Scarica Notizie donna n. 6

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EDITORIALE
“Perché è successo a me?”, “Di chi è la
colpa?”. Sono confuse e disperate le
mamme quando apprendono che il loro
bambino è affetto da sindrome di Down. La
percezione che qualcosa non sia andato nel
verso giusto è avvertita dalla donna già in
sala parto: sul viso del personale del reparto di maternità, alla nascita del neonato, si
disegna spontaneamente un’espressione di
rammarico e di delusione. Poi arriva il
medico che usa un tono molto amorevole
verso i genitori ma il verdetto è di quelli
che non danno scampo: “ritardato” per
tutta la vita. Che un bambino sia sempre e
comunque un dono di Dio è un concetto
che asseriamo disinvoltamente ma ci vuole
del tempo per capirlo fino in fondo.
Diciamolo chiaro e senza ipocrisia: quando
ci nasce un figlio che non corrisponde alle
nostre aspettative fisiche e mentali andiamo in pezzi anche se fingi amo integrità e comprensione.Adesso chi glielo dice ai
nonni, agli amici, ai fratelli, ai vicini di
casa? Come faremo a vantarci dei suoi
successi scolastici e professionali che non
ci saranno? Nostro figlio sarà emarginato,
discriminato, dipenderà per sempre da noi,
non potrà sposarsi e non ci sarà nessun
nipotino. E quei lineamenti inconfondibili
che non permettono di nascondere né agli
altri né a noi stessi, nemmeno per un attimo, la realtà. Immagino che sia più che
legittimo piangere, sentirsi disperati, non
accettare la situazione e non essere in
grado di fronteggiarla. Quando lo smarrimento è totale bisogna, però, saper chiedere aiuto. C’è un posto meraviglioso dove
poter parlare del proprio dolore senza vergogna, confrontarsi con altri che vivono la
stessa esperienza, riacquistare fiducia e
portare avanti, vittoriosi, questa sfida
d’amore. Parlo dell’Associazione italiana
persone Down che aiuta i genitori a non
scoraggiarsi, a non drammatizzare ma
soprattutto a riprogrammarsi. Quel figlio è
un bene prezioso che tanti traguardi di
autonomia potrà raggiungere insieme a
mamma e papà, accettato ed amato dalla
sua famiglia di origine e da quella più grande dell’Aipd.Consideriamolo un miracolo
ma vi assicuro che avviene molto spesso:
l’idea di disgrazia percepita dalla coppia
per aver avuto un bambino “diverso” si tramuta, pian piano, nella dolce consapevolezza di aver piuttosto ricevuto una grazia.
Tania Bonnici Castelli
Circa dieci anni fa, una mattina di marzo,
fui chiamata d’urgenza presso la
Presidenza dell’Istituto scolastico dove
prestavo servizio. L’allora Dirigente mi
aveva convocata per chiedermi un consiglio nella mia veste di Presidente
dell’Associazione Italiana Persone Down
di Teramo.Con modi molto garbati, scegliendo accuratamente i termini, ricorrendo a particolari giri di parole, quasi
avesse timore di offendere la mia sensibilità (sapeva che avevo un figlio affetto da
Sindrome di Down), mi mise al corrente
del fatto: un alunno di seconda superiore,
portatore di handicap mentale, aveva toccato il seno ad una compagna di classe, la
quale si era letteralmente precipitata
dalla docente per denunciare l’accaduto e
l’insegnante, a sua volta, inorridita,
lasciando la classe incustodita (l’urgenza
lo imponeva!) era corsa dal Preside a
denunciare il fatto che, strada facendo, da
un piano all’altro dell’Istituto, si era già
trasformato in “misfatto” e, di fronte alla
porta della Presidenza, il “mostro” era
già stato sbattuto in prima pagina.
Il racconto del Preside non mi fece certo
piacere. Nei primi anni dell’integrazione
scolastica nelle scuole superiori, gli insegnanti si preoccupavano di non saper reagire di fronte ad atteggiamenti eccessivamente affettuosi di alcuni ragazzi Down.
Temevano che impedire abbracci e carezze inopportune, potesse essere confuso
con un rifiuto del ragazzo e apprezzavano il fatto che i compagni fossero tolleranti nei confronti di eventuali comportamenti fastidiosi. Proprio l’anno prima
avevo fatto notare agli insegnanti della
classe che veniva permessa alle compagne una eccessiva tenerezza fisica nei
confronti dell’alunno disabile e che non
1
sembrava rispettoso nei suoi confronti
usare gesti inappropriati, dando per scontato che quell’alunno non poteva fare
altro che comportarsi da ragazzo affettuoso e, comunque, da eterno bambino.
Ma l’affettuosità di un bambino può
diventare, nell’adolescenza, inopportuna
e fastidiosa, come dimostrava l’episodio
appena accaduto.
Un’altra considerazione mi veniva spontanea: se un altro compagno avesse commesso lo stesso gesto, come si sarebbe
comportata la ragazza? L’avrebbe preso a
schiaffi? L’avrebbe minacciato di raccontarlo a chi di dovere? Si sarebbe sentita
lusingata dalle attenzioni? Perché le reazioni dell’alunna e dell’insegnante erano
state così allarmate, così dettate dal disagio, dall’ansia, dalla paura, dal disgusto?
Ci si trovava all’improvviso di fronte a
due realtà: l’handicap e la sessualità, particolarmente ansiogene che creavano
forti difficoltà ad accettare che una persona handicappata potesse presentare bisogni e desideri sessuali analoghi a quelli di
un normodotato. Pensai fosse arrivato il
momento giusto per affrontare l’argomento e l’Associazione promosse nel
1999 un seminario dal titolo “Noi, la sessualità e i portatori di handicap”. Un
tema che implicava un certo coraggio
non solo perché si prefiggeva di rendere
pubblico un argomento “sotterraneo” e di
rompere una “congiura” del silenzio che,
alle soglie del 2000, esisteva ancora –
basti pensare che fino agli anni sessanta e
settanta la tendenza era stata quella di
“desessualizzare” il portatore di handicap, rifiutargli la sua sessualità giungendo a chiedere di sottoporre ad ovarectomia le donne e a castrazione gli uomini
che manifestavano una insufficienza
mentale -, ma anche perché quel “Noi”
poteva creare particolare inquietudine.
