolo non secondario sia nello sviluppo al suolo delle
dinamiche di piena dei corpi idrici superficiali che attraversano il territorio di Olbia, condizionandone la risposta,
impulsiva o meno, sia nella efficacia e nella efficienza degli stessi interventi.
I corpi idrici presenti nel territorio e interessati dal presente elaborato sono:
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il Riu/Canale San Nicola-Riu de S’Abba Fritta,
il Canale Zozò,
il Riu/Canale S’Eligheddu,
il Riu/Canale Gadduresu,
Il Riu Cecilia (o Riu Santa Cecilia)
il Riu/Canale de Tannaule,
il Canale Paule Longa25
il Canale Tilibas
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Fra essi quelli che sono stati oggetto di specifiche ricostruzioni litostratigrafiche a scala di dettaglio, in quanto
interessati direttamente dalle opere previste dal progetto sono:
 il Riu/Canale San Nicola-Riu de S’Abba Fritta,
 il Canale Zozò,
 il Riu/Canale S’Eligheddu,
 il Riu/Canale Gadduresu,
 Il Riu Cecilia (o Riu Santa Cecilia)
 il Riu/Canale de Tannaule,
Nel corso dell’indagine, si è accertato o si è confermato che la pericolosità idrogeologica del territorio di Olbia
e, nello specifico, della sua area urbana, ha le sue cause predisponenti nei seguenti elementi:
1. Basamento geolitologico poco permeabile in genere e quasi impermeabile a monte;
2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore circostante lo spazio urbano alti
gradienti clivometrici;
3. Inviluppo semiicircolare dei Bacini idrografici inscritto in uno spartiacque ad “anfiteatro” e drenante in una
valle a Rias;
4. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo che ne giustifica il sostanziale denudamento, con
coperture molto limitate e tendenzialmente collocate solo sulla stretta frangia costiera.
5. Scarso sviluppo longitudinale della Piana costiera;
6. Morfostruttura e tronchi vallivi principali impostati lungo direttrici tettoniche o da esse condizionati;
7. Singoli bacini idrografici relativamente poco estesi (cosa questa che rende più complessa ed esposta ad
incertezze la previsione idrologica);
8. Sub Bacini idrografici circolari o sub circolari in grado di sviluppare idrogrammi di piena più impulsivi
(molto chiaro il caso del S’Eligheddu), quindi anche con maggiore capacità di carico solido, a parità di
portata;
9. Presenza di diffusi, più o meno continui, stati di alterazione delle matrici rocciose granitoidi, in particolare
di quelle granodioritiche e monzogranitiche, che possono spingersi fino all’arenizzazione (o
arenitizzazione) più o meno profonda, la quale mutando i caratteri di resistenza all’attrito rispetto agli
ammassi originari, espone il sostrato granitoide a processi di erosione superficiale e/o incanalata;
10. Presenza di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo antiche
che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici, con saltuarie
possibilità di innesco di colate di detriti;
11. Elevata energia del rilievo nel settore idrografico montano retrostante la Piana costiera e al passaggio con
quello pedemontano e collinare;
12. Modesta capacità di immagazzinamento delle coltri arenizzate, in quanto di modesto spessore nelle aree
pianeggianti;
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Nello sviluppo del lavoro a tale corpo idrico è stata conferita la denominazione di Paule Longa in ossequio alla ricostruzione storica eseguita nel corso
dell’indagine.
