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CONFERENZA DEL CARDINALE LORENZO BALDISSERI per i Docenti dell’Università Lateranense sul tema: Le sfide educative del Sinodo sui giovani. Linee-guida in vista di elaborazioni ulteriori ROMA, 20 febbraio 2017 2 Eccellenza Reverendissima, Autorità Accademiche, Stimati Professori, sono particolarmente lieto di essere qui insieme a voi in questo pomeriggio che ci vede coinvolti su una tematica – quella dell’educazione – che interessa certamente questa istituzione accademica, ma che va oltre le mura di questa Università. Ed è anche per questo che plaudo all’iniziativa. Lo studio non serve solo per un aumento del sapere, ma è anche un servizio alla costruzione di una società migliore, obiettivo per il cui raggiungimento la Chiesa è chiamata a dare il suo prezioso e insostituibile contributo. Ringrazio sentitamente Sua Eccellenza Mons. Enrico del Covolo, che ha voluto gentilmente invitarmi a condividere con voi alcune riflessioni, nella mia qualità di Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema: Le sfide educative del Sinodo sui giovani. Linee-guida, in vista di elaborazioni ulteriori. Saluto cordialmente tutti voi presenti, Docenti dell’Università Lateranense, riuniti in occasione dell’Assemblea Generale. L’impegno e il contributo da voi offerto nel campo educativo è indiscutibile ed apprezzato. Mi sento onorato di partecipare a questo vostro incontro. INTRODUZIONE In fase preliminare credo utile precisare che cosa intendere per “sfide, termine comprensivo il titolo di questa mio intervento. Il suo significato ha importanza per determinare la qualità delle relazioni che si instaurano, le strategie da ritenere opportune per raggiungere gli obiettivi prefissati, le modalità d’azione che specificano gli interventi educativi ritenuti necessari. La parola ‘sfida’ nel suo primo senso etimologico è il misurarsi con le armi o in una gara con qualcuno. Intesa in questo modo, la sfida porta a concepire gli altri come possibili avversari, provocando un atteggiamento difensivo ed incline al sospetto o anche di attacco. Ma può essere interpretata pure come una feconda ‘opportunità’ per migliorare una determinata situazione, opportunità che occorre coltivare e far fruttificare. Diventa allora l’occasione per fare emergere le potenzialità presenti nell’educatore ed sprona a rispondervi attraverso ‘il meglio di se stessi’, ovvero per mezzo di tutte le conoscenze, energie, strumenti che la persona ha a disposizione. Questa seconda interpretazione è quella più compatibile con l’immagine della ‘Chiesa in uscita’ che ci viene proposta da Papa Francesco. Ed è in questo senso che io intendo le sfide che ci attendono nel campo dell’educazione, un campo che sappiamo tutti essere difficile ed impegnativo, ma al tempo stesso affascinante e stimolante. Inoltre il taglio che desidero dare a questa esposizione è quello di offrire uno sguardo globale e integrale sul tema educativo di oggi con dei suggerimenti o linee guida valide per ogni tipo e livello di formazione giovanile. Lascio naturalmente alle istituzioni educative e specialmente accademiche, studiare e formulare quello che è di loro specifica competenza. 3 PUNTI DI RIFERIMENTO PER LA RIFLESSIONE E’ riconosciuto universalmente a Papa Benedetto XVI il merito di aver portato in maniera chiara all’attenzione di tutti che il tema che stiamo trattando è al centro della vita della Chiesa e della società. La sua Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione del gennaio 2008 è un punto di riferimento obbligato ed imprescindibile per quanti «abbiamo (…) a cuore il bene delle persone che amiamo, in particolare dei nostri bambini, adolescenti e giovani». «Dalla loro capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male» dipende infatti un futuro migliore per la convivenza umana. Secondo Papa Benedetto «un'atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita» ostacola ai nostri tempi la possibilità di «trasmettere da una generazione all'altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita». I Vescovi italiani si fanno voce della sua preoccupazione e recepiscono il suo invito a rispondere in maniera adeguata a quelle che vengono presto viste come ‘sfide educative’. Nel 2010 la CEI pubblica il documento Educare alla vita buona del Vangelo, nel quale vengono delineati gli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020… Ci siamo ancora dentro …. Consapevoli che, come afferma Papa Benedetto, «anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile», i Vescovi ne indicano la sorgente in «Cristo risuscitato da morte. Dalla fede in lui nasce una grande speranza per l’uomo, per la sua vita, per la sua capacità di amare». In questo individuano «il contributo specifico che dalla visione cristiana giunge all’educazione, perché “dall’essere ‘di’ Gesù deriva il profilo di un cristiano capace di offrire speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto a mettere con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di una verità e di una promessa che supera ogni attesa umana”» (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 5) Pur non avendo come tema specifico l’educazione bensì la famiglia, anche le due recenti Assemblee del Sinodo dei Vescovi hanno fornito alcuni elementi interessanti per la riflessione. Papa Francesco, inoltre, nell’Esortazione Post sinodale Amoris Lætitia tiene in conto la ricchezza del dialogo sinodale e fornisce diversi spunti utili per un approfondimento della tematica, dedicando un intero capitolo, il settimo, all’educazione dei figli. Tutta la Chiesa è ormai coinvolta nella fase preparatoria del prossimo Sinodo, che ha per tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Nel Documento preparatorio troviamo diverse suggestioni che toccano precisamente il nostro tema. Esso, in consonanza con quanto espresso nel documento della CEI del 2010, parlando della cura educativa sottolinea in particolare che «tra evangelizzazione ed educazione 4 si rintraccia un fecondo legame genetico, che, nella realtà contemporanea, deve tenere conto della gradualità dei cammini di maturazione della libertà» (DP III, 4. La cura educativa e i percorsi di evangelizzazione). Un contributo significativo per l’approfondimento ci viene anche dal recente Discorso del Santo Padre alla Plenaria della Congregazione per l’Educazione Cattolica per quanto riguarda gli Istituti di Studi, tenuto pochi giorni fa, il 9 febbraio scorso. Nel condividere le sue attese, egli indica contemporaneamente alcuni orientamenti validi per tutti coloro che lavorano nel campo dell’educazione. «Anzitutto – dice il Papa – di fronte ad un invadente individualismo, che rende umanamente poveri e culturalmente sterili, è necessario umanizzare l’educazione», per mezzo di un reale servizio ad una formazione della persona basata su un umanesimo integrale. In questa ottica, le istituzioni educative cattoliche «hanno la missione di offrire orizzonti aperti alla trascendenza». Nella società multiculturale e multi-religiosa in cui viviamo è indispensabile che «cresca la cultura del dialogo». E’ questa la sua seconda attesa/orientamento. Nel contesto del ‘villaggio globale’ sono aumentati «i processi di interazione» e si manifestano «tante forme di violenza, povertà, sfruttamento, discriminazione, emarginazione, approcci restrittivi alle libertà fondamentali che creano una cultura dello scarto». Per questo il Papa invita «a praticare la grammatica del dialogo che forma all’incontro e alla valorizzazione delle diversità culturali e religiose». Richiama quindi San Tommaso d’Aquino, da lui considerato maestro nel «metodo di dialogo intellettuale finalizzato alla ricerca della verità», che «consiste nel prendere sul serio l’altro, l’interlocutore, cercando di cogliere fino in fondo le sue ragioni, le sue obiezioni, per poter rispondere in modo non superficiale ma adeguato ». La sua terza ed ultima attesa/orientamento vede Papa Francesco in perfetta consonanza con quanto detto da Papa Benedetto nella Lettera sul compito urgente dell’educazione ricordata precedentemente. Egli sottolinea infatti «il contributo dell’educazione al seminare speranza», in quanto «l’educazione è un far nascere, è un far crescere, si colloca nella dinamica del dare la vita». Da qui nasce la sua convinzione «che i giovani di oggi hanno soprattutto necessità di questa vita che costruisce futuro». Ritiene quindi che «occorre mettersi in ascolto» di ciò che essi vogliono comunicare, così come è intenzione esplicita del prossimo Sinodo dei Vescovi. Tenendo presente la ricchezza e la profondità di questo patrimonio di riflessione, ed in sintonia con esso, suggerisco alcune linee-guide. La brevità del tempo mi impone di essere sintetico. Sono quindi consapevole che esse dovranno essere integrate e completate. Ma sono sicuro che questo consesso accademico, con la competenza e la professionalità che le sono proprie, non avrà alcuna difficoltà a farlo. 