DRAMMA e COMMEDIa

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DRAMMA e COMMEDIa
IL TEATRO DI
MINEVER
MORIN
DRAMMA e COMMEDIa
2001 – 2011
Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Occhi di Sorcio
di
Minever Morin e Marco Melloni
Dedicato a Mimmo e Nelson
Vincitore del Premio
“Napoli Drammaturgia in Festival 2001”
Adattamento scenico dall’omonimo romanzo degli stessi Autori
edito nel 2000
Prima rappresentazione:
Festival Nuova Drammaturgia “Franco Enriquez”
Sirolo (AN), 5 agosto 2005
La versione francese, redatta da Toni Cecchinato e Nicole
Colchat, è edita col titolo di “OEIL DE FOUINE” da Les
Editions La Fontaine di Lille (F) e “mise en éspace” nell’ottobre
2010 per la regia di Toni Cecchinato
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Personaggi
Bruno, giovane poliziotto
Nelson, adolescente Sudamericano
Leo, amico di Bruno
G.I.P., Giudice per le Indagini Preliminari
Scena prima
Bagno della casa di Leo. Leo, davanti a uno specchio, si rade
Leo – Bah! …Soccia, che idiota!… Come se non bastasse la
sfiga quotidiana, quella che ci nasciamo insieme…
Soprattutto quando non hai una famiglia ricca alle spalle o
un altro ombrello che possa ripararti dalla grandinata di
sfiga. Essere poveri è già una sfiga di per sé…O no? E’ per
questo che uno dovrebbe già saperlo da solo, fin da cinno,
che non è il caso di andare a cercarsene anche della nuova,
di sfiga! E’ come per il fiume, eccolo là, veh il Po… Lo sai
che ci sono i gorghi e lo sai che ci sono le sabbie molli che
t’impantanano e ti tirano giù e lo sai che c’è la corrente
forte in alcuni punti, anche se non la vedi, perché in
superficie sembra tutto tranquillo, il fiume…E lo sai e lo
sai e lo sai…E allora se lo sai e ti ci avventuri lo stesso sei
un idiota!!…Soccia, non è mica poi così difficile!…La vita
ha poche regole e la prima è stare lontano dalle sfighe che
non conosci! Perché quelle che conosci, quelle ce le hai già
addosso per eredità, mica puoi farci niente. Ma quelle
nuove guardale da lontano! O dì bain so, se proprio proprio
muori dalla curiosità, vacci vicino e non caderci dentro!
Guardale e lasciale passare! Perché io lo so, per noialtri la
sopravvivenza è un dovere, mica un diritto! E soprattutto,
è già una faticaccia di suo! E’ per questo che per noialtri la
paura è un obbligo: è la sola cosa che ci salva dall’annegare
nel fiume! Bisogna avere sempre paura. Paura di tutto
quello a cui non sappiamo dare un nome, ecco…
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Scena seconda
Bagno dell’ufficio di Bruno. Bruno esprime i suoi pensieri
davanti a uno specchio mentre infila nella fondina la pistola, si
pettina, si allaccia la camicia, si annoda la cravatta. Per scelte
registiche la voce può anche essere fuori campo
Bruno - Anche oggi l’hai fatto, come sempre, il quindici di
ogni mese. Perfetto: hai tolto il caricatore e hai effettuato il
doppio colpo di sicurezza. L’arma è scarica e la canna è
vuota. Nessun pericolo, neanche per sbadataggine, nessun
rischio, a parte quello che il mirino potesse romperti un
dente. Bravo. Hai rispettato le norme di sicurezza. Questo
ti fa sentire bene. Ammettilo, sei soddisfatto. Mica tanto
per lo scampato pericolo. Il pericolo non c’era. Sei
soddisfatto per avere compiuto una sublime idiozia senza
infrangere il Regolamento di Servizio. Adesso vediamo se
lo sai anche a memoria, l’Articolo 15… Nel maneggiare
l’arma in dotazione, al fine della sicurezza, si avrà cura di
procedere nel modo seguente: A - togliere il caricatore - B
- effettuare il doppio colpo di sicurezza per accertarsi che
non sia rimasto inavvertitamente un proiettile in canna - C
- abbattere il cane, dirigendo il vivo di volata verso
l’angolo della stanza opposto a dove ci si trova, per
impedire i rimbalzi di un eventuale proiettile la cui
presenza sia sfuggita, non si sa come, alle manovre A e B.
Ricordarsi che i proiettili in dotazione sono camiciati, cioè
completamente rivestiti da metallo duro, e per questo
soggetti, dopo aver penetrato il bersaglio, a uscirne e a
rimbalzare sulle superfici che incontrano nel loro tragitto.
Perfetto: come da manuale. Poi sei passato alla manovra
D, che non è contemplata nell’Articolo 15. E in nessun
altro. Manovra D: assaggiare il metallo della canna della
pistola, assaporarlo quasi. Constatare che ha lo stesso
sapore del mese precedente, e di quello ancora prima. Lo
stesso sapore di sempre. Come se potesse cambiare sapore,
da un mese all’altro. Infine sputare il sapore di morte nel
lavandino. L’hai sputato il sapore, ma niente di più. Il
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Regolamento di Servizio per il Personale della Polizia di
Stato tace sulla pratica che hai appena attuato. Forse
perché nei due soli casi che impongono questa pratica, uno,
il suicidio, è severamente vietato e l’altro, assaporare il
metallo della canna di una pistola, è talmente idiota che
nessun compilatore di Regolamenti non lo avrebbe mai
preso in considerazione. E allora lo creo io, adesso, il punto
D dell’articolo 15 del Regolamento di Servizio. Compiere
un’incisione perfetta sulla scorza della propria razionalità e
innestarvi il piccolo bubbone del proprio malessere…E
speriamo che nessuno se ne accorga.
Voce fuori campo di un infermiere - Agente!
Bruno - Un attimo!
V.f.c. - Il giudice per le indagini preliminari è arrivato.
Bruno - Va bene, arrivo!
V.f.c. - Io me ne torno al Pronto Soccorso.
Bruno - Va bene!…Le chiavi dell’ufficio dove le ho
messe?…Ah, eccole…Le manette non servono, tanto con
quel taglio in pancia dove vuoi che scappi…
Scena terza
Stanza d’ospedale
Giudice per le indagini preliminari - Bene…Vediamo di
riassumere. Rileggiamo tutto dall’inizio…Mi chiamo
Nelson, Nelson Rubén Garcia Vacas. Vengo da Santa Fé
de Bogotà, Colombia. Ero diretto a Milano. Ho sedici
anni... Ne dimostra qualcosa in più, ma l’abbiamo
sottoposto agli esami scientifici di rito ed è vero, ne ha
sedici…Sono nato in un piccolo villaggio della Colombia,
verso l’Amazzonia: Eldorado Mejia…Lo sapevo che gli
ovuli che avevo in pancia erano pieni di cocaina. Sapevo
che è illegale. E qui, descrive la sua situazione familiare.
Lasciamo perdere che tanto è sempre la stessa storia:
madre vedova, fratelli piccoli. Tutto già sentito troppe
volte. Andiamo avanti…
Nelson - Me llamo Nelson, Nelson Rubén… (Entra Bruno,
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in ritardo. Nelson lo guarda, poi riprende a parlare) Me llamo
Nelson, Nelson Rubén Garcia Vacas. Sedici anni…Soy
nato in un pequeñito pueblo de la Colombia, Amazzonia:
Eldorado Mejia. So che las bolas, in mia pancia, pieni de
cocaina. So che es illegal. La persona che me dato cocaina
se llama Ana, Doña Ana Carmen Muñez Llosa de Bogotà.
Soy stato un mese in su casa, con uno cane, uno
videogioco, uno tv y radio. Stare bene. Doña Carmen
gentile. Una volta chiede fare amore, ma troppo vecchia.
La señora Carmen me porta roba muy buena da mangiare.
No coca cola: niente gas. Dovevo essere pronto in poco
tiempo. Uno mattina venire uomo, suo nome Raùl. Io no
visto mai prima lui. Forse tiene cinquenta años. Me dice
che vol veder se posso fare viaggio lungo. Raùl me da unas
quindici bolas grandi como uovo, un poco più pequeñas.
Morbida e grigia. Penso: ci siamo. Mangio tre, con fatica,
dopo quattro ore riesco a mangiare tutte. El dia siguente,
la señora Carmen accompagna me a prendere gelato e
compera me camisa nueva. In pomeriggio, da a bere a me
olio, io… Io cagare tutte le bolas. Avevo superato prova.
Antes de Pasqua me portano in auto a aeroporto de
Bogotà. Dicono: tu dovere mangiare ottantacinco bolas de
cocaina, grandi como uevos, como quelli che avere
mangiato altra volta. In aereo stato dieci ore. Io no
mangiare e no bere. Io entra in bagno di aeroporto. Luce
bassa. Paura tanta… (A Bruno) Tienes un cigarro? Una
sigaretta? (Bruno non fa nulla)
G.I.P. - Qui non puoi fumare
Nelson - (Sottovoce) Mierda…Con señora Carmen e Raùl
c’è altro uomo, Vito, el autista; alto y fuerte. Entra altro
uomo, David: es el capo. Avere grande borsa di cuoio. La
señora Carmen che siempre stata buona con mi, diventa
cattiva. Dice: fra tre ore tu prende aereo por Italia. Cambio
in Amsterdam, poi giù a Bologna. Qui prende taxi e
andare a estaciòn central. Prende treno di ore 14.19 por
Milano e stare en primera clase. A Milano, prende taxi e
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andare a Hotel Abat-Jour. Quando arriva, tu telefona a
questo numero e poi da me foglietto. Io paura. No me
gusta stare allà, no me gusta quella gente: volere andare
via. David dice me: muoviti, bevi este vaso de agua!
Despuès, io sudare. Sudare tanto. Io manda giù prime
bolas: ma a sesenta y siete no puedo màs. No puedo! No
puedo mangiare altri dico, basta, no puedo màs. La gola fa
male, estomago gonfio. Io paura. Io volere vomitare, ma
quello che fa autista prende miei capelli e io manda giù
vomito. La señora Carmen fa me lasciare capelli. Adesso,
no puedes più tornare indietro, dice, lo sabes che fare, se no
parti? Tu sta a qui, legato e con bocca chiusa, por el
tiempo che todas las bolas si rompono e spaccano tu
estomago. E tu muore. Vito prende mani e mette me sopra
tavolo… (si blocca, guarda Bruno) Tienes vaso de agua?
Agua por favor…(Bruno gli porge un bicchiere d’acqua) La
señora Carmen tira giù miei pantaloni e Raùl infila las
bolas en culo. Io cerco de urlare, ma Vito tiene mano su mi
boca. Quando finito, mi lasciano. Avevo male in tutto.
Voglio andare in bagno. Vito sta su puerta, dice che no
puedo. Mi danno vestiti nuevi, pasaporte nuevo con foto e
nome falso. E poi dollari, fiorini e lire. No dinero por mi.
Quello dare a ritorno, a Bogotà. In aereo ho cacato cinque
bolas. Tre lavati e inghiottiti de nuevo. Altri dos buttati in
gabinetto. Soy stato preso in aeroporto de Bologna, dove
siamo ahora. (Guarda Bruno) Siamo a Bologna, verdad?
(Bruno annuisce) No conosco persona che io dovere dare
droga. Mi madre no sa che soy en Italia. Lei pensa yo en
Bogotà, por un trabajo, por lavoro. Señor: quando puedo
tornare en mi casa?
G.I.P. - Non lo so ancora quando potrai andartene,
Nelson Vacas. Sei stato fortunato ad esser stato preso
all’aeroporto e ad essere operato subito. Il chirurgo ha
detto che un ovulo stava già sciogliendosi. Appena mi
hanno avvertito ho firmato immediatamente l’ordine per
l’operazione. Grazie a Dio, è andata bene. Sei in arresto,
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ma non ti preoccupare: qui nessuno ti farà del male.
Scena quarta
Parlatorio del carcere
Bruno - (Rivolto alla guardia, entrando) Bastano pochi
minuti. Chiamo io quando ho finito. Buongiorno. (A
Nelson) No, ti prego, non fare tutte queste feste…Dico,
almeno salutare. (Si siede) Va beh, mi saluto da solo, che è
meglio. Buongiorno! (Butta un volumetto sul tavolo) Toh,
tieni: vocabolario Spagnolo – Italiano, così la prossima
volta sai come si dice “buongiorno” e mi saluti. Anche se
spero di non tornare tanto spesso. Eh sì, perché questa è la
terza volta, in una settimana. Non vedevo così spesso
neanche la mia ragazza. Forse è per questo che mi ha
lasciato. Sì, la prima volta è stata per l’interrogatorio. Va
bene, ero obbligato. La seconda è stata all’ospedale. Sì,
perché ero io quello che ti ha portato la maglietta, le
ciabatte, la bottiglia di minerale, spazzolino e dentifricio.
Ti ricordi? Ma cosa mi è saltato in testa di andare a
chiedere al magistrato il permesso di portarti qualcosa! Mi
facevi pena. Non sapevi nemmeno dov’eri… E oggi è la
terza! Sto passando la mia settimana di ferie qui dentro,
con te che nemmeno mi capisci quando parlo!…O mi
capisci?…Ehi! Mi capisci?!…Non so perché, ma a volte mi
sento un cretino! Senti, Mister Mistero: visto che te ne stai
zitto, potevi startene zitto anche prima, no? E invece che
fai? Mandi a chiamare il giudice e vai a dirgli che ti fidi di
me, soltanto di me, che vuoi parlare con me, soltanto con
me. E il giudice mi dà un bel permesso per venirti a
trovare. Ma che c’entro io con te? E dire che durante
l’interrogatorio ho cercato di starmene il più defilato
possibile. Spalmato sulla parete! Tutto contento che era
dipinta di azzurro, così dico, riesco a mimetizzarmi un po’.
E invece tu alzi la testa e guardi proprio me, con tutta
quella gente che c’era in quella stanza…E con quel filo di
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voce fingi pure di stare male!…Ma no, con tutti quei punti
in pancia, mi sa che stavi male davvero…
Nelson - Stavo male. De verdad.
Bruno - Allora capisci?
Nelson - Poco. Solo un poco.
Bruno - Bene, allora guarda che io vorrei godermi la mia
striminzita, ma preziosissima settimana di ferie! Voglio
dire… E’ vero quello che hai detto al giudice? Dico, hai
davvero qualcosa da dire o, non so…Ti sentivi troppo
solo?
Nelson - Las dos.
Bruno - Eh?
Nelson - Las dos! (mostra il segno “due” con le dita)
Bruno - Ho capito: passerò la mia settimana di ferie qua
dentro. E sì, perchè non posso venirti a trovare durante
l’orario di lavoro, non faccio mica indagini, io! Se no, lo sai i
miei superiori che cosa direbbero? Stia al suo posto! Che
cosa si è messo in testa? Vuol fare l’investigatore! Senti,
ma tu perché vuoi parlare proprio con me?
Nelson - Io…Devo dirti qualche cosa. Ma ora no.
Despuès…Dopo…Yo...Ahora...Voglio dirti… Que soy
feliz de verte…(Indica gli occhi) Vider! Videre!
Bruno - Se sei felice di vedere un poliziotto, sei messo
davvero male...
Nelson - Es una fortuna che sei venuto! Sto male: ho
cacato sangue…
Bruno - E non l’hai detto al dottore?
