L`evoluzione della normativa di genere in Italia ed in Europa
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L`evoluzione della normativa di genere in Italia ed in Europa
9 marzo 2015 Filo D’Argento L’evoluzione della normativa di genere in Italia ed in Europa Avv. Valeria Vezzosi Per ragioni storiche e culturali, in Italia lo sviluppo delle politiche di pari opportunità è stato avviato con notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei, principalmente. All’indomani dell’unità italiana la donna aveva uno status pienamente subordinato all'autorità maschile. La tutela della donna era circoscritta alla protezione della maternità. Si assisteva ad una completa disparità di trattamento nella vita familiare ed ad una totale esclusione della donna dalla vita pubblica. Nel 1919 viene riconosciuta alle donne la capacità giuridica con Legge n. 1176, viene eliminata l'autorizzazione maritale e si consente alle donne di esercitare tutte le professioni e buona parte degli impieghi pubblici. Solo il 31 gennaio del 1945, con il Decreto legislativo luogotenenziale 2 febbraio n. 23, si riconosce il diritto di voto alle donne. COSTITUZIONE Nel 1948, la neonata Costituzione Italiana, sancisce il principio di uguaglianza di genere: a uomini e donne è riconosciuta eguaglianza morale e giuridica all’interno della famiglia, eguali diritti e eguale trattamento economico al lavoro. Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 1 Art. 29: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. Art. 31: La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. Art. 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. L'8 marzo 2002 viene modificato l'art. 51 della Costituzione, prevedendo l'adozione di “appositi provvedimenti” finalizzati all'attuazione delle pari opportunità fra uomini e donne nella rappresentanza. Art. 51: Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro. Solo a partire dagli anni ’90 vi è stata un’evoluzione serrata, incoraggiata dall'Unione Europea, che ha allineato la normativa italiano a quella degli altri paesi europei. L’attuale posizionamento dell’Italia nel panorama europeo e internazionale delle pari opportunità, di minor grado, è da ricondurre alla mancata sostanzialmente esecuzione delle normative esistenti, conseguente al prevalere di una mentalità retriva che pervade la società. UE 2 Nell’evoluzione della normativa europea in tema di pari opportunità si distinguono alcune fasi fondamentali: la fase delle tutele e dei divieti di discriminazioni, la fase delle pari opportunità e delle azioni positive e la fase del gender mainstreaming. Fase delle tutele e dei divieti di discriminazioni (primo periodo di vita della Comunità Europea fino agli anni ’90) Le politiche di uguaglianza e di parità hanno un contenuto limitato e coerente con le finalità della CEE, ovverosia la creazione del mercato unico europeo; i concorrenti del mercato non devono essere oggetto di discriminazioni nel perseguimento dei propri obiettivi imprenditoriali e professionali. Articolo 141 Trattato Istitutivo della CE 1957: 1. Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo. La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica: a)che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura; b)che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro. 3. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta misure che assicurino l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 4. Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali. All’inizio degli anni ’90 si è assistito ad uno sviluppo del diritto comunitario c.d. secondario (direttive e regolamenti), ma le iniziative in tema di parità sono state limitate alle politiche sull’occupazione. E’ stata la giurisprudenza della 3 Corte di Giustizia UE che, applicando l’art. 141 del Trattato e la Direttiva 75/117 “per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile”, ha reso possibile l’attuazione del principio di uguaglianza di retribuzione coniando le nozioni di retribuzione, di discriminazione diretta e indiretta e di lavoro uguale e di uguale valore. Fase delle pari opportunità e delle azioni positive (inizi anni ’90) Nel Trattato di Maastricht del 1992 furono fissate le regole base sulle pari opportunità relativamente al mercato del lavoro ed al trattamento sui luoghi di lavoro. Per