L`aborto nel VCO

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L`aborto nel VCO
di Roberto Cutaia
L’aborto
nelnelVCO
Il Consultorio
territorio
“Lo Stato garantisce il diritto
alla procreazione cosciente e
responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e
tutela la vita umana dal suo
inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla
presente legge, non è mezzo
per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti
locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze,
promuovono e sviluppano i
servizi socio-sanitari, nonché
altre iniziative necessarie per
evitare che l’aborto sia usato
ai fini della limitazione delle nascite. - Legge 22 maggio
1978, n.194 -”. Dai dati ufficiali della Direzione Sanitaria
Ospedalieri dell’ASL 14 gli interventi di IVG (Interruzione
volontaria della gravidanza)
effettuati nell’anno 2006 sono
un totale di 248 di cui 188 italiane e 60 straniere; 122 di età
inferiore a 30 anni e 126 di età
superiore a 30 anni. Mentre
nel 1° semestre dell’anno 2007
sono 137; di cui 105 italiane e
32 straniere; 80 di età inferiore a 30 anni e 57 di età supe-
riore a 30 anni. Il Consultorio
è il luogo privilegiato al quale
la donna che debba far ricorso all’IVG deve rivolgersi, è il
luogo di primo accesso, e il sito
istituzionale individuato dalla
norma e nel quale sono e devono essere presenti le specifiche competenze professionali.
Le sedi dei consultori dell’ASL
14 sono ad Omegna a Verbania
e a Domodossola. Per avere alcune valutazioni direttamente, da coloro che operano sul
campo in quest’ambito alquanto complesso, ci siamo rivolti alla dott.ssa Laura Minioni
(Medico Coordinatore attività consultoriale ASL 14) e
alla Signora Liliana Maglitto
(Coordinatrice Ostetrica Consultorio ASL 14). «In base
alla nostra esperienza anche se da prospettive diverse
per competenza professionale, possiamo rilevare che rispetto all’ultimo decennio vi è
una tendenza al decremento di
coloro che ricorrono all’IVG
tra le donne italiane mentre vi
è un incremento tra le donne
straniere. Il compito degli ope-
ratori è quello di accogliere la richiesta della donna e
con lei valutare le possibili soluzioni (Movimento aiuto per
la vita, Servizi Sociali, Madre
Segreta: legge: 798/27, 698/75,
d.p.r. 616/771/86, 142/,67/93)
accompagnandola nel percorso da lei individuato. Una cosa
è certa fino all’ultimo istante
la donna può rivedere la
propria posizione.
La tipologia di utenza è caratterizzata da donne, extra-comunitarie, difficoltà economiche, disagi sociali, minorenni ed
altro.»
La prevenzione?
«Sicuramente la prevenzione è
la migliore prospettiva che oggi
può realmente contribuire con
efficacia al ridimensionamento
della pratica dell’IVG. Il fattore culturale attualmente è quello determinante, la sfida da vincere è la prevenzione. Occorre
precisare che probabilmente tra
questi ci sono casi di donne che
non sono della nostra provincia,
perché la legge consente di poter espletare l’iter iniziale in una
città ma poter effettuare l’intervento in una regione diversa.
Infine da sottolineare la presenza di casi di donne di nazionalità cinese che trovano accoglienza e assistenza nelle nostre
strutture, significativo perché
normalmente i cinesi sono una
comunità che sembra in tutto
autosufficiente.»
il filo di arianna
Le sedi dei
consultori dell’ASL
14 sono
Omegna,
Domodossola e
Verbania
Nel VCO
sono in aumento le
donne straniere che
ricorrono
all’IVG
La sfida da
vincere è
la prevenzione
31
APPROFONDIMENTO
L
a legge riconosce nei consultori
il luogo privilegiato al quale la
donna può rivolgersi per far ricorso
all’aborto. In base ai dati dell’ASL
14 nel VCO sono soprattutto le donne
straniere, con difficoltà economiche e sociali a
ricorrere all’IVG.
di Anna Riva
L’aborto
VCO di
La donna,nel
l’interruzione
gravidanza, il consultorio
I
ntervista alla Dott.ssa Gabriella
Cappiello, ginecologa non obiettrice
presso il Consultorio di Verbania e
referente per il Piemonte dell’AGICO,
Associazione Ginecologi Consultoriali.
