L`apporto degli italiani in Costa d`Avorio

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L`apporto degli italiani in Costa d`Avorio
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L’ a p p o r t o d e g l i i t a l i a n i
in Costa d’Avorio:
imprenditoria,
cultura e religione
C
i sono posti del mondo poco conosciuti e che non
fanno notizia, luoghi dimenticati dai “grandi” del mondo ma allo stesso tempo amati
da molti. Territori di nicchia dove, soffermando l’attenzione, si scoprono notizie che
lasciano sorpresi e allo stesso tempo arricchiti per ciò che si impara. Uno di questi posti
“dimenticati” è la Costa d’Avorio, per anni teatro di faide interne, di fughe umanitarie,
di eccidi. Marco De Ponte esponente di ActionAid testimonia che da dicembre 2010 la
stima dei profughi che hanno lasciato il paese dirigendosi verso gli stati limitrofi sono
circa 130 mila (oltre 2 mila persone al giorno). Fuggono da una situazione di violenza e
povertà rifugiandosi in posti già precari e indigenti quali la Liberia, dove pare ne siano
arrivati circa 110 mila (cfr., “Costa d’Avorio, la fuga di massa in Liberia. ActionAid, 130
mila profughi dimenticati” in la Repubblica.it, 7 aprile 2011).
Questa la storia del paese che si intreccia con altre storia e, come ha tenuto a sottolineare la presente edizione del Rapporto Migrantes, con quella dell’emigrazione italiana.
In questo approfondimento, la Costa d’Avorio è il paese scelto per l’Indagine Migrantes
2011, realizzata tramite la somministrazione del questionario agli italiani lì residenti. A
collaborare per la messa a punto e la realizzazione della ricerca è stato chiamato il sindacato SEI-UGL il cui presidente nel mese di agosto 2010 è stato invitato a partecipare sul
posto come relatore alle “Journées Internationales des Diaspora” promosse dalla Rete
degli ivoriani nel mondo (Réseau Côte d’Ivoire Diaspora) legata all’apposito Ministero.
Nelle pagine che seguono, quindi, dopo una breve descrizione del paese si descriverà
l’indagine e i risultati che sono emersi.
Il Paese del legno
«La leggenda di Abraha Poku mi è stata raccontata per la prima volta quando avevo
circa dieci anni. Mi ricordo che la storia di questa donna che sacrifica il figlio per salvare
il suo popolo aveva colpito la mia immaginazione di ragazzina di Abidjan. Mi figuravo
di Luciano Lagamba, presidente SEI-UGL; Delfina Licata, caporedattore Rapporto Italiani nel Mondo e
Carlotta Venturi, redazione Rapporto Italiani nel Mondo
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Poku come una Madonna nera. In seguito, al liceo, la violenza e la guerra fecero irruzione nella nostra vita, rendendo bruscamente il futuro incerto. Poku mi apparve allora
sotto un aspetto ben più funesto, quello di una regina assetata di potere». A scrivere è
Véronique Tadjo, scrittrice ivoriana. La Casa Editrice Le Nuove Muse, nel 2007, ha tradotto la sua opera Regina Pokou, la leggenda della Regina Abraha, nipote del Re ashanti,
che sacrifica il figlio gettandolo nel fiume Comoè per salvare e fondare il suo popolo, i
baulè, leggenda ben conosciuta da tutti i ragazzi della Costa d’Avorio.
Con un territorio simile per estensione a quello della Germania, di forma però quadrata, la Costa d’Avorio è delimitata a sud dall’Oceano Atlantico, a ovest dalla Liberia e
dalla Guinea, a nord dal Mali e dal Burkina Faso, e a est dal Ghana. A eccezione della
regione collinare occidentale attorno a Man, la Costa d’Avorio è per lo più pianeggiante. La zona costiera è particolarmente interessante per la presenza di una laguna interna
che inizia dal confine col Ghana e si estende per 300 km lungo l’intera parte orientale
della costa. Nel sud del paese ci sono Yamoussoukro, la capitale, e le coltivazioni di
cacao e di caffè, che fanno della Costa d’Avorio la maggiore esportatrice di questi prodotti. Intorno alle piantagioni vi sono i resti della foresta pluviale, che un tempo ricopriva l’intera area meridionale; il territorio si trasforma in savana molto più a nord.
