Per un maestro generico di canto v vocologia
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Per un maestro generico di canto v vocologia
Per un maestro « generico » di canto !1 a cura di Paolo Zedda Per capire la « nuova vocalità » è essenziale stabilire che l’arte deve riflettere ed esprimere la propria epoca; e deve comunque riferirsi al passato, accettare il peso della storia (…) 2 Cathy Berberian La frase di Cathy Berberian che negli anni 1970 faceva sopratutto allusione alla necessità di uscire dalla tirannia delle « élites » e delle tecniche vocali « classiche », per aprirsi ad altre culture, stili ed emissioni, può illustrare perfettamente anche la situazione attuale del canto e dell’evoluzione che necessita il suo insegnamento. Ci offre inoltre spunti fondamentali per motivare ed incitarci a realizzare quella continuità necessaria ad ogni evoluzione. Il XX° secolo, grazie all’avvento dell’amplificazione, ha aperto nuove vie musicali da esplorare e reso possibili emissioni inaudibili o inefficaci in versione acustica : oggi anche chi « non ha voce » può cantare e tentare un’eventuale carriera professionale, imponendosi spesso grazie ad una « firma » vocale ed interpretativa resa possibile dal filtro dell’amplificazione. Queste « nuove » emissioni si sono aggiunte a quelle numerose che, dal canto classico al canto tradizionale, si esprimevano in versione acustica da… alcuni millenni. L’espressione spontanea della maggior parte di queste emissioni è stata l’oggetto di interesse da parte di pedagoghi della voce che, attraverso i secoli, hanno contribuito ai vari tipi di codificazione. Queste ultime, presenti tra l’altro in molti manuali e trattati, hanno permesso la diffusione ed il « controllo » di stili e repertori vocali « consacrati » da musicisti che hanno composto opere vocali, tenendo conto delle possibilità, talvolta eccezionali, di cantanti che sono stati spesso una efficace fonte di ispirazione. Perchè parlare di un maestro « generico » di canto? L’inevitabile, continua, e necessaria apertura verso nuove vocalità, ma anche la pretesa riscoperta di vocalità « antiche » (per esempio quelle della moda « barocca » di questi ultimi trent’anni), ha complicato l’approccio pedagogico, provocato la nascita di terminologie nuove e rinforzato spesso una confusione, sopratutto « tecnica », che può disorientare gli allievi e contribuire al declino di molte belle voci. Alla celebre ed emblematica « omogeneità » vocale ricercata in molti repertori classici, consacrati dal termine « Belcanto », e richiesta anche dall’esigenza di occupare con la voce lo spazio delle diverse sale da concerto in modo efficace, si è aggiunta sempre più la necessità 1 Il presente articolo riflette la problematica che è stata presentata per la prima volta al 1° Convegno organizzato dall’associazione D. I. V. A. (Didattica Integrata Voce Artistica) a Roma nell’ottobre 2010 : La didattica della voce artistica, e fa parte degli Atti : Sulla voce, Riflessioni, didattica ed esperienze sulla voce artistica a cura di Fabiana Cruciani che presenta così l’associazione : Da un’idea, o forse da un sogno, di Loredana Lubrano (l’attuale presidente) si è costituita nel 2009 D.I.V.A. , un luogo ideale d’incontro tra diverse e spesso lontane esperienze legate al mondo musicale e vocale. D.I.V.A. nel suo interno accoglie musicisti, cantanti, logopedisti, medici, insegnanti che hanno scelto il fertile terreno del confronto per “parlare” di didattica del canto e di voce in tutte le sue possibili espressioni e implicazioni. Un incontro confronto che si è alimentato grazie alla partecipazione dei componenti di D.I.V.A. al corso di alta formazione in Vocologia Artistica, quella felice “invenzione” di Franco Fussi che ha permesso ad ognuno di noi di addentraci nei meccanismi più sofisticati della voce senza tradirne il “mistero". 