facilitare lo svolgimento di attività lavorative da parte delle donne, nel protocollo sulla politica sociale allegato al Trattato, si sancisce espressamente la legittimità delle “discriminazioni positive”, ovvero di quelle misure che danno priorità alle donne rispetto agli uomini in settori dove hanno maggiore difficoltà ad affermarsi. Questa normativa viene indicata come una base minima di tutela, mentre si lasciano comunque liberi gli Stati di adottare misure complementari positive a favore delle donne. Fase del Gender mainstreaming (dalla seconda metà degli anni ’90 a oggi) Per gender mainstreaming si intende l'adeguata considerazione delle differenze esistenti tra le situazioni di vita, le esigenze e gli interessi degli uomini e delle donne, in tutti i programmi e gli interventi economici e sociali. Un impegno formale in questo senso è stato assunto dalla Commissione Europea nella Comunicazione COM 67 – 1996, "Incorporating Equal Opportunities for Women and Men into All Community Policies and Activities" nella quale la stessa si vincola a indirizzare tutte le politiche comunitarie verso l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza di genere. 4 Il Trattato di Amsterdam del 1997 ha incluso nuove previsioni volte a rafforzare le competenza dell’Unione nell’area delle pari opportunità. Articolo 2 Il trattato che istituisce la Comunità europea è modificato in base alle disposizioni del presente articolo. […] 2)L'articolo 2 è sostituito dal testo seguente: “Articolo 2 La Comunità ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità, mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 3 A, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, […omissis]”. Si ha così una dichiarazione costituzionale di impegno dell’UE al gender mainstreaming, che diviene così il presupposto necessario per l’azione della Commissione. Il principio del gender mainstreaming si ritrova anche nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea del 2000, c.d. Carta di Nizza. Articolo 23 Parità tra uomini e donne La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato. Ma solo con la nella direttiva 73/2002 la UE obbliga gli Stati membri, a tenere conto dell’obiettivo della parità tra gli uomini e le donne nel formulare ed attuare leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche, attività nei settori di competenza della direttiva. Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 Articolo 1 Il trattato sull'Unione europea è modificato in base alle disposizioni del presente articolo. «Articolo 2 […] comma 3. […] Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. 5 Articolo 2 Il trattato che istituisce la Comunità europea è modificato in base alle disposizioni del presente articolo. «Articolo 5ter Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.». Sancisce, inoltre, l’impegno a inserire la prospettiva di genere in tutte le attività dell’Unione, come principio orizzontale. Negli anni ’80 hanno avuto inizio programmi pluriannuali di promozione della parità di trattamento. I settori d’intervento prioritari che sono stati individuati sono l’indipendenza economica, la conciliazione della vita privata e della vita professionale, la pari rappresentanza nella vita pubblica e nel processo decisionale, l’estirpazione della violenza e della tratta delle donne, l’eliminazione degli stereotipi presenti nella società, la promozione della parità tra i sessi al di fuori dell’UE. Nel 2006 è stato istituito a Vilnius (Lituania) l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. L’ultimo obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 è arrivare ad un tasso di occupazione del 75%. Questo obiettivo si persegue migliorando la qualità dei posti di lavoro e aumentando la conciliabilità della vita privata e di quella professionale. La Commissione sottolinea inoltre il persistere di un divario retributivo tra uomini e donne, anche per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore: fra i suoi obiettivi c’è anche il miglioramento della trasparenza delle retribuzioni e l’incoraggiamento delle donne a scegliere professioni non tradizionali, per esempio in settori verdi e innovativi. La Commissione intende anche proporre iniziative mirate all’aumento della rappresentatività delle donne nei processi decisionali, con un obiettivo del 25% di donne in posizioni direttive di alto livello e del 40 % nei comitati e gruppi di esperti istituiti dalla Commissione. 