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INDICE DI FIDUCIA SUGLI INVESTIMENTI IN INNOVAZIONE TECNOLOGICA La misura della propensione agli investimenti in innovazione tecnologica IMR IFIIT MONTHLY REPORT Nr. 111 INDICE IFIIT DEL MESE GENNAIO 2017 Numero di sintesi: 35,40 37 36 35 34 33 32 31 “L’impresa è per eccellenza il luogo dell’innovazione e dello sviluppo” - Joseph A. Schumpeter - 1) I DATI DEL MESE Quadro di sintesi dei dati rilevati nel mese Assestamento dell’Indice Ifiit, che scende leggermente a 35,40 punti, scontando il clima di attesa e di prudenza legato al post referendum e all’esito delle elezioni americane. Tra gli imprenditori intervistati prevale il clima di fiducia verso una ripresa della domanda da parte del Centro-Europa e soprattutto della Germania. Restano invece in sospeso alcune incognite come il calendario della Brexit, le sanzioni alla Russia e la definizione del nuovo quadro di politica economica statunitense. Fattori di rischio che gli imprenditori evidenziano e che potrebbero prolungare i tempi per la definizione dei piani di investimento sono le politiche monetarie (Fed e BCE) che spingono in alto il dollaro rendendo meno competitive le nostre esportazioni, il clima di sfiducia sul nostro sistema bancario e, in parte, la volatilità del prezzo del greggio e di alcune materie prime industriali. Prosegue invece con particolare convinzione la fiducia verso il Piano Nazionale dell’Industria 4.0 impostato dal governo, che contribuisce a rilanciare il finanziamento dell’innovazione produttiva e- e dunque della competitività - soprattutto nelle fasce delle piccole e delle medie imprese. Ancora deboli i settori agganciati al commercio, che risentono del clima deflazionistico e del calo dei consumi interni. La propensione ad investire in innovazione tecnologica si mantiene alta e superiore alla media nei settori già eveidenziati nello scorso mese: la metalmeccanica di precisione, la farmaceutica, l’avionica, i trasporti e i sistemi di sicurezza. Intorno al valore medio dell’indice troviamo i settori del made in Italy tradizionale legato alla casa, al vestiario e all’arredo. Alquanto deboli i settori del commercio al dettaglio e delle attività edilizie. Dal punto di vista geografico si mantengono su posizioni elevate Lombardia e Emilia, mentre i segnali di maggiore indebolimento si registrano nel Triveneto e in Campania. ------------------------------------------------------------------------------------------ Questo numero 111 di IMR contiene: - Pagina 1 – Indice Ifiit mese di GENNAIO 2017. - Pagina 2 – Commento all’Indice mensile. - Pagina 3 – Sommario dell’Ifiit Monthly Report nr 111 - Pagina 4 – Verso un modello di autarchia? – (Previsioni economiche - Ref ricerche) - Pagina 8 – Previsioni per il 2017 – Decaloghi tecnologia e moneta - Pagina – Logo Ifiit chiusura *** Ifiit è un marchio registrato a livello comunitario IMR – IfiitMonthly Report è coperto da Copyright dal 2007 Ifiit è l’Indice di Fiducia sugli investimenti in innovazione tecnologica, accreditato presso il Ministero dello sviluppo economico e l’Agenzia dell’Innovazione. IfiitMonthly Report è una sintesi di un’attività di ricerca sulla fiducia in investimenti tecnologici che mensilmente viene effettuata su un campione qualificato e rappresentativo dell’economia italiana. Lo staff di Ifiit, un network di ricercatori volontari, si avvale di un Focus Group, costituito in prevalenza da operatori qualificati e da esperti accademici, per l’interpretazione dei dati e delle tendenze. Per le sue caratteristiche di indice di fiducia, Ifiit si presta ad essere consultato anche come strumento previsionale dei cicli economici. Indice Ifiit Via Pisanello 8 20146 Milano Supervisor Paolo Gila Commercio mondiale, competitività, esportazioni. Verso un mondo più autarchico? Il 2016 è stato un anno di stagnazione per il commercio mondiale, in continuità con la debolezza degli anni precedenti. La frenata degli scambi negli ultimi trimestri è anche dipesa da andamenti