L`evoluzione della normativa di genere in Italia ed in Europa

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L`evoluzione della normativa di genere in Italia ed in Europa
9 marzo 2015 Filo D’Argento
L’evoluzione della normativa di genere in Italia ed in Europa
Avv. Valeria Vezzosi
Per ragioni storiche e culturali, in Italia lo sviluppo delle politiche di pari
opportunità è stato avviato con notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei,
principalmente. All’indomani dell’unità italiana la donna aveva uno status
pienamente subordinato all'autorità maschile. La tutela della donna era
circoscritta alla protezione della maternità. Si assisteva ad una completa
disparità di trattamento nella vita familiare ed ad una totale esclusione della
donna dalla vita pubblica.
Nel 1919 viene riconosciuta alle donne la capacità giuridica con Legge n. 1176,
viene eliminata l'autorizzazione maritale e si consente alle donne di esercitare
tutte le professioni e buona parte degli impieghi pubblici.
Solo il 31 gennaio del 1945, con il Decreto legislativo luogotenenziale 2
febbraio n. 23, si riconosce il diritto di voto alle donne.
COSTITUZIONE
Nel 1948, la neonata Costituzione Italiana, sancisce il principio di uguaglianza
di genere: a uomini e donne è riconosciuta eguaglianza morale e giuridica
all’interno della famiglia, eguali diritti e eguale trattamento economico al
lavoro.
Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
1 Art. 29: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti
stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 31: La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione
della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie
numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale
scopo.
Art. 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire
l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al
bambino una speciale adeguata protezione.
L'8 marzo 2002 viene modificato l'art. 51 della Costituzione, prevedendo
l'adozione di “appositi provvedimenti” finalizzati all'attuazione delle pari
opportunità fra uomini e donne nella rappresentanza.
Art. 51: Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e
alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra
donne e uomini.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai
cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al
loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
Solo a partire dagli anni ’90 vi è stata un’evoluzione serrata, incoraggiata
dall'Unione Europea, che ha allineato la normativa italiano a quella degli altri
paesi europei.
L’attuale posizionamento dell’Italia nel panorama europeo e internazionale
delle pari opportunità, di minor grado, è da ricondurre alla mancata
sostanzialmente esecuzione delle normative esistenti, conseguente al prevalere
di una mentalità retriva che pervade la società.
UE
2 Nell’evoluzione della normativa europea in tema di pari opportunità si
distinguono alcune fasi fondamentali: la fase delle tutele e dei divieti di
discriminazioni, la fase delle pari opportunità e delle azioni positive e la fase
del gender mainstreaming.
Fase delle tutele e dei divieti di discriminazioni (primo periodo di vita della
Comunità Europea fino agli anni ’90)
Le politiche di uguaglianza e di parità hanno un contenuto limitato e coerente
con le finalità della CEE, ovverosia la creazione del mercato unico europeo; i
concorrenti del mercato non devono essere oggetto di discriminazioni nel
perseguimento dei propri obiettivi imprenditoriali e professionali.
Articolo 141 Trattato Istitutivo della CE 1957:
1. Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di
retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso
lavoro o per un lavoro di pari valore.
2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento
normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente,
in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di
quest'ultimo.
La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:
a)che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in
base a una stessa unità di misura;
b)che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso
posto di lavoro.
3. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 e previa
consultazione del Comitato economico e sociale, adotta misure che assicurino
l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini
e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle
retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
4. Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita
lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro
mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio
di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o
compensare svantaggi nelle carriere professionali.
All’inizio degli anni ’90 si è assistito ad uno sviluppo del diritto comunitario
c.d. secondario (direttive e regolamenti), ma le iniziative in tema di parità sono
state limitate alle politiche sull’occupazione. E’ stata la giurisprudenza della
3 Corte di Giustizia UE che, applicando l’art. 141 del Trattato e la Direttiva
75/117 “per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative
all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di
sesso maschile e quelli di sesso femminile”, ha reso possibile l’attuazione del
principio di uguaglianza di retribuzione coniando le nozioni di retribuzione, di
discriminazione diretta e indiretta e di lavoro uguale e di uguale valore.
Fase delle pari opportunità e delle azioni positive (inizi anni ’90)
Nel Trattato di Maastricht del 1992 furono fissate le regole base sulle pari
opportunità relativamente al mercato del lavoro ed al trattamento sui luoghi di
lavoro.