5 1. ALL’ASCOLTO DEI GIOVANI Accogliendo l’invito del Papa a mettersi in ascolto dei giovani, la prima lineaguida che intendo proporre evidenzia la necessità di una conoscenza non superficiale del loro vissuto. Si tratta concretamente di conoscere il contesto personale in cui dovrà inserirsi l’azione educativa. Affinché ciò avvenga, il Documento Preparatorio mette in evidenza che è indispensabile «uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli lì dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi». Occorre «passare del tempo con loro ad ascoltare le loro storie, le loro gioie e speranze, le loro tristezze e angosce, per condividerle» (DP (III, 1. Camminare con i giovani). Noi lo facciamo adesso ascoltando alcune righe di una poesia scritta da Ksenia, una ragazza russa di 26 anni, adottata da una famiglia italiana quando ne aveva nove. La sua testimonianza è in qualche modo rappresentativa del vissuto di tanti giovani. “Ho sempre la sensazione di dover perdere tutto ciò a cui tengo, Forse perché ho perso tanto, troppo... E questo mi porta a tante difficoltà. Ce n’è una di quelle più difficili da superare: perché quando tutti parlano e cerco di inserirmi nella conversazione, nessuno mi ascolta?” E poco oltre si presenta con queste parole: “Ci sono due donne dentro di me, una è forte e decisa... l’altra è una bambina fragile, proprio come un fiore. La prima sa cosa è giusto, la seconda non riesce a distinguere ciò che non è giusto... il più grande errore è quello di mettere tante spine attorno a me per evitare che qualcuno mi ferisca. Sono fatta di mancanze. Il mio cuore è malato, non è a pezzi, ma gonfio di cicatrici mai rimarginate... La cosa più grande che desidero è di essere amata, voluta, desiderata, e compresa ricevendo piccole attenzioni attraverso piccoli gesti di affetto... Sentirmi donna anch’io!” (Ksenia, Città della gioia, Onlus) Nel Discorso pronunciato a braccio lo scorso 5 gennaio ai Partecipanti al Convegno promosso dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni della CEI, Papa Francesco esortava a «perdere tempo con i giovani». E aggiungeva: «più che parlare loro, bisogna ascoltarli, e dire soltanto una “goccina”, una parola lì, e via, possono andare. E questo sarà un seme che lavorerà da dentro». Non a caso la domanda numero 13 del questionario presente nel Documento Preparatorio chiede 6 «Che tempi e che spazi dedicano i pastori e gli altri educatori per l’accompagnamento spirituale personale?». 2. COME I GIOVANI PERCEPISCONO GLI ADULTI Per entrare nel cuore e nella mente dei giovani assume una particolare importanza la conoscenza della percezione che essi hanno del mondo degli adulti. Questa influisce non poco nella formazione dei loro orizzonti di senso ed incide fortemente nelle decisioni che inevitabilmente dovranno prendere nella vita. A questo proposito mi sembra significativa la testimonianza di un giovane al Convegno di Firenze della Chiesa italiana del novembre 2015, riportata dal relatore Adriano Fabris nella sintesi del gruppo ABITARE. Il giovane dice testualmente: «Noi figli abbiamo bisogno di fare pace con un mondo adulto che non vuole lasciarci le chiavi, che ci nega la fiducia e allo stesso tempo non evita di scandalizzarci ogni giorno» (Adriano Fabris, nella relazione di sintesi della ‘via’-gruppo ABITARE al 5° Convegno della Chiesa italiana - Firenze, novembre 2015). Il Documento Preparatorio sembra quasi recepire questo intervento quando mette in evidenza che «i giovani non si percepiscono come una categoria svantaggiata o un gruppo sociale da proteggere» e rileva la loro insofferenza nei confronti di ambienti in cui «sentono, a torto o a ragione, di non trovare spazio o di non ricevere stimoli; ciò può