Parlare della sessualità di un’altra persona implica sempre un partire direttamente da sé, dalla propria immagine di sessualità; la comprensione dell’altro passa
attraverso il riconoscimento delle proprie
emozioni, dei propri valori, della personale immagine di sessualità e degli occhi
che si usano per “giudicarne” le dinamiche e gli aspetti problematici.
Il convegno, adeguatamente pubblicizzato, andò quasi deserto, non suscitò l’interesse della gente comune, degli amministratori, puntualmente invitati, né della
classe docente, che pure si era sentita
tanto inadeguata sull’argomento, e neppure dei genitori dell’Associazione, i
quali avevano concentrato tutti gli impe2
gni improrogabili di questo mondo in
quel pomeriggio del 26 aprile 1999.
Ipocrisia e silenzio coprono la difficoltà
ad accettare che una persona handicappata possa presentare bisogni e desideri sessuali analoghi a quelli di un normodotato.
In una società come la nostra, che valorizza la dimensione estetica, l’integrità e
la perfezione fisica, l’efficiente capacità
lavorativa, il disabile, non essendo molto
spesso una persona connotata dai canoni
comuni di bellezza e avvenenza fisica, e
vivendo in una organizzazione sociale
che non gli riconosce ruoli nel mondo
degli adulti, si trova a non avere riconosciuta una identità sessuale e sociale.
Rimanendo nell’immaginario collettivo
sempre un “eterno bambino”, non se ne
prevede né la crescita né lo sviluppo e gli
stessi genitori, affrontando la crescita del
figlio in modo iperprotettivo e deresponsabilizzante, ostacolano di fatto la maturazione e il riconoscimento di una dimensione sessuale.
Tuttavia, se si continuerà a centrare la
dimensione sessuale esclusivamente
sulla genitalità, si finirà sempre per associare la sessualità del disabile a rappresentazioni mentali negative, a situazioni
di trasgressione, di “irruenza istintuale” e
quindi a situazioni pericolose, difficili da
controllare e da gestire. Ma nella sessualità si integrano componenti emotive,
affettive, relazionali che ne fanno un
canale di comunicazione interpersonale
che porta all’incontro, alla realizzazione
e all’autonomia della persona. Questa
visuale va di pari passo con il concetto di
“diversa abilità” che, ribaltando la percezione della persona disabile, la rende
positiva perché ne realizza le capacità e
le potenzialità.
A tal proposito invito, per chi non lo
avesse già fatto, a vedere un cortometraggio di Daniele Segre “A proposito di sentimenti...”, presentato, qualche anno fa,
nella sezione speciale “Nuovi territori”
della Mostra del Cinema di Venezia. Uno
degli obiettivi del video è quello di mettere a fuoco vecchi stereotipi sull’amore
fra persone Down e il titolo stesso sintetizza il senso profondo del documentario:
sono coppie che raccontano la loro vita
con delicatezza e semplicità, parlano
delle loro emozioni, del loro amore, della
loro quotidianità fatta di slanci, fisicità,
desideri, speranze. Si scopre in questi
ragazzi la voglia e la possibilità di sentimenti e di relazioni consapevoli dentro le
quali imparare a sperimentare il desiderio
di progettarsi, pur con i limiti derivanti
da una condizione particolare. Questo, a
volte, può continuare a scandalizzare o
stupire, ma sicuramente ci permette di
rileggere i nostri sentimenti, i nostri pregiudizi e di scoprire una felicità possibile
in ogni persona.
Anna Maria Ponziani
Presidente AIPD Teramo
Fiori caduchi
Maggio sfoglia
caduchi fiori
sfibrati di vita,
le morbide aiuole
abbracci materni,
tormente di cera,
assalgono pregne
muri ed asfalto.
Notti di luna
a quelle donne,
vinte negli occhi
da pallido mistero,
alle manine gonfie
ridotte dal male,
indicibili ascolti
d'ansia e paure.
Silvano Toscani
NOTIZIE DONNA
ringrazia sentitamente
Ruzzo Reti S.p.A.