Nelson - Prima, lui, no credeva. Poi ha visitato e ha detto
me: mangia riso bianco. Ma il sangue continua…Mi sa che
si è rotto qualcosa...Qui dentro
Bruno - Aspetta, vado a chiamare qualcuno (esce)
Nelson, rimasto solo, accenna un sorriso
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Scena quinta
Bagno dell’ufficio di Bruno. Bruno si pettina, si slaccia la
camicia e se la toglie, restando in maglietta. Per scelte registiche
la voce di Bruno può anche essere fuori campo
Bruno - Cristo, quanto ho sudato per convincerli a
portare il ragazzo in ospedale. Ho dovuto parlare col
Direttore e col medico del Carcere. Ho dovuto quasi
minacciarli di far scoppiare un casino. Per fortuna non era
niente di grave. Però hanno dovuto riconoscere che ho
fatto bene a preoccuparmi, vista l’operazione che ha
subito…In effetti, dopo l’ospedale, la complicità con
Nelson si è rafforzata. Eppure ci sono vent’anni di
differenza tra noi. Ma io questa differenza non la sento…
Faccio cose assolutamente idiote. Come quando gli ho
portato una boccetta di liquore, di quelle formato mignon.
Una stupidaggine da adolescente…Anche se io
l’adolescenza non l’ho mai vissuta…E’ stata troppo breve.
Me ne sono reso conto quando Nelson raccontò la sua
storia al giudice: la storia di un ragazzino privato
dell’adolescenza…Stavo lì ad ascoltarlo e tornava fuori
anche la mia adolescenza, quell’adolescenza che non ho
avuto. Era lì, sotto di me, come acqua che esce dalla terra,
la sentivo sotto i piedi. Mi piaceva, ma avevo paura di
essere inghiottito, come dalle sabbie mobili…
Scena sesta
Parlatorio del carcere
Bruno - (Guardando le scarpe di Nelson) Allora? Che dici, ti
piacciono? (Nelson annuisce) E allora, su, forza! (Nelson a
fatica si alza in piedi e inizia a camminare) Visto? Migliori di
giorno in giorno! Anche il tuo italiano fa progressi: parli
quasi come me, se questo può essere un
complimento…Hai visto all’ospedale, sembravo tuo
padre…Beh, non esageriamo, non sono così vecchio.
Diciamo tuo fratello. Tuo fratello maggiore
Nelson - Sei un amico. Mi hai salvato la vita
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Bruno - Eh, via…
Nelson - Bruno, che cosa facciamo oggi? Qui dentro, mi
annoio
Bruno - Che vuoi fare?
Nelson - Devo dirti delle cose?
Bruno - Sì, ma mi raccomando, sempre col contagocce…
Nelson - Se ti racconto tutto subito, tu non vieni più a
trovarmi…
Bruno - Ascoltami bene: lo sai che non vengo a trovarti
per lavoro. Il permesso che mi ha firmato il magistrato è
solo per darti sostegno morale. Sei tu che di tanto in tanto,
di tua spontanea volontà, seguendo quello che ti frulla per
la testa, mi riveli qualcosa di nuovo. Qualche particolare su
quello che hai fatto. E io vado a riferirlo al magistrato,
devo farlo, lo sai. Però, non ti sto interrogando e non sono
autorizzato a farlo. Tu sei minorenne e se il tuo avvocato
venisse a sapere che ti sto interrogando, mi mangerebbe
vivo. Hai visto che roba? Pare una leonessa…Credo che
sarebbe bello trovarsi nei guai per farsi difendere da una
così, invece che trovarsi nei guai e basta, come capita
sempre
Nelson Oggi è venuta a trovarmi. Mujer muy hermosa…
Bruno - “Mujer”…?
Nelson - “Donna”…Donna molto bella
Bruno - Eh sì, non c’è male…Parliamo di donne?
Nelson - Yo estoy ya casado. Sono sposato. Ho un figlio
Bruno - A sedici anni?
Nelson - No lo vi, todavia. Mai visto, ancora. Nasce il
mese prossimo.
Bruno - Vi date da fare, dalle vostre parti
Nelson - E tu?
Bruno - Io cosa?
Nelson - Estàs casado?
Bruno - No
Nelson - Ma…Te gustan le donne?
Bruno - Oh, ma che vuoi, da me?
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Nelson - Il mio compagno di cella ha la foto di una donna
nuda sul muro. Ieri è venuto il prete e ha sgridato me. Poi
l’ha strappata. Ma io non c’entro. Non era la mia…Bruno,
quando potrò uscire?
Bruno - Ancora non si sa. Domani vado a trovare quella
mujer muy hermosa del tuo avvocato e sentiamo cosa dice. A
proposito, anch’io l’ho vista prima. L’ho incontrata qua
fuori e le ho offerto un caffè. E abbiamo parlato, abbiamo
parlato di te, naturalmente. Anche se mi sarebbe piaciuto
parlarle un po’ di me. A un certo punto sai cosa mi fa? Mi
fa: mi ritrovo dentro a questa storia più di quanto la mia
professione imporrebbe. Sarà mio istinto di madre che si
ribella. Ma se mio figlio nasceva in Colombia, che
possibilità avrebbe avuto?! Pensa un po’!
Nelson - Bruno, yo puedo farmi adottare da lei?
Bruno - E perché no? Hai risvegliato il suo istinto
materno…Ah, t’ho capito, io…Giochi sporco, eh? Con
quell’aria da angioletto traviato dal destino…La vuoi
sapere una cosa? Sono stato geloso. Sì, prima, sono stato
geloso. Come il primogenito che viene messo in disparte
dal fratellino appena nato. (Nelson lo fissa, meravigliato) Ma
che occhi hai?…Sai cosa mi sei sembrato la prima volta
che ti ho visto? Un topo…
Nelson - Topo?
Bruno - Va là, va là che li conosci i topi…
Nelson - Ratones
Bruno - Ratones, ratones…Chissà quanti ce ne sono in
quel buco di posto dove sei andato a nascere! Com’è che si
chiama?
Nelson - Eldorado Mejia.
Bruno - Eldorado…Capirai, proprio il paese della
cuccagna…
Buio/luce
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Scena settima
Parlatorio del carcere. Bruno e Nelson giocano a carte
Bruno - (Mostrando una carta) E questa è la briscola.
Nelson - (Sta per mettere giù una carta, ma si blocca) Quando
potrò uscire?
Bruno - Non continuare a pensarci, Nelson. Gioca, su.
Nelson - Quando potrò tornare en mi casa? O devo
restare qua por siempre?
Bruno - Ancora è presto per saperlo. Su, gioca!
Nelson - (Buttando le carte sul tavolo) Ma yo non puedo!
Non posso più stare qua dentro!
Bruno - (Paziente, raccoglie le carte) Dai, non pensarci.
Vedrai che il tempo passerà in fretta. Forse potrai scontare
la pena in Colombia, a casa tua.
Nelson Perché non mi fai uscire? Perché non mi fai
scappare?!
Bruno Basta! (Si allontana, poi, improvvisamente, ride) Oh, la
vuoi saper una cosa buffa? Agli occhi di quelli là fuori, sai
cosa sembriamo? Due complici. Sì, tutti credono di sapere
qualcosa su di noi: qualcosa che nemmeno noi sappiamo.
Tutti: i miei superiori, i colleghi, gli agenti della
penitenziaria. Un ispettore del mio ufficio addirittura sai
cosa mi ha detto? E che ne so io che anche tu non sei un
trafficante e ti stai mettendo d’accordo col ragazzo?…
Io?!…Il cappellano del carcere poi figurati che mi ha
domandato se avevo i requisiti e i titoli necessari per fare
l’operatore di sostegno, l’educatore. Come se per stare qui
a parlare con te di un mucchio di fregnacce ci voglia un
titolo! Comunque mi guardano storto. Mi guardano storto
un po’ tutti. Ehi, sorcio dell’Eldorado, che faccio? La pianto
di venirti a trovare?
Nelson - No, continua…Io ho solo te…
Bruno - Anch’io ho solo me: siamo messi davvero bene,
noi due!
Nelson gli prende la mano, Bruno lo allontana bruscamente
Bruno - E poi smettila di baciarmi la mano tutte le volte
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che ti porto qualcosa. Se ci vedono quelli là, sai cosa vanno
a pensare? Ci mancherebbe solo quello, guarda…
(Tornando a sedersi vicino a Nelson) La cioccolata, l’hai
finita?
Nelson - No, c’è ancora.
Bruno - (Riprendendo le carte) Giochiamo?
Nelson - (Annuisce, poi, sta per mettere giù una carta, ma si
blocca) Bruno, sai che me manca de più, qua dentro?
Bruno - No
Nelson - Los olores….
Bruno - Cosa?
Nelson - (Inspirando ripetutamente) Los olores ! Los
perfumes del mundo. Di cosa sa il mundo là fuori, Bruno?
Di cosa sa il tuo mondo?
Bruno - Non lo so, Nelson. Di nebbia, credo
Nelson - Nebbia? Cos’è “nebbia”?
Bruno - E’ quando non vedi più niente, ma sai che tutto è
uguale all’ultima volta che l’hai visto
Nelson - Ah, niebla! C’è anche a Eldorado Mejia: viene
dalla foresta. Todo està como muerto. Desaparecido. No
me gusta, la niebla
Bruno - A me sì, invece: sarà che sono nato vicino al Po…
Nelson - Po?
Bruno - Non lo conosci il Po, eh? E’ un fiume, il più lungo
d’Italia
Nelson - Oh, pensavo qualcosa de màs importante. A
Eldorado Mejia ci sono tanti fiumi…
Bruno - Coi piranhas
Nelson - Anche. Ma anche un pescado...
Bruno - Un pesce?
Nelson - Un pesce piccolo e flaco...Magro
Bruno - Come te
Nelson - Sì, como yo. Lo llamaremos “Pesce Nelson”. Se
cadi in acqua dal barco el Pesce Nelson ti entra nella
pancia. Mangia la pelle e la carne ed entra dentro. De
verdad! Yo tenia un amigo que se muriò de esto! Lo vi. Io
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l’ho visto. Tirato su, nel barco. E tutti i buchi nella pancia.
E da questi buchi uscivano i pesci. Lo avevano già
mangiato dentro. Rubèn se llamaba. Se muriò davanti ai
miei occhi, mentre i pesci gli uscivano dai buchi della
pancia, saltavano in acqua e tornavano nel fiume
Bruno - Ma in che razza di posto sei andato a nascere?
Nelson - Non ci sono questi pesci, nel tuo fiume?
Bruno - No...
Nelson - E si può fare il bagno?
Bruno - Eh, sì…Si poteva…
Nelson - Senza paura che un pesce ti mangia?
Bruno - E no, qui non ti mangia nessuno. E tu smettila di
giocare a fare Tarzan! Guarda che ho capito benissimo che
mi prendi per il culo!
Nelson - Io non ti prendi per il culo. Se non ci credi, a
quello che ho detto, vieni a Eldorado Mejia. E portati el
costume da bagno
Bruno - Io non ci verrò mai a Eldorado Mejia
Nelson - Perché no? Vieni a trovare me, quando esco da
qua. E poi torno in Italia con te en tu maleta
Bruno - Nella valigia?
Nelson - Sì, valigia. Sono magro, ci entro senza fatica.
Bruno, portame con te in Italia?
Bruno - Guarda che siamo, in Italia.
Nelson - Ma non qua dentro. Dico fuori. Fuori. Portami a
vedere il tuo fiume e la tua casa e i tuoi amici e il futebol.
Portami a vedere un partida de futebol. Bruno, ma quando
sarò libero?
Bruno - Non lo so…(Torna al tavolo e prende le carte)
Giochiamo?
Buio/luce
Scena ottava
Parlatorio del carcere
Bruno - (Entrando) Ciao
Nelson - Hai portato el dinero?
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Bruno - No, Nelson, te l’ho detto, soldi non te ne do. E poi
che te ne fai del dinero, qua dentro?
Nelson - El dinero serve. Fuera, adentro. El dinero
necesita siempre!
Bruno - Cosa te ne fai?
Nelson - Lo gioco.
Bruno - Maledetto il giorno che ti ho insegnato a giocare!
Nelson - Oh, ma io sapevo già giocare y no a la tu estupida
“briscola”. Giochi più difficili: giochi da hombres…Da
uomini!
Bruno - Nelson, tu giochi troppo! Anche con la tua vita!
Nelson - Y tu eres viejo…
Bruno - Cosa?
Nelson - Nada...
Bruno - Tu hai detto che sono vecchio
Nelson - No
Bruno - Dove sono le scarpe che ti ho regalato?
Nelson - Sono nella mia cella
Bruno - Guarda che sono scarpe di marca. Hanno un
prezzo piuttosto salato…
Nelson - Lo so, lo so. Que aburrido que eres!
Bruno - Ma cosa dici?
Nelson - Nada...
Bruno - Te l’ho sempre detto che non mi piace quando
parli spagnolo!
Nelson - Yo hablo como me da la gana!
Bruno - Lo fai apposta, eh? Per darmi sui nervi!
Nelson - De verdad? Entonces lo haré cada vez. Y de vez
en cuando me callarè, asì que te preguntaràs lo que estoy
diciendo. Y pensando. Y se mi silencio es porqué yo estoy
enojado contigo! (Ride) Es un chiste, Bruno: uno scherzo!
Bruno - Uno scherzo del cazzo! E domani rimettiti le
scarpe che ti ho regalato!
Nelson - Non ce le ho più, quelle scarpe de mierda!
Bruno - Dove sono?
Nelson - Le ho regalate!
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Bruno - Cos’hai fatto?
Nelson - Lo que me da la gana!
Bruno - A chi le hai date?!
Nelson - (Canticchiando) Estas son las mañanitas...
Bruno - Nelson, rispondimi! A chi le hai date?
Nelson - (Canticchiando) Que cantava el Rey David...
Bruno - Nelson!!
Nelson - A uno zingaro che è uscito ieri
Bruno - Dimmi la verità!… Tu te le sei giocate!
Nelson - E perché te lo devo dire? Perché sei un
poliziotto?
Bruno - No, perché sono tuo amico!
Nelson - Se tu eri de verdad mio amigo, tu me portavi el
dinero!
Bruno - (Perde le staffe e colpisce il lampadario) Ma
vaffanculo, va! (Esce)
Nelson resta immobile, illuminato a tratti dal lampadario che
ondeggia
Scena nona
Cucina della casa di Leo
Leo - E dai, Bruno! Neanche se apriamo la finestra? Eh?
Dai, la spalanchiamo tutta!
Bruno - T’ho detto di no, Leo. Ho già i miei problemi!
Leo - Eh, però una volta te le facevi…
Bruno - Leo, avevamo diciott’anni. E poi me ne facevo
poche
Leo - Ah… E’ vero! Eri il compagno ideale: tiravi poco,
non consumavi…
Bruno - Piuttosto, ce n’è ancora del tuo salame?
Leo - (Uscendo) Ahi, ahi, ahi… Bruno, Bruno, Bruno…
(Rientrando col salame, del pane e un vaso di olive) Quando si
comincia a preferire i salami alle canne, è davvero finita!
Bruno - Hai visto che è bello il Po?
Leo - Bruno, sono trentasei anni che lo vedo. Apro la
finestra al mattino e lo vedo, mangio in cucina e lo vedo.
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Lo vedo pure dal cesso!
Bruno - Ma no, è che vorrei farlo vedere a un mio amico.
Non l’ha mai visto…
Leo - Alt, ferma tutto, di nuovo quel boliviano?
Bruno - Colombiano
Leo - Ah, capirai la differenza! Ne hanno di fiumi, loro…
Bruno - Ma il Po è diverso… Non ci sono pesci strani
Leo - (Indicando Bruno) Qui, se c’è un pesce strano…
Bruno - Ma vaffanculo…
Leo - No, vaffanculo tu. Non ti si vede più in giro, quando
ti fai vivo è solo per parlare di quel coso lì, di quel Nelsen.
Bruno - Nelson!