L’espandersi delle coltivazioni costituì la principale minaccia per la sopravvivenza della
flora e della fauna del paese. La foresta pluviale è stata abbattuta a una velocità che non
ha eguali nel mondo; l’unica foresta vergine rimasta intatta si trova nell’angolo sud-occidentale del paese, nel Taï National Park, che ricopre 3600 kmq. L’industria del legname
ne è la maggiore responsabile; le esportazioni di legno pregiato sono agli stessi livelli del
Brasile, un paese che, però, è 20 volte più esteso.
Poco si sa della Costa d’Avorio prima dell’arrivo delle navi europee, intorno al 1460. I
principali gruppi etnici attuali arrivarono relativamente tardi dalle aree confinanti: i kru
emigrarono dalla Liberia intorno al 1600; i senoufo e i lubi si mossero verso sud dal
Burkina Faso e dal Mali. Non prima del XVIII o XIX secolo gli akani, tra i quali i baoulé,
emigrarono dal Ghana nell’area orientale del paese, e i malinké mossero dalla Guinea
verso il nord-ovest.
Il figlio di un capo baoulé, Félix Houphouët-Boigny, fu il padre dell’indipendenza della
Costa d’Avorio. Houphouët-Boigny aveva studiato medicina prima di diventare un
grande agricoltore di cacao e un capo locale. Nel 1944 si diede alla politica e formò i
primi sindacati agricoli del paese. Scontenti della politica coloniale, che favoriva i francesi, essi si unirono con lo scopo di reclutare, per le loro coltivazioni, operai provenienti
da altre zone. Houphouët-Boigny, in meno di un anno, fu eletto al parlamento francese di Parigi. Un anno più tardi i francesi abolirono i lavori forzati.
Ai tempi dell’indipendenza, nel 1960, la Costa d’Avorio era il paese più prospero
dell’Africa occidentale francese, tanto da contribuire per più del 40% al totale delle
esportazioni della regione. Dal 1983 la capitale ufficiale è Yamoussoukro; comunque,
Abidjan resta il centro amministrativo. La maggior parte dei paesi mantiene la propria
ambasciata ad Abidjan. La popolazione continua a soffrire a causa del continuo stato di
guerra civile.
La Costa d’Avorio possiede una delle economie più prospere dell’Africa, benché fragile poiché basata principalmente sull’esportazione di materie prime. Il suo mercato
dipende pesantemente dal settore agricolo; infatti quasi il 70% del popolo ivoriano è
impiegato in qualche forma di attività agricola. Il paese è, inoltre, il maggior produttore
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ed esportatore mondiale di caffè, semi di cacao e olio di palma. Conseguentemente, l’economia è altamente sensibile alle fluttuazioni dei prezzi internazionali di questi prodotti
e alle condizioni meteorologiche.
La situazione politica
Essendo soggetta a continui cambiamenti, si espone qui la situazione politica nella
Costa d’Avorio al momento di chiusura redazionale del volume (http://www.corriereweb.net/politica-e-societa/esteri/4806-costa-davorio-dallindipendenza-alla-guerra-civile-.html). Per spiegare questa situazione occorre ricordare che il paese ha fatto parte dal
1893 dell’impero coloniale francese nell’Africa Occidentale e che ha ottenuto, nel 1960,
l’indipendenza dalla Francia, mantenendo comunque strette relazioni con la Francia
attraverso numerosi accordi bilaterali e conservando il francese come lingua ufficiale. Il
primo ed unico presidente della Costa d’Avorio, per oltre trenta anni, è stato Felix
Houphouet Boigny, che all’indomani dell’indipendenza ha fondato il Partito democratico della Costa d’Avorio. Il suo successore, Henri Konan Bédié è stato poi rovesciato da
un colpo militare del 1999. Alle elezioni indette nel 2000 è stato impedito ai maggiori
oppositori, tra i quali Allassane Outtara del Partito Democratico della Costa d’Avorio, di
parteciparvi, con la conseguente vittoria di Laurent Gbagbo, del Fronte Popolare
Ivoriano (FPI), accusato di aver manipolato i risultati elettorali. Nel 2002 un colpo di
stato fallito ha dato il via ai combattimenti. La Francia è intervenuta interponendosi tra
le forze armate contrapposte. Entrambe le parti poi, l’hanno accusata di aver impedito
una vittoria militare dell’uno o dell’altro.
