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Editoriale
Buone pratiche e qualità dell’assistenza
di Stefano Bazzana*
L
a qualità dell’assistenza erogata ai cittadini sta a cuore al
Collegio quanto le condizioni di lavoro di tutti gli infermieri, italiani
e stranieri.
Questi ultimi, forse più degli altri, vanno accolti e supportati.
R
iflettere sulla propria esperienza significa
pensare a ciò che quotidianamente si fa e porre delle domande quali, “come potremmo farlo
meglio?” E anche, “là si lavora veramente bene,
cerchiamo di capire il perché!”
Nella professione infermieristica come in tutte le
altre discipline sanitarie, è costante il richiamo a
fornire un’assistenza di qualità che tenga conto
della soddisfazione della persona, all’interno di
un vero e proprio ‘sistema di qualità’. Tutti ci
aspettiamo maggiore efficacia e migliore qualità
nella tutela della salute ed i servizi sociosanitari si stanno sempre più orientando sulla base di
questo concetto, adottando sistemi di certifica-
zione o di accreditamento più o meno volontari.
Dal momento che le persone assistite (e non
solo) ci richiedono maggiori responsabilità, siamo sempre più chiamati, come professionisti,
a rispondere ad aspettative legittimamente crescenti. Tutto ciò si traduce in un’enfasi, all’interno della nostra professione e all’esterno, sul
miglioramento continuo della pratica da parte
degli operatori, dei datori di lavoro, delle regioni e dei sistemi sanitari in genere. Ognuno
di noi, con il proprio gruppo di lavoro, contribuisce certamente a questo miglioramento, con
iniziative talvolta semplici e quotidiane, rivolte
direttamente ai pazienti oppure indirettamente,
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
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attraverso il supporto formativo e organizzativo
a miglioramenti dell’assistenza o delle relazioni
nell’équipe.
Abbiamo chiesto pertanto agli iscritti di raccontarci esperienze che avessero declinato i concetti
teorici della qualità nella prassi quotidiana, allo
scopo di dare visibilità e concretezza al concetto, talvolta fumoso e indefinito, di qualità.
Questo editoriale presenta un numero di Tempo
di Nursing dedicato proprio ai contributi raccolti
in varie strutture della provincia, dove colleghi,
con progetti grandi o piccoli, hanno dimostrato
che in contesti, anche diversi, è possibile passare dalla teoria alla prassi (e viceversa).
Dopo un articolo introduttivo da parte della
Dr.ssa Marina Bertoli Responsabile della Qualità per il Collegio IPASVI, il focus della rivista ci
offre un’esperienza dell’A.O. Mellini di Chiari,
riguardante il tema del rischio di cadute in ospedale, divenuto attuale in tutte le aziende ospedaliere sia per il progressivo aumento degli anziani ricoverati, sia perché considerato un evento
sentinella nei programmi di accreditamento e
verifica della qualità. Gli autori ci descrivono
un piano globale di interventi e di strategie per
prevenire, gestire e monitorare in modo efficace
tale problematica, molto impattante per la nostra
professione.
La responsabile del Sitra dell’ASL di Brescia ci
presenta invece i risultati di un progetto di miglioramento dell’assistenza alle persone portatrici di stomie intestinali
e urinarie, sottolineando l’obiettivo
di garantire una personalizzazione
e una continuità assistenziale nei
percorsi di educazione terapeutica,
dimissione e riabilitazione. Un progetto durato tre anni che ha coinvolto
infermieri delle diverse strutture di
ricovero, pubbliche e private, consentendo loro di attivare confronti e
sperimentare approcci rilevanti sia
da un punto di vista metodologico sia
per i risultati ottenuti.
La terza esperienza è ambientata in
una Fondazione, la Casa di Riposo di
Manerbio Onlus. Interessante scoprire che un argomento quale il dolore,
anch’esso molto attuale in ambito
ospedaliero perché divenuta obbligatoria la sua valutazione e gestione,
viene affrontato organicamente dai
colleghi con un progetto finalizzato a
2 - Editoriale
ridurre, controllare e se possibile eliminare il dolore nelle persone anziane affette da demenza.
L’ultimo contributo, ma non ultimo, ché l’Ospedale dei Bambini sta lavorando per ottenere
l’Accreditamento Joint Commission, attiene
all’ideazione e all’introduzione di una nuova
documentazione assistenziale, relativa all’accertamento e alla pianificazione infermieristica.
Emblematica del lavoro svolto, dal mio punto
di vista, la seguente frase “Il momento di sperimentazione della documentazione rappresenta
anche un’occasione di riflessione collettiva, che
unisce i diversi professionisti che hanno partecipato all’esperienza: osservare e discutere insieme e reciprocamente il proprio lavoro contribuisce a migliorare la capacità critica e a rafforzare
i processi di progettazione e di decisione.”
Infine un progetto in corso anche da parte di
IPASVI BS, che intende favorire l’accoglienza
dei tanti colleghi provenienti da diverse culture
e nazioni, pur nel rispetto rigoroso delle norme
che regolano l’iscrizione all’Albo dei professionisti comunitari e non. Questi rappresentano
infatti una risorsa ormai irrinunciabile per molti
nostri servizi.
Buona lettura!
* Presidente Collegio IPASVI-BS
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Osservatorio
Il lavoro degli infermieri in carcere:
cercare la qualità nella criticità.
di Moreno Crotti Partel*
L
a lettera della collega MariaStella merita un piccolo approfondimento per delineare il contesto e le problematiche di una
realtà poco conosciuta, che coinvolge, seppur con pochi professionisti, l’intera immagine della professione.
“S
ono un’Assistente Sanitaria e opero
all’interno del carcere cittadino dal 1991 e attualmente anche nell’Istituto di Reclusione di
Verziano (dopo il passaggio della Medicina Penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Ministero della Salute).
Leggendo “Tempo di Nursing” del settembre u.s.
ho trovato alcuni articoli sul “malato terminale”, mi ha colpito il titolo ”Nessun uomo è inutile se allevia il peso di qualcun altro”(Ghandi).
Per cui con questa mia lettera voglio dare un
personale contributo alla discussione aperta
sulle pagine del nostro giornale.
Il termine carcere deriva dall’ebraico “carcar”
uguale tumulare, luogo senza tempo, quindi che
nega la vita, ed è un evento drammatico che
produce sofferenza e sofferenti restando l’ultima
frontiera della disperazione e di drammi umani.
Molta della popolazione detenuta appartiene
agli strati sociali più deboli e più poveri, dove
dominano la scena, la tossicodipendenza e gli
extra comunitari. Gli Istituti Penitenziari stanno
vivendo situazioni drammatiche per le condizioni di sovraffollamento e di promiscuità.
La quotidianità è allarmante, piena di desolazione, di angoscia , di vuoto esistenziale ed emozionale.
Ed ecco perché, le manifestazioni psicopatologiche sono particolarmente frequenti.
Come Operatore Sanitario quotidianamente mi
trovo a contatto con la fragilità e la sofferenza,
la nostra etica professionale ci insegna che tutti
i cittadini devono ricevere la stessa assistenza
sanitaria in qualsiasi luogo siano collocati, anche dentro il carcere; e qualunque sia il proprio
status sociale di cittadino, libero o rinchiuso,
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qualunque sia la razza e fede di appartenenza.
La mia scelta lavorativa mi spinge non solo ad assistere e curare ma anche ad ascoltare i disagi, il dolore, il pentimento, i sensi di colpa e la sofferenza di
persone, che stanno faticosamente intraprendendo un
cammino di riscatto e di espiazione della propria colpa. Tentare di alleviare questo è estremamente complicato e difficile.
Talvolta cerco di dare aiuto nella risoluzione di
problemi non legati all’assistenza sanitaria ma
che visti dall’esterno possano sembrare banali,
ma in questo contesto assumono un peso diverso e questo aiuto può diventare uno spiraglio di
luce per qualcuno.
Lavorare all’interno degli Istituti Penitenziari,
mi ha portato a conoscere fragilità che altri non
comprendono, a condividere limitazioni spaziali
delle libertà individuali dei detenuti, ha inoltre
contribuito a far crescere in me una sensibilità
diversa verso una realtà e problematiche sconosciute alla comunità esterna, che spesso ignora
gli operatori della assistenza sanitaria che operano nel servizio della medicina penitenziaria.”
Mariastella Anzoni. ASV
4 - Osservatorio
In Italia la sanità penitenziaria è da anni al centro
dell’attenzione, da circa due anni, le competenze
in materia sono passate dal Ministero della Giustizia al Ministero della Salute.
Le condizioni nelle carceri sono critiche, mentre
i bisogni di salute sono enormi e richiedono una
vera e propria presa in carico dei detenuti, che
oltre alle malattie comuni a tutta la popolazione,
spesso presentano stati di salute aggravati dalle
condizioni di vita legate alla reclusione.
Il vissuto di malattia e l’assistenza infermieristica sono destinate ad alterarsi nel carcere, rivestendosi di significati particolari. Un recente studio, condotto dall’Università di Toronto, Facoltà
Bloomberg di infermieristica, ha esaminato il
ruolo di 500 infermieri che lavorano nel sistema
carcerario provinciale dell’Ontario, il quale si
occupa di quasi 9.000 persone, in 30 strutture.
Nello studio, condotto da Joan Almost e Diane
Doran1, prima rassegna globale sugli infermieri che lavorano nelle strutture correzionali in
Canada, si è riscontrato che gli infermieri che
lavorano nel settore sentono di avere uno scarso controllo sulla loro pratica professionale, a
causa delle restrizioni dovute alle ragioni di sicurezza, hanno un minore accesso alle risorse e
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alle attrezzature necessarie, e un’esperienza più
elevata di stress emotivo e di tensione nella relazione col paziente.
Lo studio ha anche rilevato che, nonostante la
soddisfazione sul lavoro sia leggermente inferiore a quella degli infermieri impiegati in altri
settori, coloro che lavorano in carcere registrano
livelli di burnout inferiori, oltre che un maggiore
proposito di rimanere a fare il proprio lavoro.
La ricerca attribuisce questo aspetto al fatto che
il lavoro in carcere è molto diversificato e richiede agli infermieri di attingere ad una vasta gamma delle loro competenze.
La principale differenza tra carcere e altri settori
è che negli istituti penitenziari è importante non
solo l’assistenza sanitaria, ma anche la sicurezza, dice Linda Ogilvie, responsabile dei servizi
sanitari aziendali per il Ministero della Sicurezza della Comunità e dei servizi correzionali e
questo è un equilibrio “unico”, molto particolare. L’ambiente insomma non è favorevole alla
costruzione di una relazione terapeutica: se non
si dispone di un qualche tipo di meccanismo, che
impedisca lo stress emotivo, diventa un ambiente molto difficile in cui lavorare. Ricerche simili
sono state effettuate anche nel nostro paese cercando di rilevare la percezione del ruolo infermieristico all’interno degli Istituti di Pena e la
relazione “paziente/detenuto e infermiere”2.
Venendo al contesto italiano, il Dpcm 1° aprile
2008 (Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 2008)
ha stabilito che i rapporti di lavoro, le risorse
finanziarie, le attrezzature e i beni strumentali
in materia di sanità penitenziaria venissero trasferiti dal Ministero della Giustizia al Servizio
Sanitario Nazionale. Il rapporto di lavoro degli
operatori sanitari (medici, ma soprattutto infermieri) che operavano negli Istituti penitenziari è
stato inglobato, con alcune differenze Regionali,
tra quelli gestiti dalle Aziende sanitarie locali o
dalle Aziende Ospedaliere.
La popolazione carceraria coinvolta è molto ampia, sono detenute nelle carceri italiane oltre 55
mila persone, 7.800 delle quali con più di cinquanta anni di età. La quota maggiore si trova
in Lombardia (15,1%) seguita dalla Campania
(12,6%) e dalla Sicilia (10,9%). Al 31 dicembre
2010 nella nostra regione erano presenti 9.412
detenuti (8.786 uomini, 626 donne), 3.766 in
più rispetto alla capacità ricettiva massima3-4.
La media dell’indice di sovraffollamento è del
66,5% e la Lombardia si piazza al quarto posto
tra le regioni con il più alto tasso di affollamento
penitenziario. A Brescia i detenuti nel carcere di
Canton Mombello sono 540 (il 65% è composto
da extracomunitari) a fronte di una capienza di
280, con un indice di affollamento del 174,3%
(il più alto della Lombardia e il secondo in Italia). Il carcere cittadino dovrebbe ospitare solo
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condannati in via definitiva ma dei detenuti ospitati
oltre 200 sono in attesa di giudizio. 5-6
Anche il Direttore Maria Gabriella Lusi, non ha nascosto che la situazione sia complessa: «Il personale ha dato
atto di attenzione e umanità, ma le condizioni di detenzione sono difficili»7.
In ambito sanitario l’epidemiologia penitenziaria dimostra che i bisogni di salute dei detenuti ruotano intorno a una vera presa in carico del paziente diventando
a volte il solo contenitore del disagio sociale, più vicina dunque ai modelli di assistenza territoriale che non
a quelli specialistici ospedalieri, proprio come avviene
per la popolazione che vive al di fuori delle carceri e
che ricorre alla medicina generale molto più spesso di
quanto ricorra all’ospedale. E’ auspicabile che, come si
è provato a fare a Brescia in questi ultimi anni, in una
situazione di così profonda trasformazione limitata dalla
scarsità di risorse e da criticità evidenti, si investa sui
professionisti. Un’appropriata sanità penitenziaria non
potrà che dipendere da un’organizzazione che sia in
grado di assicurare tutti i livelli di assistenza medica (di
base, specialistica, gestione delle patologie croniche), a
questo sarà necessario affiancare l’incentivazione dell’assistenza infermieristica, per favorire la prevenzione,
l’educazione ai corretti stili di vita e interventi igienico
organizzativi efficaci. Per fare ciò, l’unica possibilità è
garantire la quantità e la qualità degli interventi assistenziali, per permettere l’erogazione di prestazioni professionali, erogate da personale riconosciuto, preparato,
motivato e coinvolto.
6 - Osservatorio
Note
1 - J. Almost e D. Doran, Prison nurses face sex
taunts, death threats, CBC. http://www.cbc.
ca/news/health/story/2011/01/04/nurses-prison-threats.html?ref=rss
2 - Massei, A. R. Marucci, M. F. Tiraterra, La
professione infermieristica negli istituti penitenziari: un’indagine descrittiva Prof. Inf.
Vol 60, No 1 (2007)
3 - Bresciaoggi, L’IDV visita il carcere «realtà
disumana», 13/02/2011
4 - Giornale di Brescia, Brescia: Canton Mombello, un carcere “incivile” e da chiudere,
2/02/2008
5 - Giornale di Brescia, Brescia: affollamento al
174%, il carcere di Canton Mombello rischia
il collasso, 12/01/2011
6 - Bresciaoggi, Canton Mombello? E’ il carcere
peggiore, 22/04/2009
7 - Bresciaoggi, Dramma a Canton Mombello:
26enne si impicca nel bagno, 24/02/2010
* Consiglere Collegio Ipasvi. Coordinatore infermieristico U.O. oncoematologia pediatrica
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Focus
Scegliere la qualità
di Bruna Marina Bertoli*
G
arantire una buona qualità dell’assistenza è oggi, probabilmente, una delle maggiori sfide che i sistemi sanitari si trovano
ad affrontare.
P
remessa
I processi di innovazione che connotano l’attuale
momento storico, le richieste di miglioramento
di cure e prestazioni sanitarie da parte dei cittadini, la progettazione delle trasformazioni qualitative ed i contesti socio-economici nei quali
avvengono, hanno imposto un cambiamento nel
modo di pensare e di gestire le strutture sanitarie. Le problematiche relative alla qualità ed al
sistema delle relazioni e delle comunicazioni, la
valutazione dell’efficienza e dell’efficacia delle
prestazioni, sono componenti centrali del processo di cambiamento. La trasformazione degli
enti sanitari in aziende induce quindi le strutture
ad affrontare problemi tipici di altri settori, in
particolare quelli della gestione dei prodotti, dei
servizi, delle risorse e dell’ottimizzazione delle
condizioni operative per i gruppi professionali.
L’evoluzione della realtà sociale richiede servizi più efficaci, non vincolati unicamente alle
componenti materiali delle prestazioni ma riferiti agli elementi di qualità del lavoro che concorrono a determinare le caratteristiche dei beni
forniti. E’ necessario individuare e sviluppare
metodologie, processi e procedure per coinvolgere la risorsa/cliente con l’obiettivo di gestirla e
indirizzarla in maniera efficiente ed efficace.
Il Sistema Sanitario Nazionale ha subito una importante rivoluzione e con i decreti 502/517 lo
Stato ha introdotto nuove regole, equiparando
le strutture sanitarie pubbliche a quelle private
accreditate e introducendo il concetto di qualità
dell’assistenza nei confronti dei cittadini.
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Focus - 7
Questi principi sono rafforzati dal DPR 14 gennaio 1997 che introduce l’accreditamento delle
strutture sanitarie e prevede che in tutti i presidi
devono essere attivati sistemi di valutazione e
miglioramento delle attività.
Il D.Lgs 229/99 ribadisce la necessità di garantire la qualità dell’assistenza e propone di adottare
in via ordinaria il metodo della verifica e revisione della qualità delle prestazioni, nonché il
loro costo, al cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli organizzativi e i flussi informativi dei soggetti erogatori e gli istituti normativi
regolanti il rapporto di lavoro, prevedendo specifici accordi contrattuali tra Regione e Aziende
Sanitarie.
Da molti anni si leggono, sui periodici e sui quotidiani, articoli sulla qualità, si organizzano corsi
e conferenze e si assegnano premi per la qualità. Il miglioramento della qualità è diventato
la chiave strategica della competizione a livello
nazionale e internazionale e ha suscitato un interesse crescente verso i Sistemi di Gestione per la
qualità come metodologia per assicurare la conformità dei prodotti e dei servizi alle aspettative
dei clienti.
Concetto di qualità
Il concetto di qualità ha subito numerose modifiche nel tempo. Nato per l’industria manifatturiera e applicato in principio esclusivamente al
collaudo del prodotto finale, esso si è evoluto,
trasformandosi prima nel concetto di controllo
del processo produttivo, e poi, verso gli anni ‘90,
nel concetto di qualità come soddisfazione del
cliente. Ciò ha spostato l’attenzione sulla qualità
del servizio erogato e del rapporto cliente-fornitore, enfatizzando così il principio della “qualità
globale” di tutte le competenze dell’organizza8 - Focus
zione. L’utente ha assunto un ruolo centrale e si
è trasformato in cliente.
Sicuramente diverse definizioni sono possibili
e legittime, dipendendo dal sistema nel quale si
opera e dalla natura e dal grado di responsabilità
di chi opera; di seguito ne troverete alcune:
-”nell’analisi finale del mercato, la qualità di un
prodotto dipende da quanto bene corrisponde
ai modelli delle preferenze del consumatore”
(Kuehn & Day 1962);
- “conformità dell’assistenza erogata a criteri
predefiniti (Donabedian 1970);
- “... è il grado in cui un prodotto specifico soddisfa i bisogni di uno specifico consumatore”
(Gilmore 1974);
- “conformità a requisiti di riferimento standard,
definiti di volta in volta da società scientifiche,
da norme di legge, da indirizzi regionali, da
gruppi o commissioni sulla qualità” (Crosby
1979);
- “… è il grado di eccellenza ad un prezzo accettabile ed il controllo della variabilità ad un
costo accettabile” (Broh 1982);
- “fare le cose giuste la prima volta” (Price
1985);
- “… la misura in cui i servizi sanitari prestati
aumentano la probabilità di ottenere risultati
sperati a livello individuale o di popolazione,
secondo le possibilità offerte dalle conoscenze
disponibili, entro i vincoli imposti dalle risorse
presenti” (Brook, Lohr, 1985);
- “l’essenza dell’approccio alla qualità totale è
identificare e soddisfare i requisiti dei clienti,
sia interni che esterni” (Oakland 1989);
- “la qualità deve essere raggiunta in cinque aree
fondamentali: persone, mezzi, metodi, materiali e ambiente per assicurare la soddisfazione dei bisogni del cliente” (Newell & Dale
1991);
- “… la capacità di un prodotto di rispondere
completamente agli scopi per i quali è stato
progettato e costruito al più basso costo possibile” (Ahannu Vuori);
- “La qualità dell’assistenza consiste nella sua
capacità di migliorare lo stato di salute e di
soddisfazione di una popolazione nei limiti
concessi dalla tecnologia, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche della utenza” (Palmer);
- “grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfano i requisiti” (ISO 9000 del
2005: Fondamenti e Terminologia);
- “l’insieme di metodi e tecniche che consentono
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Garantire una buona qualità dell’assistenza è
oggi, probabilmente, una delle maggiori sfide
che i sistemi sanitari si trovano ad affrontare,
anche alla luce delle crescenti aspettative dei cittadini, secondo le quali non è più sufficiente che
l’assistenza sia «abbastanza» buona: essa deve
essere «migliore» e, se non basta, «eccellente».
Oggi è sempre più sentita la necessità di garantire livelli assistenziali adeguati ai bisogni di salute della popolazione e, conseguentemente, si
va diffondendo una cultura volta alla ricerca di
parametri utili per identificare e monitorare gli
standard della qualità erogata.
Nelle strutture sanitarie, al fine di ottenere un
funzionamento efficace, occorre identificare e
gestire gli innumerevoli processi che si svolgono
all’interno, le loro interrelazioni e interazioni, il
grado di dipendenza di un processo dall’altro. I
processi sono quelli direttamente connessi alla
realizzazione del prodotto/erogazione del servizio (comunemente detti “primari”, quali pro-
gettazione, fabbricazione, erogazione, vendite,
approvvigionamenti, controlli, ecc) e quelli definiti di “supporto”, quali le attività di gestione in
genere, la gestione delle risorse, le misurazioni
ed i miglioramenti.
La gestione per processi rappresenta una modalità di operare che nasce dalla necessità di dover
integrare efficacemente le attività di una funzione con un’altra, mirando al raggiungimento dell’obiettivo finale.
Il Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ – Fig.
n. 1) si configura come strumento di “governo”
dei processi e dei risultati al fine di soddisfare i
clienti, ma anche per permettere all’azienda di
trarre benefici per sé e tutti i membri che la compongono, che sono comunque collegati al successo (o insuccesso) dell’azienda stessa.
Il SGQ (secondo la norma UNI EN ISO
9001:2008) deve essere visto come uno strumento volto a promuovere regole e dialogo interno
in maniera tale da evitare incomprensioni e di
valorizzare al massimo la professionalità e l’iniziativa di tutti gli operatori. Tale metodologia è
applicabile in ogni azienda in quanto può essere concepita in maniera diversa in relazione alla
missione aziendale o al prodotto/servizio erogato; in altri termini, il SGQ si adatta all’evoluzione dell’azienda stessa e s’implementa nel tempo
modulandosi a dimensioni sempre maggiori per
il contributo che i soggetti coinvolti apportano.
Fondamenti principali sui quali il SGQ deve necessariamente basarsi sono “l’approccio per processi e il miglioramento continuo” (questi due
elementi consentono di superare la obsoleta modalità organizzativa della mera ripartizione o attribuzione di compiti alle professionalità presenti
Fig. 1
Fig. 2
di realizzare il miglioramento delle prestazioni e la soddisfazione di tutte le parti coinvolte
nell’organizzazione”;
- “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un’organizzazione, che ne determinano
la capacità di soddisfare le esigenze espresse e
implicite, tangibili o intangibili, del cliente”.
- “assenza di difetti” nei processi assistenziali riscontrati dagli stessi operatori che svolgono i
processi (qualità interna) o dai destinatari dell’intervento o dell’azione (qualità esterna).
Il Sistema di Gestione per la Qualità
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Focus - 9
in azienda, per una visione sistemica delle attività, interpretate quali componenti interconnesse,
interdipendenti e costantemente comunicanti tra
loro e orientate alla centralità del paziente ormai
divenuto a tutti gli effetti “cliente”).
Il cliente assume la duplice connotazione “dell’input”, che innesca il macroprocesso della
“qualità” e “dell’output”, inteso quale punto
d’arrivo che richiede la soddisfazione di quelle
stesse aspettative che sono poste all’origine della sequenza.
Quando si parla di “cliente” in termini generali,
ci si riferisce sia alla persona bisognosa di cure
proveniente dall’esterno, sia al cliente interno e
cioè al personale interno di una Unità Operativa che, per esempio, riceve una prestazione dai
servizi sanitari (radiologie, laboratori ecc.) o dai
servizi di supporto non sanitari (farmacia, servizio di bioingegneria, manutenzione ecc.).
Il SGQ si fonda sulla norma ISO 9001 e sulla
logica del PDCA o ciclo di Deming (Fig. n. 2);
esso rappresenta un ciclo dinamico che può essere applicato sia al singolo processo sia alla rete
di processi. Il ciclo è strettamente associato alla
pianificazione, all’attuazione, al controllo ed al
miglioramento continuo dei processi stessi.
La fase Plan consiste nell’identificare il problema, nell’analizzarlo, nell’individuare le cause
PLAN
reali, nel definire e pianificare le
azioni correttive.
La fase Do consiste nel preparare e applicare le azioni correttive
DO
pianificate.
La fase Check consiste nel
verificare i risultati delle azioni
CHECK
intraprese confrontandoli con gli
obiettivi attesi.
La fase Act consiste:
- nello standardizzare e consolidare le azioni intraprese qualora la fase di check si sia conclusa con esito positivo
ACT
- nel ripercorrere un nuovo ciclo
PDCA se i risultati rilevati nella
fase di check non sono soddisfacenti.
10 - Focus
Gli obiettivi della qualità possono essere riassunti in:
- assicurare la soddisfazione del cliente;
- assicurare la soddisfazione dell’operatore;
- assicurare la soddisfazione dell’azienda (es.
maggiore redditività, competitività).
Qualità in sanità
Fornire prestazioni di qualità diviene, pertanto, una responsabilità primaria delle istituzioni
sanitarie che non può prescindere dal dovere
morale ed etico di fornire la massima protezione possibile da eventuali danni conseguenti ad
errori umani e di sistema.
L’errore e la sua gestione in sanità, più che in ogni
altro settore, per la natura stessa delle condizioni
di debolezza e fragilità del cliente, diventano il
tema centrale attorno al quale si sviluppano tutti
i percorsi organizzativi che mirano a garantire la
qualità del servizio e la soddisfazione dei bisogni del cliente.
Per qualità dell’assistenza sanitaria si intende:
- rispondere con rapidità, efficacia ed umanità
ai bisogni specifici di salute dei singoli e della
comunità, con attenzione ad un utilizzo equilibrato delle risorse disponibili ed un pensiero
alle generazioni future;
- condividere percorsi e procedure sulle priorità
assistenziali definite, con un metodo partecipativo, da tutti gli attori presenti nell’organizzazione facendo uso di un adeguato sistema informativo;
- utilizzare procedure tecniche e gestionali appropriate nella prevenzione, cura e riabilitazione; misurarle e valutarle, anche in relazione ai
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loro esiti, con l’obiettivo di migliorarle di continuo;
- decidere i cambiamenti che possono migliorare
sia gli esiti che la soddisfazione degli utenti e
degli operatori.
La qualità dell’assistenza è il risultato finale di
un complesso intreccio di fattori che riassumono
le capacità di gestione di un sistema sanitario,
il grado di razionalità nell’uso delle risorse, le
sue competenze nel governo delle innovazioni
biomediche e di gestione del rischio, la capacità di indirizzare i comportamenti professionali
verso scelte diagnostico-terapeutiche giuste ed
efficaci.
Si intersecano, in questa prospettiva, l’appropriata erogazione di interventi efficaci sotto il
profilo clinico ed organizzativo, lo sviluppo e
l’utilizzo di tecnologie sanitarie sempre più complesse e sofisticate, la definizione dei bisogni assistenziali da garantire fornendo al paziente la
risposta giusta al momento e nel luogo giusto e
gli inevitabili vincoli imposti dalle non infinite
risorse disponibili.