Leo - Va beh… E come se ti fosse nato un figlio, un bel
marmocchione di sedici anni! Bruno, da quando è
cominciata questa storia non fai altro che prenderti pesci in
faccia! I tuoi colleghi ti guardano con sospetto, i superiori
ti schifano, quelli del carcere mormorano che sei un
pedofilo, il magistrato, no, dico, il magistrato ti ha detto
che l’indagine si è conclusa, grazie, basta così, il ragazzo
magari ti sta pure prendendo per il culo e l’avvocatessa, lì,
la rossa, è anche sposata, quindi…Bruno, davvero non
vuoi farti una canna?
Bruno - No!… Ci sono ancora i sorci nei granai?
Leo - Eh?
Bruno - I sorcetti, sì! Perché sai cosa ho pensato la prima
volta che ho visto Nelson?
Leo - Ancora?!
Bruno - Ascoltami, Leo, ho pensato: occhi di sorcio. Sì, ha
lo sguardo dei sorcetti che catturavo da bambino. I
sorcetti, sì, loro avevano quello sguardo. Non i topi di
fogna: a quelli tiravo con la carabina ad aria compressa
senza nemmeno guardarli negli occhi. Ma i sorcetti sì,
invece, quelli di granaio, quelli di campagna, quelli sì che li
guardavo!
Leo - Il pane è fresco… Trovi?
Bruno - (Trasognato) Sì, i sorcetti…Avevano occhi come
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biglie di metallo, che giravano veloci come le palline dei
flipper. Così lucidi, così vivi…Come le piccole sfere di
mercurio sul pavimento, quando cade il termometro e si
rompe. Che da bambino lo facevo apposta e gli strilli di
mia madre sembravano riflettersi sulla superficie metallica
del mercurio
Leo - (Assaggiando il salame) Questo è venuto male: è
salato
Bruno - Sì, gli occhi dei topi che catturavo erano così.
Riuscivi a vedere la paura, ma ne rimanevi fuori. Non
erano come gli occhi dei gatti, dei cani o dei conigli che
hanno uno sguardo che ti lascia passare. No. I topi no.
Nello sguardo del topo non riesci a entrare…Sono
prigioniero, Leo. Prigioniero dello sguardo del topo.
Leo - (Sollevando il vaso delle olive) E io prigioniero, come
un’oliva della sua salamoia!
Bruno - Leo…
Leo - Sì, caro…
Bruno - Vaffanculo!
Leo - (Ridendo) Ma Bruno, come sei messo?! Sei più
scemo dei miei polli! Che sono scemi, eh? Ma tu, di più!
Dico, stai dietro a questa storia da un mese!
Bruno - Un mese! Oggi è il quindici! Scusa, devo andare
in bagno! (Esce)
Leo - Ma cos’è?…Bruno, ma vai in bagno una volta al
mese?
Bruno entra in bagno. Scarrella la pistola
Leo - (Sentendo il rumore) Ma che stai facendo?
Bruno rientra in cucina
Leo - Non hai tirato lo sciacquone…
Bruno - Non c’è stato bisogno
Leo - Perché hai preso questa storia così sul serio?
Bruno - Non lo so, ci sono dentro e basta
Leo - (Versandogli del vino) Bevi va, che ti passa…
Bruno - Ma cosa mi deve passare? Non è mica una
malattia! Non voglio che mi passi. Sto male, sì, ma mi
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sento vivo. Come se tornassi ad esserlo dopo tanto tempo
Leo - Ah! Ho capito, fino ad ora eri un cadavere. E’ per
questo che puzzi!
Bruno - No, puzzo perché sono entrato nel tuo cesso. Ma
la pulisci questa cazzo di casa?
Leo - Perché? Vuoi sposarmi?
Bruno - Ma piantala…
Leo - Eh no, piantala tu. Io pago le mie tasse perché tu
faccia il poliziotto, non il filosofo. E visto che al lavoro non
ti pagano per pensare, continua a non farlo anche gratis! E
dai!
Bruno - Sai cosa? Quando Nelson esce di prigione te lo
faccio conoscere
Leo - No, no, no…No, grazie, non so perché, ma è meglio
di no…
Bruno - Ma non è per adesso. Nelson rischia un pena fino
a dodici anni, nel massimo edittale, però scontata di un
terzo...
Leo - Sembrano i saldi della Standa!
Bruno - Di cui tre anni in carcere o in qualche
istituto…Ho capito, non te ne frega niente!
Leo - Ma Bruno, svegliati! E dai a questa storia il suo
giusto valore! E poi, io mi chiedo: che storia è? Sfido
qualcuno a raccontarla: non ci riesci nemmeno tu. Io ti
chiedo di raccontarmi qualcosa e tu: ma niente, io e Nelson
parliamo, parliamo, parliamo di tante cose. Bah! Ma
quanto puoi essere sicuro che quello lì sia uno sfigato e
basta e non, piuttosto, uno sfigato furbo che ti sta
sfruttando?
Bruno - E se fossi io, a sfruttarlo?
Leo - Ah, sì?! E perché lui che cosa avrebbe da offrirti?…
Ma va…
Bruno - Ma come fai a non capire?! Leo, anch’io sono in
prigione! Ma la mia prigione è un vestito! Sì! Una stoffa
morbida può essere più dura del muro di una cella!
Leo - Bruno, ma che stai dicendo?
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Bruno - Dico che una divisa è come una corazza! Ti
difende, ma non ti fa respirare! Mettersi una divisa è come
l’investitura di un cavaliere medievale: devi combattere i
nemici senza sporcarla del loro sangue. Come i cavalieri, sì,
ecco come Parsifal! E invece siamo solo dei coglioni!
Leo - Bruno…
Bruno - Eh?
Leo - Questo Parsi- coso, lì...Chi è? Non un altro
Colombiano, spero…
Bruno - Ma no! Era un cavaliere della tavola rotonda: uno
puro, incorruttibile, uno che combatteva per degli alti
ideali!
Leo - Ah, ho capito, un altro coglione. Senti, Bruno, lascia
stare i cavalli (Bruno, rabbioso, si alza ed esce) Ma dove
va?…Bruno, ma dove vai?
Bruno - (Rientrando) In Colombia, va bene?! Così cambio
vita e non ci penso più!
Leo - In Colombia? Oh, Colombo, se vuoi cambiare vita,
non devi mica andartene in capo al mondo. Sai cosa devi
fare, se vuoi cambiare vita? Te lo dico io cosa devi fare!
Prendi una pala e vieni a darmi una mano a spalare la
merda dei miei polli. Merda vera, Bruno. Concreta. I miei
polli sono scemi, sì, ma sono di buona compagnia. E di
sicuro non ti danno i pensieri che ti danno i tuoi (Ridacchia)
Bruno - Non ce la faccio…
Leo - A far cosa?
Bruno - A buttare via tutto
Leo - Ma buttare via cosa?
Bruno - La divisa!
Leo - Ancora con questa divisa! Bruno, adesso te lo dico
io perché stai così attaccato a quella divisa! Lo sai perché?
Perché ti fa comodo! Perché ti dà prestigio! Perché ti fa
sentire qualcuno! Ma Bruno, sotto quella divisa sei in
mutande, proprio come me. Senza offesa, eh, tu e il tuo
Parsi-coso, lì, ma guarda che al mondo c’è un sacco di
gente che si sveglia la mattina e ha già un mare di
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
problemi!
Bruno - Problemi, già. I problemi della gente comune.
Beh, vorrei tanto averli anch’io, i problemi della gente
comune! Quei bei, sani, onesti problemi della gente
comune! Di cui puoi parlare al bar, in autobus, dal
salumiere! O sui giornali o in televisione! Quei bei
problemi nei quali già sai che anche gli altri si riconoscono
e che a parlarne non ti senti solo! Non ti senti l’unico idiota
ad averli! Senti, sai, invece quali sono i miei problemi?!
Vuoi sapere qual’ è, oggi, il mio problema più grande?
Ho perso le manette!
Leo - (Ridendo) Ma come si fa?!
Bruno - Eh, come si fa…Ridi, ridi! Tu allevi polli per
campare e puoi ridere di una cosa così. Mica sei soggetto al
Regolamento di Disciplina, tu. “Ha perso le manette.
Negligenza! Lei è proposto per la deplorazione!”
Leo - No!
Bruno - Sì! “Deplorazione”: pensa un po’! “Presenti
relazione di servizio! Firmi la notifica della contestazione!
Presenti giustificazioni! Firmi la notifica di addebito! Firmi
la notifica della convocazione della commissione di
disciplina! Firmi la notifica del parere della commissione!
Faccia ricorso, se vuole!” Dico, ma quanta gente ci lavora,
dietro? Se ai delinquenti applicassimo il nostro
Regolamento di Disciplina, invece del Codice Penale,
sarebbero sicuramente più preoccupati. Io sono convinto
che la disciplina sia importante, ma non può diventare il
mio unico pensiero. E poi, pensa che una volta ho
segnalato io la negligenza di un mio superiore e mi hanno
trasferito il giorno dopo. Ah, se poi sei antipatico a
qualcuno, sei finito. Appena tossisci, sono già tutti lì. Sì, sì,
lo so, Leo, cosa stai pensando: sono un coglione. Ma certo,
hai ragione… Passo più tempo a lustrarmi le scarpe che la
lingua, da bravo soldatino...E infatti ieri m’han fatto il
“processino”. Erano in cinque: hanno letto il mio intero
foglio matricolare, lo stato di servizio, i precedenti
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disciplinari, le mie votazioni di 15 anni. Pensa che anni fa
dei miei colleghi andavano in giro ad ammazzare la gente
e io nella valutazione di quell'anno ho avuto un voto
bassissimo perché avevo incidentato un'auto di servizio,
smarrito un bollettario di contravvenzioni e mangiato un
panino al bar. Tre richiami disciplinari e abbassamento del
voto. Beh, vorrei tanto conoscere la votazione di quegli
altri. Lasciamo perdere che è meglio, va!…
Leo ride
Bruno - Sì, sì, per te sono fregnacce. Ma tu credi che mi ci
diverta a dover star male per delle fregnacce? A dovermi
sentire un idiota e a domandarmi se sono idiota perché ho
commesso un’idiozia o se lo sono perché sto subendo
un'idiozia e non ho il coraggio di reagire?!…Senti Leo,
stanotte ho avuto un incubo. Mi trovo nella stanza della
Commissione Disciplinare. In fondo alla stanza c’è un
portico. Un uomo cammina. E' buio. Sento che quell'uomo
è in pericolo. Provo a farlo presente, ma sono tutti
impegnati nella lettura delle carte. Parlano delle mie
manette. Dico siamo in sei, sei poliziotti, qua dentro.
Niente. Comincio a star male. Ma all'improvviso mi
accorgo che le manette le ho in tasca. Le tiro fuori,
contento: forse mi salvo da un'ennesima disciplina. Ma le
manette mi sfuggono di mano. Si ingigantiscono.
Diventano enormi. Mi saltano alla gola e si serrano di
scatto. L'uomo cammina ancora. Gli altri continuano a
leggere. Io cerco di liberarmi dalle manette: mi
impediscono di parlare, voglio avvertire quell'uomo. D'un
tratto sento le chiavi. Le ho in tasca, nei pantaloni. Posso
prenderle e liberarmi, ma mi blocco: ho la giacca della
divisa, ma i pantaloni borghesi. Uso promiscuo della
divisa, mancanza sanzionabile disciplinarmente. Se sollevo
il lembo della giacca la Commissione se ne accorgerà e mi
eleverà un'altra punizione, che cumulata alle altre
aumenterà automaticamente di asprezza. E allora resto
immobile. Nel buio appare una pistola. Un colpo, due colpi.
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L'uomo cade. Lo guardo, mi guarda. Solleva un braccio a
chiedere aiuto. Ma io riesco solo a pensare che mi sono
appena salvato da un altro provvedimento disciplinare. Il
braccio dell'uomo si affloscia e io mi sveglio di soprassalto.
Sudato, ansimante. E resto lì, come un attonito idiota…
Leo - Bruno, dammi retta, facciamoci una canna…
Scena decima
Parlatorio del carcere. Bruno e Nelson, seduti, tacciono a lungo
Bruno - Sono qua da dieci minuti e non hai ancora aperto
bocca. (Facendo per uscire) Va beh, ho capito: non è giornata
Nelson - Aspetta!
Bruno - Che c’è?
Nelson - Bruno, tu hai paura di morire?
Bruno - Ma cos’hai? Stai di nuovo male?
Nelson - No, no, sto bene. Bruno, tu hai paura di morire?
Bruno - Ma che sei diventato scemo?…Nelson, ti rendi
conto?! Hanno fissato il processo! E il tuo avvocato ha
buone probabilità di ottenere l’estradizione col solo divieto,
per tre anni, di non tornare in Italia!
Nelson - Hai paura di morire?
Bruno - Basta, Nelson
Nelson - Hai paura di morire?
Bruno - (Urlando) No! Non ho paura di morire! (Piano)
Scusa, sono nervoso. Oh, ma cosa vuoi? Che ti faccia le
scuse per iscritto? Ma cosa c’è? Hai cacato di nuovo
sangue?
Nelson - No. Ho litigato col mio compagno di cella: un
algerino. Ha promesso di ammazzarmi mentre dormo. Ha
detto che ya ne matò a dos. Ne ha già ammazzati due…
Bruno - E adesso me lo dici? Ti faccio cambiare cella!
Nelson - No, l’algerino è già uscito. Era qui dentro per
poco. Magari non era vero che ha ucciso qualcuno, ma io
ho paura…
Bruno - Non hai la tempra dell’ergastolano, eh? Non sei
così stronzo, come dice un mio amico…
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Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
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Nelson - Io non sono stronzo
Bruno - Non sei neanche un santarellino, però…
Nelson - E tu eres un gringo
Bruno - Un cosa?
Nelson - Un gringo: noi chiamiamo così uno straniero,
uno col dinero
Bruno - Nelson: se avevo il dinero non me ne stavo qui
con te…
Nelson - Ne hai sempre più di me
Bruno - Ma va…
Nelson - Bruno, io qua dentro sto male. Sono solo. Non
parlo con nessuno, sto sempre per conto mio. E poi,
quando quello mi ha minacciato è stata la prima volta che
ho avuto veramente paura di morire. Neanche prima
dell’operazione. Neanche nel mio paese, a Eldorado Mejia.
Perché lo sai che nel mio Paese c’è la guerriglia… Per far
fuori i trafficanti ogni tanto arriva l’esercito e ne fa fuori
qualcuno. Poi quelli ammazzano i soldati. E poi
ricominciano daccapo…
Bruno - Ma come fate a vivere così? Dico, in un posto
dove la vita non vale niente?
Nelson - Perché? A chi importa de mi vida?
Bruno - Deve essere importante per te e poi per tua
madre… E anche per me, dai…
Nelson - Ma allora perché continui a venirmi a trovare?
Io ti ho già detto tutto quello che sapevo!
Bruno - E’ vero…Ho passato tutta la notte sveglio a
domandarmelo… Perché torno là dentro? Non lo so… E’
strano…Si capisce di essere soli, solo quando incontri un
altro veramente solo. Solo come te. Lo incontri per caso, lo
vedi e ci vedi te stesso. Come due barche, di notte. Parte
un segnale, un segnale risponde. Io ho sentito il tuo, tu
forse hai ascoltato il mio. Non lo so…E’ tutto, strano…
Quando ci vediamo tu in un’ora devi raccontarmi un’intera
giornata di nulla assoluto e io faccio altrettanto con te. Io
per venirti a trovare entro nella tua prigione, o forse esco
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dalla mia, non so. E il bello è che con te non posso
nemmeno parlare di tutto. Hai solo sedici anni. Che ne sai
della vita?
Nelson - Ma tu sei mio amico. Io so tutto di te e tu sai
tutto di me. Magari, se non c’eri tu, yo me volvìa loco:
diventavo matto
Bruno - Magari ero io che diventavo matto…
Nelson - Ma che dici? Tu sei libero. Sono io, in prigione.
