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F.-X. Nguyên Van Thuân e la forza dell’Eucaristia di Mauro Mantovani, s.d.b. François-Xavier Nguyên Van Thuân (1928-2002), vescovo vietnamita che per 13 anni fu imprigionato e visse in stretto isolamento, è stato un “miracolo di speranza” perché ha tratto la sua forza dall’Eucaristia ed ha saputo trasmetterla attorno a sé. G ià nell’anno 2000 la nostra rivista aveva presentato la figura e la testimonianza del vescovo François-Xavier Nguyên Van Thuân1. Egli, nominato cardinale nel 2001 mentre da tre anni era presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, morì il 16 settembre 2002, ed esattamente a cinque anni dalla morte ha preso avvio la sua causa di beatificazione2. In quella occasione così lo descrisse papa Benedetto XVI: Il Cardinale Van Thuân era un uomo di speranza, viveva di speranza e la diffondeva tra tutti coloro che incontrava. Fu grazie a quest’energia spirituale che resistette a tutte le difficoltà fisiche e morali. La speranza lo sostenne come Vescovo isolato per 13 anni dalla sua comunità diocesana; la speranza lo aiutò a intravedere nell’assurdità degli eventi capitatigli – non fu mai processato durante la sua lunga detenzione – un disegno provvidenziale di Dio. La notizia della malattia, il tumore, che lo condusse poi alla morte, gli giunse quasi assieme alla nomina a Cardinale da parte del Papa Giovanni Paolo II, che nutriva nei suoi confronti grande stima ed affetto3. Come è noto, infatti, François-Xavier Nguyên Van Thuân per 13 anni (1975-1988), come vescovo, fu imprigionato e visse tra isolamento e restrizioni che si fecero sempre più dure. Tre mesi dopo la nomina ad arcivescovo coadiutore di Saigon, fu arrestato il 15 agosto 1975 e portato 450 chilometri più lontano, in un luogo di residenza testimoni «Tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano». testimoni 34 obbligatoria. La prigionia di quegli anni fu per lui una martyria della fecondità dell’unione al sacrificio di Cristo e dell’amore per la Chiesa e per la sua gente. Già poco tempo dopo l’arresto, tra ottobre e novembre 1975, scrisse di notte il suo primo “messaggio dalla cattività”, e continuò a farlo negli anni successivi, componendo via via dei veri e propri volumi quali Il cammino della speranza alla luce della Parola di Dio e del Concilio Vaticano II e I pellegrini del cammino della speranza. Nei lunghi anni di oppressione passati in carcere, Van Thuân riconosce il “volto” di Gesù crocifisso e vive con radicalità la sua sequela, anche nel vuoto di ministero e di condivisione della vita di fede a cui era costretto, e nel sostenere l’immobilità e la sospensione a cui il suo cuore di padre pareva condannato. Dove trovò le energie per andare avanti in una situazione così drammatica? Quale fu la sua forza? È stata certamente l’Eucaristia4. «Gesù eucaristico è sempre con me» Egli stesso racconta: Quando fui arrestato, dovetti andarmene subito, a mani vuote. L’indomani, mi è permesso di scrivere per chiedere le cose più necessarie: vestiti, dentifricio [...]. Ho scritto al mio destinatario: «Per favore, mi mandi un po’ di vino, come medicina contro il mal di stomaco». I fedeli capiscono cosa significa; mi mandano una piccola bottiglia di vino per la Messa, con l’etichetta “medicina contro il mal di stomaco”, e delle ostie celate in una fiaccola contro l’umidità. La polizia mi ha domandato: – Lei ha male allo stomaco? – Sì. – Ecco, un po’ di medicina per lei. Non potrò mai esprimere la mia grande gioia: ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano, celebro la mia Messa. [...] Comunque, dipendeva dalla situazione. Sulla nave che ci portava verso nord, ho celebrato nella notte e comunicato i prigionieri intorno a me. Talvolta devo celebrare quando tutti vanno al bagno dopo la ginnastica. Nel campo di rieducazione siamo divisi in gruppi di 