La qualità dell’assistenza infermieristica è l’insieme delle caratteristiche che conferiscono alla
prestazione infermieristica la capacità di soddisfare in modo appropriato il bisogno di assistenza infermieristica, nei limiti concessi dalla
competenza professionale dell’infermiere, dalla
tecnologia, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche degli utenti/clienti.
La professione infermieristica si pone, quindi,
nell’ottica di individuare i requisiti che permettono di erogare prestazioni infermieristiche personalizzate, basate sulla definizione del bisogno
di assistenza della persona. Il ruolo dell’infermiere è sempre più attivo, in quanto ricerca le
modalità più adatte per perseguire dei risultati
specifici attraverso il soddisfacimento dei bisogni del cliente.
Si delinea, in questa prospettiva, un infermiere
promotore del cambiamento che lo porta alla posizione di decisore delle proprie attività/prestazioni e di responsabile del risultato conseguito,
in quanto ricerca le modalità più adatte per perseguire risultati specifici attraverso il soddisfacimento dei bisogni del cliente.
Gli attori, coinvolti nel SGQ, sono gli stessi infermieri che nel quotidiano:
- formalizzano un progetto assistenziale centrato
sull’utente/cliente in un contesto organizzativo
ad esso coerente (pianifica e scrivi quello che
decidi di fare);
- svolgono le attività decise (fai quello che hai
scritto);
- rendono evidente e quantificabile la loro attività utilizzando procedure, protocolli, profili
di assistenza scritti, condivisi e documentando
le azioni svolte e i risultati ottenuti (dimostra
quello che hai fatto e che cosa hai ottenuto);
- rivedono le loro azioni alla luce degli standard
di competenza, delle evidenze scientifiche, delle valutazioni di efficacia e di quelle espresse
dall’utenza e progettano miglioramenti realizzabili e misurabili (pensare a come migliorarlo).
L’assistenza infermieristica di qualità può essere,
quindi, intesa come “livello al quale il processo
di assistenza accresce la possibilità di ottenere
risultati voluti e riduce quello di ottenere risultati non voluti” (Holtzrer 1980).
La qualità, quindi, non è un “opinione” e la si
può attuare attraverso:
- la motivazione del personale infermieristico e
- il completo coinvolgimento dello stesso.
Si deve mirare:
a) alla definizione di obiettivi compresi, condivisi e sostenuti da tutti gli operatori a tutti i
livelli dell’organizzazione;
b) alla definizione delle responsabilità;
c) alla definizione di standard confrontabili;
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Focus - 11
d) a rendere sistematici la valutazione e il confronto dei risultati.
Quindi:
1) fare ciò che è utile (efficacia teorica);
2) nel modo migliore (efficacia pratica);
3) con il costo più appropriato (efficienza);
4) a chi (accessibilità) e soltanto a chi ne ha bisogno (appropriatezza);
5) facendo esercitare gli interventi sanitari a chi
è competente per farlo (competenza);
6) ottenendo i migliori risultati (soddisfazione
del cittadino/utente/persona).
Il miglioramento delle performance assistenziali
non può prescindere dalle seguenti attività:
a) recuperare la centralità del cittadino nella pluralità delle sue dimensioni sociali e culturali,
per calibrare concretamente il miglior iter assistenziale possibile, riguardo alle principali
tipologie di bisogni;
b) integrare le competenze degli operatori sanitari con una sistematica attenzione ai temi e
ai valori che guidano la qualità percepita dagli
utenti;
c) comprendere i significati sociali dei processi
di salute/malattia, affrontando così la questione della qualità nella sua complessa articolazione;
d) valutare il problema della specializzazione e
frammentazione delle competenze, che rende difficile l’integrazione interfunzionale dei
processi di cura, in particolare per patologie
complesse e di lunga durata;
e) implementare le prove di efficacia attraverso
l’Evidence Based Medicine e l’Evidence Based Nursing (EBM - EBN) nella pratica clinica
e nei percorsi assistenziali, tramite la definizione di Linee Guida.
Conclusioni
L’applicazione dei principi del SGQ ottiene benefici diretti sul raggiungimento degli obiettivi
di mantenimento e miglioramento delle capacità
e delle prestazioni e permette anche una riduzione dei costi e dei rischi.
All’interno del proprio SGQ, l’azienda sanitaria
strategicamente può integrare la norma ISO con
l’esperienza dell’accreditamento all’eccellenza e con il rischio clinico, per promuovere un
approccio professionale che assuma le valenze
della EBM/EBN e che sappia trasferire in modo
critico nella realtà il contenuto di Linee Guida e
12 - Focus
standard nazionali/internazionali.
L’integrazione ed il compenetrarsi di sistemi diversi permette di creare un sistema di governo
clinico di successo, in grado di ottenere la fiducia
degli operatori e di portare miglioramenti reali
all’attività assistenziale erogata al cittadino.
Bibliografia
• AA.VV., “La qualità in sanità: da progetto a
sistema”, Area Qualità, Milano, 1999
• AA.VV., “Valutazione di qualità e accreditamento professionale: quale significato per la
professione infermieristica?”, Management Infermieristico, anno VI, trimestre I, n. 1, 2000
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corso aggiornamento, 2002
• Malinverno E., “La qualità dell’assistenza infermieristica: metodi e strumenti di valutazione”, Carocci Faber, Roma, 2005
• Moiset C., “La qualità nell’assistenza infermieristica. Definizione Misura, analisi, valutazione e miglioramento continuo”, McGraw-Hill,
Milano, 2006
• Norma UNI EN ISO 9000: 2005, Sistemi
di gestione per la qualità – Fondamenti e
terminologia
• Norma UNI EN ISO 9001: 2008, Sistemi di
gestione per la qualità – Requisiti
• Vanzetta M., “I Sistemi Qualità e la qualità dell’assistenza infermieristica”, Management infermieristico, Anno VI, trimestre II, n. 2/2000,
Lauri Edizione, Milano, 2000
• Riccelli I., N. Gatta, “Valutazione della qualità
dell’assistenza infermieristica”, Rosini editrice, Firenze, 1990
• Usai M., “Aziendalizzazione e perseguimento delle qualità assistenziali: un binomio non sempre possibile per l’infermiere”, NEU n. 4, 1997
* Infermiera. Responsabile del servizio
qualità ASL Vallecamonica. Consigliere
Collegio Ipasvi di Brescia
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Strategie per la riduzione delle
cadute in ambiente ospedaliero
di Luca Maffei*, Maurizio Bertucco*, Luisa Fiorin*, Federica Reccagni*,
Giuseppe Cutillo*, Annamaria Indelicato**
P
Epidemiologia, classificazione ed eziologia
del fenomeno
remessa
Le cadute dei pazienti ricoverati in ospedale o
nelle strutture protette, specie se anziani, rappresentano un problema molto rilevante. Esse
costituiscono un evento avverso che si verifica
frequentemente in ambito ospedaliero e rappresentano la causa di importanti complicanze nel
corso della degenza, nonché la causa di invalidità temporanea e permanente della persona. Le
cadute possono causare: traumi cranici, danni
cerebrali, lesioni degli organi interni, lesioni dei
tessuti molli, fratture, ecc. Oltre ai danni fisici,
l’anziano sviluppa un forte senso di insicurezza
che lo induce a limitare l’attività fisica compromettendo la propria autonomia e la qualità di
vita.
La letteratura internazionale definisce l’evento
caduta in vari modi:
Nel 1987 il “Kellogg International Working
Group” definì la caduta come un “involontario
trasferimento del corpo al suolo o ad un livello
inferiore rispetto a quello precedente, includendo anche quello causato da un colpo violento,
dalla perdita di coscienza, da un improvviso ictus o da un attacco epilettico”.
Secondo World Health Organisation (WHO
2007) la caduta invece viene definita come
“cambiamento nella posizione non intenzionale
che costringe una persona ad accasciarsi a terra, sul pavimento o ad un livello più basso escludendo il cambio intenzionale della posizione con
appoggio a mobili, pareti o altri oggetti”.
Secondo l’OMS (2004) si stima che, nell’arco
di un anno, è soggetto a caduta il 30-40%, circa, degli anziani che vivono al proprio domicilio. La percentuale sale al 40-50% negli anziani
ospedalizzati e al 50% negli ospiti di istituzioni
assistenziali1. Nelle case di riposo si stima che
vi siano ogni anno 1,5 cadute per posto letto e in
media 2.6 cadute per persona2.
I tassi più elevati sono per le persone oltre i 75
anni. Questo dato indica che la frequenza delle
cadute aumenta con l’avanzare dell’età. Quasi
la metà degli anziani che ha sperimentato una
caduta va incontro, entro breve termine, a nuovi
eventi traumatici.
Vari studi dimostrano che sono gli uomini a cadere più frequentemente prima dei 75 anni mentre negli ultra settantacinquenni la situazione si
capovolge.
Sempre secondo l’OMS, il 95% delle fratture di
femore nelle persone anziane segue un episodio
di caduta. Tra questi circa il 50% non riprende
più il cammino e il 20% muore entro sei mesi.
Ogni anno le cadute coinvolgono:
• 30% tra i residenti in comunità;
• 50% tra i pazienti in nursing home: di cui 2030% > 65 anni e in 1 caso su 10 presenta lesioni importanti3.
Dalla letteratura, secondo diversi studi riguardo
alle cadute negli ospedali per acuti, risultano notevoli variazioni. Sul totale dei ricoveri si è verificato che le cadute variano tra 2% e 5%, e tra
2,8 a 18,2 cadute per 1.000 giorni di ricovero4.
Altri studi osservazionali5 hanno dimostrato
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Focus - 13
che, il tasso di cadute varia da:
• 5 a 18 per 1000 giorni paziente in area geriatrica;
• 10 per 1000 giorni paziente, area medica;
• 6-9 per 1000 giorni paziente area chirurgica;
• 3-7 per 1000 giorni paziente, ma il dato è considerato sottostimato a causa di diffusounderreporting.
In Gran Bretagna 1/3 della popolazione oltre i
65 cade e metà di questi soggetti cade almeno
due volte.
Per quanto riguarda le cadute in ospedale, in
Svezia quasi 1/3 delle fratture dell’anca avvengono nella popolazione ospedalizzata.
Negli ospedali australiani, il 38% di tutti gli incidenti che avvengono durante il ricovero sono
dovuti a cadute (The Johanna Briggs Institute for
EBN, 1998). Il 50% dei pazienti anziani residenti in strutture residenziali cade ogni anno e circa
il 7% di questi muore a causa della caduta.
La Joint Comission For Acreditation Of Hospital Organization, nel rapporto sugli eventi sentinella del 31 dicembre 2005, li segnala fra i primi
eventi sentinella6.
In Italia, secondo uno studio condotto nel 2000
presso l‘ULSS 22 della regione Veneto, si è evidenziato che la frequenza delle cadute accidentali è pari allo 0,86% su tutti i ricoveri. Mentre uno
studio del 2002 condotto dall’ ASL di Empoli,
ha rilevato che le cadute di pazienti si verificano
nel 4% di tutti i ricoveri e il 13% di queste sono
cadute dal letto o dalla poltrona7.
Nella Regione Lombardia, secondo un recente
studio (IRER 2009), l’incidenza delle cadute
è stimata in 8 pazienti per ogni 1000 giorni di
degenza. La distribuzione delle cadute, secondo
lo studio sopra richiamato, è rappresentata dal
14 - Focus
grafico a fianco riportato.
Vari studi classificano le cadute come8:
• Cadute prevedibili; quando avvengono nei soggetti
esposti a fattori di
rischio identificabili (disorientamento,
difficoltà nella deambulazione, modifiche
della marcia causate
da patologie neurologiche, ecc).
• Cadute non prevedibili; quando sono
determinate da condizioni fisiologiche non
prevedibili fino al momento della caduta, cadute che non possono essere previste a priori
(crisi apoplettiche, vertigini, reazioni ai farmaci, sincope.)
• Cadute accidentali; cadute attribuibili a fattori
ambientali o a fatalità: quando la persona cade
involontariamente (ad esempio scivolando sul
pavimento bagnato).
Si stima che circa il 14% delle cadute in ospedale siano classificabile come accidentali, l’8%
come imprevedibili mentre il restante 78% rientrerebbe fra le cadute prevedibili.
Le cadute hanno un’eziologia multifattoriale:
Sono stati descritti più di 400 fattori di rischio.
L’evento caduta mette in evidenza:
• Carenze organizzative: procedure inesistenti
o mal applicate, insufficiente comunicazione
tra operatori e tra operatori e pazienti e familiari.
• Sottovalutazione dei fattori di rischio: età,
precedenti cadute, deficit cognitivi, calzature,
assunzione di farmaci.
• Sottovalutazione dei rischi ambientali: pavimenti sconnessi o scivolosi, gradini non
sicuri, mancanza di appoggio, illuminazione
inadeguata.
La strategia di prevenzione dell’Azienda
Ospedaliera M.Mellini di Chiari
L’A.O. di Chiari, seguendo le indicazioni contenute nel documento emanato a luglio 2010 dalla
Regione Lombardia “Linee di indirizzo e requisiti minimi regionali per l’implementazione di
un sistema per la prevenzione e la gestione del
rischio caduta del paziente degente in ospeda-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
le o in RSA-RSD”, ha implementato, attraverso
un Gruppo di Lavoro mutidisciplinare specifico
denominato GAD Cadute, una strategia di prevenzione multifattoriale partendo dai seguenti
elementi:
• Inquadramento dei fattori di rischio
• Integrazione dei fattori e delle competenze
• Interventi di prevenzione/protezione multipli,
mirati e specifici
• Monitoraggio degli eventi
• Formazione ed addestramento del personale
Gli obiettivi principali che il Gruppo di lavoro si
è posto nell’introdurre programmi di prevenzione sono stati:
• ridurre le cadute;
• ridurre i possibili danni correlati;
• migliorare o mantenere l’autonomia funzionale
e la qualità di vita del paziente;
• non ridurre in appropriatamente l’autonomia e
la mobilità del paziente;
• allocare correttamente le risorse disponibili.
La strategia complessiva di prevenzione delle
cadute è stata definita più nello specifico da una
Linea Guida che l’Azienda ha elaborato e adottato dal titolo: “L.G. Aziendale per la prevenzione delle cadute”.
Il documento prevede per l’inquadramento dei
fattori di rischio del paziente, una valutazione
dei rischi intrinseci caratterizzata da una valutazione medica completa (Stato mentale e psicologico, condizioni fisiche e nutrizionali, visus,
forza muscolare, andatura ed equilibrio, malattie
croniche coesistenti, terapie farmacologiche ),
un assessment infermieristico completo che preveda anche l’utilizzo di una scala di valutazione
del rischio caduta. Dopo un’attenta ricerca bibliografica, l’Azienda ha scelto di applicare in
via sperimentale la Scala Morse per le seguenti
motivazioni:
• è uno strumento validato per i pazienti ricoverati in degenze per acuti e lungodegenze;
• è uno strumento facilmente compilabile;
• è uno strumento il cui uso non prevede particolari azioni di formazione/addestramento del
personale;
• i tempi di compilazione sono molto ridotti (dai
2 ai 5 minuti).
La scala di valutazione deve essere applicata:
• All’ingresso in reparto secondo modalità previste da appositi protocolli – linee guida;
• Quando il paziente viene trasferito;
• Quando vengono osservati e registrati cambiamenti delle condizioni del paziente;
• Quando intervengono variazioni terapeutiche;
• Periodicamente per i pazienti ad elevato rischio;
• A seguito di caduta.
La valutazione effettuata prevede, come conseguenza:
• La registrazione dell’esito della valutazione
nella cartella clinica integrata;
• L’ attivazione di eventuali ulteriori approfondimenti;
• La definizione degli obiettivi assistenziali e
pianificazione degli interventi da attivare;
• Il monitoraggio, controllo e valutazione dei
risultati ottenuti dagli interventi attivati attraverso puntuali registrazioni sul diario infermieristico.
La Linea Guida Aziendale prevede altresì un approccio integrato al problema cadute, che sinteticamente si richiama nei paragrafi successivi.
Come valutare i rischi di ambienti e presidi
A questo proposito è stata messa a punto una
check-list per la valutazione della sicurezza degli ambienti e dei presidi - M LG P7 322 002
002 - che contiene i principali fattori di rischio di
ambienti e presidi desunti dall’analisi della letteratura. La check-list è organizzata in 5 sezioni
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 15
per guidare i valutatori nell’osservazione dei diversi ambienti e dei presidi del reparto.
La check-list per la valutazione della sicurezza
degli ambienti e dei presidi viene compilata congiuntamente dal Coordinatore infermieristico e
dall’Addetto del Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) in collaborazione con il Servizio
Tecnico.
La compilazione della check-list andrà effettuata ad un tempo zero (momento in cui si applica
per la prima volta la L.G.) e successivamente in
occasione di modifiche degli ambienti o dei presidi. Una copia viene conservata in reparto ed
un’altra nell’Ufficio del SPP.
Gestione del paziente a rischio di caduta
Una volta individuato il paziente a rischio di caduta devono essere messe in atto misure atte a
ridurre il rischio di caduta. Un fattore limitante
la prevenzione delle cadute del paziente è rappresentato dalla consapevolezza che il problema
non è completamente eliminabile, che non è possibile garantire una stretta e continua sorveglianza da parte del personale di assistenza e che molto
dipende dalla collaborazione dei familiari.
La Linea Guida rilasciata dalla Agency for Healthcare Research and Quality statunitense è tra le
più recenti ed è inoltre molto chiara ed approfondita. Dalla linea guida AHRQ possiamo trarre le seguenti raccomandazioni con grado di
evidenza A, che sono state recepite anche dalla
L.G. dell’A.O. di Chiari:
1. Identificare le persone che hanno una storia di
cadute, determinare il rischio di future cadute
e ridurre i fattori di rischio individuali.
2. Quando è possibile, si dovrebbe considerare
la riduzione delle terapie farmacologiche per
le persone anziane che prendono 4 o più farmaci e in generale per quelle che assumono
psicofarmaci.
3. La minimizzazione dell’allettamento durante
il ricovero per pazienti anziani è una misura
pratica e realistica che ha implicazioni per la
prevenzione delle cadute così come per altre
complicazioni acquisite in ospedale.
4. Non c’è nessuna evidenza scientifica che supporta l’uso di mezzi fisici di contenimento
come strategia per la prevenzione delle cadute in pazienti anziani.
L’infermiere, la contenzione fisica e le cadute
Per contenzione fisica s’intende la messa in atto
di tutte le procedure, di mezzi e di dispositivi ap16 - Focus
plicati al corpo della persona o nello spazio circostante, atti a limitare la libertà di movimento.
Anche le spondine applicate al letto del paziente
sono un mezzo di contenzione fisica.
Per quanto concerne la contenzione fisica essa
è ammissibile solo quando è un trattamento terapeutico e preventivo eccezionale. Il Codice
Deontologico dell’Infermiere anno 2009, all’art. 30 sancisce che “L’infermiere si adopera
affinché il ricorso alla contenzione fisica sia
evento straordinario, sostenuto da prescrizione
medica o da documentate valutazioni assistenziali”. Nello specifico della contenzione fisica,
gli infermieri propongono per l’assistito una decisione terapeutica che tuteli particolarmente il
suo interesse: è fondamentale essere codecisori
e co-responsabili di una valutazione ”integrata”
e non assunta sulla base del giudizio soggettivo
di un solo professionista. Come poc’anzi affermato non c’è nessuna evidenza scientifica che
supporta l’uso di mezzi fisici di contenimento
come strategia per la prevenzione delle cadute
soprattutto nei pazienti anziani.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Formazione dei professionisti
La formazione del personale è un elemento
fondamentale per la prevenzione delle cadute. Per questo l’Azienda nel corso del biennio
2010/2011 ha progettato una serie di interventi
formativi rivolti al personale clinico e di assistenza partendo dalle aree aziendali con maggior
rischio, nell’ottica di fornire informazioni e far
sviluppare agli operatori le competenze necessarie per essere in grado di valutare e monitorare
il rischio di caduta dei pazienti. La finalità del
corso era altresì quella di presentare il sistema
aziendale per la prevenzione cadute.
Informazione ed educazione sanitaria alla
persona ed alla sua famiglia
Le strategie di educazione del paziente e dei suoi
famigliari hanno sempre dimostrato di avere
successo nella prevenzione delle cadute. È infatti importante che le persone assistite, valutate ad
alto rischio di caduta, ricevano l’ educazione sanitaria rispetto al propri rischi. E’ stato verificato
Altre raccomandazioni di grado inferiore
fornite dalla letteratura
• Bisogna compiere interventi educativi per il
paziente e la sua famiglia che devono essere
istruiti riguardo i fattori di rischio, i problemi
di sicurezza e le problematiche legate alla limitazione della mobilità.
• Controllare l’equilibrio e l’affaticamento durante la mobilizzazione e aiutare le persone
che presentano sbandamenti.
• Aiutare il paziente a deambulare ad intervalli
regolari ricorrendo anche ai familiari e ad altri
“caregiver”.
• Sorvegliare i pazienti in terapia con diuretico
e lassativi.
• Valutare la possibilità di collaborazione da
parte dei parenti o assistenti, specie durante la
notte.
• Valutare il grado di sedazione eventualmente
necessario.
• Controllare la funzionalità del letto, del materasso e delle spondine.
• Concordare con il paziente ed i famigliari
l’eventuale necessità dell’uso delle spondine.
• Controllare che le porte delle camere restino
aperte e che il paziente non rimanga da solo.
che l’educazione sulle cadute riduce la paura di
cadere e migliora l’autoefficacia. L’educazione
può essere erogata in modi ed in contesti diversi.
Gli studi raccomandano sessioni individuali che
possono creare un ambiente rassicurante e più
personalizzato, consentendo alla persona di porre domande ed all’infermiere di compiere una
valutazione più dettagliata; sono altresì molto
utili anche specifici opuscoli informativi.
Rilevazione e segnalazione della caduta
Quando si verifica la caduta di un paziente, la
stessa dovrà essere registrata all’interno della
cartella clinica da parte del medico e l’infermiere
dovrà registrarla nella cartella infermieristica.
Contestualmente bisognerà segnalare l’evento
caduta attraverso la SCHEDA DI SEGNALAZIONE DELLE CADUTE IN OSPEDALE. La
segnalazione, che è obbligatoria, dovrà essere
redatta dal medico della Unità Operativa/Servizio/Ambulatorio o dalla Guardia dalla guardia
interdivisionale o dal medico di P.S. .
La scheda originale va inviata alla Direzione
Medica di Presidio Ospedaliero, una copia va
inviata all’U.O. Medicina Legale e Gestione del
Rischio Clinico e una copia va tenuta in cartella
clinica; nel caso di attività ambulatoriali o di servizi diagnostici una copia va archiviata presso il
Servizio.
Perché è importante segnalare l’evento caduta?
• Per permettere agli operatori di richiamare l’attenzione su eventi indesiderati e su condizioni
di rischio
• Per mettere l’organizzazione nelle condizioni
di rendersi conto dei problemi in modo da poter intervenire per la loro soluzione
• Per evidenziare precocemente, all’interno delle
strutture, possibili nodi critici e condizioni di
rischio, così che possano essere messe in atto
strategie preventive e di miglioramento per ridurre i pericoli ed aumentare la sicurezza
• Per concorrere alla costruzione di banche dati
su condizioni ed eventi a rischio utili alla “comunità” professionale.
Conseguenze della caduta
Le cadute possono causare fratture, lesioni gravi
e in taluni casi possono anche portare il paziente
al decesso. Il Ministero della Salute ha emesso
una lista di eventi sentinella, ossia di eventi avversi di particolare gravità, che causano morte
o gravi danni al paziente e che determinano una
perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 17
Servizio Sanitario; tra gli eventi sentinella è stata
inserita anche la morte o grave danno per caduta del paziente (evento sentinella n° 9). Qualora
la caduta dia origine a un danno per il paziente
l’Operatore Sanitario (medico, infermiere o altro professionista coinvolto nell’evento) comunica, anche telefonicamente, quanto accaduto al
Risk Manager e alla Direzione Medica di Presidio. La Direzione Aziendale, oltre a prendere
in carico il paziente per mettere in atto tutte le
misure necessarie per mitigare il danno e ad attivare i dovuti processi di comunicazione con il
paziente e i suoi familiari, attiva la procedura di
analisi dell’evento sentinella attraverso la Root
Cause Analysis o l’Audit Clinico, nonché effettua la rendicontazione alla Regione e al Ministero della Salute attraverso il cosiddetto SIMES
– Sistema Informativo per il Monitoraggio degli
Errori in Sanità.
Considerazioni conclusive
Le conseguenze delle cadute oltre a costituire un
impatto sociale rilevante, hanno notevoli ripercussioni anche a livello dell’assistenza sanitaria
dal momento che i costi sostenuti per cure, l’assistenza e la riabilitazione sono ingenti.
Siamo convinti che le Professioni Sanitarie (ed
in particolare Medici ed Infermieri) possono dare
un grosso contributo, in termini di competenze,
18 - Focus
nell’affrontare il rilevante problema delle cadute
in Ospedale adottando tutti gli strumenti a disposizione che nell’articolo sono stati richiamati.
È altresì evidente che solo attraverso l’implementazione di strategie preventive multifattoriali che tengano conto dell’inquadramento dei
fattori di rischio, dell’integrazione dei fattori e
delle competenze, di interventi di prevenzione/
protezione multipli, mirati e specifici, del monitoraggio degli eventi e della formazione ed
addestramento del personale sanitario, sarà possibile a nostro giudizio una gestione più efficace
di questa problematica.
L’aspettativa dell’azienda è quella di ridurre il
rischio caduta per tutti i pazienti che accedono
alle strutture attraverso l’implementazione di un
sistema di interventi integrati in grado di valutare in modo completo i pazienti, facendo emergere quelli con un rischio di caduta e quindi pianificando interventi preventivi efficaci, nonché
intervenendo sui fattori ambientali e strutturali
molto spesso responsabili di caduta.
Infine anche i dati aziendali, seppur parziali, ci
consentono comunque di affermare che la sensibilizzazione al tema caduta da parte dei Professionisti Sanitari (soprattutto degli Infermieri) è
molto aumentata; questo dato è confermato ad
esempio dai report relativi alla qualità cartella clinica dell’ultimo quadrimestre 20109, ove
si evince che nel 90% delle cartelle cliniche è
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documentata la valutazione del rischio caduta e
che nel 78% del campione si riscontra una pianificazione infermieristica conseguente ai bisogni
di assistenza infermieristica legati al problema
caduta. Il futuro ci dimostrerà se il nostro piano
ha raggiunto gli obiettivi stabiliti.
Bibliografia
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Regione Lombardia).
• Università Degli Studi di Brescia, Facoltà di
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6. BARELLI P. (2006),”Informazioni dalla letteratura per una buona pratica infermieristica,
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8. BARELLI P. (2006), ”Informazioni dalla letteratura per una buona pratica infermieristica:
Prevenzione delle cadute nell’anziano”. Dossier Infad, 5, pp. 6.
9. Il campione controllato è rappresentato dal
2% del totale ricoveri/anno.
* Componenti del GAD, Gruppo Aziendale Dedicato alle Cadute - A.O. M.Mellini di Chiari (BS)
** Direttore Sanitario Aziendale - A.O. M.Mellini
di Chiari (BS)
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 19
Migliorare l’assistenza e la continuità
assistenziale alle persone portatrici di
stomie intestinali e urinarie
di Simonetta Di Meo*
Introduzione
La vita della persona sottoposta ad intervento
chirurgico con confezionamento di stomia viene
pesantemente condizionata da questa nuova situazione. Le implicazioni sociali, psicologiche,
cliniche, relazionali e gli atti della vita quotidiana richiedono un processo di adattamento che,
per la sua complessità, deve avere inizio prima
dell’intervento e proseguire con continuità anche dopo la dimissione dall’ospedale.