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13. Scarsa capacità di ritenzione idrica nel territorio urbano e nelle frange popolate periurbane, ancor che non
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bitumate, per la presenza di ampi spazi di suoli rimaneggiati o costipati nell’ambito dello sviluppo edilizio,
tanto più in un contesto pervasivo di Piani di Risanamento;
Diffusione di spazi idrografici occupati da materiali di risulta recenti e da colmate conseguenti a progetti
storici, tutti facilmente erodibili in caso di dinamiche impulsive;
Prevalenza morfodinamica dell’attività di trasporto e recapito fluviale su quella di rimozione alle foci e,
dunque, tendenza di queste ultime ad occludersi per insabbiamento (sovralluvionamento);
Ingente proliferazione di canneti (Arundo donax) in tutte le sezioni degli alvei con tendenze
all’insabbiamento per presenza, sia pure in subordine, di limi ed argille, soprattutto se esposte alla luce e
prive o private di protezione arborea (si è sottolineato come la proliferazione possa anche essere
connessa con l’azione di rimozione meccanica degli stessi);
Assetto complessivamente lagunare della condizione marittima della foce, con possibilità di marea
sigiziale superiore alla media sarda, a fronte di un sensibile diminuzione delle azioni ondose rispetto a
corrispettivi paraggi con medesime esposizioni.
Tali condizioni, oggi come nel passato, sia nel loro comporsi che separatamente fra loro, non possono essere
trascurate al fine di non replicare gli equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere la Gallura un’area
piuttosto immune da dissesti idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare
significativo trasporto solido sulle reti idrografiche. La casistica delle calamità, quanto meno degli ultimi 50 anni,
è eloquente quanto ricorrente a tal punto da sollevare dubbi sulla corretta correlazione degli eventi in termini di
tempi di ritorno.
Peraltro, gli elementi artificiali che nella realtà amplificano pericolosità naturale e rischio idrogeologico di Olbia
non sono né quantitativamente scarsi né qualitativamente trascurabili e sono legati soprattutto a:
 l’artificiosità di diversi geometrie dei canali (Gadduresu) che ne ostacolano i deflussi, anche laddove
l’obiettivo di tali geometrie sia mitigatorio (ad es.: canale diversivo San Nicola-Zozò);
 l’insufficienza di numerose sezioni, soprattutto relative agli attraversamenti;
 l’incongruenza di numerose opere disposte in sequenza spaziale lungo i canali, laddove la miglioria sia
a monte piuttosto che a valle;
 la larghezza maggiore a monte che a valle di numerose sezioni (è palese il caso del Gadduresu a
monte di via Stromboli, rispetto alla sezione a valle);
 gli stravolgimenti dei profili plano-altimetrici ai lati di taluni torrenti che impedendo l’espansione su di un
lato, l’amplificano nell’altro (è il caso del Canale Gadduresu a valle di via Archimede, laddove il lato Sx
non esonda ma in Dx si assiste alla concentrazione dei flussi sino alla via Cimabue; cfr. Paule Piana);
 l’urbanizzazione di aree particolarmente depresse (ad es.: via Baratta, via Lazio etc.), spesso in aree in
passato oggetto di canalizzazione (Paule Longa; Paule Piana; cfr. elaborato A07 dello Studio di
Variante al PAI), al di là del rispetto o meno delle distanze di legge (RD 523/1904);
 la stretta pertinenza dell’insediamento rispetto alla possibilità di moltiplicare gli oggetti mobilizzabili e
flottanti in caso di piena; cosa che, quanto meno sul piano della dinamica geomorfologica all’interno di
un centro abitato, per di più con opere di attraversamento incongrue, rende piuttosto accademico
qualunque discorso sul “franco minimo” e soprattutto su quali siano i criteri con cui determinarlo;
 la singolarità di talune soluzioni tese a coesistere coi canali (Fig.36).
A ciò si aggiunga il fatto che talune soluzioni mitigatrici degli ultimi anni sono state sopravvalutate rispetto al
loro reale beneficio con qualche opera dal carattere meramente palliativo.
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Fig. 36 - Stato di fatto Dicembre 2013 dell’ affluente Santa Cecilia in Dx del Riu Gaddurresu poco a
monte di via Pinturicchio e della confluenza deviata e rettificata sul prolungamento di via Stradella. Si
noti in secondo piano a valle di via Caravaggio, l’uscita a pelo libero del canale, tombato a partire
dall’intersezione con via Correggio. Vista verso monte. Attualmente la griglia è rimossa ed il muro in
Dx idrografica (Sx foto) è stato sollevato.