Per facilitare lo svolgimento di attività lavorative da parte delle donne, nel
protocollo sulla politica sociale allegato al Trattato, si sancisce espressamente
la legittimità delle “discriminazioni positive”, ovvero di quelle misure che
danno priorità alle donne rispetto agli uomini in settori dove hanno maggiore
difficoltà ad affermarsi. Questa normativa viene indicata come una base
minima di tutela, mentre si lasciano comunque liberi gli Stati di adottare
misure complementari positive a favore delle donne.
Fase del Gender mainstreaming (dalla seconda metà degli anni ’90 a oggi)
Per gender mainstreaming si intende l'adeguata considerazione delle differenze
esistenti tra le situazioni di vita, le esigenze e gli interessi degli uomini e delle
donne, in tutti i programmi e gli interventi economici e sociali.
Un impegno formale in questo senso è stato assunto dalla Commissione
Europea
nella
Comunicazione
COM
67
–
1996,
"Incorporating
Equal
Opportunities for Women and Men into All Community Policies and Activities"
nella quale la stessa si vincola a indirizzare tutte le politiche comunitarie verso
l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza di genere.
4 Il Trattato di Amsterdam del 1997 ha incluso nuove previsioni volte a
rafforzare le competenza dell’Unione nell’area delle pari opportunità.
Articolo 2
Il trattato che istituisce la Comunità europea è modificato in base alle disposizioni del
presente articolo. […] 2)L'articolo 2 è sostituito dal testo seguente:
“Articolo 2 La Comunità ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità,
mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e
mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 3 A, uno
sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello
di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, […omissis]”.
Si ha così una dichiarazione costituzionale di impegno dell’UE al gender
mainstreaming, che diviene così il presupposto necessario per l’azione della
Commissione.
Il principio del gender mainstreaming si ritrova anche nella Carta dei Diritti
Fondamentali dell'Unione Europea del 2000, c.d. Carta di Nizza.
Articolo 23 Parità tra uomini e donne
La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia
di occupazione, di lavoro e di retribuzione.
Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano
vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.
Ma solo con la nella direttiva
73/2002
la UE obbliga gli Stati membri, a
tenere conto dell’obiettivo della parità tra gli uomini e le donne nel formulare
ed attuare leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche, attività nei settori
di competenza della direttiva.
Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che
istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007
Articolo 1
Il trattato sull'Unione europea è modificato in base alle disposizioni del presente articolo.
«Articolo 2 […] comma 3. […] Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.
L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la
protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la
tutela dei diritti del minore.
5 Articolo 2
Il trattato che istituisce la Comunità europea è modificato in base alle disposizioni del
presente articolo.
«Articolo 5ter Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira
a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione
o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.».
Sancisce, inoltre, l’impegno a inserire la prospettiva di genere in tutte le attività
dell’Unione, come principio orizzontale.
Negli anni ’80 hanno avuto inizio programmi pluriannuali di promozione della
parità di trattamento. I settori d’intervento prioritari che sono stati individuati
sono l’indipendenza economica, la conciliazione della vita privata e della vita
professionale, la pari rappresentanza nella vita pubblica e nel processo
decisionale,
l’estirpazione
della
violenza
e
della
tratta
delle
donne,
l’eliminazione degli stereotipi presenti nella società, la promozione della parità
tra i sessi al di fuori dell’UE.
Nel 2006 è stato istituito a Vilnius (Lituania) l’Istituto europeo per
l’uguaglianza di genere.
L’ultimo obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 è arrivare ad un tasso di
occupazione del 75%. Questo obiettivo si persegue migliorando la qualità dei
posti di lavoro e aumentando la conciliabilità della vita privata e di quella
professionale.
La Commissione sottolinea inoltre il persistere di un divario retributivo tra
uomini e donne, anche per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore: fra i
suoi obiettivi c’è anche il miglioramento della trasparenza delle retribuzioni e
l’incoraggiamento delle donne a scegliere professioni non tradizionali, per
esempio in settori verdi e innovativi.
La Commissione intende anche proporre iniziative mirate all’aumento della
rappresentatività delle donne nei processi decisionali, con un obiettivo del 25%
di donne in posizioni direttive di alto livello e del 40 % nei comitati e gruppi di
esperti istituiti dalla Commissione.