portare alla rinuncia o alla fatica di desiderare, sognare e progettare» (DP I, 2. Appartenenza e partecipazione). Di non secondaria importanza è l’ultima frase della testimonianza ascoltata, lì dove rileva che gli adulti non evitano di scandalizzare i giovani ogni giorno. L’azione educativa non è credibile e sicuramente fallirà se non è sorretta da un esempio di vita coerente con quanto viene annunciato e richiesto. Come potranno i giovani apprezzare e seguire i valori che vengono loro sbandierati come essenziali per ‘vivere la vita buona’ se questi vengono continuamente smentiti dai comportamenti quotidiani di quanti glieli propongono, genitori o educatori che siano? Opportunamente il Documento della CEI del 2010 citato precedentemente sottolinea che «il proprio comportamento e stile di vita – lo si voglia o meno – rappresentano di fatto una proposta di valori o disvalori» (CEI, Educare…,10) 3. ACCOMPAGNARE PER LE SCELTE DI VITA, FAR EMERGERE IL POSITIVO «La vita e la storia ci insegnano che per l’essere umano non è sempre facile riconoscere la forma concreta di quella gioia a cui Dio lo chiama e a cui il desiderio 7 tende, tantomeno ora in un contesto di cambiamento e di incertezza diffusa» (DP II,1. Fede e vocazione). Questa considerazione espressa nel Documento Preparatorio vale in maniera del tutto particolare per i giovani in formazione. Anche se in maniera indiretta, molto spesso essi stessi esprimono il bisogno di essere accompagnati in un processo di discernimento che li aiuti a trovare la loro ‘strada nella vita’. «I tre verbi con cui esso è descritto in Evangelii Gaudium, 51 – riconoscere, interpretare e scegliere – possono aiutarci a delineare un itinerario adatto» (DP II, 2. Il dono del discernimento). Si tratta di essere vicini ai giovani per: 1. illuminare il percorso personale di riconoscimento di ciò che avviene nel loro mondo interiore 2. fornire loro elementi affinché sappiano interpretare in maniera esatta ciò che imparano a riconoscere dentro di sé 3. sostenerli nella scelta che scoprono essere la volontà di Dio sulla loro vita, quella che incarna la realizzazione autentica di se stessi. È importante che in questo cammino i giovani vengano aiutati a scoprire e a valorizzare gli aspetti positivi e le capacità che sono già presenti dentro di loro per costruire su di essi basi solide per il futuro che li aspetta. 4. INDICARE OBIETTIVI CHIARI E ‘ATTIVARE’ LE MOTIVAZIONI Si racconta che un tale andò un giorno da uno dei grandi Padri del deserto, chiedendogli come mai tanti giovani monaci iniziavano il cammino della vita eremitica, ma pochi perseveravano. Il vecchio monaco disse: “Succede come quando un cane corre dietro alla lepre. Molti altri cani, vedendolo correre, lo seguono. Però soltanto uno vede la lepre. Presto, quelli che corrono solo perché il primo corre, si sfiancano e si fermano. Soltanto chi ha davanti agli occhi la lepre continua, finché non la raggiunge”. Ed il vecchio monaco concluse: “Soltanto chi ha messo gli occhi veramente nel Signore crocifisso, sa davvero chi segue e sa che vale la pena di seguire” (cf. Silvano Fausti, Occasione o tentazione?, Ancora, Milano 1997, p. 13). In una società frammentata e iper-stimolante come quella odierna, i giovani rischiano di disperdersi a seguito delle molteplici sollecitazioni a cui sono sottoposti. Per contrastare questo rischio di dispersione, che incide non poco sul vivere personale, occorre contribuire a far nascere e a coltivare in loro motivazioni autentiche. Solo queste, adeguatamente interiorizzate, possono assicurare la continuità del loro impegno. Senza cadere nel fanatismo, occorre saper presentare la bellezza del Vangelo, consapevoli che “ nella ricerca di percorsi capaci di ridestare il coraggio e gli slanci del cuore non si può non tenere in conto che la persona di Gesù e 8 la Buona Notizia da Lui proclamata continuano ad affascinare molti giovani (DP I, 3. I giovani e le scelte). 