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Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. BILANCIO REDDITO E D'IMPRESA 8-9 Aggregazioni aziendali: più vantaggioso l’affrancamento Peculiarità delle cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale I Transaction Cost nelle operazioni di LBO Profili civilistici, contabili e fiscali del rent to buy Tutte le novità attese dallo IASB Società di capitali: stato di crisi e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale Revoca senza giusta causa dell’amministratore delegato Ciclo attivo: comprensione e rappresentazione 5 000002 020278 00202027 Mensile, Anno 7, n. 8-9, Agosto-Settembre 2016 - Direzione e Redazione: Strada 1, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (Mi) - ISSN: 2039-5566 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano 2016 ON-LINE www.edicolaprofessionale.com Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. n. 8-9 agosto-settembre 2016 Bilancio&imposte Imposta sostitutiva Aggregazioni aziendali: più vantaggioso l’affrancamento 5 di Giulio Salvi Bilancio d’esercizio Editrice Wolters Kluwer Italia S.r.l. Strada 1, Palazzo F6 20090 Milanofiori Assago (Mi) www.ipsoa.it Peculiarità delle cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale 10 di Luca Fornaciari Fiscalità internazionale Direttore responsabile Giulietta Lemmi P. Boniardi, E. Rossi e A. Trentalance Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale di Giuseppe Buonamassa e Giovanni Gerardi Realizzazione grafica 19 Ipsoa Fotocomposizione Integra Software Services Pvt. Ltd. Operazioni straordinarie Stampa I Transaction Cost nelle operazioni di LBO 27 di Vincenzo Di Pillo e Giovanni Pistillo GECA S.r.l. - via Monferrato, 54 20098 San Giuliano Milanese (Mi) Tel. 02 99952 Redazione Bilancio d’esercizio I profili civilistici, contabili e fiscali del rent to buy 35 di Fabio Ciovati Principi contabili Per informazioni in merito a contributi, articoli, ed argomenti trattati scrivere o telefonare a: Ipsoa Redazione Bilancio e reddito d’impresa Casella postale 12055 20120 Milano Tel. 02.82.476.085 Fax 02.82.476.801 e-mail:[email protected] IAS/IFRS Amministrazione Tutte le novità attese dallo IASB 44 di Antonella Portalupi Aspetti societari Crisi d’impresa Società di capitali: stato di crisi e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale di Raffaella Argenzio 49 Per informazioni su gestione abbonamenti, numeri, arretrati, cambi d’indirizzo, ecc. scrivere o telefonare a: Ipsoa Servizio Clienti Casella postale 12055 20120 Milano Tel. 02.82.476.1 Fax 02.82.4.76.799 Servizio risposta automatica: Tel. 02.82.476.999 Informazioni commerciali Tel. 02.82.476.794 Fax 02.82.476.403 e-mail: [email protected] Pubblicità: Organi sociali Revoca senza giusta causa dell’amministratore delegato di Andrea Rescigno e Chiara Petrelli Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 53 E-mail: advertising-it@wolterskluwer .com www.wolterskluwer.it Strada 1 Palazzo F6 20090 Milanofiori Assago (MI), Italia 3 Sommario Redazione Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. agosto-settembre 2016 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 737 del 16 dicembre 1996. Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano Iscritta nel registro Nazionale della Stampa con il n. 3353 vol. 34 foglio 417 in data 31 luglio 1991. Iscrizione al R.O.C. n.1702 Revisione&controllo Revisione&Controllo Comprensione e rappresentazione del ciclo attivo di Federica Cordova 58 Abbonamenti Sommario Gli abbonamenti hanno durata annuale, solare: gennaiodicembre; rolling: 12 mesi dalla data di sottoscrizione, e si intendono rinnovati, in assenza di disdetta da comunicarsi entro 60 gg. prima della data di scadenza a mezzo raccomandata A.R. da inviare presso la sede del Produttore. Servizio Clienti: tel. 02/824761 e-mail: [email protected] www.servizioclienti.wki.it Compresa nel prezzo dell’abbonamento l’estensione on line della Rivista consultabile all’indirizzo www.edicolaprofessionale.com/ bilancioereddito Italia - Annuale: € 199,00 Estero - Annuale: € 398,00 Prezzo copia € 24,00 Arretrati: prezzo dell’anno in corso all’atto della richiesta Distribuzione Vendita esclusiva per abbonamento. Il corrispettivo per l’abbonamento a questo periodico è comprensivo dell’IVA assolta dall’editore ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’art. 74 del D.P.R. 20/10/1972, n. 633 e del D.M. 29/12/1989 e successive modificazioni e integrazioni. Egregio abbonato, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, La informiamo che i Suoi dati personali sono registrati su database elettronici di proprietà di Wolters Kluwer Italia S.r.l., con sede legale in Assago Milanofiori Strada 1Palazzo F6, 20090 Assago (MI), titolare del trattamento e sono trattati da quest’ultima tramite propri incaricati. Wolters Kluwer Italia S.r.l. utilizzerà i dati che La riguardano per finalità amministrative e contabili. I Suoi recapiti postali e il Suo indirizzo di posta elettronica saranno utilizzabili, ai sensi dell’art. 130, comma 4, del D.Lgs. n. 196/2003, anche a fini di vendita diretta di prodotti o servizi analoghi a quelli oggetto della presente vendita. Lei potrà in ogni momento esercitare i diritti di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 196/2003, fra cui il diritto di accedere ai Suoi dati e ottenerne l’aggiornamento o la cancellazione per violazione di legge, di opporsi al trattamento dei Suoi dati ai fini di in-vio di materiale pubblicitario, vendita diretta e comunicazioni commerciali e di richiedere l’elenco aggiornato dei responsabili del trattamento, mediante comunicazione scritta da inviarsi a: Wolters Kluwer Italia S.r.l. - PRIVACY - Centro Direzionale Milanofiori Strada 1-Palazzo F6, 20090 Assago (MI), o inviando un Fax al numero: 02.82476.403. 4 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Imposta sostitutiva Aggregazioni aziendali: più vantaggioso l’affrancamento Per le operazioni di aggregazione aziendale poste in essere a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, l’affrancamento dei maggiori valori imputati ad avviamento e marchi d’impresa, mediante l’assolvimento di un’imposta sostitutiva nella misura del 16%, comporta la riduzione - dal limite massimo di un decimo al limite massimo di un quinto - del periodo di ammortamento fiscale relativo ai predetti beni immateriali. Si presenta una panoramica dell’evoluzione normativa fino a giungere ai chiarimenti forniti dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 20/E del 18 maggio 2016. Premessa Nell’ordinamento tributario italiano, le operazioni straordinarie di fusione, scissione e conferimento d’azienda o di ramo d’azienda sono, come noto, caratterizzate dalla “neutralità”, in quanto gli elementi patrimoniali attivi e passivi oggetto delle predette operazioni sono trasferiti dal “dante causa” all’“avente causa” mantenendo il loro valore fiscalmente riconosciuto e senza originare plusvalenze o minusvalenze aventi rilevanza fiscale. L’irrilevanza fiscale dei plusvalori contabili emergenti in occasione delle menzionate operazioni aziendali straordinarie determina dei disallineamenti tra il valore d’iscrizione in bilancio e il valore fiscale dei beni ricevuti dall’“avente causa”, con il conseguente obbligo di effettuare apposite rettifiche, in sede di dichiarazione annuale dei redditi, al fine di adeguare il valore contabile degli ammortamenti e delle plus/minusvalenze al loro valore fiscalmente riconosciuto (c.d. doppio binario). Al descritto regime ordinario “neutrale” si affiancano due regimi opzionali che - previo pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte dirette e dell’IRAP - consentono l’“affrancamento” dei predetti disallineamenti e, conseguentemente, permettono di ottenere il “riallineamento” dei valori fiscali ai maggiori valori civilistici iscritti in bilancio. Tali regimi sono disciplinati, rispettivamente, dal combinato disposto degli artt. 176, comma 2-ter, 172, comma 10-bis e 173, comma 15-bis Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 del T.U.I.R. e dall’art. 15, commi 10 e seguenti, del D.L. n. 185 del 29 novembre 2008, convertito dalla Legge n. 2 del 28 gennaio 2009, come recentemente modificato dall’art. 1, commi 95 e 96, della Legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (Legge di stabilità per il 2016). Regime fiscale sostitutivo di cui all’art. 176, comma 2-ter, del T.U.I.R. Secondo il regime disciplinato dal combinato disposto degli artt. 176, comma 2-ter, 172, comma 10-bis e 173, comma 15-bis del T.U.I.R., è possibile optare per il predetto “riallineamento” con riguardo, in tutto o in parte, ai maggiori valori attribuiti alle immobilizzazioni materiali ed immateriali relative all’azienda ricevuta per effetto di operazioni di conferimento, di fusione e di scissione. La misura dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP è differenziata per scaglioni di maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali ed immateriali che si intendono “affrancare”. In particolare, le aliquote applicabili sono le seguenti: • 12% sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro; Nota: (*) Studio Legale Tributario EY 5 Bilancio&imposte di Giulio Salvi (*) Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Imposta sostitutiva Bilancio&imposte • 14% sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro; • 16% sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro. L’opzione deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione straordinaria o, al più tardi, in quella del periodo d’imposta successivo. I maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva si considerano fiscalmente riconosciuti, ai fini dell’ammortamento, a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione. In caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione, il costo fiscale degli stessi è ridotto dei maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata è scomputata dall’imposta sui redditi. L’imposta sostitutiva deve essere versata in tre rate annuali, la prima delle quali pari al 30%, la seconda al 40% e la terza al 30%; sulla seconda e sulla terza rata sono dovuti gli interessi. Regime fiscale sostitutivo di cui al D.L. n. 185/2008 A norma dell’art. 15, comma 10, del citato D.L. n. 185/2008, che deroga alle disposizioni del comma 2-ter dell’art. 176 del T.U.I.R., le società “aventi causa” delle operazioni straordinarie (società conferitaria, incorporante o risultante dalla fusione e beneficiaria della scissione) possono ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori contabili - relativi all’avviamento, ai marchi d’impresa e alle altre attività immateriali - iscritti in bilancio per effetto delle operazioni stesse. Tale “affrancamento” è ottenibile mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e dell’IRAP, con aliquota del 16%, da versare in un’unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere la fusione, la scissione o il conferimento di azienda o di ramo d’azienda. L’esercizio dell’opzione si perfeziona con il versamento dell’imposta sostitutiva. 6 Per quanto concerne la decorrenza degli effetti fiscali del regime di “affrancamento” de quo, sia per l’avviamento e i marchi d’impresa, sia per le altre attività immateriali, occorre effettuare la seguente distinzione: 1) momento a partire dal quale assumono rilevanza fiscale i maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva, ai fini della determinazione della plusvalenza e della minusvalenza da realizzo; 2) momento a partire dal quale assumono rilevanza fiscale i maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva, ai fini dell’ammortamento. Con riguardo al primo aspetto, il secondo periodo del comma 10 dell’art. 15 in esame prevede che “i maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva si considerano riconosciuti fiscalmente a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è versata l’imposta sostitutiva”. Secondo il parere dell’Agenzia delle entrate (1), tale disposizione deve essere interpretata tenendo conto di quanto previsto dalla disciplina relativa al “riallineamento” di cui all’art. 176, comma 2-ter, del T.U.I.R., in merito al meccanismo del recapture, secondo cui, in presenza di atti di realizzo aventi per oggetto i beni “affrancati”, gli effetti fiscali temporaneamente prodottisi in virtù dell’esercizio dell’opzione sono revocati ab initio. Infatti l’art. 176, comma 2-ter, del T.U.I.R., ultimo periodo - lo si ribadisce - dispone che “in caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata è scomputata dall’imposta sui redditi ai sensi degli artt. 22 e 79”. Analogamente, nei confronti dei beni e delle attività “riallineate” ai sensi del decimo comma dell’art. 15 del D.L. n. n. 185/2008 in disamina, si deve ritenere che operi il predetto “periodo di sorveglianza”, entro il quale gli atti realizzativi aventi per oggetto le attività stesse producono, in sostanza, il venir meno degli effetti dell’“affrancamento”. Nota: (1) Cfr. circolare n. 28/E dell’11 giugno 2009, par. 5. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Imposta sostitutiva Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 2007, nonché a quelle effettuate entro il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 (art. 15, comma 12). Affrancamento delle partecipazioni di controllo incluse nel consolidamento (cenni) Ai sensi dei commi 10-bis e 10-ter dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008, il descritto regime fiscale sostitutivo di cui al citato comma 10 è applicabile anche: • ai maggiori valori delle partecipazioni di controllo incluse nel consolidamento, iscritti in bilancio a seguito dell’operazione a titolo di avviamento, marchi d’impresa e altre attività immateriali; • ai maggiori valori - attribuiti ad avviamenti, marchi di impresa e altre attività immateriali nel bilancio consolidato - delle partecipazioni di controllo acquisite nell’ambito di operazioni di cessione di azienda ovvero di partecipazioni. In estrema sintesi, tale regime è volto ad ottenere, previo versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP del 16%, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori relativi ad avviamento, marchi d’impresa ed altre attività immateriali iscritti nel bilancio consolidato, anziché nel bilancio d’esercizio, sempre che siano riferibili ai maggiori valori contabili delle partecipazioni di controllo acquisite ed iscritte nel bilancio individuale per effetto di operazioni straordinarie o traslative (3). La predetta opzione si considera perfezionata con il versamento dell’imposta sostitutiva che deve essere effettuato, in un’unica rata, entro il termine di scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta in cui l’operazione ha avuto efficacia giuridica. Note: (2) In deroga al principio generale secondo cui le quote di ammortamento del valore di avviamento e del costo dei marchi d’impresa sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del valore/costo di tali beni immateriali. (3) Cfr. anche le disposizioni attuative contenute nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 6 giugno 2014. 7 Bilancio&imposte In altri termini, la disposizione di cui al secondo periodo del comma 10 dell’art. 15 assume rilievo solamente ai fini della determinazione della plus/minusvalenza in ipotesi di realizzo delle attività oggetto di “riallineamento” e, di conseguenza, esclusivamente ai fini del computo della decorrenza del c.d. “periodo di sorveglianza”. Concludendo, anche nell’ipotesi in esame, i maggiori valori fiscali assoggettati ad imposta sostitutiva rilevano, ai fini della determinazione della plus/ minusvalenza da realizzo, a partire dal quarto periodo d’imposta successivo a quello di esercizio dell’opzione. Con riferimento agli ammortamenti, la deducibilità dei maggiori valori “affrancati” relativi all’avviamento, ai marchi e alle altre attività immateriali è ammessa a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello nel corso del quale è versata l’imposta sostitutiva. Sempre con riguardo agli ammortamenti, il decimo comma dell’art. 15 del citato D.L. n. 185/2008 - prima delle modifiche di cui si tratterà nel prosieguo - prevedeva che la deduzione di cui all’art. 103 del T.U.I.R. e agli artt. 5, 6 e 7 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, del maggior valore dell’avviamento e dei marchi d’impresa potesse essere effettuata in misura non superiore ad un decimo, a prescindere dall’imputazione al Conto Economico (2). Per completezza di trattazione, si rammenta che, a norma del comma 11 dell’art. 15, primo e secondo periodo, il regime sostitutivo in commento è applicabile anche per ottenere il “riallineamento” dei valori fiscali ai maggiori valori attribuiti in bilancio ad attività diverse da quelle indicate nell’art. 176, comma 2-ter del T.U.I.R. (diverse, cioè, dai beni materiali ed immateriali come, ad esempio le rimanenze di magazzino). In questo caso, tali maggiori valori sono assoggettati a tassazione con aliquota ordinaria, ed eventuali maggiorazioni, rispettivamente dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP, separatamente dall’imponibile complessivo, mediante versamento, in unica soluzione, dell’importo dovuto. Se i maggiori valori sono relativi ai crediti, si applica l’imposta sostitutiva nella misura del 20% (art. 15, comma 11, terzo periodo). Le disposizioni relative al descritto regime opzionale sostitutivo si applicano alle operazioni effettuate a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Imposta sostitutiva Modifiche al regime fiscale sostitutivo di cui al D.L. n. 185/2008 Bilancio&imposte Nell’ambito delle disposizioni di favore per le imprese contenute nella Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità per il 2016), i commi 95 e 96 dell’art. 1 hanno modificato il regime di imposizione sostitutiva sopra descritto. In particolare, il comma 95 dell’art. 1 della citata Legge n. 208/2015 ha modificato il penultimo periodo del comma 10 dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008 sostituendo le parole “non superiore ad un decimo” con le parole “non superiore ad un quinto”. Per effetto di tale modifica, l’opzione per il regime d’imposizione sostitutiva in commento è diventata ancora più appetibile per la sua convenienza fiscale in quanto il limite massimo della quota di ammortamento deducibile in ciascun periodo d’imposta dei maggiori valori “affrancati” di avviamento e marchi d’impresa è stato aumentato da un decimo ad un quinto. In altri termini, tale modifica normativa consente ai contribuenti che hanno optato per il regime sostitutivo di ridurre ulteriormente il periodo di ammortamento previsto per l’avviamento e i marchi d’impresa. Le quote di ammortamento del maggior valore delle altre attività immateriali, invece, continuano ad essere deducibili nel limite della quota imputata a Conto Economico. Per quanto riguarda l’ambito temporale di applicazione della citata modifica normativa, il comma 96 dell’art. 1 della Legge n. 208/2015 stabilisce che essa si applica alle operazioni di aggregazione aziendale poste in essere a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015. Ciò significa che, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, la nuova disposizione si applica alle operazioni poste in essere a partire dal 1° gennaio 2016. Ne consegue che, non essendo prevista la retroattività del novellato disposto dell’art. 15, comma 10, del citato D.L. n. 185/2008, resta immutata la misura massima della deduzione (un decimo) per quanto riguarda i maggiori valori (di avviamento e marchi d’impresa) iscritti ed affrancati in occasione di operazioni straordinarie poste in essere negli esercizi precedenti. Come ha avuto modo di precisare l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 20/E del 18 8 maggio 2016, la compresenza sul medesimo asset (avviamento o marchio d’impresa) di due regimi di “affrancamento” comporta un’inevitabile “doppio regime” di ammortamento fiscale dello stesso. Più dettagliatamente, qualora il valore contabile di un determinato avviamento o marchio d’impresa fosse il risultato complessivo di due operazioni straordinarie poste in essere in epoche diverse, la prima realizzata precedentemente alla modifica normativa e la seconda realizzata successivamente, si genererebbe un “doppio regime” relativamente al valore fiscalmente riconosciuto delle predette attività immateriali. A titolo esemplificativo (4), si ipotizzi che la società conferitaria di un’operazione di conferimento d’azienda, posta in essere nel corso dell’esercizio 2016, iscriva maggiori valori contabili su un marchio già “affrancato” dal soggetto conferente, in base al comma 10 dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008, per effetto di una precedente operazione straordinaria. Qualora, con riferimento al predetto marchio d’impresa, la società conferitaria decidesse di optare per lo stesso regime di imposizione sostitutiva, essa dovrebbe idealmente separare i due seguenti diversi valori fiscali: 1) il primo, in cui la società conferitaria subentra per effetto del conferimento, continuerà ad essere assoggettato al processo di ammortamento fiscale per decimi, ai sensi del previgente comma 10 dell’art. 15; 2) il secondo, derivante dall’affrancamento del maggior valore iscritto a seguito della nuova operazione, sarà assoggettato al processo di ammortamento di cui al novellato comma 10 dell’art. 15 e, cioè, in misura non superiore ad un quinto. Da ultimo, si deve ritenere che la descritta modifica normativa trovi applicazione anche con riferimento al regime di imposizione sostitutiva di cui ai commi 10-bis e 10-ter dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008 disciplinanti - lo si rammenta - l’“affrancamento” delle partecipazioni di controllo incluse nel consolidamento. Resta inteso che la nuova disposizione si applica alle partecipazioni di controllo acquisite per effetto di operazioni Nota: (4) Cfr. circolare n. 20/E/2016, citata. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Imposta sostitutiva Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 d’impresa, nel caso in cui i predetti valori siano stati affrancati ai sensi dei commi 10-bis e 10-ter in corrispondenza di operazioni realizzate prima e dopo la suddetta modifica normativa. Per approfondimenti Di altri autori vedi anche... • R. Parisotto, “Ammortamento veloce delle attività immateriali derivanti dalle riorganizzazioni aziendali”, in il fisco, n. 26/2016, pag. 2539. Bilancio&imposte straordinarie e traslative poste in essere a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, ferma restando la misura massima della deduzione di un decimo per quanto riguarda i valori di avviamento e marchi d’impresa fiscalmente riconosciuti per effetto di operazioni poste in essere negli esercizi precedenti. Valgono, anche per il regime in questione, i chiarimenti sopra forniti con riferimento alla necessità di tenere distinti i valori fiscali relativi ad un medesimo avviamento o marchio 9 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Peculiarità delle cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale Bilancio&imposte di Luca Fornaciari (*) Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in aprile ha pubblicato un quaderno in cui sintetizza le peculiarità per la redazione dei bilanci delle società cooperative. In particolare, il documento approfondisce elementi contabili tipici delle cooperative tra cui il calcolo della mutualità prevalente e il trattamento dei ristorni. Introduzione Le cooperative hanno assunto da tempo un importante rilievo nel sistema economico italiano. Le peculiarità giuridiche ed economiche che “esaltano” il ruolo sociale di tali imprese hanno rappresentato, soprattutto in alcune Regioni, i fattori di sviluppo del movimento cooperativo. Numerose ricerche ne hanno evidenziato anche l’importante ruolo economico dimostrando come tali forme di imprenditoria producano benefici diffusi nel territorio di pertinenza. In termini generali, le cooperative non hanno come finalità ultima la produzione di un reddito capace di remunerare il capitale investito, ma hanno l’obiettivo di generare un valore aggiunto sufficiente per remunerare tutti i fattori produttivi interni tra cui le risorse umane. A questo occorre aggiungere una naturale attenzione al contesto sociale in cui operano, aspetto che si estrinseca attraverso iniziative finalizzate a ridistribuire a favore del territorio di riferimento una parte del valore generato. Il progressivo sviluppo del movimento cooperativo ne ha stimolato l’attenzione da parte sia dell’università che del mondo professionale il quale, nello svolgimento quotidiano delle proprie attività, si trova periodicamente ad esaminare le caratteristiche che qualificano le cooperative. In tale ambito, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha predisposto e pubblicato il Quaderno “Le peculiarità delle 10 società cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale” (in seguito Quaderno), intendendo in tal modo fornire un contributo operativo, che aspira ad essere di facile e immediato utilizzo, da parte degli iscritti e degli operatori. In particolare, il documento approfondisce le problematiche contabili e di bilancio tipiche delle cooperative come ad esempio il trattamento delle riserve e del prestito sociale, il calcolo della mutualità prevalente e la rilevazione contabile dei ristorni. La riforma del diritto societario del 2003 ha significativamente innovato in materia di cooperative introducendo, nel nostro ordinamento, la distinzione tra cooperative a “mutualità prevalente” e le altre cooperative. Tale distinzione assume preminente importanza in quanto, solo alle cooperative che possono essere definite a “mutualità prevalente”, sono riservate le agevolazioni fiscali specificamente previste dalla normativa tributaria (art. 223-duodecies, Disposizioni per l’attuazione del Codice civile). In particolare, l’art. 2512 c.c. definisce società cooperative a “mutualità prevalente” quelle che, in ragione del tipo di scambio mutualistico realizzato con i soci: • svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; Nota: (*) Università degli Studi di Parma, partner Map Managing Control srl Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. • si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; • si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci. La prevalenza dello scambio con i soci (mutualistico) rispetto allo scambio con terzi (non mutualistico) deve essere periodicamente accertato sulla base dei criteri disciplinati dall’art. 2513 c.c. Specificamente, tale articolo dispone che, nella nota integrativa al bilancio della cooperativa, gli amministratori ed i sindaci devono documentare la condizione di prevalenza descrivendo contabilmente i seguenti parametri: • ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci superiori al 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell’art. 2425 c.c., comma 1, punto A1; • costo del lavoro dei soci superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui all’art. 2425 c.c., comma 1, punto B9 computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico; • costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci rispettivamente superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui all’art. 2425 del c.c., comma 1, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all’art. 2425 del c.c., comma 1, punto B6. L’articolo precisa inoltre che, nella circostanza in cui siano realizzati più scambi mutualistici, la condizione di prevalenza deve essere documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali indicate nei punti precedenti. Con riferimento alle cooperative agricole, la normativa ha stabilito che la prevalenza sussiste quando il rapporto fra la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci supera il 50% della quantità o del valore dei prodotti complessivamente acquisiti (in tale ambito pertanto non occorre fare riferimento al rapporto di cui alla lett. c), comma 1, dell’art. 2513 c.c.). Oltre al rispetto dei parametri indicati, al fine di poter usufruire delle agevolazioni fiscali, le cooperative a “mutualità prevalente” devono prevedere nel proprio statuto (art. 2514 c.c.): Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 • il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; • il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; • il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; • l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Per le altre cooperative (art. 2545-quinquies c.c.), invece, i limiti sopra indicati e relativi alla distribuzione dei dividendi non si applicano poiché sussiste: • un vincolo legale in quanto l’utile di bilancio può essere distribuito solamente se l’indebitamento non supera un quarto del patrimonio netto, altrimenti deve essere destinato a riserva; • un vincolo statutario poiché lo statuto deve indicare, oltre alle modalità di distribuzione, anche la percentuale massima ripartibile. Le cooperative si caratterizzano per un regime fiscale “agevolato” che risulta differente a seconda della tipologia di attività svolta (ad esempio le cooperative di consumo, cooperative agricole, altre cooperative) e se sono o meno a mutualità prevalente. Per esempio le cooperative a mutualità prevalente a partire dall’esercizio 2012 presentano un’imponibilità IRES come segue: • cooperative di consumo, totale utili tassati pari al 68% (di cui quota utile imponibile 65% e 3% a riserva minima obbligatoria) e quota non imponibile pari al 32%; • cooperative agricole, totale utili tassati pari al 23% (di cui quota utile imponibile 20% e 3% a riserva minima obbligatoria) e quota non imponibile pari al 77%; • altre cooperative, totale utili tassati pari al 43% (di cui quota utile imponibile 40% e 3% a riserva minima obbligatoria) e quota non imponibile pari al 57%. 