2 Estratto da : Rachele Maragliano-Mori, Coscienza della voce nella scuola italiana di canto, Milano 1970, p.183-185. 1 di spiegare ed esercitare la libertà rivendicata da molti altri approcci della voce che accettano la « rottura » dei meccanismi vocali (sopratutto tra quello « di petto », detto anche meccanismo 1 e quello « di testa », detto meccanismo 2), la mescolanza di emissioni praticate sia nel canto tradizionale che in quello moderno, e « contemporaneo dotto », fino alle « voci estreme » o « distorte » del growl, del grunting, dello scream o del rattle… Queste utime fanno ormai parte della ricerca medico-foniatrica che osserva e verifica le « performances » di quegli interpreti che sanno utilizzare queste emissioni senza danneggiare lo strumento vocale… Il canto possiede una ricca letteratura (libri, trattati, metodi, ecc …) che da alcuni secoli cerca di spiegare numerose fenomenologie canore esplorate sopratutto dalla pedagogia « classica » della voce ed ha ispirato numerose ricerche scientifiche che ci permettono di confermare, contraddire e/o precisare numerose intuizioni presenti in molti manuali e tradizioni del passato. Dallo « squillo » allo « shirmer », al « singing formant », al « twang », ecc…, diverse etichette ricoprono spesso l’espressione di fenomeni vocali appartenenti ad una stessa famiglia concettuale… Nel caso del singing formant 3, si osservano e studiano le capacità/possibilità di diffondere una voce efficacemente in luoghi dall’acustica favorevole, ma anche il loro influsso positivo nel salvaguardare una voce. La confusione tecnica evocata, si esprime in modo evidente in molti manuali e metodi che continuano a nascere per palliare tra l’altro al vuoto formativo istituzionale, ed offrire a futuri insegnanti un supporto coerente al loro approccio pedagogico della voce. Malgrado la loro importanza nel contribuire a mantenere vivo l’interesse ed il dialogo necessario alla progressione della pedagogia vocale, l’originalità spesso rivendicata è talvolta veicolo di pericolose « verità assolute » ed imprecisioni. Delle nozioni che sembravano ormai « acquisite », come quella di vibrato, vengono regolarmente rivisitate e spesso disorientate. Il vibrato, anzichè restare un’elemento di equilibrio pneumo-fonico, esprimente una certa libertà vocale, può essere considerato per esempio un semplice ornamento4, o diventare un elemento « variabile » che nel migliore dei casi ingloba diverse oscillazioni musicali che non producono patologia (come il trillo barocco), ma spesso anche quelle che indicano piuttosto un invecchiamento della voce (voce che balla, voce caprina, ecc…), anche quando queste ultime potrebbero avere una connotazione culturale o estetica : certe oscillazioni accettate per esempio in molte individualità o stili di canto tradizionale o moderno… « La vocalità popolare però non è lontanissima dalla voce lirica, ne è diversissima e lontana per canoni estetici, ma non tecnici. (…) la voce popolare accetta solo un vibrato naturale, mentre la voce lirica ha bisogno di un forte vibrato che ne prolunghi il suono(…)5 3 (…) Quando un locutore non possiede mezzi elettronici per amplificare la propria voce, deve adattare la sua emissione alla distanza che lo separa dal suo o dai suoi auditori. (…) Questo tipo di emissione è chiamata voce « proiettata » (voix projetée) dagli attori. (…) Il rinforzo armonico tra i 2000 e 4000 Hz, che caratterizza la voce dei cantanti d’opera, è stato studiato da numerosi autori sotto il nome di "shimmer" (Bartholomew, 1934), di "ring" (Winckel, 1956 et Vennard, 1964) o di "Singing Formant" (Sundberg, 1970). Estratti tradotti dall’articolo di Nicole Scotto di Carlo (1998/1999). "Caractéristiques acoustiques de la portée de la voix". Bulletin de l'Académie de Chant, No. 7, pp. 12-18. 