Perché non riesco a rimanere incinta?

Transcript

Perché non riesco a rimanere incinta?
Marco Maio
PERCHÉ NON RIESCO
A RIMANERE INCINTA?
Dall’infertilità al concepimento
attraverso un cammino di psicoterapia
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INDICE
Introduzione
Marco Maio
Perché non riesco a rimanere incinta?
Dall’infertilità al concepimento attraverso un cammino di psicoterapia:
Collana: Vie olistiche alla Psicoterapia
diretta da Marco Maio e Mirko Carollo
Comitato scientifico: Giosiana Carrara, Stefano Carta, Gualtiero
Harrison, Ivano Spano
Comitato redazionale: Stefano Baratta, Mirko Carollo, Marco
Maio, Deborah Molli, Roberto Onofrio
© Proprietà letteraria dell’Autore
© Impaginazione e grafica, InSedicesimo, di Delfino & Enrile Editori snc
Cura redazionale di Massimo Angelini
Stampa: InSedicesimo
marchio editoriale di Delfino & Enrile Editori snc
via Giovanni Scarpa, 10 r. - 17100 Savona
[email protected] - 019.811800
1aedizione: Febbraio 2017
In copertina: disegno di Marco Loi
Isbn 978 88 99866 13 6
PARTE I . LE BASI ARCHETIPICHE DELLA MATERNITÀ
La donna concepisce con la testa
L’incidenza dei fattori psicologici sulla sterilità
L’archetipo del concepimento
L’immagine della donna
La fecondazione e l’orgasmo
L’erotismo femminile
La donna tecnologica e gli dèi: il destino di un archetipo
PARTE II . LA STANZA DEI POTERI
Aspettando un sogno, un invito
Perché non riesco a rimanere incinta?
Il linguaggio del corpo
Lo stregamento
Il seno buono e le fragole
Il rapporto con gli uomini traditori
La vergogna
Il colore rosso
Il sogno della forza paralizzante
- scheda n. 1. Il sogno come autorappresentazione inconscia di sé
Lo specchio
Musica
- scheda n. 2. Tappe psicosomatiche del femminile
Il matrimonio interiore
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Iniziazione femminile
L’intestino e la scarica pulsionale
- scheda n. 3. L’utero: attaccamento e nutrimento
Controtransfert
Incinta
Allagamento
L’aborto
Castrazione e impotenza
Il recupero del paterno positivo
Il dolore non celato
- scheda n. 4. L’utilizzo attivo dei sogni
La sacralità della gravidanza
Il filo rosso
- scheda n. 5. Il tema archetipico del conflitto tra sorelle
L’uomo del treno
- scheda n. 6. L’incontro con l’Animus
La Madonna senza il bambino
- scheda n. 7. Dall’identificazione dell’Io alla coscienza dell’Io
I due terapeuti
Una trasformazione psicosomatica
L’infertilità e l’anima nella tecnica
- scheda n. 8 . Check list
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Bibliografia
Ringraziamenti
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PARTE III . CONOSCI TE STESSA
Traccia di lavoro
La meditazione sulla lettera M
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PERCHÉ NON RIESCO A RIMANERE INCINTA?
Marco Maio
Aspettando un sogno
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INTRODUZIONE
I
l libro si compone di tre parti.
La prima parte è la discussione piuttosto approfondita delle cause psicologiche dell’infertilità e degli aspetti che
concorrono nell’influenzare la fecondazione. Ho affrontato il
tema dell’erotismo femminile per dimostrare la sua centralità
nello sviluppo psicologico della donna e il suo legame con la
fecondità. Ho individuato l’origine dello stereotipo che vuole
la donna “passiva” e l’uomo “attivo”, da cui discendono tutti
gli altri stereotipi di genere. Infine, ho analizzato il fenomeno
della fecondazione artificiale per quello che rappresenta nella
psiche collettiva, il frutto di una frammentazione e il ritorno
ad antiche credenze mitiche.
La seconda parte è la descrizione di un percorso analitico con
una donna, Marta, che soffre di sterilità. Dopo diversi tentativi
di fecondazione artificiale la donna, intuendo qualcosa, decide di provare a sbloccare la situazione con una psicoterapia
del profondo.
