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Pagine Gialle
EDITORIALE
NOTIZIE DALLA FEDERAZIONE NAZIONALE PROFUMIERI
FENAPRO
I dati registrati da NPD nel mese di aprile
sono particolarmente difficili da ‘digerire’:
il mercato ha perso ancora un 6,7%.
Come a dire che l’indice al ribasso non
accenna a diminuire, come già - purtroppo ampiamente previsto da tutti noi.
Possiamo ora sperare in un minor
immobilismo da parte
dei nostri partner dell’industria?
I numeri – drammatici e inequivocabili –
riusciranno a farli smuovere dalle posizioni
ingessate fin qui tenute?
Il convegno Fenapro-Unipro dello scorso
26 maggio ha forse aperto qualche spiraglio
di confronto e riflessione reciproca.
Staremo a vedere. Ma il fatto che il tempo
passi, e molto velocemente, senza
che si intravvedano reali segnali di
cambiamento, certo non aiuta.
Confidiamo, comunque, in un repentino
e concreto cambiamento.
Filo Diretto
Per far sentire la
vostra voce scrivete a:
FENAPRO
C.so Venezia, 49
20121 Milano
www.fenapro.it
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di Giovanna Maffina - foto di Efrat Kuper
Convegno Fenapro-unipro
anche dallo sforzo di cambiare e mettersi
in gioco”.
Come Capire la Crisi
‘Capire la crisi economica
e individuare le vie di uscita’.
Se n’è discusso durante il recente
convegno milanese Fenapro e Unipro.
✱
segmentazione
lusso - masstige
Crisi economica: baratro o opportunità?
Punti di vista, si potrà obiettare. Vero è
che – vuoi anche per quell’atteggiamento
‘think positive’ tipicamente italiano – non
c’è convegno in cui i relatori non cerchino
di mettere a fuoco, al di là delle evidenti
implicazioni negative, anche le reali
opportunità del cambiamento in atto.
Questa, in generale, era anche l’aria che si
respirava all’incontro organizzato da
Fenapro e Unipro ‘Capire la crisi
economica e individuare le vie d’uscita’
svoltosi a Milano, presso il Palazzo
dell’Unione, lo scorso 26 maggio.
Un mercato sovradimensionato
“Il fantasma che da tempo aleggiava sul
settore è diventato reale minaccia - ha
esordito il presidente Fenapro Nicola
Ostuni -. In un mercato sopravvalutato e
sovradimensionato, già da qualche anno
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in evidente difficoltà, la situazione, negli
ultimi mesi, è rapidamente degenerata. A
fronte di un’ulteriore flessione delle
vendite del selettivo (- 7,6% nel mese di
aprile), di tante chiusure annunciate e di
profumieri schiacciati dalla morsa dei
debiti, è evidente che la volontà di
cambiamento non può essere lasciata alla
semplice iniziativa individuale di alcune
aziende. Ci vuole coesione, ci vuole
coralità. Il dialogo è la premessa per
individuare vie d’uscita alla crisi. E se è
vero che ‘piccolo è bello’ - come
recentemente affermato dallo stesso
Carlo Sangalli (presidente di
Confcommercio) - e che stiamo uscendo
dal concetto di globalizzazione a cui
eravamo finiti con il dilatarsi della
competizione internazionale, allora che le
aziende industriali nostre partner si
impegnino a dare una mano a quei piccoli
profumieri che costituiscono il tessuto del
nostro mercato. Intanto cominciando a
riqualificare il mercato: la banalizzazione
Nicola Ostuni
evoluzione del lusso
Fabrizio Gelati
di prodotto, i lanci privi di spessore hanno
sortito effetti devastanti. La distribuzione,
dal canto suo, deve perseverare nella
direzione del servizio per differenziarsi
dai competitor, mentre la FEDP
(Federazione Europea dei Dettaglianti
di Profumeria) sta lavorando affinché si
trovi presto un accordo con la
Commissione UE sul rinnovo del
contratto. Un rinnovo che si auspica vada
nella direzione di una valida tutela del
mercato cosmetico europeo”.