Questa è la mia prigione: tu sei il mio ospite (Ride)
Bruno - Che ne sai, forse è proprio questa prigione, che
mi salva la vita…
Nelson - No. Questa prigione è mia: se ne vuoi una tutta
per te, guadagnatela!
Bruno - Giusto. Però, Nelson, in prigione ci finisci anche
senza avere fatto niente per guadagnartela. E ci resti, per
pigrizia. E sì, perché per evadere di prigione devi essere in
gamba. Molto in gamba. E certo molto più in gamba che
per entrarci. Vedi, Nelson è come coi topi. Prima li cacci,
quando stai bene. Poi, se finisci chiuso in una cella, cerchi
di farteli amici. Stai lì e aspetti. Aspetti che arrivi, il topo.
Come se fosse un amico, un fratello…Un figlio. E sì,
perchè il topo ti distrae, ti fa passare il tempo e soprattutto
non ti fa pensare. E lo invidi pure, il tuo amico, il topo,
quando terminata la visita, sparisce nel suo buco e
riguadagna la libertà.
Nelson - Me gusta. Me gusta, questo topo
Bruno - Ah, ti gusta…Nelson, tu prima mi hai
domandato se ho paura di morire…No, non ho paura di
morire. Io ho paura della morte degli altri. Ho paura di
rimanere solo. Che stupido, io sono solo. Sai come si dice?
Quello è un lupo solitario. Ah, non è che quelli che
sembrano dei gran compagnoni stiano meglio, in
realtà…Come un mio amico: Mimmo.
Nelson - Mimmo?
Bruno - Sì, era uno normale…Uno senza pensieri. Con
quella sua pronuncia strana che delle volte ci faceva anche
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il buffone. Uno tranquillo, ecco. Era ferragosto, la caserma
vuota…Strano come d’estate tutto sembra più vuoto…
una caserma poi...Vedi, vivere in caserma, non è il
massimo, io ci ho vissuto per anni, ma almeno non sei mai
solo: il bello di una caserma è che trovi sempre qualcuno
con cui parlare. Quel disperato del piantone di notte è
sempre lì, ogni notte uno diverso, naturalmente…E tu
puoi andarlo a trovare e raccontargli i fatti tuoi e lui sta lì
ad ascoltarti, perché non ha nient’altro da fare e anzi, gli fai
un po’ di compagnia. Tanto lo sa che prima o poi toccherà
anche a lui non prendere sonno nella camerata, scendere le
scale al buio e infilarsi nel Corpo di Guardia per parlare
con qualcuno. Perché il disgraziato del turno di notte c’è
sempre…(Improvvisamente cupo) Mimmo no…Poteva
dirmi “Bruno, resta un po’ qui con me”…Forse avrà
pensato che lo avrei mandato al diavolo, che dovevo
andare a ballare o chissà che cosa…Perché non l’ha fatto?
Perché non è sceso? Avremmo potuto parlare! Gli sarebbe
passata!…Forse, non lo so. Non lo saprò mai…Quando il
ritardo è diventato troppo grande, il Sottufficiale di
Servizio è andato a cercarlo su in camerata. Non scendeva
più nemmeno lui. Poi ho sentito l’ambulanza, l’Ufficiale di
servizio che attraversava di corsa il piazzale, seguito da
due ragazzi appena smontati dalla guardia esterna…Ho
sentito l’angoscia che cresceva…Perché nessuno veniva a
dirmi niente? Io non potevo muovermi dalla garitta, in
piedi come un idiota! Quella notte mi sentii più idiota del
solito! E da quella notte continuo a sentirmi un idiota!…
Alla fine il Sottufficiale mi è comparso davanti, la faccia
stravolta. E io, non so perché, gli guardai gli anfibi. Vidi le
impronte scure che le suole lasciavano sul pavimento
bianco, alla luce spettrale dei neon…Avevo già capito
tutto prima ancora che lui aprisse bocca per dire: Mimmo
si è sparato…Nelson, da quella notte io tutti i quindici del
mese faccio una cosa…Mi ficco in bocca la canna della mia
pistola per sentire che sapore ha, per sentire l’ultima cosa
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che ha provato Mimmo. Da quella notte…È come se
aspettassi qualcuno o qualcosa che mi dia il cambio a
mezzanotte…
Nelson - Allora...Allora tu hai bisogno di me, Bruno...
Bruno - Non lo so, Nelson, di cosa ho bisogno…
Nelson - Hai bisogno di me, Bruno! Dai, adottami!
Bruno - Cosa?
Nelson - Sì, adottami, così staremo sempre insieme!
Bruno - No...Non lo so, Nelson, lasciami stare…
Nelson - Dai, Bruno, dai, io starò sempre con te e non ti
lascerò mai solo!
Bruno - Ho appena il doppio dei tuoi anni…
Nelson - Fai qualcosa per me, Bruno! Vuoi stare tutta la
vita da solo?
Bruno - L’adozione non è possibile. Vedrò... Forse,
qualcosa si può fare…
Nelson - Bruno, che sarà di me?
Bruno - Non lo so, Nelson…
Nelson - Non lo so! Non lo so! Non lo so! Tu non sai dire
altro, Bruno? La vida hay que buscarsela! La vita, bisogna
cercarla. Capito? E in fretta! Presto! Porqué la vida non
aspetta! E tu? Tu che aspetti, Bruno?
Bruno Senti, ragazzo, io mi faccio il culo da tredici anni!
Credi che sia facile? Sempre perfetto! Tutto sempre
perfetto, fuori! E dentro? Se c’è una crepa nasconderla,
sempre! Sempre o sei fuori!
Nelson - E allora perché lo fai, questo lavoro? Io, se mi
andava bene, in tredici anni ero ricco!
Bruno - No! Tu eri morto in molto meno tempo!
Nelson - E tu sei muerto ahora! Tu fai questo perché non
puoi fare altro. Yo no: yo la inseguo, la vita, io la cerco, la
vita!
Bruno - No! Tu insegui la morte, Nelson!
Nelson - Ah, forse è la muerte che sta inseguendo me! Ma
tu, invece, tu, insegui la muerte e non te ne accorgi! Tu
eres como ese estupido de tu amigo que se matò!
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Bruno - (Gelido) Cos’hai detto?!
Nelson - Nada
Bruno - Tu hai detto qualcosa su Mimmo!…Cosa c’entra
il mio amico?
Nelson - Nada!
Bruno - Tu l’hai chiamato stupido!
Nelson - No… Hai capito male…Tu non capisci il
Castellano…Ecco, el tu amigo ha fatto male a spararsi e a
lasciarti da solo. Ma adesso ci sono io, Bruno! Io sono tuo
amico! Oye, Bruno, ascolta, vieni con me, en mi casa, en
Colombia!
Bruno - In Colombia a far cosa?
Nelson - Apriamo un bar. Una sala giochi. Tu hai i soldi?
Non tanti, ne servono pochi. Io ho degli amici!
Bruno - Sì, immagino che amici, magari gli stessi amici
che t’hanno messo su quell’aereo!
Nelson - Che noia, bruno…
Bruno - Sì, sì, lo so, annoio pure me stesso! Una volta
parlavo da solo, ma adesso non faccio più neanche quello
per paura di addormentarmi…
Nelson - Hay que buscarse la vida, Bruno. La vita,
bisogna cercarsela!
Bruno Sì, sì… Adesso esco e la cerco la vita. Vita? Vita?
C’è nessuno? Ecco, sì, comincio dai tombini. Come con le
monetine, ce ne finisce sempre dentro qualcuna…
Nelson - Tu scherzi, scherzi sempre, ma non m’importa
dei tuoi scherzi!
Bruno - Ma c’è qualcosa di cui ti importa, Nelson? C’è
qualcosa di cui ti importa davvero?!
Nelson - Uscire di qui!
Bruno - E uscirai, uscirai!! Te l’ho detto! Tra due giorni
c’è il processo! E lo sai che le cose si sono messe bene, per
te! Ti daranno meno di tre anni e la sospensione della
pena. Lo sai e si vede! Sei diventato più sicuro e più
stronzetto, anche!
Nelson - E dovrò tornare in Colombia?
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Bruno - Sì, in Colombia e per tre anni non potrai tornare
in Italia, altrimenti, se ci rimetti piede, finisci dritto in
prigione e stavolta ci sconti tutta la pena!
Nelson - Mierda!
Bruno - Mierda? Nelson: torni libero! Non te ne frega
niente di tornare libero?
Nelson - Che me ne faccio di essere libero, se non sono
anche ricco?
Bruno - Ah, è questo che pensi!
Nelson - Perché, non è vero?! Se non hai el dinero sei
schiavo de todos! E io non voglio essere schiavo di
nessuno!
Bruno - (Fa per andarsene) Basta!
Nelson - (Gli si para davanti) Aspetta, Bruno! Vieni con
me, Bruno, vieni con me en mi casa! Si tu me ayudas in
poco tiempo saremo ricchi e non dovremo essere più gli
schiavi di nessuno! Ascoltami, Bruno: tu credi di essere
uno che non fa cose cattive. Uno buono. E invece sei uno
schiavo. Sei solo un servo, Bruno!
Bruno - (Fa per andarsene) Piantala!
Nelson - (Parandoglisi davanti) Hay que buscarse la vida!
Dobbiamo cercarcela la vita, Bruno! Senza paura! Sin
miedo! E se è necessario, bisogna rubarla! Bisogna
rubarsela la vita, Bruno!
Bruno - Ma io non so rubare!
Nelson - Puoi imparare. Io ti insegno!
Bruno - Ma io non voglio rubare!
Nelson - Perché?!
Bruno - Perché non voglio!
Nelson - Perché sei un poliziotto?
Bruno - No! Perché voglio restare onesto!
Nelson - A la porra! Per riuscire a sopravvivere non basta
essere onesti!
Bruno - Sì, forse non basta. Ma io so solo che il quindici
del mese mi chiudo a chiave in bagno, mi ficco una pistola
in bocca e faccio clic, clic, clic! E forse un giorno ci sarà il
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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bum al posto del clic!
Nelson - Ma io ho ancora bisogno! (Dando un pugno sul
tavolo) E tu non fai più niente per me! Bruno, devi
aiutarmi, Bruno! Bruno, si tu no me ayudas, yo me mataré!
Bruno - Cosa?
Nelson - Mi ucciderò e sarà tutta colpa tua!
Bruno - (Facendo volare per terra una sedia) Avanti, ripetilo
se hai coraggio! Ripetilo!
Nelson - Yo ago lo que me da la gana!
Bruno - Ripetilo!
Nelson - Mi ucciderò e sarà tua la colpa!
Bruno (Spingendo Nelson) Tu non ti ammazzi! Tu devi
darmi il cambio a mezzanotte! Io non ci resto da solo ad
aspettarti! Io non ci resto a guardare il buio tutta la notte!
Tutta la notte, in piedi, come un idiota! Io non sono un
idiota, hai capito? Io non ce la faccio più a dire che va tutto
bene, quando non va bene un cazzo, capito? Io non ce la
faccio più a fare finta che va tutto bene, quando qualcuno
mi vomita sui piedi perché sta morendo di overdose e io
non posso farci niente, quando una prostituta mi piange
davanti e non posso farci niente, quando i delinquenti mi
ridono in faccia e io non posso farci niente, quando la gente
va a prendere il figlio all’asilo e viene ammazzata, quando
uno come te è in prigione, invece di starsene al mare a
scopare e quando uno come Mimmo si spara in bocca, Dio
santo! Quando questa divisa di merda che ho addosso non
riesce a fermare tutto questo, non riesce a fermare un
cazzo, capisci? Lo capisci, questo?…(Raccoglie la sedia e si
siede) Ma sì, hai ragione tu, io sono un idiota! Un idiota che
si veste di blu per salvare il mondo e non riesce nemmeno
a salvare se stesso!… Lo sai quante volte mi hanno
chiamato figlio di puttana? E io non ho fatto una piega,
perché tanto sapevo che non era vero. Ma adesso?...Se io
sono il figlio di uno Stato che permette tutto questo, io
sono il figlio idiota di quella grande puttana della mia
Repubblica. E adesso ripeti con me. Come una preghiera.
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Come il Padre Nostro: “Bruno, io non mi ammazzerò”…
Nelson - No!
Bruno - Dillo!
Nelson - No!
Bruno - Dillo!!
Nelson - No!!
Bruno - Dillo!!!
Nelson - Bruno, io non mi ammazzerò…
Bruno - “Bruno, ti ringrazio di avermi fatto capire il mio
errore...”
Nelson - Bruno, ti ringrazio di avermi fatto capire il mio
errore...
Bruno - Bruno, io ti prometto che quando tornerò al mio
villaggio starò lontano dalla droga e aiuterò mia madre a
lavorare la terra…
Nelson - Bruno, io ti prometto che quando tornerò al mio
villaggio starò lontano dalla droga e aiuterò mia madre a
lavorare la terra…
Bruno - Bruno, io ti prometto che diventerò un uomo
onesto.
Nelson - No!
Bruno - Diventerò un uomo onesto!
Nelson - No!!
Bruno - (Gridando) Un uomo onesto!
Nelson sputa in faccia a Bruno. Bruno dà uno schiaffo a Nelson
Bruno - (Con calma glaciale) “Bruno, io diventerò un
uomo onesto anche se mi sentirò uno stupido…”
Nelson - Io non sarò mai uno stupido come te. Tu eres un
estupido gringo de mierda!
Scena undicesima
Bagno della casa di Leo. Leo davanti allo specchio si rade
Leo - La vita ha poche regole e la prima è stare lontano
dalle sfighe che non conosci…Perché quelle che conosci,
quelle ce le hai già addosso per eredità, mica puoi farci
niente. Ma quelle nuove guardale da lontano! O dì bain so,
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
se proprio proprio muori dalla curiosità, vacci vicino e non
caderci dentro! Guardale e lasciale passare…Perché io lo
so, per noialtri la sopravvivenza è un dovere, mica un
diritto! E soprattutto, è già una faticaccia di suo! E’ per
questo che per noialtri la paura è un obbligo: è la sola cosa
che ci salva dall’annegare nel fiume! Bisogna avere sempre
paura. Paura di tutto quello a cui non sappiamo dare un
nome. Ecco!
Scena dodicesima
Bagno dell’ufficio di Bruno. Bruno, seduto, fissa un foglio
Voce fuori campo di Bruno - Egregio collega, con la
presente le comunico che è stata compiuta una vasta
operazione di polizia volta alla distruzione delle
coltivazioni illecite di cocaina di cui questa regione è
grande produttrice. L’operazione ha raggiunto il proprio
obiettivo: vaste aree sono state bruciate e circa una
quarantina tra narcotrafficanti e contadini favoreggiatori
sono caduti sotto i colpi della legge. Quindi ho il dovere di
informarla che il fascicolo relativo a Nelson Rubén Garcìa
Vacas può essere chiuso, dal momento che è morto, il
primo agosto, in suddette circostanze. Con i miei rispetti, il
capo delle forze di polizia della regione di Eldorado Mejia,
Colombia
Bruno lascia cadere il foglio, si avvicina allo specchio, estrae la
pistola e se la infila in bocca
Sipario
Bologna, Dicembre 2000 – Marzo 2001
Nota dell’Autore
L’ incubo di Bruno alla scena nona, scritto nel 2004 per
L’OMBRA DEI PORTICI, successivamente è stato inserito
anche in questo dramma
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
L’OMBRA
DEI PORTICI
di Minever
Morin
Dedicato alla memoria del Prof. Marco Biagi
Prima lettura pubblica:
Bologna, Marzo 2004
Prima rappresentazione:
apertura Festival Nuova Drammaturgia
“Franco Enriquez” Sirolo (AN), agosto 2004
Prima rappresentazione versione francese
“L’OMBRE DES ARCADES”
Theatre de L’Île Saint Louis-Paul Rey
Parigi, marzo 2009
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Personaggi
Il protagonista, giovane poliziotto
Atto unico. Scena unica
Interno. Una poltrona posta con la spalliera rivolta al
pubblico, una sedia, un telefono. Il protagonista è sempre
in scena da solo. Rientra in casa, si toglie il cappotto. Ha
una fondina del tipo ascellare dalla quale fuoriesce il
calcio di una pistola. Estrae dalla tasca un cellulare e
compone un numero
Protagonista - Ciao, Franco, sono io…Sì, sì bene.