Ho riportato i sogni e i conflitti che vengono fuori di seduta
in seduta, le parole dette e quelle non dette, o per meglio dire
espresse attraverso il corpo. Si tratta di un caso esemplare,
dove si possono trovare molti temi in comune con altre donne
che hanno difficoltà a concepire. La descrizione del percorso
analitico è intervallata da alcune Schede dove ho approfondito gli aspetti focali della sterilità in chiave psicosomatica.
La lettura delle schede non sono necessarie per seguire lo
sviluppo della storia di Marta; suggerisco pertanto, a chi non
avesse le conoscenze tecniche adatte, di sorvolare e, nel caso,
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Marco Maio
di riprenderle alla fine del libro.
La terza parte, concisa, è una traccia di lavoro suggerita alle
donne che stanno vivendo delle difficoltà nel concepimento.
I punti di questa traccia sono suddivisi in tre temi: emozioni,
sogni e comportamenti. Ogni punto è uno stimolo di riflessione, un esercizio di immaginazione o un suggerimento pratico
nella vita. Termino con una meditazione guidata sulla lettera
M, di origine cabalistica, ritrovando in essa il significato recondito del diventare “madre”.
Perché non riesco a rimanere incinta?
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Parte I
LE BASI ARCHETIPICHE DELLA MATERNITÀ
La donna concepisce con la testa
L
a parola “concepire” si presta ad un doppio significato:
possiamo concepire un’idea, un pensiero, come possiamo
concepire un figlio. Il fatto che “idea” e “figlio” condividano
uno stesso verbo, “concepire”, sembra richiamare una medesima fantasia inconscia: l’uno e l’altro sono il frutto di qualcosa che avviene nella “testa” oltre che nel corpo.
La fecondazione, ossia l’incontro e la fusione dell’ovulo e dello
spermatozoo è, in effetti, un atto fisico che è influenzato profondamente dalle componenti emotive e psicologiche della
coppia.
Il corpo della donna, in particolare, possiede in potenza la
capacità di favorire o di impedire la fecondazione, attraverso
quattro meccanismi diversi: l’ovulazione, le funzioni tubariche, le cause uterine e quelle vaginali. Questi quattro meccanismi sono modulati dalla mente, per mezzo delle emozioni,
potendo favorire o impedire l’atto del concepimento.
Entriamo in merito a ciascuno di questi quattro meccanismi.
1) L’ovulazione, innanzitutto, può essere bloccata dall’ipotalamo, una struttura del sistema nervoso centrale che controlla,
tra le altre cose, l’attività endocrina. Si può facilmente riscontrare l’incidenza di un intenso stress fisico o emotivo sul ritardo del ciclo mestruale o addirittura sulla sua soppressione
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Marco Maio
(una condizione comune nota come “amenorrea da stress”).
In altri casi, l’ovulo può non venire bloccato ma rimanere immaturo, non crescere, a causa di un’inadeguata secrezione
ipofisaria1 che impedisce una normale azione stimolante sul
follicolo. L’ovulo immaturo non può nemmeno essere fecondato. Infine, nel caso in cui ci fosse pure un’ovulazione normale, l’inibizione ipotalamica potrebbe impedire l’annidamento
dell’ovulo maturo mantenendo difettoso il letto vascolare di
impianto nella mucosa uterina.
Durante ogni ciclo, in altre parole, la donna sembra rispondere più o meno inconsciamente ai compiti della maternità,
col corpo, la mente e le emozioni. “Se davanti all’invito progesteronico alla maternità la donna indietreggia, la funzione
delle gonadi si deprime per evitare di fornire ulteriori cariche
energetiche al conflitto. Così insieme al rifiuto psicologico si
sviluppa una difesa organica, la funzione gonadale viene inibita ed instaurata la sterilità”2.
2) Una seconda categoria di cause psicosomatiche che compromettono la capacità riproduttiva, si esprime attraverso le
funzioni tubariche. La fecondazione e la migrazione dell’embrione fino alla cavità uterina sono condizionate dall’attività contrattile della tuba. I movimenti della tuba spingono
lo spermatozoo verso l’ovulo permettendo la fecondazione
e, successivamente, consentono di trasportare l’embrione
nell’utero fino a immetterlo nella cavità dell’endometrio. La
compromissione di questi movimenti comporta la sterilità. Lo
strato muscolare della tuba presenta una ricca innervazione
terminale, sensibile alla noradrenalina e adrenalina, che re1
2
L’ipofisi è una ghiandola endocrina che è a sua volta collegata all’ipotalamo
(asse ipotalamo-ipofisario) e al sistema nervoso.