5. EDUCARE I SENTIMENTI E GLI AFFETTI PER EDUCARE ALL’AMORE Nelle risposte alle domande dei giovani durante la visita a Villa Nazareth il 18 giugno dell’anno scorso Papa Francesco si è chiesto come ridestare la «grandezza e il coraggio di scelte di ampio respiro, di slanci del cuore per affrontare sfide educative ed affettive». La dimensione affettiva è spesso sottovalutata nei cammini di formazione personale e di gruppo, forse perché ci sentiamo impreparati a trattarla in maniera franca e capace di dare orientamenti che possano essere compresi ed accettati dai giovani. Eppure essa riveste un ruolo importante, a volte decisivo, nelle scelte che essi fanno. Il Documento Preparatorio mette in luce che «diventare adulti significa imparare a gestire in autonomia dimensioni della vita che sono al tempo stesso fondamentali e quotidiane». Tra le altre, cita precisamente anche «la vita affettiva e sessuale» (DP III, 3. Luoghi. La vita quotidiana e l’impegno sociale). Nel settimo capitolo dell’Amoris Lætitia vi è un paragrafo intitolato Sì all’educazione sessuale. In esso si sottolinea in particolare che in questo campo occorre aiutare i giovani «a riconoscere e a cercare le influenze positive, nel tempo stesso in cui prendono le distanze da tutto ciò che deforma la loro capacità di amare». E questo va fatto anche attraverso «un nuovo e più adeguato linguaggio» (AL 281). In questa linea, il giornalista Luciano Moia, caporedattore del giornale Avvenire, sostiene che «l’educazione all’amore, alla verità della relazione uomodonna, alla bellezza dell’incontro sessuale va profondamente rinnovata (…). Non è più possibile lasciare che le convinzioni dei giovani su temi così fondamentali per il futuro di tutti vengano modellate dalle suggestioni mediatiche e dagli inganni della pseudo-cultura relativista, in cui logiche contraccettive, fecondazione assistita e utero in affitto, disimpegno affettivo e crollo demografico, sono conseguenze correlate e devastanti di un soggettivismo relazionale che ha cancellato dal suo orizzonte parole come dono, responsabilità, coerenza, sacrificio» (Luciano Moia, Ascoltare la verità del corpo. La sessualità come ecologia, in Noi, famiglia e vita, anno XX-205, pp. 2223) 6. EDUCARE AI VALORI DI CUI L’UMANITÀ HA BISOGNO Nell’esercitare il proprio compito educativo occorre tenere debitamente presente che i giovani a cui ci si rivolge fanno parte di un mondo in cui, come dice il 9 Santo Padre, «si è diffuso anche un forte relativismo pratico, secondo il quale tutto viene giudicato in funzione di una autorealizzazione molte volte estranea ai valori del Vangelo. Viviamo in una società dove le regole economiche sostituiscono quelle morali, dettano leggi e impongono i propri sistemi di riferimento a scapito dei valori della vita» (Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il 28 gennaio 2017). A questo proposito mi vengono in mente le parole che il preside di un liceo americano scrisse pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale nel contratto di lavoro che proponeva ai professori: «Se volete insegnare nella mia scuola, non mi basta che voi fate apprendere le competenze o i saperi. Vengo da una storia dove ho visto medici competenti fare esperimenti sull’uomo, chimici competenti trovare l’acido cianidrico per farci morire prima, infermieri gentili che accompagnavano le persone nelle camere a gas. Voi docenti dovete comprendere che non basta trasmettere le competenze o i saperi: bisogna formare uomini e donne dandogli i valori di cui l’umanità ha bisogno. Ho visto troppi mostri competenti e pieni di sapere» (riportato da Giuseppe Fioroni, Il dovere di ascoltare, in In terris, 5 maggio 2015) Educare alla vita buona del Vangelo presenta alcune esemplificazioni concrete dei valori di cui l’umanità ha bisogno quando afferma che «favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie» (CEI, Educare…, 50). 