I e II parte - Ospedali riuniti di Trieste

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I e II parte - Ospedali riuniti di Trieste
Servizio Sanitario Regionale
AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA
Ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione
( D.P.C.M. 8 aprile 1993)
O SPEDALI R IUNITI DI T RIESTE
F ACOLTÀ DI M EDICINA E C HIRURGIA
SC Affari Generali e Legali - Direttore: dott.ssa Federica Berni
SERVIZIO SANITARIO REGIONALE
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA
"OSPEDALI RIUNITI"
TRIESTE
NUOVO CODICE DISCIPLINARE
a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 62/2013
A cura dell' Ufficio per l'Attività Disciplinare dell’AOU.
INDICE
I PARTE
NORME DI CARATTERE GENERALE
- D.P.R. 16 aprile 2013 n. 62
Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo
54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165…………………………………… pag. 3
- Decreto Legislativo n. 165 dd. 30/03/2001 del 2001
Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
Amministrazioni pubbliche …………………………………………………………….pag. 9
- Dec. Leg.vo n. 150 dd. 27/10/2009
Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione
della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza
delle pubbliche amministrazioni ……………………………………………………. pag. 14
CIRCOLARI ESPLICATIVE al D. Lvo n. 150/2009 ……………………………….. pag. 23
- CIRCOLARE 12 novembre 2009 , n. 7
Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 - Controlli sulle assenze
per malattia …………………………………………………………………………… pag. 23
- CIRCOLARE 27 novembre 2009 , n. 9
Decreto legislativo n. 150 del 2009 - Disciplina in tema di procedimento
disciplinare e rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento
penale - prime indicazioni circa l'applicazione delle nuove norme……………….. pag. 24
- CIRCOLARE 28 aprile 2010 , n. 5 Articolo 55-quinquies del decreto
legislativo n. 165 del 2001 (introdotto dal decreto legislativo n. 150
del 2009) - Assenze dal servizio dei pubblici dipendenti – responsabilità
e sanzioni per i medici ………………………………………………………………... pag. 26
- CIRCOLARE 12 luglio 2001, n.2198 Norme sul comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ……..pag. 28
- CODICE CIVILE : Artt. 2104 – 2105 – 2106 ……………………………………… pag. 29
II PARTE
CODICI DISCIPLINARI
- CODICE DISCIPLINARE DEL COMPARTO …………………………………….. pag. 30
1
CCNL comparto Sanità personale non dirigente - parte normativa
1994/1997 e parte economica 1994/1995 dd. 01/09/1995 ………………………. pag. 30
CCNL del comparto del personale del servizio sanitario nazionale parte normativa quadriennio 2002/2005 e parte economica biennio
2002/2003 dd. 19/04/2004 …………………………………………………………… pag. 34
CCNL del personale del comparto del servizio sanitario nazionale
quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006 -2007
dd. 10/04/2008 ………………………………………………………………………….pag. 39
- CODICE DISCIPLINARE DELLA DIRIGENZA MEDICA E VETERINARIA ….. pag. 42
CCNL dell'area della dirigenza medico – veterinaria del
Servizio Sanitario Nazionale - contratto integrativo del CCNL
del 17 ottobre 2008 dd. 06/05/2010 …………………………………………………. pag. 42
- CODICE DISCIPLINARE DELLA DIRIGENZA SANITARIA,
PROFESSIONALE, TECNICO ED AMMINISTRATIVA ………………………….. pag. 52
CCNL dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica
e amministrativa del servizio sanitario nazionale - contratto
integrativo del CCNL del 17 ottobre 2008…………………………………………… pag. 52
III PARTE:
ATTI DELL’AOUTS IN MATERIA DISCIPLINARE
Codice di comportamento di AOUTS…………………………………………………pag. 62
(adottato con Deliberazione del Direttore Generale n. 87 dd. 08.04.2014)
Delibera n. 724 dd. 27.12.2006: Ufficio per l’Attività Disciplinare
dell’AOU. Individuazione del Dirigente e dei Funzionari componenti
l’Ufficio per lo svolgimento degli specifici adempimenti …………………………… pag. 73
Circolare dd. 17.11.2009 :Nuove disposizioni sul procedimento disciplinare.
Prime misure organizzative ………………………………………………………….. pag. 77
Circolare dd. 29.07.2010 sull’introduzione della responsabilità disciplinare e del relativo
procedimento a seguito dell’approvazione del Contratto Collettivo Nazionale
di Lavoro per la Dirigenza Medica, e Veterinaria e per quella Sanitaria,
Professionale, Tecnica ed Amministrativa ………………………………………….. pag. 82
Circolare dd. 31.10.2011: modifiche del procedimento disciplinare……………...pag. 85
APPENDICE
Slides procedimento disciplinare….………………………………………………….. pag. 86
2
I PARTE
NORMATIVA DI CARATTERE GENERALE
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62
Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma
dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
(G.U. n.129 del 4 giugno 2013)
Art. 1 - Disposizioni di carattere generale
1. Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i
pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.
2. Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle
singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.
Art. 2 - Ambito di applicazione
1. Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3,
del medesimo decreto.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le
norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di
personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei
rispettivi ordinamenti.
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono,
per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con
qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta
collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici
di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei
contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono
apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi
derivanti dal presente codice.
4. Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di
Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di
attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti
funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.
Art. 3 - Principi generali
1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria
condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri
compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui
è titolare.
2. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività,
trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di
conflitto di interessi.
3. Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e
comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o
all'immagine della pubblica amministrazione.
3
Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati
conferiti.
4. Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza
ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire
una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.
5. Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a
parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione
amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche
genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale,
disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.
6. Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche
amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche
telematica, nel rispetto della normativa vigente.
Art. 4 - Regali, compensi e altre utilità
1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.
2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati
occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In
ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o
per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto
un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, né da
soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio
ricoperto.
3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o
altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o
altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.
4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso
dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi
a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.
5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore,
in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole
amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in
relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.
6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel
biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.
7. Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla
corretta applicazione del presente articolo.
Art. 5 - Partecipazione ad associazioni e organizzazioni
1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al
responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a
prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento
dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.
2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, né esercita
pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.
Art. 6 - Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse
1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto
dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di
collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre
anni, precisando:
4
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora
rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti
all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di
conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro
il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli
derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
Art. 7 - Obbligo di astensione
1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi
propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le
quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia
causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni
di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati,
società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in
cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.
Art. 8 - Prevenzione della corruzione
1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il
dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua
collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia
all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione
di cui sia venuto a conoscenza.
Art. 9 - Trasparenza e tracciabilità
1. Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche
amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione
nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.
2. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un
adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.
Art. 10 - Comportamento nei rapporti privati
1. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extra lavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il
dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli
spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.
Art. 11 - Comportamento in servizio
1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo,
non ritarda né adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di
decisioni di propria spettanza.
2. Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni
previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
3. Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e
telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto
dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal
trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.
Art. 12 - Rapporti con il pubblico
1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od
altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio,
anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e
disponibilità e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica,
opera nella maniera più completa e accurata possibile. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per
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materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente,
fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento
proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilità od il coordinamento. Nelle operazioni da
svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso
ordine di priorità stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con
motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro
reclami.
2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si
astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione.
3. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il
rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il
dipendente opera al fine di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi
erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
4. Il dipendente non assume impegni n è anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di
fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o
conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando
sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie
ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di
accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.
5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e,
qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o
dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della
richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni
interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.
Art. 13 - Disposizioni particolari per i dirigenti
1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai
dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001
e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai
dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché ai funzionari responsabili di
posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.
2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico,
persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento
dell'incarico.
3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli
altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se
ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o
economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni
o nelle attività inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le
dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.
4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei
rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le
risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per
esigenze personali.
5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è
preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla
circolazione delle informazioni, alla formazione e all'aggiornamento del personale, all'inclusione e alla
valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.
6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo
conto delle capacità, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli
incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.
7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui è preposto con imparzialità e
rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.
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8. Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e
conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorità
disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia
all'autorità giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui
riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il
segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione,
all'attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi.
Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei
confronti dell'amministrazione.
Art. 14 - Contratti ed altri atti negoziali
1. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché
nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad
alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del
contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di
intermediazione professionale.
2. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio,
finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre
utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso
in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con
imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio
precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del
contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.
3. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli
conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia
concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per
conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.
4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale
responsabile della gestione del personale.
5. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte
l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa
immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.
Art. 15 - Vigilanza, monitoraggio e attività formative
1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del
presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di
ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.
2. Ai fini dell'attività di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono
dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del
2001 che svolge, altresì, le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente già istituiti.
3. Le attività svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali
previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1,
comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di
cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di
comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la
raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto
legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza
dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi
dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della
comunicazione all'Autorità nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012,
n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attività previste dal presente articolo, l'ufficio
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procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7,
della legge n. 190 del 2012.
4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio
procedimenti disciplinari può chiedere all'Autorità nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto
stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.
5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attività formative in materia di trasparenza e integrità,
che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento,
nonché un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.
6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida
necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.
7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane,
finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 16 - Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice
1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio.
Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri
e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile,
amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito
del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.
2. Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la
violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento e all'entità del pregiudizio,
anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili
sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono
essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di
cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata
correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma
2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì
nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali,
e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle
sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.
3. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai
regolamenti e dai contratti collettivi.
4. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti
previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.
Art. 17- Disposizioni finali e abrogazioni
1. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet
istituzionale e nella rete intranet, nonché trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di
contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi
negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonché ai collaboratori a qualsiasi
titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione,
contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico,
consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di
comportamento.
2. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi
dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalità previste
dal comma 1 del presente articolo.
3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante "Codice di comportamento
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, è
abrogato.
8
Decreto Legislativo n. 165 dd. 30/03/2001 del 2001- Norme generali sull’ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
[Modificato successivamente dal Dec. Leg.vo n. 150 dd. 27/10/2009 pubblicato nel
S.O.n. 197 alla G.U. n.254 dd. 31/10/2009 e in vigore dal 15/11/2009 ]
[ …….OMISSIS………]
Articolo 54
Codice di comportamento
(Art. 58-bis del d.lgs n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 26 del d.lgs n. 546 del 1993 e successivamente
sostituito dall'art. 27 del d.lgs n. 80 del 1998)
1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo
43, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle
necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse
amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'ARAN indirizzi, ai sensi dell'articolo 41, comma 1 e dell'articolo 70,
comma 4, affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi principi vengano coordinati
con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un
codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il
codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5. L'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali
rappresentative ai sensi dell'articolo 43 e le associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al
comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione di
uno specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta
applicazione dei codici di cui al presente articolo.
«Art. 55 (Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative)
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all'articolo 55-octies, costituiscono norme
imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419,secondo comma, del codice civile, e si applicano ai
rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo
1, comma 2.
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di
cui al comma 1 si applica l'articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente
Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito
istituzionale dell'amministrazione del codice disciplinare, recante l'indicazione delle predette infrazioni e relative
sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.
3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta
salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei
casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine
non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell'addebito e comunque prima dell'irrogazione della sanzione.
La sanzione concordemente determinata all'esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella
prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l'infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad
impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura
conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli
atti della procedura conciliativa che ne determinano l'inizio e la conclusione.
4. Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli
55-bis,comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le
disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento
sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19, comma 3.».
9
«Art. 55-bis (Forme e termini del procedimento disciplinare).
1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale
ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento
disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del
comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili
con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le
disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina
stabilita dal contratto collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di
comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui
al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l'addebito al
dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa,con l'eventuale assistenza di un procuratore
ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un
preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può
inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del
termine per l'esercizio della sua difesa. Dopo l'espletamento dell'eventuale ulteriore attività istruttoria, il
responsabile della struttura conclude il procedimento, con l'atto di archiviazione o di
irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell'addebito. In caso di differimento
superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del
procedimento è prorogato in misura corrispondente.
Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti
nel presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare ovvero, per il
dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di
quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all'ufficio
individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all'interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento,individua l'ufficio competente per i procedimenti
disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l'addebito al dipendente, lo
convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel
comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con
applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l'eventuale sospensione ai sensi dell'articolo 55ter. Il termine per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del
comma 3 ovvero dalla data nella quale l'ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell'infrazione, mentre la decorrenza
del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della
notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La
violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione
disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell'ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta
elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a
mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell'addebito, il dipendente può indicare, altresì, un
numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all'uso della posta elettronica
certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata
postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. È esclusa
l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.
6. Nel corso dell'istruttoria, il capo della struttura o l'ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da
altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta
attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, né il differimento dei relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell'incolpato o ad
una diversa, che,essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un
procedimento disciplinare in corso,rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall'autorità
disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all'applicazione, da parte
dell'amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione
della retribuzione, commisurata alla gravità dell'illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici
giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un'altra amministrazione pubblica, il
procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest'ultima. In tali casi i termini
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per la contestazione dell'addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e
riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o
se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente
corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti
giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Art. 55-ter (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento
penale)
- 1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede
l'autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di
minore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la sospensione del
procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, l'ufficio
competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando
all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, può sospendere
il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri
strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l'irrogazione di una sanzione e,
successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che
riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente
medesimo non lo ha commesso, l'autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di
decadenza di sei mesi dall' irrevocabilità della Pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per
modificarne o confermarne l'atto conclusivo in relazione all'esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l'archiviazione ed il processo penale con una sentenza
irrevocabile di condanna, l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni
conclusive all'esito del giudizio penale.
Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto
addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata
applicata una diversa.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro
sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero
dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura.
La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità
disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell'articolo 55-bis. Ai fini delle
determinazioni conclusive, l'autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le
disposizioni dell'articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale.
Art. 55-quater (Licenziamento disciplinare)
- 1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori
ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei
seguenti casi:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o
con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica
falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco
di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del
servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro
ovvero di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o
comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;
11
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero
l'estinzione,comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco
temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle
disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche,
una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la
prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari,dal contratto collettivo o individuale, da atti e
provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso.
Art. 55-quinquies (False attestazioni o certificazioni)
- 1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che
attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza
o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa
o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da
euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione
del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è
obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i
quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il
medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza
dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal
servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente
documentati.
Art. 55-sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e
limitazione della responsabilità per l'esercizio dell'azione disciplinare).
- 1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del
lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o
regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza
o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54, comporta l'applicazione nei suoi confronti, ove già non
ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare,della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all'entità del
risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento
dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi
delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni
pubbliche, è collocato in disponibilità, all'esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si
applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 33,comma 8, e all'articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il
provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire
l'eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di
percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare,dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato
motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare
irragionevoli o manifestamente infondate,in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare,
comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell'infrazione non
perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì
la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del
periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione
della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto
collettivo.
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4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle
determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi
generali, ai casi di dolo o colpa grave.
Art. 55-septies (Controlli sulle assenze)
- 1. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il
secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione
medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario
nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal
medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le
modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e
in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall'articolo 50, comma 5-bis,del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,
introdotto dall'articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto è
immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata.
3. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni
interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente
assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione,
comporta l'applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le
aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
5. L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso
di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità
del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto
all'amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l'osservanza delle
disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità
dell'ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano,al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies,
comma 3.
Art. 55-octies (Permanente inidoneità psicofisica)
- 1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche, di cui all'articolo 2, comma 2, l'amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro.
Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400,
sono disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti
pubblici non economici:
a) la procedura da adottare per la verifica dell'idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell'Amministrazione;
b) la possibilità per l'amministrazione, nei casi di pericolo per l'incolumità del dipendente interessato nonché per
la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio, in
attesa dell'effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla
visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo;
c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e
gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in seguito all'effettuazione della visita di
idoneità;
d) la possibilità, per l'amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del
dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità.
Art. 55-novies (Identificazione del personale a contatto con il pubblico).
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- 1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a
rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l'uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la
postazione di lavoro.
2. Dall'obbligo di cui al comma 1 è escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di
categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o più decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta del Ministro
competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di
Conferenza Stato-città ed autonomie locali.».
Art. 56 (Impugnazione delle sanzioni disciplinari)
1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni
disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di' cui all'articolo 66, con
le modalità e con gli effetti di cui all'articolo 7, commi sesto e settimo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
D. L.vo n. 150 dd. 27/10/2009
[pubblicato nel S.O.n. 197 alla G.U. n.254 dd. 31/10/2009 e in vigore dal 15/11/2009 ]
"Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della
produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni.
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici
Art. 68
Ambito di applicazione, codice disciplinare, procedure di
Conciliazione
1. L'articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:
«Art. 55 (Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative)
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all'articolo 55-octies, costituiscono norme
imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419,secondo comma, del codice civile, e si applicano ai
rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo
1, comma 2.
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di
cui al comma 1 si applica l'articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente
Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito
istituzionale dell'amministrazione del codice disciplinare, recante l'indicazione delle predette infrazioni e relative
sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.
3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta
salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei
casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine
non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell'addebito e comunque prima dell'irrogazione della sanzione.
La sanzione concordemente determinata all'esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella
prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l'infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad
impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura
conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli
atti della procedura conciliativa che ne determinano l'inizio e la conclusione.
4. Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli
55-bis,comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le
disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento
sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19, comma 3.».
14
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici
Art. 69.
Disposizioni relative al procedimento disciplinare
1. Dopo l'articolo 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono inseriti i seguenti:
«Art. 55-bis (Forme e termini del procedimento disciplinare)
- 1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero
verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il
procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le
disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le
infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge
secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la
disciplina stabilita dal contratto collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di
comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui
al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l'addebito al
dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa,con l'eventuale assistenza di un procuratore
ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce
o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato,
se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento,
formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa. Dopo l'espletamento dell'eventuale
ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l'atto di archiviazione o di
irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell'addebito. In caso di differimento
superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del
procedimento è prorogato in misura corrispondente.
Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti
nel presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare ovvero, per il
dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di
quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all'ufficio
individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all'interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento,individua l'ufficio competente per i procedimenti
disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l'addebito al dipendente, lo
convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel
comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con
applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l'eventuale sospensione ai sensi dell'articolo 55ter. Il termine per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del
comma 3 ovvero dalla data nella quale l'ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell'infrazione, mentre la decorrenza
del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della
notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La
violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione
disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell'ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta
elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a
mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell'addebito, il dipendente può indicare, altresì, un
numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all'uso della posta elettronica
certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata
postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. È esclusa
l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.