di carattere congiunturale, legati alla crisi di diversi paesi emergenti e alla caduta dei prezzi delle materie prime. Il 2017 pare segnato da forti discontinuità rispetto a questo scenario. Il principale elemento di cambiamento è la politica economica degli Stati Uniti, che dovrebbe caratterizzarsi per forti stimoli fiscali alla domanda interna americana. I tassi d’interesse Usa continueranno ad aumentare e il dollaro sarà la valuta del 2017. Tale scenario comporta anche un’accelerazione delle importazioni americane. Gli effetti di questa configurazione sul quadro internazionale sono controversi. In apparenza una ripresa della domanda Usa dovrebbe fornire uno stimolo all’economia globale, permettendo una cresciuta più sostenuta delle esportazioni degli altri paesi. Probabilmente però ne verranno influenzate anche le condizioni finanziarie delle economie emergenti, con benefici netti sulla crescita globale molto incerti. L’Italia nel 2016 ha risentito della frenata del commercio internazionale. La relativa debolezza delle nostre esportazioni è in linea con quella delle altre economie dell’eurozona. Data l’attesa di un rafforzamento della domanda globale, nel 2017 anche le nostre esportazioni dovrebbero registrare una accelerazione. Nel breve periodo però, in base all’andamento degli indicatori congiunturali, i segnali di rafforzamento restano ancora modesti. Il commercio mondiale ha registrato nel corso degli ultimi trimestri una fase di debolezza. Sulla base delle tendenze dei primi tre trimestri dell’anno, i dati del Cpb inducono a stimare una crescita nel 2016 inferiore all’1%, dopo un dato al di sotto del 2 per cento nel 2015. La crescita del commercio a tassi del 5-6 per cento osservata negli anni Duemila pare solo un lontano ricordo e i trend degli anni della globalizzazione sembrano un episodio circoscritto storicamente. Dietro la frenata del commercio vi sono elementi di cambiamento di carattere strutturale. Negli ultimi anni difatti la dinamica degli scambi appare molto contenuta anche se posta a confronto con la crescita dell’economia: è il fenomeno cosiddetto della caduta dell’elasticità del commercio mondiale alla crescita. Di fatto si sarebbe interrotta la fase di costante apertura economica in atto da alcuni decenni, e particolarmente marcata negli anni Duemila, quando il commercio era cresciuto per diversi anni a tassi superiori a quelli del Pil. Tale comportamento deriverebbe in parte dal fatto che la Cina sta modificando la propria specializzazione produttiva. Dopo avere consolidato negli anni novanta posizioni di leadership nelle fasi a valle del processo di produzione, da alcuni anni l’industria cinese avrebbe iniziato a risalire lungo la catena produttiva, presidiando progressivamente le fasi più avanzate delle filiere, e riducendo il contenuto di import della propria produzione. Il modello di crescita cinese, caratterizzato sino alla metà degli anni duemila da una crescita export-led, si starebbe ora sviluppando seguendo un percorso di import substitution. L’interruzione della fase di aumento del grado di apertura agli scambi con l’estero riflette anche il fatto che il modello di crescita dei paesi asiatici, una volta aumentati i livelli di reddito-pro capite, avrebbe iniziato a spostarsi verso una crescita maggiormente basata sulla domanda interna con un aumento dei consumi di servizi; questa componente della domanda presenta evidentemente un contenuto di importazioni decisamente inferiore rispetto agli acquisti di merci. Un terzo aspetto è legato alla debolezza degli investimenti in macchinari, una componente della domanda a elevato contenuto di import. La debolezza degli investimenti è legata al fatto che in diversi settori dopo la crisi del 2008 si sono determinati spazi di capacità produttiva inutilizzati di una certa ampiezza che hanno scoraggiato gli investimenti; nel 2016 hanno pesato anche le revisioni dei piani di investimento da parte delle compagnie petrolifere a seguito della caduta del prezzo del