Sì a una profumeria nuova
“Come ampiamente messo in luce anche
dalla recente ricerca Nielsen condotta per
Unipro - afferma Fabrizio Gelati,
presidente Gruppo Vendite in Profumeria
- , la profumeria continua a essere in cima
alle preferenze degli italiani. Non solo. Una
cospicua fetta di consumatori che ancora
frequenta poco il canale potrebbe
potenzialmente entrare nell’orbita del
selettivo se stimolato e coinvolto nel modo
giusto. Come lavorare in futuro per far
entrare più gente nei negozi?
Naturalmente facendo leva su quei valori
unanimemente riconosciuti al canale: la
qualità, il consiglio, l’assortimento e la
fiducia. È un impegno complesso e
importante in termini di investimento, ma
assolutamente necessario se si vuole
riguadagnare terreno. Un investimento
che vede coinvolti noi, ma anche i
profumieri che devono lavorare al
rinnovamento dei punti vendita. La
costruzione del valore passa per forza
Stefania Saviolo, direttrice MADEF SDA
Bocconi, ha condiviso i risultati di
un’indagine sull’evoluzione del concetto
di lusso all’interno di mercati dotati
di forte intensità simbolica.
La tendenza al cambiamento che
interessa i settori del food, della bellezza e
del design, presenta caratteristiche
omogenee. Tre sono i trend individuati:
l’emergere di una nuova cultura di
consumo; l’emergere di nuove
segmentazioni a livello di mercato, canali e
prodotti; l’individuazione di una nuova
risposta da parte del lusso.
Una nuova cultura di consumo
Si evidenzia una nuovo, spiccato
orientamento al valore. Non si tende più a
consumare per essere. Se prima
acquistare aveva una forte valenza
simbolica, ora si acquista per necessità o
volontà, attraverso la ricerca del valore
d’uso del prodotto e del costo per l’uso.
Da qui l’emergere di un nuovo valore del
prezzo, che porta a sgonfiare il peso degli
acquisti e ad andare a cercare il valore
anche in canali meno elitari, più ‘popolari’,
un tempo tenuti lontani. La nuova presa
di coscienza che anche il prezzo ha un
peso importante fa sì che il consumatore
si muova da marchi premium ad altri di
masstige, attenti al rapporto qualità/
prezzo.
Nuove segmentazioni di mercato
Il consumatore oggi vuole comunicare di
sé cose nuove, senza necessariamente
esibire la propria ricchezza. I brand
dunque devono riconsiderare le ragioni
della loro esistenza: questo ridisegna i
confini tra i vari segmenti che orbitano
nella sfera del lusso e del mass. Da qui
l’imporsi, appunto, del masstige, in cui
Stefania Saviolo
✱ predomina
il valore
del prodotto
d’uso
di lusso
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✱
retail: polarità
tra concept store
e atelier monomarca
qualità e stile sono fortemente legati al
concetto di serialità. In questo modo il
lusso diventa accessibile, con un forte
contenuto moda e ben rappresentato da
location capaci di supportare stile e
visibilità dei beni di lusso distribuiti. Per
contro, nell’alto di gamma si collocano le
aziende produttrici di pezzi unici, che
fanno dell’artigianato, del fatto a mano,
dell’unicità la loro forza. A livello di retail
le due tendenze si esplicitano, da un lato,
attraverso i concept store e le boutique
multimarca (lusso lifestyle), dall’altro
attraverso atelier monomarca
(extralusso). Il populux (lusso popolare,
fatto di beni di consumo a basso prezzo
con elevato percepito moda) ha già le sue
icone. Si veda ad esempio, i beni
‘commodity chic’ che, attraverso una
rilettura del design e il concetto di
edizione limitata, ritrovano un valore
esclusivo del tutto nuovo. In tal modo
prodotti un tempo considerati indistinti,
come ad esempio il cioccolato (si veda
Godiva), si caricano di valore aggiunto.
Pressione fiscale iniqua con le PMI
L’indagine è stata presentata da Unindustria Bolognese, ma la
fotografia scattata sul livello di tassazione delle PMI bolognesi in
realtà potrebbe essere estesa a tutta Italia. Dallo studio si evince
infatti che la pressione fiscale delle pmi se rapportata a quella
delle grandi aziende risulta iniqua e sbilanciata. I trattamenti
tributari infatti risultano essere fortemente legati alla dimensione
d’impresa. In pratica, più sei grande più risulti avvantaggiato. Le
piccole imprese risultano più tartassate con punte del 40,3%,
mentre per le grandi si scende fino al 15,7%. A incidere
maggiormente è l’Irap (91,4%), mentre l’Ici pesa per il 4,5%.