11 Bilancio&imposte Bilancio d’esercizio Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Giova infine osservare che l’art. 2518 c.c. ha disposto che “nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio” e che, pertanto, il legislatore riformatore ha eliminato la responsabilità illimitata. L’informativa di bilancio delle cooperative Bilancio&imposte Anche le cooperative redigono il bilancio sulla base della normativa prevista dal Codice civile per le società di capitali. Le peculiarità di tali entità incidono anche sul contenuto del bilancio. Tale documento, infatti, al fine di rappresentare in modo fedele la situazione patrimoniale, economica e finanziaria delle cooperative, deve indicare una serie di ulteriori informazioni specifiche soprattutto con riferimento alla distinzione tra valori conseguiti in dipendenza di rapporti di scambio mutualistico e non, alla destinazione mutualistica interna ed esterna di carattere obbligatorio e facoltativo, evidenziando i valori relativi all’accumulazione e formazione del patrimonio indivisibile e non disponibile. La normativa che disciplina le informazioni specifiche di bilancio delle cooperative è “sparsa” all’interno del Codice civile. I redattori non seguono pertanto un preciso indirizzo nell’adempiere a tali disposizioni ma si comportano in modo disomogeneo, “talvolta inserendo dati e informazioni eccessivi, talvolta omettendo dati e informazioni richieste dalla legislazione vigente” (Quaderno pag. 15). L’art. 2545 c.c., rubricato “Relazione annuale sul carattere mutualistico della cooperativa”, impone ad amministratori e sindaci di indicare nelle relazioni previste dagli artt. 2428 (relazione sulla gestione) e 2429 (relazione dei sindaci) c.c. i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo mutualistico. Il Quaderno precisa che nella relazione sulla gestione, l’organo amministrativo deve indicare il carattere mutualistico delle cooperative e le politiche associative perseguite dall’ente, dando particolare attenzione alla procedura di ammissione dei soci e al carattere aperto dell’ente stesso. In particolare, il documento dell’Ordine sintetizza nei seguenti punti i suddetti adempimenti informativi: 12 a) in presenza di una variegata tipologia di soci, occorre dettagliare la composizione del capitale sociale; b) descrizione dei criteri applicati nella gestione sociale per il conseguimento dei rapporti inerenti lo scambio mutualistico, di cui all’art. 2545 c.c.; c) occorre specificare il rispetto o il mancato rispetto dei criteri necessari alla definizione della prevalenza mutualistica, di cui al comma 1, dell’art. 2513 c.c.; d) con riferimento all’ammissione di nuovi soci, occorre specificare le ragioni delle determinazioni assunte di cui all’ultimo comma, dell’art. 2528 c.c.; e) descrizione della modalità di formazione e di assegnazione dei ristorni, di cui al comma 2 dell’art. 2545-sexies c.c.; f) specificazione dell’entità dei prestiti sociali e la relativa remunerazione; g) indicazione dei rapporti sviluppati nel corso dell’esercizio con le varie categorie di soci (con particolare riferimento alla categoria dei soci cooperatori e dei soci finanziatori); h) descrizione dei rapporti economici e finanziari intrattenuti con il sistema cooperativo (compresi quelli intrattenuti con altre cooperative e con consorzi), con l’indicazione degli oneri sostenuti e dei proventi realizzati; i) illustrazione delle operazioni eseguite con parti correlate, di cui al n. 22-bis, del comma 1, dell’art. 2427 c.c. Il Quaderno approfondisce le informazioni di cui ai punti b), d) e f) da inserire nella relazione sulla gestione fornendo alcune esemplificazioni. Tali dettagli sono infatti fondamentali per adempiere alle disposizioni contenute nell’art. 2545 c.c. Si ricorda che le informazioni di cui ai precedenti punti b) e d) sono da inserire nella nota integrativa qualora si ometta la relazione sulla gestione e qualora si rediga il bilancio in forma abbreviata. In primis la relazione sulla gestione deve descrivere la tipologia e le modalità di gestione dei ristorni poiché rappresentano lo strumento con cui le cooperative realizzano lo scambio mutualistico. Inoltre, il documento propone specifiche informazioni sull’evoluzione della compagine sociale, attraverso una descrizione analitica delle domande di ammissione e di recesso e della loro valorizzazione in termini di variazione del capitale sociale. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. La composizione alla data di riferimento del bilancio dovrebbe poi trovare descrizione sintetica nella Tavola 1. Infine, il Quaderno si sofferma sui dettagli da fornire in merito ai “prestiti sociali”. In tale ambito occorrerebbe suddividerli per scadenze e tassi d’interesse applicati, fornendo inoltre indicazioni sull’eventuale presenza della postergazione del rimborso rispetto al pagamento dei crediti sociali, nonché sul rispetto della soglia massima di raccolta per le persone fisiche. Il documento in oggetto propone di sintetizzare queste informazioni attraverso quanto indicato nella Tavola 2. L’informativa sul prestito sociale si dovrebbe poi integrare di dettagli sulla gestione e sull’impiego dei fondi raccolti. Con il D.M. 23 febbraio 2015, il Ministero dello Sviluppo economico ha approvato il nuovo verbale di revisione inclusivo di uno specifico schema per la verifica della prevalenza mutualistica. Nel Quaderno il CNDCEC suggerisce di utilizzare tale schema (Tavola 3) all’interno del bilancio d’esercizio al fine di agevolare i soci e i terzi nella verifica del mantenimento dei requisiti suddetti (art. 2545-octies c.c.). Con riferimento alle cooperative a mutualità prevalente di “diritto”, si suggerisce di fornire in bilancio tutte le informazioni utili a confermare tale status, piuttosto di quanto indicato nella Tavola 3. In merito alle cooperative sociali, ad esempio, il Quaderno suggerisce di riportare gli estremi di iscrizione all’Albo regionale, indicando la tipologia di cooperativa sociale, l’attività effettivamente ed efficacemente esercitata, il tipo di rapporto mutualistico tra la cooperativa e i soci, l’eventuale utilizzo di soci - volontari, con indicazione del numero e del loro apporto ai fini del perseguimento dello scopo sociale e dell’oggetto sociale, la dichiarazione del rispetto delle condizioni di prevalenza e, infine, per le cooperative sociali di tipo “B”, la dimostrazione del possesso di quanto richiesto, dal comma 2, dell’art. 4, della Legge n. 381/1991 (1). Anche le cooperative devono fornire informazioni effettuate con le parti correlate nella nota integrativa applicando l’art. 2427 del c.c. punto 22-bis). Qualora il conseguimento dello scopo sociale avvenga anche attraverso queste operazioni, il Nota: (1) Cfr. Quaderno, pag. 20. Tavola 1 - Assetto societario per categoria alla data di riferimento del bilancio* Data di riferimento Soci cooperatori – persone fisiche Soci cooperatori – persone giuridiche Soci finanziatori (persone fisiche) e sottoscrittori di titoli di debito Soci finanziatori (persone giuridiche) e sottoscrittori di titoli di debito Soci ammessi alle categorie speciali Esercizio attuale Esercizio precedente * Fonte: Quaderno CNDCEC, “Le peculiarità delle società cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale”, pag. 17 Tavola 2 - L’informativa di bilancio in merito al prestito sociale* Prestito sociale – Prospetto informativo Importo Tasso di interesse Data di raccolta applicato Scadenza Postergazione nel rimborso * Fonte: Quaderno CNDCEC, “Le peculiarità delle società cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale”, pag. 18 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 13 Bilancio&imposte Bilancio d’esercizio Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte dettato normativo rimane vincolante con l’obbligo di specificare anche queste nella nota integrativa. Tuttavia esistono circostanze in cui il Quaderno suggerisce di non fornire l’informativa di cui al suddetto articolo. Si pensi ad esempio ai dirigenti e agli amministratori che sono anche soci. In tal caso, il documento del CNDCEC suggerisce di non applicare la disciplina in oggetto e, di conseguenza, nemmeno le relative indicazioni in bilancio, giacché risulta preminente la qualifica di socio, rispetto a quella di amministratore. Infatti, non si tratta di un’operazione “individuale” influenzabile dall’amministratore per realizzare una propria utilità, poiché sussiste una disciplina che prevede il “principio di parità di trattamento” tra soci (art. 2516 c.c.). I ristorni I ristorni rappresentano una peculiarità delle cooperative (2) in quanto costituiscono lo strumento con cui si trasforma in termini monetari il vantaggio mutualistico. L’incremento delle remunerazioni o il risparmio di spesa nell’acquisto di prodotti o servizi rappresentano le modalità Nota: (2) Si veda a cura dello stesso autore “La gestione dei ristorni nelle cooperative”, in questa Rivista, n. 10/2015, pag. 13. Tavola 3 - Verbale di revisione per la verifica della prevalenza mutualistica* *Fonte: D.M. 23 febbraio 2015 - Ministero dello Sviluppo economico 14 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. operative con cui i ristorni sono realizzati nelle differenti tipologie di cooperative. Tuttavia, il legislatore ha lasciato ampi spazi di autonomia statutaria, consentendo di determinare liberamente i criteri di ripartizione dei ristorni nei limiti della proporzionalità rispetto allo scambio mutualistico, dell’equità e della parità di trattamento. È comunque usuale disciplinare tale istituto in appositi regolamenti approvati dall’assemblea dei soci con le maggioranze previste per le assemblee straordinarie. La determinazione delle somme da attribuire come ristorni spetta agli amministratori, poiché “rappresentano un beneficio economico che può essere riconosciuto solo dopo aver quantificato le necessità della gestione e come tale viene determinato dal CdA, tenendo presente, caso per caso, i piani strategici della cooperativa e le sue esigenze di finanziamento e di capitalizzazione” (3). L’assemblea ordinaria che approva il bilancio invece rappresenta l’organo deputato a deliberare il ristorno, sulla base di quanto proposto dal consiglio di amministrazione (sia ai fini della determinazione della misura che ai fini delle possibili modalità di attribuzione). Nonostante anche i ristorni consistano in somme di denaro attribuite ai soci, questi non devono essere associati agli utili. Questi ultimi, infatti, rappresentano la remunerazione del capitale investito in un’iniziativa imprenditoriale e sono ripartiti in proporzione alla quota di capitale sociale posseduta. I ristorni, invece, sono attribuiti ai soci delle cooperative in proporzione alla qualità e/o quantità degli scambi mutualistici compiuti tra soci e cooperativa, ed hanno la finalità di ripartire, tra i soci, il vantaggio mutualistico emerso dalla gestione della cooperativa: • dividendi, remunerazione del capitale apportato dai soci proporzionale alla quota conferita; • ristorni, quantificazione monetaria del vantaggio mutualistico proporzionale al rapporto mutualistico. La natura economica dei ristorni dipende dalle modalità di erogazione degli stessi. In particolare, questi possono rappresentare maggiori costi per le cooperative di lavoro poiché il vantaggio mutualistico si Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 estrinseca in maggiori remunerazioni per i soci cooperatori oppure possono rappresentare minori ricavi come nelle cooperative di consumo in cui il vantaggio mutualistico avviene attraverso la cessione di beni o la prestazione di servizi ai soci a prezzi minori rispetto alla media di mercato. Il ristorno costituisce pertanto un componente del Conto Economico che dovrà essere esposto tra i costi o a riduzione dei ricavi a seconda della modalità con cui la cooperativa ripartisce il vantaggio mutualistico a favore dei soci. La gestione mutualistica assume pertanto un ruolo essenziale per generare un flusso informativo-contabile sufficiente per valorizzare l’avanzo di gestione derivante dalle transazioni intercorse con i soci. Tale avanzo rappresenta infatti il limite massimo per la determinazione delle somme da distribuire a titolo di ristorno a cui, tuttavia, vanno aggiunti i limiti derivanti dalla capienza dell’utile determinato prima della contabilizzazione del ristorno e dalla necessità di altri accantonamenti per garantire la continuità aziendale. Infatti, l’attribuzione del ristorno non può compromettere il segno del risultato finale di bilancio poiché questo comporterebbe una distribuzione surrettizia di patrimonio non giuridicamente consentita attraverso tale istituto. Il comma 2 dell’art. 2545-sexies c.c. dispone che le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all’attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche. Il documento pubblicato nel 2004 (Raccomandazione riguardo l’attività di controllo del collegio sindacale nelle cooperative e schemi di relazione) dal CNDCEC propone una traccia di integrazione degli schemi del bilancio d’esercizio coerente al dettato normativo. Tuttavia il legislatore non imponendo una contabilità separata per l’attività effettuata con i soci legittima la determinazione extra-contabile del risultato della gestione mutualistica. Il calcolo pertanto può avvenire in sede di chiusura dell’esercizio attraverso prospetti extra-contabili da descrivere in un apposito paragrafo della nota Nota: (3) Quaderno, pag. 28. 15 Bilancio&imposte Bilancio d’esercizio Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte integrativa al fine di illustrare al lettore del bilancio il processo di determinazione dell’avanzo della gestione mutualistica. Al fine della separazione tra gestione mutualistica e quella non mutualistica, risulta significativa la circolare n. 37 pubblicata dall’Agenzia delle entrate il 9 luglio 2003. Nel documento si suggerisce di determinare il vantaggio mutualistico come rapporto tra valore dell’attività svolta con i soci e il valore dell’attività svolta complessivamente dalla cooperativa. Con riferimento alle cooperative di lavoro, il valore massimo distribuibile a titolo di ristorno viene definito dal Quaderno come rapporto tra il costo del lavoro dei soci e il costo del lavoro complessivo. Si precisa tuttavia che in tale ambito la normativa (4) impone un limite massimo del 30% dei trattamenti retributivi complessivi per l’erogazione dei ristorni. Per le cooperative di produzione o conferimento occorre rapportare l’ammontare dei costi relativi agli acquisti da soci con quello relativo ai costi complessivi con uguale natura. In merito, infine, il Quaderno calcola la percentuale di prevalenza come rapporto tra i ricavi derivanti dall’attività svolta con i soci e il totale dei ricavi. L’attribuzione dei ristorni, come in precedenza anticipato, deve essere deliberata dall’assemblea dei soci in forma liquida, mediante aumento delle rispettive quote, emissione di nuove azioni ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari. Con riferimento alla rappresentazione contabile dell’erogazione dei ristorni, il Quaderno fornisce alcune esemplificazioni, distinguendo tra i due seguenti metodi alternativi: • contabilizzazione del ristorno nel bilancio d’esercizio tra i costi (diretto incremento delle voci di costo B.6 costi d’acquisto, per le cooperative di conferimento, B.7 e B.9 costi per servizi o personale, per le cooperative di produzione o di lavoro) o a riduzione dei ricavi (nella voce A.5 altri ricavi e proventi, per le cooperative di consumo o utenza); • contabilizzazione in sede di destinazione dell’utile d’esercizio. Il primo metodo è stato proposto dal CNDCEC nel documento dal titolo “Il ristorno nelle cooperative di utenza. Integrazione della raccomandazione contabile sui ristorni” del 2006 e 16 condiviso da numerose organizzazioni di categoria come ad esempio Confcooperative e Lega Coop. Il secondo è invece espressamente consentito dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 53 del 18 giugno 2002. Il prestito sociale e i finanziamenti con capitale di rischio Una forma di finanziamento tipica delle cooperative è il prestito sociale. Tale fattispecie si manifesta nell’apporto da parte dei soci (persone fisiche) di capitali rimborsabili a medio-lungo termine (che generalmente maturano un interesse periodico) consentito sia nelle cooperative a mutualità prevalente che nelle altre. L’assemblea dei soci della cooperativa deve deliberare un regolamento in cui sono disciplinate le procedure con cui avvengono depositi e prelievi. Giuridicamente il prestito sociale si configura come un contratto atipico di deposito da classificare in bilancio nella voce D3 “Debiti verso soci per finanziamento”. Il prestito sociale non è espressamente disciplinato dal nostro ordinamento e pertanto occorre fare riferimento alla normativa generale che richiama, in parte quella dettata per le società cooperative e in parte quella che disciplina la raccolta del risparmio tra il pubblico e presso i soci. Il Quaderno suggerisce di specificare le condizioni del prestito sociale sul foglio informativo da esporre nei locali dove si svolge la raccolta. In particolare, propone a fini esemplificativi il documento proposto nella Tavola 4. Un aspetto importante evidenziato nel documento del CNDCEC riguarda le condizioni da rispettare per la raccolta del prestito. In particolare si tratta: • dell’esplicita previsione nello statuto sociale della possibilità di raccogliere il prestito sociale; • della raccolta del prestito sociale solo dai soci con divieto di raccogliere finanziamenti tra il pubblico e con i soci onorari; • dell’adozione di un apposito regolamento interno che regoli la raccolta del prestito Nota: (4) Cfr. art. 3, comma 2 lett. b, Legge n. 142/2001. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. sociale, predisposto dall’organo amministrativo e approvato dall’assemblea dei soci; della sottoscrizione di un contratto in forma • scritta con il socio prestatore; • dell’impiego del prestito raccolto unicamente per il conseguimento dell’oggetto sociale; • del rispetto dei limiti massimi per il deposito da parte del singolo socio persona fisica (5); • del rispetto del limite massimo del tasso di interesse da corrispondere posto a 2,5 punti in più rispetto al tasso dei buoni fruttiferi postali. A tali condizioni si aggiungono gli obblighi previsti dalla Deliberazione del CICR del 3 marzo 1994 finalizzata a disciplinare la raccolta del risparmio da parte dei soggetti non bancari. Specificamente, affinché la raccolta dai soci non costituisca raccolta tra il pubblico occorre che: • sia effettuata presso soggetti iscritti nel libro dei soci da almeno 3 mesi, che detengono una partecipazione di almeno il 2% del capitale (6); • sia prevista anche solo come facoltà dallo statuto; • i limiti patrimoniali sopra imposti non si applicano alle società cooperative con meno di 50 soci; • la raccolta del prestito sociale non è consentita alle cooperative di credito, vale a dire alle banche popolari ed a quelle di credito cooperativo. La suddetta forma di finanziamento deve trovare descrizione nella nota integrativa. Il Quaderno infatti specifica la necessità di offrire informazioni sull’ammontare dei prestiti raccolti, sulla presenza di eventuali garanzie di soggetti terzi e sul rapporto tra l’ammontare complessivo del prestito sociale e il patrimonio netto della cooperativa. Ultima fattispecie da considerare riguarda i finanziamenti con capitale di rischio. Ai soci cooperatori, in queste entità si aggiungono figure di soci che le finanziano con capitale di rischio anche se non partecipano allo scambio mutualistico. Si tratta dei soci finanziatori, dei soci sovventori e degli azionisti di partecipazione cooperativa. Qualora lo statuto lo preveda, la base sociale delle cooperative può essere composta anche da soci finanziatori (sia persone fisiche che giuridiche) non partecipanti all’attività mutualistica ma che sottoscrivono strumenti finanziari allo scopo di ottenere una remunerazione. Figura introdotta dalla riforma del diritto societario, i soci finanziatori rispondono alla Note: (5) Si tratta dei limiti rivalutati ogni tre anni dal Ministero dello Sviluppo economico. (6) Si precisa che il suddetto limite del 2% può essere superato qualora: l’ammontare complessivo dei prestiti sociali non ecceda il limite del triplo del patrimonio risultante dall’ultimo bilancio approvato. Il predetto limite è elevabile al quintuplo del patrimonio qualora il complesso dei prestiti sociali sia assistito, in misura almeno pari al 30%, da idonee garanzie rilasciate alla cooperativa da banche, da società finanziarie, da società ed enti di assicurazione autorizzati, o mediante adesione della cooperativa a uno schema di garanzia dei prestiti sociali che fornisca un’adeguata tutela agli investitori. Tavola 4 - Il foglio informativo* * Fonte: Quaderno CNDCEC, “Le peculiarità delle società cooperative nella redazione dei bilanci e nella gestione aziendale” Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 17 Bilancio&imposte Bilancio d’esercizio Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte necessità di apportare risorse finanziarie per stimolare lo sviluppo delle cooperative. I conferimenti devono essere imputati in una specifica sezione del capitale sociale e a tale categoria di soci non può essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti in ogni assemblea generale e il diritto di eleggere più di un terzo degli amministratori e dei componenti dell’organo di controllo. I privilegi dei possessori degli strumenti finanziari in sede di ripartizione degli utili e di rimborso del capitale non possono estendersi alle riserve indivisibili. Infine, la figura di socio finanziatore può essere assunta anche dal socio cooperatore. Il Quaderno fa l’esempio del socio lavoratore a cui siano attribuiti ristorni sotto forma di azioni di sovvenzione o di partecipazione cooperativa. In questi casi, lo statuto delle cooperative deve specificare che la remunerazione delle azioni sottoscritte dai soci cooperatori in qualità di soci finanziatori non può essere superiore di 2 punti rispetto ai limiti previsti per i dividendi a norma dell’art. 2514, comma 1, lett. a), c.c. Inoltre, l’atto costitutivo deve specificare i limiti ai diritti di voto degli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai cooperatori secondo il comma 2 dell’art. 2538 c.c. I soci sovventori sono quelli che effettuano speciali conferimenti per la costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico, per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale. Nelle cooperative differenti da quelle del settore dell’edilizia abitativa, l’atto costitutivo può prevedere tale tipologia di soci che non deve superare in ogni caso un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. Infine, ai soci titolari di azioni di partecipazione cooperativa spetta una remunerazione maggiorata del 2% rispetto alle quote/azioni dei soci cooperatori. Possono emettere “azioni di partecipazione cooperativa” le cooperative che hanno adottato, nei modi e termini previsti dallo statuto, procedure di programmazione pluriennale volte allo sviluppo o all’ammodernamento aziendale. In ogni caso, questa tipologia di azioni non può essere emessa per un ammontare superiore al valore contabile delle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio certificato e depositato. 18 Conclusioni Il crescente ruolo economico svolto dalle cooperative nel contesto imprenditoriale italiano ha spinto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili a pubblicare un documento che approfondisce le problematiche gestionali e di rilevazione contabile per tali entità. Il Quaderno dopo aver evidenziato le differenze tra cooperative a mutualità prevalente e non, analizza l’informativa di bilancio, i profili fiscali, la gestione anche contabile dei ristorni, le riserve divisibili ed indivisibili, il prestito sociale e i finanziamenti con capitale di rischio. L’intervento vuole essere un utile supporto operativo per quegli operatori che si trovano a collaborare con cooperative. Il contributo ne sintetizza il contenuto evidenziando gli aspetti peculiari di tali entità. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Fiscalità internazionale Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale Con il D.Lgs. n. 147 del 14 settembre 2015 (c.d. Decreto Internazionalizzazione), il legislatore ha rivisitato la disciplina degli accordi tra imprese aventi attività internazionale ed Amministrazione finanziaria, precedentemente dettata dall’(abrogato) art. 8 del D.L. n. 269/2003. Nel presente lavoro sarà esaminata la nuova regolamentazione dei predetti accordi, anche alla luce di quanto prescritto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 21 marzo 2016, prot. n. 2016/42295, emanato al fine di dare concreta attuazione alle novità in questione. Natura dell’istituto e ratio sottesa alle modifiche apportate dal Decreto Internazionalizzazione Il ruling internazionale, introdotto nell’ordinamento tributario italiano dall’(abrogato) art. 8 del D.L. n. 269/2003 si rivolge, sin dalla sua prima formulazione, alle “imprese con attività internazionale” che intendano definire preventivamente con l’Amministrazione finanziaria italiana determinate questioni fiscali a carattere transnazionale. Assimilabile ad un Advance Pricing Agreement (1), la procedura volta alla finalizzazione dell’accordo preventivo si svolge in contraddittorio con il contribuente e si conclude con un accordo tra le parti. Le recenti modifiche all’istituto del ruling internazionale traggono origine dall’art. 12 della Legge n. 23/2014 (Legge delega fiscale): sebbene detta legge non richiedesse espressamente al Governo di rivedere la disciplina del ruling internazionale, le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 147/2015 (Decreto Internazionalizzazione) si inseriscono nel più generale intento volto a favorire, anche attraverso provvedimenti di natura fiscale (si pensi alla neo-introdotta Patent Box), da un lato, l’attività di rilievo internazionale delle imprese italiane, e, dall’altro, la realizzazione di investimenti esteri in Italia. Sulla base di tali presupposti, la disciplina del ruling internazionale contenuta nell’art. 8 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (già modificato Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 ad opera dell’art. 7 del D.L. n. 145/2013) è stata integralmente sostituita dalle previsioni di cui all’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973. Come evidenziato nella Relazione Illustrativa al Decreto Internazionalizzazione (Relazione Illustrativa), la collocazione sistematica del ruling internazionale all’interno dell’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973, oltre a confermare la valenza della disciplina degli accordi preventivi anche ai fini dell’IRAP, è in linea con la volontà del legislatore di ritenere il controllo di tipo tradizionale (autoritativo) come una fase eventuale del rapporto tra Fisco e contribuente; controllo da sostituire, ove possibile, con una pretesa erariale che si eserciti mediante strumenti consensuali e partecipativi. Note: (*) Dottore Commercialista, Studio Associato Legale Tributario - Member firm di BDO (**) Avvocato, Studio Associato Legale Tributario - Member firm di BDO (1) Come precisato dall’Agenzia delle entrate nel “Bollettino del Ruling di standard internazionale - II edizione”, un APA consiste generalmente in un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria del Paese di residenza del contribuente che consente, in via preventiva e per un determinato periodo di tempo, di individuare il metodo di calcolo del prezzo di libera concorrenza riferibile alle operazioni oggetto dell’accordo. Nella prassi internazionale sono presenti APA a carattere “unilaterale”, “bilaterale” o “multilaterale”. Il ruling internazionale è assimilabile ad un APA “unilaterale” in quanto rappresenta un accordo che vincola esclusivamente il contribuente e l’Amministrazione finanziaria italiana. 