6. Nel corso dell'istruttoria, il capo della struttura o l'ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da
altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta
attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, né il differimento dei relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell'incolpato o ad
una diversa, che,essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un
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procedimento disciplinare in corso,rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall'autorità
disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all'applicazione, da parte
dell'amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione
della retribuzione, commisurata alla gravità dell'illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici
giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un'altra amministrazione pubblica, il
procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest'ultima. In tali casi i termini
per la contestazione dell'addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e
riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o
se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente
corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti
giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Art. 55-ter (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento
penale).
- 1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede
l'autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di
minore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la
sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, secondo
periodo, l'ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al
dipendente e quando all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare
l'irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la
possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l'irrogazione di una sanzione e,
successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che
riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente
medesimo non lo ha commesso, l'autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di
decadenza di sei mesi dall' irrevocabilità della
Pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l'atto conclusivo in relazione
all'esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l'archiviazione ed il processo penale con una sentenza
irrevocabile di condanna, l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni
conclusive all'esito del giudizio penale.
Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto
addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata
applicata una diversa.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro
sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero
dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura.
La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità
disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell'articolo 55-bis. Ai fini delle
determinazioni conclusive, l'autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le
disposizioni dell'articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale.
Art. 55-quater (Licenziamento disciplinare)
- 1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori
ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei
seguenti casi:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o
con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica
falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco
di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del
servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
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c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro
ovvero di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o
comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero
l'estinzione,comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco
temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle
disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche,
una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la
prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari,dal contratto collettivo o individuale, da atti e
provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso.
Art. 55-quinquies (False attestazioni o certificazioni)
- 1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che
attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza
o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa
o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da
euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione
del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è
obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i
quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il
medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza
dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal
servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente
documentati.
Art. 55-sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e
limitazione della responsabilità per l'esercizio dell'azione disciplinare)
- 1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del
lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o
regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza
o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54, comporta l'applicazione nei suoi confronti, ove già non
ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare,della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all'entità del
risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento
dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi
delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni
pubbliche, è collocato in disponibilità, all'esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si
applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 33,comma 8, e all'articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il
provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire
l'eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di
percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare,dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato
motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare
irragionevoli o manifestamente infondate,in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare,
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comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in
proporzione alla gravità dell'infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni
sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo
pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica
dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove
non diversamente stabilito dal contratto collettivo.
4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle
determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi
generali, ai casi di dolo o colpa grave.
Art. 55-septies (Controlli sulle assenze)
- 1. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il
secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione
medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario
nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal
medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le
modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e
in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall'articolo 50, comma 5-bis,del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,
introdotto dall'articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto è
immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata.
3. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni
interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente
assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione,
comporta l'applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le
aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
5. L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso
di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità
del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del
Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione.
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto
all'amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l'osservanza delle
disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità
dell'ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano,al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies,
comma 3.
Art. 55-octies (Permanente inidoneità psicofisica)
- 1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche, di cui all'articolo 2, comma 2, l'amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro. Con regolamento da
emanarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati, per il
personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non
economici:
a) la procedura da adottare per la verifica dell'idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell'Amministrazione;
b) la possibilità per l'amministrazione, nei casi di pericolo per l'incolumità del dipendente interessato nonché per
la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio, in
attesa dell'effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla
visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo;
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c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e
gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in seguito all'effettuazione della visita di
idoneità;
d) la possibilità, per l'amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del
dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità.
Art. 55-novies (Identificazione del personale a contatto con il pubblico).
- 1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a
rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l'uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la
postazione di lavoro.
2. Dall'obbligo di cui al comma 1 è escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di
categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o più decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta del Ministro
competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di
Conferenza Stato-città ed autonomie locali.».
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici
Art. 70.
Comunicazione della sentenza
1. Dopo l'articolo 154-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989,
n. 271, è inserito il seguente: «Art. 154-ter (Comunicazione della sentenza).
- 1. La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di
un'amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all'amministrazione di appartenenza e, su richiesta di
questa,trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con
modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del
deposito.».
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici
Art. 71.
Ampliamento dei poteri ispettivi
1. All'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica è istituito l'Ispettorato
per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato. L'Ispettorato vigila e svolge
verifiche sulla conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull'efficacia
della sua attività con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto
conferimento degli incarichi, sull'esercizio dei poteri disciplinari,sull'osservanza delle disposizioni vigenti in
materia di controllo dei costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro. Collabora alle verifiche
ispettive di cui al comma 5. Nell'ambito delle proprie verifiche, l'Ispettorato può avvalersi della Guardia di Finanza
che opera nell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalle leggi vigenti. Per le predette finalità l'Ispettorato si avvale
altresì di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra esperti del Ministero dell'economia e delle finanze,
del Ministero dell'interno, o comunque tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando
o fuori ruolo, per il quale si applicano l'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l'articolo 56,
comma 7, del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l'esercizio delle funzioni
ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte
anche d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze,l'Ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle
amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 53.L'Ispettorato, inoltre, al fine di
corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o
inadempienze delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in
relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici
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giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall'ispettorato costituiscono obbligo di
valutazione, ai fini dell'individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all'articolo
55, per l'amministrazione medesima. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia
funzionale ed hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei
conti le irregolarità riscontrate.».
Nota all'art. 71:
- Si riporta il testo dell'art. 60, del già citato decreto legislativo n. 165 del 2001, così come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 60 (Controllo del costo del lavoro). - 1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce
un modello di rilevazione della consistenza del personale,in servizio e in quiescenza, e delle relative spese, ivi
compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a
preventivo e a consuntivo, mediante allegati ai bilanci. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica elabora, altresì, un conto annuale che evidenziano che il rapporto tra contribuzioni e prestazioni
previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.
2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti, per il
tramite del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed inviandone copia alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate
secondo il modello di cui al comma 1. Il conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni
pubbliche espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna
amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai
regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto e della relativa relazione
determina, per l'anno successivo a quello cui il conto si riferisce, l'applicazione delle misure di cui all'art.
30,comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Le comunicazioni
previste dal presente comma sono trasmesse, a cura del Ministero
dell'economia e delle finanze, anche all'Unione delle province d'Italia (UPI), all'Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI) e all'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM), per via telematica.
3. Gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità nonché gli enti e le aziende di
cui all'art. 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del
personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con il
predetto Dipartimento della funzione pubblica.
4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al
personale del settore pubblico, avvalendosi di
tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite relazioni in corso
d'anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori
ed interventi.
5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, anche su espressa richiesta del
Ministro per la funzione pubblica, dispone visite
ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato,coordinate
anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri
dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali
verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al
comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle verifiche ispettive, i servizi
ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette
amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all'art. 2, comma 1,lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28
aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui all'art. 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.
6. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica è istituito l'Ispettorato per
la funzione pubblica, che opera alle
dirette dipendenze del Ministro delegato. L'Ispettorato vigila e svolge verifiche sulla conformità dell'azione
amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull'efficacia della sua attività con
particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto conferimento degli
incarichi, sull'esercizio dei poteri disciplinari,sull'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei
costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro. Collabora alle verifiche ispettive di cui al comma
5. Nell'ambito delle proprie
verifiche, l'Ispettorato può avvalersi della Guardia di Finanza che opera nell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti
dalle leggi vigenti. Per le predette finalità l'Ispettorato si avvale altresì di un numero complessivo
di dieci funzionari scelti tra esperti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, o
comunque tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, per il quale si
applicano l'art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l'art. 56, comma 7, del Testo unico delle
disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l'esercizio delle funzioni ispettive connesse, in
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particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d'intesa con il
Ministero dell'economia e delle finanze, l'Ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al
Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'art. 53. L'Ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a
segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali
l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A
conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall'ispettorato costituiscono obbligo di valutazione,
ai fini dell'individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all'art. 55, per
l'amministrazione medesima. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed
hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti le
irregolarità riscontrate.».
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici
Art. 72.
Abrogazioni
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 71, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n.133;
b) articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297;
c) l'articolo 56 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. All'articolo 5, comma 4, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le
parole: «, salvi termini diversi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro,» sono soppresse.
Nota all'art. 72:
- Si riporta il testo del comma 4 dell'art. 5, della legge 27 marzo 2001, n. 97, così come modificato dal presente
decreto legislativo:
«4. Salvo quanto disposto dall'art. 32-quinquies del codice penale, nel caso sia pronunciata sentenza penale
irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti indicati nel comma 1 dell'art. 3, ancorché a pena
condizionalmente sospesa, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di
procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare
deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla
comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare. Il
procedimento disciplinare deve concludersi, [salvi termini diversi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro,]
entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall'art.653 del
codice di procedura penale.».
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici
Art. 73.
Norme transitorie
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto non è ammessa, a pena di nullità, l'impugnazione di
sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina. I procedimenti di impugnazione di sanzioni disciplinari
pendenti dinanzi ai predetti collegi alla data di entrata in vigore del presente decreto sono definiti, a pena di nullità
degli atti, entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla predetta data.
2. L'obbligo di esposizione di cartellini o targhe identificativi,previsto dall'articolo 55-novies del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'articolo 69 del presente decreto, decorre dal novantesimo giorno
successivo all'entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni di legge, non incompatibili con quelle del presente decreto, concernenti singole amministrazioni
e recanti fattispecie sanzionatorie specificamente concernenti i rapporti di lavoro del personale di cui all'articolo 2,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, continuano ad essere applicabili fino al primo rinnovo del
contratto collettivo di settore successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Nota all'art. 73:
- Per il riferimento all'art. 2, del già citato decreto
legislativo n. 165 del 2001, vedasi in note all'art. 1.
21
TITOLO V
NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 74.
Ambito di applicazione
1. Gli articoli 11, commi 1 e 3, da 28 a 30, da 33 a 36, 54, 57,61, 62, comma 1, 64, 65, 66, 68, 69 e 73, commi 1 e
3, rientrano nella potestà legislativa esclusiva esercitata dallo Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma,
lettere l) ed m), della Costituzione.
2. Gli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9, 15, comma 1, 17, comma 2,18, 23, commi 1 e 2, 24, commi 1 e 2, 25, 26, 27,
comma 1, e l'articolo 62, commi 1-bis e 1-ter recano norme di diretta attuazione dell'articolo 97 della Costituzione
e costituiscono principi generali dell'ordinamento ai quali si adeguano le regioni e gli enti locali,anche con
riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale,negli ambiti di rispettiva competenza.
3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono determinati, in attuazione dell'articolo 2,
comma 5, della legge 4 marzo 2009, n.15, limiti e modalità di applicazione delle disposizioni, anche inderogabili,
del presente decreto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche con riferimento alla definizione del
comparto autonomo di contrattazione collettiva, in considerazione della peculiarità del relativo ordinamento, che
discende dagli articoli 92 e 95 della Costituzione. Fino alla data di entrata in vigore di ciascuno di tali decreti, alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri continua ad applicarsi la normativa previgente.
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e
della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di applicazione
delle diposizioni dei Titoli II e III del presente decreto al personale docente della scuola e delle istituzioni di alta
formazione artistica e musicale, nonché ai tecnologi e ai ricercatori degli enti di ricerca. Resta comunque esclusa
la costituzione degli Organismi di cui all'articolo 14 nell'ambito del sistema scolastico e delle istituzioni di alta
formazione artistica e musicale.
5. Le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative
norme di attuazione.
Nota all'art. 74:
- Per il riferimento all'art. 117 della Costituzione,vedasi in note alle premesse.
- Si riporta il testo dell'art. 97 della Costituzione:
«Art. 97. - I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e la imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie
dei funzionari.
Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.».
- Per il riferimento all'art. 2, della già citata legge n. 15 del 2009, vedasi in note all'art. 1.
22
CIRCOLARI ESPLICATIVE AL DEC. LEG.VO 150/2009
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO DELLE FUNZIONI PUBBLICHE
CIRCOLARE 12 novembre 2009 , n. 7
Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Controlli sulle assenze per malattia. (10A02093)
Alle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Sul supplemento ordinario n. 197/L alla Gazzetta ufficiale del 31 ottobre 2009 è stato pubblicato il decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di
ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni».
Il decreto legislativo, stante l'ordinario termine di vacatio legis, entrerà in vigore il 15 novembre prossimo.
Il provvedimento normativo contiene sostanziali novità in materia di valutazione, di ordinamento del lavoro nelle
pubbliche amministrazioni e di responsabilità dei pubblici dipendenti. In disparte l'analisi dei vari aspetti innovativi
della disciplina, che sarà oggetto di successivi approfondimenti, considerato l'impegno profuso sin dall'inizio del
mandato nel contrastare l'assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, si ritiene utile richiamare già ora
l'attenzione delle amministrazioni su alcuni aspetti della normativa in materia di controlli sulle assenze contenuta
nel provvedimento in questione.
In proposito, l'art. 69 del decreto legislativo n. 150 ha introdotto nel corpo del decreto legislativo n. 165 del 2001 –
tra gli altri - l'art. 55-septies, rubricato «Controlli sulle assenze».
Il comma 5 di tale ultimo articolo specificamente dispone:
«5. L'amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso
di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità
del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.».
Per quanto riguarda il primo periodo del comma, rimane immutata la disciplina sostanziale già introdotta con l'art.
71, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008 (il quale viene contestualmente
abrogato dall'art. 72, comma 1 del decreto legislativo n. 150 del 2009) e, con essa, rimangono valide le
indicazioni già fornite in precedenza circa l'interpretazione della norma (circolari numeri 7 e 8 del 2008 e circolare
n. 1 del 2009). Si ribadisce pertanto che la legge ha voluto prevedere per le amministrazioni un dovere generale
di richiedere la visita fiscale,anche nelle ipotesi di prognosi di un solo giorno, ma che ha tenuto conto anche della
possibilità che ricorrano particolari situazioni,che giustificano un certo margine di flessibilità nel disporre il
controllo valutandone altresì l'effettiva utilità. Ad esempio, nel caso di imputazione a malattia dell'assenza per
effettuare visite specialistiche, cure o esami diagnostici, l'amministrazione che ha conoscenza della circostanza a
seguito della comunicazione del dipendente deve valutare di volta in volta, in relazione alla specificità delle
situazioni, se richiedere la visita domiciliare di
controllo per i giorni di riferimento. Infatti, il tentativo di effettuare l'accesso al domicilio del lavoratore da parte del
medico della struttura competente potrebbe configurarsi come ingiustificato aggravio di spesa per
l'amministrazione in quanto, in assenza del dipendente, potrebbe non avere lo scopo di convalidare la prognosi.
Possono rientrare inoltre nella valutazione delle esigenze funzionali ed organizzative eccezionali impedimenti del
servizio del personale derivanti ad esempio da un imprevedibile carico di lavoro o urgenze della giornata. Si fa
presente che, ove quanto è già stato oggetto dell'iniziale accertamento fiscale dovesse essere modificato da
certificazioni mediche successive, l'amministrazione è tenuta a chiedere un'ulteriore visita fiscale per
l'accertamento della nuova
situazione.
Il comma 5 in esame fa poi rinvio ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per
determinare le fasce orarie di reperibilità entro le quali debbono essere effettuate levisite di controllo. In
proposito, la materia è stata oggetto di successivi interventi normativi. Infatti, l'originario comma 3 dell'art. 71 del
decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, in legge n. 133 del 2008, prevedeva che «(...) Le
fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo,
sono dalle ore 8,00 alle ore 13,00 e dalle ore 14,00 alle ore 20,00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i
festivi». Con questa disposizione veniva superata la disciplina dei contratti collettivi nazionali di comparto delle
fasce di reperibilità che individuava un regime orario più ridotto di quattro ore al giorno (dalle ore 10 alle ore 12 e
dalle ore 17 alle ore 19). Successivamente, l'art. 17, comma 23, lettera c), del decreto-legge n. 78 del 2009,
convertito, con modificazioni, in legge n. 102 del 2009, ha abrogato la menzionata disposizione. Ciò ha
comportato la necessità di far riferimento alle fasce già individuate in precedenza con la disciplina contrattuale, le
quali pertanto sono da ritenersi vincolanti sino a quando non entrerà in vigore la regolamentazione che sarà
contenuta nel decreto ministeriale. Pertanto, le fasce allo stato da osservare per l'effettuazione delle visite fiscali
sono le seguenti: dalle ore 0 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19.Si coglie peraltro l'occasione per anticipare che
con l'adozione del decreto ministeriale si intende ampliare il regime delle fasce orarie di reperibilità e quindi gli
orari nell'ambito dei quali il controllo può avvenire, ma contestualmente introdurre delle deroghe all'obbligo di
reperibilità in considerazione di specifiche situazioni anche in relazione a stati patologici particolari. Si segnala
23
infine che nel contesto più generale della responsabilizzazione dei dirigenti, obiettivo perseguito con
l'approvazione della riforma contenuta nel decreto legislativo n. 150 del 2009, l'art. 55-septies del decreto
legislativo n. 165 del 2001, introdotto con la menzionata riforma, al comma 6 prevede che il responsabile della
struttura in cui il dipendente lavora e il dirigente eventualmente preposto all'amministrazione generale del
personale, secondo le rispettive competenze, curano l'osservanza delle disposizioni relative alle assenze per
malattia, al fine di «prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità dell'ufficio, le condotte
assenteistiche». Per il caso di inadempimento colposo rispetto a questo dovere di vigilanza la legge
prevede la possibilità, nel rispetto del contraddittorio, di comminare una sanzione a carico del dirigente
consistente nella decurtazione della retribuzione di risultato (art. 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 come
modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009). A questa si possono aggiungere anche le sanzioni previste per
il mancato esercizio o la decadenza dell'azione
disciplinare per omissioni del dirigente di cui all'art. 55-sexies, comma 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001,
introdotto dal decreto legislativo n. 150 del 2009, consistenti nella sospensione
dal servizio con privazione della retribuzione di un ammontare variabile a seconda della gravità del fatto e nella
mancata attribuzione della retribuzione di risultato in proporzione alla
durata della sospensione dal servizio.
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
CIRCOLARE 27 novembre 2009 , n. 9
Decreto legislativo n. 150 del 2009 - Disciplina in tema di procedimento disciplinare e rapporti
tra procedimento disciplinare e procedimento penale - prime indicazioni circa l'applicazione
delle nuove norme. (10A01108)
Alle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165/2001
Sono pervenute delle richieste di chiarimento da parte di alcune amministrazioni relativamente all'immediata
applicabilità della nuova disciplina sul procedimento disciplinare e sui rapporti tra il procedimento disciplinare e il
procedimento penale. In particolare, le disposizioni di cui agli articoli 55-bis e ter del decreto legislativo n. 165 del
2001, introdotti dall'art. 69 del decreto
legislativo n. 150 del 2009, hanno posto problemi di prima applicazione con riferimento ai procedimenti disciplinari
già avviati e a quelle situazioni disciplinarmente rilevanti di cui
l'amministrazione abbia già avuto notizia prima dell'entrata in vigore della nuova normativa.