Unindustria Bologna ha così identificato alcune misure per il
contenimento dell’impatto dei tributi locali più significativi sui
bilanci delle aziende. Per quanto riguarda i rifiuti, ad esempio, si
chiede di passare da un tributo a una tariffa commisurata alla
effettiva produzione dei rifiuti e al conseguente servizio di
smaltimento, laddove oggi il prelievo risulta essere commisurato
all’occupazione egli spazi.
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Come risponde l’industria del lusso
Autenticità. Si riscopre il valore della
tradizione, del back to basic, della propria
autenticità. La marca focalizza le proprie
competenze originarie. Esempio: Illy e la
costruzione del valore attraverso la
legittimazione del prodotto e del prezzo.
Innovazione. Un vento nuovo percorre
prodotti, occasioni d’uso e servizi.
Esempio: Tod’s che gioca sulle diverse
occasioni d’uso attraverso il giusto mix tra
slow e fast, dove slow è il prodotto-base
reinterpretato e fast è il prodotto nuovo
che avanza.
Integrazione. Dalla supply chain alla
demand chain: dalla catena del valore
spinta dalla produzione a quella tirata
dalla domanda. Il punto di partenza
diventa il cliente. Integrare significa
creare valore sul punto di vendita. Come?
Attraverso la specularità tra industria e
distribuzione, ove la prima deve lavorare
sull’immagine di marca e sulla struttura
dell’offerta che per la seconda diventano
immagine dei negozi e struttura
dell’assortimento in modo esperienziale.
Il lusso necessario è immateriale
“Per i prodotti del Lusso Necessario spiega Cecilia Gandini, autrice insieme a
Marco Turinetti dell’omonimo libro e
relatrice al convegno - non più la materia
in sé, ma piuttosto tutto ciò che di
Cecilia Gandini
immateriale è stato creato intorno al
prodotto (e all’azienda) rappresenta il suo
concreto valore: aspetti intangibili che
incarnano ciò che di bello, divertente,
etico quel prodotto rappresenta”.
La centralità dei prodotti
Le merci ricoprono un ruolo sostanziale
nell’economia moderna, tanto da
rappresentare quasi 1/3 del PIL di un
Paese avanzato. Il loro peso, poi, è in
continuo aumento anche grazie
all’innovazione: basti pensare che molti
dei prodotti oggi utilizzati non esistevano
dieci anni fa. Nel tempo il prodotto si è
arricchito di nuovi valori: oltre alla
semplice funzione d’uso, oggi è veicolo di
benessere e lifestyle. La ragione?
Il consumatore cerca la gratificazione,
non più l’esibizionismo del passato; si
arriva allora a un nuovo concetto di lusso
necessario, ove il lusso non è più sinonimo
di ostentazione, ma sottende al bisogno di
concedersi piccoli sfizi quotidiani (es:
insalate già lavate e pronte all’uso). In tale
ottica ogni bene può essere valorizzato e
concorrere ai piccoli ‘lussi necessari’ della
quotidianità. “Il mercato del lusso si è
ampliato e modificato: è così integrato nel
quotidiano da essere diventato un bene
discrezionale, una sorta di Lusso
Necessario appunto o, addirittura, di
Nuovo Bisogno, in grado di assorbire
quote significative di reddito da un
pubblico numericamente crescente, in
Italia come all’estero, e determinato a
garantirsi privilegi non revocabili”.
Il ruolo della recessione
Le radici della nuova tendenza affondano
nella mutata situazione economica
internazionale. La recessione in atto ha
alimentato nel consumatore la
convinzione di voler mantenere il proprio
standard di vita, rinunciando a qualcosa,
ma spendendo su altro. Ove per ‘altro’ si
intende tutto ciò che è in grado di
soddisfare esigenze di benessere,
gratificazione e desiderio. Tale approccio
ha determinato un forte mutamento nelle
dinamiche concorrenziali tra brand,
mutando le prospettive e cambiando la
fisionomia dei mercati, tanto che oggi si
parla sempre più frequentemente di
‘convergenze influenti’, competizione
allargata, concorrenza verticale, ove il
confronto tra brand assume sfaccettature
diverse rispetto al passato. Gli esempi si
sprecano. C’è il caso di Evian, che nel suo
riposizionamento verso l’alto ha sfruttato
il trend delle acque à la carte, sposando il
concetto di serie limitata. Poi la catena
francese Monoprix che a giugno 2008 ha
lanciato una linea di piatti tipici
internazionali firmati da chef molto noti e
realizzati con materie prime di stagione,
oppure Migros, che con la sua Selection
propone un assortimento di specialità
provenienti da ogni parte del mondo,
confezionate con un pack molto curato
e la promessa di “trasformare un giorno
normale in un giorno speciale”.
