FIR1999-4(3) - Centro della Famiglia

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FIR1999-4(3) - Centro della Famiglia
La rappresentazione del ruolo della famiglia
e della società da parte di anoressiche.
Analisi di lettere inviate a testate giornalistiche (1)
Ines Testoni(2)
Nel presente articolo vengono discussi i risultati di una ricerca più ampia che ha indagato il territorio
delle autorappresentazioni di anoressiche, tramite l’analisi qualitativa-quantitativa delle loro lettere
pubblicate da testate giornalistiche nazionali. In particolare in questa sede si discutono i dati relativi a
uno specifico tema: la rappresentazione della famiglia e della società in rapporto alle motivazioni che
hanno spinto tali donne a iniziare con una dieta il percorso che poi le ha condotte all’incapacità di rapportarsi normalmente con il cibo.
Parole chiave: Famiglia, società, rappresentazioni, anoressia.
Female anorexics’ representations of the role of family and society. Analyses of letters sent to Italian newspapers. By means of qualitative and quantitative analyses of letters written to the personal
columns of important Italian newspapers and magazines, this article discusses the results of a wider
research study investigating the area of self-representations of female anorexics. In particular, data on
one specific topic are examined: the representation of family and society in relation to the reasons urging these women to choose a diet as the starting point of a route which ultimately led them to have to
an abnormal relationship with food.
Key words: Family, society, representations, anorexia.
Gli studi che analizzano i rapporti tra anoressia e sistemi familiari appartengono alla letteratura ormai più classica della psicologia clinica (Minuchin, Rosman, Baker, 1980; Selvini
Palazzoli, 1977, 1988; Selvini-Palazzoli, Cirillo, Selvini, Sorrentino, 1998). La loro importanza non è dovuta soltanto alle strategie di intervento psicoterapeutico da essi approntate, in grado di fronteggiare tale sindrome intervenendo sulle relazioni del gruppo familiare, ma riguarda
anche un aspetto teorico fondamentale, capace di estendere il proprio dominio di interesse
coinvolgendo settori più ampi della psicologia. Tale elemento inerisce alla peculiarità dei processi di comunicazione e alle loro dinamiche all’interno dei sistemi.
(1)
La presente ricerca è stata realizzata come parte della “Ricerca Caratterizzante, 1998” della Facoltà di
Lettere e Filosofia Ca’ Foscari di Venezia, Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze, sotto la direzione del Professor Emanuele Severino e l’organizzazione del Professor Giancarlo Trentini; essa si è
altresì sviluppata nell’ambito degli studi compiuti dal gruppo “Psicologia e letteratura” coordinati dalla
Professoressa Chiara Levorato, presso la Facoltà di Psicologia di Padova. Si ringrazia per la fattiva collaborazione e per l’analisi dei dati la statistica Marisa Cemin, la quale ha reso possibile la realizzazione
della ricerca. Un ringraziamento ulteriore deve essere rivolto ai professori Alberta Contarello e Adriano
Zamperini e alla dottoressa Mara Collini per i preziosi suggerimenti metodologici.
(2)
Dipartimento di Psicologia Generale, Università di Padova, Via Venezia, 8 – 35131 PADOVA.
Volume 4, Numero 3, 1999, pag. 167
In questa sede intendiamo considerare l’eventualità che se l’anoressia può presentarsi con le
sembianze di un “sintomo” severo, in grado di mettere in luce l’esistenza di comunicazioni paradossali all’interno del sistema nucleare di origine e più prossimo a chi ne è portatore – quello
familiare appunto –, essa può vieppiù essere altrettanto considerata alla stregua di un segnale
che pone in risalto contraddizioni importanti nelle comunicazioni sociali. La possibilità di analizzare la dialettica tra micro-sistema-familiare e macro-sistema-sociale è supportata dalla prospettiva ecologica di Bronfenbrenner (1986, 1993), in accordo con il superamento del modello
biomedico portato dall’orientamento bio-psico-sociale, dal quale prendono le mosse molte ricerche di psicologia sociale della salute (Bertini, 1988). La ricerca presentata in questo articolo
intende infatti inserirsi nell’ambito della psicologia sociale della salute, considerando il problema dell’anoressia, insieme al più vasto territorio dei disturbi e dei costumi alimentari, come un
argomento di pertinenza non solo psicologico-clinica ma altresì di interesse squisitamente sociale. La possibilità di considerare tali tratti dei comportamenti umani all’interno della dialettica famiglia-società offre l’opportunità di impostare progetti di prevenzione capaci di coinvolgere le diverse strutture educative e sanitarie che costellano il tessuto sociale in cui le famiglie
vivono.