4 Un vibrato da evitare in certi repertori, e ciò riferendosi talvolta a manuali per strumentisti che esprimono senz’alcun dubbio intelligenza, capacità di analisi, ecc…, ma anche tanta soggettività : per esempio, il celebre manuale di Johann Joachim Quantz (1697-1773) per il flauto traverso : Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen (Berlin 1752). 5 Fedele al detto : « si dice il peccato e non il peccatore » … , non vi darò il nome della celebre cantante e 2 Una tra le tante citazioni in cui un utilizzazione errata del termine vibrato crea inutili confusioni. La voce « lirica », nella sua migliore espressione, non ha bisogno di un vibrato definibile comme forte, ma proprio di quel vibrato naturale che oscilla intorno al ¼ di tono, grazie ad una pressione sottoglottica ideale, capace di preservare la salute vocale e di soddisfare alle necessità di « portanza » della voce in grandi sale e al di sopra di grandi orchestre. Ricordo peraltro che le « voci pop/olari » utilizzano molto più spesso suoni fissi che vibrati… Ed in ogni caso non è facile imparare a percepire e distinguere un buon « vibrato »6 da altre oscillazioni sintomatiche di un errato funzionamento della voce. Come ritrovarsi dunque in tutta quella serie di suoni, più o meno « salutari », che può produrre una voce e che continuano ad essere selezionati da orecchie « fallibilissime », soggettive, influenzate da vari filtri7, spesso inconsci che intervengono e « dirigono » le diverse pratiche valutative utilizzate per orientare e/o « correggere » una voce ? Perchè formare un maestro generico di canto? La risposta pedagogica abituale che viene data alla necessità di capire ed esercitare questa grande varietà di voci ed emissioni è quella di differenziare ed « isolare » i maestri e gli approcci. In molti casi si sente dire, con molta superficialità, che i principi sono gli stessi e che le differenze sono « solo » un problema di stile… Sono invece convinto della necessità di creare anche in campo istituzionale formazioni « generaliste »8 che, nell’ottica di una visione globale della voce, e delle sue molteplici emissioni possibili, permetterebbero ai pedagoghi di orientare meglio il vasto pubblico a cui si rivolgono ed uscire da concezioni monomaniacali della voce. L’aggettivo « generico », preso in prestito dal vocabolario medico, si addice perfettamente a questo tipo di insegnanti capaci di dare le basi comuni e di iniziare alle differenze che caratterizzano i diversi approcci canori, senza dimenticare poi di orientare, al momento più opportuno, verso « specialisti » capaci di approfondire e personalizzare le esigenze stilistiche delle varie emissioni e stili ricercati. Per quale pubblico? Con quali ambizioni? La pratica dilettante e semi-professionale del canto, che occupa la maggior parte del lavoro di un maestro di canto, è un altra valida ragione che incita ad una formazione che crei insegnanti consapevoli della moltitudine di suoni che bisogna saper selezionare ed «ordinare» a seconda delle necessità tecniche e delle aspirazioni artistiche richieste dalle voci degli allievi. compositrice di musica tradizionale che ha fatto questa affermazione imprudente, evocata da Fabiana Cruciani, in nota alla pagina 9 della sua tesina di Vocologia Artistica : Una conciliazione impossibile ? la vocalità contemporanea come terreno di mediazione tra colto e popolare. 6 Vedi per esempio l’articolo di Johan Sundberg : « Acoustic and psychoacoustic aspects of vocal vibrato » che si può scaricare su internet in versione pdf o le definizioni che ne danno Sivia Magnani e Franco Fussi che distinguono il vibrato di « ampiezza » da quello di « frequenza » offrendo così altre piste di riflessione intorno a questo concetto essenziale, sintomatico di un funzionamento più o meno sano dello strumento vocale. 