Rinunciare a qualcosa per investire su
qualcos’altro ha determinato un altro
fenomeno (che i sociologi chiamano ‘mix
and match’ - ‘mischio e metto insieme’)
che vede il consumatore scegliere
disinvoltamente canali di spesa diversi,
esclusivi o popolari a seconda delle
diverse occasioni d’uso.
Cresce il bisogno di benessere
In tale capovolgimento di valori la
dimensione del benessere ha un deciso
✱ esempi di lusso
necessario:
• Evian
• Monoprix
• Migros
✱
fenomeno
del ‘mix and match’
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30-06-2009 15:14:33
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DIBATTITO: lA pArOlA AI rElATOrI
LuiGi mArAzzi Scegliere,
Antonella Grua Ogni crisi ha in sé
un’opportunità. Per coglierla bisogna
lavorare in partnership. Il terreno su cui, a
mio parere, ci si deve confrontare subito è
l’eccesso di offerta che significa
insostenibile esposizione finanziaria per il
profumiere. È una questione delicata che
riguarda ormai indistintamente molti
keyplayer della distribuzione. Proprio
l’eccesso di offerta determina un
problema di attribuzione di valore che
✱
nel settore del
benessere, l’estetica
del luogo ha un ruolo
fondamentale
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sopravvento e diventa un ingrediente
fondamentale per nobilitare l’offerta.
Benessere fa rima con attenzione
all’ambiente, è il trionfo del ‘green
wellness’. “L’alimentazione è la prima
area associata al benessere (si pensi a
tutto il functional food) e ruota attorno
al concetto di naturale e tradizionale.
Seguono a ruota cosmetica e fitness,
il cui boom ha portato a un proliferare
di palestre, centri estetici e SPA
completamente rivisti da un punto
di vista estetico e architettonico rispetto
al passato. L’estetica del luogo è diventata
a tal punto fondamentale da trasformare
molti di questi spazi in eleganti resort,
che puntano su elementi di
spettacolarizzazione, accuratezza
dell’ambiente, servizio a 360°. Non solo.
Per venire incontro al consumatore nel
momento di crisi si è cominciato a
frazionare l’offerta dei servizi, creando
abbonamenti a tempo, anche di un giorno.
Questa logica ha coinvolto non soltanto
palestre e centri fitness, ma anche
i corsi per il tempo libero in generale
(corsi di cucina di un solo giorno; fiale da
60 ml di vino So Chic). Si accorciano,
dunque, i tempi per venire incontro al
ridotto potenziale di spesa del cliente
così come al suo bisogno di non sentirsi
vincolato a impegni troppo prolungati.
Perché proprio il tempo diventa un valore
fondamentale di cui godere e da
centellinare.
Antonella Grua
diventa molto rischioso per il mercato.
Soprattutto perché, in parallelo, la
farmacia si sta trasformando: nella
gestione del lineare e dello spazio interno,
così come nella relazione con il cliente.
Qualcuno ha già attrezzato spazi privati e
chiusi, piccoli salottini, dedicati al
consiglio e alla consulenza. La profumeria
come intende rispondere?
Gabriella Scarpa È evidente che
questo momento di cambiamento impone
un confronto tra chi produce e chi vende.
Le soluzioni per uscirne senza troppi
contraccolpi? Una su tutte: tornare alle
origini. Che significa cominciare a
selezionare, proprio come si faceva un
tempo. L’eccesso di offerta, visto da tanti
distributori come elemento strategico, è
diventato un fardello da alleggerire. Fate
scelte qualificate, lavorate sul servizio,
sulla relazione con il consumatore, sulla
Gabriella Scarpa
personalizzazione dell’offerta.