19 Bilancio&imposte di Giuseppe Buonamassa (*) e Giovanni Gerardi (**) Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Fiscalità internazionale Entrata in vigore Bilancio&imposte L’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 è formalmente entrato in vigore a decorrere dal 7 ottobre 2015. A partire da tale data, in base a quanto prescritto dal comma 7 della medesima disposizione, qualunque riferimento all’art. 8 del D.L. n. 269/2003 - ossia alla disposizione che regolamentava precedentemente il ruling internazionale - deve intendersi effettuato all’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973. Ciò nonostante, la concreta applicabilità della nuova disciplina, per espressa previsione legislativa (2), è stata resa possibile solo dopo l’emanazione del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, prot. n. 2016/42295 (3) (Provvedimento), avvenuta in data 21 marzo 2016. Detto Provvedimento integra quanto previsto nell’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 e disciplina gli aspetti concreti della procedura degli accordi preventivi. Per quanto concerne la fase transitoria, riguardante la gestione dei procedimenti già instaurati ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 269/2003 ed ancora pendenti alla data di entrata in vigore del predetto art. 31-ter, il Provvedimento ha previsto che ad essi debbano essere applicate le nuove regole ivi recate. Dunque, tali regole, a partire dal 21 marzo 2016, troveranno applicazione per tutti i procedimenti non ancora conclusi, a prescindere dalla data della loro attivazione. Ambito soggettivo e oggettivo di applicazione Ai sensi dell’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973, dal punto di vista soggettivo, possono accedere alla procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi le “imprese con attività internazionale”. La genericità della terminologia adoperata è astrattamente idonea a ricomprendere ogni tipologia di impresa che sia caratterizzata da elementi di transnazionalità, senza distinzione tra imprese italiane ed estere, o tra imprese individuali ed imprese collettive (4). Il Provvedimento ha identificato le “imprese con attività internazionale” nelle imprese residenti nel territorio dello Stato, qualificabili come tali ai sensi delle disposizioni vigenti in 20 materia di imposte sui redditi, che, alternativamente o congiuntamente: 1) si trovino, rispetto a società non residenti, in una o più delle condizioni indicate nel comma 7 dell’art. 110 del T.U.I.R. (5); 2) il cui patrimonio, fondo o capitale sia partecipato da soggetti non residenti, ovvero che partecipino al patrimonio, fondo o capitale di soggetti non residenti; 3) abbiano corrisposto a, (o percepito da) soggetti non residenti: dividendi, interessi, royalties o altri componenti reddituali; 4) esercitino la propria attività attraverso una stabile organizzazione in un altro Stato. Inoltre, il medesimo Provvedimento, estende la possibilità di chiedere l’attivazione della procedura di accordo preventivo anche alle imprese non residenti che esercitino la propria attività nel territorio dello Stato attraverso una stabile organizzazione (qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi). Sotto il profilo oggettivo, l’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 dispone che l’accesso alla procedura de qua è consentito “con principale riferimento” (6) ad una serie di ambiti, così individuati: Note: (2) L’art. 1 del Decreto Internazionalizzazione, al comma 3, prescrive che: “Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data fissata dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di cui all’art. 31-ter, comma 6, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, da emanarsi, in sostituzione del Provvedimento del 23 luglio 2004, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente Decreto legislativo.”. (3) Il Provvedimento sostituisce il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 luglio 2004, che disciplinava le concrete modalità applicative del ruling internazionale di cui all’art. 8 del D.L. n. 269/2003. (4) Si veda, in tal senso, A. Tomassini, A. Martinelli, “Il nuovo ‘ruling’ internazionale”, in Corr. Trib., n. 24/2015. (5) L’art. 110, comma 7, del T.U.I.R. disciplina la valutazione al valore normale dei componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti che, direttamente o indirettamente: controllano l’impresa italiana; sono controllate dall’impresa italiana; o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa italiana. (6) Il significato letterale della locuzione “con principale riferimento”, già contenuta nell’art. 8 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (e ss. mm. e ii.), lascia intendere che l’elencazione delle fattispecie per le quali sia possibile attivare la procedura in analisi sia meramente esemplificativa e non tassativa. Il medesimo significato non pare, tuttavia, potersi ricavare (segue) Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Fiscalità internazionale Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 normativa (9), la procedura di cui all’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 è l’unica attivabile da parte del contribuente, atteso che, in tali ipotesi, non è possibile presentare istanza di interpello “ordinario” di cui all’art. 11 della Legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente). Iter procedurale Novità degne di rilievo hanno riguardato la procedura che conduce (o che dovrebbe condurre) alla sottoscrizione degli accordi preventivi. Prima di esaminare le fasi attraverso cui si snoda la procedura in commento, merita di essere segnalato che il Provvedimento, al punto 2.9, confermando il precedente orientamento dell’Agenzia delle entrate (10), ammette il c.d. pre-filing. Il pre-filing consiste nella facoltà per i contribuenti di richiedere un incontro con i rappresentanti dell’Amministrazione finanziaria, al fine di ottenere, anche per il tramite di propri procuratori ed in forma anonima, chiarimenti o indicazioni in merito alla procedura. Ciò posto in base a quanto specificato nel Provvedimento, l’istanza di accesso alla procedura, da redigere in carta libera, va presentata mediante raccomandata a.r. o consegna diretta - all’Ufficio Accordi preventivi e controversie internazionali dell’Agenzia delle entrate, Note: (continua nota 6) dal linguaggio utilizzato nel Provvedimento, da cui sembra desumersi una sorta di tipicità delle fattispecie oggetto dell’accordo preventivo. (7) Gli artt. 166 e 166-bis del T.U.I.R. regolamentano, rispettivamente, la c.d. exit tax ed entry tax. (8) In tal senso v. circolare Assonime n. 10 del 1° aprile 2016, par. 2. (9) L’art. 11 della Legge 212/2000 consente la presentazione dell’interpello ordinario a condizione che si versi in fattispecie in cui non siano “[…] attivabili le procedure di cui all’art. 31-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’art. 1 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 […]”. Sul punto, si veda anche la circolare dell’Agenzia delle entrate del 1° aprile 2016, n. 9/E. (10) Con riferimento all’ammissibilità del pre-filing, si veda il “Bollettino del Ruling di standard internazionale - II edizione” del 19 marzo 2013. 21 Bilancio&imposte 1) preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni di cui al comma 7 dell’art. 110 del T.U.I.R.; 2) applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un’impresa residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente; 3) applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’erogazione o la percezione di dividendi, interessi, royalties e altri componenti reddituali a (oppure da) soggetti non residenti; 4) preventiva definizione in contraddittorio dei valori di uscita o di ingresso, in caso di trasferimento della residenza. In tal caso, l’accesso alla procedura è consentito alle imprese che si trovino nelle condizioni indicate rispettivamente agli artt. 166 e 166-bis (7) del T.U.I.R.; 5) valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’art. 162 del T.U.I.R., nonché dalle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. In tale ipotesi, secondo il Provvedimento, la procedura può essere attivata da imprese non residenti che abbiano intenzione di esercitare la propria attività per il tramite di una stabile organizzazione in Italia, entro il periodo d’imposta successivo a quello di presentazione dell’istanza. Al riguardo, è stato osservato che “sarebbe auspicabile implementare ulteriormente l’ambito applicativo della disciplina, prevedendo, altresì, un’estensione generalizzata del nuovo ruling internazionale alle imprese estere a prescindere dall’esistenza futura di una loro stabile organizzazione in Italia, in relazione a qualsiasi tipologia di provento prodotto, o che si intenda produrre nel territorio italiano” (8). La possibilità di presentare istanza di ruling per le materie indicate nei precedenti punti 2 e 4 rappresenta una novità rispetto all’impianto normativo ante riforma. Per le questioni connesse agli ambiti sopra richiamati, in virtù di espressa previsione Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Fiscalità internazionale Bilancio&imposte alternativamente alla sede di Roma o di Milano (11). Quanto al contenuto, il Provvedimento specifica una serie di elementi che devono essere indicati dall’istante a pena di inammissibilità, ossia: • denominazione dell’impresa, sede legale, codice fiscale e/o la partita IVA, l’eventuale domiciliatario nazionale per la procedura, diverso dall’impresa, presso il quale si richiede di inoltrare le comunicazioni attinenti alla procedura; • indirizzo della stabile organizzazione nel territorio dello Stato, qualora l’istanza sia presentata da un’impresa non residente, ed eventualmente il domiciliatario nazionale per la procedura (tali requisiti non sono richiesti nel caso in cui l’istanza sia presentata ai fini della valutazione preventiva circa la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia); • chiara indicazione dell’oggetto dell’accordo preventivo, oltre che una sintetica descrizione degli elementi richiesti dal Provvedimento ai punti 2.4 e seguenti (12); • sottoscrizione da parte del legale rappresentante o di altra persona munita dei poteri di rappresentanza. Sempre a pena di inammissibilità, all’istanza deve essere allegata la documentazione atta a comprovare il possesso dei requisiti relativi all’impresa con attività internazionale. Attività istruttoria preliminare Nel caso in cui l’Ufficio reputi l’istanza correttamente formulata, ne dichiara l’ammissibilità entro 30 giorni dalla sua ricezione. Qualora, invece, l’Amministrazione finanziaria non sia posta nella condizione di verificare la sussistenza degli elementi richiesti a pena di inammissibilità, dichiara l’istanza improcedibile, entro lo stesso termine di 30 giorni. In tal caso, l’Ufficio comunica all’istante l’improcedibilità, concedendo un termine (non inferiore a 30 giorni) per l’integrazione dell’istanza; i 30 giorni previsti per la dichiarazione di ammissibilità inizieranno a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa richiesta. L’istanza può anche essere dichiarata inammissibile, nel caso in cui: • sia priva delle indicazioni richieste a pena di inammissibilità; 22 • l’istante non provveda ad integrare l’istanza entro il termine concesso dall’Ufficio; • la documentazione integrativa prodotta sia ritenuta non idonea ad integrare gli elementi richiesti a pena di inammissibilità. È ragionevole ritenere che la dichiarazione di inammissibilità non sia impugnabile, in quanto all’impresa non è impedito di riproporre una nuova istanza (13). Fase del contraddittorio Terminata l’istruttoria preliminare di cui al punto precedente, si apre il contraddittorio tra contribuente e Ufficio; in tale occasione, le parti potranno definire i termini di svolgimento del procedimento e l’Amministrazione finanziaria potrà verificare la completezza delle informazioni fornite ed, eventualmente, formulare richiesta di ulteriore documentazione. Durante questa fase procedimentale, che può anche espletarsi in più incontri, l’Ufficio ha facoltà di accesso presso le sedi di svolgimento dell’attività dell’impresa (o della stabile organizzazione), nei tempi con questa concordati, allo scopo di prendere diretta cognizione di elementi istruttori. Il Provvedimento introduce anche delle ipotesi di estinzione del procedimento de quo, che può determinarsi quando: • l’impresa istante non produca entro i termini stabiliti, e senza giustificato motivo, la documentazione e/o i chiarimenti necessari ai fini della prosecuzione dell’istruttoria; l’Ufficio venga a conoscenza di elementi e • notizie relativi a fatti e circostanze che fanno venir meno il “rapporto di trasparenza, fiducia e collaborazione” con il contribuente. Analogamente a quanto già previsto nel sistema previgente, la durata del procedimento viene fissata nel termine massimo di 180 giorni; detto termine può essere sospeso nel caso in Note: (11) Prima della riforma operata dal Decreto Internazionalizzazione, l’Ufficio competente a cui presentare l’istanza era individuato in base alla Regione da cui proveniva la richiesta di accesso alla procedura. (12) L’istanza di accesso, infatti, oltre al contenuto “minimo” prescritto al punto 2.3 del Provvedimento, deve riportare le ulteriori indicazioni richieste dai successivi punti 2.4, 2.5, 2.6, 2.7, 2.8, in base all’oggetto dell’accordo preventivo. (13) In tal senso, si veda circolare Assonime, par. 5, cit. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. cui l’Ufficio richieda l’attivazione degli strumenti di cooperazione internazionale tra Amministrazioni fiscali sino a quando non ottenga le informazioni richieste all’Amministrazione fiscale del Paese a cui si è chiesta la collaborazione. Per ogni attività svolta in contraddittorio viene redatto processo verbale, copia del quale è rilasciata al soggetto istante. In merito alla natura del predetto termine di 180 giorni, l’Agenzia delle entrate, già nella vigenza del vecchio ruling internazionale, nel silenzio della legge, ha sempre ritenuto che si tratti di un termine meramente ordinatorio. Se, all’esito del contraddittorio, Ufficio e contribuente addivengono ad una soluzione condivisa, la procedura si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo, vincolante per entrambe le parti, nel quale vengono “individuati e definiti gli elementi oggetto dell’istanza”. Se, invece, l’accordo non è raggiunto, ne viene dato atto mediante processo verbale (14). Nel caso in cui la procedura abbia ad oggetto la valutazione sulla sussistenza dei requisiti che configurano una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, la fase del contraddittorio prevista dal Provvedimento è regolata differentemente (15). Copia dell’accordo è inviata dall’Amministrazione finanziaria, sulla base della normativa comunitaria, alla competente autorità fiscale degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con le quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni. Per i periodi d’imposta di validità dell’accordo, l’Amministrazione finanziaria può esercitare i propri poteri (16) soltanto in relazione a questioni diverse da quelle oggetto dell’accordo medesimo. Durata dell’accordo e roll-back In linea generale, l’accordo concluso tra Ufficio e contribuente rimane in vigore per il periodo di imposta nel corso del quale è stipulato e per i quattro successivi, salvo mutamenti delle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini dell’accordo medesimo. A differenza di quanto previsto nella regolamentazione del previgente ruling internazionale, l’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973 contempla due ipotesi in cui l’accordo raggiunto spiega efficacia retroattiva (c.d. rollback); retroattività che, in ogni caso, non può Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 andare oltre il periodo d’imposta in cui è stata presentata l’istanza di accesso alla procedura. La prima ipotesi è prevista dal comma 2 dell’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973, ed è relativa alla fattispecie in cui l’accordo sottoscritto tra Ufficio e contribuente discenda da altri accordi conclusi con le autorità competenti di Stati esteri, a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. In tal caso, l’accordo “vincola” le parti, “secondo quanto convenuto con dette autorità, a decorrere da periodi di imposta precedenti purché non anteriori al periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della relativa istanza da parte del contribuente”. La Relazione Illustrativa, al riguardo, ha specificato che i contenuti degli “accordi amichevoli”, conclusi a seguito di procedure amichevoli attivate tra le Amministrazioni fiscali degli Stati partner dei trattati, costituiscono la base dei conseguenti accordi preventivi unilaterali conclusi su istanza presentata dal contribuente alla propria amministrazione. Per tale ragione, “si è reso necessario inserire una specifica previsione relativa alla decorrenza del periodo di validità degli accordi che discendano da altri accordi bilaterali o multilaterali conclusi nell’ambito di una procedura amichevole ai sensi di una o più convenzioni, prevedendo che i primi vincolino le Note: (14) In merito all’impugnabilità del processo verbale di cui alla procedura in commento, la dottrina è divisa. (15) In particolare, viene previsto uno sdoppiamento della procedura, in una fase documentale ed in una operativa. Nel corso della fase documentale, l’istruttoria viene svolta sulla base dei dati e delle informazioni disponibili in capo all’Ufficio. Nel corso della fase operativa, invece, l’Ufficio, allo scopo di prendere diretta cognizione di elementi utili ai fini istruttori, effettua, nei tempi concordati con l’impresa istante, uno o più accessi presso le sedi di svolgimento dell’attività o presso qualunque altro luogo di esercizio dell’attività medesima. Sia la fase documentale che quella operativa, si concludono con la redazione di un processo verbale. Analogamente a quanto previsto per le altre fattispecie, in caso di esito positivo della procedura, quest’ultima si conclude con la sottoscrizione di un accordo che individua e descrive le specifiche condizioni e definisce i termini sulla base dei quali è stata riscontrata o è stata esclusa la sussistenza di una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. Se l’accordo non viene raggiunto, ne viene dato atto mediante processo verbale. (16) Si vedano gli artt. 32 ss. del D.P.R. n. 600/1973. 23 Bilancio&imposte Fiscalità internazionale Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Fiscalità internazionale Bilancio&imposte parti, secondo quanto convenuto con le autorità competenti di tali Stati”. La seconda ipotesi di roll-back è contenuta nel comma 3 dell’art. 31-ter del D.P.R. n. 600/1973, e concerne la fattispecie in cui le circostanze di fatto e di diritto sottostanti all’intervenuto accordo tra Ufficio e contribuente ricorrano per uno o più dei periodi di imposta precedenti alla stipula. In tal caso, al contribuente è concessa la “facoltà” di far valere retroattivamente l’accordo stesso, purché non oltre il periodo d’imposta in cui è stata presentata l’istanza; ove necessario, potrà avvalersi del ravvedimento operoso, ovvero della presentazione della dichiarazione integrativa, senza l’applicazione, in entrambi i casi, delle relative sanzioni. Controlli successivi e violazione degli accordi Intervenuta la sottoscrizione dell’accordo, l’Amministrazione finanziaria conserva il potere di verificare se: • il contribuente rispetti le condizioni fissate nell’accordo; siano intervenuti mutamenti delle condi• zioni “di fatto e di diritto costituenti presupposto delle conclusioni raggiunte in sede di accordo”. A tal fine, l’Ufficio può richiedere documentazione integrativa, invitare l’impresa a fornire chiarimenti e/o elementi informativi, effettuare accessi concordati presso la sede in cui l’impresa esercita la propria attività. Di ogni attività svolta in contraddittorio viene redatto e rilasciato processo verbale. Il Provvedimento indentifica nelle seguenti fattispecie le circostanze che, se apprese dall’Ufficio in sede di controllo (o di cui ne venga comunque a conoscenza), costituiscono ipotesi di violazione dell’accordo: • uno o più episodi di inosservanza dell’accordo in grado di produrre effetti sostanzialmente incompatibili con le finalità dell’accordo stesso; • uno o più episodi di mancata collaborazione o trasparenza, che, apprezzati complessivamente, non consentano di poter efficacemente verificare il rispetto dell’accordo nei tempi e nei modi previsti; quest’ultima fattispecie costituisce un elemento di novità rispetto alla precedente 24 regolamentazione ed è indicativa della volontà del legislatore di impostare il rapporto tra Fisco e contribuente sulla base di una leale collaborazione. Nel caso in cui sia accertata una violazione dell’accordo, l’Ufficio lo comunica all’impresa con atto motivato, da inoltrare “con lettera raccomandata” ovvero attraverso posta elettronica certificata, invitandola a produrre, entro 30 giorni “dalla data della comunicazione”, eventuali memorie a difesa del proprio operato. Tale punto del Provvedimento desta qualche perplessità nella parte in cui la raccomandata semplice (senza avviso di ricevimento) viene equiparata alla posta elettronica certificata, visto che la seconda modalità di comunicazione, a differenza della prima, garantisce di sapere se il destinatario ha effettivamente ricevuto l’atto. A tal riguardo, occorre considerare che il decorso vano del termine di 30 giorni assegnato al contribuente per la presentazione delle proprie difese rappresenta una delle cause di risoluzione (17) (totale o parziale) dell’accordo, unitamente all’infondatezza delle difese stesse. In considerazione di ciò, sarebbe quindi opportuno che il contribuente fosse posto nella condizione di avere conoscenza effettiva di eventuali contestazioni da parte dell’Ufficio. Ulteriori perplessità sorgono con riferimento al termine concesso al contribuente per predisporre le proprie memorie difensive, decorrente non già dalla data di ricezione della comunicazione, bensì dalla data riportata dalla comunicazione dell’Ufficio. L’intervenuta risoluzione dell’accordo viene anch’essa comunicata all’impresa con lettera raccomandata, o con posta elettronica certificata. Nel silenzio normativo, permangono dubbi in merito alla possibilità per il contribuente di impugnare tale comunicazione per contestarne eventuali vizi formali (es. notifica) o sostanziali. È quindi auspicabile che intervengano dei chiarimenti al proposito. Note: (17) La risoluzione decorre dalla data in cui risulta accertato il comportamento integrante violazione dell’accordo; quando non sia possibile accertare tale data, la cessazione di efficacia decorre dalla data di efficacia originaria dell’accordo medesimo. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Modifica e rinnovo dell’accordo Anche i termini e le modalità di modifica dell’accordo sono disciplinati dal Provvedimento. La richiesta di modifica può avvenire sia ad istanza dell’Ufficio che del contribuente, ed il procedimento deve avere, anche in questo caso, una durata massima di 180 giorni. Nel primo caso, l’Amministrazione finanziaria invita il contribuente al contraddittorio, qualora, anche a seguito dell’attività di verifica esercitata dopo la stipula dell’accordo, riscontri un “mutamento delle condizioni di fatto o di diritto” su cui si basa l’accordo stesso. A tal proposito, si auspica che l’Agenzia delle entrate chiarisca quali siano le circostanze in grado di legittimare una richiesta di modifica delle intese raggiunte con il contribuente; ciò anche in considerazione delle conseguenze a cui si perviene nel caso in cui il procedimento di modifica attivato dall’Ufficio non si concluda con esito positivo. Nel secondo caso, viceversa, è il contribuente che inoltra all’Ufficio un’istanza di modifica “motivata e circostanziata”, quando, durante il periodo di vigenza dell’accordo, intervengano “circostanze non prevedute né altrimenti prevedibili” suscettibili di spiegare efficacia sulle pattuizioni prese; detta istanza deve altresì recare “in maniera completa e dettagliata le modifiche proposte e le ragioni di fatto e di diritto poste a base delle modifiche stesse”. Le modalità di invio ed il contenuto dell’istanza di modifica sono le stesse previste per l’instaurazione della procedura di accordo preventivo; anche durante il procedimento di modifica, l’Ufficio potrà esercitare i medesimi poteri di accesso, di richiesta di informazioni o invitare il contribuente a comparire. Di ogni attività svolta in contraddittorio è redatto processo verbale, la cui copia è rilasciata al contribuente. Se il procedimento di modifica si conclude con un esito negativo, l’accordo si intenderà privo di efficacia a partire dalla data in cui il mutamento delle condizioni di fatto e/o di diritto risulta intervenuto, ovvero, quando non sia possibile accertare tale data, da quella di comunicazione dell’invito al contraddittorio da parte dell’Ufficio. Se, invece, il procedimento di modifica si conclude con esito positivo, l’Ufficio invita Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 l’impresa per la sottoscrizione della modifica dell’accordo. Sostanzialmente immutate rispetto all’assetto normativo precedente sono rimaste le modalità previste per l’ipotesi di rinnovo dell’accordo preventivo. A tal riguardo, il contribuente deve, a pena di decadenza, presentare apposita istanza all’Amministrazione finanziaria almeno 90 giorni prima della scadenza dell’accordo da rinnovare, seguendo le medesime modalità previste per l’istanza di accesso alla procedura. Ricevuta la richiesta di rinnovo, l’Ufficio, almeno 15 giorni prima della scadenza dell’accordo oggetto di rinnovazione, comunica l’avvio dell’istruttoria volta al suo rinnovo, ovvero rigetta la richiesta con provvedimento motivato. Il procedimento di rinnovo si conclude con la firma di un accordo il cui contenuto è determinato in funzione delle risultanze dell’istruttoria espletata. Conclusioni La riforma dell’istituto del ruling internazionale è da valutare con favore, anche in considerazione della ratio ad essa sottesa, volta ad attrarre investimenti esteri in Italia ed a cambiare i termini del rapporto tra Fisco e contribuente. È auspicabile che le modifiche apportate rispetto alla vecchia normativa conferiscano maggiore appetibilità all’istituto. A tal fine, la fase di pre-filing, potendo attuarsi anche in forma anonima, rappresenta un incentivo per le imprese a confrontarsi con l’Amministrazione finanziaria: è innegabile, infatti, che, per quanto le intenzioni del legislatore convergano sempre più verso una maggiore collaborazione con il contribuente, la procedura, una volta attivata, comporta una completa disclosure verso il Fisco. Sotto altro profilo, la riforma de qua poteva rappresentare l’occasione per dipanare alcuni dubbi e criticità che si erano determinati già nel sistema previgente. In particolare, sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse preveduto dei termini certi per il completamento della procedura e che, onde evitare inutili contenziosi, avesse stabilito se i verbali o le comunicazioni resi dall’Ufficio potessero essere oggetto di impugnazione. 25 Bilancio&imposte Fiscalità internazionale Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Operazioni straordinarie I Transaction Cost nelle operazioni di LBO Il tema del trattamento contabile e fiscale dei transaction cost sostenuti nell’ambito delle operazioni di Leverage Buy Out ha rappresentato e continua tuttora a rappresentare un argomento d’indiscusso interesse per gli addetti ai lavori. Il presente contributo si propone di fornire un inquadramento dei transaction cost per poi analizzarne le metodologie di contabilizzazione ed i relativi profili fiscali con riferimento ai soggetti non IAS adopter. Premessa Come noto, fusioni e acquisizioni (M&A) costituiscono un’ampia classe di operazioni, finalizzate alla crescita dimensionale ed al riprogettamento degli assetti organizzativi dell’azienda. Si tratta, tuttavia, di operazioni complesse che richiedono il sostenimento di ingenti costi (c.d. transaction cost), quali, ad esempio, i compensi corrisposti per la valutazione dell’azienda e le altre attività consulenziali direttamente collegate al perfezionamento della compravendita, i compensi corrisposti per l’attività di mediazione, i compensi pagati per l’ottenimento delle risorse finanziarie, le spese dei legali e le spese notarili per la redazione dell’atto d’acquisto. La contabilizzazione di tali costi nonché il relativo trattamento fiscale si presenta non agevole dal punto di vista operativo, in mancanza nei principi contabili emessi dall’OIC, nonché nel T.U.I. R., di una chiara ed esaustiva definizione degli stessi. Sulla base di tali premesse, dopo una breve disamina degli aspetti salienti delle operazioni di Leverage Buy Out (LBO), si illustra il trattamento contabile e fiscale - ai fini delle imposte dirette dei costi riferiti all’acquisto di partecipazioni nell’ambito di tali operazioni con riferimento ai soggetti non IAS adopter. operazioni finanziarie preordinate all’acquisto di una società, comunemente definita Target, ricorrendo alla capacità di indebitamento della stessa: tale espressione riassume in sé una pluralità di pratiche economiche che, nella loro molteplicità di realizzazione, trovano come elemento comune lo sfruttamento dell’effetto di leva finanziaria. Il soggetto acquirente, solitamente una società appositamente costituita (NewCo), reperisce la maggior parte della finanza necessaria attraverso il ricorso a finanziamenti esterni, ottenuti dando in garanzia le attività dell’impresa acquisita e le sue azioni. L’esborso di capitale proprio è ridotto al minimo. Dopo l’acquisizione si procede usualmente ad una fusione tra la Target e la NewCo ed il debito contratto viene quindi traslato sulla prima che, attraverso i suoi flussi di cassa, o, talvolta, con l’alienazione di rami d’azienda o cespiti, fa fronte al servizio ed al rimborso dei prestiti. In alcuni casi, debito e cassa vengono compensati non già tramite una fusione ma mediante i dividendi che la società Target, entità distinta ma controllata dalla NewCo, distribuisce di anno in anno ai suoi soci. Un’operazione di Leverage Buy Out può assumere una serie infinita di varianti, “partorite” da una sempre più sofisticata ingegneria finanziaria, ma nel complesso, le fasi in cui solitamente si articola sono le seguenti: Brevi cenni sul Leverage Buy Out Con il termine di Leverage Buy Out (LBO) si suole designare una complessa serie di Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Note: (*) Avvocato in Milano (**) Dottore commercialista in Milano 27 Bilancio&imposte di Vincenzo Di Pillo (*) e Giovanni Pistillo (**) Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Operazioni straordinarie Bilancio&imposte • iniziativa: la proposta parte di solito dagli acquirenti. Può trattarsi di imprenditori ed investitori individuali, grandi società, investitori finanziari tipo società di venture capital, merchant bank, investment bank, fondi di private equity, amministratori della stessa società bersaglio (management buy out) o ad essa estranei (management buy-in). L’obiettivo degli investitori finanziari, usualmente anche consulenti ed organizzatori del deal, è la realizzazione di un capital gain da conseguire con la rivendita della partecipazione dopo un processo della durata di 3/5 anni, in cui viene realizzata la ristrutturazione dell’impresa Target con razionalizzazioni ed efficientamenti; • consulenza: individuata l’impresa obiettivo, di norma, viene demandata ad una merchant bank l’organizzazione dell’intera operazione, compresa la struttura finanziaria. Si tratta di una fase molto delicata ed importante poiché dall’analisi puntuale dei dati economico-finanziari della Target e delle sue prospettive discendono le ipotesi di sostenibilità del debito e quindi il mix di mezzi finanziari da apportare; • costituzione della NewCo: gli acquirenti costituiscono il veicolo per l’acquisizione e la capitalizzano in relazione a quanto necessario per l’operazione. Il successo di un’operazione di LBO dipende anche da un’adeguata corporate governance, ossia dalla conciliazione degli interessi dei soci della NewCo. Quest’obiettivo si realizza tramite un’attenta redazione dello statuto e dei patti parasociali che lo integrano: di particolare rilevanza sono le clausole relative alla gestione della società con la suddivisione delle competenze tra amministratori e assemblea nonché dei quorum previsti per determinati tipi di delibera (1); • due diligence: si tratta di una complessa e prolungata indagine che ha per oggetto l’impresa Target. Il risultato di questi approfondimenti determina la fattibilità dell’operazione, anche perché al buon esito delle indagini viene vincolato il proseguimento dell’affare e l’erogazione di finanza; • offerta di acquisto: la fase successiva consiste nella determinazione del prezzo di 28 • • • • • • acquisto e nella formulazione di un’offerta vincolante; assunzione dei finanziamenti: la NewCo contrae un finanziamento ponte a breve termine (bridge) con gli istituti finanziari (2); acquisto della Target: la NewCo acquisisce la Target pagando ai venditori il prezzo delle partecipazioni; rilascio garanzie: l’acquirente concede in pegno le partecipazioni della NewCo alle banche a garanzia del finanziamento bridge; pagamento dei costi di transazione: la NewCo corrisponde i costi di transazione e le imposte connesse all’operazione (ad esempio l’imposta sulle transazioni finanziarie); fusione: la NewCo e la Target si fondono per incorporazione (diretta o inversa) di una nell’altra dando vita a MergeCo con lo scopo principale di riunire nello stesso patrimonio l’indebitamento e i flussi di cassa prodotti dalla Target (3); estinzione finanziamento bridge: il finanziamento bridge viene estinto utilizzando un nuovo finanziamento a medio-lungo termine (detto senior financing) concesso dalle banche (solitamente per il medesimo importo, ovvero maggiorato di eventuali necessità di operatività corrente) a favore di MergeCo ed assistito da garanzie su quello che era il patrimonio della Target; Note: (1) Ad esempio, il finanziamento della società con obblighi di conferimenti da parte dei soci in determinate situazioni; diritti ed obblighi dei soci, soprattutto in tema di distribuzione dei dividendi o di clausole di lock-up in capo al management onde garantirsi preventivamente per un congruo lasso temporale l’apporto tecnico degli amministratori; la stabilità della compagine sociale e la puntuale regolamentazione dello smobilizzo della partecipazione con eventuali clausole di prelazione. (2) Ulteriori variabili possono prevedere l’indebitamento diretto verso i venditori (attraverso vendor loan ovvero l’emissione da parte di NewCo e sottoscrizione da parte dei venditori di un bond a fronte del differimento del prezzo, da compensare con la porzione di corrispettivo non pagato). (3) È da notare che solitamente sono gli stessi istituti finanziatori a richiedere detto impegno poiché vorranno, quanto prima, beneficiare di garanzie più consistenti del mero pegno sulle partecipazioni, quali ad esempio l’ipoteca su beni immobili della Target o il pegno sui marchi della stessa. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Operazioni straordinarie I transaction cost Il processo di investimento che caratterizza le operazioni di LBO, comporta il sostenimento di costi principalmente riferiti a: • compensi per l’organizzazione delle attività preparatorie all’acquisizione; • costi di due diligence sulla società Target, generalmente sostenuti prima dell’acquisizione al fine di approfondire specifiche tematiche (ad esempio legali, fiscali, contabili, finanziarie, di business, ambientali) di interesse dell’investitore nonché degli istituti finanziari coinvolti nell’operazione; • commissioni per l’attività di intermediazione relativa all’acquisto della partecipazione; commissioni per l’ottenimento delle risorse • finanziarie (up front fee) e per la disponibilità delle stesse a prescindere dall’effettivo utilizzo (commitment fee); compensi per la predisposizione dei con• tratti necessari per la formalizzazione dell’acquisizione e relativi finanziamenti; oneri tributari connessi all’acquisto della • partecipazione nonché all’erogazione dei finanziamenti connessi all’operazione. Trattamento contabile Il Codice civile non prevede un trattamento specifico dei suddetti costi, pertanto, occorrerà fare riferimento ai principi generali di redazione del bilancio ed ai chiarimenti forniti dai principi contabili emessi dall’OIC. In generale, il trattamento contabile (4) dei transaction cost è riconducibile ad una delle seguenti metodologie: Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 • capitalizzazione degli stessi ad incremento del costo della partecipazione; • autonoma capitalizzazione e ripartizione su più esercizi in base alla relativa utilità pluriennale; • rilevazione sulla base del criterio del costo ammortizzato (5); • integrale imputazione a Conto Economico. Capitalizzazione ad incremento del costo della partecipazione L’art. 2426, comma 1, n. 1, c.c., stabilisce che le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto computando anche gli oneri accessori. Detto principio è applicabile anche con riferimento all’acquisizione di partecipazioni; conseguentemente gli oneri accessori afferenti la partecipazione acquisita non possono essere spesati nell’esercizio di sostenimento ma vanno imputati ad incremento del costo della partecipazione. In assenza di una definizione normativa di oneri accessori, occorre far riferimento all’ OIC 21 (partecipazioni ed azioni proprie), che, seppur non fornisce un’elencazione esaustiva, definisce accessori, tutti quei costi direttamente imputabili all’operazione (6), quali, ad esempio, i costi di intermediazione bancaria e finanziaria, le Note: (4) Sull’argomento si veda G. E. Colombo, “Bilancio d’esercizio e consolidato”, in G.E. Colombo - G.B. Portale (diretto da), Trattato delle società per azioni, Torino, 1994, pag. 251 ss.; E.Guffanti, La disciplina giuridica del bilancio d’esercizio, a cura di L.A. Bianchi, Milano, 2001, pag. 527 ss.; R. Talarico, La disciplina giuridica del bilancio d’esercizio, a cura di L.A. Bianchi, Milano, 2001, pag. 653; G. Vasapolli - A. Vasapolli, Dal bilancio d’esercizio al reddito d’impresa, Milano, 2006, pag. 887; E.Colucci - F. Riccomagno, Il bilancio d’esercizio ed il bilancio consolidato, Padova, 1995, pag. 31; P. Congiu, Le spese di impianto ed ampliamento nel bilancio d’esercizio, Padova, 1994, pag. 87. (5) Questa metodologia dovrebbe sostituire la rilevazione contabile della capitalizzazione su base autonoma dei costi afferenti ai finanziamenti per le operazioni che verranno poste in essere dal 2016. (6) Si puntualizza che lo stesso principio contabile, che al momento di andare in stampa risulta in consultazione, non specifica cosa debba intendersi per costi direttamente imputabili all’operazione. In tal senso, giova richiamare la definizione di costi di transazione riportata nel par. 9 dello IAS 39 (definizione richiamata anche nella recente bozza per la consultazione del principio contabile 19, pubblicata dall’OIC) che considera tali tutti quei costi che risultano necessari al perfezionamento dell’acquisto della partecipazione. 29 Bilancio&imposte • way out: l’exit strategy è una fase del LBO particolarmente sentita soprattutto da quanti intervengono nella transazione in qualità di meri investitori finanziari. Il timing dell’uscita è quasi sempre funzione dello sviluppo della società. Sempre più spesso, tuttavia, gli investitori cercano di prevedere al momento dell’acquisto della partecipazione gli eventuali canali di uscita ed i tempi di realizzo: per quanto riguarda i primi, le tipiche way out sono la quotazione in borsa con una Initial Public Offering (IPO), la vendita dei titoli ad un’altra impresa industriale o ad un altro fondo di private equity. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Operazioni straordinarie Bilancio&imposte commissioni, le spese e le imposte. Possono, inoltre, rientrare nell’ambito degli oneri accessori i costi di consulenza corrisposti a professionisti per la predisposizione di contratti e di studi di fattibilità (7) e/o di convenienza all’acquisto (8). Con riferimento ai costi di consulenza sostenuti (9) andrà, tuttavia, verificato se gli stessi si riferiscono esplicitamente ad attività di assistenza all’acquisto (come tali imputabili ad incremento del costo della partecipazione) piuttosto che ad attività di carattere più generale quale consulenza preventiva all’acquisto (da spesare a Conto Economico). In dottrina (10) si è affermato che possono rientrare tra i costi di acquisizione anche i compensi professionali corrisposti a consulenti per le attività di due diligence (11), le spese per la predisposizione del memorandum d’intesa (memorandum of understanding), le spese legali per la predisposizione dei contratti di cessione (share purchase agreement) e le spese notarili. Autonoma capitalizzazione dei transaction cost tra gli oneri pluriennali ante D.L. n. 139/2015 Al ricorrere di determinate condizioni, alcuni costi connessi all’acquisizione delle partecipazioni, quali le spese afferenti ai finanziamenti, possono essere oggetto di autonoma iscrizione nello Stato Patrimoniale, tra gli oneri pluriennali (12), con successiva imputazione a Conto Economico delle relative quote di ammortamento. Per costi afferenti ai finanziamenti, secondo quanto previsto nel paragrafo 76 dell’OIC 24, edizione gennaio 2015 (13), devono ricomprendersi le spese di istruttoria, l’imposta sostitutiva su finanziamenti a medio-lungo termine e tutti gli altri costi iniziali. In aggiunta, andrebbero ricompresi in questa categoria anche gli altri costi strettamente connessi e necessari all’ottenimento dei finanziamenti quali: • le spese di due diligence ove espressamente richieste da parte dei finanziatori; • le spese di consulenza per il reperimento, la negoziazione e la strutturazione del finanziamento; • le spese legali per la stesura del contratto di finanziamento; • le spese notarili e 30 • ogni altro costo strettamente correlato e necessario all’ottenimento del finanziamento. L’ammortamento dei suddetti costi, come suggerito nel paragrafo 94 dell’OIC 24, è determinato sulla durata dei relativi finanziamenti in base a quote calcolate preferibilmente secondo modalità finanziarie, oppure a quote costanti, se gli effetti non divergono in modo significativo rispetto al metodo finanziario. Di converso, nel caso in cui i finanziamenti non fossero erogati, tutti i costi iniziali sostenuti devono essere imputati a Conto Economico tranne nel caso in cui gli stessi (o parte di essi) possano essere Note: (7) In data 13 giugno 2016, l’OIC ha pubblicato la bozza del nuovo principio contabile OIC 21, il quale esclude dall’elencazione degli oneri accessori la voce studi di fattibilità. (8) A parere degli autori tale possibilità va intesa non in senso discrezionale ma nel senso che, nel caso in cui non fosse ravvisabile una stretta correlazione e necessità tra costo sostenuto e acquisto della partecipazione, dovrebbe essere privilegiata l’imputazione a Conto Economico, quale conseguenza del principio di prudenza di cui all’art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c. (9) Tra i costi di consulenza, oltre alle spese per servizi resi da soggetti terzi, potrebbero rientrare anche gli eventuali costi riaddebitati da altre società del gruppo alla società che effettua l’investimento (NewCo) con riferimento alle attività propedeutiche e funzionali all’investimento (ad esempio attività di scouting, valutazione investimento, structuring, etc.). (10) Cfr. L. De Angelis, La valutazione delle partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie nel bilancio d’esercizio, Milano, 2007, pag. 130. Con espresso riferimento ai costi di due diligence cfr. Angelo Rocco Bonissoni in Transaction costs e le fusioni nelle operazioni di leverage buy out, Milano, 2009, pag. 85. (11) Secondo la sentenza della Comm. trib. prov. di Torino n. 46 del 10 marzo 2010, i costi sostenuti per due diligence legale, fiscale e ambientale non debbono essere necessariamente portati ad incremento del costo della partecipazione acquisita ma possono essere iscritti tra gli oneri pluriennali. (12) Gli oneri pluriennali possono essere iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale solo se: è dimostrata la loro utilità futura; esiste una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri di cui godrà la società; è stimabile con ragionevole certezza la loro recuperabilità da stimare dando prevalenza al principio della prudenza. (13) A seguito delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 139/ 2015, di recepimento della Direttiva 34/2013/UE, che hanno introdotto, inter alia, il concetto di costo ammortizzato per la rappresentazione in bilancio dei titoli immobilizzati, dei crediti e dei debiti, l’Organismo Italiano di Contabilità ha pubblicato la bozza del principio contabile OIC 24, che esclude la possibilità di classificare i costi accessori ai finanziamenti nella voce “Altre Immobilizzazione Immateriali”, eliminando, di conseguenza, il paragrafo 76. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. propedeutici per l’erogazione di un nuovo finanziamento, o comunque avere una diversa utilità (14). Criterio del costo ammortizzato Il recente D.Lgs. n. 139/2015, in attuazione della Direttiva comunitaria 2013/34/UE, ha introdotto sostanziali modifiche alla disciplina del bilancio di esercizio prevista dal Codice civile, con applicazione ai bilanci relativi agli esercizi aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016. Tra le principali novità apportate dal citato Decreto, si evidenzia l’introduzione del concetto di costo ammortizzato per la rappresentazione in bilancio dei titoli immobilizzati, dei crediti e dei debiti. In particolare, con riferimento ai debiti, il novellato art. 2426, comma 1, n. 8, c.c. dispone che “i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale”. Ai fini della comprensione e dell’interpretazione del concetto di “costo ammortizzato”, il legislatore rimanda ai principi contabili internazionali. Al riguardo, occorre far riferimento allo IAS 39 (15), che definisce il costo ammortizzato come “il valore a cui l’attività o passività finanziaria è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità”. In sostanza, secondo tale metodologia, il valore di iscrizione iniziale di un finanziamento è rappresentato dal valore nominale dello stesso al netto dei costi di transazione direttamente derivanti dall’operazione che ha generato il debito. Negli esercizi successivi devono poi essere imputati gli interessi (secondo il criterio dell’interesse effettivo) (16) che andranno ad aumentare la posta patrimoniale del debito inizialmente iscritto fino a ricomporre il valore nominale dello stesso. Con specifico riferimento ai costi di transazione, lo stesso IAS 39 definisce gli stessi quali “costi marginali direttamente attribuibili all’acquisizione, all’emissione o alla dismissione di una attività finanziaria. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Un costo marginale è un costo che non sarebbe stato sostenuto se l’entità non avesse acquisito, emesso o dismesso lo strumento finanziario” (17). La principale conseguenza derivante dall’adozione del suddetto criterio del costo ammortizzato è che i costi afferenti ai finanziamenti non saranno più capitalizzati quali oneri pluriennali ed annualmente ammortizzati, ma andranno contabilizzati a riduzione del valore nominale del debito inziale e successivamente imputati a Conto Economico Note: (14) Al riguardo, cfr. Angelo Rocco Bonissoni op. cit., pag. 76, in cui l’autore sostiene che i costi di due diligence, nel caso in cui il finanziamento non sia erogato, possono costituire degli oneri pluriennali capitalizzabili ed ammortizzabili secondo un periodo di tempo che gli amministratori ritengono congruo e coerente con le prospettive economiche di recupero dello stesso. (15) In base a quanto riportato nel paragrafo 99 della bozza del principio contabile OIC 24, “Qualora la società applichi il criterio del costo ammortizzato esclusivamente ai debiti sorti successivamente all’esercizio avente inizio a partire dal 1° gennaio 2016 (cfr. par. 89 OIC 19 rivisto nel 2016), continua a classificare i costi accessori ai finanziamenti tra le ‘altre’ immobilizzazioni immateriali e ad ammortizzare tali costi in conformità al precedente principio […]”. (16) Il tasso di interesse effettivo è il tasso che attualizza esattamente i pagamenti o gli incassi futuri stimati lungo la vita attesa dello strumento finanziario o, ove opportuno, un periodo più breve al valore contabile netto dell’attività o passività finanziaria. Quando si calcola il tasso di interesse effettivo, un’entità deve valutare i flussi finanziari tenendo in considerazione tutti i termini contrattuali dello strumento finanziario (per esempio, il pagamento anticipato, un’opzione call e simili), ma non deve considerare perdite future su crediti. Il calcolo include tutti gli oneri e punti base pagati o ricevuti tra le parti di un contratto che sono parte integrante del tasso di interesse effettivo, i costi di transazione e tutti gli altri premi o sconti. Si presume che i flussi finanziari e la vita attesa di un gruppo di strumenti finanziari similari possano essere valutati in modo attendibile. Tuttavia, in quei rari casi in cui non è possibile determinare in modo attendibile i flussi finanziari o la vita attesa di uno strumento finanziario (o gruppo di strumenti finanziari), l’entità deve utilizzare i flussi finanziari contrattuali per tutta la durata del contratto dello strumento finanziario (o gruppo di strumenti finanziari). (17) Nello specifico lo IAS 39, considera, a titolo esemplificativo, quali costi di transazione (paragrafo AG13) “(…) gli onorari e le commissioni pagati ad agenti (inclusi i dipendenti che svolgono la funzione di agenti di commercio), consulenti, mediatori e operatori, i contributi prelevati da organismi di regolamentazione e dalle Borse valori, le tasse e oneri di trasferimento”, precisando altresì che non si comprendono tra tali costi “(…) premi o sconti, costi di finanziamento, o costi interni amministrativi o di gestione”. 31 Bilancio&imposte Operazioni straordinarie Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Operazioni straordinarie quali interessi passivi secondo il criterio del tasso d’interesse effettivo. Bilancio&imposte Iscrizione dei transaction cost nel Conto Economico Tutti i costi residuali relativi all’investimento non riconducibili alle suddette categorie (i.e. management fee e other fee), devono essere integralmente spesati a Conto Economico nell’esercizio in cui sono sostenuti nel rispetto dei principi di prudenza e di competenza di cui all’art. 2423-bis c.c. Detti costi devono, di conseguenza, essere contabilizzati nell’esercizio in cui maturano economicamente e giuridicamente e non in quello in cui si manifestano i relativi movimenti finanziari. La nozione fiscale di oneri accessori La deducibilità ai fini IRES ed IRAP di un costo o di una spesa è subordinata, oltre che al soddisfacimento del requisito di inerenza, al rispetto delle previsioni recate dall’art. 110, comma 1, del T.U.I.R., il quale sancisce la nozione di “costo” rilevante ai fini delle imposte sui redditi. La lett. b) del menzionato comma 1 dispone quanto segue: “si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. (...)”. Ai fini delle imposte sui redditi, dunque, gli oneri accessori che si considerano “di diretta imputazione” all’acquisizione di un bene, “si comprendono” nel costo riferibile a detto bene. L’utilizzo di tale locuzione sembra rivelare l’intenzione del legislatore di non concedere al contribuente una facoltà, bensì di disporre l’obbligo di includere gli oneri accessori di diretta imputazione nella formazione del costo dei beni. La norma sopra richiamata prescrive, quindi, in capo al contribuente un obbligo di capitalizzazione degli oneri accessori, dal quale discende - si noti - l’indeducibilità dei costi capitalizzabili ed imputati a Conto Economico; resta ferma ovviamente, la rilevanza fiscale dei costi capitalizzabili in relazione all’ammortamento del costo al quale ineriscono e/o ai fini della determinazione della relativa plusvalenza o minusvalenza in caso di successiva cessione del relativo bene. Per quanto concerne i criteri da utilizzarsi per individuare la nozione di “oneri accessori di 32 diretta imputazione”, occorre preliminarmente rilevare che, ai fini tributari, non è possibile rinvenire un’espressa definizione di tale tipologia di costi. In termini generali, rientrano in tale nozione tutte quelle spese che vengono sopportate in connessione all’acquisto del bene (sia nella sua fase propriamente negoziale, sia nella sua fase esecutiva), ovvero che sono collegate al bene principale da un nesso di consequenzialità, come di causa ad effetto o ad un rapporto di dipendenza fra esborsi accessori e spesa principale (18). Ciò premesso, ai fini dell’individuazione degli oneri di cui si tratta sembra innanzitutto possibile fare riferimento alla nozione di costi accessori contenuta nei documenti OIC nn. 21 (paragrafo 18) (19) nonché la bozza dell’OIC19 (paragrafo 19), come sopra meglio diffusamente descritti. Utili indicazioni per l’individuazione della nozione di onere accessorio si rinvengono, inoltre, nei chiarimenti forniti dalla prassi e dalla giurisprudenza in merito alla determinazione del valore fiscalmente rilevante delle plusvalenze (20). Sul punto l’Amministrazione finanziaria (21) ha chiarito che deve farsi riferimento a “tutte le spese e gli oneri strettamente inerenti all’acquisto delle attività finanziarie della cui cessione si tratta (ad esempio: l’imposta di successione e donazione, le spese notarili, le commissioni di intermediazione, la tassa sui contratti di borsa, eccetera), ad eccezione degli interessi passivi e delle spese generali, dei quali il legislatore ha espressamente sancito l’esclusione”. Successivamente nella circolare n. 36/E del 4 agosto 2004 (paragrafo 3) i tecnici dell’Agenzia, con specifico riferimento ai costi specificamente inerenti alla cessione delle partecipazioni, hanno ricompreso le spese per le perizie tecniche ed Note: (18) In tal senso G. Falsitta, “Plusvalenze e minusvalenze patrimoniali (dir. Trib.)”, in Enciclopedia Giuridica, 1990, pag. 6 e in La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi, Padova, 1986, pag. 7. (19) Come specificato in nota 7 in data 13 giugno 2016, l’OIC ha rilasciato la bozza del nuovo OIC 21, che ha eliminato dall’elencazione oneri accessori la voce studi di fattibilità. (20) Cfr. Angelo Rocco Bonissoni, op. cit. (21) Cfr. circolare n. 165/E del 24 giugno 1998. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. estimative, le provvigioni dovute agli intermediari nonché altri eventuali oneri specificamente e non solo “indistintamente” collegati alla realizzazione della plusvalenza esente (22). Neppure la giurisprudenza che si è occupata della materia ha dato contributi dirimenti, infatti da una parte (23) ha qualificato come oneri accessori i costi per le consulenze legali e notarili relativi all’acquisto di un immobile nonché i costi sostenuti da un’azienda per le spese di consulenza a sostegno delle strategie di acquisizione di società atte a favorire il rafforzamento nei mercati internazionali; dall’altra (24) ha escluso l’accessorietà delle spese per servizi professionali sostenute in relazione all’acquisto di terreni. Trattamento dei transaction cost ai fini dell’imposizione diretta In ossequio al principio di derivazione sancito dall’art. 83, comma 1, del T.U.I.R., il trattamento fiscale dei costi di acquisizione delle partecipazioni è strettamente correlato alla loro corretta classificazione civilistica e contabile. Al fine di agevolare il lettore, di seguito, si analizza la disciplina fiscale di tali costi in considerazione delle diverse modalità di contabilizzazione come sopra descritte. Costi di acquisizione capitalizzati ad incremento del costo delle partecipazioni Gli oneri accessori all’acquisizione delle partecipazioni, quali, ad esempio, i costi di intermediazione bancaria e finanziaria, le spese notarili, le spese per perizie tecniche ed estimative, le provvigioni dovute agli intermediari sono, come sopra illustrato, considerate costi che, in sede di redazione del bilancio, integrano i valori di iscrizione delle partecipazioni (25). Questo aspetto assume diretta rilevanza anche ai fini della disciplina fiscale, nel senso che l’impresa che acquisisce la partecipazione dovrebbe, coerentemente, imputare fiscalmente le suddette spese ad incremento del valore della partecipazione. Da ciò deriva, dunque, che solo in sede di realizzo delle partecipazioni, i costi in questione assumeranno rilevanza fiscale concorrendo alla determinazione della plusvalenza (o minusvalenza) da cessione (26). Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Costi di acquisizione capitalizzati su base autonoma Dal punto di vista fiscale, i costi di acquisizione contabilizzati autonomamente sono disciplinati dalle disposizioni recate dal comma 3 dell’art. 108 del T.U.I.R., ai sensi del quale “Le altre spese relative a più esercizi, diverse da quelle considerate nei commi 1 (spese relative a studi e ricerche) e 2 (spese di pubblicità, di propaganda e di rappresentanza) sono deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio”. Tale interpretazione trova conferma nelle precisazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 240/E del 19 luglio 2002 ove viene specificato che gli oneri sostenuti per un’istruttoria finalizzata all’erogazione di un finanziamento, se dal punto di vista civilistico, sono correttamente qualificati come pluriennali, tale inquadramento assume rilevanza anche dal punto di vista fiscale (27), rientrando, dunque, nell’ambito di applicazione dell’art. 74 (ora 108) del T.U.I.R. Diversamente, se sono inquadrati come costi dell’esercizio, seguono il medesimo trattamento anche dal punto di vista fiscale in quanto l’art. 74, comma 3, (ora 108) del T.U.I.R., non individua autonomamente una categoria di spese da considerare di carattere pluriennale (28). Ciò premesso, le quote di ammortamento Note: (22) Su punto cfr. L. Gaiani, “I costi al bivio del trattamento”, in Il Sole - 24 Ore del 6 agosto 2004. Secondo l’autore con riferimento a detti oneri si ritiene che potrebbe trattarsi, ad esempio, “di spese per consulenze legali, contabili e fiscali specifiche sulla partecipata o, ancora, di oneri per due diligence effettuate in sede di trattative di vendita”. (23) Cfr. sent. Cass. n. 14477, depositata il 29 settembre 2003 e sent. Comm. trib. prov. di Milano n. 582 del 28 novembre 2011. (24) Cfr. sent. Comm. trib. prov. di Treviso n. 81 del 31 marzo 1998. (25) Tali considerazioni non valgono con riferimento alla tassa sulle transazioni finanziarie (c.d. Tobin Tax). L’iscrizione della Tobin Tax quale costo accessorio crea, infatti, un disallineamento tra il valore civilistico iscritto in stato patrimoniale (che comprende il costo della tassa) e il valore fiscale (che non comprende il costo della tassa in quanto indeducibile). (26) Facciamo notare che, nel caso di cessione di partecipazioni che qualificano ai fini della participation exemption, la deduzione effettiva di detti costi (portati ad incremento del costo fiscale della partecipazione) sarebbe di fatto limitata al 5% (in caso di plusvalenza) o nulla (in caso di minusvalenza). (27) Contra Cass. n. 6172 del 24 gennaio 2001. (28) Cfr. L. De Federico, “Spese relative alla concessione di un finanziamento ed imputazione in bilancio tra competenza civilistica e fiscale”, in il fisco, I, n. 33/2002, pag. 5288 ss. 33 Bilancio&imposte Operazioni straordinarie Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Operazioni straordinarie degli oneri accessori, sostenuti per l’ottenimento dei finanziamenti finalizzati all’acquisto della partecipazione, assumono piena rilevanza fiscale e sono deducibili per la quota imputata a Conto Economico. Bilancio&imposte Costi di acquisizione contabilizzati secondo il criterio del costo ammortizzato A partire dal bilancio 2016, l’art. 2426, n. 8, c.c. prevede che i debiti siano rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato. La principale conseguenza, come sopra descritto, è che i costi sostenuti per l’istruttoria di un finanziamento per i quali, fino al 2015, vi era l’obbligo di autonoma capitalizzazione, dal 2016 dovranno essere portati a diretta riduzione del debito per finanziamento e successivamente imputati a Conto Economico nella voce interessi passivi. Tale criterio, traducendo in quota di interesse i menzionati costi di transazione, dovrebbe comportare da un punto di fiscale che gli stessi non saranno più deducibili per la quota di ammortamento imputata a Conto Economico ma soggiaceranno alle regole di deducibilità previste dall’art. 96 del T.U.I.R. Come sottolineato da autorevole dottrina (29) “La conseguenza è certamente rilevante. Se infatti prima detti costi rientravano nella gestione ordinaria ora verranno rilevati nell’area finanziaria. Di conseguenza, ai fini della norma sulla deduzione degli interessi (art. 96 del T.U.I.R.), si dovrà rilevare un peggioramento delle condizioni fiscali delle imprese, che vedranno togliersi dalla gestione caratteristica (e quindi dal ROL) un componente di reddito, peraltro ininfluente nella determinazione della grandezza reddituale sulla quale viene parametrato il limite di deducibilità degli interessi, per trasformarla in interessi sui quali (salvo precisazioni del legislatore fiscale) si applicherà il limite dell’articolo in esame”. Rebus sic stantibus, è auspicabile l’introduzione di disposizioni fiscali specifiche, volte a coordinare la normativa fiscale con le nuove disposizioni civilistiche, analogamente a quanto avvenuto in passato con riferimento ai soggetti IAS adopter. 