mensile d’informazione
Direttore responsabile:TaniaBonnici Castelli
Comitato redazione: Germana Goderecci,
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Realizz.ne editoriale:Edigrafital S.r.l.Teramo
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Tiratura N° 15.000 copie
Reg. Trib. n° 539 del 05/08/2005
Sede legale: Provincia di Teramo
N° 6 - Maggio 2006
2004 la Suprema Corte di
Cassazione, con la sentenza n. 13298, rinviando alla
Corte Costituzionale il
vaglio delle norme che
impediscono la trasmissione alla prole del cognome
materno, sollevando la
questione della legittimità
costituzionale, ha colto in
pieno i mutamenti socioculturali del nostro paese e
ha inteso avviare un processo di cambiamento. La
decisione della Corte di
Giulia Paola Di Nicola
Cassazione costituisce un
precedente giuridico importante. La vicenL’UPM (Università Popolare Medio
da non ha avuto poi sviluppi altrettanto
Adriatica) ha dedicato la giornata del 20
positivi, perché nel Febbraio 2006 la
aprile scorso alla discussione sulla trasmisConsulta ha in pratica rimandato la patata
sione del cognome materno ai figli, con un
bollente al legislatore, che tuttora è chiaradibattito moderato dalla sottoscritta, che ha
mente in difficoltà, anche perché i disegni e
visto come relatrici Pinuccia Bizzarri,
le proposte di legge sono estremamente
docente di Diritto del Lavoro Università di
variegate e in contrasto tra loro. Infatti in
Teramo, Rosanna Di Liberatore,
Parlamento sono state presentate complesAssessore Provincia di Teramo, Germana
sivamente, dal 1979 ad oggi, trentacinque
Goderecci, presidente Commissione pari
proposte di legge (18 alla Camera e 17 al
Opportunità Provincia di Teramo. Se la
Senato) coinvolgendo numerosi parlamenBizzarri ha presentato l’iter legislativo relatari. Come donne e come cittadini tutti non
tivo alla proposta, l’assessore Di Liberatore
possiamo che sostenere l’iter tormentato di
ha svolto un intervento di taglio storico e la
una legge che prevede la possibilità per i
Goderecci ha evidenziato sia le ragioni
genitori di concordare il cognome da dare
sociali sia quelle legate alla dignità della
ai figli, con una scelta attuata in modo paripersona. Gli interventi puntuali e le numetario e comunitario, scegliendo uno dei due
rose domande del pubblico hanno confercognomi oppure il doppio cognome. In
mato l’importanza di un tema troppo spescaso di mancato accordo, si potrebbe proceso e a torto considerato secondario. Il dibatdere all’assegnazione di tutti e due i cognotito ha preso spunto dalla pubblicazione su
mi secondo l’ordine alfabetico, trasmettenProspettiva Persona n. 51 (2005) di un fordo alle generazioni successive solo il
tunato dossier, dal titolo “Nel cognome
primo. Per rispetto poi alla persona occordella madre”, argomento ripreso poi anche
rerà prevedere che, al di là della decisione
dal giornale “La Tenda” e sviluppato in
dei genitori, sia il figlio, ormai diventato
numerosi dibattiti nella nostra regione e
maggiorenne, a decidere quale dei due
oltre. Nell’ordinamento italiano, nonostancognomi portare.
te la riforma del diritto di famiglia del 1975
Giulia Paola Di Nicola
e i principi sanciti nella Costituzione sulla
docente Università di Chieti
uguaglianza morale e giuridica dei coniugi,
l’attribuzione del cognome ai figli è ancora
FINESTRE SULL’800 TERAMANO
un diritto paterno. Tale atteggiamento,
oltretutto non supportato da alcuna norma
La storia è spesso vista, a torto, come una
di diritto positivo, ma solo da una secolare
disciplina puramente mnemonica; questa
tradizione consuetudinaria, mal si concilia
concezione è favorita dalla nostra società
con i mutamenti sociali e culturali degli
consumistica in cui i mass-media e, a
ultimi decenni ed è considerata una lesione
volte, persino le istituzioni formative
della dignità da molte donne. Nel luglio
mostrano di essere più interessati ai risultati immediatamente visibili piuttosto che
ai processi. Invece lo scopo del lavoro,
realizzato da un gruppo di studenti
Alfonsi Anna (V B), Bagnoli Samuele
(IV B), Caprioni Fabio (IVA), Citerei
Cristina (IV B), Del Toro Manuela
(IV B), Delle Monache Ileana (IV B), De
Felice Mara(IV B), D’Innocenzo
Andrea (IV B), Di Pancrazio Valentina
(IV B), Di Silvestre Ketty (IV B), Di Stefano Matteo (IV B), DiMarcantonio Pierluigi (IV B), D’Ignazio Daniele (III B),
Filipponi Simone (IV B), Gargano Claudia (V H), Nepa Fabiola (V B), Profeta
Katia (IV B),Virgilii Andrea (IV B) dell’ITC” B.Pascal”e coordinato dalla prof.ssa Teresa Ioannoni, è stato quello di
apprendere le modalità di ricerca di chi fa
il mestiere di storico e sperimentarle.
Notevole, nella realizzazione del progetto, è stato il contributo dell’Archivio di
Stato di Teramo, diretto dalla dott.ssa
Claudia Rita Castracane, che si è avvalsa della collaborazione della dott.ssa
Luciana D’Annunzio e del signor
Enrico Cannella. L’esito finale del lavoro intitolato ”Finestre sull’Ottocento teramano” non è stato solo quello di ampliare le conoscenze della storia locale, sia
pure vista in una prospettiva italiana ed
europea, ma anche quello di conoscere e
applicare dei processi cognitivi, come
raccogliere documenti pertinenti, decodificarli, metterli in relazione, ordinarli,
interpretarli. Sono stati analizzati alcuni
segmenti temporali e interpretati dei fatti
ritenuti particolarmente significativi (i
moti del 1820-1821 e la carboneria; i
moti di Penne del 1837; il 1848 a Teramo
e le risoluzioni del Municipio; gli anni
1860-1861; il 1867 e Mentana), utilizzando prevalentemente fonti archivistiche e
documentarie. L’archivio di Stato di
Teramo ha dato un notevole contributo in
termini di disponibilità e competenze. E’
risultato inoltre particolarmente interessante mettere in relazione alcuni fatti storici interpretati con elementi visibili della
memoria storica, quali le epigrafi cittadine. Tale confronto ha portato ciascuno a
dare un nuovo e più consapevole significato sia ai fatti esaminati che alle persone
che di quei fatti sono state protagoniste. Il
risultato dei lavori è stato esposto presso
i locali dell’ I.P.C. ”Pascal”, dove è stata
allestita una mostra, visibile dalle ore
9,00 alle 13,00.