APPROFONDIMENTO
Occorre
lavorare
maggiormente
su fattori
come
l’aiuto
economico, l’accoglienza,
l’informazione e
la prevenzione
L’Istituto
Superiore
di Sanità
stima la
percentuale di donne
che cambiano idea
dopo il colloquio tra
il 5% e il
10%
Dott.ssa Cappiello, qual è il
percorso che viene proposto in
consultorio alla donna che vuole abortire?
I consultori sono il luogo privilegiato dove può essere accolta
la donna che vive una situazione di gravidanza indesiderata. La donna può telefonare a
questo servizio chiedendo un
appuntamento, vi può essere
inviata da altre figure o recarvisi direttamente. In ogni caso fa
subito un primo colloquio con
l’assistente sanitaria o l’ostetrica e messa in contatto con il
medico non obiettore nel giro
di pochi giorni, a volte di poche
ore se si intuisce una situazione
complessa. La donna deve avere con sé un test di gravidanza
positivo o un’ecografia. In caso
di necessità è anche possibile
fare il test al momento. Il colloquio tra la donna e il medico
si svolge nel modo più accurato
possibile, rimane scritto all’interno della cartella consultoriale e fa riferimento allo spirito
della legge194/78 in particolare
all’ art.5. Se alla fine dello stesso la donna rimane della stessa idea, le viene consegnato un
documento che “attesta” la sua
32 il filo di arianna
decisione e lo stato di gravidanza; il medico le ricorda che, se
non è stata “certificata” l’urgenza, ha davanti sette giorni di riflessione prima di poter accedere all’intervento di IVG: nulla a
che vedere dunque con ”si faccia dare la carta in consultorio”
come a volte si sente dire...
Questi tempi vengono sempre
rispettati?
Certamente, citando la legge “Il
consultorio oltre ad offrire accertamenti medici, in ogni caso
e soprattutto quando la scelta è
determinata da situazioni economico-sociali, ha il compito di
esaminare con la donna e il padre del concepito, ove la donna
lo consenta e nel rispetto della
dignità e della riservatezza, le
possibili soluzioni al fine di rimuovere le cause che la porterebbero a tale scelta”. Compito
impegnativo, molto bello, ma
per niente semplice, che richiede tempo, specifica formazione
da parte di tutte le figure professionali coinvolte e continuità
assistenziale tra i diversi servizi.
Fortunatamente l’ospedale nella provincia del VCO è molto vicino alle donne; non è così nelle
realtà dei grandi centri urba-
ni, dove a volte si devono fare
code estenuanti e le gravidanze vengono interrotte anche più
avanti, pur rimanendo all’interno dei 90 giorni dall’ultima mestruazione. La media nel VCO è
più o meno tra l’ottava e la decima settimana, anche in base ai
tempi in cui la donna arriva al
servizio.
Dopo il colloquio ci sono donne
che cambiano idea?
Sì, e qui entra in gioco l’importanza dell’accoglienza della
donna in un ambiente “affettuoso”, non freddo e burocratico o,
peggio ancora, ostile o giudicante. Esiste, infatti, una percentuale di donne che facendo
un buon colloquio, incontrando
in consultorio e tra le operatrici/ori un sostegno alle sue difficoltà può cambiare idea. Questa
percentuale è stata stimata dall’Istituto superiore di sanità tra
il 5% al 10%.
Quali sono le motivazioni che
portano le donne a richiedere
una IVG?
Non ho a disposizione dati che
raggruppino i casi in base alle
motivazioni. Direi che innanzitutto c’è il discorso delle straniere: alcune sono irregolari, altre
non hanno un lavoro fisso, vivono in situazioni di promiscuità,
di difficoltà economiche, di solitudine, non conoscono i servizi. Si potrebbe fare di più per
informare queste donne sui diversi metodi contraccettivi e sui
cisione. Il Ministro Livia Turco
prevede, ad esempio, che tra le
azioni positive da promuovere come Ministero della Salute
ci sia la somministrazione nei
consultori e nei DEA della CE
Contraccezione d’emergenza,
meglio conosciuta come pillola
del giorno dopo, che non è assolutamente da confondere con
la RU486. Bisogna investire su
tutto ciò che viene prima, durante e dopo una gravidanza e
non tanto focalizzarsi sul discorso aborto, che è uno degli aspetti ed è spesso una conseguenza di tutto ciò che è mancato.