34 Imputazione integrale dei transaction cost a Conto Economico I costi diversi da quelli sopra menzionati (i.e. success fee, management fee e other fee) non portati ad incremento del costo delle partecipazioni o contabilizzati come oneri pluriennali devono essere imputati al Conto Economico dell’esercizio in cui sono sostenuti nel rispetto dei principi generali di redazione del bilancio. Sotto il profilo fiscale tali costi sono integralmente deducibili sulla base dei principi generali di determinazione del reddito d’impresa di cui all’art. 109 del T.U.I.R. Da ciò ne discende che il giudizio di deducibilità di un costo per inerenza deve riguardare la natura del bene o servizio e il proprio rapporto con l’attività d’impresa, da valutarsi in relazione allo scopo perseguito al momento in cui la spesa è stata sostenuta, e con riferimento a tutte le attività tipiche dell’impresa, e non semplicemente ex post in relazione ai risultati ottenuti in termini di produzione del reddito. In considerazione del fatto che i costi sostenuti per l’acquisizione della partecipazione non sono strettamente connessi al successivo realizzo della stessa, essi, in quanto collegati alla produzione di proventi fiscalmente rilevanti (i.e. dividendi) - sebbene parzialmente esclusi da tassazione - sono da considerarsi inerenti e, dunque, interamente deducibili (30). Giova segnalare che con riferimento alle management fee e alle other fee, nella circolare n. 6/E del 30 marzo 2016, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che, al fine di riconoscerne l’inerenza e la conseguente deducibilità, occorrerà valutare con attenzione se trattasi di prestazioni effettuate nell’interesse della società che realizza direttamente l’investimento ovvero nell’interesse esclusivo degli investitori. Note: (29) Cfr. S. Guidantoni “Il costo ammortizzato nella riforma del bilancio”, in La Gestione Straordinaria Delle Imprese, n. 6/2015, pag. 144. (30) Diversamente gli oneri connessi alla cessione delle partecipazioni rilevano esclusivamente ai fini della determinazione della plusvalenza/minusvalenza da realizzo. Tali costi, quando direttamente connessi con la dismissione di partecipazioni che qualificano per la participation exemption sono, invece, da considerarsi non deducibili. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio I profili civilistici, contabili e fiscali del rent to buy In considerazione della forte crisi nel settore immobiliare e delle crescenti difficoltà ad ottenere finanziamenti bancari si è diffusa in Italia una prassi contrattuale, già sviluppata nei Paesi anglosassoni, nota come rent to buy. Tale prassi è stata ora codificata dal nostro legislatore che ha introdotto, nell’ordinamento italiano, la disciplina del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, prevedendo specifiche regole riguardo la trascrizione, la risoluzione per inadempimento, le ipotesi di fallimento delle parti contrattuali e le norme applicabili. Partendo dalla definizione e dall’oggetto del contratto di rent to buy, si illustra la disciplina civilistica, soffermandosi sugli effetti contabili di tale istituto e sui rapporti che intercorrono tra i diversi istituti relativi al trasferimento immobiliare; se ne darà anche un opportuno inquadramento fiscale di sintesi. Definizione Il Decreto “Sblocca Italia” (1), ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina specifica per i contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, il c.d. rent to buy. Lo schema contrattuale del rent to buy si sostanzia in una sorta di incentivo alla compravendita immobiliare, caratterizzata oggi da una forte crisi del settore e dalle crescenti difficoltà ad ottenere finanziamenti bancari, in quanto dà la possibilità di rinviare, ad un momento futuro, l’impegno finanziario del conduttore/promissario acquirente che, non avendo a disposizione le risorse finanziarie per l’acquisto dell’immobile, può averne subito la disponibilità in godimento, corrispondendo al proprietario i canoni mensili che poi recupererà (in tutto o in parte) imputandoli al prezzo finale come acconto. Il futuro venditore può invece ottenere una redditività immediata dall’immobile, in attesa della vendita e può inoltre individuare da subito il futuro acquirente. Il comma 1 dell’art. 23 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (Sblocca Italia) definisce tali tipologie contrattuali come “contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto”. Il contratto di leasing si differenzia dal contratto in esame, in quanto si configura come fattispecie socialmente tipica con causa di finanziamento, in cui il concedente è qualificato professionalmente come intermediario finanziario: l’utilizzatore chiede ad una società di leasing di acquistare da un fornitore la proprietà di un bene, per poi concederlo in godimento al primo a fronte del versamento di un corrispettivo periodico. Nel leasing, il capitale viene di solito restituito a quote crescenti e non a rate costanti e solitamente il maxicanone iniziale è molto elevato, mentre, nel rent to buy, l’anticipo è in genere limitato e gran parte del prezzo viene pagato al termine del contratto di godimento. L’operazione di rent to buy si articola in due fasi: nella prima (rent), si realizza il godimento immediato dell’immobile a fronte del Note: (*) Professore a contratto di Contabilità e Bilancio, Economia Aziendale e Temi Speciali di Bilancio presso l’Università Cattaneo - LIUC - di Castellanza, Dottore Commercialista e Revisore Contabile (1) Cfr. art. 23 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133. 35 Bilancio&imposte di Fabio Ciovati (*) Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte pagamento di un canone; nella seconda (buy), il conduttore ha la facoltà di esercitare il diritto di acquisto del bene, imputando al prezzo di vendita dell’immobile, una quota parte del canone indicata nel contratto. Dalla disposizione in esame si evince che la successione tra le due fasi non è né obbligatoria né automatica, ma soltanto eventuale dato che l’acquisto dell’immobile è un diritto per il conduttore ma non un obbligo. Il contratto di godimento in esame è finalizzato al trasferimento dell’immobile, in quanto attribuisce al conduttore il diritto di acquistare il bene concesso in godimento; il conduttore ha infatti il diritto di manifestare, entro un determinato termine, la propria volontà di acquistare l’immobile oggetto della locazione. Si deduce che il locatore ha di conseguenza l’obbligo di cedere l’immobile al prezzo stabilito, mentre il conduttore ha inizialmente il diritto di godimento e solo successivamente, previa dichiarazione d’acquisto al concedente, può manifestare la volontà di acquistare il diritto di proprietà. La compravendita dell’immobile si realizza, pertanto, solo nel momento in cui il conduttore decide di esercitare il diritto di acquisto. Il termine per esercitare il diritto di acquistare l’immobile è stabilito dalle parti, entro un massimo di dieci anni. Nel contratto viene poi stabilita quale sia la parte di canone che va a remunerare il godimento del bene e quale quella da imputare al corrispettivo del trasferimento come anticipazione del corrispettivo del trasferimento. È pertanto rimessa all’autonomia contrattuale la determinazione del quantum della parte di canone da imputarsi al corrispettivo. Come previsto dal comma 1-bis dell’art. 23, le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire qualora non venga esercitato il diritto di acquistare la proprietà dell’immobile nel termine stabilito. Forma e trascrizione del contratto di rent to buy I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili sono trascritti nei registri immobiliari ai sensi dell’art. 2645-bis c.c.; dato il rinvio all’art. 2645-bis 36 c.c., tali contratti sono soggetti agli obblighi di trascrizione propri dei contratti preliminari di compravendita. La trascrizione rende il contratto opponibile ai terzi garantendo il futuro acquirente da eventuali atti di disposizione del bene che il proprietario può porre in essere successivamente alla conclusione del contratto, quali ad esempio la vendita dell’immobile ad un altro soggetto o l’iscrizione di un’ipoteca sul bene o la trascrizione di un pignoramento o la costituzione di qualsiasi altro diritto pregiudizievole. Le parti contraenti e la tipologia di immobili oggetto del rent to buy L’art. 23 del D.L. n. 133/2014 non contiene alcun riferimento alla qualità delle parti contraenti né alla natura dell’immobile, né prevede alcuna limitazione in merito. Da un punto di vista soggettivo la norma non pone vincoli particolari e, pertanto, tale contratto può essere stipulato da qualunque soggetto in qualità di parte contraente, sia esso privato, professionista, esercente attività d’impresa (imprenditori individuali o società). Anche da un punto di vista oggettivo la norma non pone preclusioni, riguardando in modo generico il concetto di immobile, che può quindi essere abitativo o strumentale, inclusi i terreni. Inadempimento e risoluzione del contratto In caso di inadempimento si applica l’art. 2932 c.c. in forza del rinvio compiuto dal comma 3 dell’art. 23; pertanto, se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, la parte adempiente potrà chiedere al giudice una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di inadempimento del concedente relativamente all’obbligo di stipulare il contratto di compravendita alla scadenza del periodo di godimento, nel caso in cui il conduttore abbia espresso la volontà di esercitare il diritto di acquisto. In tale ipotesi, non potendo quest’ultimo acquistare l’immobile, potrà esperire l’azione di esecuzione in forma specifica potendo ottenere Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Il fallimento delle parti Fallimento del concedente In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’art. 67, comma 3 lett. c), del R.D. n. 267/1942 in base al quale è esclusa da revocatoria la vendita e il preliminare di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 3° grado, ovvero immobili a uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente. Fallimento del conduttore In caso di fallimento del conduttore, si applica l’art. 72 R.D. n. 267/1942, in base al quale è rimessa al curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, la valutazione relativa all’opportunità di continuare il rapporto; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui all’art. 72, comma 5 del R.D. n. 267/1942. Alcuni aspetti particolari Secondo l’Associazione italiana dottori commercialisti (2), il contratto denominato rent to buy produce, ai fini IVA, dell’imposta di registro e delle imposte dirette, gli effetti della cessione del bene dal momento della stipula del relativo contratto, ove sia contestualmente convenuto il trasferimento a favore del locatario/acquirente del pieno possesso e godimento del bene e l’automatico trasferimento, vincolante per ambedue le parti, del diritto di proprietà al momento del pagamento integrale del prezzo. Ove la clausola di trasferimento della proprietà al momento dell’integrale pagamento del prezzo non sia vincolante per entrambe le parti ma solo per una di esse, gli effetti fiscali del trasferimento del bene si manifestano successivamente alla stipula del contratto rent to buy, cioè al momento della formale cessione del bene. La fattispecie contrattuale prospettata all’Agenzia delle entrate prevede la stipula di tre negozi giuridici, costituiti da: • locazione operativa, per i periodi precedenti l’esercizio dell’opzione di acquisto da parte del conduttore; • preliminare di compravendita con obbligo unilaterale a carico del proprietario/locatore e con facoltà del conduttore di acquistare l’immobile durante o al termine della locazione; • vendita, nel momento in cui è eventualmente esercitata l’opzione di acquisto dal conduttore. Nota: (2) Norma di comportamento n. 191/2014. 37 Bilancio&imposte dal giudice una sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso, purché non sia stato inadempiente all’obbligo di corresponsione dei canoni. Qualora invece, il conduttore opti per il rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 c.c., l’art. 23, al comma 5, prevede che il concedente/proprietario, debba restituire al conduttore la quota parte dei canoni che è stata contrattualmente imputata al prezzo di vendita, maggiorata degli interessi legali. Va sottolineato che il credito del conduttore gode del privilegio speciale che si origina con la trascrizione del contratto nei registri immobiliari. Nell’opposta ipotesi di inadempimento del conduttore, qualora il concedente non ritenga conveniente esperire l’azione esecutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., specie nel caso in cui quest’ultimo non abbia le risorse finanziarie necessarie all’acquisto dell’immobile oggetto del rent to buy, questi può optare per la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore. In tal caso il concedente/proprietario, ha diritto alla restituzione dell’immobile ed acquisisce i canoni, per intero, a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto. Una specifica ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore è poi prevista in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, da parte del medesimo, di un numero minimo di canoni stabilito dalle parti al momento della sottoscrizione del contratto e che comunque non deve essere inferiore ad 1/20 del loro numero complessivo, vale a dire pari al 5% del totale dei canoni. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte Il preliminare di vendita collegato alla locazione prevede l’obbligo di addivenire alla compravendita dell’immobile esclusivamente a carico del promittente venditore, laddove, invece, al promissario acquirente è riconosciuta la mera facoltà di procedere all’acquisto dello stesso bene. Ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, il versamento di acconti di prezzo rappresenta l’anticipazione del corrispettivo pattuito e, pertanto, assume rilevanza ai fini IVA, con il conseguente obbligo per il promittente venditore di emettere la relativa fattura con addebito dell’imposta. L’aliquota applicabile è quella vigente al momento del pagamento dell’acconto. La base imponibile relativa alla cessione dell’immobile sarà data dal prezzo della cessione, così come determinato nel contratto preliminare, al netto degli acconti sul prezzo versati dal conduttore fino al momento della stipula del contratto definitivo. Le altre ipotesi di trasferimento immobiliare Le diverse tipologie contrattuali ad oggi presenti sul mercato sono: • contratto di locazione con opzione di acquisto a titolo gratuito e a titolo oneroso; • contratto di locazione con patto di futura vendita; • vendita con patto di riservato dominio; • contratto preliminare. La diversa combinazione contrattuale adottata avrà effetto sulle tutele giuridiche delle Tavola 1 - Contratto di locazione: disciplina fiscale Tipologia Caratteristiche della locazione IVA Registro Imponibile per Imposta fissa Locatore impresa di costruzione o ristrutturazione Fabbricato abitativo Locatore diverso dall’impresa di costruzione Locatore soggetto non Iva opzione (10%) Esente in assenza di opzione 2% Esente 2% Fuori campo 2% Imponibile per opzione (10%) Fissa Esente in assenza di opzione 2% Fuori campo 2% Imponibile per opzione (22%) 1% Esente in assenza di opzione 1% Fuori campo 2% Chiunque Alloggi sociali DM 22.4.2008 Locatore soggetto non Iva Chiunque Fabbricati strumentali Locatore soggetto non Iva 38 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Tavola 2 - Contratto di cessione: disciplina fiscale Iva Imposta ipotecaria e catastale Condizione Impresa che ha costruito il fabbricato o lo ha ristrutturato Cessione effettuata prima dell'ultimazione dei lavori Imponibile 200 € 200 € ciascuna Impresa che ha costruito il fabbricato o lo ha ristrutturato Cessione effettuata entro 5 anni dall'ultimazione dei lavori Imponibile 200 € 3% ipotecaria 1% catastale Impresa che ha costruito il fabbricato o lo ha ristrutturato Cessione effettuata oltre 5 anni dall'ultimazione dei lavori Imponibile su opzione; se acquirente è soggetto IVA si applica il reverse charge 200 € 3% ipotecaria 1% catastale Soggetti diversi Il venditore esercita nel contratto l'opzione per l'imponibilità Imponibile; se acquirente è soggetto IVA si applica il reverse charge 200 € 3% ipotecaria 1% catastale Soggetti diversi Il venditore non esercita opzione per l'imponibilità IVA 200 € 3% ipotecaria 1% catastale Esente parti interessate, sulla contabilizzazione e rappresentazione in bilancio dell’accadimento aziendale e sulla tassazione diretta e indiretta. Contratto di locazione con opzione di acquisto Di fronte ad un contratto di locazione con opzione d’acquisto si è in presenza di un vero e proprio contratto di locazione, al quale si innesta un patto di opzione, ex art. 1331 c.c., in forza del quale il locatore formula una proposta di vendita al conduttore e si impegna a mantenerla ferma per un certo periodo di tempo, con facoltà del conduttore di accettare o meno tale proposta di vendita entro il tempo prestabilito. Se il conduttore accetta la proposta il contratto di locazione si trasforma in compravendita. In questa ipotesi, in primo luogo si applica la disciplina fiscale relativa al contratto di locazione (di cui se ne propone una sintesi nella Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Bilancio&imposte Imposta di Registro Venditore Tavola 1), e successivamente quella della cessione (Tavola 2). Pertanto, in sede di pagamento del prezzo di vendita, si pone il problema, dell’eventuale rilevanza e/o recupero delle imposte corrisposte sulle somme già pagate nel corso della locazione come i canoni. Nella fase del godimento dell’immobile il concedente dovrà rilevare i canoni di locazione e gli acconti sul prezzo, pertanto supponendo che il canone mensile stabilito tra le parti sia pari a euro 1.600,00 (non si tiene conto dell’IVA che può variare in base a diversi requisiti 4%, 10%, 22%) e che, di questa cifra, euro 600,00 rappresentino il canone per il godimento ed euro 1.000,00 costituiscano anticipi in conto prezzo, la registrazione contabile sarà la seguente: Crediti v/conduttore società x Fitti attivi Debiti v/conduttore società x 1.600 600 1.000 39 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte La quota parte relativa all’acconto sul prezzo di acquisto costituirà, nel corso del godimento, solo un debito verso il conduttore e diverrà una componente di reddito esclusivamente al momento del passaggio di proprietà. Al contrario il conduttore registrerà un credito verso il concedente per la quota di godimento (euro 1.000,00 mese) e i canoni di locazione passivi per euro 600,00. Nel momento in cui viene definito il diritto di acquisto si definirà il passaggio della proprietà del bene e il concedente dovrà rilevare il sorgere di un componente positivo di reddito, che avrà la veste di ricavo o plusvalenza, a seconda che il bene sia un bene merce o un bene strumentale. Nel primo caso, cessione di bene merce, supponendo che il prezzo di vendita sia di 200.000,00 euro e che il godimento sia durato 5 anni, occorrerà rilevare: Crediti v/società x Debiti v/conduttore società x* 140.000 60.000 Merce c/vendite 200.000 Debito v/conduttore società x 60.000 Sopravvenienza attiva 40.000 Debito v/società x per restituzione acconto 20.000 In caso di risoluzione per inadempimento del concedente questi dovrà restituire l’intero ammontare del canone oltre gli interessi legali: Interessi passivi 60.000 Debito v/conduttore società x 600 Debito v/società x per restituzione acconto v/conduttore società x 60.600 Nel caso invece di risoluzione per inadempimento del conduttore la norma prevede che il conduttore potrà trattenere per intero (se non diversamente stabilito nel contratto), l’ammontare dei canoni ricevuti quale acconto prezzo. La registrazione contabile sarà: * 1.000 x 12 mesi x 5 anni Debito v/conduttore società x Nel secondo caso, bene strumentale, riprendendo le cifre dell’esempio precedente, si rileverà la plusvalenza sulla cessione dell’immobile come differenza tra il prezzo di cessione e il costo dell’immobile determinato ex comma 2, art. 86 del T.U.I.R. (si supponga, nel caso in esame, pari a 55.000,00): Crediti v/società x Debiti v/conduttore società x Plusvalenza Immobilizzazione 140.000 60.000 145.000 55.000 Di contro il conduttore iscriverà nel proprio Stato Patrimoniale, tra le immobilizzazioni materiali, il fabbricato acquisito. Nell’ipotesi poi di mancato acquisto per volontà del conduttore, si rileverà come componente positivo di reddito la quota dei canoni versata in acconto e trattenuta (si supponga pari a 40.000,00): 40 Sopravvenienza attiva 60.000 60.000 Contratto di vendita con riserva di proprietà La fattispecie in esame è disciplinata dagli artt. 1523 ss. c.c. La natura giuridica dell’istituto in parola è discussa. Secondo una prima tesi, si è in presenza di un negozio sottoposto alla condizione sospensiva dell’integrale pagamento del prezzo da parte del compratore. Secondo un’altra opinione, l’acquirente acquista la proprietà del bene sin dal momento della conclusione del contratto, mentre il venditore resta soltanto titolare di un diritto di garanzia. L’opinione prevalente ritiene che l’istituto in oggetto rientri nelle ipotesi di vendita obbligatoria, trattandosi, in particolare, di un negozio con effetti obbligatori immediati e con effetti reali differiti. Gli effetti obbligatori immediati consistono, da parte del venditore, nell’anticipato adempimento dell’obbligo di consegna del bene, e, da Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Crediti v/clienti 189.100 Immobile (valore contabile residuo) 105.350 Plusvalenza da alienazione 49.650 IVA c/vendite 34.100 • Incasso della rata Banca c/c ordinario 9.455 Crediti v/clienti 9.455 • Emessa fattura cliente per cessione di bene merce, con incasso dilazionato in 20 rate Crediti v/clienti Merci c/vendite IVA c/vendite 189.100 155.000 34.100 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 • Incasso della rata Banca c/c ordinario Crediti v/clienti 9.455 9.455 Contratto di locazione con patto di futura vendita È questa una tipologia contrattuale non espressamente contemplata dal nostro ordinamento giuridico, a meno che non si faccia riferimento al disposto di cui all’ultimo comma dell’art. 1526 c.c., relativo alla risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà, ai sensi del quale “la stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti”. La fattispecie in esame si configura come un contratto nel quale si paga un corrispettivo periodico per il godimento di un bene, con successivo ed automatico acquisto dello stesso bene in coincidenza con il momento in cui si verifica il pagamento dell’ultima frazione di corrispettivo. L’opinione prevalente in dottrina ritiene che si è in presenza di un unico contratto, nello specifico del contratto di compravendita con riserva di proprietà piuttosto che del contratto di locazione, in considerazione sia della causa del contratto, sia dell’intento delle parti, che, sin dal momento della stipula del contratto medesimo, si prefiggono l’intento di trasferire la proprietà una volta che siano stati pagati tutti i corrispettivi periodici pattuiti. Le parti, quindi, nella fattispecie in parola, concepiscono principalmente l’erogazione periodica dei canoni non tanto quali canoni di locazione, bensì quale corrispettivo rateale del prezzo, fermo restando che il trasferimento del diritto di proprietà potrà aversi solo al momento in cui l’intero corrispettivo sia stato pagato. Le scritture contabili del concedente saranno le medesime del contratto di vendita con riserva di proprietà ma nel caso della locazione la fattura comprenderà una parte di costo relativo all’immediato utilizzo del bene. Contratto preliminare Il contratto preliminare è un contratto con il quale le parti si obbligano reciprocamente alla 41 Bilancio&imposte parte del compratore, nell’obbligo del pagamento del prezzo. L’effetto reale del contratto è differito al momento in cui si avrà il pagamento dell’ultima rata di prezzo. La particolarità dell’istituto in esame è quindi costituita dal fatto che il venditore resta proprietario del bene sino a che l’acquirente non avrà assolto integralmente l’obbligo relativo al pagamento del prezzo, e che l’acquirente acquista immediatamente il potere di disposizione dello stesso bene sopportando tutti i rischi relativi al perimento dello stesso. Se alle scadenze pattuite, il compratore non paga le rate del prezzo, il venditore può ottenere la risoluzione del contratto. Non può però ottenerla per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo, nonostante ogni patto contrario. Risolto il contratto il venditore esigerà la restituzione della cosa, ma dovrà a sua volta restituire le rate già riscosse, salvo il diritto a trattenerne una quota a titolo di compenso per l’uso che il compratore ha fatto della cosa. Le scritture contabili del concedente nel caso di locazione e/o cessione di bene strumentale con incasso dilazionato saranno le medesime, con l’unica differenza che nel caso della locazione la fattura comprenderà una parte di costo relativo all’immediato utilizzo del bene; nello specifico: • Emessa fattura cliente per cessione di bene strumentale, con incasso dilazionato in 20 rate Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Bilancio d’esercizio Bilancio&imposte stipula di un successivo contratto definitivo di cui indicano da subito i contenuti e gli aspetti essenziali. Il preliminare deve rivestire forma scritta e, indipendentemente da quella in concreto adottata (scrittura privata, scrittura privata autenticata o atto pubblico), è soggetto a registrazione in termine fisso, entro 20 giorni dalla stipula o dalla formazione o autentica. Se redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, il contratto deve essere trascritto ed in questo caso è soggetto ad imposta ipotecaria in misura fissa (euro 200,00), anche quando è relativo alla cessione o alla costituzione di altri diritti reali sugli immobili. L’imposta di registro è dovuta in maniera proporzionale o fissa a seconda che siano o meno dovute delle somme a titolo di caparra, caparra confirmatoria o acconto e a seconda che queste somme siano imponibili IVA o meno. La dazione anticipata di una somma di denaro al momento della conclusione del preliminare, costituisce caparra confirmatoria qualora risulti che le parti abbiano inteso attribuire al versamento non solo la funzione di anticipazione della prestazione, ma anche quella di rafforzamento e garanzia dell’esecuzione dell’obbligazione contrattuale, costituendo la caparra funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento. Nel caso in cui è dubbia l’intenzione delle parti, le somme versate anteriormente alla stipula dell’atto definitivo devono ritenersi corrisposte a titolo di acconto. Pertanto, qualora il preliminare preveda il versamento di una somma di denaro mediante imputazione al prezzo, a titolo sia di caparra confirmatoria che di acconto, la somma assumerà la natura di acconto di prezzo. La fiscalità applicabile all’istituto del contratto preliminare è equiparabile a quella della cessione evidenziata nella Tavola 2. In conclusione si vogliono analizzare le due ipotesi di rent to buy trattate nell’articolo ricorrendo anche ad un’esemplificazione contabile. Contratto di rent to buy con vincolo di trasferimento obbligatorio per entrambe le parti Tale ipotesi comporta il trasferimento della proprietà in modo automatico, senza 42 necessità di un ulteriore atto di consenso. Dal punto di vista degli effetti contrattuali, il diritto di proprietà rimane nella sfera giuridica del locatore, fino al momento dell’effettivo suo trasferimento, all’avverarsi della condizione determinata dal pagamento integrale del corrispettivo di vendita, composto dai canoni periodici e dal corrispettivo finale. Dal punto di vista degli effetti fiscali, l’effetto economico del trasferimento della proprietà s’intende anticipato al momento della stipula del contratto di locazione, considerando che tale fattispecie contrattuale è disciplinata in modo univoco ai fini IVA, dell’imposta di registro e delle imposte dirette. Ai fini fiscali inoltre, non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà: quindi, la cessione produce effetti sin dal momento della stipula del contratto di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti. I medesimi effetti fiscali si manifestano nel caso del contratto preliminare ad effetti anticipati, quando le pattuizioni nello stesso convenute prevedono, in modo vincolante per ambedue le parti, sia l’immissione immediata del promittente acquirente nel pieno possesso e nel godimento del bene, come ne fosse proprietario, sia il pagamento del saldo prezzo al momento della stipula dell’atto notarile di compravendita, senza la previsione di condizioni contrattuali causali che ne determinino l’esecuzione. Esempio L’impresa costruttrice FATA S.r.l. concede in godimento al Sig. F.C. un immobile nuovo come prima casa mediante contratto rent to buy. Il contratto ha durata di 6 anni, con 72 rate mensili di euro 1.000,00 ciascuna, da computare in acconto sul prezzo con vincolo per entrambe le parti. Il prezzo dell’immobile al momento del riscatto è fissato pari a euro 180.000,00. Il corrispettivo finale è pari a euro 108.000,00 = [180.000 - (1.000 x 72)]. Il contratto decorre dal 1° gennaio 2016. Sulla base di tali presupposti, si avranno le seguenti scritture contabili. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. • Stipula contratto con vincolo d’acquisto Cliente F.C. 187.200 Ricavi cessione immobile 180.000 IVA a debito (4%) 7.200 • Incasso canone mensile (euro 1.000+ IVA 4%) Banca x c/c 1.040 Cliente F.C. 1.040 • Incasso corrispettivo finale (euro 108.000+ IVA 4%) Banca x c/c Cliente F.C. 112.320 Il contratto ha durata di 6 anni, con 72 rate mensili di euro 1.000, di cui euro 500,00 in conto godimento e euro 500,00 in acconto sul prezzo, senza vincolo per le parti. Il prezzo dell’immobile al momento del riscatto è fissato pari a euro 180.000,00. Il contratto decorre dal 1° gennaio 2016. Sulla base di tali presupposti, si avranno le seguenti scritture contabili. • Emessa fattura per godimento immobile e acconto sul prezzo Cliente F.C. 1.100 Canoni di locazioni (3) 500 Canoni in acconto (4) 500 IVA a debito (10%) 100 112.320 • Incassata fattura Banca x c/c Contratto di rent to buy con patto di futura vendita non vincolante per ambedue le parti Le parti stabiliscono che la clausola di successivo trasferimento della proprietà del bene sia vincolante non per entrambe ma per una sola di esse, generalmente individuata nel locatore/ cedente. Il trasferimento non diviene rilevante in ogni caso nel momento della stipula del contratto ma successivamente, ossia nel momento in cui l’opzione per l’acquisto (o per la vendita) è esercitata. Oltre all’opzione dell’acquisto (o della vendita), le parti possono preventivamente accordarsi riguardo alla determinazione del corrispettivo della successiva cessione, prevedendo che le somme versate dal locatario al locatore durante il periodo di locazione siano considerate, in tutto o in parte, come quota del corrispettivo dovuto in caso di esercizio dell’opzione di acquisto (o di vendita). Esempio L’impresa costruttrice FATA S.r.l. concede in godimento al Sig. F.C. un immobile nuovo come prima casa mediante contratto rent to buy. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 1.100 Cliente F.C. 1.100 • Riscatto dell’immobile Cliente F.C. Canoni in acconto (5) 149.760 36.000 Ricavi cessione immobile 180.000 IVA a debito (4%) (6) 5.760 • Nota di accredito per rettifica diminuzione IVA (7) IVA a debito (4%) 2.160 Cliente F.C. 2.160 • Incasso a seguito dell’opzione d’acquisto dell’immobile Banca x c/c Cliente F.C. 147.600 147.600 Note: (3) La quota dei canoni potrebbe essere esente da IVA per obbligo e/o per facoltà. (4) Canoni in acconto sul prezzo fatturati e incassati: euro 500 x 72 = 36.000. (5) Si veda nota 3. (6) Riscatto con ipotesi di opzione IVA: (180.000 - 36.000) x 4% = 5.760. (7) Dal 10% al 4% [500 x 72 x (10%-4%)]. 43 Bilancio&imposte Bilancio d’esercizio Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. IAS/IFRS Tutte le novità attese dallo IASB di Antonella Portalupi (*) Principi contabili L’intensa attività di aggiornamento dei principi contabili internazionali è una caratteristica che contraddistingue lo IASB: nel corso del 2016 sono state introdotte numerose novità nel campo degli IFRS e i progetti attesi potranno comportare novità rilevanti per i prepares. La maggior parte delle novità entrerà in vigore a partire dal 2017 ma le imprese non possono aspettare l’entrata in vigore obbligatoria dei nuovi principi contabili, ma devono invece già essere parte attiva nel valutare gli impatti delle novità attese. Le modifiche più rilevanti deriveranno dai due nuovi standard sui leasing (IFRS 16) e sulla rilevazione dei ricavi (IFRS 15), ma anche gli emendamenti ad alcuni principi contabili potrebbero comportare impatti significativi nella predisposizione dei prossimi bilanci e nella rappresentazione delle performances economico-finanziarie. Data di entrata in vigore dell’IFRS 15 L’IFRS 15, “Revenue from contracts with customers” è uno dei più recenti principi contabili emessi dallo IASB ed è il risultato di un lavoro congiunto tra lo IASB e il FASB che è durato un periodo di tempo piuttosto lungo. L’area relativa ai ricavi è stata oggetto di analisi da parte dello IASB e del FASB e, già dal 2006, è stato uno dei temi prioritari del progetto di convergenza IFRS/US GAAP per eliminare le differenze tra i due framework contabili e per emettere un nuovo principio contabile che disciplinasse in modo unitario il riconoscimento dei ricavi in bilancio. Il nuovo standard ha sostituito lo IAS 18 “Ricavi”, lo IAS 11 “Contratti di costruzione”, l’IFRIC 13 “Programmi di fidelizzazione della clientela”, IFRIC 15 “Accordi per la costruzione di immobili” e l’IFRIC 18 “Cessioni di attività da parte della clientela”. Il principio sarà applicabile in Europa dopo l’omologazione, e cioè quando sarà ottenuto il via libera da parte della Commissione Europea e il nuovo principio, tradotto in tutte le lingue dell’Unione, sarà pubblicato con Regolamento sulla Gazzetta Ufficiale Europea. In merito alla data di entrata in vigore, tuttavia, i tempi si sono allungati rispetto alle dichiarazioni iniziali da parte dello IASB, che in un primo momento, aveva rilasciato il documento con una data prevista di entrata in vigore 44 “obbligatoria” a partire dagli esercizi amministrativi con inizio il 1° gennaio 2017. Tuttavia, anche in considerazione dei rilevanti impatti che le imprese hanno segnalato allo IASB a seguito delle nuove norme di rappresentazione dei ricavi, il Board ha modificato la data di entrata in vigore delle nuove norme. A settembre 2015 è stato pubblicato un amendment all’IFRS 15 con il quale lo IASB ha differito di un anno l’“effective date” del nuovo principio. Pertanto l’IFRS 15 dovrebbe entrare in vigore a partire dagli esercizi amministrativi che inizieranno dal 1° gennaio 2018, sempre che la Commissione Europea omologhi lo standard entro i tempi previsti. L’IFRS 15 si basa su di un modello di rilevazione dei ricavi che cambia l’approccio rispetto al passato, perché il principio di base contenuto nel nuovo standard per la rilevazione dei ricavi fa riferimento all’individuazione delle obbligazioni contrattuali contenute nel contratto e al momento nel quale ogni obbligazione è soddisfatta. Pertanto, l’IFRS 15 non opera una distinzione tra le diverse tipologie di beni o servizi resi ma considera esclusivamente il fatto che l’obbligazione nei confronti del cliente sia resa in un determinato momento piuttosto che nel corso del tempo. Nota: (*) Dottore commercialista e revisore contabile Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. In linea di principio il ricavo viene rilevato quando un bene o un servizio è trasferito ad un cliente; da un punto di vista pratico si pone l’accento sulla nozione di “controllo”, che sostituisce il principio dello IAS 18 che invece poneva l’accento sui rischi e benefici relativi alla prestazione per definire se il ricavo dovesse essere rilevato. Nello IFRS 15 si fa riferimento ai rischi e ai benefici ma solo come possibili indicatori di un passaggio del controllo. Uno dei più significativi cambiamenti è dato dal fatto che l’IFRS 15 include una guida applicativa molto estesa e pratica; ad esempio fornisce dettagli ed esempi relativi agli accordi multipli, alle variabili del prezzo ed include una specifica guida sulle regole di contabilizzazione delle licenze. Il nuovo framework di riferimento per i leasing In data 13 gennaio 2016 lo IASB ha pubblicato il nuovo principio contabile IFRS 16 “Leasing” (1) che entrerà in vigore a partire dai bilanci che inizieranno il 1° gennaio 2019. Il nuovo principio sostituisce lo IAS 17 e modifica in maniera rilevante le modalità di rappresentazione in bilancio dei contratti di affitto e di locazione. La nuova definizione di “lease” contenuta nell’IFRS 16 individua il contratto o una parte di un contratto che esprime il diritto d’uso di un’attività per un periodo di tempo in cambio di un corrispettivo. Con questa nuova definizione il Board sposta il punto di vista dei contratti di locazione verso il “diritto di utilizzo del bene” introducendo un rilevante cambiamento rispetto al passato. Infatti, d’ora in poi i contratti di affitto non saranno più rappresentati valutando il bene oggetto di locazione; l’elemento rilevante nella rappresentazione dei leasing sarà invece il “diritto di utilizzo” del bene, a prescindere dalla durata del contratto. In questo modo sparisce la distinzione tra “leasing finanziari” o e “leasing operativo”. In realtà il Board ha cambiato in modo rilevante la disciplina di rappresentazione per gli utilizzatori, mentre ha apportato delle modifiche minori alla rappresentazione dei contratti di locazione per i locatori. L’IFRS 16, infatti, introduce un unico modello contabile per il locatario: il nuovo principio supera l’attuale impostazione dello IAS 17 e Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 non fa distinzione tra un leasing operativo e un leasing finanziario. Il locatario infatti deve rappresentare in bilancio il diritto di utilizzo dell’attività, con una valutazione corrente del valore d’uso. Il nuovo standard, dunque, è basato sui presupposti generali per l’iscrizione di un’attività: il “controllo” e l’identificabilità. Con riferimento al controllo, l’IFRS 16 contiene le linee guida applicabile ai contratti di locazione: un bene è controllato quando se ne ha la “direzione dell’uso”, intesa come “gestione operativa del bene” e quando si è in grado di ottenere i benefici derivanti dall’uso. Con riferimento all’identificabilità dell’attività, generalmente nel contratto è individuabile in modo facile il bene o l’attività soggetta al diritto d’uso: l’IFRS 16 chiarisce che anche qualora l’attività fosse implicita nel contratto è necessario utilizzare il giudizio del management per l’identificazione. Tuttavia queste non sono presunzioni assolute: anche se specificata in un contratto, un’attività non è da considerarsi identificata se esiste un diritto di sostituzione sostanziale nel periodo contrattuale. Pertanto, secondo il Board, si devono tenere in considerazione: • la capacità pratica di sostituire l’asset; • il beneficio economico per il locatore derivante dalla sostituzione. Sulla base di tali presupposti sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’IFRS 16: • i leasing di valore non significativo; • i leasing di durata pari o inferiore a 12 mesi. Il nuovo standard si applicherà a partire dal 1° gennaio 2019, ma solo dopo l’omologazione dell’Unione europea. È consentita un’applicazione anticipata per le entità che applicano anche l’IFRS 15 Revenue from Contracts with Customers. IAS 12 - Income Taxes: Recognition of Deferred Tax Assets for Unrealised Losses Dopo la modifica allo IAS 12 tramite l’amendment omologato con il Reg. 1255/2102 che prevedeva l’entrata in vigore a partire dai bilanci Nota: (1) Si veda a cura dello stesso autore “IFRS 16: Leasing”, in questa Rivista, n. 4/2016 e “IFRS 16: gli impatti sui bilanci dei locatari”, in questa Rivista, n. 5/2016. 45 Principi contabili IAS/IFRS Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. IAS/IFRS Principi contabili degli esercizi che avevano avuto inizio dal 1° gennaio 2012, l’IFRIC aveva sollecitato il Board di fornire ulteriori chiarimenti, per tenere in considerazione i 68 commenti ricevuti dagli osservatori internazionali. In particolare l’IFRIC chiedeva di aggiungere degli esempi illustrativi, soprattutto per spiegare quali elementi sono da tenere in considerazione quando la società, per iscrivere un credito per imposte anticipate in bilancio, ritiene probabile che il valore recuperabile di un bene sia maggiore del suo valore contabile. Quando nel 2012 il Board aveva aggiunto i paragrafi 51 A-E allo IAS 12 aveva chiarito che quando il valore ai fini fiscali di un’attività o di una passività non è immediatamente evidente, la società può rilevare una passività (attività) fiscale differita se il recupero o l’estinzione del valore contabile di un’attività o di una passività incrementa (riduce) i pagamenti di imposte futuri rispetto a quelli che si sarebbero verificati se tale recupero o estinzione non avesse avuto effetti fiscali. A marzo 2015 l’IFRIC chiedeva tuttavia che: • l’esempio illustrativo del paragrafo 26.d doveva essere accorciato chiarendo anche come identificare la base imponibile; • l’applicazione retroattiva del principio fosse limitata, perché erano state segnalate alcune evidenti criticità per le somme che successivamente devono essere riciclate ad Other Comprehensive Income (OCI) nei periodi successivi; • era necessario rivedere l’orientamento proposto in materia di recupero di un bene per più del suo valore di carico; • cosa si intendeva per “reddito imponibile escluse le detrazioni fiscali”. Questo indicatore, richiesto dallo IAS 12, è quello da utilizzare per valutare l’utilizzo delle differenze temporanee attive. L’IFRIC richiedeva di spiegare se si trattava del reddito imponibile sul quale si conteggiano le imposte oppure no; • venisse chiarito come contabilizzare le imposte differite attive relative agli strumenti di debito misurati a fair value. A luglio 2015 il Board dello IASB decise: • che non era necessario una riesposizione del precedente amendment perché i contenuti restano validi e facilmente applicabili; • di emettere uno specifico amendment per chiarire il trattamento delle imposte 46 differite attive relative agli strumenti di debito valutati a fair value; • di definire la data di entrata in vigore al 1° gennaio 2017. Il 12 gennaio 2016 lo IASB ha emesso un emendamento allo IAS 12 che chiarisce come contabilizzare le imposte differite attive relative agli strumenti di debito valutati al fair value. Lo IAS 12 fornisce i requisiti per il riconoscimento e la misurazione delle passività o delle attività per imposte correnti e differite e l’emendamento chiarisce i requisiti in materia di riconoscimento di imposte differite attive per perdite non realizzate. Il nuovo amendment entra in vigore a partire dagli esercizi che hanno inizio dal 1° gennaio 2017 (anche se è consentita l’applicazione anticipata), ma solo dopo l’omologazione dell’Unione europea. Annual improvement 2012-2014 Le modifiche contenute nel ciclo di miglioramenti 2012-2014 ai principi contabili esistenti sono le seguenti: • IFRS 5: chiarisce che quando un’attività non corrente (o gruppo in dismissione) viene riclassificata da “posseduta per la vendita” (IFRS 5 paragrafi 7-9) a “posseduta per la distribuzione” (IFRS 5 paragrafo 12A) o viceversa, questa riclassifica non costituisce una modifica ad un piano di vendita o di distribuzione. Inoltre è stato chiarito che i principi dell’IFRS 5 sulle variazioni ad un piano di vendita, si applicano ad un’attività (o gruppo in dismissione) che cessa di essere “posseduta per la distribuzione”, ma non è riclassificata come “posseduta per la vendita”; • IFRS 7 “Service contracts”: se un’entità trasferisce un’attività finanziaria a terzi e vengono rispettate le condizioni dello IAS 39 per l’eliminazione contabile dell’attività, la modifica all’IFRS 7 richiede che venga fornita informativa sull’eventuale coinvolgimento residuo che l’entità potrebbe ancora avere in relazione all’attività trasferita. In particolare, la modifica fornisce indicazioni su cosa si intende per “coinvolgimento residuo” ed aggiunge una guida specifica per aiutare la direzione aziendale a determinare se i termini di un accordo per la prestazione di servizi che riguardano Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. l’attività trasferita, determinano oppure no un coinvolgimento residuo; • IFRS 7 “Interim financial statements”: si chiarisce che l’informativa richiesta dalla precedente modifica all’IFRS 7 “Disclosure - Offsetting financial assets and financial liabilities” non deve essere fornita nei bilanci intermedi a meno che non sia espressamente richiesta dallo IAS 34; • IAS 19: il principio richiede che il tasso di sconto per attualizzare le obbligazioni per benefici successivi al rapporto di lavoro, deve essere determinato con riferimento ai rendimenti di mercato dei titoli obbligazionari di aziende primarie e nei Paesi dove non esiste un “mercato spesso” (deep market) di tali titoli devono essere utilizzati i rendimenti di mercato dei titoli di enti pubblici. La modifica stabilisce che nel valutare se vi è un “mercato spesso” di obbligazioni di aziende primarie, occorre considerare il mercato a livello di valuta e non a livello di singolo Paese; • IAS 34: la modifica chiarisce il concetto di informativa illustrata “altrove nel bilancio intermedio”. Il ciclo di miglioramenti è entrato in vigore per gli esercizi amministrativi iniziati dal 1° gennaio 2016 ed è stato omologato dall’Unione Europea con il Reg. 2343/2015. Amendment allo IAS 1 - Presentation of financial statements on the disclosure initiative Le novità contenute nell’amendment riguardano, da un lato come considerare “completa” l’informazione fornita da un bilancio redatto ai sensi dello IAS 1 e, dall’altro, che tipo di informazioni qualitative sono considerate minime per una corretta rappresentazione dei fatti intervenuti in un esercizio. L’amendment precisa che con riferimento alla “classe rilevanti di voci simili” si devono presentare distintamente anche le voci di natura o destinazione dissimile a meno che queste non siano irrilevanti. L’emendamento inoltre modifica le richieste di informazioni aggiuntive per la Sezione delle altre componenti di Conto Economico complessivo. Ora il paragrafo 82A dello IAS 1 richiede esplicitamente di indicare anche la quota di OCI di pertinenza di società collegate e joint venture contabilizzate con il metodo del Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 patrimonio netto, indicando anche per questi ammontari quali saranno o non saranno successivamente riclassificati nell’utile (perdita) d’esercizio. Infine con riferimento alle disclosure generali, le novità riguardano le seguenti informazioni: • le note devono presentare le informazioni sui criteri di redazione del bilancio e i principi contabili specifici utilizzati indicando anche le informazioni richieste dagli IFRS che non sono presentate altrove nel bilancio; • l’entità deve, nei limiti del possibile, presentare le note in modo sistematico. Nel determinare un modo sistematico, l’entità deve valutare l’effetto sulla comprensibilità e la comparabilità del suo bilancio; • l’entità deve indicare i propri principi contabili rilevanti, tra cui il criterio base di valutazione adottato nella preparazione del bilancio e gli altri principi contabili utilizzati che sono rilevanti per la comprensione del bilancio. Nel decidere se uno specifico principio contabile debba essere illustrato, la direzione aziendale considera se tale informativa aiuterebbe gli utilizzatori nel comprendere come le operazioni, altri fatti e condizioni sono riflessi nella rappresentazione del risultato economico e della situazione patrimoniale-finanziaria. • unitamente ai principi contabili rilevanti o ad altre note, l’entità deve indicare le decisioni, ad eccezione di quelle che riguardano le stime, che la direzione aziendale ha assunto durante il processo di applicazione dei principi contabili dell’entità che hanno gli effetti più significativi sugli importi rilevati in bilancio. Il progetto è stato omologato con Regolamento 2015/2406 del 18 dicembre 2015 ed è entrato in vigore per i bilanci degli esercizi amministrativi iniziati dal 1° gennaio 2016. Disclosure Initiative: amendment allo IAS 7 Nell’ambito del progetto di miglioramento delle disclosure del bilancio il Board ha pubblicato a gennaio 2016 un emendamento allo IAS 7 “Rendiconto finanziario”. Il documento richiede di fornire delle specifiche disclosures per consentire agli utilizzatori del bilancio di 47 Principi contabili IAS/IFRS Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. IAS/IFRS Principi contabili valutare i cambiamenti nelle passività che derivano dalle attività di finanziamento. Pertanto è richiesto di indicare nelle note al bilancio: • i cambiamenti nelle passività per finanziare i flussi di cassa; • i cambiamenti nelle passività che derivano dall’ottenimento o dalla perdita di controllo di controllate o di altri business; • l’effetto dei cambiamenti dei tassi di cambio; • i cambiamenti di fair value. Le passività che derivano dall’attività di finanziamento sono quelle passività relative ai flussi di cassa che sono state (o saranno in futuro) classificate come “attività di finanziamento” nel rendiconto finanziario redatto ai sensi dello IAS 7. Le disclosure richieste dall’emendamento riguardano tuttavia anche quelle attività finanziarie, per esempio attività che coprono passività derivanti da attività di finanziamento, se i cash flow di tali attività finanziarie sono state (o lo saranno in futuro) classificate nei cash flow derivanti dall’attività di finanziamento. L’emendamento non è ancora stato omologato: il Board ha previsto che entrerà in vigore per i bilanci degli esercizi amministrativi che inizieranno dal 1° gennaio 2017. I progetti attesi Il work-plan dello IASB prevede una serie di nuovi progetti ai quali il Board sta lavorando e che potrebbero in futuro cambiare il panorama di riferimento per taluni settori. Entro la fine del 2016 è prevista la pubblicazione di due nuovi principi contabili: • Insurance contracts. Si tratta di un progetto dedicato agli operatori del settore delle assicurazioni che dà risposte operative alle incertezze nelle obbligazioni a lungo termine. Attualmente la contabilizzazione dei contratti assicurativi non consente agli stakeholder di comprendere la posizione finanziaria dell’assicurazione, le performance realizzate e la copertura dei rischi. Lo IASB pubblicò una prima versione dell’exposure draft del nuovo principio contabile il 30 novembre 2010 ed un secondo exposure draft il 30 giugno 2013. A febbraio 2016 il Board ha pubblicato il documento finale nel quale riassume il due process per la realizzazione del principio contabile e si 48 aspetta di pubblicare il nuovo principio contabile entro la fine del 2016; • Conceptual framework. Il “quadro normativo di riferimento” dello IASB contiene gli obiettivi del bilancio, le caratteristiche qualitative che determinano l’utilità delle informazioni contenute nel bilancio e i postulati generali per la predisposizione di un’informativa finanziaria di qualità. Il framework è stato oggetto di un rilevante lavoro di rivisitazione da parte del Board per migliorare la presentazione del bilancio e predisporre un fascicolo con una completa informazione economico-finanziaria. Il discussion paper fu pubblicato a gennaio 2014 ed ottenne numerosi consensi dagli osservatori. L’exposure draft è stato pubblicato il 28 maggio 2015 e a giugno 2016 il Board ha condotto una serie di incontri con diversi stakeholder per presentare le novità contenute nel nuovo documento. Ufficialmente lo IASB ha dichiarato che si aspetta di pubblicare il nuovo standard entro la fine del 2016. Attualmente il Board è impegnato anche in altri progetti, che sono in una fase meno avanzata nella stesura dei principi contabili. I Discussion paper che il Board ha pubblicato già da qualche tempo e che sono disponibili sul sito dello IASB (2) sono: • Financial Instruments: Accounting for Dynamic Risk Management: a Portfolio Revaluation Approach to Macro Hedging; • Rate-regulated Activities: Rate Regulation; • Principles of Disclosure. Nota: (2) Cfr. www.ifrs.org. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Crisi d’impresa di Raffaella Argenzio (*) Lo scritto affronta, prendendo le mosse da un studio pubblicato dal Consiglio Nazionale del Notariato, il tema dei rapporti tra l’accertamento della causa di scioglimento per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale e lo stato di crisi della società ed, in particolare, se le difficoltà economiche, più o meno gravi, in cui versi la società, possano integrare un’ipotesi di impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale rilevante ai fini della configurabilità della causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1, n. 2, c.c. Accertamento delle cause di scioglimento: atto prodromico alla messa in liquidazione e alla cancellazione delle società di capitali La cancellazione delle società di capitali costituisce l’atto finale del procedimento di liquidazione. Ai sensi dell’art. 2495 c.c., approvato il bilancio finale di liquidazione, gli amministratori devono richiedere al Registro delle Imprese la cancellazione della società. Prodromico alla cancellazione è lo svolgimento della fase di liquidazione, la quale, a sua volta, è preceduta dallo scioglimento della società, in presenza di una delle ipotesi indicate dall’art. 2484 c.c. L’accertamento della sussistenza di una causa di scioglimento è demandata all’organo amministrativo, il quale, ai sensi dell’art. 2485 c.c., deve senza indugio prenderne atto ed iscrivere presso il Registro delle Imprese la relativa dichiarazione (1). La violazione di tale obbligo, da parte degli amministratori, ne determina responsabilità solidale e personale verso i soci, i creditori ed i terzi. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale quale causa di scioglimento Tra le cause di scioglimento delle società di capitali, così come delle società di persone, è previsto il conseguimento o la sopravvenuta l’impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale (2). È stata di recente oggetto di attenzione la questione della configurabilità dello stato di crisi Note: (*) Avvocato in Napoli - Studio Astolfo Di Amato e Ass.ti (1) L’obbligo di accertamento della causa di scioglimento è escluso solo nell’ipotesi prevista dal n. 6 dell’art. 2484, comma 1, c.c., laddove prevede la deliberazione assembleare quale causa di scioglimento. In tal caso non vi è un obbligo di accertamento, ma esclusivamente quello di deposito della deliberazione assembleare presso il Registro delle Imprese. (2) In particolare, l’art. 2484, comma 1, prevede che le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono: (…); 2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, all’uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie. Analoga previsione è prevista per le società di persone dall’art. 2. Analoga previsione è prevista per le società di persone dall’art. 2272 c.c. 49 Aspetti societari Società di capitali: stato di crisi e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Crisi d’impresa Aspetti societari economica, in cui versi una società, quale impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, con l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 2484 c.c. e, dunque, sulla legittimità della cancellazione della società disposta proprio in ragione della sussistenza di una delibera che accerti, quale causa di scioglimento la crisi dell’ente, lo stato di crisi (3). Per affrontare la questione occorre prendere le mosse da una disamina della causa di scioglimento prevista dall’art. 2482 c.c., la quale fa espresso riferimento alla nozione di “oggetto sociale”, onde verificare se lo stato di crisi, da intendersi comprensivo anche dello stato di insolvenza, possa costituire il presupposto per l’accertamento della causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1, n. 2 c.c. Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti tale causa di scioglimento si riferisce a quelle ipotesi in cui vi sia un’impossibilità irreversibile di prosecuzione dell’attività, individuata attraverso la definizione, contenuta nell’atto costitutivo, dell’oggetto sociale: l’impossibilità deve essere cagionata da un evento che abbia un’incidenza tale sulla gestione dell’impresa da essere idonea a rendere obiettivamente non più conveniente la continuazione dell’attività sociale e conseguentemente inutile e improduttiva la permanenza del vincolo sociale. L’oggetto sociale, quindi, va identificato nell’attività svolta dalla società e distinto dallo scopo di lucro, ovvero dallo scopo della produzione degli utili che è tipico delle società commerciali. I repertori di giurisprudenza, invero, non forniscono una casistica nutrita in merito al verificarsi della causa di scioglimento costituita dall’impossibilità di perseguimento dell’oggetto sociale. Tra le ipotesi possibili, si pensi ad esempio alla revoca in via definitiva di una concessione amministrativa necessaria per lo svolgimento dell’attività, al caso in cui venga dichiarato fuori legge l’unico materiale utilizzato per la produzione di beni. Viene osservato che nell’ipotesi in cui l’oggetto sociale indicato nell’atto costitutivo sia generico o costituito da molteplici attività, la possibilità che possa verificarsi la causa di scioglimento in discorso è piuttosto difficile, in quanto l’impossibilità dovrebbe riguardare tutte le varie attività contemplate quale oggetto 50 sociale nello statuto. È stato, tuttavia, affermato che anche nel caso in cui lo statuto contenga, come spesso accade, una descrizione dell’oggetto sociale particolarmente ampia, la circostanza che la società abbia sempre svolto un’unica attività, tra quelle indicate, possa essere interpretata come rinuncia implicita a svolgere le altre attività e che, dunque, il verificarsi di una circostanza di fatto o di un impedimento di tipo giuridico in relazione all’attività effettivamente svolta, possa costituire causa di scioglimento (4). Si deve trattare, in ogni caso, di cause (materiali o giuridiche) che in modo assoluto, irreversibile e definitivo, impediscano la prosecuzione dell’attività volta al perseguimento dell’oggetto sociale ed il permanere del vincolo societario (5). Solo in presenza di tali presupposti, quindi, vi è l’obbligo, da parte dell’organo amministrativo, di convocare l’assemblea allo scopo di deliberare le opportune modifiche statutarie e la conseguente messa in liquidazione. Obblighi degli amministratori in presenza della causa di scioglimento Come rilevato, in presenza della causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1 n. 2, c.c. gli amministratori devono, preliminarmente, convocare l’assemblea affinché la stessa sia messa in grado di adottare, se del caso, le opportune modifiche statutarie. La causa di scioglimento, quindi, è integrata soltanto quando, a seguito della convocazione dell’assemblea, la stessa non abbia adottato le Note: (3) Il riferimento è allo studio n. 237-2014/I del Consiglio Nazionale del Notariato, “In tema di impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale e scioglimento delle società di capitali”, in www.notariato.it, il quale esclude, in tutti i casi, che lo stato di crisi possa integrare, di per sé, la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1, n. 2, c.c., facendone conseguire la illegittimità della dichiarazione eventualmente adottata dagli amministratori e la loro conseguente responsabilità. (4) In tal senso, G. Tarantino, “Scioglimento della società: inattività dell’assemblea e impossibilità di perseguire l’oggetto sociale”, in Le Società, n. 4/2012, pag. 387. (5) In dottrina, per tutti, G. Campobasso, Diritto commerciale, Diritto delle società, 2012, 549. In giurisprudenza, Cass. civ., 15 luglio 1996, n. 6410, in Giur.it., 1996, I, 1, pag. 1432; Cass. civ., 6 aprile 1991, n. 3602, in Giur. it., 1992, I, 1, pag. 748; Trib. Napoli, 25 maggio 2011, in Le Società, n. 4/2012. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. opportune modifiche statutarie che rimuovano l’impossibilità di proseguire l’attività sociale. Solo dove l’assemblea non deliberi in tal senso, quindi, potrà dirsi verificata la causa di scioglimento e sorto l’obbligo dell’organo amministrativo di accertarla “senza indugio” e provvedere all’iscrizione presso il Registro delle Imprese della relativa dichiarazione. Nel caso di mancato adempimento dell’obbligo di accertare la causa di scioglimento, ai sensi dell’art. 2485, comma 2 c.c., è previsto che i soci o i sindaci possano fare istanza al Tribunale affinché adotti un provvedimento che accerti la causa di scioglimento, provvedimento che fa le veci della dichiarazione degli amministratori inerti (6). Stato di crisi e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale Se si accoglie la nozione di oggetto sociale come sinonimo di attività programmata e svolta dall’ente è evidente che l’impossibilità economica (che si concretizzi in un mero stato di crisi o nel più grave stato di insolvenza) non può essere equiparata, di per sé, ad una impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale. Difatti, viene correttamente messo in evidenza che anche una società in crisi o addirittura insolvente può continuare in concreto ad esercitare la propria attività tipica. L’impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, secondo questa impostazione, è piuttosto una impossibilità materiale (di fatto o giuridica) a proseguire nel perseguimento dell’attività che costituisce l’oggetto sociale, ma non una impossibilità economica. È anche vero, tuttavia, che lo stato di crisi, quando diventa irreversibile, traducendosi in una carenza assoluta di adeguati mezzi finanziari tali da consentire di proseguire l’attività, può assumere caratteri tali da essere impeditiva, da un punto di vista materiale, della prosecuzione dell’attività che costituisce l’oggetto sociale. In altri termini, non sembra del tutto azzardato affermare che anche una crisi economica, che assuma quei caratteri di assolutezza, definitività ed irreversibilità che si ritengono dover connotare la causa di scioglimento prevista dal n. 2 dell’art. 2484 c.c., possa essere Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 posta a fondamento dello scioglimento, e conseguente messa in liquidazione, della società. Tale orientamento sembrerebbe coerente con la circostanza che la messa in liquidazione, a seguito della riforma del 2003, non è più irreversibile, ma può essere revocata ai sensi dell’art. 2487-ter c.c., non rappresentando, quindi, una via di estinzione della società dalla quale non è possibile tornare indietro. In tale contesto, in presenza di una crisi economica tale da far venir meno la c.d. continuità aziendale, potrebbe essere doveroso per gli amministratori applicare con rigore l’art. 2485 c.c. e procedere all’accertamento della causa di scioglimento costituita dall’impossibilità di perseguire l’oggetto sociale, in tal modo dando notizia ai terzi ed al mercato in generale della situazione patologica in cui versa la società (7). Affermare, quindi, in maniera definitiva che lo stato di crisi non possa mai essere un impedimento, di tipo materiale, al conseguimento dell’oggetto sociale, non sembra esente da dubbi. Di contro, va osservato che il dato testuale sembra confermare la tesi più rigorosa, che esclude lo stato di crisi dal novero delle circostanze che impediscono il perseguimento dell’oggetto sociale. Il fatto che l’art. 2484, comma 2 preveda, quale elemento impeditivo del verificarsi della causa di scioglimento, la circostanza che l’assemblea, all’uopo convocata, non abbia deliberato le “opportune modifiche statutarie”, lascia intendere che l’evento impeditivo della prosecuzione dell’attività che costituisce l’oggetto sociale debba poter essere rimosso solo attraverso una modifica statutaria. Con la conseguenza che tutti gli eventi che riguardino aspetti finanziari non dovrebbero poter essere ricompresi nell’ipotesi prevista dal n. 2 dell’art. 2484 c.c., trattandosi, in ogni caso, di impedimenti che possono essere, quantomeno teoricamente, rimossi attraverso Note: (6) Per quanto riguarda i sindaci, è più corretto ritenere che, in caso di inerzia degli amministratori, incomba agli stessi un vero e proprio obbligo, una volta rilevata la sussistenza della causa di scioglimento e sollecitato l’organo amministrativo a porre in essere i relativi adempimenti, di richiedere l’accertamento giudiziale del verificarsi della causa di scioglimento. (7) G. Racugno, “Venir meno della continuità aziendale e adempimenti pubblicitari”, in Giur. comm., 2010, I, pag. 224. 51 Aspetti societari Crisi d’impresa Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Crisi d’impresa provvedimenti che non necessariamente richiedono una modifica statutaria (8). Conseguenze dell’iscrizione presso il Registro delle Imprese di cause di scioglimento non sussistenti Aspetti societari Alla luce di quanto sin qui evidenziato, emergono quantomeno forti dubbi sulla legittimità dell’iscrizione presso il Registro delle Imprese di una dichiarazione ai sensi dell’art. 2484, comma 1 n. 2 e 2485 c.c. che si fondi sullo stato di crisi della società (9). Occorre, quindi, domandarsi quali siano le conseguenze in tali ipotesi e se, in particolare, il Conservatore del Registro delle Imprese sia legittimato a rifiutare la relativa iscrizione. Ai sensi dell’art. 2189, comma 2, c.c. “prima di procedere all’iscrizione, l’Ufficio del registro deve accertare l’autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione”. Si ritiene che il controllo del Conservatore non sia di tipo sostanziale, ma limitato ad un mero controllo di legalità concernente la documentazione allegata alla domanda di iscrizione. Il Conservatore, quindi, dovrà limitarsi a verificare che, nel caso di cui all’art. 2484, comma 1, n. 2, vi sia stata la convocazione assembleare prevista dalla predetta norma e che l’assemblea non abbia adottato le opportune modifiche statutarie. Inoltre, si deve ritenere che il controllo del Conservatore debba riguardare anche il raffronto tra quanto accertato dagli amministratori nella dichiarazione ai sensi dell’art. 2485 c.c. e quanto previsto in sede statuaria in riferimento all’oggetto sociale. Il Conservatore, quindi, potrà rifiutare l’iscrizione allorquando da tale raffronto emerga in maniera lampante l’incompatibilità tra il verificarsi della causa di scioglimento e le previsioni statutarie, ad esempio nel caso di oggetto sociale generico (10). Trattandosi di un controllo di tipo formale, è ipotizzabile che, nonostante l’intermediazione del Conservatore, possa trovare concreta pubblicazione, mediante iscrizione nel Registro delle Imprese, una causa di scioglimento per impossibilità dell’oggetto sociale motivata con la crisi della società, con l’apertura di una fase di liquidazione fondata su un presupposto illegittimo, che si concluda con la cancellazione della società. 52 In tale ipotesi, se si accetta la tesi più rigorosa, della illegittimità di una simile iscrizione, ferma restando la responsabilità degli amministratori per l’abusivo accertamento della causa di scioglimento, occorre domandarsi quali siano i rimedi a disposizione dei soci e dei terzi che dissentano rispetto a tale iscrizione. Nel caso in cui il procedimento di liquidazione non si sia ancora concluso, è ipotizzabile il ricorso al giudice del Registro, ai sensi dell’art. 2191 c.c. avverso l’iscrizione della dichiarazione di accertamento della causa di scioglimento. Analogamente, nel caso in cui il procedimento di liquidazione si sia già concluso e sia stata disposta la cancellazione della società, sembra possibile il ricorso al giudice del Registro per ottenere la “cancellazione della cancellazione”, essendo la stessa fondata su presupposti illegittimi. Note: (8) D. Mari, “Perdita di continuità aziendale e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale: i doveri dell’organo giratorio”, in Riv. Not., n. 3/2014, pag. 487. (9) Lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato, che come si è detto, conclude in maniera decisa per la illegittimità di una dichiarazione di accertamento della causa di scioglimento per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale nel caso di risi della società, afferma anche, contrariamente a quanto ipotizzato in dottrina, che la dichiarazione in questione, se preceduta dalla convocazione assembleare, possa essere “salvata” considerandola quale una implicita deliberazione di scioglimento ai sensi del n. 6 dell’art. 2484 c.c. (10) Così, lo Studio n. 237-2014/I del Consiglio Nazionale del Notariato, cit., pag. 12. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Organi sociali Revoca senza giusta causa dell’amministratore delegato La sentenza in commento sancisce un principio di diritto in virtù del quale anche la revoca dell’amministratore delegato deve essere assistita da giusta causa. In assenza, il revocato ha diritto al risarcimento del danno, e ciò anche in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c., dettato in materia di revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea. Premessa Con sentenza n. 7587 del 15 aprile 2016, la Corte di cassazione ha statuito il seguente principio di diritto: “In tema di società di capitali, la revoca della delega all’amministratore delegato, decisa dal Consiglio di Amministrazione, deve essere assistita da ‘giusta causa’, anche in applicazione analogica dell’art. 2383 c.c., comma 3, sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti”. Con la decisione commentata viene cassata la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Bergamo, aveva respinto tutte le domande proposte dall’amministratore delegato di una s.c.a.r.l. (si ritiene si trattasse di una società cooperativa a responsabilità limitata, e non di una società consortile a responsabilità limitata) al quale le deleghe, comprensive del potere di rappresentanza e di firma sociale, erano state revocate dal Consiglio di Amministrazione “sulla base di dissonanze intervenute tra il medesimo e la restante parte del Consiglio di Amministrazione della società”. Si apprende dalla stessa sentenza (non avendo rinvenuto il testo delle decisioni di primo e secondo grado) che i giudici di secondo grado avevano “accolto l’appello della società sulla base della considerazione che il potere fiduciario che unisce, e deve unire, il Consiglio di Amministrazione al singolo amministratore, a cui sono conferiti i poteri delegati, sarebbe tale da giustificare anche quello di revocare ‘in qualsiasi momento’ (nel che si può individuare un regime parallelo a quello della revoca Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 assembleare) senza che (e qui sta la differenza) ne scaturiscano pretese al risarcimento, se ciò sia avvenuto senza giusta causa”. A detta, invece, dei giudici ermellini “contrariamente a quanto opina la Corte distrettuale .... l’unica disposizione positiva che viene in considerazione è proprio l’art. 2383, c.c., comma 3” e “vi è - tra i due casi [di revoca assembleare e di revoca della delega, N.d.R.] quella identità di ratio che, in difetto di una disciplina positiva, giustifica il ricorso analogico alla disposizione richiamata, con il ricorso alla previsione astratta ... della risarcibilità del danno, anche in caso di revoca della delega (non solo della qualità di amministratore) in difetto di ‘giusta causa’”. Fa specie notare come la Suprema Corte, ancorché la questione sub iudice non riguardasse una società per azioni ma una s.c.a.r.l., abbia fatto riferimento ad una disposizione invero dettata in materia di società per azioni, senza in alcun modo affrontare la questione (preliminare) dell’applicabilità dell’art. 2383, comma 3, c.c., alle società a responsabilità limitata. La revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea: conseguenze dell’assenza di giusta causa È opportuno premettere che, ai sensi dell’art. 2383, comma 3, c.c. la revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea deve essere sorretta da una giusta causa, pena Note: (*) Avvocato - Partner, Legalitax Studio Legale e Tributario (**) Avvocato - Associate, Legalitax Studio Legale e Tributario 53 Aspetti societari di Andrea Rescigno (*) e Chiara Petrelli (**) Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Organi sociali Aspetti societari il diritto dell’amministratore revocato al risarcimento del danno. La giusta causa può riguardare elementi di natura soggettiva od oggettiva, invero “la giusta causa che giustifica la revoca dell’amministratore può essere sia soggettiva, sia oggettiva, e cioè consistere anche in situazioni estranee alla persona dell’amministratore, non riconducibili a condotte di quest’ultimo, che siano tali da impedire la prosecuzione del rapporto” (1). In particolare, la revoca dell’assemblea è legittima quando deriva da fatti integranti inadempimento ed anche da fatti e circostanze estranee all’amministratore “ma richiede pur sempre un quid pluris, rispetto al mero dissenso alla radice di ogni recesso ad nutum, ossia esige situazioni sopravvenute (provocate o meno dall’amministratore stesso) che minino il pactum fiduciae, elidendo l’affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e le capacità dell’organo di gestione” (2). In particolare, per quanto riguarda i motivi di natura soggettiva, si fa normalmente riferimento a casi in cui l’amministratore si sia reso responsabile della violazione degli obblighi di diligenza o a casi di contrarietà alla legge o all’atto costitutivo (3). È stata, ad esempio, riconosciuta la sussistenza di giusta causa di revoca in presenza di irregolarità, dei bilanci della società, riconducibili all’amministratore (4). Un’ipotesi di revoca per giusta causa è quella tipizzata dall’art. 2390, comma 2, c.c., che prevede la revoca dell’amministratore che eserciti un’attività concorrente con quella esercitata dalla società per conto proprio o di terzi in violazione del divieto di concorrenza. Tra le cause oggettive di giusta causa di revoca, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che “possono integrare una giusta causa di revoca anche eventi estranei all’amministratore, diversi da comportamenti non corretti e non espressivi della negligenza di quest’ultimo, sicché essa non può essere identificata con l’inadempimento e neanche è condizionata dal dolo o dalla colpa del medesimo” (5). Si tratta invero di fatti sopravvenuti alla costituzione del rapporto di amministrazione che “operano dall’esterno sulle vicende negoziali dello stesso incidendo sul rapporto fiduciario che deve sussistere tra le parti. Occorre peraltro che gli elementi intrinseci sopravvenuti incidano sull’apporto effettivo che il socio 54 può concretamente attendersi dall’amministratore, in modo tale da poter fondatamente ritenere che siano venuti meno in capo allo stesso quei requisiti di avvedutezza, capacità e diligenza di tipo professionale che dovrebbero sempre contraddistinguere l’amministratore di una società di capitali” (6). In applicazione di tali principi di diritto, la giurisprudenza di merito e di legittimità è unanime nel ritenere che non costituiscono giusta causa di revoca ad esempio “il dissenso espresso” o “dissenso manifestato” nei confronti di decisioni gestionali dei soci (7). Né ricorre giusta causa allorché la revoca dell’amministratore sia dovuta a motivi di “convenienza economica” (8). In caso di revoca senza giusta causa, ai sensi dell’art. 2383, comma 3, c.c., l’amministratore revocato ha diritto al risarcimento del danno, ferma restando la validità ed l’efficacia della revoca. Il danno risarcibile è parametrato al guadagno che l’amministratore revocato avrebbe percepito fino alla naturale scadenza dell’incarico (9). Note: (1) Cass. civ., Sez. I, 12 settembre 2008, n. 23557, in www.pluriscedam.utetgiuridica.it. (2) Cass. civ., Sez. I, 12 settembre 2008, n. 23557, cit. Cass. civ., Sez. I, 12 settembre 2008, n. 23557, cit. In senso conforme, Cass. civ., Sez. I, 5 agosto 2005, n. 16526, in www. pluris-cedam.utetgiuridica.it; Cass. civ., Sez. Lavoro, 7 agosto 2004, n. 15322, in www.pluris-cedam.utetgiuridica.it; Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 1998, n. 11801, in www.pluriscedam.utetgiuridica.it. In dottrina, F. Bonelli, Gli amministratori di S.p.A. (dopo la riforma delle Società), Giuffrè, 2004, pag. 98. (3) Cass. civ, 17 gennaio 1956, n. 103, in Foro it. Mass., I, 1, 1956, col. 18. (4) Trib. Napoli, 9 gennaio 2002, in Le Società, n. 10/2002, pag. 1274 ss., con nota di A. Figone. (5) Cass. civ., Sez. I, 12 settembre 2008, n. 23557, cit. (6) Cass. civ., Sez. I, 5 agosto 2005, n. 16526, cit.; Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 1998, n. 11801, cit. In dottrina, M. Cupido, in Le Società, op. cit. (7) Cass. civ., Sez. I, 5 agosto 2008, n. 16526, cit.; Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 1998, n. 11801, cit. In giurisprudenza di merito, Trib. Napoli, 21 maggio 2001, in Le Società, n. 8/2001, pag. 951 ss. (8) Cass. civ., Sez. I, 12 settembre 2008, n. 23557, in www.pluriscedam.utetgiuridica.it.; Cass. civ., 2 novembre 1957, n. 4240. (9) Cass. civ., Sez. I, 12 settembre 2008, n. 23557, cit.; Cass. civ., Sez. I, 7 maggio 2002, n. 6526, in www.pluris-cedam.utetgiuridica.it. Tribunale di Bologna, 6 agosto 2015, in www.pluriscedam.utetgiuridica.it. Tribunale di Napoli, 21 maggio 2001, cit. In Dottrina, Bonelli, op. cit., pag. 99; Cottino, Trattato di diritto commerciale, CEDAM, 2010, pag. 596. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. I diversi orientamenti sulla revoca delle deleghe da parte del Consiglio di Amministrazione Come ricordato nella stessa sentenza in commento, il nostro ordinamento non contiene alcuna disposizione positiva che riguardi l’ipotesi di revoca delle delega all’amministratore delegato da parte del Consiglio di Amministrazione. Il caso non è scolastico, dal momento che la permanenza in carica dell’amministratore delegato può assumere rilievo a sé nella dinamica di una società di capitali. Può infatti accadere che, per dissonanza all’interno dell’organo amministrativo collegiale, il Consiglio di Amministrazione decida di revocare le deleghe conferite ad un consigliere, e che cionondimeno quest’ultimo rimanga in carica come componente del Consiglio. È opportuno rammentare che, ai sensi dell’art. 2381, comma 2, c.c., se lo statuto o l’assemblea lo consentono, il Consiglio di Amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo o ad uno o più dei suoi componenti. Il successivo comma precisa poi che il Consiglio di Amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega. Ora, la decisione di “avvalersi dello strumento della delega (previo, naturalmente il consenso dei soci espresso in sede statutaria o assembleare) costituisce una facoltà discrezionale del consiglio” (10). La facoltà di revoca spetta pertanto al Consiglio di Amministrazione (11), ma, come giustamente rileva Bonelli (12) “lo stesso risultato può essere conseguito dall’assemblea, attraverso l’eliminazione del consenso dei soci alla delega ... oppure revocando dalla carica di amministratore il membro del consiglio investito delle attribuzioni delegate”. Il Consiglio di Amministrazione, poi, stabilisce “la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche”, come previsto dall’art. 2389, comma 3, c.c. Assume pertanto rilievo anche economico la questione relativa alla revoca della delega. La cessazione della delega avrà infatti come corollario abituale il venir meno del diritto, da parte del delegato, a percepire la remunerazione eventualmente collegata all’esercizio della delega. Si tratta, quindi, di stabilire se una revoca delle deleghe senza giusta causa sia ammissibile e Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 se, in assenza di giusta causa, il revocato abbia diritto o meno al risarcimento del danno. La sentenza in esame si è espressa a favore del riconoscimento del diritto del revocato al risarcimento del danno, in difetto di giusta causa di revoca, e quindi, implicitamente, ha riconosciuto la revocabilità delle deleghe anche in assenza di giusta causa. La stessa sentenza, dopo aver precisato che la riforma del diritto societario non ha introdotto alcun “nuovo dato normativo”, ha però richiamato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale e dottrinale riguardo alle conseguenze della mancanza di una giusta causa di revoca. Ed infatti “anche la revoca da parte del consiglio del delegato, se deliberata in assenza di giusta causa, importa il diritto di quest’ultimo al risarcimento dei danni eventualmente subiti” secondo Cagnasso (13), il quale però precisa che ciò non sarebbe tanto in virtù di applicazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c., problema questo che “assume scarso rilievo”, quanto piuttosto perché è “ammessa l’applicabilità all’ipotesi in esame del disposto contenuto nell’art. 1725 c.c.”. L’art. 1725 c.c. prevede infatti che “la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa”. In senso favorevole al diritto del consigliere delegato di ottenere il risarcimento del danno in assenza di giusta causa di revoca si segnalano le sentenze del Tribunale di Milano del 14 febbraio 2004 (14) e del 12 maggio 2010. Quest’ultima sentenza, in particolare, richiama l’art. 2383, comma 3, c.c., precisando che si tratta di “norma che si pone in sintonia con la regola relativa al mandato oneroso”. I giudici del capoluogo lombardo aggiungono che “salvo che la delega sia stata conferita per un tempo minore, la durata di essa debba coincidere con Note: (10) O. Cagnasso, “La delega di potere amministrativo”, in Colombo Portale (a cura di), Trattato delle Società per Azioni, vol. 4, 1991, pag. 313. (11) O. Cagnasso, op. cit. pag. 314. (12) F. Bonelli, op. cit., pag. 46. (13) O. Cagnasso, op. cit. pag. 315. (14) In Giur. it., 2004, pag. 1209 ss. 55 Aspetti societari Organi sociali Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Organi sociali Aspetti societari la durata della permanenza in carica del delegato come amministratore” evidenziando che “siffatta soluzione non solo appare corretta dal punto di vista tecnico-giuridico, ma vale anche a realizzare un contemperamento equilibrato tra interessi contrapposti ... Da un lato è così rispettato il diritto del delegante di sciogliersi dal vincolo che lo lega al soggetto verso il quale ha perso fiducia; dall’altro si tutela anche il diritto dell’amministratore delegato ad essere risarcito per l’interruzione della continuità della delega, se dovuta a un fatto a lui non imputabile”. Di diverso orientamento è apparso Bonelli (15) e, in giurisprudenza, tra le decisioni più recenti, quella del Tribunale di Napoli del 9 gennaio 2002 (già citata in precedenza) (16), ove si legge che “La delibera con cui il Consiglio di Amministrazione revoca i poteri conferiti ad uno degli amministratori costituisce atto di organizzazione insindacabile, sicché non può riconoscersi alcun risarcimento, ove detta revoca sia priva di giusta causa”. Il Tribunale campano si era peraltro premurato di evidenziare che, nel caso di specie, sussisteva comunque una giusta causa di revoca “in relazione all’irregolarità dei bilanci” accertata in corso di causa. Va segnalata, infine, una “terza via”, espressa in particolare da Borgioli (17), per il quale “quando la revoca della delega avvenga insieme o in dipendenza della revoca della carica di amministratore è la disciplina di quest’ultimo rapporto [i.e., l’art. 2383, comma 3, c. c., N.d.R.] che dovrà applicarsi”, mentre allorché “venga revocata la sola delega, non sarà dovuto, in via di principio, alcun risarcimento, salvo che alla delega sia stato apposto un termine autonomo, ipotesi nella quale essa assumerà il carattere di rapporto a tempo determinato. In tal caso, la revoca anticipata, se priva di giusta causa, importerà anche il ristoro dei danni” (18). Conclusioni alla base dell’art. 2383, comma 3, c.c., che “detta una norma che afferma un rilevante principio, quello dell’esistenza non già di un potere illimitato dell’assemblea, ma di una facoltà discrezionale e controllata, che è limitata ... solo in considerazione del rispetto della posizione sociale ed economica dell’amministratore di società. Ossia in ragione della dignità e del sacrificio economico imposto alle persone che rivestono la carica amministrativa e che, in ragione dell’atto di revoca, vedono sacrificata, in misura più o meno ampia, la propria posizione” e ciò “tanto più quando ... [le] deleghe [oggetto di revoca, N.d.R.] comportino un’attività amministrativa a termine, impegnativa e remunerata, suscettibile di valutazioni e considerazioni professionali in un ambito riconducibile al mercato dei manager”. Così identificata la ratio, la Cassazione ritiene quindi che vi sia identità di ratio che giustifica il ricorso analogico all’art. 2383, comma 3, c.c. non avendo “valore il ragionamento svolto in alcune decisioni di merito, volte a sottolineare ... le diversità esistenti” tra le due fattispecie (revoca dell’amministratore e revoca delle deleghe). La sentenza in commento, dopo aver precisato che la sussistenza della “giusta causa” deve essere valutata in concreto dal giudice di merito, non interviene però sulla definizione di un concetto, qual è quello di “giusta causa”, invero particolarmente rilevante ai fini dell’applicazione della normativa sulla quale è stato espresso il principio di diritto. In assenza di diverse indicazioni, si deve ritenere che a tali fini non si possa che fare riferimento al concetto di “giusta causa” elaborato in sede di interpretazione dell’art. 2383, comma 3, c.c. e dell’art. 1725 c.c., anche in considerazione dell’inciso “anche in applicazione analogica dell’art. 2383 c.c., comma 3 “ contenuto nel principio di diritto enunciato dai giudici di legittimità nella decisione qui commentata. Come già accennato in premessa, con la sentenza n. 7587 del 15 aprile 2016 la Suprema Corte ha sancito un principio di diritto che dovrebbe risolvere il contrasto illustrato nelle pagine precedenti. Oltre a detto principio di diritto, la sentenza de qua contiene anche un’analisi della ratio posta Note: (15) F. Bonelli, Gli amministratori di società per azioni, 1985, pag. 50. (16) Vedi nota 5. (17) Borgioli, L’amministrazione delegata, Firenze, 1982, pag. 147 ss. (18) Borgioli, op. cit., pag. 148. 