7. RENDERE I GIOVANI PROTAGONISTI E SCOMETTERE SU DI LORO Durante l’Omelia per i Primi Vespri della Solennità di Maria SS.ma Madre di Dio, lo scorso 31 Dicembre, Papa Francesco ha messo in evidenza che, privilegiando «la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini» non si permette ai giovani «di essere protagonisti attivi nella vita della società». Ed ha continuato: «Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro, ma li discriminiamo e li ‘condanniamo’ a bussare a porte che per lo più rimangono chiuse». È indispensabile che i giovani siano maggiormente coinvolti nella vita della Chiesa e della società. La loro partecipazione attiva ai processi in atto non solo aiuta i giovani stessi a divenire più responsabili, ma diviene un elemento fondamentale per 10 la costruzione di un futuro diverso per l’umanità, possibilmente migliore rispetto alla realtà e alle situazioni in cui ci troviamo a vivere. Il Documento Preparatorio della prossima Assemblea sinodale insiste spesso su questo aspetto. Accogliendo «l’invito di Papa Francesco a uscire», esso sottolinea in particolare che «uscire è segno anche di libertà interiore da attività e preoccupazioni abituali, così da permettere ai giovani di essere protagonisti. Troveranno la comunità cristiana attraente quanto più la sperimenteranno accogliente verso il contributo concreto e originale che possono portare» (Documento Preparatorio III, 1. Camminare con i giovani). Mi sembra che ci sia una consapevolezza diffusa dell’impellente necessità di ‘lasciare maggiore spazio’ ai giovani. Nel presentare la relazione dei lavori del gruppo USCIRE durante il 5° Convegno della Chiesa italiana di Firenze, Duilio Albarello ha ricordato che per la realizzazione di una ‘umanità in uscita’ «la prima risorsa sono i giovani stessi. Purtroppo essi si trovano già in uscita, sia da una società che sembra non aver più bisogno di loro […], che da una Chiesa per la quale provano poco interesse e fascino. (…)» (Duilio Albarello, nella relazione di sintesi della ‘via’gruppo USCIRE al 5° Convegno della Chiesa italiana - Firenze, novembre 2015). Ed ha continuato quasi come se lanciasse un appello: «Occorrono comunità audaci, capaci di scommettere sui giovani, ben sapendo che commetteranno errori e combineranno guai, ma pronte ad accoglierli e comprenderli (non a scusare ogni pigrizia e tollerare l'apatia). I giovani, per la loro diversa sintonia con le cose della storia e dello Spirito, possono aiutare più di ogni altro le comunità a ripensarsi aperte e in uscita e ad avventurarsi per nuovi percorsi di annuncio». 8. L’IMPORTANZA DELLA COMUNITÀ EDUCANTE Le parole appena ascoltate orientano ora la nostra attenzione sulle persone degli educatori, tenendo presente anche l’importanza del ruolo e dei compiti delle comunità cristiane in quanto comunità educanti. Secondo quanto riportato nel Documento Preparatorio, «varie ricerche mostrano come i giovani sentano il bisogno di figure di riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in cui mettere alla prova la capacità di relazione con gli altri (sia adulti, sia coetanei) e affrontare le dinamiche affettive. Cercano figure in grado di esprimere sintonia e offrire sostegno, incoraggiamento e aiuto a riconoscere i limiti, senza far pesare il giudizio». Occorre tenere presente però che «i giovani non cercano solo figure di riferimento adulte: forte è il desiderio di confronto tra pari» (DP I, 2. Punti di riferimento personali e istituzionali). 11 È tutta la comunità, quindi, ad essere responsabile dell’educazione delle giovani generazioni, nella diversità e nella complementarietà delle età, delle funzioni e dei ruoli che i singoli ricoprono. In maniera sintetica ed efficace, un proverbio africano esprime precisamente questo concetto: «Per educare un bambino ci vuole un villaggio intero». Ovviamente, le dinamiche educative attivate dai genitori e dalla famiglia rivestono in questo contesto un significato specifico ed un valore peculiare. Il Documento Preparatorio indica alcune caratteristiche fondamentali per svolgere in maniera adeguata il proprio compito educativo: «Servono credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento» (DP III, 2. Soggetti. Le figure di riferimento). La responsabilità di coloro che rivestono un ruolo educativo è grande. Per questo il Documento Preparatorio sottolinea anche «la necessità di una preparazione specifica e continua dei formatori» (DP III, 2. Soggetti. Una comunità responsabile). 