MIRAGLIA in PISCICELLI 1979: 266
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agisce alla stimolazione dei nervi perivascolari3. I radiologi
ben sanno con quanta frequenza durante l’isterosalpingografia le tube non si insufflano se la donna esaminata non è stata
preventivamente preparata psicologicamente, rimuovendo
lo stato di soggezione e di ansia, o per mezzo della somministrazione di un tranquillante. È perciò possibile riconoscere
l’esistenza di uno spasmo tubarico psicogeno che può ostacolare il passaggio dello spermatozoo in direzione dell’ovulo,
impedendo la fecondazione.
3) Una terza categoria di cause implica uno stato di insufficienza funzionale dell’endometrio, che impedendo il normale
annidamento dell’embrione rappresenta anche la causa più
frequente di aborto precoce. Anche in questo caso sono coinvolti meccanismi neuroendocrini, emotivi. Altrettanto importanti sono i fattori cervicali, che costituiscono il secondo grande gruppo delle cause uterine di sterilità. Il trasporto degli
spermatozoi viene facilitato da un muco prodotto dalla cervice uterina che protegge, nutre e sollecita la loro motilità4.
Un’insufficienza estrogenica od una prevalente azione progestinica può indurre uno stato di ostilità cervicale che frena
ed ostacola la penetrazione spermatica, anziché favorirla. Di
nuovo, impedendo il concepimento.
4) Infine, la quarta categoria di cause psicosomatiche che possono indurre sterilità, è da ricercare nell’ambiente vaginale.
La muscolatura della vagina è in grado non solo di risucchiare lo sperma, trasportandolo al suo interno per farlo incontrare con l’ovulo, ma è anche in grado di fare il contrario: di
espellere lo sperma depositato. Si è fatta l’ipotesi che questo
meccanismo abbia la funzione, in natura, di permettere alla
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Stessa pubblicazione.
Stessa pubblicazione: 267
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femmina di rifiutare un maschio come padre potenziale anche dopo averlo accettato come partner nell’accoppiamento.
È evidente che questo movimento può non essere sotto il controllo volontario della donna, ma in ogni caso si può ipotizzare un’intenzionalità, anche se inconscia.
Oltre alla muscolatura, esistono altri meccanismi vaginali che
possono impedire agli spermatozoi di raggiungere l’ovulo. La
vagina è un ambiente estremamente acido e ostile, in gradi di
uccidere facilmente gli spermatozoi.
Questi quattro meccanismi possono facilitare l’incontro con
lo spermatozoo, ma anche impedirlo. L’inibizione della fecondazione avverrebbe secondo circuiti nervosi non volontari,
ossia non controllabili dal pensiero cosciente. La regia di questi circuiti è appannaggio del sistema neurovegetativo e neuroendocrino, ossia del sistema psico-emotivo, le componenti
inconsce della donna.
Per queste ragioni, allora, non è sufficiente domandare alla
donna quali siano le sue preoccupazioni o i suoi stress. La risposta che può fornire, deriverebbe dal suo sistema nervoso
centrale, non dal sistema neurovegetativo, dove risiedono le
ragioni del “blocco”. Le risposte del sistema nervoso centrale sono “razionalizzazioni”, hanno ben poco a che fare con le
vere ragioni della sterilità.
È necessario parlare il linguaggio del sistema neuroendocrino e neurovegetativo, che non è quello del pensiero “astratto”
del sistema nervoso centrale. Occorre un linguaggio allusivo,
metaforico, analogico, “parole emotive” in grado di entrare in
rapporto con il comportamento del sistema neuroendocrino.
Il percorso di analisi riportato nella Parte II, è la descrizione
di come il linguaggio possa entrare in rapporto con queste disfunzioni. Vedremo anche come le immagini dei sogni riesco-
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no ad esprimere esattamente il blocco della fecondazione.
Per interpretare il sogno, così come un fatto biografico o una
dinamica relazionale, abbiamo costantemente tenuto insieme
le tre dimensioni esistenziali: la corporeità, nei suoi meccanismi profondi; la psiche, nella sua relazione con il sé interno e
nel rapporto con gli altri; la dimensione simbolica, nell’approfondimento dei temi archetipici connessi alla sterilità.