greggio. Infine, non va dimenticato che negli ultimi anni diversi paesi hanno iniziato a mettere in atto misure di carattere protezionistico, soprattutto per contenere la penetrazione delle importazioni sui mercati nazionali. Questo tipo di fenomeno sta acquisendo un rilievo crescente: secondo l’Organizzazione del Commercio Internazionale dopo la crisi del 2009 i paesi membri hanno adottato circa 200 misure restrittive degli scambi all’anno, un numero decisamente superiore a quello delle misure di carattere protezionistico che sono state abolite nello stesso periodo e ai nuovi interventi adottati per favorire l’apertura dei mercati. Con il passare degli anni si sta quindi modificando il quadro regolatorio che indirizza i flussi di scambio internazionale. Se negli ultimi anni questo tipo di misure ha trovato applicazione a fronte di una apparente prevalenza delle posizioni di carattere liberoscambista, la fase più recente ha visto anche un esplicito richiamo a misure protezionistiche nei programmi di diverse forze politiche. In particolare, le svolte più significative sono state rappresentate dal referendum sull’abbandono dell’Ue da parte del Regno Unito e dalla vittoria alle elezioni Usa di un candidato il cui programma, in contrasto con la tradizione dei repubblicani americani, annuncia esplicitamente l’introduzione di misure tariffarie per limitare la penetrazione di prodotti asiatici sul mercato Usa. Il cambiamento del clima di opinione nei confronti delle politiche di deregolamentazione degli scambi commerciali è legato alla diffusa percezione che i benefici del commercio, pur di segno positivo, si distribuiscano in maniera molto sperequata all’interno di ciascun paese, comportando quindi effetti negativi in termini di distribuzione del reddito. Inoltre, storicamente i vantaggi del commercio derivano dall’aumento della specializzazione produttiva delle diverse economie, da cui dovrebbero derivare guadagni in termini di aumento della produttività e del tasso di crescita dell’economia; la fase di stagnazione della produttività e bassa crescita del prodotto che si è manifestata in molti paesi dopo la crisi del 2008 ha fornito la percezione che la crescita si sia abbassata strutturalmente. Inizia quindi a acquisire un crescente rilievo l’opinione che, a fronte di un visibile peggioramento della distribuzione del reddito e della ricchezza, i benefici attesi in termini di crescita siano molto inferiori rispetto alle attese. Alle tendenze di carattere strutturale sin qui sintetizzate, nel corso degli ultimi trimestri si sono sovrapposti andamenti legati alla fase congiunturale avversa che ha colpito le economie emergenti, le cui importazioni hanno quindi subito un drastico rallentamento. La frenata di questi paesi è dipesa dalla fuga di capitali innescatasi dal 2014 a seguito dell’aspettativa di una normalizzazione del livello dei tassi d’interesse americani. La fuga di capitali dai paesi percepiti più rischiosi ha determinato un peggioramento delle condizioni finanziarie, un indebolimento della domanda interna e un deprezzamento delle rispettive valute. Sono state proprio le conseguenze sui mercati internazionali a indurre poi la Fed a rinviare le decisioni dei tassi d’interesse, decidendo un secondo aumento solamente nei giorni scorsi. La crisi dei paesi emergenti ha quindi pesato sulle economie avanzate sia perché le importazioni di queste economie hanno attraversato una fase di contrazione, sia perché i rispettivi tassi di cambio si sono rapidamente deprezzati e questo ha evidentemente penalizzato la competitività di prezzo delle economie avanzate. Le svalutazioni dei paesi emergenti hanno comportato anche una riduzione del livello dei rispettivi prezzi espressi in valuta estera. Questo effetto nel breve tende a penalizzare l’andamento delle quote di mercato, che sono calcolate sulla base del valore dell’export espresso in dollari correnti. Un’altra tendenza importante all’interno del quadro materializzatosi fra il 2015 e il 2016 è rappresentata