In questi giorni è stato messo a
punto un accordo Stato-Regioni
per valorizzare e potenziare i
consultori familiari uscendo
dalle logiche “ambulatoriali” e
di mere “prestazioni sanitarie”
ma valorizzando le particolari professionalità consultoriali,
l’integrazione funzionale, il lavoro d’equipe interdisciplinare,
l’offerta attiva di servizi orientati alla educazione sessuale e alle
reciproche responsabilità.
il filo di arianna
L’esperienza di Madre
Segreta
riguarda
soprattutto le donne
che
scoprono
di essere
incinte
oltre il
tempo
massimo
consentito
per l’IVG
Le
gravidanze nel VCO
vengono
interrotte
in media
tra
l’ottava e
la decima
settimana
Non sono
obiettrice
di
coscienza perchè
ho sempre cercato
di accompagnare le
donne nelle scelte di
salute
33
APPROFONDIMENTO
servizi sanitari esistenti, anche
perché nei paesi di provenienza ci sono abitudini contraccettive e servizi molto diversi. Le
italiane hanno motivazioni di
diverso tipo sia economico e
lavorativo, che personale, relazionale e di salute psicofisica.
Occorre però sottolineare che
il Consultorio Familiare non è
l’unico luogo cui le donne fanno riferimento. A livello nazionale circa un terzo delle donne
si rivolge ai consultori, mentre
tutte le altre trovano altre vie:
medici e consultori privati, o
medici di servizi ambulatoriali
ed ospedalieri.
Quindi occorrerebbe lavorare
maggiormente su informazione e prevenzione…
Sì, occorre lavorare su altri fattori come ad esempio l’aiuto ed
il sostegno sociale ed economico alle donne che per queste ragioni si sentono costrette
a interrompere la gravidanza,
sull’accoglienza,
sull’ascolto
e sul counselling che possono anche modificare una de-
Come reagiscono le donne quando si propone loro l’esperienza
di Madre segreta, che permette di dare in adozione il neonato
subito dopo il parto?
Madre segreta è un’ottima iniziativa, ma in base anche ai dati
di Madre segreta stessa, riguarda donne che scoprono di essere incinte oltre il tempo massimo consentito per l’IVG.
Dovremmo renderci conto
che se una donna non ha spazio dentro e fuori di sè per una
gravidanza ed è alla sesta settimana, difficilmente sceglierà di
proseguirla fino al parto per poi
lasciarvi il neonato. Bisogna essere molto attente a ciò che si
propone e non indurre ulteriori
sofferenze.
Come mai lei non è obiettrice?
Non lo sono perché da sempre ho cercato di essere accanto alle donne che ho incontrato, di accompagnarle nelle
scelte di salute, di proteggere
la loro vita. Nella mia storia di
medico, fino al ‘78 cioè prima
dell’entrata in vigore della legge 194, ho seguito donne cui era
stato negato l’aborto richiesto
per le loro condizioni di salute.
Nella clinica ostetrica dove lavoravo a Milano ho visto morire
donne cardiopatiche e diabetiche cui, con una sorta di processo fatto da medici uomini, non
era stata data la possibilità di
interrompere quella gravidanza. Oggi a volte mi è di nuovo
difficile occuparmi anche di
aborto: si può essere molto sole
di fronte a situazioni disperate o
al contrario non riuscire a comprendere certe apparenti motivazioni che possono sembrarmi
inconsistenti o frutto “cattivo”
del tempo in cui viviamo. Ma
chi sono io per giudicare?
di Mauro Zuccari
Diritti
Cina eUmani
diritto alla vita:
un dramma silenzioso
I
n Cina la politica del “figlio unico”
viene perseguita con la violenza folle
del totalitarismo. Da numerose fonti
giungono notizie allarmanti sulle
politiche di controllo familiare. E il 97,5%
degli aborti sarebbe rappresentato da feti
femminili.