6 Infine la Commissione rivolge un’attenzione particolare al ruolo degli uomini nella parità tra donne e uomini, promuovendo le buone pratiche in materia di ridefinizione dei ruoli attribuiti ai sessi nel settore della gioventù, dell’istruzione, della cultura e dello sport. LEGISLAZIONE NAZIONALE Fase delle garanzie (unità nazionale-fine anni ’80) Solo negli anni Settanta la legislazione ordinaria attua normativamente il principio della parità fra uomo e donna e istituisce i primi organismi finalizzati a perseguire l'uguaglianza di trattamento e di opportunità. Gli anno ’70 vedono importanti riforme che danno attuazione ai principi fissati dalla Costituzione agli artt. 3, 29, 31, 37. In questo periodo vengono approvate: la Legge 898/70 sullo scioglimento del matrimonio; la Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori) che vieta negli articoli 15 e 16 ogni atto o patto discriminatorio, individuale o collettivo; la Legge 1044/1971 per l'assistenza all'infanzia, che istituisce asili-nido pubblici; la Legge 1204/71, di riforma della legge sulla lavoratrice madre, che assicura un’efficace protezione fisica alle gestanti e contiene previsioni per la salvaguardia del posto di lavoro; la Legge 151/75, di riforma del diritto di famiglia, che stabilisce la parità dei coniugi e sostituisce la “patria potestà” con la “potestà parentale”; la Legge 194/78 sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza. 7 Decisiva per le pari opportunità è la Legge 903/77 che sancisce il divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro, nella formazione professionale, nelle retribuzioni e nell’attribuzione delle qualifiche e delle carriere professionali, precludendo altresì qualsiasi tipo di disparità basato sullo stato matrimoniale, di famiglia, di gravidanza. Si affronta per la prima volta la problematica delle “discriminazioni indirette”, cioè di quei trattamenti che, pur formalmente indifferenziati (“omogenei”), producono conseguenze diverse. Fase delle azioni positive (fine anni ’80 – fine ani ‘90) Dalla fine degli anni Ottanta vengono promulgate leggi e creati organismi volti a rafforzare il ruolo sociale delle donne, a promuoverne la partecipazione al mercato del lavoro ed a coinvolgerle attivamente nei processi decisionali. Vengono approvate la Legge 400/88 sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio, che conferma la Commissione pari opportunità come struttura di supporto della Presidenza sulle questioni femminili; la Legge 25/89 che eleva a quaranta anni la data di partecipazione ai concorsi pubblici, per consentire alle donne che non abbiano potuto lavorare in età giovanile perché impegnate in incombenze familiari, di inserirsi nel mondo del lavoro. Negli anni ‘90 vengono emanate: la Legge 979/90 sull’indennità di maternità per le libere professioniste e la Legge 379/90 sulla tutela della maternità per le libere professioniste, in attuazione della direttiva CEE 86/613. Viene emanata anche la Legge 125/1991 sulle “azioni positive” per la realizzazione delle pari opportunità nel campo del lavoro con la quale si sancisce un più ampio divieto delle discriminazioni, anche indirette, basate sul 8 sesso, riconoscendo, per la prima volta, il valore della differenza di genere, ed introducendo, al posto del criterio dell’uguaglianza astratta, quello dell’uguaglianza di opportunità. Per la prima volta vengono emanate normative dirette ad accrescere il coinvolgimento delle donne nella vita politica attiva e la loro partecipazione agli organismi decisionali, anche con l’introduzione di quote e riserve: la Legge 81/93 in cui viene sancito l’obbligo per gli enti comunali e provinciali di stabilire norme per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organismi collegiali, nonché negli enti, aziende e istituzioni da essi dipendenti; la Legge 277/93 per la Camera che prevede l'alternanza fra uomini e donne nelle liste; la Legge 157/99 in materia di rimborso delle spese elettorali, il cui art. 3, comma 1, mira a favorire la partecipazione attiva delle donne nella vita politica, disponendo che “ogni partito o movimento politico destina una quota pari ad almeno il 5% dei rimborsi ricevuti per consultazioni elettorali ad iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla vita politica”; il D.lgs. n. 29/93 che riserva alle donne un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso. Vengono inoltre recepite importanti direttive comunitarie: con la Legge comunitaria 52/96 viene recepita la normativa europea in tema di parità di trattamento tra uomini e donne (Direttiva 86/613/CEE). Con il decreto legislativo 645/96 si dà attuazione alla Direttiva 92/85/CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in allattamento. Fase del gender mainstreaming e della conciliazione (anni 2000 ai nostri giorni) 9 Con il decreto legislativo n. 61 del 25 febbraio 2000, in attuazione della direttiva UE 97/81, si inquadra con più precisione il lavoro a tempo parziale: si distingue il lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale dalla possibilità di seguire l’andamento ciclico dell’intensità di alcune prestazioni lavorative. Sono anche ammesse forme di lavoro a tempo parziale misto. La vera svolta in tema di work-life balance si realizza con la Legge 53/2000, che introduce disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità. Il successivo decreto legislativo n. 100 del 26 febbraio 2001 introduce innovazioni inerenti il lavoro supplementare e le clausole di elasticità: il lavoro supplementare è quello che si svolge oltre il tempo parziale e nei limiti del tempo pieno, mentre le clausole di elasticità attengono all’accordo tra le parti di modificare il rapporto di lavoro part-time in corso di svolgimento con possibilità di variare in aumento la prestazione di lavoro part-time. Con decreto legislativo 276/03 si è prevista la possibilità di applicazione del lavoro a tempo parziale anche ai contratti a tempo determinato, ed esteso la possibilità di ricorrere al part-time per tutti i settori di attività. L’obbiettivo è stato quello di migliorare le opportunità di conciliazione vita-lavoro garantendo una maggiore flessibilità. Il Decreto legislativo 11/04/2006 n° 198 è conosciuto come "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna". Questo provvedimento riordina le leggi in vigore contenenti le disposizioni in materia di pari opportunità tra uomini e donne e quelle per la prevenzione e la rimozione di ogni forma di discriminazione basata sul sesso e pone le basi del riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità. Il Decreto individua le varie forme di discriminazione e pone il divieto a qualsiasi tipo di discriminazione: nell'accesso al lavoro; nella retribuzione; nelle prestazioni lavorative e nella carriera; nell'accesso alle prestazioni 10 previdenziali; nell'accesso agli impieghi pubblici; nell'arruolamento nelle forze armate e nei corpi speciali nell'arruolamento nelle forze armate e nel corpo della Guardia di Finanza; nelle carriere militari. Il Codice è suddiviso in libri che si occupano della promozione delle Pari Opportunità tra uomo e donna, delle pari opportunità nei rapporti etico sociali, delle pari opportunità nei rapporti economici, e delle pari opportunità nei rapporti politici. Vengono anche individuate anche alcune forme di finanziamento specifiche. Il Decreto Legislativo n° 5 del 25/10/2010 modifica il Codice delle pari opportunità e rafforza il principio della parità di trattamento e di opportunità fra donne e uomini prevedendo sanzioni più severe in caso di violazione di tali principi. La legge 183 del 4 novembre 2010 “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro” interviene sulla disciplina delle pari opportunità e dell'impiego femminile delegando il Governo a prevedere incentivi e sgravi contributivi che consentano alle donne orari flessibili, “legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare”; a rivedere la normativa vigente del congedo parentale, con l'aumento della loro massima estensione temporale e l'incremento degli indennizzi economici ad essi collegati, a rafforzare i servizi per l'infanzia e agli anziani non autosufficienti. La legge prevede anche che i Fondi comunitari – Fondo Sociale Europeo (FSE) e Programma Operativo Nazionale (PON) – vengano impiegati prima di tutto per incrementare l'occupazione femminile facendo in modo di supportare sia le 11 attività formative che quelle di accompagnamento e inserimento nel mondo del lavoro. In particolare si insiste sulla necessità di rafforzare le