dalla caduta dei prezzi delle materie prime. I paesi emergenti produttori di commodities sono stati quindi particolarmente colpiti dalla crisi considerando che la perdita di ragioni di scambio si è sovrapposta a un quadro già di per sé non favorevole. Le quote di mercato dei paesi produttori di materie prime si sono quindi sensibilmente ridimensionate, riflettendo la riduzione dei valori esportati da queste economie per effetti della contrazione dei relativi prezzi. La recessione si è rivelata particolarmente grave in Russia, paese colpito anche dalle sanzioni che hanno ridotto gli scambi con i paesi Ue, e in Brasile, economia gravata da un elevato debito in valuta estera. L’effetto della perdita di ragioni di scambio da parte delle economie produttrici di commodities si riflette nell’andamento più positivo delle quote di mercato da parte dei paesi produttori di manufatti. Nel corso dell’ultimo biennio l’effetto dei prezzi relativi ha quindi favorito le quote di mercato dei paesi occidentali. Diverse economie caratterizzate per molti anni da un trend decrescente sono riuscite a stabilizzare le rispettive quote di mercato e in alcuni casi, fra cui quello dell’Italia, si è osservato anche un guadagno. La migliore performance fra le maggiori economie avanzate è stata ancora una volta quella della Germania. La successione di svalutazioni da parte di molte economie emergenti ha inciso in maniera significativa sulla posizione competitiva dei paesi a valuta più forte. Fra questi, anche la Cina, che ha registrato un andamento cedente delle proprie esportazioni. La tendenza naturale al deprezzamento della valuta cinese, sotto la pressione dell’indebolimento delle valute delle altre economie dell’area, è stata difatti frenata dalle politiche della banca centrale, che nel corso degli ultimi anni ha ridotto le proprie riserve in valuta per limitare il deprezzamento dello yuan rispetto al dollaro. (brano estratto dal bollettino di ricerca di Ref – fine dicembre 2016 – direttore Fedele de Novellis) * * Previsioni per il 2017 Decalogo Gadget e Deflazione Tecnologica 1. Microsoft prenderà il posto di Apple nell’immaginario collettivo della tecnologia cool, la linea di prodotti Surface e l’arrivo di Hololens ha già riposizionato il brand, è probabile un grande ritorno anche degli smartphone windows phone grazie a continuity. 2. Sarà l’anno della realtà aumentata e della realtà virtuale, le tecnologie di rifermento oltre alla già citata Microsoft Hololens sono Project Tango di Google che aggiunge la misura della profondità agli smartphone e Playstation VR. Oculus Rift rimarrà un giocattolone per chi può permettersi potenze di calcolo enormi. 3. Cominceremo sul serio a parlare con intelligenze artificiali avendone un vantaggio. Per ora i vari assistenti virtuali sono poco più di una curiosità quasi inutile, nel 2017 la tecnologia sarà abbastanza raffinata per eseguire almeno alcune operazioni da call center e per qualche iterazione decente con computer e dispositivi mobili. Entro il 2020 potremmo sostenere delle piacevoli conversazioni con la nostra AI personalizzata. 4. NON sarà ancora l’anno delle automat, a parte qualche esperimento su strade selezionate con piloti professionisti, dovremmo ancora guidare persino in autostrada (un vero affronto, l’automat dovrebbe essere un diritto costituzionale e la guida umana proibita da trattati internazionali). Tuttavia ogni singola casa automobilistica amplierà l’offerta con i suoi prototipi, le case al Top sono Tesla e Volvo. 5. L’Agricoltura, sia tradizionale (bio o non bio) e sia in serra, diventerà iper-robotizzata, appariranno le prime fabbriche verticali nelle grandi città per ortaggi e certi tipi di frutto. 6. Il consumo di suolo per l’approvvigionamento di prodotti agricoli comincerà seriamente a diminuire e diminuirà la necessità di acqua. 