Eh, siamo rientrati tardi…Sì, bella serata. Senti e
come vanno le azioni? Ah, sono salite? Bene. No,
come faccio a comprarne ancora? Lo so che non mi
hai mai tirato bidoni…Ma sei sicuro?…Beh, fino a
mille Euro ci arrivo…E va beh, compramele. Ah,
Franco, senti, tu ci credi al soprannaturale? Sì: gli
spiriti e roba simile. Come sarebbe a dire 'che
domanda è': è una domanda. Prima ti ho chiesto:
come vanno le azioni? E' la stessa cosa: è una
domanda. Puoi darmi una risposta diretta, mica mi
offendo...Nemmeno io ci credo, al soprannaturale...
No... E' che...Vedi... Ci sarebbe qualcuno seduto sulla
poltrona del mio salotto...(Ride) Sì...Magari, una
bella figa! No, non è una bella figa. E' uno che non
conosco. Come sarebbe a dire “chiama la polizia?”
Franco, sono io, la polizia! E poi è meglio che non la
chiami, la polizia…Perché? Eh, il perché è
consequenziale al postulato di cui sopra…Parlo
difficile? Traduco: è legato alla mia domanda “credi
al soprannaturale?”. Insomma: Franco, c'è un
fantasma seduto nel mio salotto! Ecco: l'ho detto.
Quanto l'ho presa larga, ci voleva tanto…Sì, sì sono
d'accordo. Non può esserci un fantasma seduto sulla
poltrona del mio salotto, per tutte le ragioni che mi
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hai esposto e che condivido in pieno. Per questo ho
chiamato te: sei l'essere più pragmatico che conosco.
Però il problema resta: Franco, c'è qualcuno seduto
sulla poltrona del mio salotto. E non è un essere
umano. Come sarebbe a dire “descrivimelo”? Franco,
ma da che parte stai? (Indica la poltrona ma senza
guardarla) Sei d'accordo con lui? Dico, ho chiamato
te perché sei razionale, metodico, laureato in
economia e commercio, il batman della borsa e tu,
proprio tu, mi vieni a dire “descrivilo”!…Va bene, va
bene: te lo descrivo. Allora…Ma no, non è messo
male: è…Direi, una persona distinta. Sembra un
intellettuale, un professore. No, senza occhiali. E'
triste. Silenzioso. Non guarda nulla. Ecco, ha la
stessa espressione di Gec: te lo ricordi il mio
labrador? Quando lo lasciavo chiuso fuori di casa,
sul pianerottolo? Sì, sul pianerottolo, davanti alla
porta chiusa. Ma come sarebbe a dire “il fantasma
del pianerottolo”?!…Sì, va bene. Franco: ho capito.
Ci sentiamo. Ciao
L'uomo si siede come in attesa che l'ombra parli. Poi,
spazientito, si alza e compone un numero
Ciao, Marzia. Come va?…D'accordo…No! Qui, da
me, no! Scusa, oggi no! Vengo io...Ma no…Ma chi
vuoi che ci sia? Che fai, la gelosa?…No, è che...Senti,
Marzia, è successa una cosa strana. Stamattina
camminavo in centro sotto i portici e all'improvviso
ho sentito un brivido lungo la schiena…Sì, la
propoli, non l'aspirina. Solo cure omeopatiche!
Ascoltami, Marzia, non ho l'influenza! Ho avuto un
brivido e un profondo senso di freddo. Sono
rientrato a casa e ho avuto la sensazione di non
essere solo. Era come se qualcuno mi avesse seguito,
fosse entrato in casa e con lui questo grande freddo.
Un freddo interno. Ho provato a togliermelo di
dosso. Ho bevuto qualcosa di forte, ma niente. Non è
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passato. Tesoro, non alzo il termosifone! Non serve!
E' un altro tipo di freddo! No, Marzia, i freddi non
sono tutti uguali! Te lo assicuro io che lo sto
provando…Senti, Marzia: come sei messa coi
fantasmi? Sì, gli spiriti, le anime, le reincarnazioni,
che ne so! Dicono che voi donne ve ne intendiate più
di noi! No, non mi interessa l'oroscopo! Voglio solo
sapere se sei in grado di riconoscere un fantasma se
ne vedi uno o se qualcuno te ne descrive uno. Ma
non ti sto prendendo in giro, Marzia. E' una
faccenda seria. E' tutto il giorno che ci penso! No,
non è suggestione, non sono andato al cinema! Non
vado mai al cinema senza di te, Marzia. So che ci
tieni tanto e non ci vado…Marzia? Marzia? Marzia?
L'uomo fissa la poltrona; poi, come per negare la realtà,
batte con la mano sulla spalliera e sul sedile. Quindi
riprende il cellulare e compone un numero
(Forzatamente allegro) Ciao, Leo. Tutto bene?…Io?
Benissimo...(Tornando improvvisamente teso) Beh…
Insomma…Leo ho un fantasma
seduto sulla
poltrona del mio salotto! Ma come “chiama i
ghostbusters”? Leo, dove li trovo i ghostbusters,
sulle pagine gialle?…Un esorcista? Eh, magari,
questa è un'idea. Tu ne conosci uno?…Il prete della
tua
parrocchia?…E
perché
no?…Ti
ha
scomunicato?!…E perché? Gli mettevi i petardi tra
le pecorelle del presepio. Me lo ricordo, Leo, ma
avevi dieci anni l'ultima volta che l'hai fatto! Lo hai
fatto anche quest'anno? Ah, avevi voglia di sentirti
giovane? Eri ubriaco…No, io no, Leo. Non sono
ubriaco. Te lo giuro, non sono ubriaco. Sono
arrabbiato! E vuoi sapere perché? Perché ieri ho
perso le manette! E allora per farmi passare la rabbia
faccio un giro sotto i portici. Ma mentre sto lì a
rimuginare
sulle
mie
dannate
manette,
all'improvviso mi accorgo che ho due ombre!…Sì,
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due ombre! La mia e questa qui, che non se ne vuole
più andare dalla mia poltrona!…Ancora?! Non sono
ubriaco! Sono solo arrabbiato per le mie fottutissime
manette!…Sì, ridi, ridi! Tu allevi polli per campare e
puoi ridere di una cosa così. Mica sei soggetto al
Regolamento di Disciplina, tu. "Ha perso le manette.
Negligenza! Lei è proposto per la deplorazione”.
D-E-P-L-O-R-A-Z-I-O-N-E.
Pensa
un
po'!
“Presenti relazione di servizio! Firmi la notifica della
contestazione! Presenti giustificazioni! Firmi la
notifica di addebito! Firmi la notifica della
convocazione della commissione di disciplina! Firmi
la notifica del parere della commissione! Faccia
ricorso, se vuole!". Ma quanta gente ci lavora,
dietro? Se applicassimo ai delinquenti il nostro
Regolamento di Disciplina, invece del Codice
Penale, sarebbero sicuramente più preoccupati. Io
sono convinto che la disciplina sia sacrosanta, ma
non può diventare il mio unico pensiero. E poi,
pensa che una volta ho segnalato io la negligenza di
un mio superiore e mi hanno trasferito il giorno
dopo. Se poi sei antipatico a qualcuno, sei finito.
Appena tossisci, sono già tutti lì. Sì, Leo, lo so: sono
un coglione. Passo più tempo a lustrarmi le scarpe
che la lingua, da bravo soldatino...(Mimando)Le
scarpe…La lingua…Sai…Eh…E infatti ieri ho
avuto il “processino”. Erano in cinque: hanno letto il
mio intero foglio matricolare, lo stato di servizio, i
precedenti disciplinari, le mie votazioni di 15 anni.
Pensa che anni fa dei miei colleghi andavano in giro
ad ammazzare la gente e io nella valutazione di
quell'anno ho avuto un voto bassissimo perché avevo
incidentato un'auto di servizio, smarrito un
bollettario di contravvenzioni e mangiato un panino
al bar. Tre richiami disciplinari e abbassamento del
voto. Beh, vorrei tanto conoscere la votazione di
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quegli altri. Lasciamo perdere che è meglio, va...Sì,
ridi, ridi, per te sono fregnacce. Credi che io mi ci
diverta, a dover star male per delle fregnacce? A
dovermi sentire un idiota e a domandarmi se sono
idiota perché ho commesso una vera idiozia o se lo
sono perché sto subendo un'idiozia e non ho il
coraggio di reagire?…Senti Leo, stanotte ho avuto
un incubo. Mi trovo nella stanza della Commissione
Disciplinare. Parlano delle mie manette. In fondo
alla stanza un portico. Un uomo cammina. E' buio.
Sento che quell'uomo è in pericolo. Provo a farlo
presente, ma sono tutti impegnati nella lettura delle
carte. Parlano delle mie manette. Dico “siamo in sei:
sei poliziotti, qua dentro!”. Niente. Comincio a star
male. All'improvviso mi accorgo che le manette le ho
in tasca. Le tiro fuori, contento: forse mi salvo da
un'ennesima disciplina. Ma le manette mi sfuggono
di mano. Si ingigantiscono. Diventano enormi. Mi
saltano alla gola e si serrano di scatto. L'uomo
cammina ancora. Gli altri continuano a leggere. Io
cerco di liberarmi dalle manette: mi impediscono di
parlare, voglio avvertire quell'uomo. D'un tratto
sento le chiavi. Le ho in tasca, nei pantaloni. Posso
prenderle e liberarmi, ma mi blocco: ho la giacca
della divisa e i pantaloni borghesi. “Uso promiscuo
della
divisa”:
mancanza
sanzionabile
disciplinarmente. Se sollevo il lembo della giacca la
Commissione se ne accorgerà e mi eleverà un'altra
punizione, che cumulata alle altre aumenterà
automaticamente di asprezza. E allora resto
immobile. Nel buio appare una pistola. Un colpo, due
colpi. L'uomo cade. Lo guardo, mi guarda. Solleva
un braccio a chiedere aiuto. Ma io riesco solo a
pensare che mi sono appena salvato da un altro
provvedimento disciplinare. Il braccio dell'uomo si
affloscia. Mi sveglio di soprassalto. Sudato,
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ansimante. E resto lì, come un attonito
idiota…Cosa? Sei proprio un amico, Leo. Grazie.
L'uomo, seccato, riattacca e guarda l'ombra.
E va bene: affrontiamo la cosa. Cosa vuoi? Vuoi che
scopra come sei morto?…Perché sei morto? Ma per
chi mi hai preso, per Perry Mason? E poi, perché
proprio io? Ne passa di gente, sotto quel portico! Io
sono un centralinista: rispondo al telefono. “Pronto?
Prefettura-Questura…Gli uffici sono chiusi, le dico
gli orari…”
Si blocca e fissa l'ombra
Ho capito…Ho capito chi sei…Ho visto le tue foto
sui giornali. Ho letto che i tuoi assassini sono stati
presi. Ho letto che per prenderli ne è morto un altro.
Spero che per prendere gli assassini del secondo non
ne muoia un terzo, se no non la finiamo più! Ho letto
che forse stavi antipatico a qualcuno. Bhe, diciamo
che forse rompevi proprio i coglioni a qualcuno.
Buffo, eh? Io ho una lista di gente che mi sta sui
coglioni e stai sicuro che li vedrò morire tutti di
vecchiaia, tranquilli e indisturbati. Mica possiamo
andarcene in giro ad ammazzare tutti quelli che ci
stanno cui coglioni, no? O possiamo? Magari
qualcuno può: è evidente che può. Spero di non stare
sui coglioni a qualcuno. Tempi duri, per i
rompicoglioni: si va per le spicce. Il problema è
quando non ti accorgi di essere un rompicoglioni.
Quando lo sanno tutti, meno che te. Tu sei uno che
va per la sua strada, tranquillo, fa il suo lavoro con
coscienza, con dedizione, con coerenza e d'un
tratto...Zacchete! Ti trovi al centro della scena. E
che scena! Muori e ti accorgi che all'improvviso il
tuo collega ha più aria in ufficio, che il tuo vicino
trova parcheggio più facilmente, che il politico X si
trova in vantaggio perché c'è uno di meno che vota
per il politico Y. Muori e ti accorgi di quello che in
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vita non ti sei mai accorto di essere: un
rompicoglioni. Ci si resta male, no? E a questo
punto potrei essere a rischio anch'io, senza saperlo.
Solo per il fatto che me ne sto qui a parlare con
te…Può essere rischioso…Sai che faccio? Da
domani esco di casa e a tutti quelli che conosco o che
incontro domando 'vi sto sui coglioni?'. E' una buona
idea, no? Mi sa che ho scoperto la ricetta per vivere
tranquillo. O perlomeno per sopravvivere…Sì, ma
per avere la certezza di riuscire a sopravvivere devi
farlo di continuo, tutti i giorni, con chiunque. E dopo
ogni azione che hai fatto devi domandarti: starà sui
coglioni a qualcuno? Certo! Potrebbe essere la
soluzione per tutti i problemi esistenziali! Basta una
sola domanda, ripetuta da quando ti svegli a quando
vai a letto, per toglierti da ogni guaio: "scusi, le
rompo i coglioni?"…Sì, ma uno come lo scopre, di
essere un rompicoglioni? Gli arriva una carta bollata
a casa? Una patente ufficiale? Forse una telefonata
anonima alle tre di notte che ti fa capire che non
sarai più un uomo tranquillo che fa il suo lavoro con
dedizione. Oppure succede che ti accorgi che
nessuno ti ascolta. Che non ti parlano. Che non ti
rispondono. Ti accorgi che non esisti. Un fantasma:
un'ombra sotto ai portici. Cosa si prova?…Avanti: dì
qualcosa! Altrimenti che ci stai a fare seduto nel mio
salotto?…Parliamone, visto che da quella poltrona
non hai intenzione di alzarti…Perché tu da quella
poltrona mica ti alzi, vero? Io sarò un rompicoglioni,
ma anche tu non scherzi…Però, non capisco…Sei
abbattuto. Se io fossi in te sarei furioso, furibondo!
Sei morto perché forse stavi sui coglioni a qualcuno!
Fai finta almeno di essere un po' inquieto!…Ma no,
hai ragione: è malsano essere inquieti.
L'inquietudine di vivere è la pala con cui scaviamo la
nostra fossa. Che ne dici? Ti piace l'immagine
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poetica? (Con enfasi) L'inquietudine è la pala con cui
ci scaviamo la nostra fossa! Hai ragione: è patetica.
Non sono un granché come poeta. Per questo faccio
il poliziotto. Ho preso la penna in mano una sola
volta e ancora me ne pento. Un giorno mi salta in
mente di scrivere ad un giornale per difendere un
collega e, tanto che c'ero, per parlare dei miei
problemi di poliziotto. Oh, la rubrica 'lettere al
direttore' di un quotidiano di provincia, mica la
prima pagina del New York Times! Bhe, non ci
crederai: da quel giorno la mia vita è cambiata.