7 Filtro linguistico, Filtro culturale, Filtro estetico, Filtro emozionale… Vedi in : Paolo Zedda, L'oreille du chant, Journal de l'AFPC N° 15, ottobre 2008 ; articolo scaricabile su http://zeddap.perso.neuf.fr/paolozsite/ 8 Molti metodi, come il « Voice craft » di Jo Estill , il « Vocal power » di Elisabeth Howard, la « Complete Vocal Technique » di Cathrine « Sadolin »… ricercano ed operano nello stesso senso. 3 Insomma, sentire sempre più dei maestri di canto dire per esempio delle frasi del tipo : « questo suono, inadeguato nell’emissione classica, potrai utilizzarlo in un brano di musical (detto legit dagli americani), quest’altro, in un’emissione amplificata » - ecc… ecc... Riconoscere tra l’altro che certe utilizzazioni del registro di petto femminile, anche in campo classico, non sono necessariamente errate tecnicamente, ma sono spesso relazionate a diverse « culture » vocali : per esempio quella « classica » italiana le accetta anche nel repertorio d’opera, con una « rottura » voluta ed evidente col meccanismo 2 (di testa), utilizzata a fini espressivi, e evitata o bandita da altre culture vocali, come quella francese! Allo stesso modo si potrebbe parlare dei comportamenti vocali legati all’uso del « falsetto » o in presenza di un portamento, di un’appoggiatura, ecc… Questi maestri di canto sarebbero capaci di : - selezionare innanzitutto le emissioni sane da quelle che possono produrre una patologia; - acquisire un bagaglio minimo di conoscenze scientifiche (fisiologia, acustica, fonetica, ecc…), aiutate dalla pratica di un’ « ascolto guidato », e da un approccio collegiale : la formazione di un cantante per essere completa e soddisfacente deve includere prima o poi un training corporeo, i consigli di un maestro collaboratore (vocal coach), aiutati da un eventuale ripetitore di lingua (sopratutto per i pezzi in lingua straniera), e da un lavoro sull’espressione emotiva e teatrale, il tutto sotto controllo foniatrico, e eventualmente logopedico, quando necessario : - esplorare una voce, adattando i 4 meccanismi vocali ai vari stili ; - assumere con circospezione il problema della classificazione vocale; - distinguere un vero da un falso principiante 9 per differenziare l’approccio pedagogico (rispettivamente : costruire lo strumento o rinforzare nel cantante innanzitutto la coscienza delle qualità naturali di una voce, che devono essere riconosciute e « coltivate ») ; - imparare a visualizzare le tensioni corporee che complicano la buona emissione ; - cominciare ad orientare stilisticamente l’allievo, cosciente del proprio gusto personale e delle inevitabili lacune; - affrontare il delicato esercizio del passaggio dal canto acustico al canto amplificato nel canto moderno, ecc… ecc… - valutare una voce sapendo che « valutare è dire qualcosa di sè » ; essere cioè coscienti che questo importante momento pedogogico riflette la storia di ciascuno, e che in molti casi bisogna aver fatto il lutto di carriere non fatte, o mal fatte, di problemi vocali, musicali o psicologici incontrati, e mal « digeriti », ecc… ; - creare una dinamica maestro/discente che permetta un’autonomia nell’apprendimento e sviluppi la propriocezione, grazie ad una pratica costante dell’autovalutazione. Chi possono essere questi maestri «generici» di canto? Cantanti con o senza carriera, o diplomi, ma anche maestri del coro, insegnanti di musica che lavorano nel quadro della pubblica istruzione, insegnanti di solfeggio, coaches di lingua, logopedisti, saranno tutti candidati benvenuti in queste formazioni di maestri « generici » di canto. (…) E’ difficile immaginare di poter trattare la voce senza studiare la voce. Per studiare la voce intendo imparare ad ascoltare la voce. Contrariamente a quanto molti pensano non è 9 Per approfondire questo importante concetto di vero e falso principiante, e le sue implicazioni pedagogiche, vedi in : Paolo Zedda, Canto classico e moderno : vocabolario comune e divergenze (2009), in "La Voce del cantante" (a cura di Franco Fussi), volume quinto, Omega edizioni, pp. 13-32. 