L’anoressia come rappresentazione
È proprio della prospettiva sistemica pensare i sintomi della sofferenza psichica non tanto come segni di una malattia inscritta nei perimetri dell’individuo che ne è portatore, quanto
piuttosto come espressioni di un disagio che interessa il gruppo di persone, unite da rapporti
profondi, di cui costui è parte (Bateson, 1976; Watzslawick, Beavin, Jackson, 1971). L’idea
che i comportamenti possano essere considerati espressioni semantiche del divenire relazionale
appartiene alla psicologia sociale culturale – al cui interno confluiscono i contributi teorici
dell’interazionismo simbolico, del costruzionismo e della scuola culturale russa –, secondo la
quale l’ordine simbolico orienta le azioni umane, rendendo le stesse momenti di comunicazione tra soggetti e tra soggetti e ambiente (Mantovani, 1995). Il contributo dell’etologia in questo
campo è stato notevole, dimostrando come comunicazione e relazioni non si costituiscono soltanto attraverso il linguaggio verbale, bensì anche tramite i comportamenti. Atteggiamenti,
comportamenti e parole sono poi decifrabili in modo diverso, come insegna la prospettiva vygotschiana, a seconda del contesto simbolico condiviso dal gruppo umano di appartenenza
(Mantovani, 1998; Severino, 1979, 1994; Zucchermaglio, 1996), mentre ogni comunicazione
si orienta alla costruzione di significati capaci di definire i destini dell’intersoggettività
(Berger, Luckmann, 1969). In tal senso, le considerazioni di Goffman (1969) sui processi di
comunicazione intesi come rappresentazioni di significato rimangono ancora un punto di riferimento nello studio della fenomenologia della vita quotidiana degli individui e della collettività.
Questi orientamenti di analisi sembrano particolarmente preziosi quando si voglia considerare l’anoressia. Tale psicopatologia infatti riguarda il territorio dell’alimentazione, tanto
fondamentale nei processi di socializzazione quanto poco studiato dalla psicologia al di fuori
dell’ambito prettamente clinico. Come indicato in una sua celebre ricerca relativa alle ragioni
per le quali gli individui assumono determinate abitudini alimentari, estrinsecate tramite comportamenti caratterizzanti diversi gruppi umani, Lewin (1972) ha dimostrato come le dinamiche che regolano il momento di incontro intorno al cibo siano espressione di complessi ordini
simbolici che chiamano in causa non solo la sfera psicologica, ma anche quella sociologica e
culturale. Il “cibo per noi” è una struttura cognitiva, secondo lo studioso, che stigmatizza le
operazioni di procacciamento, selezione, conservazione e preparazione del cibo come costitutive dell’identità delle comunità che condividono determinate usanze. Secondo Montanari
(1992) l’aspetto della convivialità accompagna l’intera storia dell’Occidente, raccontando tramite i costumi alimentari i significati sottesi all’atto della condivisione del cibo secondo deter-
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minati rituali. Il rifiuto di riconoscere il valore attribuito alla condivisione del cibo nel meso e
macro-sistema di appartenenza (famiglia allargata, gruppo umano, società) (Bronfenbrenner,
1986, 1993) non può quindi essere letto come sola espressione di disagio generato nel microsistema (famiglia). Seguendo tale ordine di analisi è possibile pertanto considerare l’anoressia
come una rappresentazione della sofferenza in cui versa un soggetto all’interno del proprio micro-sistema, portando all’interno di quest’ultimo il messaggio di un disagio che è vissuto al suo
esterno – ossia nel contatto con il macro-sistema – e che non riesce a essere riconosciuto o adeguatamente elaborato dai soggetti implicati nelle relazioni familiari.