3
In tutte le Amministrazioni Pubbliche l’insoddisfazione per gli strumenti tradizionali
di gestione del personale è in aumento e crescono le esigenze di individuare nuove politiche di intervento e di sviluppo. La Direttiva
del Ministero della Funzione Pubblica del 24
marzo 2004, “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle
pubbliche amministrazioni” (pubblicata
sulla G.U. del 5/4/2004, serie gen. N. 80),
individua le motivazioni per l’adozione di
misure finalizzate ad accrescere il benessere
organizzativo, le indicazioni da seguire per
accrescere il benessere organizzativo e gli
strumenti per l’attuazione della direttiva stessa. In particolare la Direttiva prevede che per
accrescere il benessere organizzativo le
Amministrazioni debbano seguire un processo articolato che contenga una procedura di
rilevazione e d’intervento tramite la predisposizione degli strumenti di rilevazione, la
raccolta dei dati, la loro elaborazione, la
restituzione dei risultati per poter definire un
piano di miglioramento. In questa ottica il
Ministero dell’Interno ha programmato quale
attività di ricerca sociale applicata con “Il
cantiere d’innovazione sul benessere organizzativo” quella di tipo quantitativo anche
nell’ambito della Prefettura di L’Aquila. La
ricerca in questione avviene attraverso la
somministrazione di questionari con la compilazione di schede di risposta a lettura ottica. La presentazione della ricerca in questione e l’inizio della fase di somministrazione
dei questionari ha avuto luogo il 10 marzo
2005 e ha interessato tutti i dipendenti in servizio e/o in missione presso la Prefettura de
L’Aquila. La ricerca sociale sul clima e
benessere organizzativo effettuata presso la
Prefettura de L’Aquila si basa su una metodologia già sperimentata in precedenza su
altre Amministrazioni; l’indagine ha riguardato la qualità della vita lavorativa nella
Pubblica Amministrazione e i risultati consentiranno di individuare eventuali criticità e
margini di miglioramento di cui tener conto
nel progettare un ambiente di lavoro attento
al benessere delle persone. Il questionario
anonimo è articolato su otto sezioni: la
prima parte è dedicata alla raccolta dei
dati anagrafici: sesso, area geografica di
nascita, titolo di studio, profilo professionale,anni di lavoro, precedenti esperienze
lavorative, tempo di lavoro, tempo impie4
gato per recarsi al lavoro; la seconda
esplora in dettaglio le caratteristiche dell’ambiente di lavoro: confort, obiettivi,
valorizzazione, ascolto, informazioni,
relazioni interpersonali, operatività, equità, utilità; altre sezioni sono dedicate alla
conoscenza della sicurezza, alle caratteristiche del compito svolto e all’apertura
all’innovazione; una ulteriore sezione
raccoglie informazioni su gli indicatori di
benessere (benessere, elevato coinvolgimento, relazioni interpersonali, valori
organizzativi, sensazione di far parte di
un team) e su quelli di malessere (stress,
conflittualità, sintomi psicosomatici,
assenteismo, confusione organizzativa);
nell’ultima sezione è presentato un elenco
di possibili suggerimenti, aspetti che a
parere della persona che compila il questionario necessitano maggiormente di un
piano di miglioramento nella propria
amministrazione. In questa sezione vi è
infine uno spazio libero che le persone
possono utilizzare per commenti e specificazione. Nella quasi totalità dei casi, le
informazioni sono raccolte tramite affermazioni sulle quali esprimere il proprio parere
circa la frequenza con cui la situazione
descritta nella frase si verifica nella propria
amministrazione (mai, raramente, a volte,
spesso). Il questionario permetterà di rilevare un punteggio per ognuno degli aspetti esplorati che servirà a valutare come-
siano percepiti dai dipendenti dell’mministrazione.Il Comitato della Regione Abru
zzo per la Parità e Pari Opportunità delL’Amministrazione Civile dell’Interno ha
dato ampio spazio a tale iniziativa al fine di
segnalare le problematiche presenti in materia, soprattutto nell’universo femminile, di
acquisire proposte e comunque di sensibilizzare gli Uffici di appartenenza sull’argomento. Per poter realizzare obiettivi di cambiamento mirati a migliorare la qualità dei servizi e l’efficacia delle politiche pubbliche e
quindi la qualità della vita,le Amministrazioni devono nel migliorare la qualità del
lavoro, fornire nuove opportunità di sviluppo professionale alle proprie dipendenti,
investendo su relazioni interne più salde e
capaci di produrre significati e valori condivisi, nell’ottica che solo lavoratrici soddisfatte possono impegnarsi a migliorare la soddisfazione degli “utenti cittadini”delle P.
A.Un’organizzazione può essere definita in
buona salute se allestisce un ambiente di
lavoro salubre, confortevole e accogliente,
se riconosce e valorizza le competenze e gli
apporti delle dipendenti e stimola nuove
potenzialità, se ne ascolta le istanze, se adotta tutte le azioni per prevenire gli infortuni e
rischi professionali, se stimola un ambiente
relazionale franco, comunicativo, collaborativi, se assicura equità di trattamento a livello retributivo, di assegnazione di responsabilità, di promozione del personale.Questi elementi che potrebbero sembrarescontatie che
trovano adeguato risalto nella citata Direttiva
in realtà sono spesso trascurati dalle Amministrazioni a svantaggio in particolare delle
donne che ormai costituiscono più della
metà dei dipendenti. Senza lavoratrici motivate e con forte identificazione nei valori
della istituzione alla quale appartengono
qualunque azione di cambiamento è difficilmente gestibile. E’ importante individuare
gli aspetti chiave su cui le organizzazioni
pubbliche possono intervenire per favorire
lo sviluppo della motivazione e il senso di
appartenenza delle lavoratrici anziché l’accettazione passiva delle regole. Attraverso la
sopra menzionata indagine conoscitiva sarà
possibile all’Amministrazione adottare un
piano di miglioramento del benessere organizzativo, che alla luce Direttiva Ministeriale, potrà riguardare uno o più dei seguenti
aspetti: struttura e ruoli organizzativi, innovazione tecnologica, processi organizzativi,
cultura organizzativa, politica di gestione e
sviluppo delle risorse umane, comunicazione interna ed esterna e modifica di norme e
procedure.