Gli scontri hanno portato alla divisione del paese in due, con i ribelli che hanno occupato il nord del paese a maggioranza musulmana e le truppe di Gbagbo il sud, tradizionalmente cristiano. Un accordo di pace è stato poi firmato nel 2007, cui è seguita la
nomina del leader dei ribelli Guillame Soro quale primo ministro. Alle ultime elezioni
tenutesi nel novembre 2010 Allassane Outtara è eletto presidente della Costa d’Avorio
con il 54,1% dei voti, il che avrebbe significato la riunificazione del paese. Ma Laurent
Gbagbo, cui è andato il 45,9% delle preferenze, si rifiuta di cedere il potere, e procede
altresì alla nomina, come primo ministro, di Gilbert Marie N’Gbo Ake. Il Consiglio
Costituzionale, guidato dagli alleati di Gbagbo, dichiara quest’ultimo vincitore, ribaltando così il risultato delle elezioni dopo aver denunciato brogli elettorali in alcune aree del
paese e ignorando in tal modo il riconoscimento internazionale di Outtara quale presidente della Costa d’ Avorio da parte dei leader mondiali e delle organizzazioni regionali.
La situazione presto precipita. Manifestazioni di protesta e scontri con la polizia iniziano
nella capitale (Yamoussoukro) quasi subito, centinaia di persone perdono la vita. Nel
mese di febbraio anche le banche chiudono gli sportelli. Gbagbo, che nel frattempo si
preoccupa di tagliare i collegamenti per l’erogazione di energia elettrica e dell’acqua,
viene presto isolato internazionalmente e le esportazioni di cacao, tra le primissime voci
dell’economia della Costa d’Avorio, vengono bloccate. L’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) dichiara la crisi umanitaria, segnalando nei primi
giorni di marzo oltre 500 mila profughi in fuga dalle aree urbane dove si combatte. Gli
scontri tra le forze repubblicane di Outtara e i gruppi armati di Gbagbo diventano sempre più crudeli. L’ONU, gli Stati Uniti, la Francia e l’Unione Europea esortano Gbagbo a
farsi da parte.
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Per il Consiglio di Sicurezza urge che i partiti ivoriani rispettino il volere dell’elettorato e l’elezione di Alassane Dramane Ouattara quale presidente della Costa d’Avorio,
così come riconosciuto dall’ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa
Occidentale), dall’Unione Africana e dal resto della comunità internazionale.
Il 4 aprile si materializza l’intervento militare internazionale e delle truppe del contingente francese Liocorne presente in Costa d’Avorio dal 2002, il cui supporto viene esplicitamente richiesto e ottenuto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, per
“prevenire ulteriori ritorsioni contro la popolazione al fine di distruggere l’artiglieria pesante di Gbagbo”. L’ex presidente rifugiato nel suo bunker, la residenza di Abidjan, dopo il fallimento dei negoziati, è arrestato dalle Forze Repubblicane guidate da Outtara l’11 aprile.
Dopo l’arresto di Gbagbo, Outtara si è insediato al potere. L’Unione Europea ha stanziato 180 milioni di euro per la ricostruzione del paese, mentre la Francia, guidata da
Sarkozy, tramite Christine Lagarde, ministro dell’Economia, ha annunciato di destinare
400 milioni di euro per sostenere i bisogni urgenti della popolazione, la città di Abidjan
e i servizi pubblici essenziali. L’aiuto dovrà ugualmente servire, in un secondo momento,
a rilanciare l’attività economica ivoriana.
L’Indagine Migrantes 2011
Anche nel 2011 è continuata la collaborazione tra il Sindacato Emigrati U.G.L. e la
Fondazione Migrantes per il monitoraggio della situazione attuale degli emigrati italiani
nel mondo, tenendo conto che la Costa d’Avorio è un paese in cui una non trascurabile
comunità italiana è, da tempo, residente e operante.
Sono 355 gli italiani iscritti all’Aire (di cui il 38,6% donne), celibi nel 55,8% dei casi e
coniugati nel 34,6%. I vedovi sono, invece, i 2,5% e i divorziati il 4%. La classe di età
maggiormente rappresentata (35,5%) è quella che va dai 50 ai 64 anni. A seguire, i 3549 anni (25,6%) e i minorenni 17,7%. Il 15,2% ha più di 65 anni e solo il 5,9% ha tra i
18 e i 34 anni.