Tutto ciò è fortemente influenzato dalla tendenza a ricoveri brevi con dimissioni sempre più
precoci e dalla scelta di tecniche chirurgiche
molto complesse (Colwell e Gray, 2007) con il
confezionamento elettivo di stomie temporanee.
L’analisi della situazione nel contesto territoriale
dell’ASL di Brescia, sondata anche con uno specifico questionario inviato dall’ASL alle strutture di ricovero e cura nel 2007, ha evidenziato
che spesso per le persone stomizzate si presentavano delle criticità alla dimissione e nel periodo
successivo, legate a:
• limitato utilizzo di procedure di preparazione
all’intervento;
• ridotta attenzione all’educazione terapeutica relativa alla gestione della stomia e alle norme igienico-comportamentali correlate;
• ridotta personalizzazione dei percorsi di dimissione e riabilitazione;
• interruzione del percorso assistenziale alla dimissione, con assenza di riferimenti
20 - Focus
competenti per l’attività di orientamento,
consulenza e sostegno alle problematiche
assistenziali, psicologiche, burocratiche quando la persona è al domicilio;
• vincoli nella prescrizione/fornitura dei presidi,
per assistiti con esigenze non costantemente
standardizzabili (almeno nel primo periodo) e,
in alcuni casi, conseguente inadeguato utilizzo
delle forniture protesiche a disposizione.
A fronte di tali elementi e dell’elevato numero di
persone portatrici di stomie presenti nel territorio
(che risultavano essere pari a 1477 nel 2008, in
linea con l’incidenza regionale dello 0,12%), si
è costituito un gruppo di lavoro interaziendale di
medici e infermieri per condividere le criticità e
le modalità per affrontarle. Gli infermieri hanno
successivamente approfondito le specifiche indicazioni riferite al processo assistenziale ed elaborato gli strumenti organizzativi ed educativi di
supporto, formalmente trasmesse alle Direzioni
Sanitarie di tutte le strutture di ricovero e cura
nel settembre 2007. Per sostenere l’adozione di
questi strumenti l’ASL, nell’ambito del progetto
qualità, ha previsto uno specifico addendum nei
contratti sottoscritti dalle strutture per gli anni
2008 e 2009.
Nel giugno 2009, ad un incontro di verifica del
percorso con i rappresentanti delle Direzioni Sanitarie e dei SITRA, si è costituito un nuovo
gruppo infermieristico interaziendale (Tabella 1) con
l’obiettivo di aggiornare il documento e di condividere criteri e obiettivi minimi per l’assisten-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
za infermieristica ospedaliera, in funzione della
dimissione della persona stomizzata.
Per raggiungere tale obiettivo il gruppo ha:
• valutato l’applicazione delle indicazioni formulate nel 2007;
• condiviso le criticità che ancora presenti nel
percorso assistenziale e definito gli obiettivi
comuni;
• identificato i criteri assistenziali ritenuti vincolanti, suddivisi secondo le fasi assistenziali
principali;
• selezionato e consultato la letteratura recente
relativa all’argomento;
• revisionato il precedente documento in linea
con le nuove evidenze scientifiche;
• elaborato/aggiornato in sottogruppi gli strumenti assistenziali/educativi allegati al documento (Tabella 2 – Gli allegati).
Scopo del progetto
Lo scopo del documento “Assistenza alle persone portatrici di stomie intestinali e urinarie”
(formalmente adottato e trasmesso alle strutture
di ricovero e cura nel Settembre 2010) è quello di orientare gli infermieri nel loro lavoro, nei
differenti setting di pratica, relativamente:
• alla valutazione e gestione delle persone con
colostomie, ileostomie e urostomie
• alla valutazione e gestione della cute peristomale
• alla continuità della cura, nel periodo pre-operatorio, post-operatorio e dopo la dimissione
• alla relazione terapeutica con l’utente e la famiglia per migliorare la qualità di vita delle
persone stomizzate.
Ciò avendo ben presente che la gestione e la cura
della persona stomizzata non è standardizzabile,
i bisogni frequentemente cambiano e richiedono
un piano di cura flessibile che tenga conto della
complessità della persona.
La struttura e i contenuti del documento
L’analisi della letteratura ha evidenziato che
la ricerca nel campo delle stomie e la pratica
evidence-based è limitata e che il livello delle
evidenze spesso riflette opinioni di esperti, referenze dalla letteratura grigia, fogli di opinioni e
materiali delle conferenze.
Le raccomandazioni presentate traggono, per lo
più, spunto dal documento “iaBPG Clinical Best
Practice Guidelines, “Ostomy Care and Management” 2009, RNAO”, il più aggiornato tra la
letteratura attualmente disponibile.
Partendo dalle indicazioni del 2007, il documento è stato strutturato in sezioni relative alle
diverse fasi del processo assistenziale, per ognuna delle quali sono stati elaborati/aggiornati gli
strumenti organizzativi ed educativi ritenuti utili
a supportare la traduzione operativa delle indicazioni.
Lo sforzo compiuto dagli infermieri esperti
presenti nel gruppo di lavoro è stato quello di
mettere a confronto la propria esperienza e gli
specifici aspetti organizzativi della struttura di
appartenenza, per condividere strumenti realmente e trasversalmente trasferibili nella quotidiana pratica assistenziale.
Entrando nel merito dei contenuti, l’analisi del
background ha messo in evidenza come in tutti i
setting, dagli acuti alle cure a lungo termine/residenziali o domiciliari, una persona con stomia
richiede cure specializzate che promuovano l’indipendenza e la qualità della vita per l’interessato, il caregiver e la famiglia. La fornitura di tali
cure comincia nella fase pre-operatoria, proseguendo nella fase post-operatoria e nel periodo
di riabilitazione, permanendo in molti casi per
tutta la vita. Date le problematiche che si trova
ad affrontare la persona che vive con una stomia
anche solo per un periodo temporaneo, la disponibilità di ambulatori territoriali specifici rappresenta un requisito fondamentale per garantire
la continuità assistenziale. La gestione della stomia, il trattamento delle complicanze della cute
peristomale, l’accesso alla fornitura degli ausili
protesici specifici, la consulenza dietetica e il
supporto emotivo sono solo alcuni dei bisogni
che richiedono consulenze da parte di esperti.
Da quanto sopra premesso, deriva la centralità
della relazione terapeutica tra l’infermiere e la
persona/famiglia.
La relazione terapeutica basata su un processo
interpersonale è, infatti, un aspetto centrale della cura infermieristica ed è parte integrante nel
determinare la qualità della pratica nella relazione paziente/famiglia (College of Nursing, 1999;
RNAO, 2002).
La relazione terapeutica ha inizio nella fase preoperatoria, per stabilire un rapporto e ottenere
accurate informazioni sull’immaginario e i sentimenti rispetto alla malattia, circa l’immagine
corporea, il tipo di intervento chirurgico propo-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 21
sto, la vita a casa, la situazione familiare, i ruoli
e le relazioni.
Tutte le evidenze (Haugen et. al, 2006; Persson
et Larsson, 2005; Erwin-Toth, 1999; Olejnic et
al., 2005) dimostrano che la relazione terapeutica tra infermieri e pazienti è importante per
un’assistenza soddisfacente nella fase post-chirurgica, per l’adattamento a lungo termine alla
stomia e per imparare le abilità necessarie per
l’autogestione della stomia.
A fronte di tali premesse, l’assistenza infermieristica alla persona sottoposta a chirurgia per
confezionamento di stomia è stata suddivisa in
quattro macro-fasi, articolate in sotto-processi:
FASE 1. ASSISTENZA PRE-OPERATORIA
che comprende
a) la valutazione globale del paziente/famiglia
b) il counselling preparatorio
c) il disegno preoperatorio (indicazioni, obiettivi
e check list)
d) la formulazione del piano di assistenza (con
diagnosi e pianificazione standardizzata)
e) l’apparecchiatura della stomia in sala operatoria (indicazioni, obiettivi e check list)
FASE 2 - ASSISTENZA POST OPERATORIA,
che comprende
a) Valutazione della stomia nell’immediato postoperatorio e della condizione cutanea peristomale ad ogni cambio del presidio (indicazioni, obiettivi e check list)
b) Insegnamento della gestione della stomia
(stoma care)
c) Valutazione delle conoscenze e dell’apprendimento alla gestione dello stoma care
d) Definizione del piano terapeutico e prescrizione dei presidi protesici
d) Pianificazione della dimissione ospedaliera
3 - FASE DI FOLLOW-UP
Per il paziente e la famiglia, dopo l’intervento
chirurgico, è raccomandata la valutazione e il
follow up da parte di un infermiere enterostomista al fine di ridurre lo stress psicologico,
promuovere la qualità della vita e prevenire le
complicanze.
22 - Focus
Ambulatorio per enterostomizzati e urostomizzati
Per gestire al meglio il processo assistenziale
e soprattutto garantire la continuità di cura necessaria, viene ribadita l’opportunità che siano
istituiti nelle varie organizzazioni aziendali, ambulatori specifici rivolti a soggetti stomizzati,
con personale medico e infermieristico possibilmente dedicato, che possa diventare tutor del
processo di assistenza e cura.
L’ambulatorio è punto di riferimento in grado
di affrontare e risolvere i problemi legati alla
gestione e alla riabilitazione conseguenti all’intervento subito.
Non essendo previsto nell’attuale Nomenclatore
Tariffario Regionale un codice specifico per le
prestazioni infermieristiche, la linea di comportamento dell’ASL di Brescia è l’assimilazione
del trattamento stomaterapico effettuato in ambulatorio al codice 89.01 “anamnesi e valutazione breve”, previa impegnativa che riporti la
dicitura sopra citata:
• per i soggetti che accedono ad ambulatori di
Strutture diverse da quelle dove è avvenuto
l’intervento;
• per il soggetti che accedono all’ambulatorio
della Struttura che ha effettuato l’intervento
dopo 30 giorni dalla dimissione.
Verifica
E’ prevista una verifica dell’andamento complessivo e degli strumenti a 6 mesi (marzo/aprile
2011), tramite un incontro con gli infermieri che
hanno collaborato alla revisione del documento.
La rendicontazione trimestrale all’ASL dell’applicazione delle indicazioni (allegato 7 del documento) è in capo alle strutture di ricovero e
cura, per le quali ha rappresentato un Addendum contrattuale del Progetto Qualità anche per
l’anno 2010.
Risultati e considerazioni
A distanza di 3 anni dall’avvio del percorso, mi
sembra importante sottolineare la rilevanza dell’approccio sia in termini metodologici sia per i
risultati concreti già evidenti.
Rispetto al primo punto, la costituzione di gruppi di lavoro interaziendali consente di attivare un
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
confronto importante tra professionisti che hanno maturato specifiche competenze, non sempre
realizzabile all’interno delle singole strutture.
La condivisione di esperienze, di punti di forza,
di criticità e di strategie realizzate per affrontarle, all’interno di uno specifico contesto locale
rappresentato dal territorio dell’ASL di Brescia,
ha permesso di creare una rete di professionisti
e una sinergia a favore della continuità dell’approccio assistenziale nei confronti delle persone
stomizzate.
Tale modalità è già stata utilmente sperimentata anche nell’ambito della revisione dei percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA)
relativi a scompenso cardiaco e BPCO, consentendo di condividere ed elaborare strumenti per
l’educazione terapeutica di persone affette da
tali malattie croniche.
Per quanto riguarda i risultati concreti, nell’ambito di alcune Aziende Ospedaliere e Strutture di
ricovero e cura private accreditate il documento è stato oggetto di incontri di presentazione/
formazione che hanno visto coinvolti tutti gli
operatori interessati dal percorso. L’AO Spedali
Civili di Brescia e l’AO di Desenzano del Garda hanno inoltre attivato ex novo l’ambulatorio
infermieristico per le persone stomizzate.
Il documento e gli allegati sono consultabili sul
sito dell’ASL di Brescia www.aslbrescia.it nella
sezione Operatori -> altre professioni sanitarie
-> infermieri.
Bibliografia
• Assistenza infermieristica alle persone portatrici di stomie intestinali e urinarie, ASL
di Brescia Settembre 2010;
• Linee guida per l’educazione terapeutica, l’approccio assistenziale specifico e la
continuità di cura ai soggetti portatori di
stomie intestinali e urinarie, ASL Brescia
Settembre 2007;
• iaBPG Clinical Best Practice Guidelines,
“Ostomy Care and Management” 2009,
RNAO.
* Infermiera. Responsabile SITRA ASL Brescia
Tabella 1 - Il gruppo di lavoro
Strutture di ricovero e cura
Piera Baiguera – enterostomista - Ospedale S. Orsola - Fondazione Poliambulanza
Mauro Bergamelli - enterostomista - A.O. Spedali
Civili
Stella Calatafimi – enterostomista – Istituto Clinico
S. Rocco
Eva Contrini – coordinatrice infermieristica - A.O.
Spedali Civili
Danila Maculotti – enterostomista - Fondazione
Poliambulanza
Silvano Mazzucchelli – coordinatore infermieristico
-Istituto Clinico S. Anna
Andrea Pasinetti - enterostomista - A.O. Spedali
Civili
Patrizia Roda – enterostomista - A.O. Mellino
Mellini
Simona Rossi – infermiera - A.O. Spedali Civili
ASL Brescia
Stefania Beruffi – infermiera Dipartimento Cure
Primarie
Milena Giovanna Guarinoni – infermiera SITRA
Simonetta Di Meo – responsabile SITRA
Tabella 2 - Gli allegati al documento
1 - Indicazioni per il disegno pre-operatorio
1A - Check list per il disegno pre-operatorio
2 - Piano di assistenza standardizzato
3 - Indicazioni per la prima apparecchiatura in sala
operatoria
4A - Check list per la prima apparecchiatura in sala
operatoria
4B - Check list monitoraggio della stomia
5 - Indicazioni per il monitoraggio della stomia
6A-6B-6C - Indicazioni per il paziente ileo/colo/
urostomizzato
7 - Scheda di rendicontazione trimestrale
8 - Modello O3 e Programma terapeutico
9 - Certificazione dei presidi protesici necessari
10 - Organizzazione ASL per l’autorizzazione alla
fornitura dei presidi protesici
11 - Questionario di verifica delle conoscenze nella
gestione dello stoma care
12 - Scheda di valutazione dell’apprendimento nella
gestione dello stoma care
13 - Check list per la dimissione.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 23
La valutazione del dolore nell’anziano
affetto da demenza
di Angelo Benedetti*, Lidia Annamaria Tomaselli**
La scarsa propensione alla valutazione del dolore nell’anziano affetto sia da demenza che da
altre problematiche che ne limitano fortemente
la funzione cognitiva e comunicativa, rimane
ad oggi in Italia un problema solo parzialmente risolto. La International Association for the
Study of Pain1 (IASP) da tempo ha definito il
dolore come: “un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata ad attuale o potenziale danno tessutale”2 e la letteratura spesso ha
messo in evidenza la carenza di una cultura del
dolore e la riluttanza dei sanitari nel procedere
alla sua misurazione. Tale limitata sensibilità,
può essere ricondotta essenzialmente a tutti quei
fattori che sono riferibili alla persona assistita,
al personale componente l’equipe assistenziale
e/o all’organizzazione delle strutture residenziali. Attualmente, presso le Residenze Sanitarie
Assistenziali (RSA) sono accolte persone di età
molto avanzata, fragili, portatrici di molteplici
patologie, spesso talmente compromesse dal
punto di vista funzionale, da versare in una condizione di limitata o assente autonomia. Difficile
risulta per loro la gestione dei più semplici gesti
di vita quotidiana, nonché l’agire adeguatamente
le competenze comunicative-relazionali, poiché
afflitti da svariate forme di demenza o da altre
problematiche che ne hanno deteriorato ogni
funzione cognitiva.
La sintomatologia dolorosa associata alle malattie croniche, causa frequentemente disagio,
impotenza, frustrazione, inutile sofferenza e
contribuisce a generare nell’anziano molteplici
disturbi del comportamento, quali l’agitazione,
l’aggressività, l’insonnia, i deliri e l’apatia.
24 - Focus
Le recenti disposizioni in campo normativo e
professionale3 offrono l’opportunità di riflettere
sul tema e stimolano l’avvio di un processo di
cambiamento culturale, organizzativo, professionale finalizzato alla rilevazione, monitoraggio e gestione della sofferenza nell’agire quotidiano dei professionisti della salute.
Per queste ragioni la Fondazione Casa di Riposo
di Manerbio Onlus, sia pure tra mille difficoltà, ha avviato questo processo, con un progetto
mirato a valutare il dolore nella persona anziana
affetta da demenza.
La decisione di focalizzare l’attenzione su persone con difficoltà cognitive porta con sè i seguenti aspetti critici:
1) un’alterata capacità di esprimere il dolore da
parte dell’assistito per alterazione delle funzioni cognitive-comunicative;
2) una disomogenea sensibilità e competenza
del personale sanitario nel valutare e trattare
il dolore;
3) la crescente complessità dei bisogni degli assistiti;
4) la limitatezza delle risorse economiche messe
a disposizione.
L’analisi del contesto che caratterizza la struttura ha evidenziato la possibilità di far leva sui
seguenti punti di forza:
1) consuetudine al lavoro d’equipe;
2) stabilità dell’organico;
3) presenza di formatori nell’equipe assistenziale;
4) interesse del team ad affrontare la tematica
della valutazione e gestione del dolore.
Gli obiettivi del progetto sono:
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
1. Sviluppare la cultura della valutazione e gestione del dolore nel personale che opera nella struttura;
2. Migliorare l’assessment infermieristico della
persona affetta da demenza o portatrice di disturbi cognitivo /comportamentali
3. Ridurre, controllare o eliminare il dolore,
nelle persone con demenza,
4. Introdurre strumenti per la valutazione ed
il monitoraggio del dolore utilizzabili dalle
diverse figure che operano nell’equipe assistenziale.
5. Potenziare il modello di lavoro in team, al fine
di garantire la presa in carico della persona,
la piena condivisione degli obiettivi assistenziali e la partecipazione di tutti al raggiungimento dei risultati finali.
Il progetto si articola in più fasi, attualmente quasi interamente sviluppate, che sono le seguenti:
A) Revisione della letteratura e scelta dello strumento di valutazione del dolore.
B) Azione formativa.
C) Introduzione dello strumento: fase di sperimentazione.
D) Valutazione intermedia e finale.
delle persone accolte in struttura, secondo ulteriori diversi stadi di avanzamento del progetto:
·Fase 1: sperimentazione iniziale, caratterizzata
da almeno due valutazioni del dolore
effettuate con la NOPPAIN (ad assistiti
affetti da demenza e/o con funzioni cognitive, capacità comunicative alterate)
e la VAS (per le persone ancora in grado di agire efficacemente la comunicazione), coinvolgendo in maniera randomizzata complessivamente 30 assistiti.
·Fase 2: estensione della valutazione, alla globalità delle persone accolte in struttura,
al fine di valutare la prevalenza e l’intensità della sintomatologia dolorosa
nel complesso riferita dall’assistito o
rilevata dall’operatore.
·Fase 3: stesura di una procedura inerente le modalità di applicazione della valutazione
del dolore da parte di un gruppo di lavoro interdisciplinare e la sua successiva diffusione a tutto il personale della
struttura.
A) La revisione della letteratura è esitata nella
scelta della scala di valutazione del dolore
NOPPAIN4 e NRS5 da utilizzare, la prima
nelle persone affette da demenza o disturbi
cognitivi, comportamentali e la seconda per
tutti gli altri anziani ancora in grado di agire
efficacemente la relazione, comunicazione.
B) L’azione formativa a supporto della introduzione degli strumenti di valutazione del
dolore, ha coinvolto tutto il personale sanitario-assistenziale-educativo della struttura,
con l’obiettivo principale di sviluppare una
cultura della rilevazione, monitoraggio e gestione del dolore, nonché di revisionare le
conoscenze e competenze relative alla valutazione dei bisogni della persona in generale
e, nello specifico, alla valutazione del dolore.
La metodologia formativa prevedeva l’alternanza tra momenti teorici in aula e momenti
di formazione sul campo, allo scopo di addestrare gli operatori al corretto utilizzo degli
strumenti di valutazione, mediante la guida
e supervisione di alcuni formatori e di un
esperto.
C) L’introduzione dello strumento prevede gradualmente il coinvolgendo della globalità
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 25
D) La valutazione intermedia ha consentito
di verificare la corretta compilazione delle
schede di valutazione, mentre la valutazione
finale ha evidenziato il raggiungimento del-
l’obiettivo, ossia la valutazione del dolore
nella fase di accoglienza dell’assistito, durante l’aggiornamento periodico del fascicolo socio-sanitario, con conseguente revisione
Swot Analysis del progetto: “La valutazione del dolore nell’anziano
affetto da demenza”.
1)
Punti di Forza
Punti di debolezza
2)
• Interesse del personale a sviluppare
una cultura di contenimento del
dolore.
•
Motivazione del personale al
miglioramento della qualità del
servizio erogato.
Ambiente
•
Presenza di formatori.
Interno
•
Orientamento alla continuità
assistenziale.
•
Orientamento all’assistenza
personalizzata
•
Modello di lavoro in equipe
consolidato.
•
Bassissimo turn-over del personale.
3)
Opportunità
• Disponibilità di un esperto, che ha già
sperimentato nel proprio setting di
cura l’adozione di scale di valutazione
del dolore.
Ambiente
Esterno
• Maggiore attenzione alla cultura della
valutazione e gestione del dolore
nelle persone anziane e/o affette da
demenza.
• Disposizioni legislative e professionali.
• Pubblicazioni inerenti la valutazione
del dolore.
26 - Focus
• Aumento della complessità clinico-
assistenziale delle persone accolte in
Rsa.
• Rilevante presenza di persone con
demenza e/o altri deficit cognitivi.
• Scarsa disponibilità di risorse
economiche.
• Aumento del carico di lavoro per il
personale.
Minacce
4)
•
Carente erogazione di risorse
economiche regionali per le RSA.
•
Aumento della domanda di
accesso alla RSA, da parte di
persone afflitte da patologie con
sintomatologia dolorosa (acuta o
cronica), associata a disturbi del
comportamento, deficit cognitivo e
difficoltà comunicative.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
0 - 10 N.R.S. (NUMERAL RATING SCALE)
0
1
NESSUN DOLORE
2
3
4
5
6
DOLORE MODERATO
del PAI (Piano di Assistenza Individuale) e
ogni qualvolta se ne manifesti la necessità. Il
confronto tra i componenti l’equipe assistenziale, i formatori e l’esperto si è rivelato molto proficuo, in quanto oltre al controllo della
correttezza di compilazione delle schede, ha
consentito anche la risoluzione di problematiche e dubbi, emersi in fase applicativa. Allo
stato attuale ad ogni assistito è assicurata e
documentata una accurata valutazione del
dolore, il gruppo di lavoro, ha avviato la stesura di un protocollo per la gestione del dolore, che verrà presentato a tutto il personale
della struttura.
In conclusione, l’attuazione del progetto ha determinato un miglioramento della qualità dell’assistenza, in quanto si è passati:
- da una modalità discrezionale di rilevazione del
dolore, caratterizzata dall’assenza di strumenti e modalità di registrazione specifici, ad una
misurazione e monitoraggio uniforme effettuati attraverso scale di valutazione validate.
- dall’attenzione al dolore legata alla sensibilità
di pochi operatori, ad una misurazione assicurata ad ogni assistito da parte di tutti gli operatori.
- dall’assenza di dati sulla prevalenza del dolore,
alla definizione di una prevalenza del dolore
pari al 60% nei 30 assistiti del gruppo della
fase C1 del progetto; i dati di prevalenza inerenti la totalità degli assistiti (fase C2), le sedi,
l’intensità del dolore, le patologie scatenanti/
correlate, sono ancora in fase di elaborazione.
- da una scarsa considerazione del dolore da parte del team assistenziale, ad un aumento dell’attenzione che il dolore stesso riceve durante
gli incontri dell’equipe assistenziale finalizzati
alla revisione dei PAI o alla condivisione delle
strategie di gestione degli assistiti.
7
8
9
10
MAGGIOR DOLORE
POSSIBILE
Note bibliografiche
1. Associazione Internazionale per lo Studio
del Dolore
2. Zanetti E.Valutare il dolore negli anziani affetti da decadimento cognitivo.Assistenza
Anziani.2006(2):59-63.
- Zanetti E.La valutazione del dolore nell’anziano con decadimento cognitivo.Bollettino
SIGG.2008(6):15-24.
- Guglielmi L.La valutazione del dolore in
RSA.Atti del convegno Grg del 16.09.2005.
- Bianchetti A.L’etica delle demenze: un
problema emergente.in Trabucchi M.Le
demenze.4^ed.2005.
- Chiappan C.R. Syrjala K.L.La misurazione
del dolore in Bonica’s Management of Pain.
ed.it.2002.
- Cester A.Morire in istituzione.Firenze.2007.
- M. Ercolani, L. Pasquini: “La percezione del
dolore”. Le Edizioni del Mulino, 2007.
3. Legge 38 del 15 marzo 2010, ”Disposizioni
per garantire l’accesso alle cure palliative e
alla terapia del dolore”.
- Linee guida sul dolore 2010, pubblicate dal
Ministero della Salute.
- IPASVI.Codice Deontologico degli Infermieri.Roma.2009.
- JCAHO.Standard per la sicurezza del paziente. 2008.
4. NOPPAIN - Non-comunicative Patient’s
Pain Assessment Instrument- (Lynn Snow
et al, 2004) guida gli operatori ad osservare
durante le attività di assistenza diretta, quei
comportamenti che suggeriscono dolore. È
di facile utilizzo, affina la nostra capacità di
osservazione e permette di rilevare possibili
comportamenti o espressioni dell’assistito
che denotano dolore.
5. NRS:Numerical rating scale
* Infermiere coordinatore RSA di Manerbio.
** Infermiere dirigente RSA di Manerbio
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 27
NOPPAIN
(Non-Comunicative Patient’s Pain Assessment
Instrument)
NOPPAIN
(Non-Communicative Patient’s Pain Assessment Instrument) Nome
Check List delle attività
Nome del operatore: ______________________
dell’ospite:
______________________
Data: ______________________
Ora:
______________________
INDICAZIONi: l’operatore dovrebbe effettuare almeno 5 minuti di assistenza quotidiana all’ospite osservando i comportamenti che
suggeriscono dolore. Entrambe le pagine di questa scheda devono essere completate subito dopo il termine delle attività di assistenza.
Hai svolto
questa attività?
(barrare SI/NO)
Hai rilevato
dolore mentre
la svolgevi?
(barrare SI/NO)
a) mettere a letto
l’ospite OPPURE
osservare l’ospite
che si sdraia
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
b) girare l’ospite nel
letto
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
c)passaggi posturali
(letto-sedia, sedialetto, sedia-wc,
sedia-in piedi)
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
d) mettere seduto
l’ospite OPPURE
osservare l’ospite
che si siede
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
e) vestire l’ospite
Risposta al dolore (Cosa hai osservato o ascoltato
problematiche
durante le manovre assistenziali?)
28 - Focus
Hai svolto
questa attività?
(barrare SI/NO)
f) alimentare
l’ospite
g) aiutare l’ospite
a stare in piedi
OPPURE osservare
l’ospite mentre è
in piedi
h) aiutare l’ospite
a camminare
OPPURE osservare
l’ospite che
cammina
i) fare il bagno
all’ospite
OPPURE fare una
spugnatura al letto
Hai rilevato
dolore mentre
la svolgevi?
(barrare SI/NO)
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
�
�
SI
NO
Chiedere al paziente: “Sente dolore?”
� SI
NO
Chiedere al paziente: “Le faccio male?” � SI
NO
Identificazione delle aree
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
�
�
Parole che esprimono
dolore?
Espressioni di dolore
del viso?
Stringere una parte
dolente?
“Che male!”
Imprecazioni
Smorfie
Sussulti
Corrugamento della fronte
Irrigidire
Tenere fermo
“Ahi!” “Vai via!”