Franca Ferraro
Vice Prefetto aggiunto de L’Aquila
Presidente del Comitato della Regione Abruzzo
per la Paritàe Pari Opportunità
“Donne e….dintorni” è l’appuntamento
annuale che la Commissione per le Pari
Opportunità ha con le donne teramane
per parlare di cultura, lavoro e pace. La
prima iniziativa, dell’otto Marzo, è stata
un piccolo contributo al dialogo interculturale di cui si avverte sempre più la
necessità di fronte al crescere di pregiudizi e stereotipi che dividono le coscienze.
Dopo aver ospitato, l’anno passato, la
rappresentante della Comunità femminile
palestinese Miriam Abu Samra, la
Commissione ha voluto proseguire nella
conoscenza della realtà socio-culturale
palestinese attraverso il cinema e la letteratura. Il recital di poesie e racconti “Non
sparisco dalla terra”, allestito dalla
compagnia Deposito dei Segni, ha raccontato del desiderio di pace, del diritto
alla terra,della condizione sociale della
donna palestinese; una scrittura di impegno civile che non ha dimenticato, tuttavia, i temi dell’amore e della nostalgia.
Molto originali e suggestivi gli intermezzi sonori di musiche arabe eseguite alla
fisarmonica.La performance è stata preceduta da spezzoni tratti dal film, presentato al Festival Internazionale di Torino,
“Questo non è vivere” di Alia
Arasougly, sociologa della cultura nonché regista cinematografica. A parlare
della condizione femminile palestinese,
confrontandola con quella di altri paesi
arabi, e del ruolo che la donna può svol-
ger nel processo di pace, è intervenuto
Husein Ahmad,docente dell’Università
L’Orientale di Napoli. Per la seconda iniziativa, “Di Arte in Arte”, sedici artiste
teramane hanno esposto i loro quadri e le
loro sculture. La Mostra è stata curata e
presentata da Marisa Profeta De
Giorgio, docente di Storia dell’arte, che,
sottolineando l’importanza delle artiste
del passato e del presente, ha sollecitato
profonde riflessioni sull’emancipazione
femminile. Le opere di (in ordine alfabetico) Alessia Venturoni,Anna Dell’Agata, Anna Maria Magno, Antonella Cinelli, Annunziata Scipione, Derna Fumo, Fiorella Fumo, Gabriella Fabbri,
Giovanna Di Raimondo, Ladì,Laura
Giansante, Iana Sistekova,Maria
LuisaFalanga, Marina Proietti, Martina Barnabei, Miriam De Berardis,
hanno espresso, con sensibilità, vissuto e
tecniche pittoriche diverse, la soggettività femminile nell’arte e, nel contempo,
hanno testimoniato il ricco fermento artistico della nostra realtà territoriale, spesso sottovalutato da chi dovrebbe invece
sostenerlo. Durante la Mostra si sono esibite le giovanissime musiciste Eugenia
Di Bonaventura (violoncello) e Arianna
La Rosa (violino) che hanno eseguito
con bravura un repertorio di musica classica e contemporanea molto apprezzato
dal pubblico. In un angolo appositamente
allestito, alcuni visitatori hanno lasciato
un loro pensiero sulla donna e sulla
mostra e, da questo numero, ci piacerà
pubblicare quelli che riteniamo più significativi. Con l’appuntamento “Donne e
Lavoro: fra flessibilità e precarietà”,
Antonio Scuteri, segretario provinciale
CISL,Giampaolo Di Odoardo, segretario provinciale CGIL,BiancaMicacchioni, Consigliera di Parità,Simona Crescenti,Vice Presidente della Commissione Pari Opportunità e Tiziana Centini,
in rappresentanza del mondo della cooperazione, hanno affrontato il difficile
tema del lavoro in un mercato sempre più
globalizzato ed aggressivo. Sono state
sottolineate soprattutto le ripercussioni
negative della precarizzazione nei confronti delle lavoratrici che, oltre ad essere le candidate privilegiate al licenziamento, sono state private di quel sistema
di tutele sociali, indispensabili per
affrontare serenamente il futuro e programmare la gravidanza e la costituzione
di una famiglia propria. La tavola rotonda è stata sapientemente coordinata dalla
giornalista de “Il Centro”, Antonella
Formisani. Nell’ultimo appuntamento “Grazie a Te donna”, sono stati
letti, da Antonella De Collibus dell’Associazione “Ipernova”, alcuni stralci
della famosa Lettera che Papa Giovanni
Paolo II volle dedicare, nel 1995, alle
donne di tutto il mondo. Partendo da questo documento di così alto valore morale
e storico, Cristina Dalla Villa, docente
dell’Università di Teramo ha sviluppato
un discorso approfondito e criticamente
raffinato sulla visione che la Chiesa ha
della donna in seno alla sua organizzazione e nella società laica. Inevitabile è
stato il collegamento con i principi
espressi dalla IV Conferenza mondiale
sulla Donna, tenutasi a Pechino, pochi
mesi dopo il messaggio del Papa. Maria
Provvisiero, Vice presidente della
Commissione Pari Opportunità, ha curato l’evento e ha diretto l’interessante
dibattito che ne è scaturito.
Germana Goderecci
Presidente Pari Opportunità
"Passare tra i colori conquide il
segno. Il cuore è sorriso ed il mio
tempo è stato ben speso. Grazie per le
emozioni."
Sandro Galantini
"Quando questa vita di donna mi
lascerà vorrei rinascere usignolo
per cantare sotto la luna la più
dolce delle melodie"
firma non leggibile
"Nella mia Teramo c'è un'energia
vitale, un mitocondrio, a me sin'ora
sconosciuto: le artiste teramane.