In questo modo ad esempio è stato interpretato il “sogno
dell’utero” di Marta. Il sogno, descritto e commentato accuratamente nella seconda parte, rappresenta la situazione della
donna in quel momento e allude al suo cammino di crescita
personale verso la possibilità di superare il suo blocco psicosomatico e infine concepire. Il tema archetipico rappresentato nel sogno è il passaggio attraverso dei dolmen, associati all’utero e quindi al concepimento. La prova che si trova
davanti, che non riesce a superare, è quella di “lavarsi”. Solo
purificandosi, dice allusivamente il sogno, può prepararsi ad
accogliere il seme maschile; solo dopo aver risposto con un
sì deciso alla trasformazione di sé, Marta può concepire. Il
“sogno dell’utero” indica che questo passaggio doveva ancora
essere compiuto. Dice però anche che il percorso terapeutico
è accettato nel profondo, che il cammino è nella direzione giusta e che, soprattutto, si era stabilita una comunicazione con
i suoi meccanismi corporei. Il sistema neuroendocrino era
stato “agganciato”, in un certo senso; le parole della terapia,
adesso, potevano avere presa sui meccanismi che la potevano
sbloccare.
L’incidenza dei fattori psicologici sulla sterilità
A
bbiamo visto nel paragrafo precedente che la componente psico-emozionale può incidere sulla fecondazione con
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Marco Maio
gica, un “buttafuori dello sperma”26.
Oggi sappiamo che le barriere protettive poste dall’organo
riproduttivo femminile al passaggio dello sperma, hanno la
funzione di eliminare gli spermatozoi difettosi. Questa è la
ragione per cui in tutti i mammiferi più studiati, quando la
fecondazione avviene in vitro (cioè all’esterno del corpo e
indipendentemente dai genitali femminili) molti embrioni risultano anormali. L’organo femminile non può operare la sua
selezione.
Abbiamo accennato sopra al muco cervicale che funge da
tappo, bloccando il passaggio degli spermatozoi soprattutto
nel periodo dopo l’ovulazione. Il muco svolge anche un’altra
funzione, di tipo selettivo. I sottilissimi canali che separano le
sezioni parallele di muco sono più piccoli dello spermatozoo,
e di conseguenza qualsiasi movimento al loro interno implica
una compressione. In alcuni esperimenti è stato osservato che
il muco si gonfia e si restringe intorno allo spermatozoo. Non
è però ancora chiara la ragione della prossimità degli spermatozoi con il muco cervicale. Un’ipotesi suggerisce che questa
estrema prossimità provochi alcune interazioni necessarie
tra il muco e lo spermatozoo, forse predisponendolo alla fertilizzazione tramite il distacco di certi componenti dalla sua
superficie. Un’altra ipotesi interessante sostiene che questa
prossimità permette di monitorare lo spermatozoo, selezionando quello morfologicamente e geneticamente più idoneo.
Tutto l’apparato riproduttivo femminile possiede dei complicati meccanismi per scegliere quali spermatozoi far passare,
quali distruggere, quali espellere, quali risucchiare.
La donna sembra avere nel proprio corpo la potenzialità di
scegliere quando essere fecondata e quando no.
Altro che passività della donna! Altro che quiete.
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Stessa pubblicazione: 223
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Per finire, lo spermatozoo incontra l’ovulo.
L’immagine consueta è quella dell’ovulo che è penetrato dallo
spermatozoo. In realtà, considerate anche le dimensioni dei
due gameti (l’ovulo è svariate volte più grande dello spermatozoo), è strano che si sia considerato l’incontro come la penetrazione dello spermatozoo nell’ovulo e non come l’inghiottimento dello spermatozoo da parte dell’ovulo! È evidente che
anche in questo caso si sia sovrapposta l’immagine dell’uomo
“attivo” sul comportamento degli spermatozoi e l’immagine
della donna “passiva” sul comportamento del suo apparato
riproduttivo.
Al fine di ricercare le cause della sterilità e poterla così affrontare, bisogna che si superino gli stereotipi di maschile e
femminile, per riconoscerne gli archetipi.