Si ritiene opportuno fornire delle prime indicazioni al fine di contribuire all'uniforme applicazione della legge da
parte delle amministrazioni pubbliche, ferma restando la riserva di successivi approfondimenti in relazione alle
cospicue novità introdotte con la riforma. In mancanza di una specifica disposizione transitoria, la questione
dell'applicabilità dei menzionati articoli 55-bis e ter alle fattispecie disciplinari pendenti va risolta facendo
riferimento ai principi generali. Soccorre in questo caso il principio generalissimo di cui all'art. 11 delle disposizioni
preliminari al codice civile,secondo il quale, in assenza di diverse esplicite previsioni, la
legge dispone solo per l'avvenire. L'applicazione alla materia in esame di questo principio deve tener conto della
circostanza che il presupposto per l'avvio del procedimento disciplinare è l'acquisizione della notizia
dell'infrazione da parte del responsabile della struttura ovvero
dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Infatti, dal momento di tale acquisizione decorrono i termini
per la contestazione dell'addebito all'incolpato, che la nuova norma fissa in venti giorni per le infrazioni di minor
gravità (art. 55-bis, comma 2) e quaranta giorni per quelle di maggior gravità (art. 55-bis, comma 4).Inoltre, per
un'esigenza di accelerazione della procedura, nel caso in cui la competenza spetti all'ufficio disciplinare, è dalla
data di acquisizione della prima notizia dell'infrazione che, in base alla nuova norma, decorre il termine per la
conclusione del procedimento, termine pari a sessanta giorni nel caso di infrazioni di minor
gravità (art. 55-bis, comma 2) e centoventi giorni per quelle di maggior gravità (art. 55-bis, comma 4). Dunque il
procedimento nella sua unitarietà si snoda a partire dall'acquisizione della notizia. Da queste premesse deriva
che la nuova disciplina procedurale si applica a tutti i fatti disciplinarmente rilevanti per i quali gli organi
dell'amministrazione ai quali è demandata la competenza a promuovere l'azione disciplinare acquisiscono la
notizia dell'infrazione dopo l'entrata in vigore della riforma (16 novembre 2009). In sintesi, si possono distinguere
le seguenti situazioni:
1) gli organi titolari dell'azione disciplinare vengono a conoscenza dell'infrazione dopo l'entrata in vigore del
decreto legislativo n. 150 del 2009;
2) gli organi titolari dell'azione disciplinare sono venuti a
conoscenza dell'infrazione prima dell'entrata in vigore del decreto
legislativo n. 150 del 2009.La prima ipotesi ricorre quando il responsabile della struttura o
l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari acquisiscono la notizia dell'infrazione dopo l'entrata in vigore del
decreto legislativo n. 150 del 2009. Gli elementi rilevanti della fattispecie si manifestano durante la vigenza delle
nuove norme e, pertanto, è chiaro che per gli aspetti procedurali si applicano interamente i nuovi articoli 55-bis e
ter del decreto legislativo n. 165 del 2001. Nel secondo caso, il responsabile della struttura o l'ufficio competente
per i procedimenti disciplinari hanno acquisito la notizia dell'infrazione prima dell'entrata in vigore del decreto
legislativo n. 150 del 2009. In questa ipotesi, a prescindere dalla circostanza che il responsabile della struttura
24
fosse o meno competente a promuovere l'azione disciplinare in base al precedente regime, il presupposto
rilevante per l'avvio del procedimento si è verificato prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del
2009. Quindi, per quanto riguarda la disciplina procedurale continuerà a farsi applicazione delle precedenti fonti di
legge e di contratto collettivo. Ciò vale sia per lo svolgimento del procedimento disciplinare sia per i rapporti tra
questo ed il procedimento penale. Si segnala che l'applicazione a tali situazioni del regime precedente a tali
situazioni comporta, ove ne sussistano i presupposti, anche la possibilità di ricorrere al cosiddetto patteggiamento
previsto dall'originario art. 55, comma 6, del decreto
legislativo n. 165 del 2001. Tale disposizione, come noto, prevede che con il consenso del dipendente la
sanzione applicabile possa essere ridotta, ma in tal caso non è suscettibile di impugnazione. Questa particolare
facoltà non può essere più esercitata per i procedimenti avviati dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n.
150 del 2009, posto che nel nuovo regime la relativa disciplina non è più richiamata. Il comma 3 dell'art. 55
novellato stabilisce invece che i contratti collettivi possano disciplinare procedure di conciliazione non
obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento. Un aspetto sostanziale
importante nell'ambito di tale nuovo istituto è il fatto che, in base alla legge, la sanzione concordemente
determinata all'esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal
contratto collettivo,per l'infrazione per la quale si procede. Nonostante la nuova conciliazione presenti
caratteristiche diverse rispetto al patteggiamento, poiché l'una si colloca nella fase precedente l'irrogazione della
sanzione mentre l'altro si svolge nella fase successiva in cui la sanzione è stata già irrogata, in questo momento
storico di transizione (in cui si continua ad applicare anche il regime superato dalla nuova legge), si ritiene utile
richiamare l'attenzione sul principio innovativo dell'immutabilità. Sarebbe infatti opportuno che le amministrazioni,
ove facessero ricorso al patteggiamento, ispirassero la propria condotta al principio,introdotto dalla nuova
normativa, che richiede il mantenimento della
medesima tipologia di sanzione. Naturalmente, per quanto riguarda la disciplina sostanziale relativa ad infrazioni
e sanzioni, in virtu' del principio generale di legalità, le nuove fattispecie disciplinari e penali, con le correlate
sanzioni e pene, non potranno trovare applicazione a fatti che si sono verificati prima dell'entrata in vigore della
legge in quanto più sfavorevoli all'incolpato. Quindi, anche nell'ipotesi in cui l'amministrazione abbia notizia dopo
l'entrata in vigore del decreto legislativo di fatti commessi prima di tale momento, per gli aspetti sostanziali dovrà
comunque far riferimento alla normativa contrattuale e legislativa previgente pur se per gli aspetti procedurali,
come sopra precisato, dovrà applicare il nuovo regime. Per quanto riguarda il regime delle impugnazioni, occorre
tener conto di alcune espresse previsioni normative. In particolare, l'art. 73, comma 1, del decreto legislativo n.
150 del 2009 esclude espressamente la possibilità di impugnare sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di
disciplina. Tale disposizione prevede contestualmente che «i procedimenti di impugnazione di sanzioni
disciplinari pendenti dinanzi ai predetti collegi alla data di entrata in vigore del presente decreto sono definiti, a
pena di nullità degli atti, entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla predetta data». In tal caso è stata
compiuta una precisa scelta del legislatore nel senso della non ulteriore applicabilità del regime precedente, con
l'unica deroga relativa ai procedimenti già avviati che debbono essere portati a conclusione celermente. Pertanto,
anche nel caso in cui, per le ipotesi sopra indicate, si dovesse continuare ad applicare il precedente regime del
procedimento disciplinare, le sanzioni non potranno comunque essere più impugnate di fronte ai collegi di
disciplina (organismi che, peraltro, già avrebbero dovuto cessare con la tornata contrattuale 1998/2001, come
previsto dall'art. 72, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma che di fatto hanno continuato la loro
attività in alcune amministrazioni). Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per la possibilità di impugnare le
sanzioni disciplinari di fronte all'arbitro unico, secondo la disciplina contenuta nel CCNQ del 23 gennaio 2001
(prorogato con CCNQ del 24 luglio 2003), benché esso non venga espressamente menzionato nelle disposizioni
normative. La motivazione risiede nel fatto che il novellato art. 55, comma 3, primo periodo,prevede che «la
contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari». Si tratta di
una norma imperativa, come stabilisce il precedente comma 1 che preclude, per l'avvenire, anche l'applicazione
di clausole contenute in contratti collettivi già vigenti, in conseguenza del meccanismo della sostituzione
automatica di clausole nulle introdotto dal medesimo comma 1 mediante il rinvio agli articoli 1339 e 1419, comma
2 del codice civile. Pertanto, salva la possibilità di portare a conclusione i procedimenti di impugnazione già
pendenti al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009 (nel caso dei collegi arbitrali
entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo a pena di nullità),da tale momento
deve ritenersi preclusa l'impugnabilità delle sanzioni disciplinari sia ai collegi arbitrali di cui all'abrogato art. 55 sia
all'arbitro unico di cui al CCNQ del 23 gennaio 2001.
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
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CIRCOLARE 28 aprile 2010 , n. 5
Articolo 55-quinquies del decreto legislativo n. 165 del 2001 (introdotto dal decreto legislativo n.
150 del 2009) - Assenze dal servizio dei pubblici dipendenti - responsabilità e sanzioni per i
medici. (10A07774)
Alle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, Alla Federazione nazionale
ordine medici chirurghi e odontoiatri Piazza Cola di Rienzo 80/A 00192 Roma, Alla Federazione italiana medici
pediatri Via Miglietta 5 – 73100 Lecce
1. Premessa.
Come noto, con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, di attuazione della delega contenuta nella legge 4
marzo 2009, n. 15, sono state introdotte delle misure finalizzate a contrastare il fenomeno dell'assenteismo nelle
pubbliche amministrazioni ed incrementare, anche per tal via, la produttività del settore pubblico. Tra queste
misure, sul presupposto della rilevanza della collaborazione attiva di tutti i soggetti coinvolti, sono state
disciplinate anche delle fattispecie speciali di responsabilità disciplinare e penale aventi come soggetto attivo
della condotta il medico.
Dopo l'entrata in vigore della riforma, sono pervenute al Dipartimento della funzione pubblica alcune segnalazioni
e richieste di chiarimento circa la portata applicativa dell'art. 55-quinquies del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, introdotto dall'art. 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009, soprattutto nella parte in cui viene disciplinata
la responsabilità del medico in caso di illecito commesso in occasione del rilascio di certificati per la
giustificazione dell'assenza dal servizio dei pubblici dipendenti. Considerata la novità e la rilevanza della
questione, si ritiene opportuno fornire alcune indicazioni per l'applicazione delle disposizioni.
2. Il contesto di riferimento.
L'art. 55-quinquies del decreto legislativo n. 165 del 2001 (False attestazioni o certificazioni) in generale prevede
che:
«1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che
attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza
o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa
o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da
euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione
del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è
obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i
quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il
medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza
dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal
servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati nè oggettivamente
documentati.».
Il comma 1 introduce una fattispecie incriminatrice speciale, un reato proprio del pubblico dipendente,
precisamente un delitto avente come soggetto attivo il pubblico dipendente. La condotta rilevante consiste
alternativamente:
a) nell'attestare falsamente la presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della
presenza o mediante altre modalità fraudolente;
b) nel giustificare l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno
stato di malattia. La pena è costituita dalla reclusione da uno a cinque anni e dalla multa da euro 400 ad euro
1.600, ovvero dalla previsione della pena detentiva cumulativamente a quella pecuniaria. Il fatto descritto nella
norma corrisponde anche alla fattispecie di illecito disciplinare regolata nell'art. 55-quater del decreto legislativo n.
165 del 2001, anch'esso introdotto dall'art. 69 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il comma 1 del citato art.55quater prevede per queste ipotesi la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso.
Si rammenta in questa sede quanto già evidenziato nella circolare n. 7 del 2009 in ordine alle previsioni dell'art.
55-septies del citato decreto, relativo ai controlli sulle assenze. Il comma 6 di questo articolo stabilisce che il
responsabile della struttura in cui il dipendente lavora e il dirigente eventualmente preposto all'amministrazione
generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l'osservanza delle disposizioni relative alle
assenze per malattia, al fine di «prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità dell'ufficio, le condotte
assenteistiche». Per il caso di inadempimento colposo rispetto a questo dovere di vigilanza la legge prevede la
possibilità, nel rispetto del contraddittorio e sentito il Comitato dei garanti, di comminare una sanzione a carico del
dirigente consistente nella decurtazione della retribuzione di risultato sino all'80% (art. 21 del decreto legislativo
n. 165 del 2001 come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009). A questa si possono aggiungere anche
le sanzioni disciplinari previste per il mancato esercizio o la decadenza dall'azione disciplinare per omissioni del
dirigente di cui all'art. 55-sexies, comma 3, del citato decreto. Le sanzioni previste sono la sospensione dal
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servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell'infrazione non perseguita, fino ad un
massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento e la mancata attribuzione della
retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della
sospensione. Secondo la norma, nei confronti dei soggetti non aventi qualifica dirigenziale può essere irrogata la
predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito
dal contratto collettivo. L'art. 55-quinquies, comma 1, in esame al secondo periodo prevede poi che nell'ipotesi
del concorso nel reato de quo, la medesima pena di applica al medico e a chiunque altro concorre nella
commissione del delitto. Pertanto, la responsabilità penale è prevista non solo per il soggetto attivo
specificamente destinatario della norma (il pubblico dipendente), ma si estende anche al medico e, in generale, a
tutti coloro che concorrono nella commissione del reato.
Il comma 2 dello stesso articolo disciplina la responsabilità amministrativa e civile del pubblico dipendente che
commette i fatti regolati nel comma precedente. In base alla norma, questi è obbligato a tener indenne
l'amministrazione dal danno derivante dalla corresponsione della retribuzione per i periodi per i quali sia accertata
la mancata prestazione ed a risarcire anche il danno non patrimoniale, come quello all'immagine subito
dall'amministrazione stessa.
3. Le fattispecie di illecito che hanno come soggetto attivo il medico.
L'art. 55-quinquies in esame introduce delle fattispecie di illecito che hanno come soggetto attivo il medico:
a) la fattispecie penale contemplata dal secondo periodo del comma 1, che disciplina un'ipotesi di concorso nel
reato proprio del pubblico dipendente;
b) le fattispecie disciplinari previste nel comma 3, di cui una collegata alla commissione del delitto di cui al comma
1 e l'altra regolata in maniera autonoma.
3.1. La fattispecie penale prevista nel secondo periodo del comma 1 dell'art. 55-quinquies.
Il secondo periodo del comma 1 prevede che nell'ipotesi del concorso nel reato disciplinato nel primo periodo, la
medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto. Pertanto, la
responsabilità penale è prevista non solo per il soggetto attivo specificamente destinatario della norma (il pubblico
dipendente), ma si estende anche al medico e, in generale, a tutti coloro che concorrono nella commissione del
reato. La figura del medico viene specificamente in rilievo nella valutazione delle fattispecie indicate nella lettera
b) del precedente paragrafo 2. In base alla nuova norma, il medico è penalmente responsabile se concorre nel
reato del dipendente pubblico di giustificare «l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o
falsamente attestante uno stato di malattia».
Naturalmente, rimane salva - ove ne dovessero ricorrere le condizioni - anche l'ipotesi del concorso nella
fattispecie criminosa del pubblico dipendente disciplinata nella prima parte della norma,
consistente nell'attestare «falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di
rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente.».
Con riferimento all'elemento oggettivo del reato, si rammenta che secondo la giurisprudenza della Cassazione
penale, «ai fini della configurabilità della fattispecie del concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.), il contributo
concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell'evento
lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta
di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà.». (Cass.,
Sez. V, sent. n. 21082 del 5 maggio 2004). In relazione all'elemento soggettivo del reato, la Suprema Corte
afferma che «per integrare la responsabilità a titolo di concorso di persone nel reato (...) è sufficiente la certezza
che un determinato evento delittuoso sarà posto in essere dai concorrenti, senza che occorra una piena
conoscenza dei particolari esecutivi.» (Cass., Sez. I, sent. n. 4503 del 16 aprile 1998).
Si precisa che soggetto attivo del reato è il medico pubblico dipendente o professionista convenzionato con il
S.S.N. o libero professionista.
3.2. Le fattispecie di illecito disciplinare di cui al comma 3 dell'art. 55-quinquies.
Il comma 3 disciplina delle ipotesi di responsabilità disciplinare del medico:
«3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il
medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza
dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal
servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati nè oggettivamente
documentati.».
Gli illeciti sanzionati sono riconducibili a due situazioni:
a) il fatto corrisponde al concorso nel reato del pubblico dipendente descritto nel comma 1 («attesta falsamente la
propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità
fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente
attestante uno stato di malattia»);
b) il fatto si verifica quando «il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano
dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.».
In entrambi i casi, soggetti attivi della condotta sono i medici pubblici dipendenti o professionisti convenzionati
con il S.S.N. o liberi professionisti. Per entrambe le situazioni sono previste le medesime sanzioni, che consistono
nella radiazione dall'albo, nel licenziamento per giusta causa o nella decadenza dalla convenzione. La loro
applicazione è naturalmente differenziata a seconda del soggetto attivo della condotta: la radiazione dall'albo può
27
riguardare tutti i medici iscritti, a prescindere dalla circostanza che essi abbiano un rapporto di lavoro pubblico o
convenzionato o siano liberi professionisti, la decadenza dalla convenzione può essere applicata solo nei
confronti dei medici convenzionati, mentre la sanzione del licenziamento per giusta causa può essere irrogata nei
confronti dei medici pubblici dipendenti. Circa le ipotesi di cui alla lettera a), le sanzioni descritte sono previste per
il caso di passaggio in giudicato della sentenza di condanna o di applicazione della pena, ai sensi degli articoli
444 ss. c.p.p., per il delitto di cui al comma 1 e sono applicabili a seguito dello svolgimento del relativo
procedimento disciplinare secondo le regole ordinarie. Per quanto riguarda i procedimenti che si svolgono davanti
alla pubblica amministrazione, secondo l'art. 653 del c.p., comma 1-bis, «la sentenza penale irrevocabile di
condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità
quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo
ha commesso.», disposizione richiamata dal comma 4 dell'art. 55-ter del decreto legislativo n.165 del 2001,
introdotto dal decreto legislativo n. 150 del 2009. Si rammenta anche in questa sede la previsione di cui al
comma 3 del citato art. 55-sexies circa la responsabilità del dirigente pubblico derivante dal mancato esercizio
dell'azione disciplinare.
Per quanto riguarda specificamente l'ultimo periodo del comma 3 (ipotesi sub b), la finalità della previsione, che
può verificarsi anche in assenza di reato, è di evitare che siano rilasciati certificati o attestati di malattia senza
aver valutato le condizioni del paziente nel corso di una visita e che siano formulate diagnosi e prognosi non
coerenti con la buona pratica clinica. Quindi, l'applicazione della disposizione deve tener conto delle regole
proprie della pratica medica, che consentono di formulare diagnosi e prognosi anche per presunzione sulla base
di dati riscontrati o semplicemente acquisiti durante la visita. Nell'applicazione della norma, pertanto, è rilevante la
circostanza che i dati clinici siano stati o meno desunti da visita. In sostanza, in base a questa norma, la
responsabilità del medico, con l'applicabilità delle sanzioni indicate, ricorrerà quando lo stesso rilascia attestati o
certificati attestanti dati clinici non desunti da visita in coerenza con la buona pratica medica. Per gli aspetti
penali, rimane comunque ferma la disciplina generale di cui agli articoli 476 ss. del c.p. sulla falsità in atti.