Noi abbiamo probabilmente esagerato
con l’eccessiva attività di lancio, ma voi
non avete resistito alla tentazione di avere
tutto. Diminuire farebbe molto bene
all’immagine del negozio. Bisogna
scegliere se essere profumerie o
supermercati. Infine, c’è bisogno di
maggior trasparenza, da parte di tutti.
Mesi fa abbiamo chiesto ai nostri
concessionari informazioni sullo stock
e sulla rotazione: volevamo ci aiutassero
ad aiutarli! Solo un centinaio tra loro
ha risposto.
selezionare? Un punto vendita ben
assortito non può avere meno di
8.000-9.000 referenze. Lavoriamo
in continuo destoccaggio perché
aumenta il peso delle novità – nei
primi 3 mesi del 2009 il peso del
nuovo ha toccato il 27,8%! – e al
tempo stesso non possiamo
permetterci di non spingere i
prodotti non riassortiti con la nostra
clientela. Consolidare le novità
diventa sempre più problematico:
non si fa in tempo a creare il
mercato di un certo prodotto, che
sparisce. È vero, poi, che bisogna cercare
di sagomare l’assortimento sul proprio
bacino d’utenza, ma i bisogni della
clientela sono molto cambiati e si fatica
sempre di più a metterli a fuoco. A
complicare le cose si aggiunge anche il
declino delle referenze mass che pesa per
il 10-15% sul totale assortimento del
canale. Il forte decremento registrato
nell’ultimo anno (-20%) lascia
chiaramente intendere che l’afflusso di
clientela è molto diminuito. Nei nostri
negozi entra sempre meno gente. Allora
proviamo a cercare di capire come
ricreare traffico.
Luigi Marazzi
Gianluca Cerasoli Ma chi l’ha
detto che il consumatore ricerca il lusso in
profumeria? Perché allora la farmacia sta
crescendo? Penso piuttosto che
l’orientamento di consumo premi il
JeAn GuiLLAume Trouvin Il nostro
‘masstige’. Il consumatore non è
motto? “No down pricing, no down
monolitico, ha sfaccettature – e
sizing”, che in sostanza significa non
aspettative - molto diverse che
vanno ben interpretate. Insomma,
ci sono mille modi di intepretare il
mercato e mille modi di fare
profumeria. Attenzione
all’omologazione! Se omologhiamo
la nostra offerta e i nostri punti
vendita ai parametri del lusso,
puntando tutto sull’offerta
premium, non andremo da nessuna
parte. Il punto è che sembra quasi
che sia diventato imbarazzante
Gianluca Cerasoli
parlare di ‘classe media’.
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30-06-2009 15:15:07
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Jean Guillaume Trouvin
cedere alla tentazione di abbassare i prezzi
o diminuire i formati. Chanel dice quello
che fa e fa quello che dice: anche con
riferimento al parallelo abbiamo una linea
di condotta molto chiara. Inutile negare
che le novità in eccesso non costituiscano
un problema per il mercato. Per questo
ogni giorno ci sforziamo di selezionare.
Certo scegliere è difficile, ma è
imprescindibile. Non credo sia un caso che
mi capiti sempre più frequentemente di
imbattermi in punti vendita di grandi
dimensioni vuoti, mentre per contro molti
piccoli – spinti sul servizio con 4/5 vendeuses
– lavorano a ritmo sostenuto...
l a par ol a al l a pl aTEa
La capacità di scegliere diventa
valore strategico
Nel corso del dibattito tra i presenti
si è tornati a più riprese sul concetto
di ‘scelta’. Stare da una parte o dall’altra,
decidere di tenere in assortimento
un certo marchio e non l’altro, fa la
differenza? Ecco alcune risposte
Paola lago Il punto è capire che tipo di
distributore si vuole essere e, in base a
questo, operare precise scelte di campo.
Se si punta a un assortimento di 500
marchi, non si può pretendere di farli
girare tutti. La formazione è un fattore
strategico, dite? Ma allora perché non
Paola Lago
Mario Fiore
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Armando Peressoni
razionalmente chi ha potenzialità giuste
per quel tipo di offerta e chi no.
riusciamo ad avere le vostre ragazze ai
corsi? Se il personale non è credibile, la
clientela va altrove. Abbiamo
recentemente lavorato a un progetto
molto selettivo dedicato ad Acqua di
Parma. Sapete qual è il punto vendita al
top delle vendite? Una farmacia.