“Basta!”
�SI �NO
�SI �NO
Quanto intensamente?
Quanto intensamente?
0
1
la più bassa
intensità
possibile
2
3
4
5
la più alta
intensità
possibile
0
1
la più bassa
intensità
2
3
possibile
4
5
la più alta
intensità
possibile
Sfregare una parte
dolente?
gemiti
Massaggiare un’area dolente
lamenti
pianti
borbottii
possibilit
3
2
3
4
5
la più alta
intensità
possibile
Irrequietezza?
Frequenti cambi di posizione
impossibilità a stare fermo;
opposizione alle cure
�SI �NO
�SI �NO
Quanto intensamente?
Quanto intensamente?
Quanto intensamente?
2
0
1
la più bassa
intensità
possibile
ansimi
�SI �NO
0
1
la più bassa
intensità
possibile
�SI �NO
Quanto intensamente?
Versi che esprimono
dolore?
singhiozzi
Proteggersi
4
5
la più alta
intensità
à
0
1
la più bassa
intensità
possibile
e
possibil
NOPPAIN
2
3
4
5
la più alta
intensità
0
1
la più bassa
intensità
possibile
2
3
4
5
la più alta
intensità
poss
ibile
(Non-Communicative Patient’s Pain Assessment Instrument)
Cognome Nome operatore:______________________
Cognome Nome assistito:______________________
Data:______________________
Ora:______________________
Stima del dolore del paziente al massimo livello visibile nel corso dell’assistenza (segna la tua risposta)
Dolore insopportabile (10)
Dolore intenso (7-9)
Dolore moderato (4-6)
Dolore lieve (1-3)
Assenza di dolore (0)
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 29
Dalla teoria alla prassi o dalla prassi
alla teoria? Il punto di vista attraverso
l’esperienza J.C.I. dell’Ospedale dei
Bambini di Brescia
di Nadia Regonaschi*, Giovanna Ferretti**, Maria Angela Rizzieri***
Non ha l’ottimo artista alcun concetto
c’un solo marmo in sé non circoscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all’intelletto
Michelangelo Buonarroti, Sonetto XIX
Secondo la riflessione del filosofo contemporaneo Gadamer, la condizione necessaria per percepire una situazione è rappresentata da una preconoscenza la quale è spesso ben formata grazie
alla teoria, ai principi e all’esperienza precedente. Egli sottolinea che la moderna distinzione tra
teoria e prassi, azione e pensiero, è essa stessa
più teorica che pratica.
L’antica, ma brillante intuizione di Aristotele
che afferma: “la prassi non è antitetica alla teoria, poiché la stessa teoria è una forma di prassi”, si adatta a questo contesto e porta a pensare
di conseguenza che la scarsa consapevolezza
dell’identità infermieristica italiana può essere
legata alla insufficiente riflessione su cosa sia
la prassi infermieristica e quindi il suo rimando alla teoria. Aristotele chiama phrònesis (o
saggezza pratica), la razionalità che guida la
prassi, la quale richiede esperienza così come
conoscenza. Infatti, essa non è un’acquisizione
puramente razionale e una volta sperimentata re30 - Focus
sta indimenticabile, ma soprattutto, rispetto alla
tecnica, differisce per il fine che è la bontà stessa
dell’azione.
Sulla base del pensiero di questi filosofi in ogni
teoria si riconosce la matrice pratica di provenienza e viceversa, e in ogni teoria si riconosce
la via attraverso la quale il professionista si può
orientare per la risoluzione dei problemi.
La questione saliente non è quella di scegliere
la teoria o la pratica, ma di saperle correlare tra
loro, affrontando il gap tra teoria e pratica e cercando di ridurlo con un’adeguata formazione di
base e permanente.
Troviamo che il pensiero di Patricia Benner, teorica del nursing, si adatti perfettamente alla realtà
italiana, riscattandola in qualche modo. Infatti, è
innegabile che nel nostro Paese la conoscenza
delle teorie infermieristiche, e la loro applicazione alla pratica sia ancora molto lontana da ciò
che si vive, o si è vissuto nei cosiddetti Paesi
all’avanguardia dal punto di vista della cultura
professionale infermieristica.
La Benner afferma che, il più delle volte, la
chiarezza concettuale viene dopo e non prima
della pratica: l’esperienza è legata al vissuto,
a un processo attivo di revisione e affinamento delle nozioni teoriche nel confronto con la
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
realtà operativa.
Anche le teoriche J.E.Paterson e L.T.Zderad con
la loro “teoria della pratica” affermano che il
nursing è una combinazione tra teoria e pratica,
in quanto l’una è il presupposto dell’altra e sono
entrambe fortemente presenti nel metodo che
guida l’incontro con il paziente.
Riguardo alle teorie del nursing molti di noi vi
vedono solo un inutile insieme di concetti astratti, incapaci di incidere sulla realtà, altri le considerano componente essenziale della scienza infermieristica, e base di una ricerca propriamente
infermieristica. Per questi ultimi, sono le teorie
del nursing a definire i rapporti tra infermiere e
persona assistita e a spiegare le ragioni per le
quali l’intervento dell’infermiere arreca beneficio alla persona che sta vivendo esperienze di
salute-malattia.
Le situazioni cliniche reali sono di gran lunga
più complesse e ricche di sfaccettature e di eccezioni rispetto alle teorie e ai modelli formali.
La teoria ha un ruolo significativo perché indica
dove cercare i problemi assistenziali e come prevederli e individuarli, ma è poi la pratica che rende concrete le conoscenze teoriche e che cambia
il grado di competenza dell’operatore.
Non tutta la conoscenza può essere catturata in
proposizioni teoriche, ma un’adeguata descrizione della conoscenza pratica è essenziale per
lo sviluppo e l’ampliamento della teoria.
Teoria che deve essere una cornice di riferimento, ma come ha detto il filosofo Popper, non una
prigione.
Gli infermieri non vedono l’uomo come oggetto,
ma come soggetto del proprio interesse, uomo
nella sua interezza, psicobiologica, sociale,
culturale.
L’adozione di una valida teoria del nursing risulta utile ad un infermiere che vuole essere protagonista dell’assistenza, assumendo sia le decisioni, sia la responsabilità delle conseguenze che
ne derivano all’assistito.
La teoria del nursing svolge una funzione insostituibile nel contribuire a chiarire la natura della disciplina, cioè il contributo specifico, unico
che può dare all’umanità e le modalità con cui
fornirlo.
Il professionista infermiere deve imparare non
solo ad applicare alla pratica nozioni teoriche,
ma anche a teorizzare, interpretando la realtà in
modo da dare Senso all’intervento assistenziale.
L’Ospedale dei Bambini di Brescia e Joint
Commission International
La ricerca di una qualità sempre più elevata ha
assunto un carattere strategico nelle aziende sanitarie a causa di fattori quali una limitazione
della spesa pubblica, che impone di evitare sprechi e i disservizi, la necessità di alti standard,
dovuta alla crescente competizione tra organizzazioni aventi finalità analoghe, e una domanda
più esigente da parte dell’utenza.
Nelle esperienze internazionali, in particolare
anglosassone, il concetto di accreditamento e la
necessità di perseguirlo, nasce dall’attività volontaria dei professionisti sanitari di ricercare
metodi e strumenti che consentano la diffusione
della cultura del miglioramento continuo e della
ricerca dell’ottimo, per garantire la qualità delle
prestazioni erogate non inferiore a livelli minimi considerati accettabili, che sia soggetta continuamente a revisione e persegua un costante
processo di miglioramento. Rappresenta un importante segno di maturità professionale per cui
l’obiettivo finale del miglioramento continuo si
persegue coinvolgendo le diverse componenti
professionali che rivedranno i processi, e formuleranno gli indicatori di esito, di processo e
di performance.
Nel 2008 maturò presso la direzione aziendale
l’intendimento di accreditare secondo la metodologia Joint Commission International (J.C.I.)
l’Ospedale dei Bambini (680 operatori di cui 300
appartenenti al profilo infermieristico) e il percorso di accreditamento è formalmente iniziato
con la Site visit nel maggio 2009. Per informazioni circa la struttura dell’Ospedale dei Bambini di Brescia si rimanda al sito http://www.ospedalebambinibrescia.it/home.asp
Il progetto
Attraverso il racconto dell’esperienza in corso
di realizzazione all’Ospedale dei Bambini di
Brescia c’è l’intento di proporre ai colleghi alcune riflessioni a partire da uno specifico contesto. In particolare il racconto metterà a fuoco
l’ideazione e l’implementazione di una “nuova”
documentazione assistenziale, relativa all’accertamento e alla pianificazione infermieristica.
Questo progetto si è realizzato all’interno di un
percorso, molto più articolato, finalizzato all’accreditamento all’eccellenza secondo gli standard
Joint Commission International (J.C.I.). Tutta
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 31
l’organizzazione ospedaliera, nelle sue varie
componenti ed attività e tutti gli operatori sono
stati, con gradazioni diverse, coinvolti.
Infatti, è stato necessario occuparsi di struttura,
processi di lavoro, competenze professionali,
governo ed organizzazione avendo come riferimento il Manuale Joint Commission in cui
sono raccolti gli standard che riguardano 3
grandi ambiti:
1. la sicurezza,
2. il paziente,
3. l’organizzazione.
Al fine di realizzare quanto necessario, tra l’autunno 2009 ad oggi, sono stati attivati 13 gruppi
di lavoro, uno dedicato al governo del progetto,
gli altri a tematiche specifiche, uno di questi era
relativo alla cartella clinica integrata. La cartella clinica, intesa come l’insieme dei documenti
sanitari, che testimoniano le condizioni del paziente ed il processo di cura prestatogli, è all’interno del sistema qualità uno dei nodi cruciali
per garantire la sicurezza e la qualità al paziente
stesso.
Complessivamente i gruppi si sono incontrati
circa 200 volte, ed hanno coinvolto nel livello propriamente progettuale un centinaio di
operatori appartenenti alle diverse qualifiche professionali.
La documentazione assistenziale
La scelta, la realizzazione e l’utilizzo della documentazione assistenziale è avvenuta all’interno di questo percorso di qualità, si è quindi
confrontata nel suo prodursi con gli altri ambiti
del progetto, con gli altri aspetti progettuali presenti in Azienda, con le norme e con l’erogazione quotidiana delle prestazioni.
Gli standard JCI richiedono che l’assistenza e le
cure fornite a ciascun paziente siano pianificate
e documentate in cartella clinica, e che le stesse
debbano corrispondere ai bisogni identificati: al
mutare dei bisogni del paziente deve corrispondere un cambiamento del piano di cura che deve
essere registrato in cartella clinica.
In accordo con le scelte iniziali, anche per questo ambito viene dichiarata l’importanza di riferimenti e strumenti che sostengano l’uniformità
all’interno del Presidio.
Lo sviluppo dei lavori ha visto susseguirsi, ma
anche sovrapporsi decisioni ed azioni.
I componenti del S.I.T.R. di Presidio hanno iniziato durante il luglio 2009 a discutere e riflette32 - Focus
re su contenuti e strumenti a disposizione degli
infermieri in quel momento. A tal fine si è provveduto alla mappatura di tutta la documentazione in essere, e ad effettuare una ricerca ed un
confronto su quanto utilizzato negli altri ospedali pediatrici italiani, oltre che sulle proposte formative dei corsi di Laurea in Infermieristica da
cui si attingono infermieri nel corso degli ultimi
anni (Università degli Studi di Brescia e Università Federico II di Napoli), in aggiunta alla
mappatura dei percorsi formativi posseduti dagli
infermieri in servizio.
Nell’ottobre 2009 viene istituito un apposito
gruppo detto “documentazione infermieristica”,
sottogruppo del gruppo “cartella clinica integrata”. Il sottogruppo inizialmente è stato composto da 2 Infermieri, 2 Coordinatori e dalla Re-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
sponsabile S.I.T.R. con il mandato di elaborare
dei “format” rispondenti agli standard J.C.I. e le
relative procedure ed istruzioni operative.
Nel frattempo, è stato pensato un I° livello di
formazione sugli standard della cartella clinica, diretto ad un gruppo selezionato di operatori
(che poi avrebbe avuto il compito di “formare” i
colleghi), composto da tutti i Coordinatori, 2 Infermieri per reparto, 2 Medici per reparto (RQL
e Referente delle SDO), S.I.T.R., Direzione Sanitaria e Referente dell’U.O. Formazione.
A questo punto abbiamo ritenuto importante riflettere sulla scelta del modello teorico di riferimento di cui avvalerci per modulare la raccolta
dati, l’accertamento infermieristico e la valutazione.
La scelta dapprima effettuata dal S.I.T.R. è stata poi illustrata e condivisa con i componenti
del gruppo “documentazione infermieristica”.
Abbiamo ritenuto obiettivo prioritario lo sviluppo di un linguaggio di cura comune (standardizzato). A tal fine è stato scelto un modello
univoco per tutto il Presidio Pediatrico, su cui
sviluppare il format dedicato all’accertamento
infermieristico in modo da facilitare il ragionamento diagnostico. Il riferimento adottato è stato quello dei Modelli funzionali della salute di
Marjory Gordon, in uso presso il corso di Laurea
dell’Università di Brescia
Nel prendere in esame gli undici modelli funzionali della salute di Gordon su cui modulare l’accertamento infermieristico, ci si è confrontati
con la documentazione infermieristica raccolta
e già in uso nei reparti. Sono stati identificati gli
item di valutazione dei singoli modelli funzionali, ad esclusione di quelli “sessualità/riproduzione” e “valori/convinzioni”, ritenuti dal gruppo
inapplicabili per età dei pazienti e/o competenza
degli infermieri durante la fase iniziale del progetto. Della documentazione infermieristica già
in uso, gli item già presenti sono stati riclassificati all’interno dei modelli, ed arricchiti da quelli relativi alle nuove variabili.
Questa fase ha visto un primo allargamento del
campo di discussione realizzatosi informalmente tra i membri del gruppo e i colleghi che hanno
fornito il materiale già in uso nei reparti. Il confronto con la “saggezza” degli infermieri clinici
ha portato ha una progressiva selezione degli
item da considerare.
L’elaborazione dei nuovi format infermieristici ha richiesto un lavoro di strutturazione e di
revisione delle conoscenze possedute dai com-
ponenti il gruppo, attraverso lo studio dei principali testi di riferimento (NANDA-I Diagnosi
Infermieristiche definizioni e classificazione
2009/2011; Carpenito L.J., (2009), Diagnosi infermieristiche applicazione alla pratica clinica,
Milano: CEA; Gordon M. (2008), Manuale delle
Diagnosi Infermieristiche, Edises).
In ottemperanza agli International Patient Safety
Goals, sono state elaborate avvalendosi della
collaborazione di gruppi di professionisti di supporto, la scheda di valutazione/rivalutazione del
rischio di cadute e lo screening del dolore con
relative procedure ed istruzioni operative.
La valutazione e rivalutazione dei format ad
opera dei consulenti, considerando non solo gli
standard d’accreditamento JCI, ma soprattutto
il casemix dei pazienti, l’età evolutiva e la loro
complessità assistenziale, ha permesso l’elaborazione di tre tipologie di accertamento iniziale
infermieristico: uno per la rianimazione pediatrica, uno per l’area neonatale e l’altro generico per
l’area medica e chirurgica, che pur conservando
l’impianto generale, hanno assunto connotazioni
specifiche alle U.O..
A questo punto lo strumento sviluppato è stato
testato in due U.O. dove attraverso il processo di
accoglienza di alcuni pazienti, ne viene valutata
appropriatezza, chiarezza, completezza, ma anche praticità e tempi di compilazione. Gli infermieri coinvolti forniscono un riscontro positivo
di applicabilità.
Mentre altri “sottogruppi” del gruppo della cartella clinica integrata producono i format loro
affidati (F.U.T., valutazione e pianificazione medica, consensi informati), vengono identificate
4 U.O. pilota dove avviare la sperimentazione
della nuova cartella clinica integrata. Allo scopo
di avere un panorama il più possibile completo e
veritiero, sono stati individuati 3 ambiti di speri-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 33
mentazione (dal 8 febbraio al 12 marzo 2010):
• chirurgico,
• medico,
• neonatale.
All’U.O. di Terapia Intensiva Neonatale e di
Pediatria, scelti obbligatoriamente perché unici,
si sono poi aggiunte due candidature volontarie e cioè la U.O. di Chirurgia e Rianimazione.
L’entusiasmo, la volontarietà, la disponibilità a
mettersi in gioco ed a sperimentare il nuovo da
parte dei professionisti di quest’ultime U.O. ci
ha piacevolmente stupito e motivato, ed a posteriori possiamo dire che ha rappresentato la disponibilità ed il sentire poi dimostrati verso questa importante parte del progetto, da parte della
maggioranza degli infermieri del Presidio.
Il passaggio dalla fase di valutazione a quella di
pianificazione ha comportato la discussione di
più possibilità:
• adottare un modello basato sulla rilevazione
dei bisogni e quindi sulla successiva erogazione delle prestazioni (es. Cantarelli),
• adottare la tassonomia delle diagnosi infermieristiche NANDA-I, e il “modello bifocale” di
L.J.Carpenito,
• costruire un modello personalizzato all’ospedale.
Allo scopo di maturare una decisione che potesse incontrare il più possibile le esigenze dei
34 - Focus
professionisti, e quindi ottimizzare le prestazioni effettuate ai pazienti, nel novembre 2009, in
occasione del II° livello di formazione (2 giornate) rivolto a tutti gli operatori dei 4 reparti pilota,
è stata riservata la seconda giornata agli infermieri, allo scopo di simulare la valutazione di
un paziente partendo da cartelle cliniche chiuse
e compilate con la “vecchia documentazione”,
e quindi sperimentare la stesura della pianificazione.
Gli infermieri suddivisi in 6 gruppi ognuno con
un tutor, hanno avuto il mandato di:
• verificare la completezza del nuovo format per
l’accertamento attraverso la raccolta dati, confrontando quest’ultimo con la documentazione
in uso,
• sviluppare la pianificazione secondo una modalità a loro scelta.
Al termine dei lavori ogni gruppo ha esposto
quanto elaborato agli altri gruppi. Per quanto
riguarda la valutazione infermieristica iniziale
vengono raccolte osservazioni e criticità, ma in
generale vi è un ritorno positivo su quanto è stato approntato dal gruppo di progetto. Complessivamente il “nuovo” accertamento consente una
raccolta dati più completa e puntuale rispetto
allo strumento in uso (infatti alcuni dati richiesti
dalla nuova documentazione non erano rilevabili dalla lettura di quella precedente).
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
In merito alla pianificazione, due gruppi hanno
utilizzato le diagnosi infermieristiche, mentre gli
altri si sono concentrati sui “bisogni” del paziente. Durante l’esposizione del lavoro in plenaria
la presentazione della pianificazione compiuta
con l’utilizzo delle diagnosi risulta chiara e permette di confrontarsi in merito, mentre il lavoro
degli altri 4 gruppi pone molti problemi di comprensione e condivisione ed in generale appare
meno “strutturato”.
Da questa esercitazione, ma soprattutto dalla riflessione effettuata poi con gli infermieri clinici,
si è giunti alla decisione di adottare il sistema
NANDA-I, e le pianificazioni di Carpenito.
Ai professionisti di ogni U.O. è stato poi messo a
disposizione un testo completo di L.J.Carpenito
Moyet “Diagnosi infermieristiche. Applicazione
nella pratica clinica” e due manuali tascabili.
A partire dall’elenco dei D.R.G. prevalenti nelle
4 U.O. in sperimentazione, vengono individuati
all’interno dell’elenco NANDA-I le denominazioni delle diagnosi infermieristiche (D.I.) più
pertinenti allo specifico contesto clinico pediatrico: ne vengono indicate 50.
A questo punto sono stati decisi gli elementi
della pianificazione che dovranno comporre il
format della scheda dedicata:
• Titolo della diagnosi,
• Cause,
• Obiettivi (elenco dei prevalenti in pediatria),
• Interventi (elenco dei prevalenti in pediatria),
• Registrazione degli interventi,
• Valutazione dell’obiettivo.
Ad ogni membro del gruppo vengono affidate
alcune D.I. con il mandato di partire dai testi
di riferimento per poi formulare una scheda di
pianificazione contestualizzata all’Ospedale dei
Bambini. Il titolo della scheda deve attenersi rigidamente al linguaggio scelto, mentre per
le altre sezioni viene concessa maggior libertà
espressiva.
Nel confronto in aula gli infermieri “più giovani”, chiedono di strutturare maggiormente la
descrizione delle cause che portano alla formulazione della diagnosi, dando visibilità sia ai fattori correlati che a quelli secondari. Le esemplificazioni di alcune pianificazioni, chiamano
maggiormente in causa gli infermieri “più esperti” dando risalto alla loro competenza capace di
cogliere gli aspetti salienti e prevalenti dell’assistenza infermieristica da erogare al paziente.
La preoccupazione circa l’impatto del nuovo
sistema di pianificazione sui professionisti e la
loro adesione in merito era alta, ed il messaggio che abbiamo voluto lanciare è stato quello
che stavamo tutti indifferentemente imparando
a dichiarare quella parte di lavoro implicito che
quotidianamente stavamo già facendo. Un poco
alla volta, infermieri, coordinatori e S.I.T.R., insieme, avremmo trovato le parole e il modo per
esprimerlo.
All’inizio della sperimentazione è stato reso disponibile alle U.O. un database di schede di
pianificazione: 55 D.I. e 28 Problemi Collaborativi (C.P.).
L’implementazione della nuova documentazione è stata accompagnata da una supervisione che
comprendeva la visita presso le U.O. da parte
dei membri del gruppo di progetto e loro collaboratori come consulenti per valutare ed affrontare le difficoltà nella realizzazione della nuova
modalità.
In particolare, nella quotidianità i vari problemi
potevano essere annotati in un apposito quaderno, perché potessero essere visionati e risolti dai
singoli consulenti, mentre quelli non risolvibili
con questa modalità sono stati discussi durante
incontri settimanali di un gruppo di professionisti dedicati, composto dai membri del gruppo
di progetto e loro collaboratori, dai Coordinatori
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 35
delle 4 U.O., e da un membro dell’U.O. Formazione.
La necessità di condividere le riflessioni e i suggerimenti che la pratica clinica poneva è stata
costante, e gli aggiustamenti in itinere alle schede delle D.I. e al format per l’accertamento infermieristico sono stati continui.
Gli infermieri clinici, spontaneamente ed inaspettatamente in quanto non era stato previsto in
fase di progettazione, hanno ampliato l’elenco
delle D.I. utilizzate, rielaborando i contenuti della pianificazione.
Un esempio per tutti, al termine della sperimentazione ci si è ritrovati con tre schede sviluppate
differentemente per lo stesso titolo diagnostico
“rischio infezione”, di cui era rimasto uguale
solo il titolo, ma non cause, fattori correlati ed
interventi.
Sulla scorta di quest’esperienza nella fase di diffusione della sperimentazione a tutto l’ospedale, abbiamo sollecitato tutte le U.O. a compiere
questo lavoro di scelta di D.I. tipiche per la propria casistica con la relativa contestualizzazione
delle pianificazioni.
La produzione di schede già predisposte è stata
racchiusa in un catalogo di D.I. e C.P. aggiornato
a Luglio 2010, che attualmente è a disposizione
di ogni U.O. in formato elettronico.
Primi esiti
Nel 2010 è stata realizzata un’analisi della documentazione assistenziale.
Sono state valutate:
• completezza della compilazione dell’accertamento e delle pianificazioni introdotte,
• item di maggior difficoltà,
• D.I. e C.P. aperti ed utilizzati e loro distribuzione per titolo,
• utilizzo della “scheda educazione al bambino
e ai familiari”.
Le maggiori difficoltà riguardanti la compilazione dell’accertamento infermieristico risultano
essere, pur con specifiche differenziazioni nelle
U.O., gli item riguardanti la “pianificazione della dimissione”, le rivalutazioni della “pianificazione della dimissione”;” e la “lingua parlata dai
genitori”. Se lo screening iniziale del dolore e
del rischio di cadute vengono rilevati, le successive rivalutazioni presentano problematicità.
La valutazione delle pianificazioni introdotte
ha permesso di rilevare che di n° 142 documentazioni esaminate, n° 36 titoli diagnostici sono
36 - Focus
Tabella I:
titoli di D.I. più utilizzati nel Presidio
Titolo Diagnosi Infermieristica
(DI)
Rischio infezione
Compromissione comfort
Rischio allattamento seno inefficace
Allattamento seno inefficace
Dolore acuto
Rischio caduta
Rischio disfunzione neuro vascolare periferica
Compromissione ruolo genitoriale
Compromissione scambi gassosi
Ansia del genitore
Altre
tot. DI=36
Nr Sk
%
53
18
16
25.2
8.6
7.6
15
14
14
13
7.1
6.7
6.7
6.2
9
8
4.3
3.8
7
57
3.3
20.5
210
100.0
Tabella II:
titoli di P.C. più utilizzati nel Presidio
Titolo Problema
Collaborativo (CP)
Ipoglicemia
Iperbilirubinemia
Crisi convulsive
Sepsi
Ipertensione endocranica
(CP)
Pneumotorace
tot. CP=6
Nr Sk
%
9
25.2
4
8.6
2
7.6
1
7.1
1
6.7
1
6.7
18
100.0
riportati in n° 210 schede (media 1,4, tabella I),
mentre sono individuati n° 6 problemi collaborativi presenti in n° 18 schede (tabella II). Il titolo diagnostico “rischio di infezione” è rappresentato nel 25,2% seguito da “compromissione
del comfort”, mentre il problema collaborativo
”ipoglicemia” (50%) è seguito da “iperbilirubinemia”.
Le 21 “schede educazione al bambino e ai familiari” consentono sia la valutazione delle necessità educative sia la registrazione degli
interventri educativi, come viene esplicitato
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Tabella III: scheda educazione al bambino e
ai familiari nel Presidio
Item
%
Interventi
conoscenza della patologia
gestione della terapia
prevenzione dei rischi
follow up
Destinatari
Genitore
23.8
19.0
4.0
9.5
71.5
28.5
Genitore e bambino
Metodo
Verbale
Verbale-pratico
Verbale-scritto
52.5
38.0
9.5
Verifica comprensione
si
no
85.7
14.3
nella tabella III.
Oltre ai principali interventi educativi esposti in
tabella, vengono erogati i seguenti altri interventi combinati in percentuale diversa: igiene, alimentazione, uso dei presidi, uso delle apparecchiature sanitarie, gestione del dolore e risorse
disponibili in comunità.
La successiva condivisione e discussione dei
dati con i coordinatori ha prodotto l’attivazione
spontanea di forme di audit interni in 3 U.O.
Una successiva indagine, condotta sempre nel
2010, volta a indagare la percezione, le osservazioni e le valutazioni degli infermieri direttamente coinvolti nell’utilizzazione della nuova documentazione, evidenzia che essi così si
esprimono: circa l’accertamento infermieristico secondo i modelli funzionali della salute di
Marjory Gordon essi concordano sulla peculiarità che sia “un’attività propria, specifica e distinta dell’infermiere al momento dell’accoglienza
del paziente” (96,9%): in particolare come si
evidenzia nella tabella IV, si esplicitano le principali caratteristiche di tale accertamento e il
suo utilizzo con le ricadute nella quotidianità
professionale.