Naturalmente, per quanto concerne la disciplina sostanziale relativa ad infrazioni e sanzioni, in virtu' del principio
generale di legalità, le nuove fattispecie disciplinari e penali, con le correlate sanzioni e pene, non potranno
trovare applicazione a fatti che si sono verificati prima dell'entrata in vigore della legge in quanto più sfavorevoli
all'incolpato. Quindi, anche nell'ipotesi in cui l'amministrazione abbia notizia dopo l'entrata in vigore del decreto
legislativo (15 novembre 2009) di fatti commessi prima di tale momento, per gli aspetti sostanziali dovrà
comunque far riferimento alla normativa contrattuale e legislativa previgente in quanto più favorevole. Si
rammenta infine che con la circolare n. 1/2010 DFP/DDI sono già state illustrate le novità introdotte dalla riforma
sulla trasmissione dei certificati per via telematica e sulle fattispecie di illecito disciplinare previste nel comma 4
dell'art. 55-septies del decreto legislativo n. 165 del 2001.
CIRCOLARE 12 luglio 2001, n. 2198 Norme sul comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Con decreto 28 novembre 2000 di questo Dipartimento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile
2001, sono state emanate norme riguardanti il "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni".
Tale provvedimento esplicita in modo chiaro i punti essenziali cui far riferimento ed attenersi nello svolgimento
delle funzioni e dei compiti assegnati e che il dipendente pubblico deve assolvere quotidianamente.
L'inosservanza delle suddette regole non è disgiunta da eventuali sanzioni nei confronti di coloro che dovessero
assumere comportamenti non consoni con gli "obblighi di diligenza, lealtà e d'imparzialità, che qualificano il
corretto svolgimento della prestazione lavorativa" e, in proposito, il decreto ai commi 2 e 3 dell'art. 1 fa espresso
rinvio a norme ad hoc. Non vi è dubbio, infatti, che una condotta che non si uniformi ai principi di buon
andamento e di imparzialità dell'Amministrazione costituisce la premessa ad inadempienze e comportamenti
censurabili sotto il profilo disciplinare e, talvolta, anche penale. Si tratta di doveri che la Costituzione
repubblicana ha chiaramente indicato all'art. 97 quale binario, al di fuori del quale non vi può essere una
amministrazione pubblica efficiente né produttiva di risultati. L'art. 2 si sofferma sui principi cardine che debbono
guidare la condotta del pubblico dipendente. Vanno sottolineate, a tal proposito, le regole consistenti nei
seguenti punti: rispettare la legge e perseguire esclusivamente l'interesse pubblico; mantenere una posizione di
indipendenza nelle decisioni in linea con gli interessi pubblici da perseguire; dedicare il tempo e le energie
necessarie all'adempimento dei compiti di ufficio, assumendo le connesse responsabilità; utilizzare i beni
strumentali a disposizione soltanto in funzione delle attività che si devono svolgere per l'ente pubblico; instaurare
con i cittadini un rapporto di fiducia, limitando gli adempimenti a loro carico ed a carico delle imprese a ciò che è
indispensabile, semplificando l'attività amministrativa; osservare il rispetto della ripartizione delle competenze fra
Stato ed Enti territoriali. In estrema sintesi, si avverte l'esigenza di portare al massimo dell'espressione il
principio della legalità nello svolgimento della quotidiana attività amministrativa, fornendo ai cittadini utenti, in
forma singola o associata, servizi che per qualità e quantità siano corrispondenti alla domanda. Il tutto nel
quadro di rapporti che debbono essere caratterizzati da disponibilità e correttezza, nel rispetto dell'esercizio dei
diritti di ciascuno. Particolare attenzione è dedicata dagli articoli. 3 e seguenti agli aspetti negativi della
28
prestazione lavorativa riguardanti, tra l'altro, il divieto di accettare doni o altre utilità, la mancanza di trasparenza
negli interessi finanziari e nella stipulazione dei contratti, il divieto di partecipare ad attività o decisioni
amministrative in cui siano coinvolti interessi propri o di svolgere attività, rientranti nei compiti d'ufficio, dietro
compenso o altra utilità da parte di soggetti diversi dall'amministrazione. Non vanno altresì sottovalutati i doveri
di comportamento all'esterno dell'ufficio sia per quanto concerne l'utilizzo strumentale della propria posizione
amministrativa per conseguire illeciti vantaggi, che per quanto attiene i rapporti con il pubblico, che devono
essere caratterizzati da correttezza e completezza di informazione, anche nell'interesse di una buona immagine
dell'amministrazione. Si richiama infine la necessità di rendere operativo, in tutta la portata delle sue previsioni,
l'art. 13 del decreto che pone l'obbligo di fornire all'Ufficio di controllo interno tutte le informazioni necessarie per
una valutazione dei risultati compiuti da ciascun settore amministrativo, con particolare riferimento alle finalità
dell'attività amministrativa ivi indicate (svolgimento di attività, parità di trattamento dei cittadini e degli utenti,
accesso agli uffici, miglioramento di procedure e osservanza dei termini soggetti a prescrizione, sollecita
risposta a reclami ed istanze). Nel rinviare, comunque, ad una puntuale lettura del testo del provvedimento in
esame, si invitano codeste amministrazioni a verificare se siano stati emanati provvedimenti o messi in atto
comportamenti in contrasto con le suddette norme, segnalando all'Ispettorato della Funzione pubblica situazioni
meritevoli di attenzione, anche a seguito di esposti, comunicazioni o altre forme di proteste pervenute agli atti
d'ufficio.
CODICE CIVILE
Art. 2104.
Diligenza del prestatore di lavoro.
Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse
dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e
dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.
Art. 2105.
Obbligo di fedeltà.
Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né
divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter
recare ad essa pregiudizio.
Art. 2106.
Sanzioni disciplinari.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo alla applicazione di sanzioni
1
disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione [e in conformità delle norme corporative]. ( )
(1) Le norme corporative sono state abrogate con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.
29
II PARTE
CODICI DICIPLINARI
CODICE DISCIPLINARE DEL COMPARTO
CCNL comparto Sanità personale non dirigente - parte normativa 1994/1997 e parte economica
1994/1995 dd. 01/09/1995 [modificato successivamente dal CCNL dd. 19/04/2004 e dal Dec.
Leg.vo 150 dd. 27/10/2009 - Brunetta ]
Capo V Norme disciplinari
Art. 28 - Doveri del dipendente
Art. 29 - Sanzioni e procedure disciplinari
Art. 30 - Codice disciplinare
Art. 31 - Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
Art. 32 - Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
CAPO V
Norme disciplinari
ART. 28
(Doveri del dipendente)
1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere di contribuire alla gestione della cosa pubblica con impegno e
responsabilità, nel rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa, anteponendo
il rispetto della legge e l’interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
2. Il comportamento del dipendente deve essere improntato al perseguimento dell’efficienza e dell’efficacia dei
servizi istituzionali nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti.
3. In tale specifico contesto, tenuto conto dell’esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente
deve in particolare:
a) collaborare con diligenza, osservando le norme del presente contratto, le disposizioni per
l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’azienda o ente anche in relazione alle norme
vigenti in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro;
b) rispettare il segreto d’ufficio nei casi e nei modi previsti dalle norme dei singoli ordinamenti ai sensi
dell’art. 24 L. 7 agosto 1990 n.241;
c) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d’ufficio;d) nei rapporti con il
cittadino, fornire tutte le informazioni cui abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in materia di
trasparenza e di accesso all’attività amministrativa previste dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, dai
regolamenti attuativi della stessa vigenti nell’azienda o ente nonché attuare le disposizioni dei
medesimi in ordine alla legge 4 gennaio 1968 n. 15 in tema di autocertificazione;
d) rispettare l’orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non
assentarsi dal luogo di lavoro senza l’autorizzazione del dirigente del servizio;
e) f) durante l’orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti condotta uniformata
a principi di correttezza ed astenersi da comportamenti lesivi della dignità della persona;
g) attendere durante l’orario di lavoro ad occupazioni non attinenti al servizio e, nei periodi di malattia
od infortunio, ad attività che possono ritardare il recupero psico-fisico;
h) eseguire le disposizioni inerenti all’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano
impartiti dai superiori. Se ritiene che la disposizione sia palesemente illegittima, il dipendente è tenuto
a farne immediata e motivata contestazione a chi l’ha impartita, dichiarandone le ragioni; se la
disposizione è rinnovata per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che la disposizione stessa
sia vietata dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo;
i) vigilare sul corretto espletamento dell’attività del personale sottordinato ove tale compito rientri nelle
proprie responsabilità;
l) avere cura dei beni strumentali a lui affidati;
m) non valersi di quanto è di proprietà dell’azienda o ente per ragioni che non siano di servizio;
n) non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la
prestazione lavorativa;
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o) osservare scrupolosamente le disposizioni che regolano l’accesso ai locali dell’azienda o ente da parte
del personale e rispettare le disposizioni che regolano l’accesso in locali non aperti al pubblico da
parte di persone estranee;
p) comunicare all’azienda o ente la propria residenza e, ove non coincidente, la dimora temporanea,
nonché ogni successivo mutamento delle stesse;
q) in caso di malattia, dare tempestivo avviso all’ufficio di appartenenza ed inviare il certificato medico,
salvo comprovato impedimento;
r) astenersi dal partecipare, nell’esercizio della propria attività di servizio, all’adozione di decisioni o ad
attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari
propri.
ART. 29
(Sanzioni e procedure disciplinari)
1. Le violazioni, da parte dei lavoratori, dei doveri disciplinati nell’articolo 28 del presente contratto danno luogo,
secondo la gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, all’applicazione delle seguenti sanzioni
disciplinari:
a) rimprovero verbale;
b) rimprovero scritto (censura);
c) multa con importo non superiore a quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di dieci giorni;
e) licenziamento con preavviso;
f) licenziamento senza preavviso.
2. L’azienda o ente, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei
confronti del dipendente, senza previa contestazione scritta dell’addebito – da effettuarsi tempestivamente e
comunque entro 20 giorni da quando l’ufficio istruttore che, secondo l’ordinamento dell’azienda o ente è tenuto
alla contestazione, è venuto a conoscenza del fatto – e senza averlo sentito a sua difesa con l’eventuale
assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce
mandato.
3. La convocazione scritta per la difesa non può avvenire prima che siano trascorsi cinque giorni lavorativi dalla
contestazione del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del
dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi 15 giorni.
4. Nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 59, comma 4, del D.lgs. n. 29 del 1993, la sanzione da comminare non sia
di sua competenza, il dirigente responsabile della struttura, ai fini del comma 2, segnala entro dieci giorni
all’ufficio competente, ai sensi del comma 4 dell’art. 59 citato, i fatti da contestare al dipendente per l’istruzione
del procedimento, dandone contestuale comunicazione all’interessato. In caso di mancata comunicazione nel
termine predetto si darà corso all’accertamento della responsabilità del soggetto tenuto alla comunicazione.
5. Al dipendente o, su espressa delega al suo difensore, è consentito l’accesso a tutti gli atti riguardanti il
procedimento a suo carico, in tempo utile rispetto dei termini previsti dal comma 3.
6. Il procedimento disciplinare deve concludersi entro 120 giorni dalla data della contestazione dell’addebito.
Qualora non sia stato portato a termine entro tale data, il procedimento si estingue.
7. L’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, sulla base degli accertamenti effettuati e delle
giustificazioni addotte dal dipendente, irroga la sanzione applicabile tra quelle indicate nell’art. 30, nel rispetto dei
principi e criteri di cui al comma 1 dello stesso articolo, anche per le infrazioni citate al comma 7, lett. c) del
medesimo. Quando lo stesso ufficio ritenga che non vi sia luogo a procedere disciplinarmente dispone la chiusura
del procedimento, dandone comunicazione all’interessato.
8. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
9. I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il lavoratore dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle
quali egli sia incorso.
31
10. Per quanto non previsto dalla presente disposizione si rinvia all’art. 59 del d.lgs. 29/ 1993.
ART. 30
(Codice disciplinare)
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza
ed in conformità di quanto previsto dall’art. 59 del d.lgs. n. 29 del 1993, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni
sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto
conto anche della prevedibilità dell’evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all’amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio
determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del
lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso
gli utenti;
f) al concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra di loro.
2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4 e 5, già sanzionate nel biennio di riferimento, comporta una
sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell’ambito dei medesimi commi.
3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od
omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la
mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a
quattro ore di retribuzione si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di
lavoro;
b) condotta, nell’ambiente di lavoro, non conforme a principi di correttezza verso superiori o altri
dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi/pubblico;
c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti a lui
affidati o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare attività di custodia o vigilanza;
d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non
ne sia derivato danno o disservizio;
e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’azienda o ente, nel
rispetto di quanto previsto dall’articolo 6 della legge n.300/70;
f) insufficiente rendimento nell’assolvimento dei compiti assegnati rispetto ai carichi di lavoro;
g) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui
sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’azienda o ente, agli utenti o ai terzi.
L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dell’azienda o ente e destinato ad attività sociali a
favore dei dipendenti.
5. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di
10 giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4, che abbiano comportato l’applicazione del massimo
della multa;
b) particolare gravità delle mancanze previste al comma 4;
c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi,
l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al
disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni
causati all’azienda o ente, agli utenti o ai terzi;
d) ingiustificato ritardo, non superiore a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata;
e) svolgimento di attività che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio;
f) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa, fatta salva la tutela del
segreto professionale nei casi e nei limiti previsti dalla vigente normativa;
g) comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti di utenti, altri
dipendenti o terzi;
h) alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro con utenti, dipendenti o terzi;
i) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Amministrazione, salvo che siano espressione della libertà di
pensiero, ai sensi dell’art. 1 della L. 300/1970;
l) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
m) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui
sia, comunque, derivato grave danno all’azienda o ente, a gli utenti o a terzi.
6. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso si applica per:
32
a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, nelle mancanze previste nel comma 5, anche se di diversa
natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia
comportato l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione,
fatto salvo quanto previsto al comma 7 lett. a);
b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e
circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza
dell’azienda o ente o ad essi affidati;
c) rifiuto espresso del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio;
d) assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi
lavorativi;
e) persistente insufficiente rendimento nei compiti assegnati rispetto ai carichi di lavoro ovvero fatti che
dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;
f) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via
diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità;
g) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di
gravità tale secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
7. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per:
a) recidiva, negli ambienti di lavoro, di vie di fatto contro superiori o altri dipendenti o terzi, anche per
motivi non attinenti al servizio;
b) accertamento che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con
mezzi fraudolenti;
c) condanna passata in giudicato:
1) per i delitti di cui all’art. 15, comma 1, lettere a), b), c), d), e) ed f) della legge 1990, n. 55,
modificata ed integrata dall’art. 1, comma 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16;
2) per gravi delitti commessi in servizio;
d) condanna passata in giudicato quando dalla stessa consegua l’interdizione perpetua dai pubblici
uffici.
e) violazioni intenzionali dei doveri non ricomprese specificatamente nelle lettere precedenti, anche nei
confronti di terzi, di gravità tale, in relazione ai criteri di cui al comma 1, da non consentire la
prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
8. Il procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 29 comma 2, deve essere avviato anche nel caso in cui sia
connesso con procedimento penale e rimane sospeso fino alla sentenza definitiva. La sospensione è disposta
anche ove la connessione emerga nel corso del procedimento disciplinare. Qualora l’amministrazione sia venuta
a conoscenza dei fatti che possono dar luogo ad una sanzione disciplinare solo a seguito della sentenza
definitiva di condanna, il procedimento disciplinare è avviato nei termini previsti dall’art. 29, comma 2, dalla data
di conoscenza della sentenza.
9. Il procedimento disciplinare sospeso ai sensi del comma 8 è riattivato entro 180 giorni da quando
l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza definitiva.
10. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, deve essere data la massima pubblicità mediante affissione
in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale forma di pubblicità è tassativa e non può essere sostituita con altre.
11. Il codice di cui al comma 10 deve essere pubblicato tassativamente entro quindici giorni dalla data di cui
all’art. 2 comma 2 e si attua dal quindicesimo giorno successivo a quello dell’affissione.
ART. 31
(Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare)
1. L’azienda e l’ente, laddove riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a
titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione, può
disporre, nel corso del procedimento disciplinare, l’allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non
superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione.
2. Quando il procedimento disciplinare si conclude con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione, il periodo dell’allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione,
ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
33
3. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è
valutabile agli effetti dell’anzianità di servizio.
ART. 32
(Sospensione cautelare in caso di procedimento penale)
1. Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d’ufficio dal servizio con
privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà.
2. Il dipendente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione anche nel caso in cui venga
sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato
a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque tali da comportare, se accertati,
l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’art. 30 commi 6 e 7.
3. L’azienda o l’ente, cessato lo stato di restrizione della libertà personale di cui al comma 1, può prolungare
anche successivamente il periodo di sospensione del dipendente, fino alla sentenza definitiva, alle medesime
condizioni di cui al comma 2.
4. Resta fermo l’obbligo di sospensione nei casi previsti dall’art. 15, comma 1, della legge n. 55/90, come
sostituito dall’art. 1, comma 1, della legge 18.1.92 n. 16.
5. Nei casi previsti dai commi precedenti si applica quanto previsto in tema di rapporti tra procedimento
disciplinare e procedimento penale dall’art. 30 commi 8 e 9.
6. Al dipendente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un’indennità pari al 50 per
cento della retribuzione fissa mensile e gli assegni del nucleo familiare, con esclusione di ogni compenso
accessorio, comunque denominato, anche se pensionabile.
7. In caso di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento con formula piena, quanto corrisposto nel
periodo di sospensione cautelare a titolo di assegno alimentare, verrà conguagliato con quanto dovuto al
lavoratore se fosse rimasto in servizio. In caso di morte del dipendente si applica l’art. 2122 del C.C.
8. Quando vi sia stata sospensione cautelare del servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva
efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni. Decorso tale termine
la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dipendente è riassunto in servizio.
CCNL del comparto del personale del Servizio Sanitario Nazionale - parte normativa
quadriennio 2002/2005 e parte economica biennio 2002/2003 dd. 19/04/2004 [modificato
successivamente dal CCNL 10/04/2008 e dal D. L.vo 150 dd. 27/10/2009 - Brunetta ]
TITOLO IV – Rapporto di lavoro
CAPO I – Norme disciplinari
Art. 10 Clausole generali
Art. 11 Modifiche all’art. 28 del CCNL dell’1 settembre 1995
Art. 12 Modifiche all’art. 29 del CCNL dell’1 settembre 1995
Art. 13 Codice disciplinare
Art. 14 Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
Art. 15 Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
TITOLO IV
RAPPORTO DI LAVORO
CAPO I
NORME DISCIPLINARI
Art. 10
Clausole generali
1. È confermata la disciplina contenuta nel capo V del CCNL del 1 settembre 1995 ed, in particolare, gli articoli
28, 29 e 31 del citato capo V, fatte salve le modificazioni di cui ai successivi articoli. Gli artt. 30 e 32 del
medesimo contratto sono disapplicati e sostituiti dagli artt.13, 14 e 15 del presente contratto.