Dall’analisi di lettere inviate a testate giornalistiche nazionali, da parte di donne anoressiche, emerge un quadro che conferma in parte quanto indicato. Si tratta di un’indagine esplorativa riguardante l’universo rappresentazionale in cui si sentono inscritte donne accomunate
dall’esigenza di rifiutare l’appagamento primario della fame. L’importanza di analizzare tale
territorio attraverso scritti pubblicati su riviste è legata all’esigenza teorica di cogliere gli elementi costitutivi attraverso i quali tali persone sentono di potersi “presentare” alla società oltre
le frontiere dei rapporti intimi familiari, amicali e psicoterapeutici. Sarebbe diverso se volessimo analizzare i contenuti di un colloquio clinico, tutelato da un setting che garantisce la protezione della riservatezza. In questo caso invece analizziamo dei soggetti che hanno utilizzato
parole specifiche per raccontarsi e si sono impegnati nella volontà di essere ascoltati non tanto
da “qualcuno di significativo”, quanto piuttosto da quella collettività immaginaria e distante –
“il pubblico” – dalla quale essi prendono le distanze assumendo un comportamento incomprensibile, in un tempo e in un luogo in cui si può morire di tutto fuorché di “fame”. Tali parole sono leggibili quindi come la narrazione relativa al destino del corpo che si rappresenta nel
tentativo di superare i propri perimetri, per diventare messaggio sociale. Poter ascoltare queste
segnalazioni è importante non solo perché in tal modo viene accolta una voce che suona come
un richiamo, ma anche perché ciò offre nuove suggestioni tematiche per indagare il profondo
territorio delle rappresentazioni sociali intorno alle sorprendenti alchimie attraverso le quali
passano i contenuti che fanno del rapporto corpo-cibo l’oggetto espressivo di un linguaggio
tanto arcaico e quotidiano quanto ancora perlopiù sconosciuto.
Metodologia
Le lettere considerate sono state pubblicate da testate giornalistiche nazionali; di tali testi è stata sottoposta a esame ogni parte. Esse sono state selezionate analizzando i principali
quotidiani che presentano una rubrica per i lettori (Corriere della Sera e La Repubblica (3)). Di
questi sono stati esaminati anche gli inserti settimanali; della prima testata: Sette, TV Sette, Io
Donna; della seconda: Il Venerdì di Repubblica, D La Repubblica delle Donne, Musica. Sono
state poi considerate testate giornalistiche femminili e che riguardano la salute: Amica, Anna,
Bella, Brava Casa, Confidenze, Cosmopolitan, Donna, Donna Moderna, Gioia, Intimità, Madre, Marie Claire, Salve, Star Bene, Vera e la rivista di matrice femminista Noi Donne. L’intervallo di tempo considerato è quello compreso tra il 1993 e il 1997. È importante notare che
al tema si sono interessate poche rubriche; una particolare sensibilità è stata dimostrata da: Anna, Intimità, Vera, Donna Moderna; non sono state trovate lettere nelle riviste più orientate a
promuovere servizi di moda, in quelle interamente impostate su temi inerenti alla salute e neppure in Noi donne (4).
Le lettere analizzate in totale sono diciassette. Su tali testi è stata effettuata un’Analisi
delle Corrispondenze Lessicali (ACL), una metodologia di analisi testuale, utilizzata specialmente nelle ricerche in campo psicosociale, che ha il compito di inferire fattori stabili nei siste(3)
Dei due, solo La Repubblica ha pubblicato scritti di anoressiche nella rubrica curata da Barbara Palombelli.