Una descrizione abbastanza diversa della collettività emerge, invece, dall’indagine
condotta. Sono stati somministrati 180 questionari, da dicembre 2010 a giugno 2011,
a italiani lì residenti. Dei 180 italiani raggiunti, il 31,1% è donna. Tutti gli intervistati
tranne uno risultano residenti nel paese. La città maggiormente rappresentata è Abidjan
(131 intervistati), a seguire San Pedro (13), Daloa (7), Yamoussoukro (5), Man (4), Issia
e Sassandra (3) e poi, di seguito, Adzopè, Bouakè, Dabov, Gagnoa e Touba.
Il 65,5% del campione ha 30-44 anni; il 29,4% ha 45-54 anni; il 12,2% ha tra i 18 e i
29 anni e il 9,4% ha, invece, tra i 55 e i 64 anni. Hanno più di 65 anni il 6,6% degli
intervistati mentre il 2,2% è minorenne. Si tratta, quindi, di una popolazione giovane e
in piena età da lavoro. Quanto detto è confermato dai risultati dello stato civile. Il
33,3% è, infatti, celibe; il 32,2% è coniugato; il 18,3% convive. Il 10% è separato e il
6,1% vedovo.
Una quota poco al di sotto della maggioranza ha il coniuge italiano, il che sta a significare che in molti casi si tratta di coppie miste. A rispondere negativamente al quesito
relativo alla presenza o meno di figli sono stati 91, mentre 77 hanno risposto affermativamente e 12 non hanno risposto.
Si riscontra la predisposizione a non rispondere alle domande intese a indagare se i
figli sono italiani o meno e se sono o no iscritti all’Aire.
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Tra quelli che hanno risposto risulta che, nella maggior parte dei casi, i figli italiani
sono iscritti all’Aire, al contrario di ciò che accade col campione intervistato, che è iscritto all’Aire nel 73,3% dei casi soprattutto per i benefici che derivano dal possesso della
cittadinanza italiana (37,7%) o per avere la possibilità di votare anche dall’estero
(22,7)%.
Gli intervistati hanno un titolo di studio medio-alto. Esclusi 3 casi, che hanno dichiarato di non avere alcun titolo di studio, hanno frequentato il liceo il 34%, il 31% è laureato e il 25% ha una qualifica da tecnico-professionale.
A riprova di quanto l’emigrazione italiana abbia interessato e continui a interessare
tutto il Paese, i 180 intervistati rappresentano tutte le regioni italiane: ben 33 provengono dal Lazio, 28 dalla Campania, 20 dalla Toscana, 14 dal Piemonte, 12 dalla Lombardia
e dalla Sicilia, 10 dall’Emilia Romagna e dalla Puglia, 7 dal Veneto e dall’Umbria, 6 dalla
Calabria, 5 dall’Abruzzo, 4 dalla Sardegna e dalle Marche, 3 dall’Abruzzo, 2 dalla
Basilicata e, infine 1 da Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Trentino.
Il lavoro e l’integrazione
Gli italiani in Costa d’Avorio sono impegnati in vari settori dell’economia del paese.
L’indagine mette in luce alcuni aspetti del loro lavoro e sottolinea come i nostri connazionali si siano ben inseriti nel mercato occupazionale ivoriano.
Il 45% degli intervistati, infatti, giudica “buona” la propria condizione lavorativa all’estero: il 47,2% esercita un lavoro dipendente e il 24,4% un lavoro autonomo. Gli studenti sono solo il 2,8%.
La maggior parte del campione aveva un’occupazione dipendente anche prima di
partire per l’Africa, ma è la stabilità del rapporto a fare la differenza: infatti, la metà degli
intervistati dichiara di avere un contratto a tempo indeterminato e il 34% a tempo
pieno.
La retribuzione inoltre è vantaggiosa e il 57,8% la considera abbastanza buona.
I nostri connazionali sono protagonisti soprattutto nel settore industriale, in particolare nella lavorazione del legno e nella costruzione di infrastrutture per l’ammodernamento della nazione. Emergono importanti famiglie di imprenditori nei commenti a margine dei questionari, come la famiglia Urciuoli originaria della Campania,
molto attiva nel settore della lavorazione del legno. Alla fine del 1993 è nata la Ivoire
Techni Bois sarl del Gruppo Urciuoli, che alla gestione di concessioni delle foreste
abbina la lavorazione e la commercializzazione del legno nonché l’importazione di
tutti i materiali e gli accessori utili a questa attività. Questa famiglia, in Costa
d’Avorio da più di 10 anni, ha oggi dato vita ad un’azienda completamente strutturata, che ha al suo attivo circa 240 dipendenti, tra fabbrica e foresta, e occupa più di
57 mila metri quadrati tra forni di essiccatoio, parco tronchi e nuovi appezzamenti in
assegnazione. Ciò che occorre sottolineare è la completa integrazione dell’azienda
nel contesto, non solo per ciò che concerne gli impianti di lavoro, ma anche per le
dinamiche commerciali: ITB, infatti, si occupa nello stesso tempo, della produzione
di parquet, dell’importazione di segati e semilavorati per il fabbisogno italiano, della
fidelizzazione di clienti commerciali africani per la fornitura di cofani funebri allo
stato finito, seguendo una modellistica in stile americano progettata per soddisfare
le esigenze della cultura africana.