6 Infine la Commissione rivolge un’attenzione particolare al ruolo degli uomini
nella parità tra donne e uomini, promuovendo le buone pratiche in materia di
ridefinizione
dei
ruoli
attribuiti
ai
sessi
nel
settore
della
gioventù,
dell’istruzione, della cultura e dello sport.
LEGISLAZIONE NAZIONALE
Fase delle garanzie (unità nazionale-fine anni ’80)
Solo negli anni Settanta la legislazione ordinaria attua normativamente il
principio della parità fra uomo e donna e istituisce i primi organismi finalizzati
a perseguire l'uguaglianza di trattamento e di opportunità.
Gli anno ’70 vedono importanti riforme che danno attuazione ai principi fissati
dalla Costituzione agli artt. 3, 29, 31, 37.
In questo periodo vengono approvate:
la Legge 898/70 sullo scioglimento del matrimonio;
la Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori) che vieta negli articoli 15 e 16 ogni
atto o patto discriminatorio, individuale o collettivo;
la Legge 1044/1971 per l'assistenza all'infanzia, che istituisce asili-nido
pubblici;
la Legge 1204/71, di riforma della legge sulla lavoratrice madre, che assicura
un’efficace protezione fisica alle gestanti e contiene previsioni per la
salvaguardia del posto di lavoro;
la Legge 151/75, di riforma del diritto di famiglia, che stabilisce la parità dei
coniugi e sostituisce la “patria potestà” con la “potestà parentale”;
la Legge 194/78 sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria di gravidanza.
7 Decisiva per le pari opportunità è la Legge 903/77 che sancisce il divieto di
discriminazione nell’accesso al lavoro, nella formazione professionale, nelle
retribuzioni e nell’attribuzione delle qualifiche e delle carriere professionali,
precludendo altresì qualsiasi tipo di disparità basato sullo stato matrimoniale,
di famiglia, di gravidanza.
Si affronta per la prima volta la problematica delle “discriminazioni indirette”,
cioè di quei trattamenti che, pur formalmente indifferenziati (“omogenei”),
producono conseguenze diverse.
Fase delle azioni positive (fine anni ’80 – fine ani ‘90)
Dalla fine degli anni Ottanta vengono promulgate leggi e creati organismi volti
a rafforzare il ruolo sociale delle donne, a promuoverne la partecipazione al
mercato del lavoro ed a coinvolgerle attivamente nei processi decisionali.
Vengono approvate
la Legge 400/88 sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio, che conferma
la Commissione pari opportunità come struttura di supporto della Presidenza
sulle questioni femminili;
la Legge 25/89 che eleva a quaranta anni la data di partecipazione ai concorsi
pubblici, per consentire alle donne che non abbiano potuto lavorare in età
giovanile perché impegnate in incombenze familiari, di inserirsi nel mondo del
lavoro.
Negli anni ‘90 vengono emanate:
la Legge 979/90 sull’indennità di maternità per le libere professioniste e la
Legge 379/90 sulla tutela della maternità per le libere professioniste, in
attuazione della direttiva CEE 86/613.
Viene emanata anche la Legge 125/1991 sulle “azioni positive” per la
realizzazione delle pari opportunità nel campo del lavoro con la quale si
sancisce un più ampio divieto delle discriminazioni, anche indirette, basate sul
8 sesso, riconoscendo, per la prima volta, il valore della differenza di genere, ed
introducendo,
al
posto
del
criterio
dell’uguaglianza
astratta,
quello
dell’uguaglianza di opportunità.
Per la prima volta vengono emanate normative dirette ad accrescere il
coinvolgimento delle donne nella vita politica attiva e la loro partecipazione agli
organismi decisionali, anche con l’introduzione di quote e riserve:
la Legge 81/93 in cui viene sancito l’obbligo per gli enti comunali e provinciali
di stabilire norme per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte
e negli organismi collegiali, nonché negli enti, aziende e istituzioni da essi
dipendenti;
la Legge 277/93 per la Camera che prevede l'alternanza fra uomini e donne
nelle liste;
la Legge 157/99 in materia di rimborso delle spese elettorali, il cui art. 3,
comma 1, mira a favorire la partecipazione attiva delle donne nella vita
politica, disponendo che “ogni partito o movimento politico destina una quota
pari ad almeno il 5% dei rimborsi ricevuti per consultazioni elettorali ad iniziative
volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla vita politica”;
il D.lgs. n. 29/93 che riserva alle donne un terzo dei posti di componente delle
commissioni di concorso.