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mi di significato, estrapolandoli da dati simbolici appartenenti a un contesto linguistico, nel rispetto dei criteri dell’attendibilità e della validità, ossia della replicabilità e dell’effettiva misurazione dell’oggetto considerato nella ricerca. Dal punto di vista statistico l’ACL è un’analisi
di tipo fattoriale, come analisi testuale è sia una forma di analisi del contenuto, sia un’analisi
semantica quantitativa che utilizza la parola come unità di classificazione, applicando l’analisi
delle corrispondenze (AC) per dati testuali (Amaturo, 1993; Bolasco, 1993; Doise, Clemence,
Lorenzi Cioldi, 1995; Krippendorff, 1983; Losito, 1996; Ricolfi, 1990). L’elaborazione è stata
effettuata secondo la procedura informatizzata, utilizzando il programma SPAD-T (Sisteme
Portable pour l’Analise des Donnees Textuelles di Lebart-Morineau). Il numero totale delle
parole impiegate nelle lettere è 4.911, di queste sono tra loro distinte 1.529, con una proporzione del 31.1% (ricchezza del linguaggio). Su di esse è stato effettuato un procedimento di lemmatizzazione, che ha permesso di: disambiguare termini identici con significati differenti, selezionare i vocaboli significativi, ridurre a forma canonica le diverse espressioni linguistiche, eliminare ridondanze; 677 è il numero delle forme lessicali risultanti. Si è quindi proceduto con
la definizione delle “equivalenze” rintracciando e uniformando al medesimo lemma le sinonimie. È stata scelta la soglia di frequenza di 3, ossia i termini da considerare dovevano essere
utilizzati in tutte le lettere almeno tre volte. Sono risultate da ultimo 135 parole analizzabili
(Tabella 1).
Tabella 1: “Totale delle parole e dei lemmi analizzati”
Testi
Bilancio del trattamento
N.
17 lettere di anoressiche
Numero totale di parole
4911
Numero di parole distinte
1529
Percentuale di parole distinte
%
31.1
Numero di forme lessicali definitive
677
Numero di forme lessicali analizzate
135
Per la realizzazione della matrice di contingenza sono state incrociate le forme della variabile
parola per i soggetti.
I risultati
I Fattori
Con l’elaborazione delle corrispondenze sono stati estratti sei fattori (5), tra questi ne selezioniamo due, il secondo (F2) e il terzo (F3), quelli che incrociati per ottenere aree di preva-
(4)
Uno spazio importante a questo problema è stato invece offerto dalla rubrica curata da Umberto Galimberti su D La Repubblica delle Donne.
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lenza semantica hanno messo maggiormente in risalto il tema sul quale stiamo puntando l’attenzione (6).
Nel secondo fattore “Una bambina che anziché urlare vomita” (Tabella.2) si oppongono
i due tratti della bambina che desidera essere premiata e del corpo ferito che anziché urlare vomita. La denominazione di questo fattore è determinata dall’opposizione tra la condizione della
“bambina” e il “rapporto” con il “cibo” al quale è legato il bisogno di “gridare” e il “vomito”.
Il contrasto è rappresentato da una parte dalla condizione di fame cui si riduce la bambina e
dall’altra dalla disponibilità di cibo che permette di liberare il grido attraverso il vomito. La
prima situazione si trova nel semiasse positivo, dove l’anoressica si definisce come una
“bambina” che insieme desidera essere simile alle “modelle”, eppure si sente “malata” e vorrebbe rivolgersi a un “centro specializzato” per essere curata. In questa parte fattoriale assume
una rilevanza notevole la dimensione sociale dell’immagine, richiamata dai termini “rivistetelevisione” e “fotografia”, tra questi viene racchiusa la parola “anoressia”, indicando l’idea
secondo cui la condizione di patimento per fame viene promossa (“premiata”) dalla comunicazione sociale mediatica. “Sul semiasse negativo il “rapporto” con il “cibo” si presenta come
una “fuga” che “spegne”; da essa dipendono la follia dell’ ”anima” e la “ferita” del “corpo”, da
Tabella 2. - Fattore “Una bambina che anziché urlare vomita”
Semiasse positivo
Rivista-Tv
Coordinate
C.a.
C.q.