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La strada verso il successo imprenditoriale non è stata facile a detta degli intervistati,
ma gli italiani hanno saputo superare le difficoltà legate soprattutto a situazioni di corruzione, all’inadeguatezza delle infrastrutture, all’imprecisione amministrativa e agli
ammanchi di merce.
Gli italiani in Costa d’Avorio, da quanto emerge dall’Indagine Migrantes, non sono
solo ben integrati nel settore lavorativo ma anche nel sociale: il 54,4% degli intervistati,
infatti, dichiara di aver notano un miglioramento nelle proprie condizioni di vita dopo
qualche anno dal trasferimento e il 53,3% dice di vivere in una casa di proprietà mentre
il 69% non possiede una casa in Italia. L’acquisto di una casa è un elemento importante
per capire il tipo di emigrazione di una persona: chi la compra solitamente lo fa perché
ha un progetto migratorio stabile. In altre parole pensa di rimanere a vivere nel paese
d’emigrazione.
Un altro importante fattore che conferma la volontà di stabilirsi definitivamente sul
posto sono le rimesse: il 77,2% non invia denaro in Italia.
La fusione con la popolazione locale è pressoché totale: l’84,4% degli italiani intervistati legge i giornali del posto, il 74% ascolta sia le radio locali che quelle italiane.
L’associazionismo è presente, ma il fenomeno non si è mai sviluppato come in altre
realtà dell’emigrazione italiana1: dall’indagine risulta che solo il 42% è iscritto ad un’associazione di italiana.
I rapporti con l’Italia appaiono complessi: solo il 33% vorrebbe tornare per le vacanze
mentre il 34% non ha alcun interesse a farlo.
Quanto alla partecipazione alla vita politica italiana essa è ben distribuita: il 45,5%
non ha partecipato alle elezioni dei parlamentari all’estero contro il 54% che lo ha fatto:
una metà degli intervistati pensa di avere un’adeguata rappresentanza, un altro 50%
pensa, invece, di non averla. Il 51,1%, infine, non è soddisfatto del lavoro dei consolati.
L’importanza del Made in Italy
e il fenomeno del Turismo shopping
Il Made in Italy gode di una grande considerazione in Costa d’Avorio e i prodotti tradizionalmente italiani trovano ampio mercato, in particolare nei settori della moda e dell’arredamento.
Si è verificato, al riguardo, un interessante fenomeno che vede coinvolta l’ambasciata
italiana ad Abidjan: il turismo shopping. Ma in cosa consiste?
Gli italiani, bravi artigiani nella lavorazione del cuoio e del legno, sebbene abbiano
aperto numerose attività in questo paese, non riescono però a soddisfare la domanda
crescente di prodotti Made in Italy e quindi è curioso il fatto che arrivino all’ambasciata
italiana di Abidjan molte domande di visto per motivi di shopping: si chiede, cioè, di
poter andare in Italia per fare acquisti. Lo fanno anche piccoli commercianti italiani che
tornano in patria per comprare merce da rivendere in Costa d’Avorio e molti privati con
ottime possibilità economiche decidono di recarsi nel Belpaese periodicamente per
comprare capi di abbigliamento e calzature.
Il settore calzaturiero, infatti, è un molto redditizio nel paese africano e i nostri connazionali hanno trovato il modo di fare buoni affari, cosa che al contrario non avviene in
altri ambiti come quello degli articoli per la casa o dei prodotti alimentari. Le motivazioni sono da ricercarsi sicuramente nell’imponente presenza di articoli provenienti dalla
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Cina, economicamente meno costosi e quindi più competitivi. Ma non solo.