APPROFONDIMENTO
In diversi Paesi del
mondo, tra
cui la Cina,
l’aborto è
un obbligo
imposto
con la forza
delle tradizioni o della legge
L’aborto
selezionato per sesso sarebbe proibito
ma è facile
raggirare
la legge
Non so quale esito avrà avuto la
“moratoria sull’aborto”, lanciata da Giuliano Ferrara, nel momento in cui quest’articolo sarà
pubblicato. Ritengo indispensabile, però, prendere le mosse
da quest’iniziativa perché evidenzia un aspetto del
problema ancora poco
trattato e terrificante. In Italia lo scontro
ideologico sulla legge
194 ha come sottofondo l’idea che abortire o
non farlo sia una libera
scelta da garantire alla
donna; in diversi Paesi
del mondo invece è un
obbligo, imposto con
la forza da tradizioni
più o meno distorte o,
peggio ancora, da regimi totalitari che considerano la vita umana
come carne da macello, utile per attuare ad
ogni costo i loro programmi politici. E’ il
caso della Cina, dove
la politica del “figlio
unico” viene perseguita con la violenza folle
34 il filo di arianna
del totalitarismo e la precisione
meticolosa delle più inflessibili
burocrazie. I suoi effetti devastanti sono già stati denunciati
da diverse organizzazioni umanitarie: un esempio eloquente si
trova in un testo che circola da
più di un anno in internet, ripreso da numerosi forum e blog.
La fonte è incerta, ma uno dei
blog riferisce che questa notizia e le relative immagini sono
state pubblicate negli USA dalla
rivista “Marie Claire” nel 2001.
“Una bimba appena nata giace
morta sotto il bordo del marciapiedi, nella totale indifferenza di coloro che passano... è
solo un’altra vittima della politica crudele del governo cinese
che pone il limite massimo di un
solo figlio nelle città (due nelle
zone rurali), con aborto obbliga-
scopo di limitare la natalità, che
formano dei veri e propri “squadroni dell’aborto”... che catturano le donne “illegalmente incinte” e le tengono in carcere
finché non si rassegnano a sottoporsi all’aborto. In caso contrario, i figli “nati illegalmente”
non hanno diritto alle cure mediche, all’istruzione, né ad alcuna altra assistenza sociale. Molti
padri vendono i propri “figli illegali” ad altre coppie, per evitare
il castigo. Essendo di gran lunga preferito il figlio maschio, le
bambine rappresentano le principali vittime della limitazione
delle nascite. Secondo i dati delle statistiche ufficiali, il 97,5%
degli aborti è rappresentato da
feti femminili. Il risultato è un
forte squilibrio fra popolazione
maschile e femminile. Milioni
di uomini non possono sposarsi, da ciò consegue il traffico di
donne. L’aborto selezionato per
sesso sarebbe proibito dalla legge, però è prassi comune corrompere gli addetti per ottenere
un’ecografia... Le bambine che
sopravvivono finiscono in precari orfanotrofi. Il governo cinese insiste con la sua politica... e
ignora il problema della discriminazione contro le bambine.”
Tutto questo si aggiunge alle
notizie che filtrano dalle maglie della censura su 1046 “laogai”, campi di concentramento,
in cui sono rinchiusi circa 6 milioni di Cinesi; molti sono prigionieri di coscienza, dissidenti,
religiosi, sottoposti ai lavori forzati, al lavaggio del cervello, alla
tortura fisica; per non parlare
delle deportazioni e dei tentativi di genocidio nei confronti di
minoranze etniche, come quella tibetana. A questo proposito,
lo scorso gennaio un gruppo di
insegnanti del VCO ha deciso
di lanciare un appello affinché
questi crimini non passino sotto silenzio: tra i promotori figura Vincenzo Rizzo (e-mail: [email protected]).
Da tempo in prima linea in
questa battaglia c’è la CISL,
con il suo Settore Politiche
Internazionali.