Semiasse negativo
Coordinate
C.a.
C.q.
.88
4.2
.16
Cibo
-1.94
22.7
.82
Anoressia
.54
3.9
.34
Rapporto
-2.18
12.3
.69
Fotografia
1.05
1.4
.14
Fuga
-3.09
7.0
.72
Bambina
1.00
1.3
.05
Spegne
-3.09
5.3
.72
.62
1.2
.08
Vomito
-1.16
4.2
.45
Malata
.57
1.1
.25
Gridare
-1.95
3.5
.64
Fame
1.05
.8
.14
Impotenza
-.98
2.3
.38
Modella
1.04
.8
.19
Certa
-1.12
2.1
.46
Premia
1.05
.8
.14
Ferita
-1.70
2.1
.55
Corpo
-.57
1.7
.22
Folle
-.85
1.2
.31
-1.10
1.1
.38
Rapporto scorretto
-.79
1.0
.04
Sentire
-.56
.9
.26
Centro specializzato
Anima
(5)
Sono stati considerati validi valori di inerzia bassa, seguendo l’indicazione metodologica di Giovannini, Lorenzi-Cioldi (1983), per la grande variabilità della variabile parola.
(6)
Nel primo fattore si sviluppa il tema del figlio, che si accompagna al sentimento di mancanza, interpretabile sia come assenza di ciò che è desiderato, sia come assenza della forza necessaria per giocare
con lui. Nel quarto fattore si evidenzia come la ricerca di approvazione generi un profondo sentimento di
solitudine. Nel quinto fattore si esprime il vissuto di fallimento della donna anoressica, che spera nella
possibilità di accedere a una terapia capace di offrire senso al suo bisogno di approvazione. Nel sesto
fattore si annuncia l’autorappresentazione della donna anoressica, costituita dalla figura della bambina,
dalla malattia “anoressia” e dal desiderio di essere una bella figlia modello, in opposizione alla volontà
di cercare aiuto.
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cui si produce l’ ”impotenza” che sviluppa il bisogno di “gridare”, esigenza che si traduce in
“vomito”. In questa parte fattoriale i termini dominanti riguardano infatti il “rapporto” con il
“cibo”, che si risolve in una “fuga” al temine della quale non si incontra la salvezza, bensì un
buio (“spegne”) che traduce in “vomito” il bisogno di “gridare” la sensazione di “impotenza”.
Il terzo fattore “Modelle bambine e figlie modello” (Tabella 3) annuncia l’adesione delle
anoressiche alla mistica della femminilità (Friedan, 1963), ossia il desiderio di essere piacevoli
e socialmente ammirate. La denominazione di questo fattore è determinata dalle figure in opposizione tra i semiassi fattoriali relativi ai ruoli femminili della “modella” e della “figlia modello”. La tensione tra i poli si enuclea tra l’essere bambine che cercano di attirare l’attenzione
su di sé emulando le figure delle modelle “premiate” da riviste e televisione e il desiderio di
essere figlie modello.
Tabella 3. - Fattore “Modelle bambine e figlie modello”
Semiasse positi- Coordinate
vo
C.a.
C.q.
Semiasse negativo
Rivista-Tv
1.63
15.4
.54
Figlia-modello
-2.71
4.4 .13
Fotografia
2.07
6.1
.54
Grassa
-1.60
3.6 .21
Immagine
1.94
5.3
.64
Dieta
-1.12
3.0 .21
Fame
2.07
3.5
.54
Mangiare
-.85
2.6 .28
Premia
2.07
3.5
.54
Bagno
-1.76
2.5 .14
Corpo
.66
2.5
.29
Correre
-1.45
2.1 .14
1.76
2.5
.54
Cominciare
-1.06
1.8 .28
Anoressia
.36
1.9
.15
Mi-fa-schifo
-1.06
1.8 .11
Bambina
Modella
Coordina- C.a. C.q
te
.