Art. 11
Modifiche all’art. 28 del CCNL dell’1 settembre 1995
1. All’art. 28 del CCNL dell’1 settembre 1995 sono apportate le seguenti modifiche:
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a) la rubrica dell’articolo “doveri del dipendente” è modificata in “obblighi del dipendente”;
b) al termine del comma 1, dopo il punto, è aggiunta la seguente frase “Il dipendente adegua altresì il
proprio comportamento ai principi riguardanti il rapporto di lavoro, contenuti nel codice di condotta
allegato”;
c) al comma 3, lettera d) le parole “alla legge 4 gennaio 1968, n.15” vengono sostituite con “al DPR del
28 dicembre 2000, n. 445”(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione
amministrativa);
d) al comma 3, lettera r), dopo le parole “interessi finanziari o non finanziari propri” e prima del punto
viene aggiunta la frase “o di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi”.
Art. 12
Modifiche all’art. 29 del CCNL dell’1 settembre 1995
1. All'art. 29 del CCNL dell’1 settembre 1995 sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente comma:
"1. Le violazioni, da parte dei lavoratori, degli obblighi disciplinati all'art. 28 del presente contratto
danno luogo, secondo la gravità dell'infrazione, all'applicazione delle seguenti sanzioni previo
procedimento disciplinare:
a) rimprovero verbale;
b) rimprovero scritto (censura);
c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
e) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di
sei mesi;
f) licenziamento con preavviso;
g) licenziamento senza preavviso."
b) i commi da 2 a 4 sono sostituiti dai seguenti:
“2. L'azienda o ente, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento
disciplinare nei confronti del dipendente, senza previa contestazione scritta dell'addebito – da
effettuarsi tempestivamente e comunque entro 20 giorni da quando l'ufficio istruttore che,
secondo l'ordinamento dell'azienda o ente è tenuto alla contestazione, è venuto a conoscenza
del fatto – e senza averlo sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero
di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
3. Nel caso in cui, ai sensi dell'art. 55, comma 4 del d.lgs. n. 165 del 2001, la sanzione da
comminare non sia di sua competenza, il dirigente responsabile della struttura, dandone
contestuale comunicazione all'interessato, segnala entro dieci giorni all'ufficio competente, i fatti
da contestare al dipendente per l'istruzione del procedimento. Tale ufficio deve procedere alla
contestazione entro i venti giorni successi dalla data della lettera di comunicazione. In ogni caso
qualora non sia rispettato il termine di dieci giorni per la comunicazione all’ufficio competente si
darà corso all'accertamento della responsabilità del soggetto tenuto alla comunicazione stessa.
3 bis. Qualora invece emerga nel corso del procedimento e, quindi, dopo la contestazione che la
sanzione da applicare non sia di spettanza del responsabile della struttura questi, entro cinque
giorni, trasmette tutti gli atti all'ufficio competente, dandone contestuale comunicazione
all'interessato. Il procedimento prosegue senza soluzione di continuità presso quest'ultimo ufficio
con salvezza degli atti .
4 La convocazione scritta per la difesa non può avvenire prima che siano trascorsi cinque giorni
lavorativi dalla contestazione del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente quindici giorni
35
dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi
quindici giorni.”
c) dopo il comma 9 viene aggiunto il comma 10:
"Con riferimento al presente articolo sono da intendersi perentori il termine iniziale e quello finale
del procedimento disciplinare. Nelle fasi intermedie i termini ivi previsti saranno comunque
applicati nel rispetto dei principi di tempestività ed immediatezza, che consentano la certezza
delle situazioni giuridiche".
d) il comma 10 è sostituito dal seguente comma:
"11. Per quanto non previsto dalla presente disposizione si rinvia all'art. 55 del D.lgs. n. 165 del
2001".
Art. 13
Codice disciplinare
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza
ed in conformità di quanto previsto dall’art. 55 del d.lgs. n.165 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni,
il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto
conto anche della prevedibilità dell’evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all’azienda o ente, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio
determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del
lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso
gli utenti;
f) al concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra di loro.
2. La recidiva nelle mancanze previste, rispettivamente, ai commi 4, 5 e 6, già sanzionate nel biennio di
riferimento, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell’ambito dei medesimi commi.
3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od
omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la
mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a
quattro ore della retribuzione di cui all’art. 37, comma 2 lett. c) del CCNL stipulato il 20 settembre 2001 si applica,
graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di
lavoro;
b) condotta, nell’ambiente di lavoro, non conforme a principi di correttezza verso superiori o altri
dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti a lui
affidati o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare attività di custodia o vigilanza;
d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non
ne sia derivato danno o disservizio;
e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’azienda o ente, nel
rispetto di quanto previsto dall’articolo 6 della legge n. 300 del 1970;
f) insufficiente rendimento nell’assolvimento dei compiti assegnati rispetto ai carichi di lavoro;
g) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui
sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’azienda o ente, agli utenti o terzi.
L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dell’azienda o ente e destinato ad attività sociali a
favore dei dipendenti.
5. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di
dieci giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4, che abbiano comportato l’applicazione del massimo
della multa;
b) particolare gravità delle mancanze previste al comma 4;
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c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi,
l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al
disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni
causati all’azienda o ente, agli utenti o terzi;
d) ingiustificato ritardo, non superiore a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata;
e) svolgimento di attività che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio;
f) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa, fatta salva la tutela del
segreto professionale nei casi e nei limiti previsti dalla vigente normativa;
g) comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti di utenti, altri
dipendenti o terzi;
h) alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro con utenti, dipendenti o terzi;
i) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’azienda o ente, salvo che siano espressione della libertà di
pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge 300 del 1970;
l) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
m) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui
sia, comunque, derivato grave danno all’azienda o ente, agli utenti o terzi.
6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da undici giorni fino ad
un massimo di sei mesi si applica per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nel comma 5 quando sia stata comminata la sanzione
massima oppure quando le mancanze previste allo stesso comma presentino caratteri di particolare
gravità;
b) assenza ingiustificata dal servizio oltre dieci giorni e fino a quindici giorni;
c) occultamento di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione di somme o beni
di spettanza o di pertinenza dell’azienda o ente o ad essa affidati, quando, in relazione alla posizione
rivestita, il lavoratore abbia un obbligo di vigilanza o di controllo;
d) insufficiente persistente scarso rendimento dovuto a comportamento negligente;
e) esercizio, attraverso sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori, di forme
di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente al fine di procurargli
un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo;
f) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, di particolare gravità che siano lesivi della
dignità della persona.
Nella sospensione dal servizio prevista dal presente comma, il dipendente è privato della retribuzione fino al
decimo giorno mentre, a decorrere dall’undicesimo, viene corrisposta allo stesso una indennità pari al 50% della
retribuzione indicata all’art. 37, comma 2, lettera b) del CCNL integrativo del 20 settembre 2001 nonché gli
assegni del nucleo familiare ove spettanti. Il periodo di sospensione non è, in ogni caso, computabile ai fini
dell’anzianità di servizio.
7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso si applica per:
a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, in una delle mancanze previste ai commi 5 e 6, anche se
di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia comportato l’applicazione della
sanzione massima di sei mesi di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, salvo quanto previsto al
comma 8, lett. a);
b) recidiva nell’infrazione di cui al comma 6, lettera c);
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’azienda o ente per riconosciute e motivate esigenze
di servizio nel rispetto delle vigenti procedure di cui all’art. 18 del CCNL 20 settembre 2001, commi 2 e 3
lett. c), in relazione alla tipologia di mobilità attivata;
d) mancata ripresa del servizio nel termine prefissato dall’azienda o ente quando l’assenza arbitraria ed
ingiustificata si sia protratta per un periodo superiore a quindici giorni. Qualora il dipendente riprenda
servizio si applica la sanzione di cui al comma 6; e) continuità, nel biennio, dei comportamenti attestanti il
perdurare di una situazione di insufficiente scarso rendimento dovuta a comportamento
negligente
ovvero per qualsiasi fatto grave che dimostri la piena incapacità ad adempiere adeguatamente agli
obblighi di servizio;
f) recidiva nel biennio, anche nei confronti di persona diversa, di sistematici e reiterati atti e
comportamenti aggressivi ostili e denigratori e di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica
nei confronti di un collega al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo
dal contesto lavorativo;
g) recidiva nel biennio di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi
della dignità della persona;
h) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso in servizio o fuori dal servizio ma non
attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità.
8. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per:
a) terza recidiva nel biennio di minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico o altri
dipendenti, alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
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b) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non
attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione
per la sua specifica gravità;
c) accertamento che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con
mezzi fraudolenti ovvero che la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro sia avvenuta a seguito di
presentazione di documenti falsi;
d) commissione in genere - anche nei confronti di terzi - di fatti o atti anche dolosi, che, costituendo o
meno illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure
provvisoria del rapporto di lavoro;
e) condanna passata in giudicato:
1. per i delitti indicati nell’art. 15, comma 1, lettere a), b) limitatamente all’art. 316 del codice
penale, c) ed e) e comma 4 septies della legge 19 marzo 1990 n. 55 e successive
modificazioni;
2. quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai pubblici uffici;
3. per i delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 27 marzo 2001, n. 97.
9. Le mancanze non espressamente richiamate nei commi da 6 a 8 sono comunque sanzionate secondo i criteri
previsti nei commi da 1 a 3, facendosi riferimento ai principi da essi desumibili quanto all'individuazione dei fatti
sanzionabili, agli obblighi dei lavoratori di cui all’art. 28 del CCNL 1 settembre 1995 come modificato dal presente
CCNL, nonché al tipo e alla misura delle sanzioni.
10. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, deve essere data la massima pubblicità mediante affissione
in ogni posto di lavoro in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale forma di pubblicità è tassativa e non può
essere sostituita con altre.
11. L’art. 30 del CCNL 1 settembre 1995 è disapplicato con decorrenza dall’entrata in vigore del presente
contratto.
Art. 14
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1. Nel caso di commissione in servizio di gravi fatti illeciti di rilevanza penale l’azienda o ente inizia il
procedimento disciplinare ed inoltra la denuncia penale. Il procedimento disciplinare rimane tuttavia sospeso fino
alla sentenza definitiva. Analoga sospensione è disposta anche nel caso in cui l'obbligo della denuncia penale
emerga nel corso del procedimento disciplinare già avviato.
2. Al di fuori dei casi previsti nel comma precedente, quando l’azienda o ente venga a conoscenza dell'esistenza
di un procedimento penale a carico del dipendente per i medesimi fatti oggetto di procedimento disciplinare,
questo è sospeso fino alla sentenza definitiva.
3. Fatto salvo il disposto dell’art. 5, comma 2 della legge n. 97 del 2001, in linea generale, il procedimento
disciplinare sospeso ai sensi del presente articolo è riattivato entro 180 giorni da quando l’azienda o ente ha
avuto notizia della sentenza definitiva e si conclude entro 120 giorni dalla sua riattivazione.4. Per i casi previsti
all’art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001 il procedimento disciplinare precedentemente sospeso è riattivato
entro 90 giorni da quando l’azienda o ente ha avuto notizia della sentenza definitiva e deve concludersi entro i
successivi 120 giorni dalla sua riattivazione.
5. L’applicazione della sanzione prevista dall’art. 13, come conseguenza delle condanne penali citate nei commi
7, lett. h) e 8, lett. b) ed e), non ha carattere automatico essendo correlata all’esperimento del procedimento
disciplinare, salvo quanto previsto dall’art. 5, comma 2 della legge n. 97 del 2001.
6. In caso di assoluzione si applica quanto previsto dall’art. 653 c.p.p.. Ove nel procedimento disciplinare sospeso
al dipendente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate
altre violazioni, il procedimento medesimo riprende per dette infrazioni.
7. In caso di proscioglimento avvenuto per le medesime causali del comma 6, si procede analogamente al
comma stesso. Nel caso che il proscioglimento sia dovuto ad altri motivi, fatto salvo il caso di morte del
dipendente, il procedimento disciplinare riprende su tutti i fatti originariamente contestati.
8. In caso di sentenza irrevocabile di condanna trova applicazione l’art. 1 della legge n. 97 del 2001.
9. Il dipendente licenziato ai sensi dell’art.13, comma 7, lett. h) e comma 8, lett. b) ed e), e successivamente
assolto a seguito di revisione del processo ha diritto, dalla data della sentenza di assoluzione, alla
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riammissione in servizio nella medesima sede o in altra su sua richiesta, anche in soprannumero, nella medesima
qualifica e con decorrenza dell’anzianità posseduta all’atto del licenziamento.
10. Il dipendente riammesso ai sensi del comma 9, è reinquadrato nell’area e nella posizione economica in cui è
confluita la qualifica posseduta al momento del licenziamento qualora sia intervenuta una nuova classificazione
del personale. In caso di premorienza, il coniuge o il convivente superstite e i figli hanno diritto a tutti gli assegni
che sarebbero stati attribuiti al dipendente nel periodo di sospensione o di licenziamento, escluse le indennità
comunque legate alla presenza in servizio ovvero alla prestazione di lavoro straordinario.
Art. 15
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1. Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d'ufficio dal servizio con
privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della
libertà.
2. L’azienda o ente, ai sensi del presente articolo, cessato lo stato di restrizione della libertà personale, può
prolungare il periodo di sospensione del dipendente fino alla sentenza definitiva alle medesime condizioni del
comma 3.
3. Il dipendente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione anche nel caso in cui venga
sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato
a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque per fatti tali da comportare, se accertati,
l'applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’art. 13 commi 7 e 8.
4. Resta fermo l’obbligo di sospensione per i casi previsti dall’art. 15, comma 1 lett. a), b) limitatamente all’art.
316 del codice penale, lett. c) ed e) e comma 4 septies, della legge n. 55 del 1990 e successive modificazioni ed
integrazioni.
5. Nel caso di rinvio a giudizio per i delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, in alternativa alla
sospensione, possono essere applicate le misure previste dallo stesso art. 3. Per i medesimi reati, qualora
intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, si
applica l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97 del 2001.
6. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica quanto previsto dall’art.14 in tema di rapporti tra procedimento
disciplinare e procedimento penale.
7. Al dipendente sospeso ai sensi dei commi da 1 a 5 sono corrisposti un'indennità pari al 50% della retribuzione
indicata all’art. 37, comma 2, lettera b), del CCNL integrativo del 20 settembre 2001, nonché gli assegni
del nucleo familiare e la retribuzione individuale di anzianità, ove spettanti.
8. Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento, ai sensi dell’ art.14, commi 6 e 7, quanto
corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità verrà conguagliato con quanto dovuto
al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi speciali o per prestazioni di
carattere straordinario.
Ove il giudizio disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi del medesimo art.14,
comma 6, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo
si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso verrà
conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi e funzioni
speciali o per prestazioni di carattere straordinario nonché i periodi di sospensione del comma 1 e quelli
eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
10. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva
efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni. Decorso tale termine
la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dipendente riammesso in servizio. Il procedimento disciplinare
rimane, comunque, sospeso sino all'esito del procedimento penale.
11. La presente disciplina disapplica quella contenuta nell’art. 32 del CCNL 1 settembre 1995.
Contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto del Servizio
Sanitario Nazionale quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006 -2007
dd. 10/04/2008
CAPO II: Norme disciplinari
Art. 6 Modifiche al sistema disciplinare
Art. 6
Modifiche ed integrazioni al sistema disciplinare
1. All’art. 13, comma 5 del CCNL del 19 aprile 2004 (Codice disciplinare) la lettera m) viene soppressa e la lettera
H) è sostituita dalla seguente lettera:
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“h) alterchi negli ambienti di lavoro con utenti, dipendenti o terzi;”
2. All’art. 13, comma 6 del CCNL del 19 aprile 2004 (Codice disciplinare) si aggiungono le seguenti lettere:
“g) fatti e comportamenti tesi all’elusione dei sistemi di rilevamento elettronici della presenza e
dell’orario o manomissione dei fogli di presenza o delle risultanze anche cartacee degli stessi.
Tale sanzione si applica anche nei confronti di chi avalli, aiuti o permetta tali atti o
comportamenti;
h) alterchi di particolare gravità con vie di fatto negli ambienti di lavoro con utenti, dipendenti o
terzi;
i) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere
precedenti, da cui sia comunque derivato grave danno all’Azienda o Enti, agli utenti o terzi.”
3. All’art. 13, comma 8 del CCNL 19.4.2004 è aggiunta la seguente lettera:
f) l’ipotesi in cui il dipendente venga arrestato perché colto in flagranza, a commettere reati di
peculato o concussione o corruzione e l’arresto sia convalidato dal giudice per le indagini
preliminari.
4. All’art. 14 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) del CCNL del 19 aprile 2004, i
commi 1, 6 e 7 sono sostituiti dai seguenti:
“1. Nel caso di commissione in servizio di fatti illeciti di rilevanza penale l’amministrazione inizia il
procedimento disciplinare ed inoltra la denuncia penale. Il procedimento disciplinare rimane
tuttavia sospeso fino alla sentenza definitiva fatta salva l’ipotesi in cui il dipendente venga
arrestato perché colto in flagranza, a commettere reati di peculato o concussione o corruzione e
l’arresto sia convalidato dal giudice per le indagini preliminari. Sulla base della valutazione
derivante dall’esito del procedimento disciplinare si applica la sanzione di cui all’art. 13, comma
8, lett. f) del CCNL 19.4.2004 (licenziamento senza preavviso). Analoga sospensione è disposta
anche nel caso in cui l’obbligo delle denuncia penale emerga nel corso del procedimento
disciplinare già avviato.
6. In caso di sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata con la formula “il fatto non
sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”si applica quanto previsto dall’art. 653 c.p.p. e
l’Azienda dispone la chiusura del procedimento disciplinare sospeso, dandone comunicazione
all’interessato. Ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dipendente, oltre ai fatti oggetto del
giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni oppure
qualora l’assoluzione sia motivata “perché il fatto non costituisce illecito penale” non escludendo
quindi la rilevanza esclusivamente disciplinare del fatto ascritto, il procedimento medesimo
riprende per dette infrazioni
7. In caso di sentenza definitiva di proscioglimento , prima del dibattimento, ai sensi dell’art. 129
c.p.p. pronunciata con la formula “perché il fatto non sussiste”, ovvero “perché l’imputato non lo
ha commesso” si applica quanto previsto dall’art. 653 c.p.p.. Ove nel procedimento disciplinare
sospeso, al dipendente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata
assoluzione, siano state contestate altre violazioni oppure qualora il proscioglimento sia motivato
“perché il fatto non costituisce reato” non escludendo quindi la rilevanza esclusivamente
disciplinare del fatto ascritto, il procedimento medesimo riprende per dette infrazioni”.