4 necessario essere un cantante per studiare la voce, basta essere un buon osservatore e ascoltatore. (…) Franco Fussi (2009) Per imparare ad ascoltare la voce, l’ascolto guidato mi pare una delle più importanti pratiche da sviluppare nella formazione dei futuri pedagoghi della voce per attenuare gli eccessi della soggettività che inquinano molte pratiche valutative. L’ascolto guidato, eseguito sotto la direzione di formatori particolarmente curiosi, aperti, ed esperti dei diversi stili, permetterebbe un’« educazione » delle orecchie attraverso sopratutto una pratica comparativa, che oggi è favorizzata ed aiutata dalle possibilità che ci offre internet di ascoltare le performances di cantanti di diverso calibro e talento nell’affrontare un’aria d’opera, una canzone o un brano di musica « leggera » o da camera. Questa pratica dovrebbe favorizzare il confronto delle diverse percezioni artistiche e tecniche di una voce, ed incitare ad uno scambio di pareri che permettono di arricchire il patrimonio di suoni/vocali accettabili e creare una migliore coscienza della qualità d’ascolto di ciascuno. La fase più delicata di questo lavoro consiste nella gestione delle osservazioni fatte sia dal master teacher che dagli allievi. I commenti successivi all’ascolto, dovrebbero incitare più alla riflessione che a conclusioni definitive che impedirebbero il confronto e dunque un apprendimento « libero », cosciente e ragionato. In questo modo non voglio diminuire nè l’importanza del ruolo di guida, nè le competenze, del master teacher, ma trovare il modo più efficace per portare i discenti a valutare, arricchire, affinare ed eventualmente modificare certi aspetti della percezione di una voce. Questi esercizi di ascolto esigono un clima di serenità, che evita o tempera gli eccessi di competizioni del tipo : « io sento meglio di te »… ! Nei corsi che impartisco agli allievi del conservatorio nazionale superiore di musica di Parigi (CNSMDP), durante gli esercizi di ascolto guidato sulla dizione lirica italiana, opero nel modo appena descritto, restando « aperto » a quasi tutte le obiezioni, cercando di controllare e ottimizzare il mio ruolo di esperto, suscitando eventuali discussioni sui casi difficili e/o litigiosi, prendendo alcune precauzioni, tra cui quella per esempio di rivelare solo alla fine dell’esercizio i nomi degli interpreti degli esempi audio scelti…. Che tipo di ascolto ? Qualche anno fa in Francia, alcuni spettacoli e CD di musica tradizionale bulgara furono accompagnati da una campagna pubblicitaria che prese come slogan la frase sibillina « il mistero delle voci bulgare ». La disinformazione essendo purtroppo una delle più grandi tare di tutti i tempi, ancora una volta un’etichetta linguistica è diventatata il veicolo di false piste di conoscenza. Ascoltando le artiste della bella corale bulgara di voci femminili che utilizzavano nell’interpretazione la mescolanza e l’alternanza espressiva dei meccanismi vocali con una frequente rottura « yodlata » della voce, tipica di parecchi repertori tradizionali, era facile rendersi conto che non vi era nessun mistero nel loro modo di utilizzare lo strumento vocale e che il preteso mistero si riduceva allora ad una lingua bulgara, poco conosciuta e parlata, che colora in modo singolare i meccanismi della voce umana… Il mistero era dunque racchiuso nei colori linguistici, piuttosto che in una vocalità che si appoggia su « pericolosi » riferimenti genetici di presunte voci bulgare ! In altri termini : quando