La fecondazione e l’orgasmo
I
l tema del concedersi di provare piacere è cruciale nella
fecondazione femminile e quindi è un “presupposto” alla
maternità. Mi spiego. H. Deutsch ha osservato che, se anche
la difficoltà psicologica che ostacola una realizzazione diretta
della maternità può avere diverse cause, “il loro comune denominatore più frequente è la paura della donna di perdere
la propria personalità in favore del figlio”. Questa paura, secondo la psicoanalista, “può manifestarsi sotto forma di un
terrore primitivo della morte o di una preoccupazione per la
minaccia che incombe sul suo fascino erotico e la sua bellezza
fisica; può nascere dal timore degli obblighi e delle restrizioni
che realmente impone la gravidanza, ecc.; spesso è un’angoscia opprimente di perdere l’efficienza professionale o intellettuale, oppure un sentimento d’insufficienza di fronte alle
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grandi esigenze affettive della maternità”27. In breve, la donna
deve sentire qualcosa che faccia da contrappeso a quello che
sarà la rinuncia di sé per il figlio.
Diventare madre significa per la donna mettere al centro della
propria psiche il figlio, sacrificarsi per lui in un modo inconcepibile per l’uomo. Questo sacrificio è sempre fonte di profonda
sofferenza, nonostante l’amore verso il figlio. È soltanto il concedersi di provare piacere per ciò che viene dato e per ciò che
viene ricevuto dal figlio che ripaga di ogni perdita di sé e getta
le condizioni psicologiche per impattare il gesto fecondante
con sicurezza. Ma se la donna non si concede, nel profondo, di
provare piacere nel rapporto con l’altro, difficilmente potrà affrontare il tema della maternità senza tensioni o senza sentirsi
minacciata dal figlio, per quanto amato e desiderato.
Alcuni studiosi hanno interpretato la posizione esistenziale
della donna come a metà tra l’istinto di conservazione della
specie e l’istinto di sopravvivenza dell’individuo: da una parte
dovrebbe rispondere al richiamo della specie di generare e sacrificarsi per il figlio, dall’altra sentirebbe anche il bisogno di
salvaguardare sé stessa come individuo. Tirata da due forze,
la donna dovrebbe trovare un punto di equilibrio nella sua coscienza. Questa posizione la si può disegnare in questo modo:
riproduzione / fertilità
DONNA
istinto di conservazione
(specie)
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DEUTSCH (1945) 1977: 48-49
piacere / orgasmo
istinto di sopravvivenza
(individuo)
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In realtà le due forze non sono in antagonismo, lo sono soltanto quando la donna non si concede di provare piacere. Diventare madre può essere un’esperienza frustrante o appagante;
può essere di “totale sacrificio” o di “dono reciproco” a secondo di quanto si concede il piacere del rapporto. Da questo
punto di vista non c’è contrapposizione tra una necessità della specie (sacrificio di sé nei confronti del figlio) e una necessità dell’individuo (il proprio egoismo): quando la necessità
dell’individuo matura nell’esprimere se stessa nella relazione
piacevole io-tu, le due forze non sono più in contrapposizione, non c’è nessun punto di equilibrio da ricercare, perché le
due forze diventano il polo positivo e negativo che creano una
corrente di piacere che trasforma e possiamo chiamare, ben
al di là della polarità gratificazione - frustrazione (“gioie e dolori”), con la parola “intimità”.
riproduzione / fertilità
‒
istinto di conservazione
(specie)
INTIMITÀ
piacere / orgasmo
‒
istinto di sopravvivenza
(individuo)
La donna in intimità con se stessa può vivere anche con il tu
un sentimento di intimità che la preserva dal sentirsi tirata
da una parte o dall’altra. Il concedersi di provare piacere nel
rapporto con l’altro è un “presupposto” alla maternità anche
in un altro senso. Il piacere sessuale, ossia l’orgasmo, facilita la riproduzione! Per comprendere il significato di questa
affermazione bisogna richiamare i meccanismi fisiologici del
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concepimento. Oggi sappiamo che l’incontro dello spermatozoo con l’ovulo è un evento molto più complesso di quanto si
immaginasse in passato: tra gli spermatozoi e l’ovulo ci sono
una quantità di potenziali ostacoli che impediscono il concepimento. Innanzitutto la muscolatura della vagina può espellere lo sperma depositato; inoltre la vagina è un ambiente
estremamente acido e ostile, che uccide facilmente gli spermatozoi; infine gli spermatozoi che sono sopravvissuti possono venire digeriti dalle cellule fagocite spermicidiche.