Sicuramente la forza economica dei prodotti cinesi è evidente, ma il vero fattore limitante per gli imprenditori italiani è la forte pressione francese e libanese. Nei supermercati,
infatti, si possono trovare prodotti tipicamente italiani come il parmigiano e la pasta
importati e veduti da commercianti francesi.
Se l’inserimento delle ditte italiane nel mercato ivoriano è indubbiamente ostacolato
dal potere francese, che influenza fortemente i rapporti commerciali del paese africano,
è anche vero che negli ultimi anni quest’ultimo si sta aprendo nei confronti di altre partnership commerciali. L’attuale situazione politica, che come precedentemente detto è
pericolosa e continuamente mutevole non permette la creazione di un programma di
politica economica e il modello fino ad ora seguito si è basato principalmente sul legame con la Francia e sull’esportazione di materie prime, ma le cose stanno cambiando.
Dopo gli scontri del 2004, anno infatti in cui le truppe francesi e quelle del governo
ivoriano si sono scontrate, molti imprenditori francesi hanno lasciato il paese offrendo
così nuove opportunità d’inserimento agli italiani. Il settore in cui gli italiani avevano
una tradizionale importanza in Costa d’Avorio era quello delle costruzioni, ma era limitato dal potere francese nella concessione degli appalti pubblici. Ora, a causa della situazione che scoraggia nuovi investimenti, la presenza francese si sta allentando.
È importante ricordare che se da una parte si apre il mercato ivoriano ad altri interlocutori grazie ai problemi tra la Francia e la Costa d’Avorio, sicuramente dall’altra la situazione di pericolo non risparmia neanche i nostri connazionali. Molti di essi, infatti,
hanno deciso di lasciare le aziende e di rientrare il prima possibile in patria perché
preoccupati dalla situazione di guerra: la loro vita è in pericolo perché essere bianchi ed
europei suscita le ire di molti ivoriani che, vista la storia precedente, considerano ogni
bianco un possibile colonizzatore. Anche i fatti di cronaca spesso hanno parlato di “caccia al bianco”2.
Quanto detto però non deve far dimenticare gli ottimi legami di amicizia e collaborazione esistenti tra ivoriani ed europei o “bianchi” in generale. Ci sono molte piccole e
medie imprese italiane, ad esempio, sparse nel paese che collaborano con quelle ivoriane per la nascita di grandi progetti specifici soprattutto nel settore della costruzioni.
Basti pensare al Gruppo Prandi attivo nella creazione di un centro per la comunità di
Sant’Egidio presente ad Abidjan nel quartiere di Treichville.
L’apertura di aziende nel paese africano è molto conveniente per i nostri connazionali
perché possono disporre di manodopera a basso costo, di un mercato ampio e soprattutto di regimi fiscali agevolati.
Di particolare interesse è il Progetto di Zona franca della biotecnologia e delle tecniche
dell’informazione e della comunicazione (NTIC) a Grand Bassam, antica cittadina coloniale
affacciata sull’Oceano Atlantico situata a pochi chilometri da Abidjan. La città, popolata
da molti immigrati dei paesi vicini, vede la presenza di numerosi artigiani organizzati in
piccole cooperative o laboratori a conduzione familiare. Diverse comunità si sono riunite, tra cui molti italiani, per la creazione di un Coordinamento Artigiani di Grand Bassam
e la gestione di un magazzino comune e di un fondo di solidarietà.
Il progetto della Zona Franca era sul tavolo delle trattative da molti anni ma ultimamente si sta avviando, seppur lentamente, verso la sua realizzazione che permetterà alle
aziende che nascono in quell’area di godere, appunto, di un regime fiscale molto conveniente per un determinato periodo di tempo. L’idea non è ancora estesa a tutti i setRAPPORTO ITALIANI NEL MONDO
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tori dell’economia (solo a quello dell’informatica e delle biotecnologie) ma si pensa già
di estenderlo ad altri campi.
Le condizioni per la creazione delle imprese, i costi e i probabili benefici che si avranno non sono stati ancora ben calcolati, ma sembra che i nostri connazionali abbiano
mostrato gran interesse verso il progetto.