5. All’art. 15 (sospensione cautelare in caso di procedimento penale) del CCNL del 19 aprile 2004 i commi 8, 9 e
10 sono sostituiti dai seguenti:
“8. Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento, pronunciate con la formula “il
fatto non sussiste”, “non costituisce illecito penale” o “l’imputato non lo ha commesso”, quanto
corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità verrà conguagliato con
quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi per
servizi speciali o per prestazioni di carattere straordinario. Ove il giudizio disciplinare riprenda per
altre infrazioni, ai sensi dell’art. 14, comma 6, secondo periodo, (Rapporto tra procedimento
disciplinare e procedimento penale) il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente
applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale,
ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente
precedentemente sospeso verrà conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le
indennità o compensi per servizi e funzioni speciali o per prestazioni di carattere straordinario
nonché i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio
disciplinare riattivato e a seguito della condanna penale.
10. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale, la
stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a
cinque anni. Decorso tale termine, la sospensione cautelare, dipendente dal procedimento
40
penale, è revocata e il dipendente riammesso in servizio, salvo che, per i reati che comportano
l’applicazione delle sanzioni previste ai commi 7 e 8 dell’art. 13 (codice disciplinare) del CCNL
del 19 aprile 2004, l’Azienda ritenga che la permanenza in servizio del dipendente provochi un
pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe
derivarle da parte dei cittadini e/o, comunque, per ragioni di opportunità e operatività dell’Azienda
stessa. In tale caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che
sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Il procedimento disciplinare comunque, se
sospeso, rimane tale sino all'esito del procedimento penale.”
6. Le modifiche apportate al codice disciplinare, di cui al presente articolo, devono essere obbligatoriamente
affisse in ogni posto di lavoro in luogo accessibile a tutti i dipendenti, entro quindici giorni dalla data di
stipulazione del presente CCNL e si applicano dal quindicesimo giorno successivo a quello della affissione.
41
CODICE DISCIPLINARE DELLA DIRIGENZA MEDICA E VETERINARIA
[Introduce per la prima volta la responsabilità disciplinare, dei Dirigenti
Medici ].
Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della dirigenza medico – veterinaria del
servizio sanitario nazionale - contratto integrativo del ccnl del 17 ottobre 2008 dd.
06/05/2010
CAPO II
RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
Art. 5
Principi generali
1. In considerazione degli specifici contenuti professionali, delle particolari responsabilità che
caratterizzano la figura del dirigente, nel rispetto del principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e
controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione spettanti alla dirigenza, nonché della
giurisprudenza costituzionale in materia ed al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività
delle Aziende ed Enti del SSN, sono stabilite specifiche fattispecie di responsabilità disciplinare per i
dirigenti, nonché il relativo sistema sanzionatorio con la garanzia di adeguate tutele al dirigente
medesimo, nel rispetto di quanto stabilito dal D.lgs. 150/2009.
2. Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei risultati e
quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle stesse. La
responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli obblighi di comportamento, secondo i principi e le
modalità di cui al presente CCNL e resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art.
15/ter del d.lgs. n. 502 del 1992, che invece riguarda il raggiungimento dei risultati in relazione agli
obiettivi assegnati, nonché la capacità professionale, le prestazioni e le competenze organizzative dei
dirigenti. Quest’ultima viene accertata secondo le procedure e mediante gli organismi previsti nell’ambito
del sistema di valutazione di cui agli artt. 25 e segg. del CCNL del 3 novembre 2005.
3. Restano ferme le altre fattispecie di responsabilità di cui all’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, che
hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare.
4. Per la responsabilità disciplinare, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni, individuate dal
presente CCNL, sono applicate secondo i principi e i criteri definiti dal presente CCNL medesimo, nel
rispetto di quanto previsto dagli artt. 55 e seguenti del d.lgs. 165/2001, come modificato dal d.lgs.
150/2009, con particolare riferimento alla regolamentazione del procedimento disciplinare. L’irrogazione
della sanzione deve basarsi su elementi certi ed obiettivi, deve essere tempestivamente comunicata al
dirigente e, al fine di garantire la certezza delle situazioni giuridiche, non può essere applicata una
sanzione di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo.
Art. 6
Obblighi del dirigente
1. Il dirigente conforma la sua condotta ai principi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del
Codice Civile e contribuisce alla gestione della cosa pubblica con impegno e responsabilità.
2. Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi
istituzionali nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti, operando costantemente nel
pieno rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allegato al
CCNL del 3.11.2005, di cui si impegna a osservare tutte le disposizioni nonché dei codici di
comportamento adottati dalle Aziende ai sensi dell’art. 54, comma 5 del d.lgs. 165/2001 e di quanto
stabilito nelle Carte dei Servizi.
3. Il dirigente, tenuto conto della necessità di garantire la migliore qualità del servizio, deve, in particolare:
42
a) assicurare il rispetto della legge, con riguardo anche alle norme regolatrici del rapporto di
lavoro, nonché delle disposizioni contrattuali, nonché l’osservanza delle direttive generali e di
quelle impartite dall’Azienda e perseguire direttamente l’interesse pubblico nell’espletamento dei
propri compiti e nei comportamenti che sono posti in essere dando conto dei risultati conseguiti e
degli obiettivi raggiunti;
b) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
c) nello svolgimento della propria attività, mantenere una condotta uniformata a principi di
correttezza e di collaborazione nelle relazioni interpersonali, all’interno dell’Azienda con gli altri
dirigenti e con gli addetti alla struttura, astenendosi, in particolare nel rapporto con gli utenti, da
comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono nuocere all’immagine
dell’Azienda;
d) nell’ambito della propria attività, mantenere un comportamento conforme al proprio ruolo,
organizzando ed assicurando la presenza in servizio correlata alle esigenze della propria
struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato, nel rispetto della normativa contrattuale e
legislativa vigente;
e) astenersi dal partecipare, nell’espletamento delle proprie funzioni, all'adozione di decisioni o
ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non
finanziari propri, del coniuge, dei parenti e degli affini fino al quarto grado e dei conviventi;f)
sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento dell’attività del
personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura cui è preposto, nonché al rispetto
delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l’attivazione dell’azione
disciplinare, secondo le disposizioni vigenti;
g) informare l’Azienda di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata
l’azione penale, quando per la particolare natura dei reati contestati al dirigente si possono
configurare situazioni di incompatibilità ambientale o di grave pregiudizio per l’Azienda;
h) astenersi dal chiedere o accettare omaggi o trattamenti di favore, se non nei limiti delle
normali relazioni di cortesia e salvo quelli d’uso, purché di modico valore;
i) garantire, per quanto nei suoi poteri e nei suoi obblighi, il massimo rispetto dei compiti di
vigilanza, operatività e continuità dell’assistenza al paziente nell’arco delle 24 ore, nell’ambito
delle funzioni assegnate al dirigente, nel rispetto dalla normativa contrattuale vigente;
j) assicurare la massima diligenza nella compilazione e tenuta e controllo delle cartelle cliniche,
referti e risultanze diagnostiche;
k) rispettare le norme di legge, contrattuali ed aziendali in materia di espletamento dell’attività
libero professionale;
l) rispettare le leggi vigenti in materia di attestazione di malattia e di certificazione per l’assenza
per malattia
m) assolvere diligentemente e prontamente agli obblighi a lui ascrivibili in merito alla
certificazione delle assenze per malattia.
4. Il dirigente è tenuto comunque ad assicurare il rispetto delle norme vigenti in materia di segreto
d’ufficio, riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed accesso all’attività amministrativa,
informazione all’utenza, autocertificazione, protezione degli infortuni e sicurezza sul lavoro, nonché di
divieto di fumo.
5. In materia di incompatibilità, resta fermo quanto previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, anche
con riferimento all’art. 1, comma 60 e segg. della legge 662 del 1996.
6. L’art. 11 del CCNL del 17 ottobre 2008 è disapplicato.[*]
[*]
Art. 11
Comportamento in servizio
1. Il dirigente conforma la sua condotta ai principi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del Codice Civile e contribuisce alla
gestione della cosa pubblica con impegno e responsabilità.
2. Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi istituzionali nella primaria
considerazione delle esigenze dei cittadini utenti, operando costantemente nel pieno rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni, allegato al CCNL del 3.11.2005, di cui si impegna a osservare tutte le disposizioni nonché dei codici di
comportamento adottati dalle Aziende ai sensi dell’art. 54, comma 5 del d.lgs. 165/2001 e di quanto stabilito nelle Carte dei Servizi.
3. I codici di comportamento aziendali e le carte dei servizi, ove emanati, sono affissi in luogo accessibile a tutti i dipendenti.
Art. 7
Sanzioni e procedure disciplinari
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1. Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell’art. 6 (obblighi del dirigente), secondo
la gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, danno luogo all’applicazione delle seguenti
sanzioni:
a) censura scritta
b) sanzione pecuniaria;
c) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art. 8 (
codice disciplinare)
d) licenziamento con preavviso
e) licenziamento senza preavviso.
2. Per l’individuazione dell’autorità disciplinare competente per i procedimenti disciplinari della dirigenza e
per le forme e i termini del procedimento disciplinare, trovano applicazione le previsioni dell’art. 55 bis del
d.lgs. 165/2001.
3. Per le infrazioni di minore gravità fino alla sospensione dal servizio non superiore a dieci giorni, il
titolare del potere disciplinare è, ai sensi dell’art. 55/bis, comma 2, il dirigente responsabile della struttura
cui l’interessato è formalmente assegnato. Per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi della
sospensione dal servizio per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare viene svolto dall’ufficio
competente per i procedimenti disciplinari ai sensi dell’art. 55/bis, comma 4.
4. Nei casi stabiliti dall’art. 55, comma 4 del d.lgs. n. 165 del 2001, il soggetto competente ad assumere
le determinazioni conclusive del procedimento disciplinare è il direttore generale o chi da lui delegato.
5. Nell’ambito del procedimento disciplinare previsto dall’art. 55/bis del d.lgs. 165/2001 come introdotto
dal d.lgs. n. 150/2009, la contestazione dell’addebito deve essere specifica e tempestiva, nel rispetto dei
termini temporali previsti dalla legge, nonché contenere l’esposizione chiara e puntuale dei fatti in
concreto verificatisi, al fine di rendere edotto il dirigente degli elementi a lui addebitati e consentire allo
stesso di esercitare il diritto di difesa.
6. Non può tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni disciplinari, decorsi due
anni dalla loro applicazione.
7. I provvedimenti cui al presente articolo non sollevano il dirigente dalle eventuali responsabilità di altro
genere nelle quali egli sia incorso, compresa la responsabilità dirigenziale, che verrà accertata nelle
forme previste dal sistema di valutazione.
Art. 8
Codice disciplinare
1. Le Aziende sono tenute al rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione
alla gravità della mancanza. A tale fine sono fissati i seguenti criteri generali riguardo il tipo e l’entità di
ciascuna delle sanzioni:
- l’ intenzionalità del comportamento;
- il grado di negligenza dimostrata, tenuto anche conto della prevedibilità dell’evento;
- la rilevanza della infrazione e dell’inosservanza degli obblighi e delle disposizioni
violate;
- le responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale ricoperto, nonché con la gravità
della lesione del prestigio dell’Azienda
- entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
- l’eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche connesse al
comportamento tenuto complessivamente dal dirigente o al concorso nella violazione di
più persone.
2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 già sanzionate nel biennio di riferimento,
comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle individuate nell’ambito del presente articolo.
3. Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od
omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista
per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare dal minimo della censura scritta fino alla multa da € 200 a € 500 si applica,
graduando l’entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1, nei casi di:
44
a) inosservanza della normativa contrattuale e legislativa vigente, nonché delle direttive, dei
provvedimenti e delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché di presenza
in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato ove non
ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55/ quater, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 165/2001;
b) condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti della
direzione aziendale, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c) alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d) comportamento negligente nella compilazione, tenuta e controllo delle cartelle cliniche, referti e
risultanze diagnostiche;
e) violazione dell’obbligo di comunicare tempestivamente all’azienda di essere stato rinviato a giudizio o
di avere avuto conoscenza che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale quando per la particolare
natura dei reati contestati al dirigente si possono configurare situazioni di incompatibilità ambientale o di
grave pregiudizio per l’Azienda;
f) violazione dell’obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre
utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, se non nei limiti delle
normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d’uso,purché di modico valore;
g) inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro,
nonché del divieto di fumo, anche se non ne sia derivato danno o disservizio per l’azienda o per gli utenti;
h) violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei singoli ordinamenti ai sensi
dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche se non ne sia derivato danno all'azienda.
L’importo delle multe sarà introitato nel bilancio dell’Azienda ed è destinato alle attività relative al
rischio clinico.
5. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 15 giorni, si
applica nel caso previsto dall’art. 55 bis, comma 7 del d.lgs. 165/2001.
6. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 3 mesi, con la
mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del
periodo di durata della sospensione, si applica nei casi previsti dall’art. 55 sexies, comma 3 e dall’art. 55
septies, comma 6 del d.lgs. 165/2001.
7. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino ad un
massimo di 3 mesi, si applica nel caso previsto dall’art. 55 sexies, comma 1 del d.lgs. 165/2001.
8. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo
di tre giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai
criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, 6, e 7 oppure quando le
mancanze previste dai medesimi commi si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico oppure nei confronti
dell’Azienda o dei componenti della direzione aziendale, degli altri dirigenti o dei dipendenti
ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni offensive nei confronti dell’Azienda o dei componenti della direzione aziendale,
degli altri dirigenti, dei dipendenti o di terzi, salvo che non siano espressione della libertà di
pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300 del 1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di
particolare gravità da parte del personale dipendente, ove non ricorrano le fattispecie considerate
nell’art. 55 sexies, comma 3, del D.lgs. 165/2001;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. b) del
D.lgs. 165/2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali
ipotesi l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o
dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli
obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all’azienda, agli utenti o ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione,
distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’amministrazione o ad esso affidati;
g) mancato rispetto delle norme di legge e contrattuali e dei regolamenti aziendali in materia di
espletamento di attività libero professionale;
h) comportamenti omissivi o mancato rispetto dei compiti di vigilanza, operatività e continuità
dell’assistenza al paziente, nell’arco delle ventiquattro ore, nell’ambito delle funzioni assegnate e
nel rispetto della normativa contrattuale vigente;
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i) comportamento negligente od omissivo nella compilazione, tenuta e controllo delle cartelle
cliniche, referti e risultanze diagnostiche, da cui sia derivato un danno per l’azienda o per i terzi;
j) inosservanza degli obblighi, a lui ascrivibili in merito alla certificazione medica concernente
assenze di lavoratori per malattia;
k) qualsiasi comportamento negligente, dal quale sia derivato grave danno all’azienda o a terzi,
fatto salvo quanto previsto dal comma 7;
l) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori nei confronti di dirigenti o altri dipendenti.
m) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona.
9. Nei casi di sospensione di cui al presente articolo, l’Azienda, in relazione a documentate esigenze
organizzative e funzionali dirette a garantire la continuità assistenziale, può differire, per un massimo di
30 giorni, rispetto alla conclusione del procedimento disciplinare, la data di esecuzione della sanzione.
10. In relazione alla specificità della funzione medica, anche con riferimento alla garanzia della continuità
assistenziale, l’Azienda, con provvedimento motivato e previo consenso del dirigente, può trasformare la
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in una sanzione pecuniaria corrispondente al
numero dei giorni di sospensione dell’attività lavorativa, tenendo presente la retribuzione giornaliera di cui
all’art. 26 del CCNL del 10 febbraio 2004. Tale clausola non si applica ai casi di sospensione previsti
dagli artt. 55 bis, comma 7 del d.lgs. 165/2001, dall’art. 55 sexies, comma 3 e dall’art. 55 septies, comma
6 del d.lgs. 165/2001. La relativa trattenuta sulla retribuzione è introitata dal bilancio dell’Azienda.
11. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione
disciplinare del licenziamento si applica:
1. con preavviso, per
i) le ipotesi considerate dall’art. 55 quater, comma 1, lett. b) e c) del D.lgs. 165/2001 e 55, septies,
comma 4;
j) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 e 8, anche se di diversa natura, o
recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia comportato l’applicazione della sanzione massima di 6
mesi di sospensione dal servizio o, comunque, quando le mancanze di cui ai commi precedenti si
caratterizzino per una particolare gravità;
k) mancato rispetto delle norme di legge e contrattuali e dei regolamenti aziendali in materia di
espletamento di attività libero professionale, ove ne sia seguito grave conflitto di interessi o una forma di
concorrenza sleale nei confronti dell’azienda;
2. senza preavviso, per:
a) le ipotesi considerate dall’art. 55 quater, comma 1, lett. a, d), e) ed f) del D.lgs. 165/2001 e dall’art. 55
quinques, comma 3;
b) gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar luogo alla sospensione
cautelare, secondo la disciplina dell’art. 10 (Sospensione cautelare in corso di procedimento penale),
fatto salvo quanto previsto dall’art. 11, comma 1 (Rapporto tra procedimento penale e procedimento
disciplinare);
c) condanna, anche non passata in giudicato, per:
a. i delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice
penale, lett. c), d) ed e), e nell’art. 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati
nell’art. 58, comma 1, lett. a) e all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D.lgs. n. 267
del 2000;
b. gravi delitti commessi in servizio;
c. delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 97/2001;
d) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che
assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri
dipendenti;
e) recidiva plurima in atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della
persona;
f) per gli atti e comportamenti non ricompresi specificamente nelle lettere precedenti, seppur estranei alla
prestazione lavorativa, posti in essere anche nei confronti di terzo, di gravità tale da non consentire la
prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 2119 del codice civile.
46
12. Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 e dal comma 11 sono comunque
sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti
sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all’art. 6 (Obblighi del dirigente), nonché quanto al tipo e alla
misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti.
13. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, nonché al codice di comportamento e alle carte dei
servizi, ove emanate, deve essere data la massima pubblicità mediante pubblicazione sul sito
istituzionale dell’azienda, secondo le previsioni dell’art. 55, comma 2, ultimo periodo del D.lgs. 165/2001.
Tale pubblicità equivale a tutti gli effetti all’affissione all’ingresso della sede di lavoro.
14. In sede di prima applicazione del presente CCNL, il codice disciplinare deve essere
obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 13, entro 15 giorni dalla data di stipulazione
del presente CCNL e si applica dal quindicesimo giorno successivo a quello della sua affissione o dalla
pubblicazione nel sito web dell’amministrazione. Resta fermo che le sanzioni previste dal D.lgs. 150/2009
si applicano dall’entrata in vigore del decreto stesso.
15. I commi 3 e 5 dell’art. 36 del CCNL 5 dicembre 1996 sono abrogati. [*]
[*]
ART. 35
Recesso dell’azienda o ente
1. Nel caso di recesso dell’azienda o ente, ai sensi dell’art. 2118 c.c., quest’ultima deve comunicarlo per iscritto all’interessato,
indicandone contestualmente i motivi e rispettando, salvo che nel caso del comma 2, i termini di preavviso.