Grazie"
Anna
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FRIDA E LA PASSIONE
DELL’IMMAGINE
Stragiurammo - tanto per mettere le carte in
chiaro - che saremmo rimasti per sempre
solo e soltanto amici. Naturalmente, diventammo subito amanti: selvaggi e aggressivi,
teneri e tempestosi, solari, tellurici e tenebrosi. Se io ero una diavolessa (come sosteneva mia madre) che nella lotta con la
“pelona” aveva rafforzato le sue capacità,
Diego era il diavolone massimo, e l’intreccio di astuzie, raggiri, sincerità, scaltrezza e
candore c’ infilò dritto dritto a braccetto per
la via accidentata del matrimonio.“L’elefan
te e la colomba”, ci definì mia madre, ostile alle nozze per la differenza di età (lui
aveva il doppio dei miei anni) e perché
Diego era brutto, grasso e comunista.
AIDA STOPPA
Aida Stoppa è nata e risiede a Teramo. Si è
laureata in lettere classiche presso
l’Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato storia dell’arte nel liceo classico, e italiano e storia in altri istituti superiori. Si
interessa di critica d’arte, con recensioni e
articoli pubblicati su quotidiani nazionali e
regionali. E’ collaboratrice della Rivista
abruzzese di Scienze, Lettere e Arti e della
Rivista A,B,C Abruzzo beni culturali. Ha
vinto numerosissimi premi letterari, tra i
quali:
-Primo Premio letterario per la narrativa del
Comune de L’Aquila e del Circolo letterario
aquilano, 1996;
-Primo Premio Internazionale per la
Narrativa “Borgo degli Artisti”, Milano
1999, con la raccolta di racconti “La perdita
dell’aureola- parabole sulla scuola di fine
millennio”, presentazione di Renato
Minore, Casa Editrice Andromeda, 1999;
-Primo
Premio
nazionale
“Emily
Dickinson”, Taranto 2001, con la raccolta di
racconti “Abruzzo bizzarro”, presentazione
di Renato Minore, Ed. Rivista Abruzzese,
Lanciano, 2000;
-Premio “Regioni d’Italia” (Abruzzo) ,
Concorso
letterario
Internazionale
“Giovanni Gronchi”, Pontedera, 2001;
-Primo Premio Internazionale per la
Narrativa “Antonio Faverzani”, Cremona,
2001;
-Primo premio Internazionale per la
Narrativa “Il Porticciolo”, Genova, 2002;
-Primo premio Internazionale per la
Narrativa “Borgo Ligure”, Santa Margherita
Ligure, 2002;
-Finalista al Premio Firenze-Europa, XXI
Edizione, Palazzo Vecchio, 29/30 Novembre
2003;
-Primo Premio Internazionale per la
Narrativa “Emily Dickinson”, Napoli, 2004;
-Primo Premio Assoluto per la Narrativa,
Concorso Internazionale di Letteratura e
Poesia “Città di Bari”, IX Edizione, 2004;
-Premio Narrativa, Concorso Internazionale
di Poesia e Narrativa “Città di Salò”, 2005,
per il libro “Sette universi di passione”.
La stessa raccolta di racconti ha ricevuto:
-Premio Internazionale di Narrativa “Borgo
Ligure”, la Spezia, 2005;
-Menzione d’onore per la Narrativa al
Premio “Firenze capitale d’Europa”, VIII
Edizione, 2005;
-Finalista alla XXIII Edizione del “Premio
Firenze”, 2005;
-Primo Premio Nazionale di Narrativa “Il
golfo”, la Spezia, 2006.
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ISADORA E LO SPIRITO DELLA
DANZA
IPAZIA E LA RETE D’ORO
La mia condizione di donna fu, per quei
tempi, eccezionale. Bambina salivo con mio
padre, la notte, sull’alta torre del nostro palazzo, e Teone mi esortava a numerare le stelle, a
osservare il giro eternamente ritornante degli
astri. Giovinetta, disprezzavo le umili occupazioni domestiche, i monotoni lavori femminili, la spola e il telai, affascinata dai misteri
inesauribili della terra e del cielo. Chi sono io
e da dove vengo? Mi chiedevo contemplando
la cupola azzurra tempestata di fuochi immensamente lontani. Amavo la matematica, la
geometria, l’astronomia e la divina filosofia:
Seguivo Plotino, che restituì il neoplatonismo
alla purezza del pensiero antico, conservò e
sviluppò la convinzione che la filosofia non è
solo un processo teorico, ma uno sforzo di
elevazione che guida l’anima a quelle verità
dalle quali non si è mai del tutto scostata…
Fui Isadora la "divinità", la "sacra",
"Isadorabile" per molti; per altri impudica,
la miscredente, la femminista "bolscevica"
che celebrava il libero amore e proclamava
il diritto della donna ad avere figli al di
fuori del matrimonio. Mi chiamavano la
"Danzatrice dai piedi nudi"; e un Apostolo,
illuminato dallo Spirito Santo, aveva messo
in guardia dalla peccaminosa seduzione del
piede femminile ignudo!
TERESA E IL CASTELLO
INTERIORE
Nella vertigine di ricchezze e di sangue che
trascinava i conquistadores a impadronirsi dal
Nuovo Mondo, s’infiacchivano in Spagna i
costumi, ma Avila, terra di re di santi e di
cavalieri, conservò la sua austerità di vita,
tutta scandita di riti religiosi, profondamente
segnata da un’atmosfera liturgica. Non solo il
popolo ispirava con sincerità i costumi all’etica cristiana, ma anche i signori, nei loro
palazzi di granito, mantenevano un tenore di
vita severo, e quasi da monaci vivevano i
cavalieri, che racchiudevano nel cuore un
ardore non più divampante nelle campagne
d’armi e nelle crociate.