Mario Fiore La farmacia ha un grosso
vantaggio rispetto a noi: dispone di
precise regole che mancano al nostro
canale. Le regole del canale vanno
riscritte. Mi auguro, dunque, che anche
a livello europeo la FEDP riesca a trovare
un accordo con la Commissione UE per
dare una nuova regolamentazione
al mercato. Il rischio, altrimenti, è che la
liberalizzazione appiattisca il canale.
arMando Peressoni Certo, bisogna
scegliere. Infatti noi i nostri marchi
cerchiamo di selezionarli con cura. Poi
allestiamo le vetrine perché siano
attraenti, forniamo il consiglio giusto,
raccontiamo i prodotti… E poi? Poi
succede che la cliente va ad acquistare il
prodotto nel negozio che non è
concessionario perché costa meno!
gianluca cerasoli 500 marchi?
Incapacità di scelta? Ma di cosa stiamo
parlando? I marchi che contano e che
fanno entrare la gente in negozio sono
15-16 non 500. Peccato che tutti assieme
facciano 800 referenze...
Mario Baccaro Certo, è giusto
scegliere. Ma in un mercato
sovrastimato come il nostro,
qual è la scelta giusta da fare?
Non è semplice, considerato che ci
troviamo di fronte a un cliente che fa
fatica a mettere a fuoco ciò che
realmente vuole. E comunque,
proprio in virtù del fatto che scegliere
diventa un diritto-dovere, fuggiamo
dall’omologazione. Nel nostro mercato
EsisTE un a via d’usciTa?
Mario Baccaro
ci sono vari posizionamenti di
profumeria e tutti possono coesistere.
Peter gladel Mai come in questo
preciso momento storico ci troviamo di
fronte a un consumatore perfettamente
in grado di scegliere. Il nostro marchio,
pur presidiando da sempre una fascia
molto alta del mercato, continua a non
avere problemi perché evidentemente il
consumatore trova nei nostri prodotti
qualcosa che non trova altrove. Se non
funziona, non lo ricompra. Se, invece lo
ricompra, com’è nel nostro caso, allora è
evidente che riconosce una qualità e
un’efficacia superiori, che giustificano il
costo elevato. Anche La Prairie si è
trovata e si trova spesso nelle condizioni
di dover scegliere. Scegliamo ogni volta
che dobbiamo selezionare quali tra i
nostri concessionari possano vendere i
nostri prodotti più cari, da 800 euro:
senza voler discriminare nessuno,
ma semplicemente analizzando
Peter Gladel
Se da un lato la coralità del dibattito ha
dimostrato come il destino della
profumeria selettiva continui a stare a
cuore a molti, dall’altro ha messo
ampiamente a nudo luci e ombre ancora
esistenti nel rapporto tra industria e
distribuzione. I problemi sono quelli di
sempre, ma a essere diversa – ovvero
ancor più pressante – è l’urgenza con cui
bisogna affrontarli. Gli obiettivi che la
Fenapro intendeva e intende raggiungere
sono stati ribaditi anche davanti alla
numerosa platea che presiedeva il
convegno. Coinvolgono sia i produttori sia
gli stessi distributori. Ai primi si chiede
una profonda riqualificazione dell’offerta,
attraverso la riduzione delle quantità di
prodotti immessi sul mercato. I lanci che
non hanno alcuna valenza strategica
depauperano il mercato. Ma anche i
profumieri devono lavorare alla
riqualificazione del rapporto con la
clientela, prendendo coscienza dei
profondi cambiamenti intervenuti nel
consumatore, per proporre un’offerta
adeguata e un approccio di vendita più
consono. Gli investimenti in formazione
appaiono, dunque, in quest’ottica un
percorso obbligato per la valorizzazione
della propria attività. È su questi temi che
bisogna confrontarsi in tempi rapidissimi.
La necessità di trasparenza sembra
essere sentita come fondamentale da
entrambe le parti. Vista la drammaticità di
una crisi che ha già fatto vittime tra i
piccoli player della distribuzione,
schiacciati da obiettivi impossibili e alle
prese con istituti bancari che hanno
chiuso i rubinetti del credito, i convegni
servono a ben poco se poi non ci si siede
attorno a un tavolo per individuare
soluzioni ai problemi. È tempo di
confrontarsi
Gianandrea Positano
Cesare Massa
Mario Verduci
Elena Semproni
Paolo Galimberti
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pagine gialle FENAPRO
A pr oposito del c on vegno…
Pubblichiamo la lettera di Andrea Malinverno, presidente della FEDP
e consigliere Fenapro.