2. In caso di recesso per giusta causa si applica l’art. 2119 del codice civile. La giusta causa consiste in fatti e comportamenti,
anche estranei alla prestazione lavorativa, di gravità tale da non consentire la prosecuzione, sia pure provvisoria,del rapporto di
lavoro.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, l’azienda o ente, prima di recedere dal rapporto di lavoro, contesta per iscritto l’eventuale
addebito all’interessato convocandolo, non prima che siano trascorsi cinque giorni dal ricevimento della contestazione, per sentirlo
a sua difesa. Il Dirigente può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o
da un procuratore di sua fiducia. Se l’azienda o ente lo ritenga necessario, in concomitanza con la contestazione, può disporre la
sospensione dal lavoro del Dirigente per un periodo non superiore a trenta giorni mantenendo la corresponsione del trattamento
economico complessivo in godimento e la conservazione dell’anzianità di servizio.
4. La responsabilità particolarmente grave e reiterata, accertata secondo le procedure previste dall’art. 57, costituisce giusta causa
di recesso. L’annullamento della procedura di accertamento della responsabilità del Dirigente, disciplinata dall’art. 57, comma 5 e
seguenti, fa venire meno gli effetti del recesso.
5. Il Dirigente non è soggetto alle sanzioni disciplinari conservative previste dall’art. 7, commi 4 e 5, della L. n. 300/1970.
Art. 9
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
1. L’azienda, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in
concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal
lavoro dello stesso dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento
economico complessivo in godimento. Tale periodo potrà essere prorogato a sessanta giorni nei casi di
particolare gravità e complessità.
2. Qualora il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione,
ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
3. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è
valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
Art. 10
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1. Il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale o da provvedimenti giudiziari inibitori che
impediscono la prestazione lavorativa, è obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell’incarico
dirigenziale conferito e privazione della retribuzione, per tutta la durata dello stato di restrizione della libertà, salvo
che l’azienda non proceda direttamente ai sensi dell’art. 8 (codice disciplinare), comma 11.
2. Il dirigente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione e con sospensione dell’incarico,
anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento penale, che non comporti la restrizione della libertà
personale o questa sia comunque cessata, secondo quanto previsto dall’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, salvo che
l’Azienda non proceda direttamente ai sensi dell’art. 11, comma 2 (Rapporto tra procedimento disciplinare e
procedimento penale) del presente CCNL.
47
3. Resta fermo l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett.
a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti
già indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b), e c), del D. Lgs .n. 267 del 2000 e
fatta salva l’applicazione dell’art. 8 (codice disciplinare), comma 11, qualora l’azienda non disponga la
sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs.
165/2001, nonché dell’art. 11 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) del presente
CCNL.
4. Nel caso dei delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97/2001, trova applicazione la disciplina ivi
stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la
sospensione condizionale della pena, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97/2001. È fatta
salva l’applicazione dell’art. 8 (codice disciplinare), comma 11, punto 2, qualora l’azienda non disponga la
sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs.
165/2001 nonché dell’art. 11 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) del presente CCNL.
5. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica, comunque, quanto previsto dall’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001,
comma 1, ultimo periodo.
6. Ove l’azienda intenda procedere all’applicazione della sanzione di cui all’art. 8 (codice disciplinare), comma 11,
punto 2, la sospensione del dirigente disposta ai sensi del presente articolo conserva efficacia fino alla
conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a
causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni.
Decorso tale termine, essa è revocata ed il dirigente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di
reati che comportano l’applicazione dell’art. 8 (codice disciplinare) comma 11, punto 2, l’azienda ritenga che la
permanenza in servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che
da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed
operatività dell’amministrazione stessa. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal
servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato
eventualmente sospeso, fino all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, tale
sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso la possibilità di ripresa del procedimento
disciplinare per cessazione di motivi che ne avevano determinato la sospensione, ai fini dell’applicabilità dell’art. 8
(codice disciplinare).
7. Al dirigente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un’indennità alimentare pari al
50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo, ove
spettante, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbiano titolo.
8. Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata con la formula “il fatto non sussiste” o
“l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di
assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto
anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione. Ove il procedimento disciplinare
riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art. 11, (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) il
conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si
concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, quanto corrisposto al dirigente precedentemente sospeso
viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione
in godimento all’atto della sospensione; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli
eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
Art. 11
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1. Nell’ipotesi di procedimento disciplinare che abbia, in tutto o in parte, ad oggetto fatti in relazione ai quali
procede l’autorità giudiziaria, trovano applicazione le disposizioni dell’art.55ter, del D.Lgs.n.165/2001.
2. L’Azienda, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dirigente e, quando
all’esito dell’istruttoria, non disponga di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può
sospendere il procedimento disciplinare attivato.
3. Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi dell’art. 55ter del D.Lgs.n.165/2001, qualora per i fatti
oggetto del procedimento penale, interviene una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il
fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale o che “l’imputato non l’ha commesso”, l’autorità
disciplinare procedente, nel rispetto delle previsioni dell’art. 55ter, comma 4, del D.Lgs.n.165/2001, riprende il
procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell’art.653, comma
1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre
ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni,
oppure i fatti contestati, pur non costituendo illeciti penali, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il
procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e secondo le modalità stabilite dell’art. 55ter,
comma 4.
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4. Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l’irrogazione della sanzione del licenziamento,
ai sensi dell’art. 8 (codice disciplinare) comma 11, punto 2 e, successivamente, il procedimento penale sia
definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o
non costituisce illecito penale o che “l’imputato non l’ha commesso, ove il medesimo procedimento sia riaperto e
si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi dell’art. 55-ter, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001, il dirigente ha
diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l’ente, anche in soprannumero
nella medesima sede o in altra sede, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente a quello
posseduto all’atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del
dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione.
5. Dalla data di riammissione di cui al comma 4, il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati
corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente,
nonché della retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi
compensi spettano al coniuge o al convivente superstite e ai figli.
6. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al
dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno
portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dal presente
CCNL.
7. È abrogato l’art. 19 del CCNL del 3.11.2005, come modificato dall’art. 14 del CCNL del 17/10/2008. [*]
[*]Art. 14
Effetti del procedimento penale sul rapporto di lavoro
1. All’art. 19 del CCNL 3.11.2005, il comma 12 è sostituito dal seguente:
12. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale, ai sensi dei commi da 1 a 5, la stessa conserva
efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni, fatta salva l’applicabilità dell’art. 35 del CCNL del
5.12.1996. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dirigente riammesso in servizio, salvo che per i reati di
particolare rilevanza e gravità tali da comportare, se accertati, il recesso, l’Azienda ritenga che la permanenza in servizio del dirigente
provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o,
comunque, per ragioni di opportunità e operatività dell’Azienda stessa. In tal caso può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione
dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale.
Art. 12
La determinazione concordata della sanzione
1. L’autorità disciplinare competente ed il dirigente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione
concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo
prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.
2. La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non può essere
di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e
non è soggetta ad impugnazione.
3. L’autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all’altra parte l’attivazione della procedura
conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla
audizione del dirigente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’art.55-bis, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001.
Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del
D.Lgs.n.165/2001. La proposta dell’autorità disciplinare o del dirigente e tutti gli altri atti della procedura sono
comunicati all’altra parte con le modalità dell’art.55-bis, comma 5, del D.Lgs.n.165/2001.
4. La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del
contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione
della proposta entro il termine di cui al comma 3 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare
ulteriormente la procedura conciliativa.
5. La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque
giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell’art.55-bis, comma 5, del D.Lgs.n.165/2001.
Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del
procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del D.Lgs.n.165/2001. La mancata accettazione comporta la
decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
6. Ove la proposta sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei tre giorni successivi il dirigente,
con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il
lavoratore aderisce o conferisce mandato.
7. Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale
sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad
impugnazione, può essere irrogata dall’autorità disciplinare competente.
49
8. In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con
conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del
D.Lgs.n.165/2001.
9. In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e
comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della
procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti
dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
Art. 13
Norme finali in tema di responsabilità disciplinare
1. Al fine di monitorare e verificare l’applicazione delle norme contrattuali definite dal presente CCNL, le Aziende
sono tenute ad inviare, con cadenza annuale, a ciascuna Regione un rapporto informativo sui procedimenti
disciplinari effettuati anche con riferimento ai risultati degli stessi sia in termini di sanzioni erogate che di
archiviazioni effettuate.
Art. 14
La reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
1. L’Azienda, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla
data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella
medesima Azienda, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto
del licenziamento. I dirigenti con incarico di struttura sono reintegrati in servizio con il medesimo incarico, ove
disponibile, oppure con incarico, anche di natura professionale, di valore economico corrispondente a quello
precedentemente ricoperto. Ai dirigenti spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto nel
periodo di licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del
licenziamento
2. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al
dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno
portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti
disposizioni.
Art. 15
Indennità sostitutiva della reintegrazione
1. L’Azienda o il dirigente possono proporre all’altra parte, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro,
di cui all’art. 13 (Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato), il pagamento a favore del dirigente di
un’indennità supplementare determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze emerse, tra un
minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un
massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
2. L'indennità supplementare di cui al comma 1 è automaticamente aumentata, ove l'età del dirigente sia
compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure, già previste per finalità analoghe nel CCNL del 10 febbraio
2004:
7 mensilità in corrispondenza del 51esimo anno compiuto;
6 mensilità in corrispondenza del 50esimo e 52esimo anno compiuto;
5 mensilità in corrispondenza del 49esimo e 53esimo anno compiuto;
4 mensilità in corrispondenza del 48esimo e 54esimo anno compiuto;
3 mensilità in corrispondenza del 47esimo e 55esimo anno compiuto;
2 mensilità in corrispondenza del 46esimo e 56esimo anno compiuto.
3. Nelle mensilità di cui ai commi 1 e 2 è ricompresa anche la retribuzione minima unificata già in godimento del
dirigente al momento del licenziamento, con esclusione della variabile aziendale e di quella di risultato e delle
atre indennità connesse all’incarico precedentemente ricoperto.
50
4. Il dirigente che accetti l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione non può successivamente adire
l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. In caso di pagamento dell’indennità supplementare, l'Azienda
non può assumere altro dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo
corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Il dirigente che abbia accettato l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione, per un periodo pari ai
mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva
che ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della disciplina di cui all'art.
30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Qualora si realizzi il trasferimento ad altra Azienda, il dirigente ha diritto ad un
numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
6. La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del presente CCNL.
51
CODICE DISCIPLINARE DELLA DIRIGENZA
PROFESSIONALE, TECNICO ED AMMINISTRATIVA
SANITARIA
[INTRODUCE PER LA PRIMA VOLTA LA RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE,
SANITARI, PROFESSIONALI, TECNICI ED AMMINISTRATIVI].
,
DEI DIRIGENTI
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell'area della dirigenza sanitaria,
professionale, tecnica e amministrativa del Servizio Sanitario Nazionale - contratto
integrativo del CCNL del 17 ottobre 2008
CAPO II
RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
Art. 5
Principi generali
1. In considerazione degli specifici contenuti professionali, delle particolari responsabilità che caratterizzano la
figura del dirigente, nel rispetto del principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli
organi di governo e le funzioni di gestione spettanti alla dirigenza, nonché della giurisprudenza costituzionale in
materia ed al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività delle Aziende ed enti del SSN, sono
stabilite specifiche fattispecie di responsabilità disciplinare per i dirigenti, nonché il relativo sistema sanzionatorio
con la garanzia di adeguate tutele al dirigente medesimo, nel rispetto di quanto stabilito dal D.lgs. 150/2009.
2. Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei risultati e quelli relativi
alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle stesse. La responsabilità disciplinare
attiene alla violazione degli obblighi di comportamento, secondo i principi e le modalità di cui al presente CCNL e
resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art. 15/ter del d.lgs. n. 502 del 1992, che invece
riguarda il raggiungimento dei risultati in relazione agli obiettivi assegnati, nonché la capacità professionale, le
prestazioni e le competenze organizzative dei dirigenti. Quest’ultima viene accertata secondo le procedure e
mediante gli organismi previsti nell’ambito del sistema di valutazione di cui agli artt. 25 e segg. del CCNL del 3
novembre 2005.
3. Restano ferme le altre fattispecie di responsabilità di cui all’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, che hanno distinta
e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare.
4. Per la responsabilità disciplinare, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni, individuate dal presente
CCNL, sono applicate secondo i principi e i criteri definiti dal presente CCNL medesimo, nel rispetto di quanto
previsto dagli artt. 55 e seguenti del d.lgs. 165/2001, come modificato dal d.lgs. 150/2009, con particolare
riferimento alla regolamentazione del procedimento disciplinare. L’irrogazione della sanzione deve basarsi su
elementi certi ed obiettivi, deve essere tempestivamente comunicata al dirigente e, al fine di garantire la certezza
delle situazioni giuridiche, non può essere applicata una sanzione di specie diversa da quella prevista dalla legge
o dal contratto collettivo.
Art. 6
Obblighi del dirigente
1. Il dirigente conforma la sua condotta ai principi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del Codice
Civile e contribuisce alla gestione della cosa pubblica con impegno e responsabilità.
2. Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi
istituzionali nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti, operando costantemente nel pieno
rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allegato al CCNL del
3.11.2005, di cui si impegna a osservare tutte le disposizioni nonché dei codici di comportamento adottati dalle
Aziende ai sensi dell’art. 54, comma 5 del d.lgs. 165/2001 e di quanto stabilito nelle Carte dei Servizi.
3. Il dirigente, tenuto conto della necessità di garantire la migliore qualità del servizio, deve, in particolare:
52
a) assicurare il rispetto della legge, con riguardo anche alle norme regolatrici del rapporto di lavoro,
nonché delle disposizioni contrattuali, nonché l’osservanza delle direttive generali e di quelle impartite
dall’Azienda e perseguire direttamente l’interesse pubblico nell’espletamento dei propri compiti e nei
comportamenti che sono posti in essere dando conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti;
b) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
c) nello svolgimento della propria attività, mantenere una condotta uniformata a principi di correttezza e di
collaborazione nelle relazioni interpersonali, all’interno dell’Azienda con gli altri dirigenti e con gli addetti
alla struttura, astenendosi, in particolare nel rapporto con gli utenti, da comportamenti lesivi della dignità
della persona o che, comunque, possono nuocere all’immagine dell’Azienda;
d) nell’ambito della propria attività, mantenere un comportamento conforme al proprio ruolo,
organizzando ed assicurando la presenza in servizio correlata alle esigenze della propria struttura ed
all’espletamento dell’incarico affidato, nel rispetto della normativa contrattuale e legislativa vigente;
e) astenersi dal partecipare, nell’espletamento delle proprie funzioni, all'adozione di decisioni o ad attività
che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri, del
coniuge, dei parenti e degli affini fino al quarto grado e dei conviventi;
f) sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento dell’attività del
personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura cui è preposto, nonché al rispetto delle
norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l’attivazione dell’azione disciplinare,
secondo le disposizioni vigenti;
g) informare l’Azienda di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata l’azione
penale, quando per la particolare natura dei reati contestati al dirigente si possono configurare situazioni
di incompatibilità ambientale o di grave pregiudizio per l’Azienda;
h) astenersi dal chiedere o accettare omaggi o trattamenti di favore, se non nei limiti delle normali
relazioni di cortesia e salvo quelli d’uso, purché di modico valore;
i) garantire, per quanto nei suoi poteri e nei suoi obblighi, il massimo rispetto dei compiti di vigilanza,
operatività e continuità dell’assistenza al paziente nell’arco delle 24 ore, nell’ambito delle funzioni
assegnate al dirigente, nel rispetto dalla normativa contrattuale vigente;
j) assicurare la massima diligenza nella compilazione e tenuta e controllo delle cartelle cliniche, referti e
risultanze diagnostiche;
k) rispettare le norme di legge, contrattuali ed aziendali in materia di espletamento dell’attività libero
professionale;
l) rispettare le leggi vigenti in materia di attestazione di malattia e di certificazione per l’assenza per
malattia;
m) assolvere diligentemente e prontamente agli obblighi a lui ascrivibili in merito alla certificazione delle
assenze per malattia.
4. Il dirigente è tenuto comunque ad assicurare il rispetto delle norme vigenti in materia di segreto
d’ufficio, riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed accesso all’attività amministrativa,
informazione all’utenza, autocertificazione, protezione degli infortuni e sicurezza sul lavoro, nonché di
divieto di fumo.
5. In materia di incompatibilità, resta fermo quanto previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, anche
con riferimento all’art. 1, comma 60 e segg. della legge 662 del 1996.
6. L’art. 14 del CCNL del 17 ottobre 2008 è disapplicato. [*]
[*]Art. 14
Comportamento in servizio
53
1. Il dirigente conforma la sua condotta ai principi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del Codice Civile e
contribuisce alla gestione della cosa pubblica con impegno e responsabilità.
2. Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi istituzionali nella
primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti, operando costantemente nel pieno rispetto del Codice di
comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allegato al CCNL del 3.11.2005, di cui si impegna a
osservare tutte le disposizioni nonché dei codici di comportamento adottati dalle Aziende ai sensi dell’art. 54, comma 5 del
d.lgs. 165/2001 e di quanto stabilito nelle Carte dei Servizi.
3. I codici di comportamento aziendali e le carte dei servizi, ove emanati, sono affissi in luogo accessibile a tutti i
dipendenti.
Art. 7
Sanzioni e procedure disciplinari
1. Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell’art. 6 (obblighi del dirigente), secondo la
gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, danno luogo all’applicazione delle seguenti sanzioni:
a) censura scritta
b) sanzione pecuniaria;
c) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art. 8 (
codice disciplinare)
d) licenziamento con preavviso
e) licenziamento senza preavviso
2. Per l’individuazione dell’autorità disciplinare competente per i procedimenti disciplinari della dirigenza e per le
forme e i termini del procedimento disciplinare, trovano applicazione le previsioni dell’art. 55 bis del d.lgs.
165/2001.
3. Per le infrazioni di minore gravità fino alla sospensione dal servizio non superiore a dieci giorni, il titolare del
potere disciplinare è, ai sensi dell’art. 55/bis, comma 2, il dirigente responsabile della struttura cui l’interessato è
formalmente assegnato. Per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi della sospensione dal servizio per più di
dieci giorni, il procedimento disciplinare viene svolto dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi
dell’art. 55/bis, comma 4.
4. Nei casi stabiliti dall’art. 55, comma 4 del d.lgs. n. 165 del 2001, il soggetto competente ad assumere le
determinazioni conclusive del procedimento disciplinare è il direttore generale o chi da lui delegato.
5. Nell’ambito del procedimento disciplinare previsto dall’art. 55/bis del d.lgs. 165/2001 come introdotto dal d.lgs.
n. 150/2009, la contestazione dell’addebito deve essere specifica e tempestiva, nel rispetto dei termini temporali
previsti dalla legge, nonché contenere l’esposizione chiara e puntuale dei fatti in concreto verificatisi, al fine di
rendere edotto il dirigente degli elementi a lui addebitati e consentire allo stesso di esercitare il diritto di difesa.
6. Non può tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni disciplinari, decorsi due anni
dalla loro applicazione.
7. I provvedimenti cui al presente articolo non sollevano il dirigente dalle eventuali responsabilità di altro genere
nelle quali egli sia incorso, compresa la responsabilità dirigenziale, che verrà accertata nelle forme previste dal
sistema di valutazione.