50 persone; dormiamo su un letto comune, ciascuno ha diritto a 50 cm. Ci siamo arrangiati in modo che ci siano cinque cattolici con me. Alle 21 e 30 bisogna spegnere la luce e tutti devono dormire. Mi curvo sul letto per celebrare la Messa, a memoria, e distribuisco la comunione passando la mano sotto la zanzariera. […] Gesù eucaristico è sempre con me nella tasca della camicia. [...] Ricordo ciò che ho scritto: «Tu credi in una sola forza: l’Eucaristia, il Corpo e Sangue del Signore che ti darà la vita». «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10, 10). Come la manna nutrì gli Israeliti nel loro viaggio verso la Terra Promessa, così l’Eucaristia ti nutrirà nel tuo cammino della speranza (Gv 6, 50)5 . L’unione del proprio sacrificio con quello della croce François-Xavier Nguyên Van Thuân è stato un uomo “sorretto” dall’Eucaristia, che per celebrare la messa si è servito del palmo della sua mano come calice, e lì Abbiamo perfino fabbricato sacchettini, con la carta dei pacchetti di sigarette, per conservare il SS. Sacramento e portarlo agli altri. […] Ogni settimana aveva luogo una sessione di indottrinamento, a cui doveva partecipare tutto il campo. Al momento della pausa, i miei compagni cattolici ne approfittavano per passare un sacchettino a ciascuno degli altri quattro gruppi di prigionieri: tutti sapevano che Gesù era in mezzo a loro. La notte, i prigionieri si alternavano in turni di adorazione. Gesù eucaristico aiutava in modo inimmaginabile, con la sua presenza silenziosa: molti cristiani ritornavano al fervore della fede… Anche alcuni buddisti e altri non cristiani giungevano alla fede. La forza dell’amore di Gesù era irresistibile… La prigione si è trasformata in scuola di catechismo. I cattolici hanno battezzato i loro compagni e ne sono diventati i padrini6. In un altro suo interessante testo così scrive: L’Eucaristia è stata per me e per gli altri prigionieri la sola forza, la sola speranza. Cosa può essere più consolante del pensiero che Gesù è con te, soffre con te e piange con te? Ti ricorda che l’intera Chiesa è con te, a cominciare dal papa. Nella tua cella, non sei mai solo, […] ma Gesù fa molto più che vivere semplicemente il tuo dolore. Egli ti aiuta a renderlo amore. Questa è la differenza7. Il dono totale Durante gli ultimi giorni della sua vita, quando la malattia gli aveva già reso impossibile il parlare, François-Xavier Nguyên Van Thuân teneva fisso lo sguardo rivolto al crocifisso che gli stava dinanzi, ed in silenzio pregava. Si consumò così il suo supremo sacrificio, il suo dono totale, che – come scrive L. Carraro, per tanti anni missionario comboniano nelle Filippine – andava a coronare un’esistenza segnata dalla sua eroica immedesimazione con Cristo sulla croce. Nessuno pone in dubbio l’autorità morale che le sue sofferenze gli hanno conferito: «Credete in una sola forza, l’Eucaristia», scrisse dalla prigione. «Tenete caro un solo segreto, la preghiera; un solo alimento, la volontà del Padre. In questo modo – diceva ai suoi lettori – compirete una rivoluzione: rinnovare il mondo»8. Alla sua morte fu comune tra tutti la convinzione che la sua vita era stata un “miracolo di speranza”, tanto che lo stesso papa Benedetto XVI nella Spe Salvi (2007) lo ha riconosciuto autorevolmente ricordandolo due volte all’interno dell’enciclica, sia come testimone9 che come ministro10 della “grande speranza” per gli altri. Egli morì tenendo tra le mani la povera – e bellissima – croce che aveva intagliato durante la prigionia in carcere. Come nota A. Sicari, «se, alla fine, gli avessero chiesto una sintesi conclusiva della sua vicenda storica e spirituale, probabilmente avrebbe scritto di nuovo queste parole che amava: “Il tifone sferza gli alberi, 35 testimoni ha trovato – unendo per amore il proprio sacrificio a quello di Gesù – la forza per sorreggere la fede del suo