7. NON sarà ancora l’anno dell’auto elettrica per le masse ma sarà l’anno in cui molti Stati faranno enormi deficit per preparare il mondo a questa tecnologia assolutamente immatura. Stessa logica del fotovoltaico, tanta propaganda per ottenere soldi dei contribuenti quando basta aspettare 5-10 anni per avere lo stesso risultato a costo zero. 8. L’industria dei videogame diventerà così grande e potente da poter determinare e orientare anche la politica. 9. Alla fine del 2017 il prezzo dei pannelli OLED si abbasserà abbastanza da decretare l’inizio della fine della tecnologia LCD destinata a nicchie low cost. 10. Le criptovalute e la blockchain arriveranno alle masse. E sarà un processo esplosivo perché l’ecosistema almeno per bitcoin è maturo. Le follie delle banche centrali e di alcuni governi (India in testa) dimostreranno ancora una volta la magia del mercato. Che ancora una volta ha aggirato un ostacolo che sembrava insormontabile. Decalogo Soldi e Geopolitica 1. Un altro pezzettino di egemonia globale verrà eroso agli Stati Uniti da Russia, India e Cina agli Stati Uniti, l’Europa rimarrà irrilevante e rimarrà sempre, mediamente, il posto migliore al mondo per vivere. Anche se con notevoli differenze fra i luoghi. 2. L’Europa continuerà a esistere, l’Euro pure ma le condizioni politiche saranno comunque profondamente mutate dalle varie tornate elettorali. L’Euro tornerà a salire sul dollaro a causa di un enorme aumento del deficit commerciale americano. 3. I tassi di interesse saliranno negli Stati Uniti e in Europa, impossibile prevedere nulla per quello che riguarda il Giappone. Il vero evento epocale avverrà con la fine dell’anno e la fine del mandato di Mario Draghi. 4. Le borse saranno sempre più legate solo ed esclusivamente agli acquisti diretti e indirette delle banche centrali la disconnessione fra utili e prezzo verrà percepita come normale. Impossibile prevedere quando il giochino finirà, potrebbe accadere anche fra una settimana… 5. Trump deluderà. Il problema non è lui ma le aspettative delle persone nei politici, specie quelli che prima hanno fatto gli imprenditori con un certo successo. 6. L’Italia continuerà la sua lunga marcia verso l’irrilevanza e la dissoluzione, civile e culturale, il peggioramento della curva demografica e la emigrazione di chi ha più risorse o più anni di vita davanti a se continuerà e anzi vedrà una drammatica accelerazione. Chiunque vada al governo, ammesso che ci siano elezioni dovrà gestire le macerie fumanti di un sistema in rovina. Per fortuna degli abitanti della nota espressione geografica sopravvive forte un notevole individualismo e spirito animale che salverà almeno alcuni dalla sudamericanizzazione. Comunque si continuerà a mangiare e bere come meglio non si può nel globo terrestre, ed è già qualcosa. 7. La grande incognita politica in Europa per il 2017 è rappresentata dagli effetti dei flussi migratori sul consenso politico. E’ possibile che il nuovo anno rappresenti il melting point oltre il quale il pensiero dominante legato alla globalizzazione e al meticciato forzoso venga alfine sconfitto e si ritorni a forme violente di nazionalismo, purtroppo quasi sempre nella sua forma socialista. 8. In Francia il Fronte Nazionale farà un grande risultato ma alla fine il presidente sarà Fillon. L’unica possibilità della Le Pen è legata ad un eventuale programma elettorale troppo liberista da parte di Fillon, ma non credo che il candidato gollista farà un errore così madornale. Credo che egli sappia che il Fronte Nazionale non è affatto una formazione di Destra se non per convenzione. Si tratta di puro e semplice nazionalsocialismo. 9. La Cina dovrà rimandare ancora le proprie ambizioni di egemonia o quanto meno di competitività sul fronte valutario, anzi dovrà affrontare una grave crisi finanziaria e sarà costretta a drastiche misure di controllo dei capitali. Ma ne uscirà rafforzata. 10. Assad sarà ancora il presidente della Siria, Obama e Hollande invece saranno in pensione. (Riflessioni di Paolo Rebuffo, tratte dal sito www.rischiocalcolato.it) * Ifiit è un marchio registrato a livello comunitario IMR – Ifiit Monthly Report è coperto da Copyright dal 2007