9. VOLERE BENE AI GIOVANI SIGNIFICA VOLERE IL LORO BENE, RAFFORZANDO COSÌ LA LORO PERSONALITÀ Nell’ultimo tratto del nostro cammino per l’individuazione di alcune lineeguida in relazione alle sfide educative, ci facciamo guidare da due grandi educatori: Sant’Angela Merici e San Giovanni Bosco. Entrambi sottolineano l’importanza di volere bene alle giovani, ai giovani che ci vengono affidati. Dalle loro parole si evince chiaramente come il volere bene ai giovani significa volere il loro bene ed accompagnarli con un atteggiamento di affetto, cura ed attenzione affinché lo raggiungano e lo vivano. Questa disposizione interiore si attua per mezzo di alcune modalità concrete di comportamento ed è ritenuta il fondamento di ogni azione educativa che voglia risultare efficace. Nel suo Testamento Spirituale sant’Angela Merici si rivolge alle proprie consorelle con queste parole: «Vi supplico ancora di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore tutte le vostre figliuole ad una ad una, e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato ed ogni cosa loro. Il che non vi sarà così difficile, se le abbraccerete con viva carità. (…). Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente né con asprezza, ma in tutto vogliate essere piacevoli. (…). Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza: poiché Dio ha dato ad ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia. Non dico però che alle volte non si debba usare qualche riprensione ed asprezza a tempo e luogo secondo l’importanza, la condizione e il bisogno delle persone, ma solamente dobbiamo essere mosse a questo dalla carità 12 e dallo zelo delle anime». (Dal “Testamento Spirituale” di sant’Angela Merici, nata nel 1470 a Desenzano sul Garda, morta nel 1540, fondatrice delle “Orsoline”). Per San Giovanni Bosco, lo sappiamo, “l’educazione è cosa di cuore”. Il suo Sistema Preventivo è universalmente conosciuto e apprezzato. Potremmo fermarci per ore ad approfondirlo, traendone frutti sempre nuovi ed interessanti. Mi limito semplicemente a citarne un passaggio: «Il Sistema Preventivo forma l’allievo in modo tale che l’educatore possa sempre parlare col linguaggio del cuore sia nell’educare, sia in ogni altro momento. L’educatore, guadagnato il cuore del suo allievo, potrà esercitare su di lui una grande influenza, istruirlo, consigliarlo e anche correggerlo perfino quando diventato adulto e avrà un lavoro. Per queste e per molte altre ragioni pare che il sistema preventivo debba prevalere su quello repressivo» (San Giovanni Bosco, Il sistema preventivo, I, IV). Da queste parole comprendiamo facilmente la convinzione profonda che deve guidare ogni azione educativa: ciò che educa veramente e trasforma in profondità è l’amore autentico e sincero. L’amore è l’alimento di cui ogni giovane ha bisogno per poter crescere e svilupparsi. Tutti possiamo constatare che chi non si sente amato rimane indeciso, sfiduciato, esitante. Al contrario, chi sperimenta di essere amato è in grado di sviluppare al meglio i talenti che ha ricevuto in dono, sviluppa un “io” capace di affrontare gli imprevisti della vita e di costruire qualcosa di bello e di valido per la sua vita e per quella degli altri. CONCLUSIONE Sulla scia dell’insegnamento di queste due grandi colonne dell’educazione, concludo facendo mie quelle parole del Documento Preparatorio del prossimo Sinodo che delineano le intenzioni con cui si vuole percorrere tutto il cammino sinodale. Queste possono essere comprese come una risposta alle sfide educative del nostro tempo. «Attraverso il percorso di questo Sinodo, la Chiesa vuole ribadire il proprio desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso. Non possiamo né vogliamo abbandonarli alle solitudini e alle esclusioni a cui il mondo li espone. Che la loro vita sia esperienza buona, che non si perdano su strade di violenza o di morte, che la delusione non li imprigioni nell’alienazione: tutto ciò non può non stare a cuore a chi è stato generato alla vita e alla fede e sa di avere ricevuto un dono grande. È in forza di questo dono che sappiamo che venire al mondo significa incontrare la promessa di una vita buona e che essere accolto e custodito è l’esperienza originaria che inscrive in ciascuno la fiducia di non essere abbandonato alla mancanza di senso e al buio della morte e la speranza di poter esprimere la 13 propria originalità in un percorso verso la pienezza di vita». (DP II. Fede, discernimento, vocazione). Che possiamo davvero camminare con i giovani per aiutarli a raggiungere la pienezza della vita, alla quale aspirano e che è loro promessa.