osserviamo una voce, stiamo valutando sia delle caratteristiche anatomiche e fisiologiche che dei colori linguistici ; sia delle entità acustiche (come le qualità 5 dell’intonazione, della portanza, ecc… facilmente misurabili) che delle qualità estetiche, tra cui la presunta « bellezza » di una voce che fa appello ad una soggettività impregnata di elementi emotivi spesso inconsci. Presunte tecniche d’emissione corrispondono talvolta a « firme vocali » individuali che non possono essere generalizzate. Nella maggior parte dei casi bisognerebbe di fatto riservare il termine « voce » agli aspetti anatomici e fisiologici dello strumento vocale e quello di « emissione » agli aspetti linguistici, culturali, estetici ed anche « psicologici »… Vi propongo qui appresso una tabella che segnala alcune confusioni nell’uso di definizioni e termini che si possono rivelare anche ideologicamente scorretti. Problemi di vocabolario : voce o emissione ? SI NO Si Voce di petto (meccanismo pesante/ modale) Voce italiana … o… lingua italiana ? Voce di testa (meccanismo leggero) Voce francese … o … lingua francese ? Voce « soffiata » (fiato nella voce) Voce russa ….. o … lingua russa ? Voce « fissa » (senza alcun vibrato) Voce bulgara … o … lingua bulgara ? Voce sussurrata e con vibrato Voce black … o … prestanza fisica ? Voce rauca, aritenoidea, ecc… ecc.. ma Emissione ingolata (voce indietro) Voce barocca o Emissione barocca ? Emissione nasale (eccesso di nasalità) Voce belcantista o Emissione belcantista ? Emissione urlata, ecc… Voce verista o Emissione verista ? Ecc… Ecc… In una voce si possono osservare fattori genetici/anatomici che determinano la qualità dell’accordo laringeo-risonatorio, fattori fisiologici nella qualità dell’accordo pneumofonico, ma le sue molteplici emissioni dipendono sia da fattori linguistici (fonetica e dizione) che culturali ed estetici (tradizioni musicali, ecc...). Se ci pare « normale » concentrare la nostra attenzione, ed intervenire sul suono rispetto alle sue qualità acustico-estetiche, è altrettanto importante peraltro imparare ad osservare la postura e l’atteggiamento dell’allievo e segnalare eventuali tic corporali : posture e tensioni che impediscono o complicano l’accordo psico-fisico10 necessario ad una emissione corretta. L’ascolto linguistico Per finire vorrei attirare la vostra attenzione verso una qualità dell’ascolto che mi sembra dare indicazioni abbastanza facilmente oggettivabili, sopratutto se guidate : l’ascolto linguistico che mi pare sottovalutato e spesso mal utilizzato dai diversi approcci puristi del linguaggio. Abituare ed educare le nostre orecchie alle differenze linguistiche, attraverso l’osservazione e l’ascolto dell’articolazione fonetica, mi pare uno tra i più sicuri « diapason » per la valutazione di una voce. In un ascolto linguistico guidato si impara ad osservare, « sentire » (in tutti i significati del termine!) e commentare : 10 Per approfondire questi argomenti sui diversi accordi necessari al buon gesto vocale vedi : Paolo Zedda, Il gesto vocale (2010), in "La Voce del cantante" volume sesto, (a cura di Franco Fussi), Omega edizioni, pp. 5-32 6 - la qualità delle nasalizzazioni 11 che permettono di individuare quel luogo oro-nasale che facilita la presenza della mezza voce. Dal canto jazz 12 al « belcanto » classico, la mezza voce permette la presenza di un vibrato libero ed equilibrato che facilita la buona emissione, accompagnata solitamente da una qualità di dizione che deve essere conservata anche nella dinamica forte. Questo luogo articolatorio oro-nasale corrisponde a quei suoni che permettono la messa di voce, capaci di produrre i suoni « filati »13 del canto classico, a quel nucleo vocale ricercato anche dallo speech level di Seth Riggs o dal mix belting di Elisabeth Howard ecc… Un