Prima, sono stato chiamato a colloquio dai miei
superiori e mi è stato fatto capire che la mia era stata
un'azione non gradita. Mi è stato detto, bada bene,
con molta gentilezza, con estremo tatto. Poi sono
iniziate le piccole ripicche: roba da poco, ma
metodiche. E se ci pensi bene è tremenda, la
metodicità: è inesorabile. M-e-t-o-d-i-c-i-t-à. E' già
orrenda la parola. M-e-t-o-d-i-c-i-t-à. Che schifo…
All'inizio non capivo bene cosa mi stesse
succedendo: avvertivo solo una strana sensazione,
come una leggera nausea, che, però, non passava. Mi
sentivo come risucchiato in un gorgo, un gorgo
lentissimo e così ampio che nemmeno riuscivo a
percepirne i confini. Un mulinello gigantesco che mi
risucchiava la voce. Era il silenzio dei miei colleghi,
quel loro guardarti un po' strano, quella domanda
che esce dai loro occhi e ti si conficca nella pelle,
come uno spillo. "Ma perché te la sei andata a
cercare?". "Perché te la sei andata a cercare?" E' il
momento peggiore: quando ti commiserano per
l'avere espresso un pensiero. Ti giuro che avrei
preferito essere preso a schiaffi, per quel mio
"peccato", anziché aver ricevuto tutte quelle
continue, piccolissime, implacabili punture di spillo.
Perché poi sapevo che avevano ragione: non sono
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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mica un pazzo che non ha contatto con la realtà. Io
lo sapevo benissimo che avevano ragione. Chi me lo
aveva fatto fare di espormi, di andare a dire qualcosa
in difesa di un collega che non conoscevo neppure?
Chi me lo aveva fatto fare? Un peccato veniale. Ma
un errore si può fare. Questo lo hanno pensato pure
loro, ed erano anche pronti a perdonarmelo,
quell'errore. E io invece, cretino, sono andato a dire
"resto della mia idea". Ma chi se ne frega, delle mie
idee! Non me ne frega niente nemmeno a me di avere
un'idea! Potevo stare zitto, no?! E invece, niente!
Che cretino! Pazzo no, ma cretino, oh, quello sì!… E
tu, invece? Si può sapere che errore hai fatto? Eh,
perché un errore devi averlo fatto! Mica uno si
prende la briga di spararti alla nuca, se non hai fatto
niente!…(Lunga pausa)
E va bene, se devi rimanertene lì in silenzio che ne
dici di alzarti da quella poltrona, uscire da quella
porta e andartene da qualche altra parte? Puoi anche
passare attraverso la parete, se credi. Ti consiglio
quella laggiù, così sei subito in strada. Forza!…
Cosa? Cos'hai detto?! Hai detto qualcosa, vero?!…
Tutti devono sapere?…Tutti, chi?…Che dici?…
Perché continui a ripeterlo?!…Ho capito! Tutti
devono sapere! Beh, se volevi questo, dovevi andare
da un giornalista! Io non sono un giornalista: io ho
solo scritto una lettera a un giornale. Solo una
stupida lettera al direttore!
L'uomo si siede sulla poltrona. L’ombra parla attraverso
di lui in una sorta di trance
“Ho bussato alla porta. Non mi hanno aperto. Perché
nessuno mi ha aperto? Dove erano tutti? Dove
eravate? Il silenzio mi è precipitato addosso e mi ha
sepolto. Ma non era solo il mio silenzio, a seppellire
tutto: era l'agghiacciante fragore del silenzio degli
altri. Di coloro che dovevano ascoltarmi, di coloro
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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che dovevano capirmi. Di coloro che dovevano
difendermi. In quel silenzio io sono diventato
un'ombra. Non vali più nulla quando sei alla mercé
di chi ha il potere di annientare la tua voce. Tu lo
conosci, quel silenzio? L'hai mai vissuto dentro, quel
silenzio? Fa paura. Ti senti un morto: un morto
condannato a continuare a respirare, a camminare, a
muoversi ma solo per dare a qualcuno la
soddisfazione di vederlo ridotto in quella condizione.
Un'ombra. In giro c'è qualcuno che fa collezione di
ombre. Sì, una bella fila di ombre che vagano sotto i
portici di questa città. Qualcuno li ha uccisi, ma ha
volontariamente omesso di avvertirli. E loro
continuano ad andare avanti e indietro, avanti e
indietro, sotto questo assordante silenzio. Ci sono
ombre che voi non vedete: anime in pena che restano
ferme sotto le volte dei portici, abbracciate a se
stesse per darsi calore, nascoste all'occhio di chi
passa, ma che vorrebbero balzare fuori per
presentarsi, potenti, disperate, per raccontare la loro
storia, la loro versione dei fatti, il loro rabbioso
dolore. Ma pochi sanno ascoltare, pochi sanno
vedere e nessuno sembra capire che può diventare
egli stesso, in un solo istante, un'ombra dei portici.
Inascoltata, invisibile, disperata. Basta un attimo, un
solo attimo e si sparisce dal mondo visibile. Ma
pochi sanno ascoltare un lamento, un grido, una
memoria. O un avvertimento. Attento, stai attento!
Dietro di te c'è qualcuno. Ti osserva e ti segue.
Tranquillo, perché sa che sei solo. Siete tutti soli, ma
non ve ne accorgete. E così, ognuno di voi, può
diventare un'ombra: una muta, disperata ombra dei
portici…”
L'uomo torna in sé. Si alza di scatto dalla poltrona
Vattene! L'hai detto: sei un'ombra. E' finita. Non ci
sei più. Sei una delle tante ombre dei portici. E'
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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finita...Cosa vuoi? Una prova? Metti che un giorno,
quando eri ancora vivo, qualcuno avesse pensato di
te che eri un nemico. Nemico di chi? Nemico di che
cosa? Non importa: nemico e basta. Non importa. Se
questo qualcuno esistesse, ora potrebbe starsene
tranquillamente a girare sotto i portici, a ridere,
scherzare, stringere mani, salutare. Questo qualcuno
forse non esiste: è solo un'ipotesi. Ma il solo fatto
che sia possibile è sufficiente a dimostrarti che ho
ragione. Tu sei rimasto da solo a vagare sotto i
portici. Fa freddo. E' tutto buio. E' sempre buia
questa città per le ombre, è sempre inverno
(Guarda la poltrona) La finestra? Perché mi indichi la
finestra? (Si volta verso la finestra)
Sta nevicando…La neve…(Trasognato)...Il coraggio
è come la neve: leggero, fragile, ma inesorabile…Il
fiocco di neve che fa venire giù la valanga…
E' così…Io dovrei domandarmi perché tu non sei
riuscito a salire le scale di casa tua quella sera. E
dovrei domandarmelo con la coscienza di chi sa che
potrebbe toccare a lui un giorno la medesima sorte
di essere fermato sulla soglia di casa. E' vero, io ho
stipulato un patto di lealtà coi cittadini e dovrei
mantenere fede al mio patto fino in fondo e chiunque
si frapponesse tra me e l'onorare quel patto sarebbe
colpevole. Né più né meno colpevole di chi ha
fermato fisicamente il tuo rientro a casa. Per me
“rientrare a casa” dovrebbe essere il portare a
compimento ciò che devo e chiunque provasse a
fermarmi sulla soglia di questa casa, di questa casa
comune mia e dei cittadini tutti, potrebbe essere
chiamato soltanto ASSASSINO. Ma se io compissi il
mio dovere, se io dovessi compierlo fino in fondo, se
io seguissi sempre e solo la mia coscienza, sempre e
solo la ribellione all'ingiustizia, è molto probabile
che finirei per camminare sotto i portici, di fianco a
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te. Finirei per diventare la tua scorta: quella scorta
che non ho potuto farti quando tu eri vivo, ma che
non potrò mai farti finché io rimarrò vivo.
(Fissa l'ombra) Cos'hai detto? (Ridacchia) Ancora?
Tutti devono sapere…(Scuote la testa) Ma piantala!
Vedi, il mondo si divide in pecore e pecore carnivore.
Stiamo tutti lì, attorno alla stessa mangiatoia: lo
stipendio, gli scatti di carriera, i lustrini sulle spalle,
lo straordinario programmato, il rispetto della
gente, o la sua paura, che non è la stessa cosa, ma
rende di più. Stiamo tutti lì, stretti stretti, ma c'è
comunque posto per tutti. Poi una delle pecore fa un
movimento
insolito,
fuori
dagli
schemi
programmati. La sua vicina solleva il capo dalla
mangiatoia e si volta verso di lei. Di scatto la sua
dentatura da erbivoro compie un giro sul proprio
asse e al suo posto compare una doppia fila di denti
d'acciaio. Una tagliola. La pecora carnivora azzanna
alla gola la sua compagna e tutto ritorna al suo
posto. Le altre pecore sentono tutto, ma non
guardano, perché per guardare dovrebbero sollevare
il capo e fare un movimento pericoloso. Sentono
tutto, ascoltano, attente, e pensano che la pecora
appena finita tra la morsa della tagliola, in fin dei
conti, se l'è cercata. Poi si domandano se la pecora
che hanno a fianco, quella che sta continuando a
mangiare in silenzio, ma con le orecchie tese, sia
una semplice pecora o una pecora carnivora. E quella
domanda diventa l'interrogativo prioritario, fino a
scacciare tutti gli altri. Alla fine resta l'unico: la sola
domanda che una pecora deve porsi, dalla mattina
alla sera e dalla sera alla mattina. E non essendoci
risposte certe, meglio non rischiare. Perché per
scoprire la vera natura della tua vicina c'è un unico
modo. Alzare il capo e aspettare di sentirsi o meno
azzannare alla gola. Hai capito? Te ne puoi anche
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andare. Non posso fare niente! Vattene! Io sono
soltanto una pecora! Nient'altro che una pecora! (Si
blocca) Io?! Come sarebbe a dire che ti ho ucciso io?!
Io non ero nemmeno in servizio la sera che sei
morto! Non ti conoscevo neppure! Non ti avevo mai
visto! Non sapevo nemmeno che esistevi!…Basta,
smettila!
(Estrae la pistola dalla fondina e la punta contro la
poltrona) Io non ti ho ucciso! Io non ho ucciso
nessuno!
Squilla il telefono cellulare. L'uomo, ancora agitato e
confuso, ripone la pistola in fondina e risponde
Pronto! Leo?! Leo, che piacere sentirti! Sì, sì è vero,
ci siamo parlati solo mezz'ora fa, ma è bello lo stesso.
Senti, Leo…Senti…Io…(Guarda la poltrona)... Ecco,
io...Devo dirti una cosa importante…Ecco, Leo, è
una cosa…(Lunga pausa)
Leo, mi sono deciso, cambio auto. Sì, certo, quella, il
modello nuovo. Bella, vero? Bisogna cambiare auto
ogni tanto, altrimenti…Altrimenti si inizia a
pensare…A pensare troppo…Ma no, ma figurati!
Ma certo che ero ubriaco! Mi hai sgamato subito,
eh!?… A te non la si fa!…Va bene, appena l'ho presa
passo a trovarti, così ci facciamo un giro…Va bene,
ciao, Leo…
(Sta per riattaccare. Si blocca. Guarda la poltrona)
Senti, Leo, hai mai pensato che un'auto può salvarti
la vita?
Buio/Sipario
Bologna, Gennaio – Febbraio 2004
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LAMIERA
AZZURRA
di Minever
Morin
Dedicato alla Gina di Modena
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Protagonisti
Ottavio, anziano pensionato
Ragazza, giovane africana
Scena prima
Fine autunno, sul far della sera. Una fermata d’autobus,
una panca d’attesa. Un uomo anziano entra in scena
correndo. E’ vestito semplicemente, da dignitoso
pensionato, ed ha con sé una sacca di cuoio o tela dalla
quale esce un cannello da saldatore
Ottavio - Ecco: perso! E magari era pure l’ultimo…
(Legge la tabella oraria) Appunto: l’ ultimo. E il
prossimo? Ma no! Già il notturno? E poi una sola
corsa? E già: chi vuoi che ci venga al cimitero di
notte? E bravo Ottavio…E fa pure freddo…
Entra in scena una ragazza di colore. E’ vestita
sobriamente e ha con sé due voluminosi sacchetti di
plastica da supermercato. Si dirige alla panchina
Ottavio – Buonasera, signorina. Si accomodi pure.
Ha perso l’autobus anche lei, eh? E ha pure
l’impiccio delle borse della spesa. Le posi pure sulla
panchina, così non si sporcano. Ecco, lasci che l’aiuti.
Non sapevo avessero aperto un supermercato qua
vicino. Eh, ne aprono uno al mese ormai. Sa che se
giro in periferia a volte mi perdo? Nel giro di pochi
anni è cambiato tutto. C’è da aspettare un po’, eh: ho
già letto l’orario, è entrato in vigore quello
invernale. Sa come ho fatto a perdere l’autobus?
(Ridacchia) Mi sono fermato a guardare il tramonto,
lì davanti all’uscita del cimitero, la vede, proprio là,
mentre il guardiano chiudeva i cancelli. Come se non
ne avessi mai visti di tramonti, in settant’ anni! Oh, e
fino alla fine, poi, manco fossi al cinema: fino
all’ultimo raggio, i titoli di coda. Capirai, il tramonto
dietro al cimitero. E non è nemmeno la prima volta,
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sa! Ho anche pensato: ohè, Ottavio: ma non è che lo
fai per abituarti al paesaggio? (Fa un gesto
scaramantico) Tiè!...Mentre aspettiamo mi fumo una
sigaretta. Mi allontano un po’, così non le dà fastidio
il fumo
Mentre Ottavio fuma e parla dandole le spalle, la
ragazza estrae dalle borse degli abiti sgargianti e, senza
che Ottavio lo noti, si spoglia degli abiti sobri e si riveste
di quelli vistosi, rivelandosi chiaramente come una
prostituta
Ottavio - Faccia attenzione in autobus signorina:
tenga ben d’occhio la borsa. Ne gira di gente strana,
sa? Mi hanno già rubato il portafoglio una volta.
Oggi mentre aspettavo l’autobus per venire qui mi si
avvicina un ragazzo con un valigione più grande di
lui e mi fa “scusa, hai qualche spicciolo? Sono appena
arrivato in città, non conosco nessuno e non so dove
andare a dormire” e poi con aria di sufficienza fa
“Sono scappato di casa” “E proprio a novembre devi
scappare di casa?” gli rispondo “Ma non lo vedi che
nebbia che c’è? Certe cose si fanno d’estate! Ma
bisogna insegnarvi proprio tutto a voi giovani?”
“Davvero” fa lui “E’ freddo oggi” “Torna a casa” gli
faccio io “Che sei ancora in tempo” “No” fa lui “Ho il
diritto di vivere la mia vita come mi pare”. Allora
strappo un biglietto dell’autobus dal carnet che ho in
tasca e glielo metto in mano “Questo ti basta per
arrivare fino alla stazione a prendere il treno che ti
riporta a casa” gli dico “Poi fa un po’ quel che ti
pare”. Ma c’è rimasto in giro qualcuno normale?
Ottavio si volta e nel vedere la ragazza ha un moto di
sorpresa
Ottavio - Oh, Gesù!
Ma…Lei…E’…Cioè…Accidenti: già a quest’ora? E
proprio davanti al Cimitero?
La ragazza si tocca il seno e fa un gesto d’invito col capo
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Ottavio - Ma siamo matti?
La ragazza si avvicina e insiste coi gesti di invito
Ottavio - Ho detto di no, grazie. Non insista.
Guardi, faccia come se avessi gradito
La ragazza mima qualcosa come a dire “non ti funziona
più”
Ottavio - Oh, ma che vuoi? Pussa via, sciò!
La ragazza si avvicina ancora e accarezza il braccio di
Ottavio, cha ha un moto di stizza e l’allontana
Ottavio – Ma pussa via ho detto! Aspetta: cos’hai tra
i capelli? Fammi vedere. Toh, guarda: è una
cavalletta. Eh, sì: una delle ultime cavallette estive
che cercano un rifugio prima di morire. Stai ferma,
ora te la tolgo…
Lampeggiante blu in avvicinamento. La ragazza scappa.
Ottavio fa per trattenerla
Ottavio - Aspetta! (Resta con una parrucca in mano)
Una parrucca…(Stupefatto)…E’ una parrucca!