garanzie che consentano l'effettiva parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione. La legge richiede poi che si definiscano chiaramente i doveri dei datori di lavoro in tema di attenzione al genere ed esprime esplicitamente l'opportunità di potenziare e favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile. L'articolo 21 “Misure atte a garantire pari opportunità, benessere a chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche” è interamente dedicato alle pari opportunità e al benessere di chi lavora nella Pubblica Amministrazione. Stabilisce che ogni Pubblica Amministrazione si doti obbligatoriamente di un "Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, che sostituisce e unifica i preesistenti comitati per le pari opportunità e i comitati contro il fenomeno del mobbing. Con la legge n. 120 del 12 luglio 2011 che ha modificato il d.lgs. 24 febbraio 1998 n.58, sono state introdotte nell’ordinamento italiano le quote rosa nei consigli di amministrazione delle società per azioni quotate. Per effetto di tale normativa, a partire dal luglio 2012 i consigli di amministrazione delle aziende quotate e delle società a partecipazione pubblica dovranno essere composti per 1/5 da donne. Dal 2015 la quota rosa dovrà salire a 1/3. Per le aziende che non si adeguano è prevista anzitutto una diffida da parte della Consob, con successiva applicazione di multe in caso di mancato adeguamento. Commento Il legislatore è intervenuto variamente per dare attuazione al principio della parità fra uomo e donna e delle pari opportunità e molte sono oggi le norme che garantiscono l'accesso e la presenza della donna nel mondo del lavoro, della politica, degli affari. 12 Tuttavia continua a non esserci una parità effettiva fra uomo e donna. Perché? È evidente che le leggi impongono l’indirizzo paritario al Paese; che la nostra normativa è improntata a riconoscere e dare attuazione alla parità fra uomo e donna. Ma i dati ISTAT e OCSE riferiscono che la differenza tutt'oggi c'è ed è ben marcata. La causa della disparità perdurante è, a ben guardare, rivelata anche dalla stessa titolazione delle norme in materia di conciliazione. Fare leggi per consentire alle donne di conciliare tempo di lavoro e tempo di famiglia lascia sottintendere a tutti che la donna, e solo lei, deve conciliare lavoro e famiglia. Casa e famiglia sono problemi delle donne, loro mansioni. La donna può scegliere se lavorare oppure non ma non può scegliere di non occuparsi dalla casa e della Eppure anche gli famigli. uomini Questo hanno case è e il vivono messaggio. in famiglia. La radice del problema sta dunque nello stereotipo di genere, nella predeterminazione dei ruoli e nella conseguente pre assegnazione di compiti. La donna deve accudire il compagno, i figli gli anziani di casa. L'uomo deve lavorare. Questi i compiti assegnati per genere dal pensiero sociale comune. Poi la donna può anche lavorare e l'uomo anche occuparsi della casa, dei figli, degli anziani. Questo pensiero comune sta alla base della diversa valutazione del lavoro femminile rispetto a quello maschile: il lavoratore viene apprezzato e scelto dall’azienda in ragione della tempo che può mettere a disposizione nell’arco della sua vita e non della qualità del lavoro che presta. Conseguentemente viene preferito l’uomo alla donna, in quanto generalmente l’uomo dedica la maggior parte del suo tempo vitale al lavoro. Sottrarsi al ruolo che la società ti assegna è difficile sia per la donna che per l'uomo. 13 La donna deve combattere i sensi di colpa, l'uomo la paura di perdere il potere. L'uomo combatte a sua volta contro il pregiudizio, rischia di essere deriso dagli altri uomini, perdere il lavoro, essere considerato poco potente sessualmente (forza economica ed attrattiva sessuale sono strettamente legati). La parità quindi si può attuare quando si incontrano due persone dalla mentalità aperta e si crea fra loro un modo di vivere in modo paritario che consente a ciascuno di perseguire i propri obbiettivi personali e lavorativi senza doversi fare carico di tutto il peso della coppia, della famiglia. Queste nuove coppie possono veramente attuare i principi giuridici e, cosa ancora più importante, essere modello per altre. Solo cosi il cambiamento sarà effettivo e duraturo. E le pari opportunità di vivere saranno reali. 14