Vengono inoltre recepite importanti direttive comunitarie: con la Legge
comunitaria 52/96 viene recepita la normativa europea in tema di parità di
trattamento tra uomini e donne (Direttiva 86/613/CEE). Con il decreto
legislativo
645/96
si
dà
attuazione
alla
Direttiva
92/85/CEE
sul
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici
gestanti, puerpere o in allattamento.
Fase del gender mainstreaming e della conciliazione (anni 2000 ai nostri giorni)
9 Con il decreto legislativo n. 61 del 25 febbraio 2000, in attuazione della
direttiva UE 97/81, si inquadra con più precisione il lavoro a tempo parziale:
si distingue il lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale dalla possibilità di
seguire l’andamento ciclico dell’intensità di alcune prestazioni lavorative. Sono
anche ammesse forme di lavoro a tempo parziale misto.
La vera svolta in tema di work-life balance si realizza con la Legge 53/2000,
che introduce disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità.
Il successivo decreto legislativo n. 100 del 26 febbraio 2001 introduce
innovazioni inerenti il lavoro supplementare e le clausole di elasticità: il lavoro
supplementare è quello che si svolge oltre il tempo parziale e nei limiti del
tempo pieno, mentre le clausole di elasticità attengono all’accordo tra le parti
di modificare il rapporto di lavoro part-time in corso di svolgimento con
possibilità di variare in aumento la prestazione di lavoro part-time.
Con decreto legislativo 276/03 si è prevista la possibilità di applicazione del
lavoro a tempo parziale anche ai contratti a tempo determinato, ed esteso la
possibilità di ricorrere al part-time per tutti i settori di attività. L’obbiettivo è
stato quello di migliorare le opportunità di conciliazione vita-lavoro garantendo
una maggiore flessibilità.
Il Decreto legislativo 11/04/2006 n° 198 è conosciuto come "Codice delle pari
opportunità tra uomo e donna". Questo provvedimento riordina le leggi in vigore
contenenti le disposizioni in materia di pari opportunità tra uomini e donne e
quelle per la prevenzione e la rimozione di ogni forma di discriminazione
basata sul sesso e pone le basi del riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di pari opportunità.
Il Decreto individua le varie forme di discriminazione e pone il divieto a
qualsiasi tipo di discriminazione: nell'accesso al lavoro; nella retribuzione;
nelle prestazioni lavorative e nella carriera; nell'accesso alle prestazioni
10 previdenziali; nell'accesso agli impieghi pubblici; nell'arruolamento nelle forze
armate e nei corpi speciali nell'arruolamento nelle forze armate e nel corpo
della Guardia di Finanza; nelle carriere militari.
Il Codice è suddiviso in libri che si occupano della promozione delle Pari
Opportunità tra uomo e donna, delle pari opportunità nei rapporti etico
sociali, delle pari opportunità nei rapporti economici, e delle pari opportunità
nei rapporti politici.
Vengono anche individuate anche alcune forme di finanziamento specifiche.
Il Decreto Legislativo n° 5 del 25/10/2010 modifica il Codice delle pari
opportunità e rafforza il principio della parità di trattamento e di opportunità
fra donne e uomini prevedendo sanzioni più severe in caso di violazione di tali
principi.
La legge 183 del 4 novembre 2010 “Deleghe al Governo in materia di lavori
usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di
ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di
apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro
sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”
interviene sulla disciplina delle pari opportunità e dell'impiego femminile
delegando il Governo a prevedere incentivi e sgravi contributivi che consentano
alle donne orari flessibili, “legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e
vita familiare”; a rivedere la normativa vigente del congedo parentale, con
l'aumento della loro massima estensione temporale e l'incremento degli
indennizzi economici ad essi collegati, a rafforzare i servizi per l'infanzia e agli
anziani non autosufficienti.
La legge prevede anche che i Fondi comunitari – Fondo Sociale Europeo (FSE)
e Programma Operativo Nazionale (PON) – vengano impiegati prima di tutto
per incrementare l'occupazione femminile facendo in modo di supportare sia le
11 attività formative che quelle di accompagnamento e inserimento nel mondo del
lavoro.
In particolare si insiste sulla necessità di rafforzare le garanzie che consentano
l'effettiva parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione.