popolo. testimoni 36 trascinando via i rami secchi e marci, ma non si può sradicare la croce piantata nel cuore del mondo”»11. François-Xavier Nguyên Van Thuân – come disse papa Benedetto XVI a cinque anni dalla sua morte – amava ripetere che «il cristiano è l’uomo dell’ora, dell’adesso, del momento presente da accogliere e vivere con l’amore di Cristo. In questa capacità di vivere l’ora presente traspare l’intimo suo abbandono nelle mani di Dio e la semplicità evangelica che tutti abbiamo ammirato in lui»12. Un autentico testimone della forza dell’Eucaristia. Cf. François-Xavier Nguyên Van Thuân. Una martyria di speranza, in «Unità e Carismi», X (2000/2), pp. 36-40. 2 Cf. F.-X. Nguyên Van Thuân, Il cammino della speranza. Testimoniare con gioia l’appartenenza a Cristo, Città Nuova, Roma 1994; Id., Cinque pani e due pesci. Dalla sofferenza del carcere una gioiosa testimonianza di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997. Su Van Thuân cf., tra l’altro, A.N. Van Chau, Il miracolo della speranza. Il Cardinale François-Xavier Nguyen Van Thuan apostolo di pace, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004; A. Valle, Il Cardinale Van Thuân. La forza della speranza, Cantagalli, Siena 2009; A.M. Sicari, Servo di Dio Card. F.-X. Nguyên Van Thuân, in Id., L’undicesimo libro dei Ritratti di Santi, Jaca Book, Milano 2009, pp. 177-196. Informazioni utili e aggiornate relative al card. Van Thuân (vita, opere, causa di beatificazione, preghiera, testimonianze) sono a disposizione sul sito dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân (www.vanthuanobservatory.org). 3 Benedetto XVI, Discorso agli Officiali e ai collaboratori del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace in occasione del quinto anniversario della morte del Cardinale FrançoisXavier Nguyên Van Thuân, Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, 17 settembre 2007. 4 Cf. L. Carraro, La sua forza fu l’Eucaristia, in «Testimoni», 31 (2008/5), pp. 16-18. 5 F.-X. Nguyên Van Thuân, Cinque pani e due pesci, cit., pp. 39-41. 6 F.-X. Nguyên Van Thuân, cit. in A.M. Sicari, op. cit., p. 191. 7 F.-X. Nguyên Van Thuân, cit. in L. Carraro, op. cit., p. 16. 8 L. Carraro, op. cit., p. 18. 9 «Da tredici anni di prigionia, di cui nove in isolamento, l’indimenticabile Cardinale Nguyên Van Thuân ci ha lasciato un prezioso libretto: Preghiere di speranza. Durante tredici anni di carcere, in una situazione di disperazione apparentemente totale, l’ascolto di Dio, il poter parlargli, divenne per lui una crescente forza di speranza, che dopo il suo rilascio gli consentì di diventare per gli uomini in tutto il mondo un testimone della speranza – di quella grande speranza che anche nelle notti della solitudine non tramonta». Benedetto XVI, Spe Salvi, Città del Vaticano, 30 novembre 2007, n. 32. 10 «Il Cardinale Nguyên Van Thuân, nel suo libro di Esercizi spirituali, ha raccontato come nella sua vita c’erano stati lunghi periodi di incapacità di pregare e come egli si era aggrappato alle parole di preghiera della Chiesa: al Padre nostro, all’Ave Maria e alle preghiere della Liturgia. Nel pregare deve sempre esserci questo intreccio tra preghiera pubblica e preghiera personale. Così possiamo parlare a Dio, così Dio parla a noi. In questo modo si realizzano in noi le purificazioni, mediante le quali diventiamo capaci di Dio e siamo resi idonei al servizio degli uomini. Così diventiamo capaci della grande speranza e così diventiamo ministri della speranza per gli altri: la speranza in senso cristiano è sempre anche speranza per gli altri». Benedetto XVI, Spe Salvi, cit., n. 34. 11 A.M. Sicari, op. cit., p. 196. 12 Benedetto XVI, Discorso agli Officiali e ai collaboratori del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace in occasione del quinto anniversario della morte del Cardinale François-Xavier Nguyên Van Thuân, cit. 1