È stato osservato che l’orgasmo della donna procura delle
ondate di contrazioni muscolari nella vagina che causano un
risucchio degli spermatozoi all’interno. Questo risucchio fa sì,
in pratica, che gli spermatozoi vengono trasportati facilmente
verso l’ovulo superando molti degli ostacoli fisiologici presenti nella vagina e promuovendo, di fatto, il concepimento28.
Ciò concorda inoltre con quanto le donne frigide, quelle che
non riescono a raggiungere l’orgasmo, spesso riferiscono di
osservare, cioè l’espulsione di tutto il seme dopo il coito. La
mancanza dell’orgasmo in questi casi provocherebbe la fuoriuscita del seme per mezzo della muscolatura vaginale, anziché il risucchio29.
L’orgasmo sarebbe quindi un motore fisico che garantisce
l’incontro dello spermatozoo con l’ovulo, quindi la premessa
del concepimento.
Il concedersi di provare piacere nel rapporto con l’altro, l’orgasmo e il concepimento, e quindi la fertilità, sembrano essere profondamente collegati. Occorre potersi concedere il
piacere nella relazione con il maschile per lasciarsi andare al
gesto fecondante.
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BAKER e BELLIS 1993: 887-909. HARTMANN 1957: 403-484
Secondo BOMPIANI, DE MARTIS, MARINATO 1974 il fenomeno della
“capacitazione” dello sperma potrebbe fornire la spiegazione di certe
oscure forme di sterilità di coppia.
Perché non riesco a rimanere incinta?
L’erotismo femminile
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er riconoscere l’importanza cruciale che possiede per la
donna l’esperienza del piacere, bisogna adesso approfondire le modalità con cui ne fa esperienza, a partire dal suo sviluppo psico-fisico.
A differenza del maschietto che ha i genitali esterni, la bambina ha i genitali quasi interamente interni. L’esperienza del
provare piacere per il maschietto è un’esperienza che sente
e che vede. Per la bambina il piacere è qualcosa che sente ma
che non vede.
Mentre il bambino vede il proprio pene in erezione e contemporaneamente sente un’eccitazione, la bambina sente l’eccitazione, prova piacere, ma non lo può vedere oggettivato in
un qualcosa. La bambina con la fantasia arriva a popolare
l’interno del corpo di tante cose piacevoli. Non potendo osservare ciò che accade, come fa il maschietto, la bambina interiorizza il piacere in modo più completo. Il piacere che riceve
dalle sensazioni fisiche non è associato ad un oggetto esterno
(il pene) ma ad un oggetto interno che, non potendolo vedere, fantastica. Tutta la creatività femminile, in un certo senso,
è la proiezione di questo mondo fantastico. Tutta la fantasia
femminile è permeata di una certa materialità, concretezza,
perché è il corpo che le fornisce lo spunto.
Il rapporto con il proprio corpo è più di tipo sensoriale che
non visivo, la fantasia può essere maggiormente libera rispetto a quella del maschietto, che riconosce il proprio piacere in
quel dato di fatto che è il pene. La bambina non può ricondurre il proprio piacere a nessun dato di fatto, perché non c’è
nulla che corrisponda a qualcosa di oggettivamente visibile e
quindi concepibile. Il piacere può essere ricondotto solo a un
oggetto vago, il corpo interno, su cui la fantasia può muoversi
senza il giudizio dell’occhio.
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portano alla fine a ricomporre psicologicamente la frattura,
determinando di fatto il recupero della fertilità.
Nel percorso con Marta, la ricomposizione psicologica dei tre
aspetti del concepimento, sessualità, fecondazione e generazione, permette non solo di ricevere il dono del figlio tanto
desiderato, ma di compiere una trasformazione femminile
che non possiamo non domandarci che fine avrebbe fatto se
la fecondazione artificiale avesse funzionato. In altre parole,
se la sterilità fosse stata risolta sul piano della tecnica, quali
opportunità sarebbero andate perdute sul piano della psiche?
Tutte le sue potenzialità esistenziali, si sarebbero manifestate, o sarebbero rimaste bloccate, taciute dal gesto medico?
Perché non riesco a rimanere incinta?