La legge richiede poi che si definiscano chiaramente i doveri dei datori di
lavoro in tema di attenzione al genere ed esprime esplicitamente l'opportunità
di potenziare e favorire lo sviluppo dell'imprenditoria femminile.
L'articolo 21 “Misure atte a garantire pari opportunità, benessere a chi lavora e
assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche” è interamente
dedicato alle pari opportunità e al benessere di chi lavora nella Pubblica
Amministrazione. Stabilisce che ogni Pubblica Amministrazione si doti
obbligatoriamente di un "Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità,
che sostituisce e unifica i preesistenti comitati per le pari opportunità e i
comitati contro il fenomeno del mobbing.
Con la legge n. 120 del 12 luglio 2011 che ha modificato il d.lgs. 24 febbraio
1998 n.58, sono state introdotte nell’ordinamento italiano le quote rosa nei
consigli di amministrazione delle società per azioni quotate. Per effetto di tale
normativa, a partire dal luglio 2012 i consigli di amministrazione delle aziende
quotate e delle società a partecipazione pubblica dovranno essere composti per
1/5 da donne. Dal 2015 la quota rosa dovrà salire a 1/3. Per le aziende che
non si adeguano è prevista anzitutto una diffida da parte della Consob, con
successiva applicazione di multe in caso di mancato adeguamento.
Commento
Il legislatore è intervenuto variamente per dare attuazione al principio della
parità fra uomo e donna e delle pari opportunità e molte sono oggi le norme
che garantiscono l'accesso e la presenza della donna nel mondo del lavoro,
della politica, degli affari.
12 Tuttavia continua a non esserci una parità effettiva fra uomo e donna.
Perché?
È evidente che le leggi impongono l’indirizzo paritario al Paese; che la nostra
normativa è improntata a riconoscere e dare attuazione alla parità fra uomo e
donna.
Ma i dati ISTAT e OCSE riferiscono che la differenza tutt'oggi c'è ed è ben
marcata.
La causa della disparità perdurante è, a ben guardare, rivelata anche dalla
stessa titolazione delle norme in materia di conciliazione.
Fare leggi per consentire alle donne di conciliare tempo di lavoro e tempo di
famiglia lascia sottintendere a tutti che la donna, e solo lei, deve conciliare
lavoro e famiglia.
Casa e famiglia sono problemi delle donne, loro mansioni. La donna può
scegliere se lavorare oppure non ma non può scegliere di non occuparsi dalla
casa
e
della
Eppure
anche
gli
famigli.
uomini
Questo
hanno
case
è
e
il
vivono
messaggio.
in
famiglia.
La radice del problema sta dunque nello stereotipo di genere,
nella
predeterminazione dei ruoli e nella conseguente pre assegnazione di compiti.
La
donna
deve
accudire
il
compagno,
i
figli
gli
anziani
di
casa.
L'uomo deve lavorare.
Questi
i
compiti
assegnati
per
genere
dal
pensiero
sociale
comune.
Poi la donna può anche lavorare e l'uomo anche occuparsi della casa, dei figli,
degli anziani.
Questo pensiero comune sta alla base della diversa valutazione del lavoro
femminile rispetto a quello maschile: il lavoratore viene apprezzato e scelto
dall’azienda in ragione della tempo che può mettere a disposizione nell’arco
della sua vita e non della qualità del lavoro che presta. Conseguentemente
viene preferito l’uomo alla donna, in quanto generalmente l’uomo dedica la
maggior parte del suo tempo vitale al lavoro.
Sottrarsi al ruolo che la società ti assegna è difficile sia per la donna che per
l'uomo.
13 La donna deve combattere i sensi di colpa, l'uomo la paura di perdere il potere.
L'uomo combatte a sua volta contro il pregiudizio, rischia di essere deriso dagli
altri uomini, perdere il lavoro, essere considerato poco potente sessualmente
(forza
economica
ed
attrattiva
sessuale
sono
strettamente
legati).
La parità quindi si può attuare quando si incontrano due persone dalla
mentalità aperta e si crea fra loro un modo di vivere in modo paritario che
consente a ciascuno di perseguire i propri obbiettivi personali e lavorativi
senza doversi fare carico di tutto il peso della coppia, della famiglia.
Queste nuove coppie possono veramente attuare i principi giuridici e, cosa
ancora più importante, essere modello per altre.
Solo cosi il cambiamento sarà effettivo e duraturo. E le pari opportunità di
vivere saranno reali.
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