(Rivolto in direzione del lampeggiante blu) Ah, ecco,
proprio voi, per fortuna! Dovete far qualcosa: mica si
può andare avanti così! Ormai queste sono
dappertutto e a tutte le ore!
Il lampeggiante si allontana. Buio. La luce torna su
Ottavio che ora è seduto sulla panchina
Ottavio – (Guardando la parrucca che ha tra le mani)
Ma pensa te! Come sarebbe a dire “alla sua età?”.
Proprio così: “alla sua età”, mi hanno detto! E io lì a
spiegare: “ma no, non è come credete: io sono venuto
qui per trovare un amico. Ma no, non qui: là dietro
al muro, sì,il muro del cimitero. Eh, sì: il cimitero! E
allora? Beato lei se alla sua età ha gli amici tutti
ancora in vita: alla mia età, invece, gli amici si
dividono tra quelli che incontri in osteria e quelli che
hai già accompagnato dall’osteria al cimitero”. Ecco,
così gli ho detto: e ora stai a vedere che è colpa mia
se queste qui ormai stanno dappertutto! E mi hanno
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chiesto pure i documenti. I documenti: a me! E mi
hanno pure consigliato di andarmene col primo
autobus! E io che ci sto a fare qui alla fermata?
Allora gli ho chiesto un passaggio ma loro si sono
rimessi in macchina e sono filati via. Ecco, sì:
buonanotte. “Alla sua età ! Alla sua età!” Ci vorrebbe
la Gina, qui: che se potessimo gliela faremmo vedere
noi, a quelli là tutti vitamine e muscoli gonfiati con
la pompa delle biciclette…
Si tocca i muscoli delle braccia
Mica questi, fatti in fonderia!
Rivolto verso dove si è allontanato il lampeggiante blu
Quarantacinque di fonderia, capito? Voglio vedere
voi, tra quarantacinque anni!
La ragazza rientra in scena e, sempre con la mimica,
chiede a Ottavio di restituirgli la parrucca
Ottavio - Ah, sei tornata? Cos’hai da guardare? Ah,
la parrucca? Riprenditela, toh (gliela tira). Ecco cosa
siamo diventati: una parrucca che ci mette in
maschera e ci nasconde i pidocchi! Senza offesa, eh.
Ne ho avuti anch’io di pidocchi da piccolo. Siamo
venuti su in tanti, tra pidocchi e altra roba...
Si accende una sigaretta e torna a volgere le spalle alla
ragazza che nel frattempo scruta la strada in attesa di
qualche cliente. La ragazza si porta al limite della scena
senza che Ottavio se ne accorga e parla con un ipotetico
cliente
Ottavio - Pensa che io mi chiamo Ottavio perché
sono l’ottavo di otto fratelli: Primo, Secondo,
Terzilio, Settimio…E le tre femmine si sono salvate
coi nomi della Madonna e delle Sante Patrone. Ai
miei tempi usava così…
La ragazza rientra in scena infuriata, facendo gestacci
verso l’ipotetica auto di passaggio. Ottavio non si accorge
di nulla
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- I pidocchi, sì: pidocchi e fame. Mio
fratello maggiore sul fronte di Russia per riscaldare i
piedi si pisciava negli stivali. E mio padre? Il fronte
sul Carso: tre anni di guerra e di trincea. Non te lo
sto a raccontare, quello che ha patito…
La ragazza esce di scena facendo ampi gesti di richiamo
a un’altra ipotetica auto. Ottavio si volta
Ottavio - Sparita…Ecco, brava. Il lavoro prima di
tutto!
Armeggia attorno alla borsa, rimettendo dentro un
cannello da saldatore che ne fuoriesce
Ottavio - Ah, ecco l’autobus finalmente
Buio/Luce
Ottavio
Scena seconda
Ottavio è di nuovo alla fermata che legge la tabella
oraria.
A ogni cambio di scena per salto temporale, Ottavio varia
qualcosa nel vestiario o negli accessori, ma ha sempre con
sé la sacca con gli attrezzi
Ottavio – Ah, ma allora lo fanno apposta: come
sarebbe a dire “sciopero?”. E mi mandate a casa a
piedi? Alla mia età, con questo freddo? Ma roba da
matti. E non me l’hanno mica detto, all’andata.
Nemmeno una tabella sull’autobus o una vocina di
queste registrate che adesso si sentono da tutte le
parti. Tutte quelle musichette, quei plin plon, plon
plin che sembra tutta una giostra. E tra un plin e un
plon mi potevano anche avvertire, che l’autobus di
ritorno non ci sarebbe stato!
Ricompare la ragazza, già abbigliata vistosamente.
Parla con forte inflessione straniera e con vistosi errori
grammaticali
Ottavio – Oh, nooo…
Ragazza – Ciao bello!
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Ottavio - Signorina, la prego: non potrebbe andare
un po’ più in là?
Ragazza - Vieni, bello: facciamo amore!
La ragazza fa per tirarsi su la gonna
Ottavio – No,no, ferma! Senti, senza offesa: sei una
bella ragazza, ma non mi interessa l’articolo…
Ragazza – E’ per colore di mia pelle? Io essottica: a
voi uomini piace donna essottica
Ottavio - Ma no! Il colore della pelle, figurati!
Quando uscivo dalla fonderia io ero più nero di te!
Per più di quarant’anni ho avuto quel colore sulla
mia pelle. E’ proprio che non mi interessa la merce.
Oh, aspetta: non dico che non…Eh, che diavolo! Ho
iniziato presto ad apprezzare le donne e l’ho
apprezzate per tutta la vita. E’...E’ che è passato
tanto tempo, ero giovane e libero, poi mi sono
sposato, ho una bella famiglia, figli e nipotini, sai,
una buona pensione, una casa col giardino…(Sbotta)
Ma insomma, possibile che debba giustificarmi
perché non ho voglia di andare a puttane?
(Si ricompone) Senza offesa…
La ragazza guarda verso la strada. Rumore di frenata
Ragazza – Tu aspetta, io tornare subito
La ragazza esce di scena
Ottavio – (Gridandole dietro) Sai cosa ti manca? Solo
di timbrare il cartellino! Meraviglie del mondo
moderno: ormai la….la tua…La tua “robbetta” lì è
come la macchinetta dell’autobus… Eh eh! Capisci?
(Mimando il gesto di obliterare il biglietto)
L’obliteratrice dell’autobus…Eh eh! Buona questa,
eh? Sì, buona, buona…
Ottavio armeggia ancora dentro la borsa. La ragazza
ricompare e si avvicina guardando la borsa con curiosità.
Ottavio se ne accorge e prende la borsa stringendosela
forte al petto, come colto in flagranza. La ragazza fa
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spallucce. Altro rumore di frenata. La ragazza esce di
nuovo
Ottavio - Eh, che coda! E tutti dietro il cimitero!
Ecco bravi! (Indicando il cimitero) Ringalluzziamola
un po’ questa gente che non aspetta altro che una
botta di vita!
Ottavio si accende una sigaretta. La ragazza ricompare.
Ottavio guarda a lungo la sigaretta, poi guarda la
ragazza
Ottavio – Già fatto? Senza offesa, eh, ma come lo fa
lei è come fumarsi una sigaretta con l’aspirapolvere!
Ragazza - Ma no, lui stronzo: dire io troppo cara. Io
dico faccio sconto, lui dice stasera vuole ucraina
bionda e va via!
Ottavio - Ah, ma allora parli!
Ragazza - (Arrabbiata) Io no voglia parla: tu parla.
Tu parla e parla e parla basta per tutti e due!
Ottavio - Eh, che vuoi: mi tengo compagnia da
solo. Ma tu stai tremando. Eh, direi. Guarda come
sei vestita. Vestita, insomma…Ti prenderai una
polmonite…Bha, almeno mi tieni compagnia mentre
aspetto l’autobus. Oddio, compagnia. Vabbé che
nemmeno Poldo parla, però mi fa compagnia lo
stesso. Poldo è il mio bastardino, ha le orecchie più
lunghe delle gambe. Oh, senza offesa eh: io voglio un
gran bene a Poldo. Intelligente: sembra un cristiano!
Gli manca solo che impari a leggere le carte dei miei
avversari quando gioco a briscola al bar e mi faccia
segno con la coda se vede quelle buone
Ride. Altra frenata, la ragazza esce
Ottavio - (A voce alta) E tu che fai per farti due
risate, quando hai finito di lavorare? (A voce normale,
ma sempre verso dove è uscita la ragazza) All’osteria
con gli amici a giocare a briscola non credo, eh? E
nemmeno sul lavoro hai molto da ridere. (Tornando
a sedersi) Io almeno in fonderia ho riso. Sì, ho anche
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pianto, mi sono dannato, ho imprecato e certe volte
ho anche maledetto il giorno in cui sono venuto al
mondo. Però ho riso, tra il fuoco e il ferro e la
polvere e tutti gli accidenti che c’erano lì
dentro…(Si rialza velocemente e torna a gridare verso
l’uscita della ragazza) Mi chiamavano “Tramontana”,
sai? Perché dicevano che facevo tornare il sereno
La ragazza rientra in scena. Ottavio la guarda
interrogativo. La ragazza fa spallucce
Ragazza - Fatto presto, lui fretta: fatto roba facile.
Metà prezzo, per roba facile
Ottavio - Ah…Non fa una grinza…Ti dicevo che lì
dentro, in fonderia, avevamo tutti un soprannome.
La vita era dura, ci siamo fatti delle matte risate:
ridevamo per sopravvivere. Chi non rideva moriva,
lo vedevi spengersi sotto il peso della fatica.
Diventava come fatto di nebbia e poi scompariva.
Non lo vedevi più: puff! Ce n’era uno che avevamo
ribattezzato Agonia. Mica per cattiveria, ma per
cercare almeno di farlo ridere di se stesso. In
quarant’anni, non ci sono mai riuscito. Poi
finalmente è andato in pensione. Ed è morto il mese
dopo
Rumore di frenata. La ragazza non si alza in tempo,
distratta dal racconto di Ottavio. Rumore di auto che
riparte
Ottavio - Eh, ti ho fatto perdere un giro di giostra?
Pazienza: vedrai che ti rifarai presto. Scommetto che
tra un minuto ne arriva un altro…
La ragazza avvista un altro cliente e stavolta non se lo fa
scappare
Ottavio - Che ti dicevo? Eccone un altro. Ciao
bella, io vado a casa: buonanotte!
Buio/Luce
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Scena terza
Stessa ambientazione delle scene precedenti. Ottavio è
seduto sulla panchina. Arriva la ragazza e si siede
accanto
Ragazza - Tu vieni uno giorno sì e uno giorno no e
mai fatto niente con me: perché? Io brutta? Dai
vieni, facciamo amore
Ottavio - Senti, non sia per offesa, ma non vengo
qui per te: vengo a trovare una persona che vive…
No, che dico: non vive, diciamo che abita di là da
quel muro. Poi mentre aspetto l’autobus mi fermo a
parlare con te. E la cosa finisce qui: chiaro? Non so
nemmeno il tuo nome
Ragazza - (Facendo spallucce) Che t’importa mio
nome? Nessuno importa mio nome: nessuno chiede
mai
Ottavio - Eh, già: e mica state a perdervi in
chiacchiere…
Ragazza - Io voglio dirti una cosa
La ragazza mima sul proprio ventre il segno della
maternità
Ottavio - La pancia? Vuoi dirmi che aspetti un
bambino? E’ così? Ecco, magnifico. E quando
nascerà, una di queste sere, magari su una di queste
panchine…E anche lui col suo bel parrucchino,
scommetto…Roba da matti! Eh, guardandoti di
profilo, in effetti…Già si vede…E ti fanno lavorare
lo stesso? Bastardi…C’erano anche ai miei tempi, i
bastardi. Niente cambia in questo mondo: sono
settant’anni che mi chiedo cosa sia cambiato al
mondo! Niente, a parte le condizioni di vita.
Mangiamo come oche all’ingrasso, abbiamo auto che
fanno i trecento all’ora, gli aerei, la televisione, i
telefoni e tutti gli accidenti che vogliamo: e c’è
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ancora qualcuno che mette in vendita una ragazza
incinta!
Rumore di frenata, la ragazza va verso il fuori scena
Ragazza - Tu parla: io torna subito
Ottavio - (Gridando in direzione della ragazza) E lo
sai la cosa che più mi fa imbufalire? Che se si
arrabbia un giovane tutti esaltano il suo “fascino
ribelle” e se a farlo è un vecchio diventa un “povero
rincoglionito” e ci rimedia solo la gastrite!
(Toccandosi lo stomaco come colpito da una fitta) Ahi!
Sai cosa penso? Che almeno una volta nella vita
dovremmo tutti essere costretti a pisciarci sui piedi
per riscaldarli…
La ragazza rientra, arrabbiata
Ragazza - Quello stupido scemo: solo scherza.
Preso me in giro. Detto: tu scimmia, prendi mia
banana! Poi fuggito via. Porco! E tu parla ancora?
Perché tu sempre parla? Dai vieni, facciamo amore
Ottavio - Ma no, basta! Ma sai dire solo questo! Ma
che amore e amore! E lo chiami amore?
Ragazza - Tanta gente paga bene per fare amore
con me: vuol dire io brava per amore!
Ottavio - Ma che ti credi, che l’hai inventato tu
“l’amore”? L’amore…Che ti credi, che non ho mai
conosciuto l’amore, come lo chiami tu…
Ragazza - Uffa! Stasera nessuno. Mi annoio
La ragazza si siede sulla panchina, estrae una carta
stagnola, una cannula di vetro e un accendino. Allestisce
tutto e poi inizia a inspirare il fumo
Ottavio - E questa poi…Che stai facendo? (Fa per
togliergliele di mano la cannula)
Ragazza - (Riprendendosi bruscamente i propri arnesi)
Sei tu matto? Sai tu quanti soldi questo? Questo
buono: quando io ce l’ho i soldi, io compro. Tu
prova: io regalo a te. Tu simpatico, anche se parla e
parla…
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Ottavio - Sì guarda, pure questa poi! Sì, sì…Fai, fai
pure con quella roba. La conosco, sai. Credi che
perché ho la mia età io non sappia niente di quelle
robe? Una sera, anni fa, mio figlio è rientrato a casa
con gli occhi strani e rideva e rideva… Io l’ho capito
subito…Non è mica scemo Ottavio, sai? Gli ho
tirato uno schiaffo che ancora è lì che gira su se
stesso, guarda…L’ho avvitato al pavimento, l’ho
avvitato…”Non mi sono mica spezzato la schiena in
fonderia per vederti morire per quella merda” gli ho
detto. Poi gli è passata: grazie a Dio gli è passata in
fretta. E’ un bravo ragazzo mio figlio. Ora è tutto a
posto. Sì, ora è tutto a posto, sì
La ragazza comincia a ridere. Si alza, cammina un po’
insicura, traballa, cade a sedere per terra, sempre ridendo
Ottavio - Eccola là: è partita…Ohé, ci voleva
proprio un po’d’allegria in questo posto! Gli inquilini
del cimitero ringraziano!
La ragazza si avvicina a Ottavio, strisciando per terra e
ridendo. Gli si avvinghia alle gambe, continuando a
ridere, sempre ‘tirando’ e soffiando provocatoriamente il
fumo sulla faccia di Ottavio
Ragazza - Dai vieni, facciamo amore
Ottavio - Ma che fai? Sei pazza? (Cercando di
divincolarsi) lasciami andare! Ma se passa qualcuno e
mi vede! Smettila!
La ragazza fa cadere a terra Ottavio e gli soffia il fumo
sul volto
Ottavio - (Gridando) Ma lasciami stare, ti ho detto!
(Piano) Guarda che occhi che hai: immensi… Anche
la Gina aveva occhi grandi: bellissimi occhi…
L’autobus: il mio autobus, lasciami andare!