L’88,4% del personale intervistato ritiene la
pianificazione assistenziale secondo il modello
bifocale di L.J. Carpenito e Diagnosi Infermieri-
stiche NANDA, essere la “funzione propria dell’infermiere”, e come si evince dalla tabella V
il suo utilizzo consente di poter “pensare prima
di erogare” e di registrare in un unico documento gli interventi erogati. Si rinviene invece una
diversa articolazione delle ricadute nell’operatività quotidiana: a fronte del 55% che si dichiara
in accordo sulla riduzione del tempo necessario
al passaggio delle informazioni, si assesta sul
62-63% la facilitazione nel passaggio delle informazioni e della comunicazione fra infermieri, la “competenza dell’infermiere” è tale per il
68,2% nella redazione della scheda educazione
al bambino e ai familiari, ed in particolare nella
tabella VI vengono esplicate le principali finalità
nell’utilizzo di tale scheda. Le tre principali ricadute nell’operatività quotidiana sono valutate
dagli infermieri con percentuali simili (tra il 63,
Tabella IV: Accertamento infermieristico
secondo i modelli funzionali della salute di
Marjory Gordon nel Presidio
l’accertamento consente:
%
l’identificazione delle alterazioni
rilevate
l’identificazione dei problemi e delle
situazioni di rischio del paziente
la raccolta delle informazioni relative
alle condizioni psicosociali e relazionali del bambino e della famiglia
la conoscenza e la rilevazione dei
dati sul livello di autonomia
ricadute sulla operatività quotidiana
facilita il passaggio delle informazioni
91.5
favorisce la comunicazione fra
infermieri
riduce il tempo necessario al passaggio delle informazioni
71.5
88.4
84.5
81.4
69.8
54.3
6% e il 68,8%), è una “attività collaborativa” per
l’89,9% la scheda per la gestione del dolore e
specificamente, come si evince dalla tabella VII,
essa risponde sia alle finalità dell’assistere un
bambino con dolore, sia allo standard previsto
dal programma di accreditamento. Le tre principali ricadute nell’operatività sono tali in una
percentuale fra il 70,5% e il 74,4%.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 37
Tabella V: Pianificazione assistenziale secondo il modello bifocale di L.J. Carpenito
e Diagnosi Infermieristiche NANDA nel
Presidio
la pianificazione consente:
%
la definizione degli obiettivi per il
paziente assistito
la pianificazione dell’assistenza
l’assistenza personalizzata
la scelta degli interventi
la registrazione tempestiva degli
interventi
la valutazione periodica del grado di
raggiungimento degli obiettivi
la rilevazione dei rischi e delle
misure per garantire la sicurezza del
paziente
82.2
85.3
75.2
85.3
66.7
79.8
77.5
Tabella VI: Scheda educazione al bambino e
ai familiari nel Presidio
le schede educative consentono:
%
l’identificazione delle necessità educative del bambino e della famiglia
la registrazione tempestiva degli
interventi educativi
Il raggiungimento degli obiettivi
educativi
79.1
77.5
75.2
Tabella VII: Scheda per la gestione del dolore nel Presidio
la scheda consente:
%
la valutazione iniziale e continua del
dolore del piccolo
la definizione degli obiettivi relativi
al contenimento del dolore
la registrazione degli interventi terapeutici
il monitoraggio clinico
38 - Focus
90.7
82.9
84.5
85.3
Alcune riflessioni
L’importanza e la rilevanza sociale della pratica
infermieristica derivano dalla loro diretta connessione alla cura del paziente, e la pratica infermieristica deve fare i conti non soltanto con
la teoria, ma con le condizioni in cui essa si attua, con le politiche istituzionali, con le priorità
politiche, con l’assegnazione delle risorse economiche, all’interno di un sistema multiprofessionale
La prassi si “misura” obbligatoriamente con il
contesto che assume contemporaneamente sia il
significato di vincolo che di risorsa. Una delle
condizioni che permette ad una azione di “darsi”
è uno spazio e un tempo specifico in cui realizzarsi; pertanto è solo assumendo il vincolo di un
contesto (il reparto, la competenza dei professionisti, il tempo lavoro a disposizione, …) che
possiamo concretizzare dei gesti di cura.
Nelle scelte relative ai riferimenti teorici da adottare, ai modelli gestionali necessari a condurre il
progetto abbiamo cercato di far si che venissero
poste domande. Domande che aiutassero a far
emergere la conoscenza che era/è nascosta nell’esperienza, attraverso percorsi di “nominazione”, organizzazione, correlazione, condivisione.
Nella fase pre-progettuale ci si è interrogati su
“come fare la valutazione/accertamento e la
pianificazione?” Molto rapidamente si è dovuta
riformulare la domanda da “come” a “quale valutazione e pianificazione?”.
Dal confronto tra le prassi in uso e “quella valutazione”, “quella pianificazione” è emersa la
grande domanda: “perché?”
Ci sembra che una qualità così intesa, appartenga alla natura di un’assistenza infermieristica
che si può avvalere della teoria, ma che contemporaneamente non eluda i dati e le domande che la prassi lavorativa pone e/o impone. Ci
piace quindi ricordare una frase di V. Henderson
(1978) “Occorre tornare a fare “teoria” della pratica clinica: ogni brava infermiera è una teorica
ed una ricercatrice clinica”.
L’esperienza maturata, pur evidenziando le difficoltà nell’uso delle diagnosi infermieristiche in
riferimento alle manifestazioni, ai fattori correlati e secondari, ed agli interventi specifici per
l’ambito neonatale e pediatrico, ha avuto l’esito
di rendere il personale infermieristico consapevole del proprio ruolo, permettendogli di apprezzare sul campo quanto un percorso di accre-
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Piano formativo
primo e secondo semestre
2011
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Marzo
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
Imparare a dirsi addio.
Il ruolo dell’infermiere nell’accompagnare la
persona nella fase finale della vita
31 marzo e 1 aprile 2011 dalle 9 alle 17
14 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 1 marzo 2011
Aprile
Corso per infermieri
Riconoscere e gestire il delirium
7-14 aprile 2011 dalle 14.30 alle 18.30.
8 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 15,00
Altri Collegi Euro 22,50
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 7 marzo 2011
Corso per infermieri
La documentazione sanitaria-assistenziale in Rsa
21-28 aprile e 5 maggio 2011 dalle 14.30 alle 18.30
12 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 20,00
Altri Collegi Euro 30,00
Apertura iscrizioni 21 marzo 2011
Maggio
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
La progettazione della formazione degli adulti
2, 3 e 9 maggio 2011 dalle 9 alle 17
21 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 60,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 90,00 (pranzo incluso)
Apertura iscrizioni 2 aprile 2011
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VALUTAZIONE GRADIMENTO RIVISTE
TEMPO DI NURSING
E
TEMPO DI NURSING NEWS
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Cognome ____________________________________ Nome ________________________
Indirizzo ______________________________________ Tel. _________________________
Email ________________________________
In quale struttura svolge la Sua attività (Azienda Ospedaliera/Presidio Ospedaliero, ASL, Clinica, università, RSA,
Unità Operativa, Sede, Libera Professione: settore d’intervento, sede)
__________________________________________________________________________
Incarico svolto
__________________________________________________________________________
Rivista Tempo di Nursing
Barrare con una crocetta la casella che maggiormente corrisponde al giudizio da Lei attribuito agli indicatori
individuati per valutare il gradimento della rivista Tempo di Nursing, pubblicata dal Collegio IP.AS.VI. di Brescia,
secondo il gradimento sottoriportato
4
Completamente soddisfatto
3
Molto soddisfatto
2
Poco soddisfatto
Per niente soddisfatto
Come giudica la veste grafica e l’impaginazione della rivista?
Esprima l’interesse attribuito agli articoli
Come giudica l’utilità della rivista in riferimento alla Sua attività?
Esprima il Suo giudizio sui tempi di consegna della posta, rispetto alla data di emissione
della rivista
Come giudica il numero di pubblicazioni annue (tre) della rivista?
4
4
4
4
3
3
3
3
2
2
2
2
1
1
1
1
4 3 2 1
Quali altri aspetti fondamentali, ritiene debbano essere presi in considerazione per migliorare
ulteriormente il servizio?
__________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________
Eventuali osservazioni e/o suggerimenti
__________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________
Preferisce ricevere la rivista tempo di Nursing
□ Solo in formato elettronico
□ Solo in formato cartaceo
□ Entrambi
M INFO 002 Rev.00 Pag. 1 di 2 19.6.2009
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Rivista Tempo di Nursing News
Barrare con una crocetta la casella che maggiormente corrisponde al giudizio da Lei attribuito agli indicatori
individuati per valutare il gradimento della rivista Tempo di Nursing News, pubblicata dal Collegio IP.AS.VI. di
Brescia, secondo il gradimento sottoriportato
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Esprima l’interesse attribuito alle notizie riportate
Come giudica l’utilità della rivista in riferimento alla Sua attività?
Esprima il Suo giudizio sui tempi di consegna della posta, rispetto alla data di emissione
della rivista
Come giudica il numero di pubblicazioni annue (tre) della rivista?
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3
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4 3 2 1
Quali altri aspetti fondamentali, ritiene debbsano essere presi in considerazione per migliorare
ulteriormente il servizio?
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Eventuali osservazioni e/o suggerimenti
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Avrebbe preferito compilare il questionario direttamente sul web?
□ Sì
□ No
Grazie per la collaborazione
Le risposte ricevute serviranno a migliorare il servizio offerto agli iscritti. Per qualsiasi chiarimento
contattare la segreteria del Collegio IP.AS.VI.
Il Consiglio direttivo
NB: il questionario dovrà essere inviato via Fax al seguente numero: 03043194
Oppure potrà essere spedito per posta al seguente indirizzo:
Via P. Metastasio 26 – 25126 BRESCIA
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NURSING
E
TEMPO DI NURSING NEWS
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Giugno
Corso per infermieri e assistenti sanitari
L’infermiere libero professionista e la medicina del lavoro
10 giugno 2011 dalle 9 alle 17
7 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso)
Apertura iscrizioni 10 maggio 2011
Settembre
Corso per infermieri e assistenti sanitari
Il tirocinio nella formazione degli operatori di
supporto
fine settembre 2011 dalle 9 alle 18
8 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso)
Apertura iscrizioni 1 settembre 2011
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici (2 uditori)
L’infermiere di territorio e la rete dei servizi
fine settembre 2011 dalle 9 alle 13
4 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 10,00
Altri Collegi Euro 15,00
Apertura iscrizioni 1 settembre 2011
CONVEGNO
Convegno per infermieri
L’utilizzo della contenzione fisica nella pratica clinica: cambiare è possibile!
19 maggio 2011 dalle 14,00 alle 20,00
4,5 crediti ECM (in attesa di conferma)
Evento gratuito
ISCRIZIONE OBBLIGATORIA
sul sito IPASVI BS
Apertura iscrizioni 1 aprile 2011
CONVEGNO
Convegno per medici, infermieri, assistenti sanitari, infermieri pediatrici, ostetriche
Fragilità, povertà e diritto alla salute
22 ottobre 2011 dalle 8,30 alle 17,30
4,5 crediti ECM
Evento gratuito
ISCRIZIONE OBBLIGATORIA
sul sito IPASVI BS
Apertura iscrizioni 15 settembre 2011
ISCRIZIONI
Per iscriversi è necessario collegarsi al sito www.ipasvibs.it e seguire le istruzioni.
La quota di iscrizione comprende: partecipazione al corso, materiale didattico, coffee break, pranzo (ove previsto).
Le iscrizioni si chiudono 7 giorni prima della data di inizio del corso.
NON è previsto il rimborso della quota di iscrizione per coloro che rinunciano a partecipare al corso.
I corsi saranno annullati se le iscrizioni sono inferiori al 50% dei posti previsti: in questo caso la quota
di iscrizione sarà interamente rimborsata.
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Ottobre
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici (2 uditori)
L’accreditamento professionale volontario:
una sfida per il futuro degli infermieri
fine ottobre 2011 dalle 9 alle 18
16 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 1 ottobre 2011
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
Il governo clinico dei processi assistenziali
(1 edizione)
8 ottobre 2011 dalle 9 alle 18
8 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 8 settembre 2011
Corso per infermieri
Le cadute nell’anziano: strategie di prevenzione
6-13-20 ottobre 2011 dalle 14.30 alle 18.30
12 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 20,00
Altri Collegi Euro 30,00
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 6 settembre 2011
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
L’organizzazione di studio/ambulatorio infermieristico
ottobre 2011 dalle 9 alle 13
4 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 10,00
Altri Collegi Euro 15,00
Apertura iscrizioni settembre 2011
Novembre
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
Il governo clinico dei processi assistenziali
(2 edizione)
19 novembre 2011 dalle 9 alle 18
8 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 19 ottobre 2011
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
La narrazione nei luoghi della cura
24-25 novembre dalle 9 alle 17
14 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni 24 ottobre 2011
Corso per infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici
La formazione degli operatori di supporto:
proposta di linee guida per l’insegnamento
nelle aree “igienico sanitaria” e “tecnico operativa”
novembre dalle 9 alle 18
8 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 25,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 37,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni ottobre 2011
Corso per infermieri, assistenti sanitari
(2 uditori)
La costruzione di un progetto quale strumento dell’infermiere libero professionista
2 giornate in novembre 2011 dalle 9 alle 18
16 crediti ECM (in attesa di conferma)
Quota iscrizione:
Iscritti Brescia Euro 45,00 (pranzo incluso)
Altri Collegi Euro 67,50 (pranzo incluso)
Studenti gratuito
Apertura iscrizioni ottobre 2011
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Da una forma perfetta all’essenza della forma
… contemplando le Pietà di Michelangelo
ditamento volontario può apportare alla qualità
assistenziale. Accanto agli sforzi compiuti per
migliorare la capacità di scrivere e documentare,
è stato basilare concentrarsi sull’accuratezza nel
descrivere i problemi del paziente, in relazione
a ciò che si pianifica, facendo partecipi i piccoli
pazienti e le loro famiglie.
Produzione di conoscenza
Il momento di sperimentazione della documentazione rappresenta anche un’occasione di riflessione collettiva, che unisce i diversi professionisti che partecipano all’esperienza: osservare
e discutere insieme e reciprocamente il proprio
lavoro contribuisce a migliorare la capacità critica e a rafforzare i processi di progettazione e di
decisione che precedono le iniziative seguenti.
L’utilizzo della documentazione come strumento che favorisce la capacità di esplicitare, di
“oggettivare” le scelte compiute evidenziandone
la correlazione con le proprie conoscenze, comporta anche la possibilità di una maggiore consapevolezza della propria biografia professionale
nella sequenza dei diversi percorsi realizzati.
Rispetto a questo approccio la documentazione
rappresenta un linguaggio comune attraverso
cui realizzare il confronto ed attivare processi
di benchmarking interni ed esterni una comunità
professionale.
Michelangelo disse che la statua era già nel blocco di marmo: il suo compito sarebbe stato semplicemente quello di togliere le parti di marmo
in eccesso. Il grande artista teorizzava che per
scultura è da intendersi solo quell’arte che “...
si fa per forza di levare”. Da tenere ben presente
che una volta tolto un pezzo da una massa originale, non può più essere messo a posto; pertanto
è indispensabile un controllo sulla tecnica.
Fin dai tempi più antichi gli scultori hanno fatto
ricorso all’uso di “modelli” di piccole dimensioni, in creta o in cera, che servivano sia per l’elaborazione iniziale dell’idea “plastica” sia come
punto di riferimento durante la lavorazione.
La forma si realizza scavando, tirando fuori dalla massa del marmo il “bello” che dentro c’è. Ma
non è un’operazione scontata, un gesto sbagliato
lascia il segno sulla pietra, è richiesta una grande
padronanza degli strumenti di lavorazione. I modelli non sono l’opera d’arte, ma permettono di
elaborare le idee che sono punto di riferimento
durante il lavoro.
Nel constatare quanto l’assistenza infermieristica sia un insieme di gesti, ad alto contenuto
fisico, che lasciano tracce, segni sul corpo del
malato il pensiero di Michelangelo è particolarmente illuminante.
La continua rivisitazione, con una progressiva
limatura/riduzione, che gli item dell’accertamento hanno avuto, ci pare un’operazione “…
per forza del levare”, in molti casi sostenuta da
infermieri esperti, quelli che Michelangelo direbbe dotati di controllo sulla tecnica. I modelli
funzionali della salute di Gordon sono serviti per
l’elaborazione iniziale dell’idea di accertamento
e possono essere dei punti di riferimento nella
valutazione del paziente.
Ispirandoci alle parole dello scultore e sulla scorta delle sue opere, osserviamo come il paradigma della Pietà, ha assunto sembianze diverse. Lo
scultore e il tema sono i medesimi, ma il blocco
di marmo e il tempo sono differenti. L’artista ha
fornito progressivamente interpretazioni diverse della deposizione del Cristo. Da una forma,
giovanile, “finita” dove la superficie era perfettamente levigata, i particolari numerosi e compiutamente riprodotti, i personaggi composti e
quasi sereni lo scultore è passato, durante la senilità, a una forma che perde contorni e confini,
diventa “informe”e lascia spazio da protagonista
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Focus - 39
alla materia. Scompaiono i drappeggi delle vesti, la superficie levigata, i dettagli.
Emerge intenso il significato del gesto della deposizione.
Michelangelo, fa del non-finito il vero e proprio
tema delle sue opere più suggestive e moderne.
Il non-finito come scelta volontaria e consapevole, unico modo per esprimere anche il non-detto
(dall’artista), oppure, se preferiamo, il non-visto (dall’osservatore), un non-finito, quindi, di
valenza fisica e psicologica, un modo per porre
delle domande e sollecitare delle risposte, perchè più il discorso dell’artista è incompiuto ed
indefinito, più sollecita lo spettatore a completarlo e ad interpretarlo.
Dalla teoria alla prassi o dalla prassi alla teoria?
Questa esperienza, come ci pare anche l’esperienza clinica degli infermieri esperti, ci suggerisce di non fare in merito al quesito una scelta di
campo o/o ma e/e. Riformulando allora l’interrogativo iniziale possiamo dire dalla teoria alla
prassi E dalla prassi alla teoria, dove il primo e
il secondo termine non sono fissi, ma possano
essere scambiati tra di loro per mantenere una
relazione che sia sempre generativa di nuova conoscenza.
Bibliografia
• Benner, P.E., L’eccellenza nella pratica clinica
dell’infermiere, McGraw-Hill, Milano, 2003.
• Calamandrei, C. “Riflessioni sull’ infermieristica e sulla scienza infermieristica”, Nursing
Oggi, n. 3, 2003 pp.16-24.
• Fawcett, J., Newman, B., Hinton Walzer, P., J.,
„Sg the discipline Top 10 unfinisched issues to
inform the nursing debate in the millennium“,
Journal of Advanced Nursing, Jan Forum, 35
(1), 2001, pp. 138-138.
• Edwards, S., Liaschenko J., “On the quest for
a theory of nursing” Nursing Philosophy, n.4,
2003, pp. 1-3.
• Manara, D.F., “Il conflitto tra teoria e prassi
nell’assistenza. L’assistenza pratica”, Nursing
Oggi, n.3, 2002, pp. 16-28, n.4, 2002, pp. 18-27.
• Manara, D. F., Verso una teoria dei bisogni
dell’assistenza infermieristica, Lauri Edizioni,
Milano, 2000.
• Manzoni, E., Storia e filosofia dell’assistenza
infermieristica, Masson, Milano,1996.
• Motta, P., “La scienza infermieristica alle soglie del terzo millennio: teorie e modelli italiani. Interviste a M. Cantarelli, P. Chiari e R.
40 - Focus
Zanotti”, Nursing Oggi, n. 2, 1999, pp.15-30.
• Nelson, S., Gordon, S., McGillon, M., “ Saving
the practice- Top 10 unfinisched issus to inform the nursing debite in the new millenium”,
Nursing Inquiry, 2002, 9 (2), pp. 63-64.
• http://en.wiktionary.org/wiki/quality
• http://etimologias.dechile.net/?calidad
• http://www.etimo.it/?pag=hom
•http://it.wikipedia.org/wiki/Pietà_
vaticana#Bibliografia
• http://www.homolaicus.com/arte/metodo.htm
• http://bmcr.brynmawr.edu/1998/1998-07-13.html
* Inf. Coordinatore S.I.T.R. Ospedale dei Bambini, A.O. Spedali Civili di Brescia,
** Inf. Responsabile S.I.T.R. Ospedale dei Bambini, A.O. Spedali Civili di Brescia,
***Inf. Coordinatore, U.O. Formazione A.O.
Spedali Civili di Brescia
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni del Collegio
Infermieri stranieri:
riflessioni e proposte
di Ermellina Zanetti, Angelo Benedetti, Stefano Bazzana
L
a situazione bresciana differisce in modo anomalo dalla situazione nazionale. Gli infermieri stranieri ci sono, lavorano nelle
strutture sanitarie e socio sanitarie della nostra provincia, ma non
sono iscritti al nostro Collegio
I
nfermieri stranieri: una presenza necessaria
I risultati ottenuti dall’indagine, condotta dal
Coordinamento dei 10 Collegi IPASVI della
Regione Lombardia, indicano che complessivamente gli infermieri italiani e stranieri iscritti
agli Albi della regione Lombardia, al 31 dicembre 2009, sono pari a 53.916 unità, (di cui circa
4.000 stranieri), ai quali si sommano 1.023 infermieri pediatrici. Si evidenzia, pertanto, che i
9.742.676 cittadini residenti in Lombardia al 31
dicembre 2008 potevano contare su una presenza di 5,6 infermieri ogni 1000 abitanti, dato ben
al di sotto della media nazionale, che si attesta
al 6,2/1000, o di quella europea, pari a 8,9 infermieri per 1.000 abitanti (dati OCSE).
La soluzione adottata per colmare il deficit è
l’assunzione di infermieri stranieri, tanto che
nel triennio 2005-2007 gli infermieri immigrati
iscritti ai Collegi sono quadruplicati passando da
6.735 a 30.639 unità in tutta Italia. Tra i Paesi
più rappresentati vanno annoverati la Romania,
la Polonia e la Bulgaria in Europa, il Perù, la Colombia, il Brasile in America Latina, la Tunisia
in Africa, l’India in Asia.
Gli stranieri rappresentano una componente non
marginale tra gli infermieri. Alla fine del 2008,
risultavano infatti iscritti ai Collegi Ipasvi di tutta Italia 33.364 stranieri, in gran parte (82,1%)
concentrati al Centro-Nord e per quasi la metà
(42,3%) costituita da extracomunitari. A livello
nazionale, gli stranieri rappresentano poco meno
del 10% del totale degli iscritti (9,4%), arrivando
a superare il 12% nel Nord-Est. Significativa, ma
molto meno rilevante, la presenza di infermieri
stranieri al Sud e nelle Isole, dove si registrano valori intorno al 5%. Mediamente, gli iscritti
stranieri risultano di circa tre anni più giovani
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 41
dei loro colleghi italiani (39,2 contro 42,4 anni);
la differenza di età arriva a sfiorare tuttavia i 7
anni nelle Isole (Federazione Nazionale Collegi
Ipasvi, 2009).
In alcuni casi la loro concentrazione raggiunge
quote importanti: è il caso di Trieste, dove il 10%
di infermieri è di nazionalità slovena, o di grandi
strutture private, come il San Raffaele di Milano, che conta il 18% di infermieri non italiani, o
ancora di numerose residenze sanitarie assistenziali del territorio lombardo che accolgono molti
infermieri stranieri sia in regime di dipendenza
che con altre forme contrattuali (soprattutto cooperative). Il lavoro in RSA e a domicilio (spesso
iniziando come “badanti”) rappresenta spesso il
primo impiego in Italia (Blasi et al, 2010).
La realtà bresciana
Secondo i dati elaborati e aggiornati al 31 gennaio 2011, il totale del numero degli iscritti
all’albo del Collegio Ipasvi di Brescia è pari a
7.643 dei quali 7.290 (95,4%) Infermieri, 284
(3,7%) Assistenti Sanitari e 69 (0,9%) Infermieri pediatrici.
Gli iscritti stranieri sono 465 dei quali 459
(98,7%) Infermieri, 1 (0,2%) Assistente Sanitaria e 5 (1,1%) Infermieri pediatrici. Gli iscritti
stranieri provenienti da paesi comunitari sono
294 (3,8%) e coloro che provengono da paesi
42 - Comunicazioni
extracomunitari sono 171 (2,2%).
Rispetto alla provenienza la situazione si presenta come segue:
• Europa: 85,6%.
• America del Sud: 6,7%
• Africa: 4,9%;
• Asia: 2,8%;
I cittadini rumeni rappresentano oltre il 50% degli iscritti stranieri: sono infatti ben 243 (52,3%).
Il dato si conferma anche a livello nazionale (Federazione nazionale Collegi Ipasvi, 2009)
Mediamente gli iscritti stranieri risultano di circa 5 anni più giovani dei loro colleghi italiani
(38,2 contro 43,2 anni). Le donne sono il 92,2%
tra gli stranieri comunitari, il 78,4% tra gli extracomunitari. Tra gli italiani iscritti al Collegio di
Brescia le donne sono l’86,2%.
Il dato più interessante riguarda la prevalenza di
iscritti stranieri che a Brescia è del 6%. Appare evidente che il dato è inferiore sia alla media
nazionale, pari a 9,4%, sia a quella di Collegi
vicini quali il collegio di Milano Lodi dove la
prevalenza di stranieri è pari al 10%. Se ai dati
associamo la percezione di un numero elevato
di infermieri stranieri che lavorano nelle Residenze per Anziani e nelle strutture ospedaliere
private accreditate e le numerose segnalazioni
giunte in Collegio rispetto ad una non adeguata
conoscenza della lingua da parte degli infermieri
stranieri, appare evidente che vi sia una maggiore presenza nella nostra provincia di infermieri stranieri rispetto a quanti risultano iscritti al
nostro albo.
Ciò è reso ancora più evidente se si analizzano i
dati dei nuovi iscritti relativi agli ultimi tre anni
(2008-2009-2010): mentre a livello nazionale si
è registrato un progressivo e costante aumento di
infermieri stranieri tra i neo iscritti, che nel 2008
risultavano essere il 28,4% delle iscrizioni complessive, con punte del 35,5% nei Collegi del
Nord-Ovest e addirittura del 42,3% nelle Isole
(Federazione nazionale Collegi Ipasvi, 2009), a
Brescia si è osservata una riduzione tra il 2008 e
il 2009 (dal 20% al 13% di neo iscritti stranieri)
con un lieve aumento nel 2010, sempre al di sotto della media nazionale, con una prevalenza di
nuovi iscritti stranieri pari al 21%.
Riflessioni e proposte
Dai dati esposti appare chiaro che la situazione bresciana differisce in modo anomalo dalla
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
situazione nazionale. Gli infermieri stranieri ci
sono, lavorano nelle strutture sanitarie e socio
sanitarie della nostra provincia, ma non sono
iscritti al nostro Collegio. La ragione principale
consiste nel fatto che da anni il Collegio prima
dell’iscrizione (nuova iscrizione o trasferimento
da altro Collegio) valuta il requisito della conoscenza e padronanza della lingua italiana mediante un test proposto e valutato da un Istituto
Linguistico certificato che attribuisce un livello
di conoscenza confrontato con lo standard europeo di riferimento (Livello B1 del quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue). Coloro che non superano il test sono
invitati ad approfondire la lingua italiana prima
di iscriversi all’esame sostenuto dinnanzi ad una
commissione composta da due consiglieri e da
un docente di italiano, il cui giudizio condiziona
l’iscrizione.
Certamente questa procedura, se da un lato garantisce una valutazione oggettiva della conoscenza e padronanza della lingua italiana (compito attribuito dalla legge ai Collegi), dall’altro
richiede un tempo maggiore per l’iscrizione,
condizione non gradita agli infermieri stranieri
e alle organizzazioni che si occupano di reperire
infermieri stranieri per il nostro territorio.
Il Consiglio Direttivo del Collegio IPASVI di
Brescia ha ritenuto di rivolgersi a queste organizzazioni, in particolare alle agenzie interinali, con l’obiettivo di attivare una collaborazione
virtuosa che da un lato non svilisca l’iscrizione
a mero atto formale e dall’altro accorci i tempi
necessari alla stessa, fermo restando la valuta-
zione oggettiva del possesso della conoscenza e
padronanza della lingua italiana mediante il test
proposto e valutato da un Istituto Linguistico
certificato.