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Parte II
LA STANZA DEI POTERI
Aspettando un sogno, un invito
di Marta, la paziente
L
a stanza dei poteri è la storia di una donna che si accorge
di come la mente sappia leggere il proprio corpo, di come
sudare, arrossire, perdere la voce non siano solo dovuti al caldo,
alla vergogna o al mal di gola, ma possano essere i segni di un
corpo intrappolato nelle sue paure, che non esprime i propri
bisogni, che non fa spazio ai i propri “sogni”.
Una storia che si è scritta da sola, con una rispondenza perfetta dei sogni e dei bisogni; che pian piano è cresciuta negli incontri di Marta con il suo psicoterapeuta, che sembra quasi un
racconto della fantasia dello scrittore, e invece è storia vera,
così vera che ha un frutto” vivo”, la piccola bambina, che nasce
là da quella donna che non sapeva come dar vita al suo sogno,
soffocato da una mente che parlava da sola, e lontanissima dal
suo corpo che portava in grembo tutti i “pensieri-figli” di tutto
ciò che lo intossicava, tanto da non rispondere nemmeno alla
scienza perfetta della fecondazione in vitro, tanto da far fallire
un “transfer” di embrioni che non sa accogliere.
Ma quando Marta si accorge di ciò che ha, quando non piange
più aspettando di mancare un ciclo che arriva sempre, allora si
sente in grado di essere madre e dà alla luce la sua bambina, che
trasmette una gioia di vivere solo a guardarla, quell’embrione
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che sì è nutrito di quella consapevolezza di forza per nove mesi
ed è diventato quel sogno vivente che state per leggere!
Se una sola donna potrà trovare il suo sogno nel mio... sarà stato bello averlo condiviso senza più nessuna paura di “aprirsi” .
Perché non riesco a rimanere incinta?
I
l percorso analitico è sempre un’avventura i cui protagonisti sono un terapeuta, che sa di non sapere e un paziente,
che non sa di sapere.
In questa reciprocità ha luogo la relazione terapeutica.
Marta è una donna di trentasette anni e da più di cinque cerca
un figlio. Ha incominciato a cercarlo immediatamente dopo il
matrimonio, ma nonostante i molti tentativi, il figlio non arriva.
Ha un bell’aspetto, curata nel vestire e un sorriso educato.
Il tempo passa e non riesce a rimanere incinta. La coppia si è
sottoposta anche ad una serie di analisi mediche che non hanno riscontrato alcun problema fisico: entrambi sono risultati
fertili. Il suo caso è stato diagnosticato come “sterilità idiopatica”, una sterilità senza causa organica. Non riconoscendo
nessuna causa, la medicina non possiede nessuna terapia.
Provano allora con la fecondazione artificiale. Fanno alcuni
tentativi, ma non hanno alcun successo. Il profondo desiderio
di avere un figlio, il sentimento di impotenza successivo al fallimento della fecondazione artificiale e l’assenza di una cura
medica spingono Marta a consultare uno psicoterapeuta ad
indirizzo psicosomatico. Come ultima chance. Si rivolge quindi ad un collega con cui fa un primo colloquio, al termine del
quale la paziente accetta di intraprendere una psicoterapia.
Perché non riesco a rimanere incinta?
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Eccola così giunta nel mio studio.
Marta mi racconta le diverse vicissitudini mediche con un linguaggio molto accurato; il suo flusso di pensiero sembra non
lasciarsi mai scalfire dalle emozioni che vengono sollevate.
La domanda che sento scorrere sotto è invece: perché non riesco a rimanere incinta? Cosa c’è in me che non va? Cosa devo
fare?
“Sono medico dentista ed esercito nel mio studio privato da
diverso tempo… da quando avevo ventiquattro anni. Sono
molto soddisfatta sul piano professionale”. Continua raccontandomi della sua carriera professionale, mostrandosi a proprio agio.
“E nella sua vita di coppia è soddisfatta?”
“Si, anche con mio marito, mi posso ritenere soddisfatta”.
Marta è sposata da cinque anni dopo una convivenza di tre.
Chiedo se abbia avuto “altri problemi” prima d’ora, lasciando
volutamente indefinita la domanda.
“A dire il vero sono sempre molto indecisa sulle scelte da fare,
come la scelta dell’Università per esempio. Sono stata indecisa fino all’ultimo. In effetti sono sempre stata ansiosa, soprattutto durante gli esami, ero sempre molto preoccupata. E poi
ci sono delle volte che sono un po’ depressa”.