luogo articolatorio in cui le vocali scivolano « tranquille » in tutte le tessiture, senza gli ostacoli delle note di passaggio, complicate spesso da « pedanti » approcci del canto classico (primo e secondo passaggio!) che disorientano molti allievi di canto ; - le sfumature dei colori vocalici : vocali chiare, molto utilizzate nel canto moderno con posizione alta della laringe ; vocali scure, usate talvolta con finalità espressive, ma spesso « ab/usate » nelle voci gravi ; le vocali miste, necessarie alla dizione di molte lingue come il Francese, il cui principio articolatorio facilita lo storico aperto/coperto necessario alle tessiture acute del canto classico, quando non viene denaturato da eccesiva « copertura » (voci troppo inscurite !) o da emissioni pericolosamente spinte ; - la posizione articolatoria delle consonanti, integrate (nel canto legato) o separate (nel canto sillabico) dal nastro vocalico, per verificare la presenza di quel legato che è la base di qualsiasi buona dizione ; consonanti in anticipo del tempo musicale per un solfeggio che permetta una buona interiorizzazione del ritmo… - il ruolo dell’accento e la sua dimensione prosodica nella frase, la cui coscienza e pratica permettono l’esercizio di una buona musicalità… 14 Tenere sott’occhio et « sotto orecchio » gli elementi appena evocati mi pare altrettanto importante che imparare a riconoscere la presenza di fiato nella voce, individuare la qualità di un buon vibrato, moderare le emissioni spinte attraverso il filtro del « suono filato », ecc… L’ascolto linguistico permette di osservare e/o commentare le qualità di una voce in modo più sicuro che l’ascolto di altri elementi molto più aleatori : la bellezza del timbro, la potenza della voce, la facilità nell’emissione (con acuti facili ed insolenti), una buona intonazione… Questi aspetti, presenti in molte voci naturali, sono molto più difficili da controllare nella pratica valutativa perchè possono disorientare troppe orecchie, e sopratutto, la loro presenza 11 Tutte le « m » o « n » precedute da vocali e seguite da consonante o in fine di parola : campa, canta, linfa, lingua, siam, van, ecc.. Vedi in : Paolo Zedda, Le posture fonetiche del buoncanto (2010), in "La Voce del cantante", volume sesto, Omega edizioni, pp. 59-88 12 Per capire cosa significa l’emissione « mezza voce », potete ri/ascoltare per esempio « Oh lady be good » cantata da Ella Fitzgerald nella versione del 1959, accompagnata da Nelson Riddle, pubblicata da Verve, the silver collection, Ella Fitzgerald, The songbooks. In tutti gli stili esiste questo tipo di emissione che costituisce la base essenziale di un buon funzionamento della voce, accompagnato dalla presenza di un vibrato regolare e controllato (intorno al 1/4 di tono!), e da una dizione facile e chiara. 13 Il suono filato consiste nelle produzione di un suono nella sfumatura piano o pianissimo (p o pp) che si rinforza fino alla sfumatura forte e fortissimo ( f o ff ) senza spostare il luogo articolatorio « oro nasale » in cui viene prodotto. Questo tipo di suoni è abituale alla fine di un aria, nella cadenza conclusiva… La messa di voce è l’esercizio che fa dell’allenamento del suono filato un dato essenziale della salute vocale e della malleabilità della voce, poichè per la sua giusta esecuzione è necessario trovare un luogo articolatorio confortevole che permette tra l’altro l’agilità di molti tipi di vocalizzi e « passaggi ». Per esercitare questi suoni, utilizzo spesso l’immagine suggestiva di una pallina da ping pong, sospesa ad uno zampillo, che cambia volume fino ad una palla da tennis senza spostarsi dalla cima del getto d’acqua (zona articolatoria velare), evitando la sensazione di « spingerla » in maschera, «stringendo» la gola (faringe stretta), il che può produrre un suono più forte, ma in uno spettro armonico meno ricco ! Estratto da : Paolo Zedda, Le posture fonetiche del buoncanto (2010), Ibidem, nella nota 42, p.87. 