A tale scopo è stata attivata la mappatura sul territorio delle agenzie interinali che si occupano di
reperire infermieri, sono state convocate separatamente 3 agenzie che rispondevano al criterio e,
anche sulla scorta delle loro osservazioni, è stata
rivista la procedura di iscrizione.
Siamo, infatti, convinti della necessità che gli infermieri stranieri che lavorano nella nostra provincia siano iscritti al nostro Collegio per due
ragioni:
1) è possibile controllare il loro operato e intervenire in situazioni che ci vengono segnalate
perché non conformi a quanto previsto dalla
normativa;
2) è possibile la tutela dei diritti degli infermieri
stranieri che più degli altri sono esposti a situazioni di sfruttamento.
Nella commissione Infermieri stranieri è da quest’anno presente una collega rumena (i cittadini
rumeni rappresentano oltre il 50% degli iscritti
stranieri al nostro Collegio) alla quale abbiamo
chiesto di aiutarci a conoscere e comprendere le
difficoltà dei colleghi che si inseriscono nelle
nostre realtà. Crediamo, infatti, che i processi di
integrazione degli infermieri stranieri risulteranno più efficaci se sono considerate e comprese
le loro singole culture, se sono conosciuti i percorsi di formazione vigenti nei vari paesi e le
difficoltà incontrate nell’ambito dell’esercizio
professionale.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 43
La commissione ha inoltre curato una pagina
del sito (disponibile anche in lingua inglese,
rumena e serbo croata) dedicata agli infermieri
stranieri e ha attivato due sedi (una Residenza
Assistenziale per Anziani e un’unità operativa
ospedaliera) dove è possibile effettuare un periodo di affiancamento, per circa un mese, con la
collaborazione di colleghi infermieri disponibili,
al fine di conoscere l’organizzazione del lavoro
prima dell’inserimento lavorativo.
Conclusioni
Riferimenti normativi
Decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (gu n.
303 del 30/12/1989), Norme urgenti in materia
di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei
cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti
nel territorio dello stato (convertito in legge n.
39 del 28 febbraio 1990).
Legge 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
L’apporto di professionisti stranieri rappresenta certamente per il nostro Paese e per la nostra
Provincia una fonte indispensabile affinché possa essere garantito un adeguato servizio, data la
situazione di carenza di personale infermieristico.
Inoltre l’invecchiamento della popolazione, con
conseguente presenza di cronicità e fragilità, sta
causando un forte aumento della popolazione
anziana bisognosa di assistenza, sia a livello
clinico/ospedaliero sia a livello domiciliare e dei
servizi. Ciò lascia presagire, che a fronte di questi accresciuti bisogni, stante la deroga ai flussi
migratori per la nostra professione, aumenterà
sempre più anche la presenza di infermieri stranieri.
Il contributo che essi danno è costellato da sforzi
e rinunce non indifferenti: oltre ad accettare incarichi generici pur essendo spesso specializzati,
questi colleghi si sottopongono a sforzi notevoli
per imparare la lingua e la legislazione italiana,
per abituarsi alle nostre procedure e ai nostri
modus operandi, per formarsi e dare soddisfazione affinché il loro posto di lavoro sia il più
duraturo possibile.
La qualità dell’assistenza erogata ai cittadini
sta a cuore al Collegio quanto le condizioni di
lavoro di tutti gli infermieri, italiani e stranieri.
Questi ultimi, forse più degli altri, vanno accolti
e supportati.
Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
Direzione Generale per l’Impiego, Servizio per
i problemi dei lavoratori immigrati extracomunitari e delle loro famiglie, CIRCOLARE N. 53
del 18 maggio 2001, “D.P.R. del 30.3.2001 - Documento Programmatico 2001/2003. DPCM del
9.04.2001 Decreto di programmazione dei flussi
per l’anno 2001. Disposizioni attuative”.
Bibliografia
Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14
febbraio 2003, n. 30.
• Federazione nazionale Collegi Ipasvi Rapporto
2008: Albo IP: analisi dei flussi, , 2009
• Silvia Blasi, Boubacar Daou, Giovanni Muttillo, Miriam Magri. Infermieri stranieri in Italia.
I luoghi della cura 4 (8);2010: 25-29
44 - Comunicazioni
Legge 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.
Decreto Ministro della Salute del 18 giugno
2002, Autorizzazione alle regioni a compiere
gli atti istruttori per il riconoscimento dei titoli
abilitanti dell’area sanitaria conseguiti in Paesi
extracomunitari ai sensi dell’art. 1, comma 10ter, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402,
convertito in legge dall’art. 1 della legge 8 gennaio 2002, n. 1. (Gazzetta Ufficiale n. 159 del 09
Luglio 2002)Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n.502,
Riordino della disciplina in materia sanitaria,
a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre
1992, n. 421. (G.U. Serie Generale n. 305 del 30
dicembre 1992).
Legge 14 febbraio 2003, n. 30, Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del
lavoro.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Assemblea Annuale degli Iscritti
Brescia 5 marzo 2011
Relazione del Presidente
di Stefano Bazzana
Quest’anno l’assemblea ordinaria degli iscritti
si è tenuta invertendo il tradizionale ordine del
giorno, che vedeva la premiazione finale degli
iscritti, aprendo i lavori con un momento celebrativo e la consegna di un dono ricordo alle
colleghe e ai colleghi per i 35 e i 50 anni di iscrizione all’Albo.
Per i 35 anni di iscrizione: Addis Maria, Barbariga Elide, Barbieri Elvira Sr.Giovanna, Bodini Giuseppina, Caravaggi Clara, Casali Guido,
Cristini Eleonora, Di Pietro Marcella Sr.Elena,
Fausti Francesco, Ghirardi Elisabetta, Giugno
Daniela, Imperadori Amalia, Laureti Angela
Sr.Romana, Leandri Renata, Losio Rosa Marisa,
Maranga Enza, Mazzucchelli Giovanna, Morgano Giorgio, Novazzi Maria Giuseppina, Omassi
Assunta, Paris Antonio, Pietti Erika, Pola Olga,
Pola Elvia, Sega Francesco, Smussi Lodovica
Sr.Elisa Sorlini Emila, Tarletti Maria, Tedeschi
Domenica, Trolese Salvatore, Zucchi Bruna.
Per i 50 anni di iscrizione: Elettra Cerioni, Delia
Dusi, Fulvia Mazzei
Congratulazioni e un grazie da parte nostra a
tutti loro, per quanto hanno fatto in tanti anni
per la professione e soprattutto per le persone
assistite.
La premiazione della signora Elettra Cerioni
Gentili colleghe, egregi colleghi,
a nome del Consiglio Direttivo e del Collegio
dei Revisori dei Conti vi ringrazio per la partecipazione a questa assemblea ordinaria del
Collegio Ipasvi di Brescia, che rappresenta un
momento importante di informazione, confronto
e discussione dei temi a cui l’organismo di rappresentanza professionale è preposto.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 45
La premiazione dei colleghi con 35 anni di iscrizione all’Albo
E’ un’occasione formale per fare insieme un
bilancio: illustrare le attività svolte nell’anno
precedente e quelle programmate per l’anno in
corso, ma è anche un momento per condividere
i traguardi raggiunti e gli impegni futuri. Si prospettano le politiche professionali ed i progetti
da realizzare allo scopo di garantire un adeguato sviluppo professionale degli iscritti ed un miglioramento del servizio offerto ai cittadini.
In linea con queste premesse, al fine di dare il
benvenuto ai nuovi iscritti che sono entrati a
far parte della comunità professionale nel corso
dell’anno 2010, l’assemblea inizia con la lettura
del primo articolo del Codice Deontologico da
parte della neolaureata Dr.ssa Chiara Bonazza.
Segue la proiezione del filmato curato da alcuni
consiglieri ed iscritti che hanno scelto altri 16
articoli del Codice, recitati da altrettanti colleghi ripresi nei loro contesti di lavoro.
Ai neolaureati presenti, in occasione del 150
anniversario dell’Unità d’Italia, il Collegio ha
fatto omaggio dell’edizione speciale della Costituzione Italiana.
Relazione attività anno 2010
Ferma restando l’attività istituzionale e di segreteria è ormai consuetudine consolidata per il
Collegio di Brescia l’assegnazione delle attività
progettuali e formative alle diverse commissioni. Per il secondo anno, infatti, sono stati fissati
gli obiettivi di ciascuna commissione permanente che, oltre alle attività ordinarie, ha curato la
46 - Comunicazioni
progettazione e l’erogazione dei corsi di formazione nel campo specifico. Per lo stesso motivo
ogni Responsabile di Commissione fa parte del
Comitato Tecnico Scientifico, organismo previsto dal Sistema Regionale ECM/CPD.
COMMISSIONE PER LA REDAZIONE
DELLA RIVISTA
Componenti Consiglio Direttivo: Anna Iannelli
(coordinatore), Moreno Crotti Partel; componenti esterni: Carla, Noci, Piera Baiguera, Paola
Busi, Patrizia Bevilacqua, Nadia Regonaschi,
Luca Maffei, Enrico Ballerini.
Incontri della Commissione nel corso del
2010: n. 9
Gli obiettivi della Commissione Tempo di Nursing per il 2010 miravano alla continuazione
della linea editoriale inaugurata nel 2009 e alla
pubblicazione di tre numeri della rivista nel corso dell’anno.
Riguardo al primo obiettivo è stato mantenuto
il formato editoriale del dossier focalizzando la
rubrica focus nel n. 56 sull’inaugurazione della
nuova sede del Collegio Ipasvi e nel n. 57 sul
tema della morte.
Il secondo obiettivo non è stato raggiunto a causa dell’aumento delle tariffe di spedizione e della conseguente impossibilità di copertura economica.
La mancata pubblicazione del n. di dicembre
della rivista ha reso impossibile anche il raggiungimento del terzo obiettivo, ovvero la rile-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
vazione e l’analisi del gradimento da parte dei
colleghi cui la rivista è indirizzata, obiettivo che
viene riproposto per l’anno 2011.
Nel corso del 2010 la Commissione Tempo di
Nursing ha contribuito alla pianificazione formativa del Collegio proponendo due eventi formativi: il primo, dal titolo “La narrazione nei luoghi
della cura” non ha avuto sufficienti adesioni ed è
stato annullato; il secondo dal titolo “La gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie” è
stato effettuato in due edizioni.
Per l’anno 2011 la Commissione intende mantenere e consolidare il rapporto comunicativo con
i colleghi iscritti al Collegio, anche attraverso un
sempre maggiore coinvolgimento delle diverse
realtà, ospedaliere, extraospedaliere e territoriali in cui gli infermieri operano. A questo fine,
nell’approfondimento monotematico contenuto
nella rubrica focus, si è cercato nel corso del
2010 e si continuerà nel 2011, di coinvolgere le
diverse organizzazioni sanitarie e assistenziali in
cui la professione infermieristica è rappresentata, sollecitando la pubblicazione di esperienze.
COMMISSIONE FORMAZIONE
Componenti del Consiglio Direttivo: Ermellina Zanetti (coordinatore), Carla Agazzi, Anna
Iannelli, Daniela Massussi; componenti esterni:
Emma Carli, Monica Coccoli, Laura Manara,
Lucia Molinari, Carla Noci
Obiettivi 2010 realizzati
Realizzare, anche attraverso la collaborazione
con altri enti e/o associazioni almeno 3 convegni
rivolti ciascuno ad oltre 200 professionisti
Sono stati proposti due Convegni:
La cura alla fine della vita 20 febbraio 2010
Aula Magna G.Tovini Università Cattolica del
Sacro Cuore – Sede di Brescia Via Trieste, 17
Brescia.
Hanno partecipato: 282 infermieri, 6 assistenti sanitari, 26 medici, 50 studenti corso di laurea
in infermieristica per un totale di 364 iscritti.
Attualità e Prospettive della Professione Infermieristica. 20 marzo 2010
Aula Magna Facoltà di Medicina, Università degli Studi Brescia.
Hanno partecipato: 366 infermieri, 9 assistenti
sanitari, 4 infermieri pediatrici, 94 studenti corso di laurea in infermieristica per un totale
di 473 iscritti
Nel 2010 il Collegio IPASVI di Brescia ha riottenuto l’accreditamento in qualità di Provider
Regionale per la Formazione ECM CPD.
La commissione ha supportato la realizzazione
di 13 corsi accreditati ECM (per massimo 30
partecipanti) proposti dalle singole commissioni
(ne sono stati proposti 20 di cui 7 annullati per
insufficiente numero di iscrizioni). I corsi sono
stati realizzati presso la sede del Collegio e vi
hanno complessivamente partecipato 274 professionisti.
E’ stata infine attivata la convenzione a tariffe
dimezzate con il Collegio Milano-Lodi per favorire l’accesso degli iscritti al programma NursingFad.
COMMISSIONE “FORMAZIONE OPERATORI DI SUPPORTO”
Componenti del Consiglio Direttivo: Lidia Tomaselli (Coordinatore), Carla Agazzi, Angelo
Benedetti, Ermellina Zanetti ; componenti esterni: Lorena Cavagnini, Angela Di Giaimo, Massimo Paderno, Agnese Scalmati
Obiettivi per il triennio 2009-2011
1. formazione e consulenza nei confronti degli
infermieri che si occupano di FOS (formazione degli operatori di supporto);
2. stesura linee guida per la FOS (partendo da
quelle pubblicate dalla Provincia di Brescia
nel 2008);
3. costituzione commissione “formazione operatori di supporto” in seno al Coordinamento
Collegi Lombardi;
4. dialogo e collaborazione con i referenti in
Regione della FOS della formazione degli
operatori di supporto e formulare proposte migliorative;
promuovere l’aggiornamento dell’elenco dei
presidenti ed esperto delle commissioni d’esame alla luce anche di quanto previsto dalla delibera della formazione dell’ASA
Attività svolta nel 2010
1. realizzazione di due corsi di aggiornamento
a completamento del percorso di formazione,
confronto e consulenza ai colleghi che si occupano di formazione degli operatori di supporto:
2. criteri di valutazione del tirocinio nel percorso
di formazione degli operatori di supporto;
3. criteri di valutazione nell’esame finale del
percorso formativo ASA e OSS;
4. stesura di una prima bozza delle linee guida
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 47
Alcuni dei giovani neolaureati presenti alla loro prima Assemblea
in collaborazione con un gruppo di colleghi
esperti nella formazione, sperimentazione della prima versione presso il CFP Vantini” di
Rezzato.
La Commissione “Formatori Operatori di Supporto” ha iniziato una collaborazione con la
D.G. Sanità, in particolare per la nomina delle
figure di Presidente ed Esperto nelle commissioni degli esami finali OSS e per le modalità
di conduzione degli stessi. Un ringraziamento a
tutti i collaboratori che hanno partecipato ai lavori della commissione, i partecipanti ai corsi di
formazione che hanno di fatto reso interessante
il dibattito e possibile la crescita del gruppo e il
Consiglio Direttivo che ha sostenuto le proposte
e i lavori della commissione stessa.
COMMISSIONE INFERMIERI STRANIERI
Componenti del Consiglio Direttivo: Benedetti Angelo (coordinatore),Magna Elisa, Rossini
Silvia, Tomaselli Lidia: componenti esterni :
Busi Paola, Cavagnini Lorena, Cristea Raluca
Mihaela, , Matteotti Desirè, Pace Stefania.
Docenti di italiano: Bassi Sergio, Pattini Chiara,
Paroli Ernesto.
Principali attività anno 2010
• Somministrazione test per la certificazione della conoscenza della lingua italiana a Infermieri
stranieri che sostengono l’esame d’iscrizione
presso il nostro Collegio: n. 47
48 - Comunicazioni
• Somministrazione test per la certificazione della conoscenza della lingua italiana a Infermieri
stranieri trasferiti da altro collegio: n. 17
• Colloqui informativi e d’orientamento (anche
telefonici): n. 28
• Insediamento Commissione d’esame: n. 4
(candidati 27 dei quali 17 hanno ricevuto attestazione di idoneità)
• Incontri Commissione: n. 6
• Stranieri inseriti nel percorso di “Uditorato formativo”: n. 2
• Eventi formativi progettati e realizzati: n. 3
COMMISSIONE LIBERA PROFESSIONE
Componenti del Consiglio Direttivo: Giovanna
Bertoglio (Coordinatore), Carla Agazzi, Diego
Amoruso, Anna Maria Iannelli; Componenti
esterni: Augusta Bezzi, Massimiliano Chimini,
Laura Gorni, Francesca Leccardi, Gemma Persavalli, Antonella Sancius, Maria Serina, Agostino Spagnoli
Principali attività anno 2010
• n° incontri commissione interna: 32
• n° incontri commissione esterna: 5
• n° colloqui individuali: 50
• Contatti con la cassa ENPAPI per problematiche riguardanti i singoli professionisti 12
• Richieste di pubblicità sanitaria: 5
• Verifica documentazione per apertura/cessazione studi associati/Cooperative: 3
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
• Eventi formativi: 3
• Gestione dell’elenco Libera Professione.
COMMISSIONE PARERI LEGALI FISCALI
E PROFESSIONALI.
Componenti del Consiglio Direttivo: Stefano
Bazzana (Coordinatore), Diego Amoruso, Angelo Benedetti, Ermellina Zanetti; componenti
esterni: Lucia Calzoni, Marita Goings, Francesca Leccardi, Cristina Razzini
Attività anno 2010
Incontri Commissione: n.5
Incontri con iscritti: n. 14
Redazione Pareri Commissione: n. 43
Redazione Pareri Consulenti: n.9
Pubblicazione pareri: n. 8
COMMISSIONE
PROFESSIONALE
ACCREDITAMENTO
Componenti del Consiglio Direttivo: Moreno
Crotti Partel (Coordinatore), Marina Bruna Bertoli, Elisa Magna, Desiree’ Matteotti; componenti esterni: Barbara Apollonio, Lorena Cavagnini, Anna Ferrari, Elena Angela Pasotti, Silvia
Rossini, Maria Angela Rizzieri, Rosaria Susta
2 incontri nell’anno 2010: dopo le dimissioni
del Coordinatore Claudio Prandelli la nuova
Commissione ha ripreso il discorso avviato nell’anno precedente, perseguendo gli obiettivi di
sviluppo e crescita della professione attraverso
l’accreditamento professionale.
Il Collegio ha inoltre partecipato con propri rappresentanti agli incontri promossi da vari Enti,
Comitati e Istituzioni in cui è presente.
Il Presidente ha partecipato, unitamente ai Collegi Lombardi, agli incontri e ai tavoli tecni-
ci presso la D.G. Sanità per la definizione del
fabbisogno di personale del S.S.R. per l’A.A.
2010/2011 e 2011/2012.
Nell’anno 2010 è stato rilevante l’impegno profuso dai Collegi Lombardi nella causa legale
contro la Regione per il riconoscimento di provider “pubblici” e conseguente riduzione delle
tariffe ECM/CPD, che peraltro ha avuto proprio
in questi giorni un esito positivo.
L’attività del Collegio si è inoltre espressa:
• Nei 25 incontri del Consiglio Direttivo per la
realizzazione delle attività istituzionali fra cui
le iscrizioni (243) e le cancellazioni (109) con
un saldo positivo annuale di 134 iscritti che
porta il numero complessivo a 7645 (gennaio
2011).
• Nei periodici incontri delle Commissioni e del
Collegio dei Revisori dei Conti per il raggiungimento degli obiettivi specifici.
• Nella collaborazione con le rappresentanze dei
cittadini e con organizzazioni politiche, sociali, professionali.
• Nella partecipazione alle Commissioni d’esame per operatori di supporto (2 rappresentanti
per 29 sessioni) su richiesta della Regione e
alle Commissioni di Laurea Università Statale
e dell’Università Cattolica (2 rappresentanti
per 33 giornate).
• Nella collaborazione attiva con il Coordinamento Regionale Collegi Lombardi (18 incontri).
• Partecipando ai Consigli Nazionali, aderendo
agli indirizzi della Federazione IPASVI (7 incontri).
Il presidente comunica che nell’ultimo Consiglio
Nazionale è stato approvato il Regolamento per
l’Istituzione dei Coordinamenti Regionali e si è
celebrata la medaglia d’oro assegnata dalla Protezione Civile a CIVES (Infermieri per l’emergenza), per l’attività svolta in Abruzzo.
Progetti Realizzati
1. Ricerca Multicentrica sull’utilizzo della Contenzione in Ospedale, RSA, Centri di riabilitazione (Collegi Ipasvi di Brescia, Milano e Aosta). La ricerca ha coinvolto 3281 posti letto in
ambito ospedaliero e 6829 posti letto in RSA
2. Indagine conoscitiva in collaborazione con
Ordine dei medici sulle attività degli infermieri che lavorano nell’area delle cure primarie
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 49
Alcuni partecipanti all’Assemblea
Eventi 2010
• Comune di Brescia: Le sfide future della sanità
bresciana, 16 gennaio 2010
• Convegno UIL: Quale Servizio Infermieristico
in Regione Lombardia, 30 gennaio 2010
• La cura alla fine della vita, Università Cattolica, 20 febbraio 2010
• Giornate 19 e 20 marzo 2010: Attualità e prospettive della Professione Infermieristica
• Intervento della Vicepresidente al Convegno
“Papilloma Virus”, Darfo Boario T., 17/4/10
• Intervento del Presidente al Convegno nazionale di psicooncologia, Brescia 6 maggio 2010
• Intervento al Convegno “Indicatori di complessità”, Poliambulanza Brescia
• Intervento al work shop della Federazione su
See&treat, Bologna 10/09/2010.
• Saluto al Convegno Prof. Giulini, Università di
Brescia, 17/09/2010
• Intervento del Presidente al Convegno Cives,
Montichiari 9/10/2010
• Saluto ai Rettori Università degli Studi di Brescia (25 e 30/10/2010)
• Intervento al Corso Ordine dei Medici (2,9 e 16
ottobre 2010)
• V Conferenza Nazionale IPASVI, Bologna 6 e
50 - Comunicazioni
7 ottobre 2010
• Cassa di Previdenza ENPAPI, Roma 28 ottobre 2010
• Convegno AIL, Brescia 13 novembre 2010
• Intervento del Presidente al Convegno Cisl,
Brescia 26/11/2010
Ora la parola passa al tesoriere ma prima voglio
esprimere un sincero ringraziamento ai tanti colleghi che hanno collaborato nel corso dell’anno
2010, ai consulenti che ci hanno supportato nei
campi specifici (fiscale, legale, informatico, sicurezza, qualità, consulente del lavoro…)
Alla nostra Responsabile della Qualità Marina
Bertoli che ha garantito il rinnovo della Certificazione del Collegio completando il passaggio
alla nuova normativa ISO (16 incontri) e alle
impiegate che garantiscono una continuità di
presenza e di raccordo tra i diversi organi del
Collegio, i consulenti e gli iscritti.
Il tesoriere Angelo Benedetti passa quindi ad
illustrare all’Assemblea, il Rendiconto generale economico finanziario dell’esercizio 2010 e
nello specifico si esaminano dettagliatamente il
rendiconto economico-finanziario competenza
2010 ed i residui attivi e passivi al 31.12.2010.
(Pubblicati sul sito)
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Al termine della presentazione del bilancio consuntivo 2010, presenta la sua relazione il presidente dei revisori dei conti Sig. Vitaliano Tidoni
che conclude esprimendo un giudizio favorevole
sulla veridicità del bilancio consuntivo stesso e
lo pone all’approvazione dell’assemblea degli
iscritti.
Il Presidente si appresta a porre all’approvazione
degli iscritti il Bilancio Consuntivo, che rappresenta la valorizzazione economica delle attività
svolte.
Il bilancio consuntivo 2010 viene approvato all’unanimità.
Relazione Programmatica Anno 2011
Dal programma triennale…“Sii il cambiamento
che vorresti vedere nel mondo”
Lo sviluppo che la professione ha conosciuto
negli ultimi anni impone al Collegio un ruolo
politico e una capacità organizzativa sempre
crescente.
Il mandato è impegnativo ma la sfida è esaltante.
La forza per condurla arriva anche dalla collaborazione dei molti che nelle varie Commissioni
hanno dato la loro disponibilità e che ringrazio.
COMMISSIONE PER LA REDAZIONE
DELLA RIVISTA
Per l’anno 2011 la Commissione TDN intende mantenere la linea editoriale inaugurata nel
2009 e in particolare la focalizzazione su di un
tema di particolare rilevanza da un punto di vista
professionale, ma ha deciso di introdurre nella
rivista una nuova rubrica, chiamata “Fuori Focus” per dare la possibilità ai colleghi di pubblicare contributi interessanti, anche non attinenti
al tema principale della rivista. La Commissione
ha deciso che l’80% dei contributi sarà relativo
al focus e il restante 20% ad argomento diverso.
Dati i problemi, ancora presenti, di compatibilità
economica, il Consiglio Direttivo ha deciso che
anche nel 2011 saranno pubblicati due numeri di
Tempo di Nursing.
Viene riproposto per il 2011 l’obiettivo di rilevare la soddisfazione relativa alla rivista “Tempo di Nursing” attraverso la distribuzione di un
questionario che verrà inserito nella rivista e inviato a tutti gli iscritti.
Nel questionario si chiederà di esprimere un giudizio sui seguenti aspetti riguardanti la rivista:
· Veste grafica e impaginazione
· Interesse per gli articoli
· Utilità della rivista in riferimento all’attività
svolta
· Tempi di consegna della posta rispetto alla data
di emissione
· Congruità del numero pubblicazioni annue di
“Tempo di Nursing”, anche in relazione alla
pubblicazione di “Tempo di nursing news”
COMMISSIONE FORMAZIONE
Collegio IPASVI, opportunità NON obbligo!
Al fine di illustrare le finalità e le attività del
collegio agli studenti del Corso di Laurea la
commissione, sentiti i due coordinatori del Corso (Università Statale e Università Cattolica) ha
proposto “di mettere in scena” le attività del
Consiglio Direttivo del Collegio Ipasvi, in
cui emergano alcune delle competenze del
Collegio.
L’iniziativa è rivolta agli studenti del secondo e
del terzo anno di corso.
Obiettivi 2011
• Convegno per infermieri, assistenti sanitari,
infermieri pediatrici, educatori professionali,
logopedisti, fisioterapisti e medici. 30 ° Congresso Nazionale A.N.I.N. La ricerca e gli outcome di salute: i risultati degli infermieri 4- 5
marzo 2011, 9 crediti ECM
• Convegno per infermieri: “L’utilizzo della contenzione fisica nella pratica clinica: cambiare
è possibile!” Brescia, 19 maggio 2011 dalle
14,00 alle 20,00. 4,5 crediti ECM
• In collaborazione con Ordine dei Medici Brescia, Collegio Ostetriche Brescia, Medici senza Frontiere, Save the children, Emergency,
Medicus Mundi. Convegno per medici, infermieri, assistenti sanitari, infermieri pediatrici,
ostetriche “Fragilità, povertà e diritto alla salute nelle età della vita” . Brescia, 22 ottobre
2011 dalle 8,30 alle 17,30 - 6 crediti ECM
COMMISSIONE “FORMAZIONE OPERATORI DI SUPPORTO”
Obiettivi Anno 2011
1. Estendere la collaborazione ad altri centri di
Formazione per l’applicazione/adozione delle
linee guida nel progetto formativo dei corsi
ASA e OSS;
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 51
2. Pubblicare l’elenco dei Presidenti ed Esperti
di commissione esami ASA e OSS e iniziare l’affiancamento dei nuovi presidenti con
esperti e viceversa per facilitare l’inserimento
dei nuovi componenti;
3. Continuare la collaborazione con la DG
Sanità della Regione.
Formazione sul campo:
A elaborazione/completamento delle linee guida
per la formazione degli operatori di supporto;
B gli obiettivi del tirocinio degli operatori di
supporto;
Corsi di formazione:
• La progettazione della formazione degli adulti;
• Il tirocinio nella formazione degli operatori di
supporto (riedizione);
• La formazione degli operatori di supporto: proposta di linee guida per l’insegnamento nelle
aree “igienico sanitaria” e “tecnico operativa”.