Fig. 37 - Affluente Dx del Gadduresu (Santa Cecilia), a valle di via Pinturicchio (foto verso monte,
Dicembre 2013)
Il dettaglio geomorfologico ed idrogeologico del quadro complessivo fornisce preziose informazioni di supporto
agli studi ed alle valutazioni idrauliche, in particolare per quel che consta agli elementi di caratterizzazione delle
mappe di assorbimento, quindi dei CN nell’applicazione del metodo SCS per la stima della portate di piena ai
vari Tr.
E’ stata inoltre preliminarmente verificata in chiave geologica la fattibilità degli interventi proponibili nonché di
quelli proposti, nello specifico quelli che comportano sviluppo areale e longitudinale, nonché movimento terra,
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posto che per gli eventuali ponti da ricostruire occorra, al contrario o più delle altre situazioni, ricorrere anche
ad approfondimenti di carattere geognostico e geofisico (velocità sismiche) sia per la scelta che per il
dimensionamento delle fondazioni. A parte è stato fornito un ulteriore contributo mirato alla discussione sulla
fattibilità delle casse di espansione che costituiscono, nell’ambito dello studio, il più importante intervento di
mitigazione del rischio idraulico.
In sintesi, com’è noto, gli interventi proposti per la progettazione nel quadro delle opere di mitigazione del
rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia sono stati suddivisi in:
A. Interventi strutturali di mitigazione
B. Progetti di messa in sicurezza
In A si tratta essenzialmente di realizzare n.2 casse di laminazione sul reticolo del Seligheddu, n.1 cassa di
laminazione sul San Nicola e n. 1 Cassa di laminazione sul Riu de S’Abba Fritta. Per B si contemplano:
 Numerosi adeguamenti (allargamenti) delle sezioni del Seligheddu e del San Nicola secondo i dati in
Tab.10. Tutti gli attraversamenti della viabilità dovranno essere adeguati alla nuova geometria delle
sezioni idrauliche
 n.1 Scolmatore26 Riu Gadduresu con recapito nel Riu Seligheddu
 n. 1 Diversivo collegante il canale Paule Longa e il Riu Tannaule con recapito nel Riu Seligheddu
 n.1 Diversivo del Canale Zozò con recapito nel Riu San Nicola
Un ulteriore scolmatore del Seligheddu (Fig. 38 tratta da A05 dello Studio di Variante al PAI) con recapito a
valle sulla stessa asta sarebbe necessario in località Isticcadeddu ove non fosse possibile beneficiare della
deroga sul franco idraulico. La lunghezza del canale scolmatore sarebbe di circa 1.3 km con una larghezza di
18 m, calcolata per una pendenza del 4 ‰.
Fig. 38- Localizzazione eventuale scolmatore Isticadeddu
Lo studio geologico ha riscontrato che le caratteristiche litostratigrafiche e geolitologiche dei luoghi, sono tali da
garantire che in tutte le prospettate aree d’intervento, in assenza come in presenza di colmate artificiali, siano
assenti fenomeni di frana in atto o potenziali di qualunque tipologia, di voragine sotterranea (sinkhole latu
26
I termini di Scolmatore e di Diversivo utilizzati in questo paragrafo sono mutuati in ossequio allo studio Idraulico ma s’intende precisare che essi sono
concettualizzati in modo del tutto opposto a quelli impiegati nelle restanti parti della presente relazione e nei restanti elaborati dello Studio Geomorfologico. A questo
fine si è inteso infatti che sia i Diversivi che gli Scolmatori sono manufatti che sottraggono una parte della portata di piena ad un corso d'acqua , deviandola
direttamente alla foce marittima oppure destinandola su un altro corpo idrico recettore o, ancora, restituendola più a valle nel medesimo corso d'acqua. Ma mentre gli
Scolmatori hanno lo scopo di derivare solo una parte delle acque di piena od eventualmente di morbida e per questo generalmente all'imbocco hanno una soglia
fissa, talvolta regolata con paratoie, i Diversivi derivano permanentemente una frazione della portata dell’alveo naturale di un corso d’acqua e, di conseguenza,
costituiscono canali artificiali liberi cioè non dotati di soglie o altre opere di regolazione.