1.01
1.4
.05
Famiglia
-.57
1.2 .16
Cibo
.44
1.3
.04
Esordio
-.51
1.0 .20
Fuga
1.17
1.1
.10
Peso normale
-1.27
1.0 .18
Folle
.73
1.0
.23
Inizio
-.86
1.0 .16
.90
.8
.08
Casa
-.69
.9 .13
1.24
.9
.26
Gli altri
-.48
.8 .04
Solitudine
-.39
.9 .30
Attenzione
Preoccupazione
Entrambe le condizioni sono unificate dall’esser affamate: l’ ”immagine” della “fame”
che viene promossa dai mezzi di informazione viene introdotta nella vita familiare, dove tutto
è iniziato con una dieta che ha portato a vivere in solitudine le corse nel bagno per eliminare
quanto è stato mangiato. Il semiasse positivo riprende ed esplica in termini più precisi il tema
annunciato dal fattore precedente, ossia l’idea secondo cui i mezzi di informazione (“rivistetelevisione” e “fotografie”) premiano l’ ”immagine” della “fame” tramite il “corpo” di
“modelle” affette da “anoressia”. In questo tratto si disvela la meta verso cui intende arrivare la
“bambina” con la propria “fuga” dal “cibo”, annunciata nel semiasse del precedente fattore,
consistente appunto nell’imitazione di tali immagini. L’esito che in precedenza è stato indicato
come “spegnimento”, viene qui illustrato come “follia”. Nel semiasse positivo assume una posizione dominante la figura della “figlia modello”, che per essere tale non può essere “grassa”
e quindi deve mettersi a “dieta”. Ma l’intenzione conduce allo “schifo” determinato dal circolo
vizioso che si instaura tra il “mangiare” e il dover correre in “bagno” per vomitare di nascosto.
La “famiglia” e la “casa” divengono dunque teatro di una tragedia in cui si celebra un profondo vissuto di “solitudine”.
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Le aree semantiche
Per analizzare gli argomenti in oggetto sono stati incrociati i due fattori, al fine di ottenere specifiche aree di prevalenza semantica attraverso le quali considerare l’autorappresentazione delle donne anoressiche tra micro e macro-sistema. La selezione di questi due
tratti della ricerca è idonea perché essi mettono in evidenza quattro dimensioni: la centralità
dell’autorappresentazione delle scriventi consistente nel presentarsi come “bambine”; il ruolo
di ascoltatore muto attribuito alla famiglia; l’attribuzione causale della malattia agli organi di
informazione e infine il riconoscimento della possibilità di ottenere le cure necessarie per la
guarigione, collocata all’esterno della famiglia.
L’incrocio tra il secondo fattore “Una bambina che anziché urlare vomita” e il terzo
“Modelle bambine e figlie modello” presenta due polarizzazioni. La prima riguarda i movimenti contrari del fuggire e dell’andare verso; tale contrapposizione concerne la fuga dal cibo
e il rivolgersi a un centro specializzato per potersi curare. La seconda riguarda la condizione
del desiderio che si biforca tra la meta dell’esser figlia modello e quella di esser come le modelle. L’area della presentazione dei bisogni delle anoressiche si inscrive nella prima opposizione: da una parte viene definita l’esigenza di fuggire da qualcosa che si estrinseca nel rifiuto
del cibo dal quale dipende la profonda prostrazione definita come “spegnimento”. L’area della
rappresentazione di ciò che è ritenuto essere quanto gli altri si aspettano da loro appartiene alla
seconda opposizione dove per un verso emerge la figura della “figlia modello” e dall’altro
quella delle “modelle”. In questo caso microsistema familiare e macrosistema sociale sono richiamati come ambienti in cui vengono promossi “modelli” ai quali è difficile corrispondere. Il
nesso tra queste due rappresentazioni sembra essere di tipo causale: famiglia e società richiedono il rispetto di determinate forme attraverso le quali è possibile ottenere consenso e attenzione, ma il cercare di rispettare tali indicazioni comporta la messa in crisi della dimensione
personale, la quale si ritrae nella fuga spingendosi verso la ricerca di luoghi in cui prendersi
cura di sé attraverso la psicoterapia (Figura. 1).
