Il nome della rosa - cucinapadovana.it

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Il realismo e l’induttivismo
di Guglielmo di Ockham
Il nome della rosa
di Jean Jacques Annaud
con Sean Connery (Guglielmo), Christian Slater (Adso)
genere: drammatico
soggetto: dal romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco
sceneggiatura: Andrew Birkin, Gerard Brach
produzione: Italia, Francia, Germania 1986
durata: 126 minuti
la trama
Siamo nel 1327, al tempo del papato avignonese e delle dispute sulla povertà di Cristo che opponevano la curia papale all’ala più radicale dei francescani. La vicenda
si svolge in un’abbazia benedettina dov’è in programma
un importante appuntamento tra i rappresentanti dei
due schieramenti (4). Nel monastero stanno però avvenendo fatti misteriosi (1), che vengono sottoposti all’attenzione e all’acume investigativo di frate Guglielmo di
Baskerville (2), strenuo e attento ricercatore della verità
giunto nel monastero accompagnato da Adso (2), un
giovane novizio che terrà memoria di quanto avvenuto.
Una serie di morti improvvise fra i monaci fa intravedere l’azione del Maligno, impegnato a portare lo scompiglio tra i seguaci di Dio e a punirli per le loro colpe: la
presenza di profeti visionari, di eretici dolciniani, di inquisitori fanatici e di inflessibili moralisti rende il quadro
sempre più inquietante. Usando intelligenza, cultura e
non comuni doti di ragionamento, Guglielmo riesce a
trovare l’elemento che unisce quelle morti a prima vista prive di collegamento, e a individuare in un prezioso manoscritto, smarrito da secoli, la chiave per svelare ogni apparente mistero (3).
Il drammatico rogo dell’imponente biblioteca dell’abbazia (5), simbolicamente situata in una torre, con la
perdita di tantissimi documenti, sembra a prima vista
segnare la vittoria delle forze più oscurantiste sull’intelligenza e sullo spirito di ricerca, ma il film ha un finale volutamente più incoraggiante: la salvezza di Guglielmo e di Adso, che riescono a sfuggire alle fiamme,
e quella di una giovane fanciulla falsamente accusata
di stregoneria alludono alla forza della verità, che può
essere ostacolata ma non sconfitta.
spunti di riflessione
Il rimando all’esperienza
Dietro l’insegnamento che Guglielmo intende trasmettere al suo giovane discepolo si può intravedere senza difficoltà l’influenza della filosofia di Ockham, anche lui appartenente all’ordine francescano. Come il filosofo inglese, Guglielmo è infatti convinto che la prima cosa da fare sia investigare
la natura: numerosi sono gli strumenti con i quali egli si impegna a scrutare il cielo, a osservare le minuzie di un documento, a indagare i segreti che un cadavere può rivelare, e costante è il suo richiamo
a considerare la natura come un campo di indagine aperto a tutti. Nelle sue ricerche sulla morte dei
monaci Guglielmo analizza con cura le tracce che vengono lasciate, nella convinzione, ad esempio,
che il terreno sia una sorta di pergamena su cui il criminale lascia involontariamente la propria firma. Così l’uso dell’olfatto consente la scoperta della parte nascosta di un testo, scritta con succo di
limone che diventa visibile solo alla luce e al calore di una candela.
© Pearson Italia S.p.A.
Roberto Cortese, Filosofia, Paravia
Come per Ockham, anche per frate Guglielmo, che afferma di avere
una profondissima conoscenza delle opere di Aristotele, l’empirismo non implica una sottovalutazione del momento della logica,
che permette di arrivare a formulare ipotesi di grande valore conoscitivo, ma rappresenta un argine contro ogni fantasticheria, contro
la credenza in fatti misteriosi ed occulti, e insieme la via per avviare
una fruttuosa ricerca comune.
Il metodo induttivo
Il nominalismo occamista, incentrato sulla convinzione che la realtà sia costituita esclusivamente da sostanze particolari e individuali, trova una singolare conferma nel modo in cui si svolge l’indagine
di Guglielmo. Egli non parte da una teoria, ma intende risalire dai
dati particolari per trovare una chiave d’interpretazione dei vari fatti. Così le macchie nere che si trovano sulle unghie e sulla lingua di
molti cadaveri sono la traccia di un contatto con l’arsenico: questa
osservazione farà sì che quando il frate si troverà a mettere anch’egli
le mani sul libro, avrà la precauzione di usare un guanto per non cadere nella medesima trappola. L’impegno a scovare una via di accesso alla biblioteca e ad uscire dal labirinto dà prova dell’efficacia
della logica di Guglielmo, di stampo dichiaratamente induttivo, anche se non manca un momento di assoluta comicità quando, a
fronte delle sue elucubrazioni, sarà un fatto casuale (un filo dell’abito di Adso che è rimasto tirato) a indicare la via d’uscita, quasi a sottolineare che a volte la realtà, nella sua concretezza, è più semplice
di ogni teoria.
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Razionalità e superstizione
C’è un elemento che accomuna il mistico francescano Umbertino
da Casale e il padre domenicano Bernardo Guy, campione dell’Inquisizione, ed è la convinzione che le forze del demonio siano presenti nell’abbazia, mentre Guglielmo è persuaso che la sola prova
dell’esistenza del diavolo sia il nostro desiderio di vederlo all’opera.
L’analisi meticolosa dei fatti porta Guglielmo, sulla scia della fiducia
occamista nella capacità della mente umana di ricostruire i dati
dell’esperienza, a rifiutare quella che a prima vista può sembrare la
soluzione più facile, ossia il ricorso a riti magici, con l’appendice
dell’uso di galli o di gatti neri, o di altre diavolerie, per spiegare i fatti che accadono.
Mentre per Jago, il frate cieco che si erge a severo custode della tradizione e ad intransigente fustigatore di ogni frivolezza, la ragione
serve solo a preservare il sapere e non a ricercare nuovi approcci o
nuove formulazioni, Guglielmo è convinto che la ragione sia la sola
forza capace di combattere la superstizione e che i libri rappresentino il patrimonio più prezioso dell’umanità, perché indicano la via
verso l’approfondimento continuo della verità.
Ancora una volta in linea con la posizione di Ockham, Guglielmo ritiene che l’autorità papale, rappresentata nel film dai padri dell’Inquisizione, non possa impedire alla coscienza dei fedeli di approfondire il patrimonio della fede.
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