14 Per approfondire questi aspetti linguistici del buon canto, vedi in : Paolo Zedda, Le posture fonetiche del buoncanto (2010), Ibidem, pp. 59-88 7 non è la garanzia di una buona tecnica vocale. L’educazione dell’orecchio attraverso l’ascolto linguistico guidato, permette di affinare la percezione ed attenuare eventuali eccessi « soggettivi » dovuti ai vari filtri, tra cui quello estetico/emotivo che produce più danni. Dall’anfiteatro greco al microfono, attraverso l’acustica delle chiese medioevali e dei teatri « à l’italienne », fino alla spazializzazione della musica spettrale (Grisey, Murail, Dalbavie…) possibile in molte sale da concerto moderne e a disposizione variabile, la concezione e le necessità di proiezione della voce e della sua dizione hanno subito un’evoluzione evidente. Prima dell’avvento dell’amplificazione, la portanza e la comprensibilità di una voce nelle sale e luoghi appena descritti erano la prova di una buona gestione dello strumento vocale, indissociabile dalla sua longevità. Quest’ultima deve restare la principale preoccupazione del pedagogo del canto che non deve perderla di vista, integrandovi peraltro le nuove emissioni permesse dall’amplificazione. L’educazione dell’ascolto, con una cura particolare per l’ascolto linguistico, mi pare uno degli aspetti più importanti da svilluppare nella formazione iniziale e continua del maestro generico di canto : un pedagogo « aperto », curioso, in accordo con la propria epoca ; ma che sa riferirsi al passato, accettando il peso della storia! Paolo Zedda , dicembre 2011 http://zeddap.perso.neuf.fr/paolozsite/ Vocales d’aujourd’hui, antologia concepita, preparata e coordinata da Jean-Christophe Dijoux e Paolo Zedda, Billaudot editore, Parigi, 2011. Antologia distribuita in Italia da : Ut Orpheus Lib.Musicale Bologna [email protected] www.utorpheus.com Musician World ReggioEmilia [email protected] Libreria Musicale Musica Musica Snc Padova [email protected] www.musicamusicapadova.it Questa antologia di 12 pezzi vocali, tra cui 8 per ogni tipo di voce, riunisce più generazioni di compositori che propongono un modesto, ma significativo, itinerario storico di iniziazione alla varietà della musica dotta detta « contemporanea ». La ricerca di sfumature fonetiche delle numerose lingue presentate, diventa altrettanto precisa che il lavoro intonativo richiesto dai ¼ e ¾ di tono della melodia di Dubedout. Malgrado un pianoforte predominante, il clavicembalo, la viola, il sassofono o il clarinetto in sib, e una base musicale elettro-acustica, propongono di accompagnare alcuni di questi universi sonori, il cui accesso è facilitato dalle interpretazioni proposte da giovani cantanti e le basi musicali del CD allegato. Ogni pezzo ed il suo compositore sono presentati ed accompagnati da un’analisi e da consigli di esecuzione in francese ed in inglese e da una trascrizione fonetica dei testi. Seguendo lo « spirito pedagogico » di Nicola Vaccaj, due melodie, scritte su testi di Paolo Zedda, presentano peraltro un lavoro vocale sistematizzato sulle nasalizzazioni di quattro lingue maggiori del repertorio vocale, e sulla percezione ritmica dell’alternanza semplice/doppia (geminazione) della consonante italiana. Musica d’arpa La Stanza Della Musica - Roma Milano [email protected] Tél. : +39 (0)6 85355065 www.musicadarpa.it Fax : +39 (0)6 45447285 [email protected] Musical Service www.lastanzadellamusica.com Milano [email protected] www.musicalservice.it Ed.Mus.Riunite Ciampino, Roma Universal Music [email protected] San Giuliano Milanese www.edizionimusicaliriunite.com e-mail a Universal Music [email protected] www.universalmusicpublishingclassical.com 8