•
•
•
Nello spazio determinato da queste tensioni si profilano dunque tre aree semantiche:
F2-F3a “La fuga spegne”: la denominazione di questa area è legata alla forte polarizzazione determinata dai termini “fuga” e “spegne”, dove il primo si presenta come ciò che anziché risolvere i problemi toglie vitalità. L’area definisce il desiderio di allontanarsi dal conflitto emergente nei confronti del proprio corpo e dal rapporto scorretto con la percezione
dello stesso e con il cibo. Il vissuto di impotenza che attanaglia l’anima conduce al desiderio di gridare la propria sofferenza, che si concretizza, anziché in urlo, in vomito. In questa
area si descrive lo stato psicologico vissuto dall’anoressica, incapace di trovare una soluzione all’interno di se stessa per riparare la propria “ferita”.
F2-F3b “Dalla fotografia alla malattia”: l’area in oggetto assume tale titolo poiché in essa
si delinea il percorso che porta dalla fame, promossa dalla moda e dallo spettacolo, al cedimento della parte infantile della donna (la bambina) a tali tipi di tentazione, situazione dalla quale consegue lo stato di malattia e l’esigenza di rivolgersi a un centro specializzato
per ottenere le cure necessarie. Lo spazio sociale è dunque diviso in due territori, da una
parte si presenta la promozione di immagini relative a una magrezza affamante, dall’altra
si apre la possibilità di trovare, al di fuori della famiglia, un luogo in cui potersi rifugiare
per iniziare un percorso psicoterapeutico per guarire dalla malattia “anoressia”. La
“bambina” si situa tra questi due poli, tesa tra la ricerca di “attenzione” e la
“preoccupazione”.
F2-F3c “Solitudine in famiglia”: la denominazione di questa area prende origine dal rilievo
offerto alla condizione di isolamento in cui si trova la ragazza anoressica all’interno della
propria famiglia. Partita dal desiderio di presentarsi ai genitori come una figlia modello,
ella si trova a giudicar se stessa o a sentirsi considerata come una ragazza viziata. La
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Figura 1. – Rappresentazione delle tre aree semantiche
“dieta”, da cui è dipesa la discesa agli inferi dell’anoressia, ha avuto inizio per il desiderio
di non essere grassa e di raggiungere un peso normale, mentre ormai in “famiglia” si consuma in “solitudine” lo “schifo” di “mangiare” e “correre” in “bagno”, sentendosi per questo una “ragazza viziata”, incapace di raggiungere l’obiettivo di essere una “figlia modello”.
Conclusioni
Da questa indagine pare prendere rilievo una specifica forma di consapevolezza da parte
di donne sprofondate nell’abisso dell’anoressia: il sapere di essere cadute nel tranello dato dal
credere di poter assumere le sembianze indicate da rappresentazioni del corpo socialmente ammirate. Il desiderio di aderire a un modello di successo si declina però su due versanti: da un
lato esso riguarda la sfera pubblica affacciata sui messaggi della società dell’immagine, dall’altro si protrae nell’area delle relazioni significative vissute all’interno della famiglia. Il profilo
essenziale che si delinea può quindi essere riconosciuto in questo nodo: l’anoressica utilizza
strategie per rappresentare se stessa secondo i canoni promossi dai media (essere come le
“modelle”) al fine di ottenere un consenso all’interno della famiglia (essere una “figlia modello”). Un ulteriore problema che dunque deve forse essere analizzato nelle ricerche che coinvolgono le famiglie con casi di anoressia riguarda il grande territorio dei rapporti e delle rappresentazioni che all’interno di esse si istituiscono nei confronti della “società”, ovvero di come
vengono elaborati al loro interno i messaggi che giungono dall’esterno rispetto al “dover essere” secondo i costumi collettivi e al “perché”. Parallelamente la stessa “società” non può esimersi dall’analizzare quali significati passino tramite la rappresentazione di corpi affamati e
perché essi ottengano un inarrestabile successo.
Riferimenti bibliografici
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