“Quando si è sentita così… un po’ depressa?”
“C’è stato un periodo in cui mio marito era lontano per lavoro e io mi sono sentita molto sola. Ho sofferto molto in quel
periodo”.
“E invece, sul piano fisico, quali problemi ha riscontrato?”.
“Ho sempre sofferto di colite spastica e di rash cutanei, oltre
che di iperidrosi e di alcune allergie alimentari ai crostacei e
alle fragole… Mi hanno anche trovato alcune aderenze al colon, per cui sono stata operata. In quell’occasione mi hanno
dovuto fare una anestesia totale”. Accenna una smorfia.
“Ha avuto qualche problema con l’anestesia?”, provo a do-
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Marco Maio
mandare.
“L’anestesia totale mi ha messo un’ansia!”.
“Che tipo di paura le ha provocato?”
“Una paura… come di morire, di non risvegliarmi”.
Poi continua.
“Anche mia sorella ha avuto problemi al colon: dei sanguinamenti… Successive analisi hanno poi riscontrato una colite
ulcerosa”.
“Mi parli di sua sorella”.
“Mia sorella ha un anno in più di me, abita all’estero, è sposata
e ha un figlio. Il nostro rapporto è stato sempre abbastanza
difficile. Sa, siamo molto diverse!”.
“In che senso?”
“Mia sorella ha vissuto diversi anni da sola, ha sempre avuto
un carattere molto duro e ribelle nei confronti dei nostri genitori, a differenza di me che sono sempre stata molto disponibile. Inoltre lei vive lontanissima dalla famiglia, mentre io ci
abito vicino”.
Sembra che il suo inconscio si sia costellato secondo l’opposizione: la sorella “cattiva” è riuscita ad avere un figlio, la sorella “buona” invece non riesce.
Le chiedo di parlarmi della sua famiglia di origine e dei suoi
rapporti con il padre e la madre.
“Mia madre è una “mamma chioccia”, sempre molto ansiosa
su noi figlie, direi iperprotettiva. A pensarci bene, è sempre
stata un pò depressa e anche ipocondriaca”. Fa una pausa.
Poi aggiunge:
“Ha studiato per fare la maestra ma non ha mai lavorato in
questo campo perché non ci sa fare molto con i bambini… Così
alla fine ha lavorato in un negozio”.
“Quando ha incominciato a lavorare?”.
“Ha incominciato quando è nata mia sorella. Poi, quando io e
mia sorella siamo cresciute, ha lasciato il lavoro”.
Perché non riesco a rimanere incinta?
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“Come mai ha lasciato il lavoro?”, le domando perplesso.
“Perché la baby sitter costava troppo”.
Da una parte Marta parla di una madre chioccia, dall’altra di
una madre incapace a stare con i bambini. C’è una palese contraddizione. La scelta di incominciare a lavorare nel momento
in cui sono nate le figlie sembra denunciare in realtà un’ansia nei confronti del rapporto con loro. Nel momento in cui le
figlie crescono, l’ansia diminuisce e così non c’è più bisogno
della baby sitter.
Marta sembra non avere coscienza del collegamento tra l’aspetto ansioso della madre, di cui mi parla, e quello relativo
ad un’ansia verso la nascita delle figlie, che si può leggere dietro il gesto di affidarle alla baby sitter. Proteggendo la madre,
definita come “chioccia”, Marta proteggerebbe la propria delusione affettiva di bambina.
A questo punto entriamo direttamente in rapporto con il tema
della maternità vissuta dalla madre, per raggiungere indirettamente il vissuto e il significato che una supposta gravidanza
ha per Marta.
“Mia madre è rimasta incinta con molta difficoltà. In realtà, ha
avuto in passato un rapporto molto brutto con mio padre…”
“In che senso?”
“Lo considerava un irresponsabile e fondamentalmente una
persona assente, sempre in giro con la scusa del lavoro, tanto
che lo ha sempre accusato di avere rapporti con altre donne.
Inoltre si vergognava molto delle sue origini sociali e culturali. In fondo credo che lo ritenesse un po’ un animale!” .
“A che età ricorda di aver sentito questi commenti da parte di
sua madre?”.
“Ricordo che mia madre criticava continuamente mio padre,
fin da quando eravamo molto piccole, credo”.
“E lei cosa pensava?”.
“Secondo me le critiche erano giuste, perché lui era sempre