Per informazioni:
CISL PIEMONTE
Via Sant’Anselmo 11 - 10125 Torino
[email protected]
www.dossiertibet.it
il filo di arianna
Le notizie
preoccupanti sugli aborti si
aggiungono
al dramma dei
1046 laogai, campi
di concentramento
in cui sono
rinchiusi 6
milioni di
cinesi
Un gruppo di
insegnanti
del VCO ha
promosso
un appello internazionale per
porre fine a
questi crimini
35
APPROFONDIMENTO
torio. ...Automobili e biciclette
passano schizzando fango sul
cadaverino... solo pochi prestano attenzione. La neonata fa
parte delle oltre 1000 bambine
abbandonate appena nate ogni
anno, in conseguenza della politica del governo cinese. L’unica
persona che ha cercato di aiutarla ha dichiarato: «Credo che
stesse già per morire, tuttavia era ancora calda e perdeva
sangue dalle narici». Questa signora ha chiamato l’Emergenza, però non è arrivato nessuno. «Ho scattato queste foto
perché era una cosa terribile...
I poliziotti, quando sono arrivati, sembravano preoccuparsi più per le mie foto che non
per la piccina». In Cina, molti
ritengono che le bambine siano
spazzatura. Il Governo di questo Paese, il più popoloso del
mondo con 1,3 miliardi di persone, ha imposto la sua politica
di restrizione della natalità nel
1979. I cittadini, per il terrore
di essere scoperti, uccidono o
abbandonano i propri neonati.
Ufficialmente, il Governo condanna l’uso della forza e della
crudeltà per controllare le nascite; però, nella pratica quotidiana, gli incaricati del controllo subiscono tali pressioni allo
di Anna Riva
Attualità
La RU486 arriva anche in
Italia
L
a pillola per l’aborto farmacologico
sta per essere introdotta anche
in Italia. Intervista ad Assuntina
Morresi, docente di Chimica fisica
all’Università di Perugia e autrice (insieme
a Eugenia Roccella) del libro «La favola
dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola
Ru 486».
APPROFONDIMENTO
Si parla di
aborto a
domicilio
perchè la
donna può
scegliere di
abortire a
casa
Gli effetti collaterali della RU486
sono molto
più
numerosi rispetto
alla
procedura
chirurgica
Prof.ssa Morresi, l’Aifa Agenzia
Italiana per il farmaco, sta per
introdurre nel nostro paese a
partire dal mese di marzo la
RU 486. Come funziona esattamente questa pillola? Perché si
parla di aborto a domicilio?
La Ru486 è il primo dei due
farmaci con cui si abortisce per
via farmacologica. Si assume
il primo giorno di tutta la procedura, e l’embrione muore in
pancia. Dopo 48 ore si assume
il secondo farmaco, una prostaglandina, che induce le contrazioni e fa espellere l’embrione.
Dopo 15 giorni c’è la visita finale di controllo, per verificare
che l’utero sia svuotato.
Il 5% delle donne abortisce fra
il primo e il secondo farmaco.
L’80% entro 24 ore dal secondo. Il 12-15% nei quindici giorni successivi. Il 5-8% dovrà sottoporsi ad aborto chirurgico
perché la gravidanza è continuata, oppure perché l’aborto
è stato incompleto. Quindi nel
“migliore” dei casi si impiegano tre giorni per abortire.
36 il filo di arianna
Si parla di aborto a domicilio
perché laddove questo metodo
si è diffuso la donna può scegliere – o di fatto si trova a farlo – di abortire a casa: prende la
prima pillola dal medico, e poi
se ne torna a casa con gli antidolorifici e la scatola del secondo farmaco.
In Francia è stata modificata la
legge sull’aborto proprio per
permettere di abortire al di fuori dell’ospedale.
Quali sono i rischi di questo
metodo abortivo?
Innanzitutto una mortalità dieci
volte maggiore rispetto al meto-
do chirurgico, come documentato dal New England Journal
of Medicine del dicembre 2005.
Gli effetti collaterali sono in numero maggiore – anche questi
– rispetto alla procedura chirurgica: vomito, nausea, diarrea,
crampi, e perdite di sangue più
abbondanti e prolungate.
La donna deve controllare che
le perdite di sangue non diventino un’emorragia, e se ne accorge verificando con quale velocità
si riempie di sangue l’assorbente (più di quattro in due ore significa la necessità di un ricovero in ospedale). In questo modo
più della metà delle donne riconosce l’embrione abortito.