2. Nuova gestione e pubblicazione dell’elenco.
3. Progettazione di eventi formativi.
4. Incontri con Ordine dei Farmacisti e Ordine
dei Medici.
COMMISSIONE PARERI LEGALI FISCALI E PROFESSIONALI OBIETTIVI 2011
1. Rispondere ai quesiti, segnalare le fonti di
risposta, incontrare gli iscritti, e risolvere le
questioni riguardanti l’esercizio della Professione infermieristica.
2. Mantenere il servizio di consulenza on line.
3. Formulazione dei pareri da parte del Presidente del Collegio, in collaborazione con i
Consiglieri e con altri professionisti nostri
consulenti.
4. Effettuare una ricognizione dei quesiti proposti dagli iscritti e costituire un dossier sull’attività di consulenza.
5. Pubblicare il Quesito del Mese.
OBIETTIVI 2011 COMMISSIONE INFERMIERI STRANIERI
COMMISSIONE
ACCREDITAMENTO
PROFESSIONALE OBIETTIVI 2011
1. Favorire l’iscrizione al Collegio Provinciale
di Brescia degli infermieri stranieri in possesso degli standard formativi e professionali
previsti dalla normativa.
2. Facilitare la preparazione all’esame d’iscrizione dell’infermiere straniero e contribuire
alla sua crescita professionale.
3. Promuovere l’acquisizione di conoscenze inerenti la legislazione sanitaria, la deontologia
e l’esercizio professionale responsabile in
Italia.
4. Favorire la conoscenza del contesto d’esercizio professionale infermieristico in Italia,
sviluppare e consolidare la conoscenza del
linguaggio tecnico scientifico sanitario dei
colleghi stranieri al fine di facilitarne l’integrazione nel contesto italiano.
5. Vigilare sulla sussistenza dei requisiti d’iscrizione all’Albo.
6. Promuovere la crescita culturale e professionale degli infermieri stranieri iscritti e/o in
attesa di iscrizione presso IPASVI-BS.
1. Formazione di un gruppo di professionisti all’uso e alla valutazione degli strumenti di accreditamento
2. Avvio certificazione della competenza.
3. Attraverso l’introduzione dello strumento
scelto tra i professionisti iscritti all’albo, si
vogliono porre le basi per una modalità operativa.
Progetti 2011
Il presidente illustra brevemente i due progetti in
corso, già descritti sugli ultimi numeri di Tempo
di Nursing News:
Installazione nuovo software interno di gestione
degli iscritti
COMMISSIONE LIBERA PROFESSIONE
OBIETTIVI 2011.
1. Mappatura/controllo dei Liberi Professionisti
sul territorio.
52 - Comunicazioni
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
e attivazione dell’area riservata per gli iscritti
Il presidente comunica agli iscritti che la diminuzione del numero delle due riviste resa obbligatoria dall’aumento dei costi (quasi triplicati!)
previsti dalla manovra finanziaria, sarà compensata con altri mezzi. Coerentemente con quanto
dichiarato nel programma presentato agli iscritti, si continuerà a fare informazione attraverso articoli e comunicati stampa (vedi rassegna
stampa su www.ipasvibs.it). Il sito stesso, revisionato e costantemente aggiornato, rappresenta un formidabile strumento di comunicazione
sia con i professionisti sia con i cittadini (420
aggiornamenti e oltre 40.000 accessi nel corso
del 2010). Per quanto riguarda la Formazione
a Distanza il presidente ricorda i due progetti
FAD promossi dalla Federazione IPASVI. Uno,
completamente gratuito e già attivo dalla metà
di dicembre, “Med In Fad” (sull’home page del
sito www.ipasvi.it), realizzato in collaborazione
con la Federazione Ordini dei Medici e Ministero della Salute. Il secondo, promosso da IPASVI
e Gutemberg (Giunti, Firenze) con il patrocinio
dell’Istituto Superiore di Sanità, avrà invece un
costo calmierato e prevede l’impiego di filmati e
lezioni audio realizzate da colleghi esperti nelle
varie tematiche.
mato con la lettura di alcuni articoli del Codice
Deontologico, in proposito propone un’indagine
per conoscere, a distanza di 12 anni dall’emanazione del secondo Codice Deontologico degli infermieri e dell’ultima revisione del 2009,
come sono percepiti i suoi contenuti dai cittadini
e dagli infermieri. Cosa percepisce di ricevere il
cittadino e cosa percepiscono di dare gli infermieri che lavorano nelle varie realtà bresciane:
ospedaliere, territoriali, sociosanitarie eccetera.
CERIONI ELETTRA: fa riferimento alla sua
esperienza professionale che l’ha portata a studiare a Colonia e lavorare in Svizzera molti anni
fa dove i suoi titoli di infermiera e assistente sanitaria non erano stati riconosciuti e si auspica
che si lavori perché questo avvenga.
FENOTTI ADRIANO: chiede
1) informazioni rispetto al riconoscimento delle
competenze delle assistenti sanitarie di nuova
formazione e tecnici della prevenzione;
2) la possibilità che si attivi una commissione a
livello regionale al fine di razionalizzare le risor-
Il tesoriere Benedetti passa quindi ad illustrare
il Bilancio Previsionale 2011, che rappresenta la
valorizzazione economica delle attività da sostenere nell’anno.
Discussione
prendono la parola i seguenti partecipanti all’assemblea:
BAZZOLI LAURA: definisce molto bello il fil-
Il tesoriere Angelo Benedetti
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Comunicazioni - 53
La Vicepresidente Ermellina Zanetti
se, per la costruzione di linee guida e procedure
che possano essere poi utilizzate in tutte le aziende ospedaliere del territorio regionale stesso.
In proposito il Presidente Bazzana risponde rispetto al primo punto che nella nostra provincia sta aumentando il numero di iscrizioni delle
assistenti sanitarie di nuova formazione anche
grazie al fatto che il corso è inserito all’interno
della nostra Università e fa parte della IV classe
di lauree della prevenzione (è uscito dalla classe
di laurea infermieristica e ostetrica. Esiste nella realtà una certa confusione rispetto alla loro
collocazione, motivo che aveva portato la Federazione Nazionale ad esprimere parere negativo
rispetto alla loro iscrizione nei Collegi provinciali. Attualmente, in attesa della riforma ordinistica, l’obbligo di iscrivere gli assistenti sanitari
di nuova formazione è rimasto. Rispetto alle loro
prestazioni, sei dei quesiti posti al Collegio, con
i relativi pareri della commissione pareri legali e
fiscali, sono stati formulati da assistenti sanitarie
laureate lo scorso anno. I quesiti si concentrano
sulla possibilità di svolgere o meno prestazioni
infermieristiche come i prelievi e le medicazioni. La Regione Emilia Romagna, dimostrando
una certa apertura, nel piano vaccini ha previsto
che questi vengano somministrati anche dalle
assistenti sanitarie, ma esistono differenze fra
54 - Comunicazioni
Regione e Regione.
Il Collegio di Brescia, preso atto di documenti
fra cui la circolare n°3/2008 della Federazione
Nazionale, del parere del consulente legale del
Collegio di Brescia avvocato Gamba e della posizione dell’ASL di Brescia ha espresso il parere
che le assistenti sanitarie di nuova formazione
possano eseguire tutto quanto previsto dal loro
ordinamento didattico e si auspica che la riforma
ordinistica in corso sciolga questi nodi.
Rispetto al secondo punto il presidente afferma
che riferirà della proposta all’interno del Coordinamento Collegi Lombardi e proporrà che come
prima linea guida possa essere proposta quella
sulle contenzioni fisiche (mezzi di protezione
e tutela) alla luce del lavoro di ricerca fatto dai
due maggiori Collegi della Regione Lombardia
in collaborazione con il Collegio di Aosta.
MIGHETTI PIETRO: chiede al Collegio, ma
meglio ancora alla Federazione Nazionale,
come sia possibile rispondere rispetto ad alcune
affermazioni ritenute lesive per la professione
infermieristica. Si riferisce in particolare ad una
informazione data in un telegiornale RAI, in cui
si parlava di lavori manuali come l’idraulico, il
muratore e sullo stesso piano gli infermieri e le
badanti. Affermazione che non tiene conto del
percorso formativo e delle responsabilità profes-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
sionali degli infermieri rispetto alle altre attività
citate. L’assemblea condivide quanto affermato
dal collega e lo sottolinea con un applauso.
Bazzana risponde che sia come Collegio che
come Federazione si cerca di rispondere a questo genere di informazioni, cercando tuttavia di
evitare l’effetto boomerang, che venga cioè ancora più enfatizzato il messaggio negativo per
la professione. Rassicura i presenti che ci sono
anche informazioni positive sulla professione
infermieristica e cita ad esempio una recente ricerca dell’università Cattolica di Milano che riconosce la professione infermieristica fra quelle
intellettuali in crescita e con maggiori sbocchi in
futuro. A questa ricerca è stato dato ampio risalto
sui quotidiani nazionali.
DI MEO SIMONETTA: ringrazia per il lavoro
svolto dal Consiglio Direttivo perché riconosce
che dietro la presentazione delle attività svolte
c’è molto impegno e molte ore di lavoro. Si dichiara contenta per l’approvazione del regolamento dei Coordinamenti regionali da parte della Federazione Nazionale perché conferisce loro
un ruolo istituzionale. Ricorda che in Lombardia
abbiamo sperimentato e apprezzato il ruolo ed
il contributo dell’osservatorio delle professioni
sanitarie. Apprezza quindi che il coordinamento dei collegi lombardi possa interfacciarsi con
le istituzioni regionali. Per esempio nel 2003
l’osservatorio delle professioni sanitarie aveva
avuto un ruolo di orientamento per le aziende
nella definizione dei Piani Organizzativi Aziendali. Di Meo esprime la sua preoccupazione per
quest’anno in quanto le aziende dovranno ripresentare i nuovi piani organizzativi aziendali e
si chiede se il Coordinamento regionale possa
interfacciarsi con la Regione in rappresentanza
dei dirigenti SITRA.
Ricorda che il tentativo di costituire un coordinamento dei dirigenti SITRA non è stato gradito
dalla Regione, ma lei ritiene che i dirigenti SITRA infermieri possano essere ben rappresentati dai Collegi e dal Coordinamento dei Collegi
Lombardi.
Bazzana risponde che uno degli obiettivi principale del Coordinamento è proprio quello di dialogare con la Regione, motivo per cui a fronte di
molte difficoltà ha cercato di rimanere compatto.
Cita alcune tematiche che hanno trovato delle risposte positive da parte della Regione stessa ed
altre che sono tutt’ora in sospeso. Per esempio,
sul decreto ECM che ha classificato Ordini e
Collegi con le società profit che fanno formazione, portando ad un considerevole aumento delle
quote da versare per ogni corso e convegno, il
coordinamento ha presentato ricorso e per ora
ha ottenuto che per il 2011 venissero riviste le
quote da versare. Rimane in sospeso la riduzione
delle quote relative all’anno 2010.
Bazzana riferisce che non sempre per gli Ordini
e i Collegi dialogare con le istituzioni regionali
è facile, ma l’impegno c’è. Sul sito del collegio
IPASVI di Brescia sono pubblicate alcune note
rispetto a quanto intrapreso con la DG Sanità,
con l’assessore Bresciani, con il Dr. Lucchina.
Informa infine che è stata richiesta la ricostituzione dell’osservatorio delle professioni sanitarie o l’istituzione di un vero e proprio Servizio
Infermieristico regionale.
Non essendoci altri interventi da parte dei colleghi presenti in sala il Presidente dichiara concluso il dibattito e rivolge un ringraziamento a tutti
i partecipanti all’assemblea, ai professionisti che
collaborano con il Collegio in qualità di consulenti e a tutti gli iscritti che partecipano, in vario modo, alla vita del Collegio. Chiede di poter
procedere alle votazioni per alzata di mano.
Il bilancio preventivo 2011 è approvato all’unanimità dei presenti.
Valutati gli obiettivi proposti e i risultati da raggiungere, alla luce della continuità e dell’impegno del Consiglio Direttivo, si chiede la fiducia
agli iscritti per proseguire nella gestione del
Collegio.
Grazie per l’attenzione!
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Stefano Bazzana
Presidente IPASVI Brescia
Comunicazioni - 55
A tutti i liberi professionisti
Come anticipato sulle ultime riviste inviate è
disponibile sul sito Internet del Collegio l’Area
riservata agli iscritti.
Ti chiediamo di accedervi, seguire le indicazioni
riportate per la registrazione e aggiornare in
tempo reale i tuoi dati.
Se non disponi di un accesso ad Internet, chiama
la Segreteria del Collegio (030.291478) per farti
inviare via fax il modulo di aggiornamento.
56 - Comunicazioni
Con un elaborato sul tema: “L’infermiere e l’educazione sanitaria ai cittadini: una
proposta per la diffusione della cultura della donazione d’organo”, il collega bresciano Gianluca Raineri ha vinto il Memorial
Riccardo Maggi organizzato dal Collegio
infermieri IPASVI della Spezia.
Il Collegio IPASVI di Brescia è lieto di complimentarsi con l’autore oltre che per l’originale contributo fornito alla comunità professionale, anche per l’aver reso tangibile e
concreta la norma espressa dall’articolo 40
del Codice Deontologico dell’Infermiere.
La cerimonia di premiazione si è svolta nell’ambito dei lavori dell’assemblea ordinaria
del collegio spezzino, avvenuta il 31 marzo.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Fuori Focus
L’evoluzione delle competenze tecnico-specifiche ed etico-deontologiche dell’infermiere
nel rinnovato scenario del servizio sanitario
di Agazzi Carla*, Barboncini Patrizia*, Leni Luciano*, Meneghetti Orietta*,
Rota Maria*, Guindani Marilena**, Lorenzini Aldo***
R
iceviamo e volentieri pubblichiamo, una sintesi della relazione
che ha valso ai colleghi dell’Azienda Ospedaliera Desenzano del
Garda Presidio di Manerbio/Leno, il 3° premio al concorso letterario del Collegio Ipasvi Città di Ragusa anno 2010.
La Redazione
“Se vuoi costruire una nave non radunare uomini per raccogliere il legno e distribuire compiti,
ma insegna loro la nostalgia del mare
ampio e infinito”
Antoine De Saint Exupéry
Introduzione
I profondi cambiamenti della professione infermieristica, in particolare dagli anni 90 ad oggi, il
graduale inserimento degli OSS, hanno evidenziato più volte, per entrambi, ma in particolare
per l’infermiere, un parziale ruolo d’apprendista
dove ognuno ha imparato tramite la partecipazione a pratiche esperte prendendo parte ad una
comunità; man mano che ognuno apprende trasforma anche la sua identità, non acquisisce solo
competenze ma un nuovo modo di dar valore
alla sua esperienza e di vivere il suo lavoro.
Per accompagnare e sostenere questi processi di
cambiamento è necessario un programma for-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Fuori Focus - 57
mativo al fine di modificare le comunità professionali, sviluppandosi e modificandosi poiché
sono messe nella condizione di trasformare il
contesto lavorativo potenziandolo apprendendo
dalle proprie esperienze individuali.
In quanto pratica professionale, una forma di
conoscenza e di etica socialmente organizzata,
l’infermieristica deve far fronte continuamente
alla sfida di svilupparsi, apprendendo dall’esperienza e trasmettendo quanto acquisito nei contesti reali. Diventare un membro partecipante
della pratica infermieristica implica l’intenzione
di prestare aiuto e l’impegno nello svolgimento di attività assistenziali. Purtroppo, ancor oggi
l’infermieristica deve far fronte ad un’acuta
carenza di personale e, poiché le attività assistenziali eccellenti hanno carattere relazionale
e contestuale, il clinico non può assicurare lo
stesso risultato essendo vincolato al livello di
collaborazione, alle risorse, alle strutture ed ai
processi organizzativi disponibili.
I cambiamenti avvenuti nell’ambito professionale riconoscono l’importanza dei diritti fondamentali della persona dove sinergicamente
convergono le varie figure sanitarie che devono
garantire le profonde istanze etiche oggi espresse a livello sociale e devono promuovere un’idea
58 - Fuori Focus
di salute che, trascendendo la sola sfera biologica, si confronta sempre più con i connotati che
la caratterizzano sul piano psichico, relazionale
e sociale. Per gli infermieri, questo significa la
capacità di trovare nel Profilo Professionale, nel
Codice Deontologico e nell’ordinamento didattico, spunti originali di riflessione e confronto
in grado di offrire ulteriore slancio e vigore ad
un esercizio professionale che, oggi, anche a
fronte dei condizionamenti economici e della
spinta all’assiomatizzazione (proceduralizzazione) dell’assistenza, trascina con sé un rischio del
tutto evidente: quello di esercitare un’assistenza
anonima ed astratta, sostenuta sui soli mezzi (le
disponibilità scientifiche e le disponibilità economiche) e non anche sui “modi” (i valori e la
personalizzazione dell’assistenza), che, privilegiando le conoscenze e la tecnologia, riduce le
effettività esistenziali della persona malata all’interno degli schemi analitico-classificatori del
sapere positivo appiattendo, in ultima analisi, i
valori di riferimento che debbono ispirare il corretto esercizio professionale.
L’elaborato, nel suo svolgimento, tratta l’analisi
dell’evoluzione delle competenze dell’infermiere secondo una speculazione legislativa, eticodeontologica, emozionale e dettaglia ogni aspetto nei successivi punti.
L’evoluzione della professione infermieristica
e del personale di supporto all’assistenza
E’ necessaria una sintetica trattazione legislativa
per spiegare l’evoluzione della figura infermieristica e degli operatori di supporto all’assistenza per consentire una migliore comprensione dei
ruoli che queste figure sono chiamate ad esercitare nella sanità di oggi.
Partendo dal 1990, gli infermieri da una professione ausiliaria, sono giunti ad una professione
sanitaria, formata in Università, con un campo
proprio di autonomia e responsabilità.
Il Decreto MURST 02/12/1991 autorizza le
Facoltà di Medicina e Chirurgia ad istituire il
Diploma Universitario in Scienze Infermieristiche. Con questo avvento avviene una svolta per
gli infermieri italiani che puntano ad un duplice
obiettivo cioè, l’affermazione dell’assistenza infermieristica come disciplina scientifica autonoma e la promozione di una cultura professionale in grado di contribuire significativamente ad
elevare il livello qualitativo dei servizi sanitari.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Il Dlgs n° 502 del 30/12/1992 e le sue integrazioni Dlgs n° 517 del 07/12/1993, rappresenta la
seconda grande svolta per il Servizio Sanitario
Nazionale (SSN), ma anche la prima pietra del
processo evolutivo della professione infermieristica. Tale decreto da il via su tutto il territorio
nazionale alla formazione di primo livello di infermieristica in ambito universitario, sopprime
le scuole regionali ed inoltre richiede l’obbligo
di un diploma di scuola secondaria superiore
di secondo grado per l’accesso ai relativi corsi.
Con il Decreto MURST 02/04/2001 si può affermare che inizia il decollo del corso completo per
la formazione infermieristica universitaria. Sono
istituite le lauree triennali e specialistiche delle
professioni sanitarie con i relativi ordinamenti
didattici ed è permesso alla formazione infermieristica di svilupparsi lungo tutto il percorso
previsto dal DM n° 509/99.
Sul versante dell’esercizio della professione si
raggiunge un traguardo importante nell’estate
del 1994 con l’approvazione del DM n° 739 del
14/09/1994; tra il 1994 e il 1999 il profilo ha
sostenuto una crescita professionale basata sulla consapevolezza di fornire alla collettività un
contributo significativo per la salute. Tale decreto non abolisce formalmente il “mansionario”
del 1974, ma riconosce all’infermiere responsabilità ampie e di grande rilievo.
Con la Legge n° 42 del 26/02/1999 il profilo
dell’infermiere afferma finalmente il suo ruolo
di protagonista nello sviluppo della professione
infermieristica. Abolendo il termine “ausiliaria”,
l’infermiere è riconosciuto come professionista
sanitario autonomo, responsabile dell’assistenza infermieristica, funzione complementare alla
medicina insieme alla quale, a pari dignità, contribuisce a tutelare la salute individuale e della
collettività. Altro argomento cardine di questa
legge è nel secondo punto dell’art. 1: “alla data
di entrata in vigore… è abrogato il regolamento
approvato con DPR n° 225 del 14/03/1974 ad
eccezione delle disposizioni previste dal titolo
V (infermiere generico)…. Il campo proprio di
attività e responsabilità delle professioni sanitarie……è determinato dai contenuti dei decreti
ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e dagli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario di formazione
post-base, nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le
professioni mediche e per le altre professioni del
ruolo sanitario ove è richiesto il diploma di laurea, nel rispetto delle specifiche competenze”.
La legge n° 42/99 stabilisce anche l’equipollenza dei diplomi universitari con quelli conseguiti
in base alla precedente normativa, sia per l’esercizio professionale sia per l’accesso alla formazione post-base.
Nell’anno 2000 è emanata la Legge n° 251 del
10/08/2000 che sancisce l’autonomia professionale nelle funzioni previste dal profilo professionale e dal codice deontologico e dispone
l’adozione di metodologia di pianificazione dell’assistenza per obiettivi. L’art. 7, inoltre, riconosce la possibilità alle aziende sanitarie di istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed
ostetrica e di attribuire l’incarico di dirigente del
medesimo servizio a queste figure, ai fini di migliorare l’assistenza e la qualificazione delle risorse. Altra conseguenza del tutto inevitabile sarà
data dall’istituzione delle cattedre disciplinari e
dei vari concorsi per l’insegnamento universitario (Benci L., 2005). La Legge n° 43/2006 art. 6
contiene disposizioni molto importanti ai fini di
questa trattazione, stabilisce l’articolazione del
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Fuori Focus - 59
personale laureato appartenente alle professioni
sanitarie e dichiara possibile l’istituzione della
funzione di coordinamento da parte delle organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche
interessate con relativi criteri d’attribuzione.
Presentiamo ora i presupposti che hanno permesso di approdare alla definizione del profilo
di un operatore socio sanitario (OSS) promosso su tutto il territorio nazionale. Dalla metà
degli anni settanta si è registrata la tendenza ad
affidare i compiti di assistenza infermieristica
esclusivamente all’infermiere. Nel 2001, nasce
una figura di supporto dell’assistenza sanitaria e
sociale, che sarà introdotta nelle organizzazioni.
La necessità di avere l’OSS è in relazione a molteplici motivi legati sia a situazioni tendenti ad
un uso ottimale delle risorse, alla valorizzazione
dei professionisti, che hanno accresciuto le loro
conoscenze ed il patrimonio cognitivo attraverso
l’avvento della formazione universitaria, sia per
la carenza di personale infermieristico, sia per
motivi economici.
L’OSS nasce come evoluzione di altre figure di
supporto; con il provvedimento della Conferenza Stato-Regioni 22 febbraio 2001 sono stati definiti sia il profilo professionale sia l’iter formativo. Da ultimo, registriamo il recente Decreto
Legge n° 402 del 12/11/2001, convertito in Legge il 08/01/2002 dove demanda al Ministro della Salute di regolamentare con decreto le figure
“di operatori professionali dell’area sanitaria da
formare attraverso corsi a cura della regione” .
Per quanto riguarda l’ampliamento del contesto
60 - Fuori Focus
operativo, il provvedimento della Conferenza
Stato-Regioni, specifica che l’OSS svolge la sua
attività sia nel settore sociale sia in quello sanitario, residenziale e semiresidenziale, in ambiente
ospedaliero e a domicilio dell’utente. L’OSS,
rispetto agli altri operatori di supporto all’assistenza, non è più un puro esecutore di ordini, ma
ha degli spazi di autonomia. Nel profilo si parla
di “proprie aree di competenza” e sono elencate le principali attività previste usando sia verbi
che indicano attività autonome (assiste, realizza,
cura, mette in atto...), sia verbi che indicano collaborazione con il personale sanitario e sociale
(coadiuva, collabora, concorre...).
Il 22/10/2002 la Direzione Generale Sanità ha
sottoscritto con le OO.SS. Regionali un accordo
riguardante “L’inserimento lavorativo del personale con qualifica di OSS” richiamando le prime linee guida elaborate dall’Osservatorio delle
Professioni Sanitarie, nelle quali si prevedeva,
come intervento per fronteggiare la carenza di
personale infermieristico, l’inserimento degli
OSS. L’accordo sindacale succitato presumeva
inoltre sperimentazioni aziendali orientate a definire modelli assistenziali nei quali trovassero
giusta collocazione agli OSS. L’Osservatorio
delle Professioni Sanitarie coinvolto fin dall’inizio, è stato chiamato ad elaborare le prime
indicazioni per l’inserimento di questa figura.
Queste sono state oggetto di confronto con le
OO.SS. Regionali ed i Collegi IPASVI. Lo specifico documento elaborato per l’attribuzione all’OSS di compiti funzionali ai processi di lavoro
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
infermieristici, divenne il quadro di riferimento.
L’impiego dell’OSS, essendo un operatore di
supporto all’assistenza, sarà prevalentemente rivolto al supporto infermieristico; dal canto suo,
l’infermiere, ha la responsabilità della gestione
dell’assistenza, “identifica i bisogni di assistenza
infermieristica della persona e della collettività e
formula i relativi obiettivi, pianifica, gestisce e
valuta l’intervento assistenziale infermieristico”
e, per l’espletamento delle funzioni “si avvale,
ove necessario, dell’opera del personale di supporto” (DM 739/94). Per l’attribuzione di attività all’OSS, non è possibile definire un rapporto
di delega dell’infermiere nei confronti di questo,
poiché risulta inadeguato; all’OSS si affidano azioni e non processi essendo responsabile
esclusivamente della corretta esecuzione delle
stesse. Affinché l’integrazione fra infermiere ed
OSS sia efficace, è indispensabile che vi siano
il reciproco rispetto delle proprie competenze,
l’assunzione delle responsabilità relative al ruolo, le aspettative personali e professionali raggiungibili e gli strumenti organizzativi e chiare
disposizioni operative. Il conseguimento di tale
scopo comporta un miglioramento della qualità
dei servizi erogati, dell’organizzazione del lavoro, del clima organizzativo e l’ottimizzazione
nell’impiego delle risorse.
ci aiuta meglio a comprendere come agire nei
diversi e distinti ambiti di discrezionalità che la
quotidianità professionale ci propone, come porsi nella relazione infermiere/persona nel rispetto
dell’autodeterminazione della persona assistita e
dei suoi valori, come vivere e interagire nel team
professionale, come affrontare situazioni problematiche o dilemmi etici singolarmente o con
altri professionisti, come approfondire le norme
dettate dal Codice Deontologico e assimilarle
in maniera tale da tramutarle in comportamenti professionali spontanei e attenti alla persona.
Il “prendersi cura” è agito attraverso la strutturazione di una relazione empatica e fiduciaria
soprattutto quando l’assistito vive momenti difficili, diviene “più fragile”, e perciò ancora più
bisognoso d’aiuto e sostegno.
La responsabilità del prendersi cura della persona si riflette anche nell’art. 5 del Codice “il
rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei
principi etici della professione è condizione essenziale per l’esercizio della professione infermieristica”. I principi etici sono delle guide per
compiere decisioni e si focalizzano sulla formazione di giudizi morali nella pratica professionale. Essi affermano, in genere, che le azioni di
un cero tipo dovrebbero (o non dovrebbero) essere compiute e servono a giustificare le regole che
spesso sono osservate nell’assistenza al paziente.
I principi etici del prendersi cura della persona assistita
Il valore della riflessione etica come elemento
per un corretto approccio all’assistenza infermieristica è indispensabile per porre al centro
del processo il paziente, per fornire un’assistenza personalizzata e per assicurare la libertà delle
scelte e dei valori della persona, e dove il professionista si assume le responsabilità del suo agire. Secondo una prospettiva etico professionale,
l’elemento sostanziale in grado di fornire un valore aggiunto nella qualità dei servizi alla salute
è rappresentato sempre e in ogni caso dall’uomo e dalla sua coscienza. La dimensione etica
riguarda, infatti, l’essere umano, l’essere infermiere e, solo successivamente, l’agire in quanto
professionista.