Le opportunità imprenditoriali in Costa d’Avorio sono, come sopra accennato, in
aumento. La crescita del paese, infatti, non è solo economica ma anche demografica e si
sta verificando il fenomeno dell’urbanizzazione di massa: dalla campagne si emigra in città
in cerca di migliori condizioni di vita. Questo spostamento apre nuovi orizzonti commerciali e nuove possibilità imprenditoriali per gli italiani in Costa d’Avorio perché le nuove
città avranno bisogno di infrastrutture e servizi e di aziende per la gestione dei rifiuti. Lo
smaltimento dei rifiuti tossici è un tema delicato: l’imprenditoria italiana, purtroppo, è
stata segnata dallo scandalo dei rifiuti versati nelle discariche di Abidjan dalla società
“Trasfigura” che, nel 2006, ha dovuto pagare un’ingente penale per compensare i danni
provocati all’ambiente. Fortunatamente si è trattato solo di un episodio isolato: gli imprenditori italiani hanno dimostrato sempre molto rispetto per le ricchezze naturali del luogo e
la collaborazione con le autorità locali per la conservazione del patrimonio naturale non è
mai mancata. La ITB, di cui si è parlato precedentemente, ne è una testimonianza importante.
I rapporti con l’Italia: l’interesse
dei giovani ivoriani verso la lingua
e la cultura italiana
L’amicizia tra l’Italia e la Costa d’Avorio affonda le radici al momento dell’indipendenza del paese dal dominio francese, nel 1960: l’anno successivo Renzo Luigi Romanelli
viene nominato primo ambasciatore d’Italia ad Abidjan, allora ancora capitale del nuovo
stato3.
I rapporti tra i due paesi sono, da sempre, molto buoni tanto che, nel 2002, il presidente Gbagbo si recò in Italia e nel 2007/2008 il governo africano sostenne la candidatura italiana al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Gli interessi economici tra le due nazioni
sono consolidati da anni ed è importante ricordare un progetto di formazione di professionisti partito nel 2001 ad opera di imprenditori italiani che costituirono le Cooperative
del Sapere per formare i potenziali imprenditori africani e inserirli nelle loro aziende.
Questo legame si rinnova e si consolida grazie all’interesse di molti giovani ivoriani per
la lingua e la cultura italiana.
Gli italiani, come emerso nell’Indagine Migrantes, nel il 31% di casi non solo continuano a parlare la loro lingua d’origine in famiglia ma si attivano anche per diffonderla sul
posto.
La nostra storia e il nostro idioma sembrano suscitare interesse negli ivoriani. La
domanda di formazione è così alta che per rispondere a questa esigenza il nostro
Ministero degli Affari Esteri ha finanziato e finanzia tutt’ora un corso accademico di
Lingua e cultura Italiana all’Università di Cocody-Abidjan presso il Dipartimento di Studi
Iberici. Il corso venne avviato nel 2002 con la previsione iniziale di due anni di studio,
divenuti in seguito tre dal 2005 a causa della grande affluenza di studenti. Sono 130 gli
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iscritti in media, ogni anno, sia al primo che al secondo corso4. L’esistenza di una simile
struttura è veramente importante in questo paese perché a differenza di altri stati come
l’Argentina o l’Uruguay in cui la cultura italiana è ben rappresentata dalla società Dante
Alighieri che trasmette da generazioni la lingua e le tradizioni del nostro popolo, in
Costa d’Avorio è sempre mancato un centro per l’apprendimento dell’italiano.
L’interesse da parte dei giovani ivoriani non trova riscontro nei luoghi di formazione,
che mancano o sono inadeguati a sostenere la domanda crescente: significativo è il limite di 60 posti per l’accesso al terzo anno di corso in cui si studia la conversazione avanzata, limite da riferire alle modeste dimensioni delle aule.
Investire sulla cultura italiana potrebbe essere un’iniziativa importante da affiancare ai
molteplici progetti presenti in questo paese in campo economico.
L’attività dei missionari italiani
e il mercato di articoli religiosi
Uno studio sulla presenza italiana in Costa d’Avorio non poteva concludersi senza l’aver ricordato l’impegno del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere)5 in questo paese.
Dal 1973 p. Gennaro Cardarelli iniziò ad aiutare i poveri e i bisognosi e si è continuato
a lavorare per la realizzazione di infrastrutture agricole, la ricerca di nuove tecniche di
osservazione del suolo e soprattutto l’educazione biblica, umana e religiosa dei catechisti.