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Nell’attesa che dal convegno uscisse dal cilindro il coniglietto bianco con le indicazioni per il
futuro, un fantasma aleggiava sulle teste dei presenti. Un fantasma che si aggira da qualche anno
nel canale della Profumeria Selettiva. Un fantasma ormai senza carta di identità o passaporto. Un
fantasma senza nome che si diverte a fare dispetti anche pesanti al nostro canale. Un fantasma
vecchio e nuovo al tempo stesso che spaventa e preoccupa
gli operatori. Possiamo chiamarlo ‘liberismo esasperato’?
Machiavelli diceva che “il fine giustifica i mezzi”. Oggi si dice “business is business”.
E anche la produzione del business per la profumeria segue la regola spinta dalla
globalizzazione. L’iniziativa privata, la libertà individuale di muoversi nel libero mercato hanno
ancora un senso in un mondo che cambia vertiginosamente in direzione globale?
Ecco perché chi dal convegno si attendeva risposte sulle indicazioni future è rimasto deluso.
Eppure, nel presiederlo, Antonella Grua ha sottoposto con estrema chiarezza la posizione
di grande difficoltà della profumeria selettiva nel far fronte oggi al mercato.
E la presenza dei massimi responsabili di Chanel e Dior lasciava presagire qualche indicazione,
qualche indirizzo, qualche via d’uscita. Invece abbiamo avuto sia da Gabriella Scarpa
sia da Guillaume Trouvin la conferma di quanto già era emerso negli incontri marchio/
concessionari. Ambedue dichiarano che non possono fare a meno di perseguire i loro programmi;
se si comportassero diversamente infatti “verrebbero meno i contenuti previsti per mantenere
alto il prestigio e il consumo dei loro marchi”. Come dar loro torto? Ma non possiamo dimenticare
che molti protagonisti della distribuzione selettiva, che hanno contribuito a costruire il ‘valore
aggiunto’ di cui parlano, vengono tagliati fuori a causa
di questa crescita esasperata di novità o presunte tali e si ritrovano a erogare forti iniezioni
di capitale per cercare di non perdere l’investimento costruito negli anni insieme ai vari marchi.
Questo nella speranza di mantenere consumo e incassi che anche la bolla della finanza creativa
americana ha compromesso. Né basta rispondere che bisogna scegliere di diminuire il numero
delle marche rappresentate, ben sapendo che gli stock in profumeria sono sempre stati pesanti
perché questa era la via (già abbandonata) per fare più incassi.
Alla domanda degli associati su cosa facciano le Associazioni o le Federazioni per difenderli dalla
perdita di liquidità, di incassi o di marchi, non basta più rispondere con i soliti ritornelli, quando in
molti hanno persino impegnato i gioielli di famiglia per seguire le politiche strategiche delle Case.
Ecco perché il fantasma vaga ancora senza nome e senza identità, purtroppo anche negli altri
Paesi europei. Compresi quelli appena ieri emergenti. Il fatto che industria e distribuzione si
ritrovino più spesso è utile, ma è sempre più difficile negoziare contratti e concessioni in una
situazione economica come quella attuale. E intanto a maggio 2010 scade il Regolamento UE
relativo all’applicazione dell’art. 81, paragrafo 3 del Trattato CE a categorie di accordi verticali e
pratiche concordate, da cui la profumeria selettiva in deroga ha generato la propria identità con
contratti e concessioni. E poiché, nonostante tutto, a questa forma di distribuzione crediamo, in
qualità di Federazione Europea (con tutti i Paesi vecchi e nuovi) abbiamo presentato alla direzione
generale della apposita Commissione sulla libera concorrenza le nostre proposte per l’esenzione
della profumeria selettiva. In sostanza una richiesta di rinnovo, visti i cambiamenti di questi anni
nella distribuzione selettiva europea.
A Bruxelles il nostro destino! Vedremo quante e quali aziende chiederanno la deroga in tale
direzione. Certo è che noi non vogliamo essere solo il mezzo per il loro fine.
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