Lo scopo dell’etica è la conoscenza delle regole
che devono presiedere i rapporti tra l’individuo
e la società, affinché l’uno e l’altra possano convivere nel rispetto reciproco (Peroni A., Zanini
MP., 2007). Nello specifico professionale l’etica
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
Fuori Focus - 61
Alcuni principi fondamentali per la pratica infermieristica sono la beneficenza e non-maleficenza, l’advocacy, la competenza, la cooperazione ed il caring. Servirsi di questi principi,
coinvolgendo anche il personale di supporto,
può significare sia aiutare gli altri a ottenere ciò
che per loro è giovamento, sia/oppure comportarsi in modo tale da prevenire o ridurre i rischi
di nuocere al paziente. L’advocacy è spesso definita come il supporto attivo dato a una causa
importante. È utilizzato per descrivere la natura
del rapporto infermiere-paziente. In letteratura
esistono numerose interpretazioni di advocacy
(Fry ST., Johnstone MJ., 2004). Una di queste,
detta modello di tutela dei diritti, vede l’infermiere come il difensore dei diritti del paziente
all’interno del sistema sanitario-assistenziale.
Nel suo ruolo di advocate, l’infermiera considera per prima cosa i valori umani fondamentali e
in seguito agisce in maniera atta a proteggere la
dignità umana, la privacy e le scelte. Il concetto
di competenza è costituito da due attributi fondamentali: la capacità di rispondere e la responsabilità. La competenza è un concetto etico importante perché la pratica infermieristica implica
un rapporto tra infermiere e persona assistita. La
cooperazione è un concetto che comprende la
partecipazione attiva con gli altri per prestare ai
pazienti un’assistenza di qualità, essenziale per
il benessere del paziente.
La responsabilità etica dell’infermiere e la responsabilità professionale per la qualità dell’assistenza non vengono meno perché uno o
più compiti assistenziali sono stati attribuiti al
personale di supporto. Nel rapporto infermierepaziente viene assegnato un importante valore
al concetto etico di caring, e i comportamenti
orientati al caring sono spesso considerati fondamentali per il ruolo dell’infermiere. Il rapporto infermiere-paziente è di natura “speciale”,
poiché determinato dalla necessità del paziente
di assistenza infermieristica. Il caring può essere
definito come una forma di coinvolgimento con
gli altri che crea un interesse in merito a come
le altre persone avvertono il mondo che le circonda.
Tutto questo richiede “sensibilità, capacità di relazione e coinvolgimento così come capacità di
dare assistenza, conoscenze e abilità”. Il concetto di caring è stato sancito come principio basilare per un’etica infermieristica che protegga e
rafforzi la dignità umana dei pazienti che ricevono assistenza sanitaria (Fry ST., Johnstone MJ.,
62 - Fuori Focus
2004). L’enorme ampliamento concettuale della
prospettiva professionale, ha provocato in molti
casi, una sorta di destabilizzazione degli assetti
professionali e delle capacità dei singoli di inserirsi in questo scenario. È necessario quindi migliorare la propria responsabilità e contribuire a
migliorare l’intero sistema, proponendo soluzioni innovative a partire dalla propria esperienza.
La deontologia e gli strumenti professionali
Nell’attività assistenziale quotidiana alla persona, alla famiglia ed alla collettività è necessaria
un’integrazione delle diverse figure professionali ai vari livelli organizzativi che condividano gli obiettivi di salute ed ogni servizio deve
essere integrato al fine di aggiungere valore alle
professioni sanitarie. L’assistenza infermieristica necessita di un aggiornamento che la renda
consapevole, responsabile ed etica, oltre che tecnicamente molto avanzata.
La deontologia sanitaria contempla i doveri degli operatori sanitari e detta le norme di comportamento inerenti all’esercizio della professione
stessa: i rapporti col malato, con i colleghi e con
la società. In campo sanitario, quindi, l’infermiere non è più “l’operatore sanitario” dotato di un
diploma abilitante, ma il professionista sanitario
responsabile dell’assistenza infermieristica, che
assiste la persona e la collettività in una logica
olistica attraverso la conoscenza, le competenze
ed abilità.
La deontologia professionale deve andare di
pari passo con le caratteristiche etiche specifiche della professione, essendo quella sanitaria
una professione che ha a che fare con la salute,
il carattere umanitario diventa prevalente e, dunque, l’attenzione etica rappresenta non solo un
presupposto, ma anche una garanzia di qualità
della prestazione professionale.
Lo scopo prioritario di un Codice Deontologico
è quello di guidare il comportamento del professionista nel proprio agire quotidiano e di dichiarare ai cittadini cosa attendersi dal professionista
stesso. Gli elementi del codice si possono racchiudere in alcune componenti fondamentali nella professione infermieristica che comprendono
norme di condotta deontologica da rispettare.
L’infermiere e la persona: le norme dell’agire
professionale definiscono i principi guida che
strutturano il sistema etico in cui si svolge la relazione con la persona assistita. L’infermiere nella relazione che realizza con interventi specifici,
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autonomi e complementari, di natura intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale
ed educativa, opera per le persone che ne hanno
bisogno, creando delle condizioni affinché i diritti, i valori, la fede religiosa, le consuetudini e
la famiglia siano rispettati
L’infermiere e la pratica; l’infermiere tramite
l’aggiornamento e la formazione continua arricchisce le sue conoscenze professionali. Attraverso la sua condotta personale deve onorare la professione e mantenere la fiducia della collettività
verso la professione infermieristica.
L’infermiere e la professione: l’infermiere è l’attore principale nella definizione ed applicazione
delle norme per la pratica assistenziale, per la
gestione, la ricerca e l’insegnamento dell’assistenza infermieristica.
L’infermiere e le altre figure professionali: nella
quotidianità del lavoro tra colleghi e con gli altri operatori l’approccio dell’infermiere è basato sulla collaborazione, sulla valorizzazione del
lavoro d’équipe e sulla tutela della dignità propria e dei colleghi, assumendo comportamenti
ispirati al rispetto ed alla solidarietà.
L’infermiere e l’organizzazione: i cambiamenti
organizzativi negli ultimi anni con lo scopo di
ottimizzare, semplificare, razionalizzare hanno
mutato l’organizzazione, le professioni e le prestazioni.
L’infermiere ed il rapporto con il Collegio: il
Codice Deontologico disciplina anche il rapporto tra il professionista sanitario ed il Collegio
provinciale cui appartiene, disponendo l’obbli-
go deontologico alla segnalazione di tutte quelle situazioni che limitano la qualità delle cure e
dell’assistenza e o il decoro dell’esercizio professionale.
Sempre negli articoli del Codice Deontologico si
rileva il vincolo che si deve instaurare tra il professionista ed il Collegio per rafforzare il senso
di appartenenza dell’infermiere alla comunità
professionale. E’ attraverso le norme del Codice
Deontologico che si manifesta l’impegno per un
“saper essere” ad elevata valenza etica, per “un
saper assistere” ad alta valenza professionale
(Silvestro A., 2009).
L’emotivita’, elemento essenziale nel processo
assistenziale
L’infermiere e, di recente istituzione, anche
l’OSS hanno un ruolo ed un’identità che sono
state attualizzate nella loro complessità.
L’infermiere ha una precisa responsabilità verso
i cittadini e si connota per una specificità, che è
l’assistenza globale e personalizzata. L’OSS è di
supporto nella realizzazione del processo assistenziale assicurando lo svolgimento di precisi
compiti.
Queste professioni richiedono un equilibrio
psicoemozionale, ovvero la maturità personale,
sociale, culturale e l’attitudine ad essere disponibili verso gli altri. Le cure infermieristiche,
naturalmente fondate sulla comprensione dei bisogni assistenziali, hanno più di altre professioni
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Fuori Focus - 63
sanitarie, la peculiarità di poter meglio raggiungere l’individualità dell’uomo. Hanno frequenti contatti con la persona con la quale, oltre a
comunicare, interagiscono in termini di caring
psicodinamici.
L’infermieristica è una disciplina pratica in
quanto si prefigge di rispondere al bisogno di
assistenza del cittadino, ma proprio per questo,
non può prescindere dallo studio e dalla conoscenza della persona assistita, con la sua storia,
la sua cultura, ma anche con le sue aspettative,
perseguendo l’obiettivo dichiarato di comprendere l’altro per rispondere ai suoi bisogni assistenziali con efficacia, efficienza, adeguatezza e
rispettosità. Il bisogno di assistenza infermieristica è di per sé un fatto relazionale che è segno
dell’unicità, dell’irripetibilità e dell’insondabilità oltre che dell’autodeterminazione della persona umana (Manara DF, 2000).
Nell’incontro tra operatore e paziente è indispensabile che l’infermiere divenga sensibile
non solo ai valori e agli stili di vita espressi dal
malato, ma allo stesso significato culturale delle
proprie pratiche e convinzioni. È necessario un
approccio olistico, condiviso dall’antropologia e
dal nursing, che non può focalizzarsi sull’indi-
64 - Fuori Focus
viduo senza considerarlo come immerso in un
contesto ambientale, sociale e culturale (Cozzi
D., Nigris D., 2003). In un’epoca in cui la competenza tecnica ha assunto una considerevole
importanza, secondo Buber, ciò che costituisce
l’essere umano, è il dialogo. Egli definisce l’
“intuizione” dell’altro per indicare una relazione
in cui l’altro diventa “presenza”: la condizione
di bisogno evidenzia la necessità di un autentico
atteggiamento dialogico in cui i partecipanti attivano una vivente reciprocità.
Molti autori hanno posto l’attenzione sulla natura relazionale dell’assistenza infermieristica
ed in particolare quella di caring che facilita
nella persona una crescita personale armoniosa
(Watson, 1979). Buber ritiene che questo tipo
di relazione faccia appello all’entità dell’essere
e rappresenti una relazione “da uomo a uomo”
che fa luce sull’unicità della persona. Secondo
Buber, la qualità della presenza e l’apertura di
ogni operatore nella relazione che si manifesta
con l’”essere con”, permette una profonda comprensione di sé e dell’altro (nella sua globalità e
totalità).
Tutto lo sviluppo personale è contrassegnato
dall’aspirazione verso il Tu e soltanto essa dà
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consistenza all’Io e ne promuove la crescita;
qualora si dimenticasse o si trascurasse questa
dimensione, si rinuncerebbe alla propria umanità, alla piena consapevolezza di sé stessi, poiché
attraverso l’apertura all’altro la persona coglie la
propria vera natura ( Ducci E., 1979).
Cara sostiene che il caring sia l’essenza della disciplina infermieristica e, per questo motivo, è
necessario che sia presente in tutti i campi d’attività ed anche nella ricerca. La relazione professionale d’aiuto è uno strumento per il processo
assistenziale, è un rapporto dinamico che si fonda sull’interazione-scambio tra due o più persone di cui una è in difficoltà (Rogers). E’ centrata
sulla persona con lo scopo di restituirle la maggiore autonomia e benessere possibile.
Caratteristiche della relazione d’aiuto sono: la
fiducia, l’empatia, il calore, l’interessamento,
l’accettazione e l’autenticità, l’autonomia e la
reciprocità. I valori umanistici sono al centro
della cura come base dell’esperienza dell’ “essere con” la persona assistita, ritenendolo come il
nucleo dell’esperienza dell’essere con il paziente. Il coinvolgimento dell’infermiere e dell’OSS
insieme alla persona assistita si evince dalla
loro disponibilità a mettere in gioco la globalità
del loro essere per poter “sentire” i bisogni non
espressi della persona assistita. L’incontro poggia sui così detti “gesti di esplorazione” e risulta
tanto più efficace tanto più in esso gli operatori
sanitari ravvisano gli elementi che caratterizzano l’utente.
Secondo le antropologhe Els van Dongen e
Riekje Elema (2001) il nursing è “un’arte di toccare”, poiché l’efficacia del tocco è centrale. Il
tocco riveste un doppio significato, l’intreccio
non separabile, fra un aspetto tecnico e una dimensione emozionale. Il lavoro infermieristico,
infatti, ha a che vedere con gli aspetti più prosaici dell’aver cura dei corpi altrui: alimentarli,
lavarli, aiutarli a muoversi, stare loro accanto
mentre muoiono…Questi aspetti della relazione
intercorporea sono oggi al centro della ricerca
antropologica sull’attività del nursing.
Per Egan (1972), l’empatia è un’abilità di notevole importanza che implica il saper stare con
gli altri, mostrare una presenza professionale e
sviluppare le capacità comunicative di base che
possono essere apprese. Attraverso l’empatia, la
persona è messa nella condizione di autopercepirsi in modo reale, di autovalutarsi e, all’occorrenza, iniziare la propria intima e consapevole
modificazione (Pati L., 2000). Per l’infermiere e
l’OSS, il ruolo di advocacy è sinonimo di persona “risorsa”, di confidente del paziente e dei suoi
familiari, punto di riferimento e persona su cui
contare per il recupero dell’autonomia.
Conclusioni
Il processo di trasformazione in atto in questi
ultimi decenni ha richiesto nuovi modelli organizzativi e la ridefinizione dei ruoli dei diversi
soggetti coinvolti nella relazione di cura.
Senz’altro è cambiato il ruolo del paziente, non
più destinatario di interventi decisi ed attuati
nel suo interesse ma unilateralmente scelti dal
medico, bensì è riconosciuto come titolare di un
incomprimibile diritto all’informazione e alle
scelte sulle cure ed è parte attiva del processo
decisionale.
Si modifica anche il ruolo dell’infermiere, non
più operatore sanitario chiamato ad assolvere
compiti rigidamente definiti da un mansionario, e in rapporto di subordinazione gerarchica
rispetto al medico, bensì professionista sanitario, investito di competenze clinico-assistenziali
complementari ma specifiche, e in relazione a
queste, di un’ampia gamma di interventi nella
cui attuazione opera autonomamente rispetto al
medico, assumendosene appieno la responsabilità, prima di tutto nei confronti dell’assistito
con cui entra direttamente in relazione (Borsellino P., 2009).
L’infermiere, in funzione della sua specifica
responsabilità professionale, con la sua ricca
dimensione relazionale, educativa, negoziale
deve essere il promotore/sostenitore del cambiamento. Se vogliamo umanizzare l’assistenza nel
contesto di una medicina altamente tecnologica,
dobbiamo fronteggiare la tecnologia, cioè essere
in grado di criticarla, non vedendo in essa la risorsa fondamentale per il recupero della salute e
per la tutela della dignità della persona.
Come antidoto a questa visione puramente tecnica e del potere, dobbiamo riscoprire la capacità di “ascoltare con il cuore” il significato di
salute/malattia di ogni persona a cui prestiamo
assistenza.
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* coordinatori infermieristici, presidio ospedaliero di Manerbio Leno.
** responsabile UPS, presidio ospedaliero di
Manerbio Leno.
*** Direttore SITRA Azienda ospedaliera Desenzano del Garda.
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NonSoloLibri
Uno su due
a cura di Piera Baiguera
F
ilm di Eugenio Cappuccio.
Con Fabio Volo, Ninetto Davoli, Giuseppe Battiston, Tresy Taddei,
Agostina Belli. Italia 2006
La storia di questo film non è particolarmente
originale, ci racconta di qualcosa che purtroppo
capita nella vita e di poco piacevole, ammalarsi
improvvisamente, avere paura che tutto finisca,
scoprire che non c’è riscatto, eroismo, capire che
se sei “stronzo” nella vita di ogni giorno, lo sei
anche nella malattia, rendersi conto che esistere
è solo una maledetta roulette ( “uno su due ce la
fa” dirà qualcuno nel film). Così essere solidali e
compassionevoli per qualcuno è difficile, l’egoismo è messo a nudo anche nella malattia.
Nel film Lorenzo Maggi è un avvocato ( Fabio
Volo lo interpreta in modo ispirato), vive e lavora a Genova a ritmi sostenuti, vuole tutto e subito e se è necessario anche senza farsi scrupoli di
ordine etico o morale.
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
NonSoloLibri - 67
Ha lasciato dietro sé fingendo di dimenticare,
un’origine modesta ed umile di cui si vergogna,
suo padre faceva il portinaio, tiene a distanza
affetti e scrupoli, lanciato come è in un riscatto sociale che lo coinvolge a tutto tondo. Anche
lo spazzolino da denti della fidanzata semiconvivente, viene maldestramente fatto sparire dal
bagno, se il nostro avvocato ha da ricevere altre
donne, specialmente se promettono successo e
facili affari.
Amico e socio di studio è Paolo (Giuseppe Battiston è bravissimo in questo ruolo!) molto più
scrupoloso e attento di Lorenzo alle regole , alle
leggi e alle persone, ma forse proprio perché
amici da tanto tempo si lascia “trascinare” dai
modi poco ortodossi dell’amico-collega.
Una mattina all’uscita dal tribunale dopo una
causa vinta, (ma chissà se l’assistito era davvero innocente?) Lorenzo crolla svenuto in mezzo
alla strada. Soccorso viene ricoverato e sottoposto ad una biopsia per capire che cosa non va nel
suo cervello, di che cosa si tratta.
Saranno i giorni più neri, difficili, in attesa del
referto, ma anche della convivenza con gli altri
pazienti, con le regole e le abitudini dell’ospedale che il nostro protagonista mal sopporta.
Accanto a lui un camionista “ignorante” che non
può certo aiutarlo nella sua carriera o procurargli
guadagni, questa persona calma che si comporta
come se fosse a casa sua, fa dello spirito, è amichevole con lui, Lorenzo non lo “regge”, respinge e rifiuta l’altro perché respinge e rifiuta il se
stesso malato. Ma piano piano il racconto della
malattia dell’altro, una cicatrice molto più grande della sua in testa, gli alti e bassi delle terapie
a cui si sottopone da anni per resistere al male,
iniziano a cambiare qualcosa in lui; le certezze,
le priorità lentamente si sfaldano, si confondono, cambiano d’ordine.
Il pensiero che possa finire è pulsante, presente,
palpabile e sovrasta tutto, viene voglia di mandare a quel paese feste, conti in banca e bella
gente. Sembra facile e banale a questo punto fare
il riesame della propria vita e dei propri valori,
ma non è detto e fatto nel film. Non vengono
censurati limiti e debolezze umane, di nessuno.
Di Lorenzo che vorrebbe tornare ad “azzannare”
la vita come prima; di Giovanni (il camionista
interpretato da un maturo e bravisssimo Ninetto
Davoli), che anche lui ha parecchi scheletri nell’armadio!
La vita del nostro avvocato cambia quando è dimesso dall’ospedale in attesa del responso, guar68 - NonSoloLibri
da intorno a sé in modo diverso e comincia, lui
che non lo ha mai fatto, ad occuparsi con meno
egoismo degli altri; della fidanzata a cui comunque non è molto legato, della sorella che vede
molto raramente, del socio-amico cui ha sempre
imposto i suoi metodi negli affari ai limiti spesso
dell’illecito.
Nell’attesa di questo referto-biopsia, quasi tutto
il film “gira” su questa attesa, c’è un viaggio che
Lorenzo fa per il suo amico camionista, ma anche per se stesso; ritovare la figlia di Giovanni e
farli incontrare prima che sia troppo tardi. Proprio il bisogno finalmente di una buona azione
che valga a riscattarlo, diventa energia per il suo
spirito, forza e capacità di affrontare l’esito della
biopsia e sperare in un futuro diverso. E’ molto cambiato, il timore e la paura della malattia
e della morte, mai provato prima, trasformano
l’uomo cinico e ne fanno una persona diversa e
benevola.
Il film è ambientato in una Genova dall’atmosfera a tratti nebbiosa, invernale, quasi attutita,
obnubilata, color grigioferro, ma che sa regalare
anche tramonti struggenti e in Umbria, dove il
paesaggio dolcissimo invita a meditare e a ritrovarsi.
La bellezza e la qualità di questo film è tutta
nelle sfumature sottili, nella verità delle cose che
si dicono i personaggi a volte in modo crudele, a
volte goffo o impacciato, ma sincero.
La bellezza è nell’intensità di tutte le interpretazioni dalla prima all’ultima e nella mancanza di
ogni retorica.
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Narrare la malattia. Narrazione, clinica e
dialogo fra psicoanalisi e biomedicina
a cura di Carla Noci
A
lessandro Guidi e Giuseppe Ricca (a cura di) Editrice Clinamen (2010)
Ho iniziato a sfogliare questo libro con grande
curiosità e con l’interesse di chi ama il tema della narrazione. Sapendo poi che uno dei curatori
e la maggior parte degli autori del volume sono
professionisti che operano nell’Università degli
Studi di Brescia, ho, a maggior ragione, immediatamente iniziato a leggere le prime pagine.
Un poco intimidita da una introduzione il cui
senso non mi è parso immediatamente chiaro,
probabilmente per la mia scarsa dimestichezza
nei confronti del linguaggio psicoanalitico, non
mi sono però scoraggiata ed ho iniziato ad avventurarmi nei successivi capitoli che costituiscono, appunto, le molteplici “narrazioni” con le
quali gli autori hanno parlato, ciascuno a modo
proprio, della malattia.
In realtà questo testo rappresenta un ottimo esempio di come, e in quanti modi diversi, sia possibile affrontare il tema della malattia, offrendo al
lettore un percorso esplorativo che ciascuno può
compiere seguendo un proprio itinerario, secondo i personali interessi.
Alcuni autori hanno, per esempio, esplorato la
dimensione storica del tema, ricordandoci che
fin dall’antichità si è parlato di malati e di malat-
Tempo di Nursing 58-59/2011 Collegio IP.AS.VI di Brescia
NonSoloLibri - 69
tie. Esistono malattie che hanno lasciato tracce
nella storia (la lebbra, le grandi “pestilenze”, la
sifilide), storie di rimedi e farmaci; ci sono storie
di malati e malati nella storia.
Le prospettive sono molte, così come i linguaggi possono essere i più diversi: la letteratura, il
teatro, la musica, le arti figurative. Fin dai tempi
antichi molte forme espressive hanno affiancato il linguaggio della scienza per descrivere ciò
che la malattia rappresenta per gli esseri umani:
la sofferenza, il dolore, la paura della morte, lo
strazio di una perdita, il furore contro un destino
che sottrae, attraverso la malattia, persone amate
o energie vitali.
Alcuni autori hanno dato voce direttamente ai
malati da loro curati. Ne emergono pagine di
diario che, con le parole della quotidianità, raccontano come sia difficile per un malato, includere nel proprio orizzonte di vita una patologia
che lo obbliga a fare i conti con organi che, per
una misteriosa ragione, iniziano a non funzionare più e lo rendono schiavo di una macchina per
la dialisi, oppure di una angosciata attesa per un
trapianto.
C’è, fra gli altri, anche il contributo infermieristico che l’autrice, Emma Carli, ha voluto connotare
attraverso la presentazione di casi emblematici.
Dalla necessariamente sintetica descrizione dei
dati anamnestici, emergono elementi di grande
rilevanza sia oggettiva, sia soggettiva rispetto al
“come” viene affrontata la malattia da chi ne è
affetto. Questi elementi, raccolti dagli infermieri
attraverso l’ascolto e l’osservazione, orientano
la loro operatività per offrire cura e sostegno a
coloro che non hanno la forza, o le conoscenze,
o la possibilità di reagire alla condizione patologica. E, laddove non sia possibile fare altro,
ribadiscono l’importanza dell’essere accanto
alla persona che sta concludendo la propria vita,
semplicemente accompagnandola e non lasciandola sola negli ultimi istanti.
Raccontare il proprio lavoro come professionista sanitario è un esercizio apparentemente
facile ma, in realtà, assai complicato, perché si
rischia di scadere nella retorica o nei luoghi comuni. Ma dentro i racconti di un malato, di una
infermiera, di un medico, ci sono parole di vita
vissuta, atmosfere dense di ricordi, richiami a
ciò che si deve sapere perché la professione lo
richiede, e silenzi rispetto a ciò che non si sa o
che può essere detto solo dai gesti o dalla vicinanza solidale.
Il tentativo di narrare la malattia è, per tutti,
70 - NonSoloLibri
un’impresa assai difficile, perché le parole con
cui la si descrive rischiano di mostrarne solo gli
aspetti più riconoscibili, ma anche di omettere
quelli più sfuggenti ed elusivi.
Forse l’unico modo possibile è davvero quello
di usare, come è stato fatto in questo testo, un
coro di voci differenti, le sole in grado di rendere
evidenti le molteplici prospettive attraverso cui
si può affrontare un problema che, nell’esistenza
umana, prima o poi coinvolge tutti, curanti o destinatari delle cure.
Solo così ragione e scienza, sentimenti e conoscenze, riflessioni e pensieri affidati alla narrazione ed all’ascolto possono permettere di “sostare”, come ricordato dal contributo di Paola
Manfredi, accanto alle proprie emozioni, mantenendo il contatto con la nostra interiorità angosciata dal mistero del dolore e della sofferenza.
Appare allora più chiaro, nella seconda parte del
libro dedicata al rapporto fra narrazione e psicoanalisi, il grande valore sia speculativo, sia
applicativo, di un nuovo modello di scienza che
consenta di uscire dalla pretesa “oggettività” del
paradigma bio-medico.
Restituire voce a coloro che, come curanti o come
curati, praticano la medicina o patiscono la malattia, ricompone quella circolarità positiva che
troppo spesso l’artificio della distinzione rende
separati e contrapposti. Chi cura avvalendosi
della scienza e della tecnica non può dimenticare
il limite dell’attività terapeutica, rifiutandosi di
accogliere ciò che solo chi è malato può dire con
precisione. E lo stesso curante, raccontando la
propria esperienza, in cui si alternano sentimenti
di potenza e di crisi, di esaltazione e di sconfitta, trae beneficio dalla narrazione, in quanto
torna a porsi gli interrogativi fondamentali che
stanno all’origine della sua professione. Perché,
come insegna l’antica mitologia greca, maestro
dell’arte della cura non è colui che è sano, ma
chi è testimone della propria ferita, Non a caso la
mitologia greca assegna al centauro Chirone la
facoltà di insegnare la medicina, perché solo un
guaritore ferito, ossia colui che non può guarire
se stesso, può conoscere l’oscuro linguaggio del
corpo vivente, nel quale si incarnano la vita, la
salute, la malattia.
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Sezione - 71
Sul prossimo numero
Il prossimo numero di Tempo di Nursing avrà
come tema centrale i “Dilemmi etici” nell’esercizio professionale. Questo tema è sempre più
attuale in un contesto sanitario, quale quello
odierno, caratterizzato da importanti e rapide
innovazioni tecnologiche; un contesto apertamente “laico e pluralista” dove i soggetti coinvolti ( pazienti, familiari, infermieri, medici…)
possono sostenere differenti visioni morali, tutte
meritevoli di rispetto. I pazienti esigono sempre
maggiore tutela nella difesa dei loro diritti: diritto all’informazione, alla presa di decisione sulle proprie cure, alla riservatezza, alla continuità
delle cure.
Oggi esercitare una buona medicina e una buona assistenza non significa solo portare maggior
beneficio al paziente ma vuol dire innanzitutto
concordare con lo stesso, che è persona autonoma e capace di determinare le proprie scelte, il
piano di cura e di assistenza.
La pratica quotidiana dell’assistenza infermieristica è spesso caratterizzata da situazioni in cui
l’Infermiere è chiamato ad effettuare scelte, a
prendere decisioni cliniche in cui entrano in gioco importanti valori morali e principi etici.
Invitiamo quindi tutti i Colleghi che lavorano in
prima linea in Ospedale, nelle RSA, sul territorio o in altri contesti assistenziali, coloro che si
occupano della formazione dei futuri infermieri, coloro che hanno un ruolo nei Comitati Etici
Aziendali a condividere con tutta la “Comunità
Infermieristica” la loro esperienza.
72 - Sezione
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