56 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo Comprensione e rappresentazione del ciclo attivo di Federica Cordova (*) Revisione&controllo I revisori generalmente dividono il sistema informativo aziendale in cicli di operazioni ottenendo, in questo modo, evidenza circa l’elaborazione delle operazioni relative ai singoli cicli dal momento in cui le stesse hanno origine a quello in cui avviene la registrazione contabile a libro giornale. Il ciclo attivo, in particolare, comprende tutte le operazioni di cessioni di beni e servizi prodotti/erogati dall’impresa, nonché i correlati movimenti finanziari ad esse riconducibili. Il ruolo del ciclo attivo in un’azienda industriale/commerciale o di servizi è di primaria importanza, proprio perché è l’area che genera le risorse e consente il raggiungimento degli obiettivi aziendali. L’articolo sintetizza le principali fasi del lavoro di revisione da svolgere sul ciclo dei ricavi. Il ciclo delle vendite: una visione di insieme Attraverso il ciclo attivo o ciclo delle vendite vengono elaborate tre tipologie classiche di operazioni: • vendita di beni o erogazioni di servizi in cambio di un corrispettivo; • incasso di moneta dal cliente come pagamento dei beni o dei servizi; • resi di merci da parte del cliente in cambio di moneta o di credito. Il ciclo attivo comprende sia l’area dei ricavi e dei crediti commerciali, sia l’area che genera ricavi dalle gestioni accessorie ed i relativi crediti. Questo ciclo può assumere un ruolo chiave nell’espressione del giudizio sul bilancio del revisore sia perché comprende un significativo numero di operazioni e transazioni, sia perché generalmente rappresenta una parte rilevante del patrimonio aziendale. Il primo passo dunque da compiere nella revisione del ciclo attivo è l’individuazione delle principali classi di transazioni che generano conti significativi. I conti tipici del ciclo dei “ricavi commerciali” e dei relativi “crediti” sono: • per il Conto Economico: - ricavi per vendite di beni; - ricavi per prestazioni di servizi; - abbuoni passivi e sconti; 58 - resi su vendite; - premi su vendite; - accantonamenti per rischi: svalutazione crediti; - accantonamenti per rischi: resi su vendite; - accantonamenti fondi rischi e spese: premi a clienti; per lo Stato Patrimoniale: • - crediti verso clienti; - altri crediti commerciali; - beni in viaggio; - fondi rischi e spese (premi, contenziosi e claim ....); - crediti verso controllate per crediti commerciali; - ricevute bancarie, cambiali attive e altri diritti all’incasso. Le transazioni tipiche del ciclo delle vendite Il ciclo dei ricavi e dei crediti commerciali comprende tutte le operazioni che riguardano Nota: (*) Dottore commercialista e revisore contabile Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo Ricevimento dell’ordine di acquisto del cliente L’ordine d’acquisto del cliente contiene i dettagli della tipologia e della quantità di prodotti o servizi ordinati dal cliente. Gli ordini dei clienti possono essere predisposti e consegnati da un addetto alle vendite, inviati per posta o per fax, o anche essere ricevuti tramite internet. Spesso la fase di inserimento dell’ordine, specie se si tratta di un nuovo cliente, viene anticipata da una procedura formalizzata per determinare se il cliente è meritevole di credito. La stessa procedura viene di solito utilizzata per stabilire i limiti di credito accessibili al cliente stesso. L’ammontare del limite di credito viene in genere documentato sul modulo c.d. di autorizzazione di credito. Spedizione dei beni o erogazione del servizio Ogniqualvolta le merci sono inviate al cliente, deve essere predisposto un documento di trasporto che funge da documento di carico/ scarico e contiene informazioni sul tipo e Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 sulla quantità di merce spedita. In alcuni sistemi di vendita, il documento di trasporto e il documento di carico/scarico sono materialmente distinti e una copia del documento di trasporto è inviata al cliente, mentre un’altra è utilizzata per attivare il processo di fatturazione. Emissione della fattura La fattura di vendita è generalmente la fonte documentale che autorizza il riconoscimento del ricavo in contabilità. Una volta che la fattura è stata emessa, la vendita deve essere contabilizzata. Si usa il registro vendite per registrare le informazioni utili alla transazione avvenuta e si alimenta allo stesso tempo sia il Conto Economico nella voce ricavi, che il partitario dei clienti che contiene un conto, dettagliato per operazione e per ciascun cliente. Scadenziario clienti e incasso della fattura Questo documento, normalmente predisposto su base mensile, raccoglie tutti i saldi clienti contenuti nel partitario. I saldi sono elencati per categorie (come ad esempio a scadere, scaduti da oltre 90 gg., scaduti da oltre 120 gg. e via dicendo) in base al numero di giorni trascorsi dalla data di pagamento riportata in genere in fattura. Lo scadenzario clienti è uno strumento utilissimo per monitorare gli incassi dei clienti assicurandosi allo stesso tempo che i dettagli del partitario quadrino con l’importo totale del mastro clienti. L’analisi dello scadenziario clienti è, normalmente, la base del lavoro di sostanza svolto dal revisore sul saldo clienti ed sugli incassi. Lo schema proposto nella Tavola 1 riepiloga le funzioni che normalmente compongono un tipico ciclo vendite (1). Stima del rischio inerente sul ciclo vendite Come primo approccio di analisi del ciclo vendite, il revisore dovrebbe considerare i fattori, connessi al rischio inerente, che potrebbero influenzare sia le operazioni di vendita e di incasso, sia i conti coinvolti in queste Nota: (1) Le informazioni sono riepilogate con la tecnica di flow chart o diagramma di flusso. 59 Revisione&controllo i rapporti con i clienti e pertanto coinvolge anche il reparto commerciale dell’impresa. Le principali fasi e le transazioni che caratterizzano il ciclo attivo sono le seguenti: 1) ricerca del cliente e contatto del cliente, inclusa autorizzazione al credito; 2) ordine del cliente; 3) evasione dell’ordine e spedizione della merce o erogazione del servizio; 4) fatturazione; 5) eventuali resi; 6) incasso/solleciti. Normalmente queste fasi sono disciplinate da procedure amministrative che consentono di monitorare e soprattutto mantenere traccia delle operazioni effettuate allo scopo di salvaguardare il patrimonio aziendale, consentire la rilevazione contabile delle operazioni connesse alle varie fasi del ciclo, gestire il processo in modo ordinato e automatico ed infine, evitare errori o frodi. I principali sotto-processi di base in cui il ciclo attivo si compone sono: • il ricevimento dell’ordine; • la spedizione dei beni o l’erogazione del servizio; • l’emissione della fattura; • la sua contabilizzazione e la gestione dell’incasso. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo Tavola 1 - Flow chart ciclo delle vendite Flow chart di processo Revisione&controllo Ufficio commerciale Ricevimento e ordini di acquisto Ricevimento e processamento ordini Gli ordini pervengono in azienda attraverso diversi mezzi: e-mail, fax o EDI, mezzo posta o al telefono o attraverso la rete commerciale. Il mezzo di trasmissione può dipendere dal tipo di prodotto e dello stabilimento a cui l’ordine è destinato. La Logistica prende in carico gli ordini inseriti e processati nel sistema informativo aziendale mediante apposito software di gestione dall’ufficio commerciale allo scopo di pianificare la spedizione della merce e organizzare la produzione. Ufficio commerciale / Amministrazione Approvazione crediti Approvazione del credito Nel caso di ordini con regolamento differito l’ufficio commerciale esegue un controllo di solvibilità del cliente. A tale scopo la società effettua delle analisi di solvibilità (ricorrendo in taluni casi alla consulenza di agenzie specializzate esterne) oppure, nel caso di soggetti economici già noti alla società, si limita a considerare la situazione finanziaria del cliente e ad eseguire un’analisi sulla performance storica di regolarità nei pagamenti. In caso di esito positivo viene approvato il credito da parte del credit manager sig XY. Successivamente l’ufficio commerciale provvede alla stampa dell’ordine di vendita autorizzato e all’inserimento nel sistema gestionale , che rende i dati visibili a tutti gli uffici competenti. Magazzino Spedizione e consegna Spedizione e consegna Gli addetti del magazzino stampano con frequenza predeterminata la lista degli ordini da evadere, preparano il materiale per la spedizione e lo scarico contabile (etichetta, imballo) che dovrebbe essere contestuale alla stampa del Documento di trasporto. La merce è prelevata dal magazzino e trasferita alla zona destinata allo carico/scarico in attesa della spedizione. Quando la merce è spedita si effettua lo scarico della merce dl magazzino tramite apposito software Ufficio Contabilità Fatturazione Fatturazione La fattura, contenente tutte le condizioni relative alla vendita (prezzo, quantità clausole di consegna e pagamento, generalità del compratore e del venditore, ecc.) viene emessa in duplice copia e inviata al cliente. La contabilità clienti provvede e alla archiviazione delle fatture secondo un ordine numerico progressivo. Ufficio contabilità Registrazione vendite Registrazione vendite Una volta emessa la fattura la Contabilità Clienti provvede alla r registrazione della fattura tramite il programma di contabilità. Il sistema alimenta il singolo conto intestato ad ogni cliente, il partitario, le competenze IVA. Contestualmente rileva il ricavo di vendita.. Ufficio contabilità Gestione incassi Gestione incassi Momento 1) ricevimento dei documenti comprovanti il pagamento Momento 2 spedizione dei documenti alla banca per l’incasso Momento registrazione dell’incasso in contabilità. A seconda dello strumento di pagamento adottato dal cliente è diverso il giustificativo che perviene alla contabilità (RIBA, assegni, MAV ecc. Si utilizzano le reversali di incasso inviato in originale all’ufficio Tesoriera che gestisce i contatti con la banca per l’incasso. Ottenuta la conferma sulla validità del pagamento si provvede alla sua contabilizzazione nei conti di mastro e all’addebito del partitario clienti. Ufficio contabilità Gestione insolvenze e fondo svalutazione crediti 60 Descrizione Gestione insolvenze e fondo svalutazione crediti Periodicamente la contabilità esegue l’analisi dello scadenziario al fine di individuare crediti scaduti. In tal caso provvede ad attivare i sistemi di sollecito e dopo opportuna valutazione all’aggiornamento del fondo svalutazione crediti. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. operazioni. Tra i fattori di rischio inerente specifici che possono influenzare il ciclo delle vendite si includono: • fattori relativi al settore industriale di appartenenza (livello di competitività e/o tasso di cambiamento tecnologico); • complessità e livello di contenziosità delle problematiche connesse al riconoscimento dei ricavi (lavori su commesse, particolari condizioni di vendita, patti di vendita con riservato dominio e via dicendo); • difficoltà di revisione di talune operazioni e di determinati saldi di bilancio (difficoltà di stima della recuperabilità dei valori dei crediti in sofferenza); • errori individuati in precedenti lavori di revisione. L’obbligo di svolgere le procedure di valutazione del rischio inerente è statuito dall’ISA Italia 315 allo scopo di consentire al revisore l’ottenimento di una base informativa per l’identificazione e la valutazione dei rischi di errori significativi a livello di bilancio e di asserzioni. In particolare le procedure di analisi comparativa eseguite come procedure di valutazione del rischio possono identificare aspetti dell’impresa di cui il revisore non era a conoscenza e possono assisterlo nella valutazione dei rischi di errori significativi al fine di fornire una base per definire e attuare risposte di revisione ai rischi identificati e valutati. Le procedure di analisi comparativa eseguite come procedure di valutazione del rischio possono includere sia informazioni finanziarie, sia informazioni non finanziarie, per esempio, la relazione tra le vendite e le superfici degli spazi di vendita o il volume delle merci vendute, e possono essere utili per identificare l’esistenza di operazioni o di fatti inusuali e di importi, indici e andamenti che potrebbero segnalare aspetti aventi implicazioni sulla revisione. L’individuazione di relazioni inusuali o inattese può aiutare il revisore nell’identificazione dei rischi di errori significativi, specialmente rischi di errori significativi dovuti a frodi. Nell’eseguire procedure di analisi comparativa come procedure di valutazione del rischio nell’area ricavi, il revisore definisce dei risultati attesi relativamente a correlazioni plausibili che ragionevolmente si ritiene debbano sussistere e verifica le relazioni tra grandezze patrimoniali, economiche o finanziarie e spiegazione degli scostamenti significativi tra le attese che il revisore si è formato e gli accadimenti effettivi. La Tavola 2 fornisce alcuni esempi di correlazioni e/o indici che vengono usati per le verifiche di analisi comparativa nell’area ricavi. Tavola 2 - Le correlazioni analizzate nel ciclo ricavi Correlazioni di tipo economicofinanziario Correlazioni di tipo operativo Risultato lordo industriale in percentuale sulle vendite Valori mensili delle vendite Perdite su crediti in percentuale sulle vendite lorde Resi su vendite in percentuale sulle vendite rispetto agli anni precedenti Clienti con saldi significativi (sopra un certo valore monetario) Indice di durata dei crediti verso clienti (calcolato sul valore finale dei crediti al lordo del fondo svalutazione crediti) Categorie di scaduto - ageing - in percentuale sul valore dei crediti Fondo svalutazione crediti rispetto in percentuale sul valore dei crediti verso clienti Numero di clienti Quantità vendute Prezzi medi di vendita Indici di utilizzo della capacità produttiva Numero di reclami pervenuti Statistiche di controllo qualità della produzione Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 61 Revisione&controllo Revisione&Controllo Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo Il rischio di controllo sulle operazioni di vendita Revisione&controllo Per stimare il rischio di controllo è importante, come prima cosa, lo studio dell’ambiente di controllo considerando il modo in cui i diversi fattori possono influenzare il ciclo vendite. Il revisore deve comprendere, inoltre, il modo in cui il management considera i rischi rilevanti per il ciclo vendite e la loro significatività, le misure adottate per affrontare la possibilità che essi si verifichino e il modo in cui esso decide quali azioni intraprendere per inibirne gli effetti negativi. Ciascuno di questi fattori potrebbe rappresentare un serio rischio per i controlli interni dell’impresa nell’area ricavi. Quando si adotta una strategia di affidabilità per il ciclo vendite, il revisore deve analizzare i controlli esistenti, finalizzati ad assicurare che gli obiettivi fissati dal management siano raggiunti. Più specificatamente viene identificato il controllo o i controlli che assicurano il raggiungimento degli obiettivi di controllo interno. L’analisi del ciclo vendite da parte del revisore può essere documentata utilizzando manuali delle procedure interne, descrizioni di flussi e procedure, questionari sui controlli. Per ciascuna delle più importanti classi di operazioni che afferiscono il ciclo vendite, il revisore ha bisogno di ottenere le seguenti informazioni: • il processo che origina le vendite, gli incassi e le note di accredito; • le registrazioni contabili, i documenti a supporto ed i conti implicati nell’elaborazione delle vendite, degli incassi e dei resi e degli sconti; • il flusso di ciascun tipo di operazione, dall’origine al momento dell’inclusione nel bilancio, comprese le elaborazioni di tipo informatico; • il processo utilizzato per la preparazione delle stime riguardanti alcuni saldi, come quello del fondo svalutazione crediti. La revisione in genere sviluppa l’analisi del ciclo vendite ripercorrendo i tratti significativi ed i passaggi chiave di ciascun movimento o transazione che lo caratterizza e raccogliendo l’evidenza documentale probatoria a supporto. Ogniqualvolta intervengono cambiamenti significativi nei flussi o nelle procedure il 62 revisore deve predisporre una nuova documentazione del sistema. Infine il revisore deve necessariamente comprendere i processi di monitoraggio messi in atto dal cliente sul ciclo vendite ivi incluso la comprensione del modo in cui lo stesso management valuta la struttura ed il modo in cui i controlli operano nell’ambito del ciclo vendite. In una fase successiva, detta di pianificazione e svolgimento dei test sui controlli, il revisore è chiamato ad esaminare in modo sistematico il ciclo vendite per identificare i controlli rilevanti che aiutano a prevenire o a identificare e correggere gli errori materiali. Dal momento che su questi controlli viene fatto affidamento in modo da stabilire un livello basso di rischio di controllo, il revisore conduce test di controllo per assicurarne l’efficacia, utilizzando apposite procedure di revisione quali le interviste al management o il c.d. re-performing del modo in cui il controllo opera. In questa fase il revisore documenta sia la comprensione che le modalità di funzionamento dei controlli. Una volta completati i test di controllo sul ciclo vendite, il revisore valuta il livello accertato di rischio di controllo. Se i risultati del test di controllo supportano il livello previsto di rischio di controllo, il revisore effettua il livello pianificato di test di sostanza per i relativi saldi di bilancio. Se invece il risultato del test di controllo non supporta tale livello di rischio, il revisore dovrebbe stimare il rischio di controllo a un livello superiore a quello pianificato. Dovrà pertanto condurre test di sostanza aggiuntivi per i saldi relativi al ciclo vendite. Il revisore dovrebbe sempre documentare sia il livello di rischio di controllo accertato che le motivazioni alla base delle sue conclusioni. La documentazione del livello stimato di rischio di controllo per il ciclo vendite dovrebbe includere quella del sistema contabile oltre che i risultati dei test sui controlli e un memorandum indicante le conclusioni complessive riguardo al suddetto rischio. I test di sostanza sulle operazioni I test di sostanza a cui maggiormente ricorrono i revisori per monitorare l’area dei ricavi sono: 1) verifica di cut off o competenza. Il test di cut off sulle vendite permette di verificare che tutti i ricavi in bilancio siano correttamente iscritti in Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. base alla loro competenza economica. Tale test consente di verificare che: • le vendite effettuate prima della data di chiusura di bilancio, e le correlate attività (crediti verso clienti), siano incluse nel bilancio; • le vendite effettuate dopo la data di chiusura del bilancio e le correlate attività (crediti verso clienti), non siano incluse nel bilancio. In relazione al grado di rischio e alla tipologia di attività del cliente, la prima fase del test di cut off consiste nel definire il periodo di tempo da esaminare per verificare la competenza delle vendite. Questo intervallo va definito in sede di pianificazione del lavoro, sia in relazione alla tipologia di business del cliente (ad esempio se effettua prevalentemente spedizioni via nave, ossia con tempi di consegna molto dilatati), sia ad indicatori di tipo qualitativo (ad esempio clausole contrattuali). Una volta definito l’ambito entro cui effettuare il test, si procede a richiedere alla società i documenti preliminari necessari per l’analisi, effettuando le selezioni utilizzando un idoneo criterio di campionamento. Infine, si dovranno analizzare alcuni dati relativi all’esercizio successivo che potrebbero avere impatto sul bilancio che si sta revisionando (note di credito e resi). 2) Verifica delle fatture di vendita. Il revisore deve ottenere il raccoglitore delle fatture emesse, selezionare un certo numero di fatture (evidenziare la base di selezione, in modo che la verifica sia ripetibile e ripercorribile) e verificare gli importi più rilevanti e inusuali, concordando gli importi con i documenti di spedizione o l’evidenza dei servizi resi. 3) Verifica dei resi. Dalla statistica mensile sui resi su vendite, il revisore deve accertarsi, in relazione alla conoscenza del business della società, se vi siano andamenti anomali durante l’anno. In caso di trend lineari o che comunque non presentino elementi di variabilità particolarmente elevati, la società dovrebbe riconoscere mediante apposito fondo rischi, l’importo da iscriversi in bilancio come resi su vendite che si attende di ricevere nel periodo successivo, relativamente alle vendite dell’esercizio. La selezione delle ultime 5 fatture emesse nell’esercizio di riferimento e delle prime 5 emesse nell’esercizio successivo, non è l’unica Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 tipologia di selezione che si può effettuare; infatti, questa modalità di selezione potrebbe condurre a conclusioni non “completamente” soddisfacenti. Se ad esempio, le ultime 5 fatture di vendita/acquisto dell’esercizio chiuso o le prime del nuovo esercizio, fossero relative a fatturazioni non significative per “importo” o per “natura”, le conclusioni seppur positive (ricavi e costi correttamente contabilizzati nell’esercizio di riferimento) non darebbero il confort atteso con una diversa tipologia di selezione. Al fine di rendere il test più efficace, si potrebbe, per esempio, selezionare dal raccoglitore delle fatture, secondo altri criteri: a) fatture di importo superiore a ...; b) fatture relative a vendite/acquisti relativi a ....; c) estensione della verifica su un arco temporale più ampio. 4) Verifica dell’esistenza di accordi con i clienti per la concessione di premi e sconti. Attraverso tale controllo il revisore deve, tramite discussione con il management o con i responsabili del marketing, appurare l’esistenza di accordi (contrattuali o verbali) con i clienti dell’azienda revisionata per concedere loro premi, bonus, note credito, in base al raggiungimento di identificati quantitativi di fatturato, o in base ad altri indicatori. Nel caso di accordi di tale tipo, sarà necessario verificare l’adeguatezza degli accantonamenti per premi da emettere, avendo riguardo al principio di competenza. 5) Verifica dei contratti significativi. Attraverso l’esame dei contratti più significativi e ricorrenti, attraverso l’esame della contabilità generale nonché attraverso discussione con gli appropriati responsabili, il revisore deve evidenziare significativi contratti che comportano impegni futuri certi per l’azienda quali vincoli per garanzie, sconti o premi quantità, impegni di vendita a prezzi inferiori a quelli di mercato (oppure contratti che espongano la società a significative passività in caso di inadempienza ecc.). 6) Individuazione di operazioni non registrate. Sulla base delle rilevazioni contabili dell’esercizio successivo, dell’esame dei libri legali e della discussione con i responsabili della società, il revisore deve identificare: • cessioni di crediti (pro-soluto) nell’esercizio successivo a quello oggetto di esame che evidenzino un valore di realizzo inferiore 63 Revisione&controllo Revisione&Controllo Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo al valore netto iscritto in bilancio (evidenziando separatamente le operazioni con entità correlate); • acquisto di crediti da entità correlate; • costituzione di crediti in garanzia o costituzione di altri vincoli successivamente alla chiusura dell’esercizio oggetto di esame (evidenziando separatamente le operazioni con entità correlate); • riacquisto di crediti precedentemente ceduti (evidenziando separatamente le operazioni con entità correlate). Revisione&controllo Obiettivi di revisione: esempio del piano di revisione sull’area crediti e ricavi Nel determinare il piano di revisione sull’area vendite e cliente il revisore deve assicurarsi che tutti gli obiettivi di revisione ed asserzioni che fanno riferimento all’area vendite siano stati completamente soddisfatti dalle sue verifiche. In particolare per il ciclo dei crediti commerciali e delle vendite essere soddisfatti circa l’obiettivo di esistenza significa che il revisore si accerti che le attività e le vendite si riferiscono a transazioni effettivamente avvenute ed esistenti e che i ricavi commerciali rappresentano l’ammontare derivante dalla vendita di beni e prestazioni di servizi. Per quanto riguarda invece l’obiettivo di manifestazione, diritti e obblighi, il revisore deve accertarsi che le attività iscritte in bilancio rappresentino un effettivo diritto maturato alla data di chiusura del bilancio e che i ricavi rappresentino vendite realmente avvenute (al netto delle eventuali note di credito da emettere). Soddisfare l’obiettivo di completezza, significa in pratica verificare che tutte le Tavola 3 - Obiettivo di revisione area vendite ESISTENZA Vendite effettivament e avvenute COMPLETEZZA Tutti i ricavi delle vendite e delle prestazioni siano stati catturati e identificati dal sistema informativo MANIFESTA-ZIONE I ricavi di vendita o di prestazioni sono stati effettivamente realizzati in base a contratti Ricavi di beni derivanti da beni consegnati Tutti i premi maturati dai clienti sono stati identificati Prestazioni effettivament e rese Tutti i credi sorti sono identificati Tutte le operazioni che generano ricavo riflettono le operazioni originariamente poste in atto I crediti si riferiscono ad operazioni effettivamente avvenute Crediti sorti in virtù di transazioni effettivament e avvenute Tutti gli incassi sono stati identificati ed associati al credito originario VALUTAZIONE I ricavi sono esposti con le regole di valutazione proprie del framework contabile adottato dall’azienda I crediti sono esposti al valore netto di realizzo (principi OIC) o ad amortized cost (IFRS) Si è tenuto conto delle perdite su crediti e del grado di recuperabilità degli stessi Sono stati effettuati appositi stanziamenti per obbligazioni dell’azienda (premi concessi a clienti, reclami e contestazioni ecc.) PRESENTAZIONE L’esposizione a bilancio delle voci Ricavi Altri ricavi Crediti commerciali Altri crediti Riflette i principi contabili di riferimento COMPETENZA I beni in viaggio sono stati contabilizzati considerando le condizioni contrattuali/giuridiche in merito al momento della maturazione del ricavo di vendita I ricavi di prestazioni sono rilevati in base alla percentuale del servizio reso Le note di credito a clienti sono stanziate entro la chiusura dell’esercizio Tutte le note di credito sono state I beni in viaggio sono identificati 64 Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo transazioni e gli eventi accaduti nel ciclo dei ricavi e delle vendite durante l’esercizio siano stati identificati e accuratamente registrati e riflettano gli eventi economici avvenuti. Pertanto significa ad esempio essere soddisfatti che tutti i crediti sorti e tutte le vendite effettuate sono stati correttamente registrati. Questo implica che il revisore si accerti che tutte le merci e i prodotti che sono usciti dai magazzini siano stati successivamente fatturati al cliente e costituiscano i ricavi di vendite dell’esercizio, oppure siano rilevati come merci in deposito o in visione presso terzi o per lavorazioni. Lo stesso principio vale per le prestazioni rese: il revisore si accerta che tutte le prestazioni erogate nell’esercizio siano state individuate, identificate e ne è stato valutato lo stato avanzamento della prestazione. Una delle asserzioni attinenti la presentazione e l’informativa è l’obiettivo di accertamento della corretta esposizione in bilancio. Le Area di bilancio Ricavi delle vendite e delle prestazioni Altri ricavi e proventi 31.12.X1 31/12/X0 Variaz. Variaz. % Lead Schedule rimando alla scheda riassuntiva rimando alla scheda riassuntiva Rischio di errori significativi • Rilevazione dei ricavi (rischio significativo)) Alto • Rischio intrinseco (Inherent risk) - Alto/Medio/Basso Medio • Rischio di controllo (Control risk) - Alto/Medio/Basso Basso Transazioni (Tr) or Saldi (B) Tr Tr Tr B/Tr B B B Asserzioni C A CO E D&O V/A Evidenza dei controlli • Comprensione e valutazione dei controlli relativi al ciclo attivo • Verifica degli automatismi di sistema nella x registrazione dei ricavi • Verifica controlli chiave sotto-processo anagrafica x x x clienti • Verifica controlli chiave sotto-processo fatturazione x x x attiva Verifiche di analisi comparative sostanziali • Substantive Analytical review sui ricavi x x x Verifiche di revisione • Test di dettaglio sul cut off delle vendite L x x x • Analisi transazioni significative generanti ricavi x x x • Analisi di un campione di contratti di vendita ritenuti x x x significativi e verifica della corretta contabilizzazione • Ottenimento e analisi di dettaglio delle transazioni x con PC. • Analisi delle riconciliazioni intercompany x x x • Verifiche fatture ed ordini di conto economico su eventuali conti di ricavo inusuali Presentazione del bilancio e nota integrativa • Verifica corretta informativa delle note illustrative e relazione sulla gestione del bilancio ; Revisione&controllo Tavola - 4 Esempio di piano di revisione sull’area crediti e ricavi Tr CL x x x x x x x C A V x O R&O CL x U C = completezza A = accuratezza CO= competenza o cut off E= esistenza D/O= diritti ed obblighi V/A= valutazione ed accuratezza CL= classificazione Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 65 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Revisione&Controllo Revisione&controllo verifiche devono dimostrare che i conti di contabilità siano correttamente classificati in bilancio e che la nota integrativa contenga tutte le informazioni e i dati sono correttamente imputati nelle voci di bilancio. Qualora i principi contabili adottati in un esercizio siano diversi rispetto a quelli dell’esercizio precedente, il revisore deve verificare i motivi del cambiamento e assicurarsi che sia correttamente riflesso in bilancio l’effetto di tale cambiamento sul patrimonio netto e sul risultato dell’esercizio. La Tavola 3 fornisce un esempio sinottico del modo con cui vengono di solito soddisfatti gli obiettivi di revisione nell’area vendite e crediti. 66 Infine la scelta delle verifiche effettuate sui saldi di ricavi e crediti commerciali e quelle effettuate sul flusso procedurale dipende dal livello di rischio definito in sede di pianificazione. La documentazione del piano di revisione serve anche a dare evidenza dell’adeguata pianificazione e dello svolgimento delle procedure di revisione che possono essere riviste prima dello svolgimento delle procedure di revisione conseguenti. La Tavola 4 riporta un esempio di carta di lavoro della pianificazione dell’area crediti per un cliente in cui il rischio intrinseco e il rischio di controllo in questa area è medio/basso. Bilancio e reddito d’impresa n. 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.