TEODORA E IL POTERE
EMILY E LA SOLITUDINE
La mia giovinezza fu tumultuosa, ma non
abietta, come la descrisse Procopio di Cesarea
nella sua velenosa “Storia segreta”. Procopio
fu mio feroce nemico: di origine aristocratica,
non mi perdonò mai l’ascesa sociale, mi odiò
perché violai i confini di casta, sollevandomi
dal mondo dei paria in cui sarei dovuta restare relegata per sempre. Dietro il fiele di
Procopio, c’era anche la paura della superiorità della donna, nutrita da molti uomini del
mio tempo, non esclusi teologi e Padri della
Chiesa.
La stregoneria cui ero affiliata non era l’orgia
dei fuochi pallidi, dei veleni e dei filtri sulfurei, ma la sacra potenza della parola poetica,
che trae la forza dal segreto e dal silenzio.
Come nella leggenda del pianista sull’oceano,
rifiutai di scendere sulla terraferma dalla nave
che solcava le acque infinite. Per ottenere
l’immortalità, consacrai l’anima a una divina
follia, compii nella segregazione, passando
per ossimori e enigmi, l’atto alchemico che
trasforma i vili metalli in oro.
Una nuova realtà che dà voce alle esigenze delle donne.Mobbing, discriminazione, disinformazione sono purtroppo gli antagonisti presenti negli ambiti
lavorativi dove la “differenza” fa ancora “differenza”. Una voce contro: è il
Coordinamento Donne Ust Cisl Teramo. Data di nascita 8 Marzo 2006, e non
è un caso, si, perché proprio nel giorno
che dovrebbe esaltare la figura della
donna in ogni suo aspetto, il Coordinamento ha voluto concretizzare ciò che
era partita solo come un’idea e che come
tale spesso fa fatica a realizzarsi.
Stavolta invece la volontà ferrea di
donne convinte che sia necessario
apportare novità significative, e soprattutto efficaci, per dare aiuti veri ed effettivi al mondo femminile che lavora o
che si appresta a farlo, ha permesso
all’idea di diventare fatto. La caratteristica che consente al Coordinamento
Donne Ust Cisl Teramo di porsi come
strumento realmente valido, è che chi ne
fa parte ha vissuto in prima persona
disagi e problematiche lavorative. Un
bagaglio di esperienza a disposizione di
quanti ne usufruiranno, per avere le giuste indicazioni indispensabili, non solo
per orientarsi ma per scegliere il percorso più opportuno per la risoluzione
dei problemi, e dare la consapevolezza
dei propri diritti a chi, troppo spesso, si
sente vittima di discriminazioni o trattamenti ritenuti ingiusti.L’impegno del Coodinamento Donne Territoriale, di concerto con i Coordina-menti Donne di
Categoria, delle Unioni Zonali, degli
Enti ed Associazioni, si concentra su
problematiche fondamentali per le
donne lavoratrici: congedi parentali,
tutela della maternità, asili nido, lavoro
di cura, part-time, flessibilità dell’orario
di lavoro, progetti per la conciliazione
lavoro \ famiglia; ma anche a sostegno
delle madri sole con figli. Una contrattazione e concertazione mirata a più adeguate forme d’organizzazione del lavoro
così da favorire una effettiva conciliazione lavoro/famiglia, al fine di migliorare la qualità della vita delle donne dentro e fuori i posti di lavoro, favorire
l’occupabilità femminile, e sostenere il
carico di cure gravanti solo sulle famiglie, attraverso una politica di servizi per
l’infanzia, gli anziani, i non autosufficienti e i diversamente abili. Componenti
del Coordinamento sono infatti donne
che nel proprio ambito lavorativo ricoprono anche ruoli di rappresentanti sindacali:Anna Capponi -Responsabile del
Coordinamento Donne Ust Cisl Teramo-
Sabrina Saccomandi, Marilena Broccolini, Maria Teresa Belloni, Sara Graziani, Maria Grazia Di Timoteo, Elda
Najdeni, Alessia Chiappini; Simona di
Pasquale, Rosaria Di Giuseppe,
Alessandra Del Sordo, Maria Provvisiero, Elisa D’Angelo.Paola Colleluori,
Tesia Cornacchia,Rosanna Pigliaceli,
Patrizia Piccolo, Natalina Pomponi,
Debora Capone, Laura Di Giulio,
Giuliana Marozzi.
Alle Responsabili indicate, si aggiungono, però tante altre donne che nei rispettivi luoghi di lavoro sono responsabili
sindacali. Il Coordinamento è anche
aperto a donne che vogliono semplicemente apportare un contributo, affinché
lo stesso amplii sempre più il suo raggio
di azione e resti costantemente vitale e
in continua evoluzione. Le finalità perse
guite dal Coordinamento Donne Ust Cisl
Teramo sono:
-la promozione della presenza femminile nel sindacato e la garanzia di una
partecipazione equilibrata di entrambi i sessi, ai vari livelli ,di una vita
democratica;
-la diffusione di una cultura dell’identità e delle pari opportunità, nei luoghi di lavoro;
-la diffusione e lo scambio delle buone
prassi e delle attività di informazione
riguardanti le pari opportunità, e, di
conseguenza, le varie forme di discriminazione;
-la tutela della maternità e della
paternità con l’effettiva applicazione
di una legge quasi ignorata , quella sui
congedi parentali;
-la difesa e la promozione di misure
idonee a tutelare la salute, intesa come
stato di benessere fisico, mentale e
sociale delle lavoratrici, anche in virtù
dell’Accordo bilaterale europeo sullo stress sul lavoro; (Lavoro Produttività
Benessere).