Art. 8
Codice disciplinare
1. Le Aziende sono tenute al rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla
gravità della mancanza. A tale fine sono fissati i seguenti criteri generali riguardo il tipo e l’entità di ciascuna delle
sanzioni:
- l’ intenzionalità del comportamento;
- il grado di negligenza dimostrata, tenuto anche conto della prevedibilità dell’evento;
- la rilevanza della infrazione e dell’inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
- le responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale ricoperto, nonché con la gravità della lesione del
prestigio dell’Azienda
- entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
- l’eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche connesse al comportamento
tenuto complessivamente dal dirigente o al concorso nella violazione di più persone.
2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 già sanzionate nel biennio di riferimento, comporta
una sanzione di maggiore gravità tra quelle individuate nell’ambito del presente articolo.
3. Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od
omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la
mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
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4. La sanzione disciplinare dal minimo della censura scritta fino alla multa da € 200 a € 500 si applica, graduando
l’entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1, nei casi di:
a) inosservanza della normativa contrattuale e legislativa vigente, nonché delle direttive, dei
provvedimenti e delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché di presenza
in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato ove non
ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55/ quater, comma 1, lett. a) del D.lgs. 165/2001;
b) condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti della
direzione aziendale, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c) alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d) comportamento negligente nella compilazione, tenuta e controllo delle cartelle cliniche, referti e
risultanze diagnostiche;
e) violazione dell’obbligo di comunicare tempestivamente all’azienda di essere stato rinviato a giudizio o
di avere avuto conoscenza che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale quando per la particolare
natura dei reati contestati al dirigente si possono configurare situazioni di incompatibilità ambientale o di
grave pregiudizio per l’Azienda;
f) violazione dell’obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre
utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, se non nei limiti delle
normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d’uso, purché di modico valore;
g) inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro,
nonché del divieto di fumo, anche se non ne sia derivato danno o disservizio per l’azienda o per gli utenti;
h) violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei singoli ordinamenti ai sensi
dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche se non ne sia derivato danno all'azienda.
L’importo delle multe sarà introitato nel bilancio dell’Azienda ed è destinato alle attività formative.
5. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 15 giorni, si applica nel
caso previsto dall’art. 55 bis, comma 7 del d.lgs. 165/2001.
6. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 3 mesi, con la mancata
attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo di durata
della sospensione, si applica nei casi previsti dall’art. 55 sexies, comma 3 e dall’art. 55 septies, comma 6 del
d.lgs. 165/2001.
7. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di 3
mesi, si applica nel caso previsto dall’art. 55 sexies, comma 1 del d.lgs. 165/2001.
8. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre
giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al
comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, 6, e 7 oppure quando le
mancanze previste dai medesimi commi si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico oppure nei confronti
dell’Azienda o dei componenti della direzione aziendale, degli altri dirigenti o dipendenti ovvero
alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni offensive nei confronti dell’Azienda o dei componenti della direzione aziendale,
degli altri dirigenti, dei dipendenti o di terzi, salvo che non siano espressione della libertà di
pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300 del 1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di
particolare gravità da parte del personale dipendente, ove non ricorrano le fattispecie considerate
nell’art. 55 sexies, comma 3, del D.lgs. 165/2001;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. b) del
D.lgs. 165/2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali
ipotesi l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o
dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli
obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all’azienda, agli utenti o ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione,
distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’amministrazione o ad esso affidati;
g) mancato rispetto delle norme di legge e contrattuali e dei regolamenti aziendali in materia di
espletamento di attività libero professionale;
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h) comportamenti omissivi o mancato rispetto dei compiti di vigilanza, operatività e continuità
dell’assistenza al paziente, nell’arco delle ventiquattro ore, nell’ambito delle funzioni assegnate e
nel rispetto della normativa contrattuale vigente;
i) comportamento negligente od omissivo nella compilazione, tenuta e controllo delle cartelle
cliniche, referti e risultanze diagnostiche, da cui sia derivato un danno per l’azienda o per i terzi;
j) inosservanza degli obblighi, a lui ascrivibili in merito alla certificazione medica concernente
assenze di lavoratori per malattia;
k) qualsiasi comportamento negligente, dal quale sia derivato grave danno all’azienda o a terzi,
fatto salvo quanto previsto dal comma 7;
l) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori nei confronti di dirigenti o altri dipendenti.
m) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona.
9. Nei casi di sospensione di cui al presente articolo, l’Azienda, in relazione a documentate esigenze
organizzative e funzionali dirette a garantire la continuità assistenziale, può differire, per un massimo di 30 giorni,
rispetto alla conclusione del procedimento disciplinare, la data di esecuzione della sanzione.
10. In relazione alla specificità della funzione sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa, anche con
riferimento alla garanzia della continuità assistenziale, l’Azienda, con provvedimento motivato e previo consenso
del dirigente, può trasformare la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in una sanzione
pecuniaria corrispondente al numero dei giorni di sospensione dell’attività lavorativa, tenendo presente la
retribuzione giornaliera di cui all’art. 26 del CCNL del 10 febbraio 2004. Tale clausola non si applica ai casi di
sospensione previsti dagli artt. 55 bis, comma 7 del d.lgs. 165/2001, dall’art. 55 sexies, comma 3 e dall’art. 55
septies, comma 6 del d.lgs. 165/2001.
La relativa trattenuta sulla retribuzione è introitata dal bilancio dell’Azienda ed è destinata alle attività formative.
11. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione disciplinare del
licenziamento si applica:
1. con preavviso, per
a) le ipotesi considerate dall’art. 55 quater, comma 1, lett. b) e c) del D.lgs. 165/2001 e 55, septies,
comma 4;
b) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 e 8, anche se di diversa natura, o
recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia comportato l’applicazione della sanzione massima di 6
mesi di sospensione dal servizio o, comunque, quando le mancanze di cui ai commi precedenti si
caratterizzino per una particolare gravità;
c) mancato rispetto delle norme di legge e contrattuali e dei regolamenti aziendali in materia di
espletamento di attività libero professionale, ove ne sia seguito grave conflitto di interessi o una forma di
concorrenza sleale nei confronti dell’azienda;
2. senza preavviso, per:
a) le ipotesi considerate dall’art. 55 quater, comma 1, lett. a, d), e) ed f) del D.lgs. 165/2001 e dall’art. 55
quinques, comma 3;
b) gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar luogo alla sospensione
cautelare, secondo la disciplina dell’art. 10 (Sospensione cautelare in corso di procedimento penale),
fatto salvo quanto previsto dall’art. 11, comma 1 (Rapporto tra procedimento penale e procedimento
disciplinare);
c) condanna, anche non passata in giudicato, per:
a. i delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente
all’art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e nell’art. 59, comma 1,
lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a) e
all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D. Lgs. n. 267 del 2000;
b. gravi delitti commessi in servizio;
c. delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 97/2001;
d) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che
assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri
dipendenti;
e) recidiva plurima in atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della
persona;
56
f) per gli atti e comportamenti non ricompresi specificamente nelle lettere precedenti, seppur estranei alla
prestazione lavorativa, posti in essere anche nei confronti di terzo, di gravità tale da non consentire la
prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 2119 del codice civile.
12. Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 e dal comma 11 sono comunque sanzionate
secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli
obblighi dei dirigenti di cui all’art. 6 (Obblighi del dirigente), nonché quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai
principi desumibili dai commi precedenti.
13. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, nonché al codice di comportamento e alle carte dei servizi,
ove emanate, deve essere data la massima pubblicità mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’azienda,
secondo le previsioni dell’art. 55, comma 2, ultimo periodo del D.lgs. 165/2001. Tale pubblicità equivale a tutti gli
effetti all’affissione all’ingresso della sede di lavoro.
14. In sede di prima applicazione del presente CCNL, il codice disciplinare deve essere obbligatoriamente reso
pubblico nelle forme di cui al comma 13, entro 15 giorni dalla data di stipulazione del presente CCNL e si applica
dal quindicesimo giorno successivo a quello della sua affissione o dalla pubblicazione nel sito web
dell’amministrazione. Resta fermo che le sanzioni previste dal D.lgs. 150/2009 si applicano dall’entrata in vigore
del decreto stesso.
15. I commi 3 e 5 dell’art. 35 del CCNL 5 dicembre 1996 sono abrogati. [ * ]
[*]
ART. 35
Recesso dell’azienda o ente
1. Nel caso di recesso dell’azienda o ente, ai sensi dell’art. 2118 c.c., quest’ultima deve comunicarlo per iscritto
all’interessato, indicandone contestualmente i motivi e rispettando, salvo che nel caso del comma 2, i termini di
preavviso.
2. In caso di recesso per giusta causa si applica l’art. 2119 del codice civile. La giusta causa consiste in fatti e
comportamenti, anche estranei alla prestazione lavorativa, di gravità tale da non consentire la prosecuzione, sia
pure provvisoria, del rapporto di lavoro.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, l’azienda o ente, prima di recedere dal rapporto di lavoro, contesta per
iscritto l’eventuale addebito all’interessato convocandolo, non prima che siano trascorsi cinque giorni dal
ricevimento della contestazione, per sentirlo a sua difesa. Il Dirigente può farsi assistere da un rappresentante
dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un procuratore di sua fiducia. Se l’azienda o
ente lo ritenga necessario, in concomitanza con la contestazione, può disporre la sospensione dal lavoro del
Dirigente per un periodo non superiore a trenta giorni mantenendo la corresponsione del trattamento economico
complessivo in godimento e la conservazione dell’anzianità di servizio.
4. La responsabilità particolarmente grave e reiterata, accertata secondo le procedure previste dall’art. 57,
costituisce giusta causa di recesso. L’annullamento della procedura di accertamento della responsabilità del
Dirigente, disciplinata dall’art. 57, comma 5 e seguenti, fa venire meno gli effetti del recesso.
5. Il Dirigente non è soggetto alle sanzioni disciplinari conservative previste dall’art. 7, commi 4 e 5, della L. n.
300/1970.
Art. 9
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
1. L’azienda, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in
concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal
lavoro dello stesso dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento
economico complessivo in godimento. Tale periodo potrà essere prorogato a sessanta giorni nei casi di
particolare gravità e complessità.
2. Qualora il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione,
ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
3. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è
valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
Art. 10
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1. Il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale o da provvedimenti giudiziari inibitori che
impediscono la prestazione lavorativa, è obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell’incarico
dirigenziale conferito e privazione della retribuzione, per tutta la durata dello stato di restrizione della libertà, salvo
che l’azienda non proceda direttamente ai sensi dell’art. 8 (codice disciplinare) comma 11.
2. Il dirigente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione e con sospensione dell’incarico,
anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento penale, che non comporti la restrizione della libertà
57
personale o questa sia comunque cessata, secondo quanto previsto dall’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, salvo che
l’Azienda non proceda direttamente ai sensi dell’art. 11, comma 2 (Rapporto tra procedimento disciplinare e
procedimento penale) del presente CCNL.
3. Resta fermo l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett.
a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti
già indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b), e c), del D.lgs. .n. 267 del 2000 e
fatta salva l’applicazione dell’art. 8 (codice disciplinare), comma 11, qualora l’azienda non disponga la
sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs.
165/2001, nonché dell’art. 11 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) del presente
CCNL.
4. Nel caso dei delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97/2001, trova applicazione la disciplina ivi
stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la
sospensione condizionale della pena, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97/2001. È fatta
salva l’applicazione dell’art. 8 (codice disciplinare), comma 11, punto 2, qualora l’azienda non disponga la
sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs.
165/2001 nonché dell’art. 11 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) del presente CCNL.
5. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica, comunque, quanto previsto dall’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001,
comma 1, ultimo periodo.
6. Ove l’azienda intenda procedere all’applicazione della sanzione di cui all’art. 8 (codice disciplinare), comma
11, punto 2, la sospensione del dirigente disposta ai sensi del presente articolo conserva efficacia fino alla
conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a
causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni.
Decorso tale termine, essa è revocata ed il dirigente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di
reati che comportano l’applicazione dell’art. 8 (codice disciplinare) comma 11, punto 2, l’azienda ritenga che la
permanenza in servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che
da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed
operatività dell’amministrazione stessa. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal
servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato
eventualmente sospeso, fino all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, tale
sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso la possibilità di ripresa del procedimento
disciplinare per cessazione di motivi che ne avevano determinato la sospensione, ai fini dell’applicabilità dell’art. 8
(codice disciplinare).
7. Al dirigente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un’indennità alimentare pari al
50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo, ove
spettante, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbiano titolo.
8. Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata con la formula “il fatto non sussiste” o
“l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di
assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto
anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione. Ove il procedimento disciplinare
riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art. 11, (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale) il
conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si
concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, quanto corrisposto al dirigente precedentemente sospeso
viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione
in godimento all’atto della sospensione; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli
eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
Art. 11
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1. Nell’ipotesi di procedimento disciplinare che abbia, in tutto o in parte, ad oggetto fatti in relazione ai quali
procede l’autorità giudiziaria, trovano applicazione le disposizioni dell’art.55ter, del D.Lgs.n.165/2001.
2. L’Azienda, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dirigente e, quando
all’esito dell’istruttoria, non disponga di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può
sospendere il procedimento disciplinare attivato.
3. Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi dell’art. 55ter del D.Lgs.n.165/2001, qualora per i fatti
oggetto del procedimento penale, interviene una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il
fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale o che “l’imputato non l’ha commesso”, l’autorità
disciplinare procedente, nel rispetto delle previsioni dell’art. 55ter, comma 4, del D.Lgs.n.165/2001, riprende il
procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell’art.653, comma
1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre
ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni,
oppure i fatti contestati, pur non costituendo illeciti penali, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il
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procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e secondo le modalità stabilite dell’art. 55ter,
comma 4.
4. Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l’irrogazione della sanzione del licenziamento,
ai sensi dell’art. 8 (codice disciplinare) comma 11, punto 2 e, successivamente, il procedimento penale sia
definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o
non costituisce illecito penale o che “l’imputato non l’ha commesso, ove il medesimo procedimento sia riaperto e
si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi dell’art. 55-ter, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001, il dirigente ha
diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l’ente, anche in soprannumero
nella medesima sede o in altra sede, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente a quello
posseduto all’atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del
dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione.
5. Dalla data di riammissione di cui al comma 4, il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati
corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente,
nonché della retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi
compensi spettano al coniuge o al convivente superstite e ai figli.
6. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al
dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno
portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dal presente
CCNL.
7. È abrogato l’art. 19 del CCNL del 3.11.2005, come modificato dall’art. 17 del CCNL del 17/10/2008.[*]
*]Art. 17
Effetti del procedimento penale sul rapporto di lavoro
1. All’art. 19 del CCNL 3.11.2005, il comma 12 è sostituito dal seguente:
12. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale, ai sensi dei commi
da 1 a 5, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a
cinque anni, fatta salva l’applicabilità dell’art. 35 del CCNL del 5.12.1996. Decorso tale termine la sospensione
cautelare è revocata di diritto e il dirigente riammesso in servizio, salvo che per i reati di particolare rilevanza e
gravità tali da comportare, se accertati, il recesso, l’Azienda ritenga che la permanenza in servizio del dirigente
provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe
derivarle da parte dei cittadini e/o, comunque, per ragioni di opportunità e operatività dell’Azienda stessa. In tal
caso può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con
cadenza biennale.
Art. 12
La determinazione concordata della sanzione
1. L’autorità disciplinare competente ed il dirigente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione
concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo
prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.
2. La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non può essere
di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e
non è soggetta ad impugnazione.
3. L’autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all’altra parte l’attivazione della procedura
conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla
audizione del dirigente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’art.55-bis, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001.
Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del
D.Lgs.n.165/2001. La proposta dell’autorità disciplinare o del dirigente e tutti gli altri atti della procedura sono
comunicati all’altra parte con le modalità dell’art.55-bis, comma 5, del D.Lgs.n.165/2001.
4. La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del
contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione
della proposta entro il termine di cui al comma 3 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare
ulteriormente la procedura conciliativa.
5. La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque
giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell’art.55-bis, comma 5, del D.Lgs.n.165/2001.
Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del
procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del D.Lgs.n.165/2001. La mancata accettazione comporta la
decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
59
6. Ove la proposta sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei tre giorni successivi il dirigente,
con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il
lavoratore aderisce o conferisce mandato.
7. Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale
sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad
impugnazione, può essere irrogata dall’autorità disciplinare competente.
8. In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con
conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art.55-bis del
D.Lgs.n.165/2001.
9. In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e
comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della
procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti
dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
Art. 13
Norme finali relative alla responsabilità disciplinare
Al fine di monitorare e verificare l’applicazione delle norme contrattuali definite dal presente CCNL, le Aziende
sono tenute ad inviare, con cadenza annuale, a ciascuna Regione un rapporto informativo sui procedimenti
disciplinari effettuati anche con riferimento ai risultati degli stessi sia in termini di sanzioni erogate che di
archiviazioni effettuate.
Art. 14
La reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
1. L’Azienda, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla
data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella
medesima Azienda, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto
del licenziamento. I dirigenti con incarico di struttura sono reintegrati in servizio con il medesimo incarico, ove
disponibile, oppure con incarico, anche di natura professionale, di valore economico corrispondente a quello
precedentemente ricoperto. Ai dirigenti spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto nel
periodo di licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del
licenziamento
2. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al
dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno
portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti
disposizioni.
Art. 15
Indennità sostitutiva della reintegrazione
1. L’Azienda o il dirigente possono proporre all’altra parte, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro,
di cui all’art. 14 (Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato), il pagamento a favore del dirigente di
un’indennità supplementare determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze emerse,
tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità,
ed un massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
2. L'indennità supplementare di cui al comma 1 è automaticamente aumentata, ove l'età del dirigente sia
compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure già previste per analoghe finalità nel CCNL del 10 febbraio
2004:
7 mensilità in corrispondenza del 51esimo anno compiuto;
6 mensilità in corrispondenza del 50esimo e 52esimo anno compiuto;
5 mensilità in corrispondenza del 49esimo e 53esimo anno compiuto;
4 mensilità in corrispondenza del 48esimo e 54esimo anno compiuto;
3 mensilità in corrispondenza del 47esimo e 55esimo anno compiuto;
2 mensilità in corrispondenza del 46esimo e 56esimo anno compiuto.
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3. Nelle mensilità di cui ai commi 1 e 2 è ricompresa anche la retribuzione minima unificata già in godimento del
dirigente al momento del licenziamento, con esclusione della variabile aziendale e di quella di risultato e delle
atre indennità connesse all’incarico precedentemente ricoperto.
4. Il dirigente che accetti l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione non può successivamente adire
l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. In caso di pagamento dell’indennità supplementare, l'Azienda
non può assumere altro dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo
corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Il dirigente che abbia accettato l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione, per un periodo pari ai
mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva
che ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della disciplina di cui all'art.
30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Qualora si realizzi il trasferimento ad altra Azienda, il dirigente ha diritto ad un
numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
6. La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del presente CCNL.
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