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sensu) e di carsismo attivo o fossile che in qualche misura possano limitare la sicurezza e pregiudicare la
pubblica o privata incolumità nelle attuali condizioni o in conseguenza di attività dei cantieri. I progetti a sviluppo
lineare sugli alvei o canali dovranno tuttavia commisurarsi con le necessità di verificare e se del caso
assicurare la tenuta degli scavi, dal momento che la gran parte di essi è prevista su sezioni in terra da
scarsamente addensata a sciolta. Dovranno inoltre essere previste le necessarie misure di aggottamento per
l’allontanamento delle acque per i lavori e le operazioni in alveo. Una particolare difficoltà sarà invece
rappresentata negli ambiti strettamente urbani, dalla presenza di sottoservizi che dovrà essere preliminarmente
accertata.
Si è detto che complementarmente all’indagine, vi è stata la raccolta delle informazioni geognostiche derivanti
da progetti precedenti effettuati dal Comune. Tale attività ha reso possibile in talune aree (su tutte Gadduresu e
San Nicola) il perfezionamento delle conoscenze stratigrafiche e dei Profili geologici elaborati in questa fase
anche in assenza di indagini dirette specifiche. E’ stata inoltre possibile la stesura di un documento denominato
Stratigrafie indagini geognostiche pregresse che non solo sarà prezioso d’ora in avanti ma che ha reso
possibile la stesura di un Piano Indagini di massima al netto delle indagini svolte in passato per cui vi saranno
economie sulle stesse.
Fig. 39- Esempio di un profilo sul Riu San Nicola tarato su sondaggi eseguiti in passato per progetti pubblici (lo stesso non è stato tuttavia
perfezionato in questa fase, per motivi di tempo)
Fig. 40- Esempio di profilo geologico elaborato per la progettazione del Riu Gadduresu a monte di via Barcellona (via Santa Monica)
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Si sottolinea inoltre che tutti gli interventi lineari ed areali proposti non sono soggetti né vanno incontro ad
alcuna particolare incertezza di ordine geolitologico e geomorfologico né a particolari difficoltà che non siano
affrontabili tecnicamente. In taluni di essi (Casse di espansione, in particolare e scolmatore Seligheddu di
Isticcadeddu, scolmatore Pasana, soprattuto) le escavazioni interesseranno necessariamente prolungate
sezioni rocciose e dovranno avvalersi di mezzi meccanici relativamente complessi come i martelli demolitori. La
natura dei sostrati da escavare, in particolare nel caso più diffuso dei granitoidi arenizzati, negli interventi areali
e nelle vicinanze dei quartieri, dovrà imporre, in primo luogo in caso di ventilazione, indispensabili misure di
umidificazione delle superfici da escavare e dei volumi mobilizzati. Ciò con la finalità di abbattimento delle
polveri la cui concentrazione e diffusione diverrebbe del tutto incompatibile con le garanzie di salubrità.
Gli adeguamenti di numerose sezioni comporteranno altrettanti adeguamenti di attraversamenti fra i quali
appaiono molto complessi quelli in prossimità della foce a mare (ferrovia) e quello della SS127 o via V. Veneto.
Costituenti essenziali del presente studio sono le carte Geologiche dei Bacini e i Profili geologici elaborati in
base alle conoscenze di campo, agli studi del passato, ai lavori svolti e come detto da tarature geognostiche
ereditate dall’amministrazione in un quindicennio. In particolare i profili litostratigrafici longitudinali sono stati
eseguiti a supporto della progettazione dei singoli interventi così come previsto dalle norme.
Non è stato tuttavia possibile beneficiare al momento di una vera indagine definitiva, che sulla base del piano di
massima presentato, dovrà essere meglio definita in fase successiva ma ci si è limitati a sfruttare col massimo
dettaglio possibile , gli elementi cognitivi fin qui acquisiti.
Dott. Geol. Giovanni TILOCCA
Lì, 24 Maggio 2015
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