Quali sono le implicazioni sociali connesse ad un’autorizzazione della RU486?
Con questa procedura l’aborto
viene nei fatti privatizzato, rendendone praticamente impossibile la prevenzione. Inoltre il
fatto stesso che è fisicamente
una serie di pillole, a procurare
l’aborto, contribuisce a banalizzarlo concettualmente: non
pensiamo che con la Ru486
aumenteranno gli aborti come
numero. Piuttosto l’aborto sarà
visto sempre più come un atto
medico fai-da-te, quasi il proseguo di una pillola contraccettiva, un qualcosa che la donna
deve risolversi da sola.
La RU486 “semplifica” la vita
alle donne che vogliono abortire o le lascia soltanto più sole?
Le donne vengono lasciate
sole con questo metodo, anche
quando fossero sempre ricoverate in ospedale: è la donna a
stabilire – e solo lei può farlo
- se le perdite di sangue sono
troppo abbondanti, tanto da essere necessario farsi vedere dal
medico. È la donna che decide
quando assumere gli antidolorifici. È la donna che riconosce
l’embrione abortito. È la donna
a prendere sempre l’iniziativa,
insomma. E questo non “semplifica” certo la sua vita.
Cosa dice la legge 194 in merito?
La legge 194 non si pronuncia
in particolare sul metodo farmacologico. Auspica che le pratiche abortive siano sempre le
più avanzate dal punto di vista
della tecnica medica – e già a
questo punto bisognerebbe che
qualcuno spiegasse il motivo per
cui il metodo farmacologico sia
migliore delle attuali procedure chirurgiche – e stabilisce che
l’aborto avvenga sempre all’interno delle strutture pubbliche.
Quindi se l’Aifa, l’ente di farmacovigilanza italiano (che in questi giorni sta esaminando la pratica con cui la ditta produttrice
ha chiesto l’introduzione della
Ru486 nel mercato italiano) ne
autorizzerà la commercializzazione, il protocollo dovrà prevedere il ricovero delle donne fino
a che l’embrione non sarà espulso, e cioè un ricovero di tre giorni nell’80% dei casi, e di più nei
restanti.
Poiché il metodo abortivo chirurgico dura solo pochi minuti,
con un ricovero in day hospital
di qualche ora, per diffondere la
Ru486 bisogna permettere alle
donne di tornarsene a casa.
Il motivo per cui c’è un grande
Cosa si può fare per impedire
questo provvedimento?
L’opinione pubblica deve essere informata sulla realtà dell’aborto chimico. Non è questione di essere a favore o contro la
legalizzazione dell’aborto. Si
tratta di non diffondere un metodo che, oltre che essere più
pericoloso per la salute delle
donne, impedisce la prevenzione degli aborti.
il filo di arianna
Il fatto che
una serie di pillole possano
procurare l’aborto
contribuisce a banalizzarlo
Il motivo
per cui c’è
un grande interesse per
la RU486
è quello di
forzare la
legge 194
Si tratta di
un metodo
che, oltre
ad essere
più
pericoloso
per la
salute
della donna, impedisce la
prevenzione degli
aborti
37
APPROFONDIMENTO
“Io e te” di Grafffio
interesse alla diffusione della pillola abortiva è proprio quello di forzare la legge
194, permettendo alle
donne di abortire al
di fuori dell’ospedale. Dopo un po’ succederebbe come in
Francia, dove, appunto, si è cambiata la
legge sull’aborto, consentendo alle donne
di abortire al di fuori
dell’ospedale.
Bisognerà poi risolvere il problema della prostaglandina: la
più utilizzata a questo scopo è
il misoprostol, commercializzato come “Cytotec”, ma autorizzato solamente come antiulcera. La ditta che lo produce
non ne ha mai autorizzato l’uso
come abortivo, e quindi l’Aifa
non può prevedere un protocollo di aborto farmacologico con
un farmaco “off label”. Gli altri
due tipi di prostaglandina che
potrebbero essere alternativi –
gemeprost e sulprostone - non
sono stati autorizzati a questo
scopo dalla Fda (ente farmacovigilanza americano) perché rischiosi per la salute delle donne.
Vedremo se l’Aifa invece li valuterà adatti.