Anna Capponi
Responsabile del Coordinamento
Ust Cisl
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Siamo solo al sesto numero di questa nostra
rivista e già ci sembra di non poterne fare
più a meno.Svariate sono le lettere e gli articoli in genere che le nostre donne ci inviano
e, credetemi, il Comitato di Redazione fatica
non poco a trovare ogni volta gli spazi sufficienti per dar voce a tutte. Coloro che ci scrivono sono donne di ogni età, italiane e non,
dalle differenti condizioni sociali, dai diversi
livelli culturali e, soprattutto, di ogni estrazione politica. L’obiettivo prefissato con la
pubblicazione del nostro foglio è proprio
quello di dare voce a tutte le donne e alle
loro molteplici problematiche. Che dite, ci
stiamo riuscendo? In questo numero pubblichiamo uno scritto inviatoci da una giovane
professionista teramana Bianca Sortino. Ciò
che ci comunica ci induce a numerose e profonde riflessioni.
Grazie a tutte voi che ci leggete e ci scrivete.
Maria Provvisiero
Vice presidente della C.P.O.
Lessi che “una donna libera è l’assoluto
contrario di una donna leggera”. A scriverlo fu Simone de Beauvoir, poco meno di
mezzo secolo fa. La madre del movimento
femminista ma più di tutto: una donna
coraggiosa; probabilmente perché coerente.
Purtroppo per noi, se vogliamo essere coerenti dobbiamo necessariamente avere del
coraggio. Parlo in generale delle donne e
degli uomini, di ogni loro tipologia, e credo
che per affrontare delle scelte consapevoli
sia necessario saper prenderne la responsabilità in prima persona, soprattutto quando
si commettono degli errori. Questo è coraggio e questa è libertà che dovrebbe e
potrebbe appartenere all’essere umano,
almeno quando non si incaglia in retoriche,
in convenzioni e in schemi prefigurati dettati da leggi, prassi, religioni, culture, interessi. Al tutto si aggiunge inesorabile lo
specchio dei tempi: milioni di specchi
hanno riflesso e ancora riflettono un’immagine distorta della donna: prima perché
essere inferiore, poi perché il suo stesso
essere si giustificava solo in rapporto
all’uomo, poi le veniva data nuova dignità
con la scusa di una particolare aura di sensibilità, infine perché non abbastanza produttiva. Eccoli lì i milioni di specchi che
sono stati appesi, tutti troppo piccoli per
rendere, invece, l’immagine di una realtà
ben diversa, ben più vasta, fatta di umiliazioni, ma anche di vittorie, di sconfitte ma
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anche di falsi “renvanchismi”; una serie
innumerevole di contraddizioni che, come
storia vuole e appunto perché storia, si ripetono, sempre. Questo è, forse, quanto riesce
a vedere un occhio critico, con una prospettiva troppo critica; la verità è altrove, e non
certo nell’assoluta differenza tra il maschile ed il femminile con tutto quello che si
porta dietro, ma è là dove quella stessa differenza, nel corso dei secoli, in rarissimi
casi non c’è stata ma sono emerse “solo”
personalità che hanno reso definibili alcuni
esseri umani, sia essi di genere maschile sia
essi di genere femminile, “grandi”: accomunati, magari, da uno spiccato senso dell’ambizione e dall’arguta capacità di sfruttare al meglio il potenziale che Madre
Natura aveva messo a disposizione. Si tratta di eccezioni e, pertanto, confermano la
regola, quella della normalità, quella del
tutto il resto, che poi è il molteplice, che al
mondo ci sono uomini e donne e da ciò è
impossibile prescindere. E’ difficilissimo
trattare l’argomento donna senza incappare
in toni femministi e banalizzare; ma mi
domando solo se l’accusa di aver perso
“femminilità” al fine di veder riconosciuti diritti alla persona, e non alla donna,
non sia piuttosto il voler affermare di aver
perso “femminilità sociale”, cioè quella
basata su ruoli imposti. E’ forse questa la
parità che tanto sgomenta l’uomo? Fino a
quando la donna, in quanto tale, si trascina
la caratterizzazione di soggetto debole sarà,
semmai, pari a tutte quelle categorie che
per ottenere dei diritti “normali” devono
forzatamente essere ritenute in una condizione non paritaria. E’ questo che non va
bene. L’essere forti o deboli non appartiene
alla donna o all’uomo, può far parte invece
dell’ego di ogni persona indipendentemente da differenze antropomorfiche; la testa è
quella che ragiona e può ragionare bene e
male sia ad un uomo sia ad una donna. Se,
di fatto, esistono le diversità, è bene che
vengano rispettate e accettate; le forme di
“centrismo” servono solo a camuffare il
timore del confronto, il timore di scostarsi
dal proprio punto di vista, e così si sbaglia
ancora di più perché ci si radica in convinzioni dettate prevalentemente dalle passioni, può capitare a tutti. Se per un attimo
tutti pensassimo in questi termini, quante
rivendicazioni in meno, quante battaglie,
quante rinunce e pregiudizi evitati; quanto
le opinioni si costruirebbero sulle capacità
intellettive, quanti diritti verrebbero riconosciuti senza dover annientare le proprie attitudini; quante meno insicurezze attaglierebbero le persone nascondendosi, pur di
non esporle, dietro all’aggressività o alla
supponenza o, ancora, all’abuso di potere.
Atteggiamenti, questi, che abbassano di
molto il concetto stesso di dignità trascendendo nella mediocrità: tutto ciò non rende
davvero onore all’intelligenza umana.
Bisogna difendersi da tutto questo e fare lo
stesso gioco? O bisogna tentare, sopra ogni
cosa, la via del buon senso? In entrambi i casi
quello che più conta è la libertà, ogni scelta è
quella giusta se raggiunta liberamente; solo
così, vorrei credere, si può affermare che “un
essere umano libero è l’assoluto contrario di
un essere umano leggero”.
Bianca Sortino
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