Grazie all’opera missionaria, oggi in Costa d’Avorio sono presenti ben 14 diocesi, tutte
sotto la direzione di vescovi ivoriani. I sacerdoti del Pime, invece, operano solo nella diocesi di Bouaké, città a circa 400 chilometri da Yamoussoukro, dove ci sono tre missioni:
Kennedy un quartiere di Bouaké, M’Bahiakro e Prikro, situate rispettivamente a 80 e 160
chilometri da Bouaké. È stato anche stabilito l’avvio di un progetto per la creazione di
una fattoria di proprietà dell’Associazione San Camillo, dove si tenta il recupero dei
malati mentali. Il lavoro dei missionari, tra cui molti italiani, si svolge prevalentemente
tra la popolazione baoulé, arrivata in Costa d’Avorio dall’attuale Ghana tra il XVIII e il
XIX secolo.
La diffusione del cattolicesimo in questo paese non fu facile a causa dell’evangelizzazione iniziale avvenuta ad opera dei missionari francesi, quando la Francia era il paese
colonizzatore. I sacerdoti erano infatti concepiti più come dominatori che come predicatori e il protestantesimo dilagava. La situazione oggi è migliorata anche se tra la gente
un po’ di diffidenza rimane.
Se l’attività di istruzione, sia professionale che culturale, si sta sviluppando sempre di
più, quella di carattere religioso non è da meno: i sacerdoti sono molto attenti alla formazione dei giovani e così nascono centri di aggregazione e biblioteche. Si opera a
stretta collaborazione con il clero locale e si cerca di conoscere il più possibile la storia e
la tradizione della tribù baoulé.
L’opera di assistenza dei nostri missionari è affiancata da quella di costruzione di chiese e di strutture per la diffusione della religione cattolica in generale. Bisogna tener
conto che il 74% degli intervistati italiani ha dichiarato di non andare in Chiesa e il 62%
di non essere religioso, molto si sta facendo per creare spazi e opportunità adeguati al
culto e alla preghiera.
A questo riguardo va ricordato che si è creato un mercato che possiamo definire di
nicchia, di vendita ed istallazione di impianti acustici per le chiese, di commercio di artiRAPPORTO ITALIANI NEL MONDO
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coli religiosi e di importazione di vino italiano di buona qualità per le funzioni. Il nostro
vino è molto pregiato e competitivo a livello internazionale, ma in Costa d’Avorio non
aveva mai trovato spazio per inserirsi a causa del monopolio esercitato in questo settore
dalla Francia. Grazie alla diffusione del cattolicesimo si sta espandendo anche questo
mercato e dall’Italia arrivano molti prodotti Made in Italy.
Conclusioni
La presenza degli italiani in Costa d’Avorio non è numerosa ma, come abbiamo visto,
molto dinamica soprattutto a livello commerciale: i rapporti tra i due paesi sono buoni
ma finora sembrano, principalmente, di tipo economico.
Le tradizioni culturali e linguistiche italiane sono poco conosciute ma negli ultimi anni
si sta sviluppando un interesse sempre maggiore da parte delle giovani generazioni ivoriane che sembrano accostarsi anche alla formazione professionale che gli operatori di
aziende italiane vogliono impartire.
La competizione con la Francia e la sua importante tradizione colonizzatrice si fa sentire in tutti gli ambiti e, in particolare, in quello economico ma gli avvenimenti politici
stanno rendendo meno esclusivi i legami con l’antico paese colonizzatore e, se da una
parte gli scontri e le violenze quotidiane scoraggiano l’avvio di nuove imprese italiane,
dall’altro costituiscono un fattore di attrazione per i nuovi sbocchi imprenditoriali grazie
proprio alla difficoltà dei rapporti tra la Costa d’Avorio e la Francia.
Se la situazione di guerra si fermerà e tornerà la pace probabilmente le nostre imprese, comprese quelle che oggi sono state abbandonate dai connazionali tornati in Italia,
avranno la possibilità e il terreno fertile per fiorire e prosperare.
Note
1
Il altri contesti, come ad esempio negli Stati Uniti, o in Sud America, l’associazionismo, soprattutto di tipo regionale, è molto presente tra gli emigrati italiani.
2
Molte importanti attività imprenditoriali e non sono state abbandonate come testimonia l’ingegnere elettronico Giancarlo Mastrobuono tornato in Italia nel 2004 a causa della guerra. Per
maggiori informazioni consultare il sito http://archiviostorico.corriere.it
3
Abidjan fu capitale del paese dal 1933 al 1983, lasciando poi il posto ad Yamoussoukro, l’attuale capitale.
4
Per saperne di più consultare il sito dell’Ambasciata italiana ad Abidjan www.ambabidjan.esteri.it.
5
Per maggiori informazioni consultare il sito www.pime.org.
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