Ottavio si divincola, si rialza goffamente e corre fuori
Buio/Luce
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Scena quarta
Piove. Ottavio seduto con l’ombrello aperto. Entra la
ragazza correndo e cerca di rifugiarsi sotto l’ombrello di
Ottavio, ma questi si rifiuta di farle spazio. La ragazza
resta in piedi
Ottavio - No! Di nuovo! Ma non è possibile!
Ragazza
- Oggi piove, io lavorato poco: dai,
facciamo amore. Cosa ti costa? Io faccio buon
prezzo. Oggi piove, io faccio buon prezzo. Io
comperato anche mutandine nuove, guarda (fa per
sollevare la gonna)
Ottavio - No, ferma. Ma non hai un po’ di pietà per
me? Sono vecchio, ho la gastrite, la prostata, fa
freddo e dovrò farmi a piedi la strada fino a casa, se
non voglio aspettare due ore seduto su questa
panchina
Ragazza - Intanto che aspetti, tu fai amore con me
Ottavio - Amore…Amore…Io non voglio quello
che tu chiami “amore”, capisci?
Ragazza - Cosa volere tu? Io dare!
Ottavio - Io voglio… Non lo so nemmeno io cosa
voglio… Un’esplosione di vita: ecco, voglio
un’esplosione di vita! Io voglio ubriacarmi di vita,
come succedeva quando ero giovane. Sì, e come te lo
spiego? Ridere: ecco. Una di quelle risate liberatorie
che facevamo con la Gina dopo aver fatto davvero
l’amore. Una risata grassa la sua, vera, piena di vita!
Risate così puoi farle solo da giovane. Da vecchi non
si ride più. Non si ride più così. E’ tutto freddo, è
tutto triste. Io voglio ridere, cavalletta d’autunno,
voglio dimenticare la vecchiaia e gli acciacchi, la
solitudine e la morte. Deve esserci un po’ di pietà,
per chi ha vissuto settant’anni su quest’ accidenti di
pianeta facendo il suo dovere senza mai lamentarsi.
Un premio di produzione, insomma, qualcosa!
Quando vai in pensione ti regalano un orologio. E la
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
vita? Sai che ti regala la vita dopo settant’ anni di
dedizione fedele? La prostata!
Ragazza - Cosa è “prostata”?
Ottavio - Lascia stare
Smette di piovere, Ottavio richiude l’ombrello
Ragazza - Tu sempre triste, tu sempre arrabbiato…
Tu vecchio e triste e arrabbiato. E sai perché?
Perché tu non fai amore!
Ottavio - Ma io non…Basta, come te lo spiego?
Ragazza - Se tu vuoi io trovo per te pasticca blu.
Tutti dicono buona pasticca blu, fantastica pasticca
blu!
Ottavio - Eh?
Ragazza - Sì, pasticca blu e tu dopo fai amore come
giovane!
Ottavio - Ah, ho capito. No. Non è questo che
volevo dire
Ragazza - Ma perché tu no e no e sempre no…Tu
devi vivere, io devo vivere! Con i tuoi no io non vivo
e tu non vivi!
Ottavio - Ecco, brava: brava. E’ vero: hai centrato
il problema. Sai chi mi ha detto la stessa cosa? Mio
figlio. Non è vero che non si droga più, sai? Mi sono
illuso per anni che fosse così, dopo quello schiaffone
che gli diedi. Lo credevo, ne ero convinto, non
volevo cedere nemmeno davanti all’evidenza, sai?
Testa dura che sono. Non ce l’ho fatta a salvarlo: con
queste mani lo volevo salvare. Non ce l’ho fatta
Ragazza - (Indicando il muro del cimitero) E’ là?
Ottavio - No, non è là. Non è lui che vengo a trovare
al cimitero. Non è lui. Lui è vivo, grazie a Dio, fa una
vita normale, anzi, qualcuno lo invidia pure.
Qualcuno che non sa, o magari proprio perché sa.
Niente: all’apparenza non traspare niente. Tutto
regolare, tutto a posto. Solo che se non prende
quello che si è abituato a prendere, impazzisce.
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Tutto qui. Si sta suicidando ogni giorno da quindici
anni: il suicidio più lungo della storia. Queste mani
non sono servite a niente: le vedi queste mani, le
vedi? L’ho preso a schiaffi e non è servito a niente. A
che mi sono servite queste mani, eh? A produrre
acciaio in fonderia: chilometri d’acciaio che ci
potresti avvolgere la terra: e poi? Non riesco a
salvare mio figlio, non riesco a farci niente con
queste mani: niente che mi possa davvero dare una
soddisfazione!
Ragazza - Dai, non pensare a questo. Vieni.
Facciamo amore. Tu non più pensieri brutti dopo
amore. Vieni, dai. Tu devi vivere, io devo vivere
Ottavio - Ecco, e poi ti ci metti anche tu: le mie mani
non hanno fatto ancora abbastanza, no: ora
dovrebbero entrare nella mia tasca e tirarne fuori dei
soldi, non è vero? La compagnia del gas, la luce, il
telefono, la farmacia: e adesso tu. Anche tu ti metti
in coda, no? Prendere i soldi da una parte e passarli
ad un’altra: a questo devono servire le mie mani, non
è vero? A questo ormai devo servire io?
Ragazza - Tu troppi pensieri tristi! Tu scemo
Ottavio - Lasciami stare: i miei pensieri tristi mi
fanno compagnia. Sono brutti e scemi ma mi fanno
lo stesso compagnia, proprio come il mio cane
Ragazza - Basta! Io perdere solo tempo con te! Io
annoiata. Fa freddo, piove, nessun cliente. Tu fai
problemi se io faccio qualcosa per essere felice?
Ottavio - Basta che vai a essere felice lontana da me!
La ragazza estrae il solito corredo e inizia a ridere,
soffiando il fumo sul volto di Ottavio
Ragazza - (Ridendo) Ecco, vedi? Io rido, io felice! Tu
triste. Tu scemo, tu vecchio!
Ottavio (Afferrando il polso della ragazza) - Adesso
basta: hai capito?
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
62
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Ragazza - Lasciami, tu fai male! Lasciami o chiamo
mio protettore!
Ottavio - (Lasciando la presa) Che occhi hai…Come
la Gina anche la Gina aveva occhi grandi, immensi
occhi…
La ragazza continua a soffiargli il fumo in faccia
Ottavio - Smettila, Gina !…
La ragazza continua a fumare
Ottavio - Smettila, non voglio respirare questa roba
Ragazza - Se tu non vuoi respirare, perché tu stai a
me così vicino?
Scena quinta
Ottavio è turbato, la ragazza lo guarda sbigottita. Luce
fortissima sulla ragazza, che viene “sbiancata”. La
panchina diventa un letto. Appaiono una finestra e uno
specchio sullo sfondo. Risata della ragazza. Come in
un’allucinazione onirica Ottavio vede nella donna la
Gina. Da qui la ragazza parla in lingua corretta
Ragazza/Gina - (Correndo vero la finestra) Aspetta,
lasciami aprire la finestra! Guarda, si vede il mare!
Dio, come è bello!
Ottavio l’insegue e l’abbraccia
Ottavio - Tu, sei bella Gina!
La ragazza si divincola e torna alla finestra
Ragazza/Gina - Aspetta, ho detto! Lasciami
guardare il mare. Me lo sogno tanto, su a Modena.
Passo giornate intere a sognarmelo…
Ottavio - Veramente passi le giornate a fare altro!
Ragazza - E dai, non farai mica il geloso: lo sai che è
il mio lavoro! (Ridendo) O vorresti vedermi tutta
coperta da una tuta blu, a lavorare nella tua
fonderia?
Ottavio - Oh, no…Con la tue pelle, le tue mani…E
poi è un lavoro da uomini…
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
63
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Ragazza/Gina - Movalà. Scherzavo: figurati se
vengo a lavorare in fonderia…
Ottavio - Però un altro lavoro te lo potresti trovare,
Gina: sei bella, intelligente, giovane: tutti ti
prenderebbero. Cercano commesse ai nuovi grandi
magazzini. Oppure cassiera al cinema, così potresti
farmi entrare gratis!
Ragazza/Gina - Sì, e avrei ogni momento addosso le
mani dei padroni e dei caporeparto e dovrei stare
alle loro voglie…E allora tanto vale che faccia il
mestiere, almeno ho la mia libertà. E poi sono pigra,
lo sai. Sono come una gatta
Ottavio - Sì, una magnifica gatta sopra un cuscino di
seta!
Ragazza - Guarda, le barche. Affittiamo un pedalò?
Ottavio - Tutto quello che vuoi, Gina. Te lo meriti.
Hai visto gli sguardi d’invidia degli altri uomini,
quando scendiamo in spiaggia?
Ragazza/Gina - Eh, io me li sento passare addosso
come una spugna bagnata. Ma non sono sguardi
d’invidia
Ottavio - Invidia per me, intendevo…Certo che sei
proprio una puttana!
Ridono
Ragazza - Se io fossi solo una puttana tu non saresti
qui con me: non potresti permettertelo, col tuo
stipendio. Sai che ho dovuto rinunciare a tre clienti,
questo fine settimana? E gente della buona società,
sai: mica operai
Ottavio - Però l’operaio ti porta al mare. E in
macchina poi, mica in autobus! Che invenzione
questa delle rate: possiedo già un’automobile che mi
costerebbe quanto anni di lavoro e non mi accorgo
nemmeno di pagarla! E pensare che mio padre non
aveva nemmeno la bicicletta! Boom economico, lo
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chiamano. Hai visto quante auto abbiamo incontrato
venendo qui?
Ragazza/Gina - Sì, più dell’anno scorso. Stavolta
giocare a indovinare le città leggendo le targhe è
stato più divertente
Ottavio - E hai vinto tu, come al solito!
Ragazza/Gina - Sì, ho vinto io, come sempre. Hai
visto che le puttane non sono poi così ignoranti?
Ottavio - Tu non sei ignorante, Gina. Tu sei
meravigliosa!
La Ragazza/Gina va allo specchio
Ottavio - Dai Gina, vieni
Ragazza/Gina - No, prima si va in spiaggia. Ho
comperato un costume nuovo!
Ottavio - Fammelo vedere!
Ragazza/Gina - Lo vedrai in spiaggia
Ottavio - Sei irresistibile. Come farò senza di te?
Ragazza/Gina - E perché dovresti fare a meno di
me? Lo sai che ogni tanto al mare con te ci vengo.
Non sempre perché mica posso lasciar aspettare i
miei clienti migliori. E poi lo sai, anche durante la
settimana puoi passarmi a trovare. Per te è gratis
Ottavio - Non voglio che sia sempre gratis, Gina:
non è giusto
Ragazza/Gina - Qualche volta mi lasci qualcosa sul
comodino
Ottavio/Gina - Sì, e poi me li ritrovo di nuovo nella
tasca dei pantaloni la volta dopo. Gina: devi
mantenerti, le bollette, l’affitto, siamo poveri tutti e
due
Ragazza/Gina-(Davanti allo specchio,accomodandosi i
capelli) Eh, lascia stare: le cose mi vanno bene, ho
una buona clientela. Gente di lusso, pagano senza
fiatare e tornano sempre. Gente di classe. Ormai ho
il mio giro: posso stare tranquilla
Ottavio - Sì, ma quanti soldi ti mangia, “lui”?
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Ragazza/Gina - Lui mi protegge: che credi, che una
donna possa cavarsela da sola, al mondo? O hai un
marito o hai un protettore, non si scappa. E io di
mariti non ne ho proprio voglia. O vuoi diventare tu,
il mio protettore?
Ottavio - Non potrei mai
Ragazza/Gina - E perché?
Ottavio - Perché diventerei geloso. Anche adesso,
sai, a volte mi salvo dall’impazzire di gelosia solo
perché…(Si interrompe)
Ragazza/Gina - (Ridendo) Ti sei fermato? Avanti,
dillo: perché ti ricordi che sono una puttana!
Ottavio - Lascia stare
Ragazza/Gina - Ma dai, credi che mi offenda? Io lo
so benissimo chi sono. Ah, ma un giorno smetto, sai?
Sposerò il mio ultimo cliente e mi ritirerò a fare la
signora. Aspetto di incontrare quello giusto, ecco:
anziano, facoltoso, di classe, pulito, educato, che si
innamori di me e mi porti via, magari in un’altra
città. Una città di mare. Che dici, adesso esco e inizio
a guardarmi intorno?
Ottavio - No, qui no: non quando siamo qui al mare
lo sai. E’ nei patti (L’abbraccia) Lasciamo stare questi
pensieri Gina e divertiamoci. Avanti, usciamo: muoio
dalla voglia di vedere il tuo costume!
Penombra. Le luci si rialzano sulla stessa scena, con
Ottavio e la Ragazza/Gina che rientrano in camera
ridendo
Ragazza/Gina - Dio, che serata!
Ottavio - Balli come una dea! Avevi tutti gli occhi
addosso!
Ragazza/Gina - Non so se mi piace di più essere
spogliata con gli occhi o dal vero!
Ottavio (Ridendo) - Sei proprio una p-u-t-t-a-n-a!
La Gina si stacca da lui
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Ottavio - Scusami Gina, non volevo. Lo facevo per
scherzo, dai: il solito scherzo che facciamo tra noi.
Ricordi? Prendiamo la vita a ridere, prendiamo
quello che siamo a ridere
Ragazza/Gina - Eh, già… A ridere…
Ottavio - Guarda che anche essere un operaio di
fonderia non è il massimo della vita. Puoi chiamarmi
pezzente morto di fame e non mi offendo: lo sono!
Ragazza/Gina - E’ diverso
Ottavio, vicino a lei carezzandole i capelli
Ottavio - Cosa, è diverso?
Ragazza/Gina - Tu non sei una donna
Ottavio - E con tutti i peli che ho addosso, sai che
bella sarei?
Ragazza/Gina - Tu non sei una donna
Ottavio - Dai Gina, non diventarmi triste, eh? Ogni
tanto ce li hai, questi momenti
Ragazza/Gina - Ce li ho spesso questi momenti: il
fatto è che tu sei l’unico che si ferma abbastanza per
vederli, questi momenti
Si accende una sigaretta. Ottavio si avvicina e fumano
assieme la stessa sigaretta
Ragazza/Gina - Tu sei l’unico con cui parlo e a volte
mi domando se sia un bene o un male
Ottavio - Un bene o un male cosa?
Ragazza/Gin - Avere qualcuno con cui parlare.
Avere qualcuno da cui sentirti capita. Non dico
amata. Non mi interessa l’amore: è una cosa da
fotoromanzo. Intendo c-a-p-i-t-a
Ottavio - “Lui” non ti capisce?
La Ragazza/Gina ride
Ragazza/Gina - Lui è il mio protettore. Il tuo
caporeparto ti capisce?
Ottavio - No, lui se potesse mi frusterebbe e basta.
Non lo fa solo perché sa che gli spaccherei il muso
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Ragazza/Gina - Ecco: il mio caporeparto non mi
frusta solo perché mi rovinerebbe la pelle. Ma sì, a
volte penso che tanto vale andare a fare l’operaia in
qualche fabbrica. Hai visto che ne stanno aprendo
una alla settimana? Non riconosco più la campagna:
un capannone dietro l’altro e tutti che corrono da
una parte all’altra della città, tutti che sembrano
avere mille cose da fare. Mille piccole cose senza
importanza. A volte mi domando come deve essere
avere da fare mille cose senza importanza
Ottavio - Bah, arrivi a sera e non te ne sei accorto e
aspetti di ricominciare il giorno dopo. E poi c’è il
fine settimana in cui ti riposi. Dormi, vai al bar con
gli amici, vai a ballare, ti distrai e poi ricominci
daccapo, ma almeno stai bene. Credo che la chiamino
“vita”
Ragazza/Gina - Io voglio bere la vita degli altri. Ne
ho sete: quando arriva un cliente nuovo sono curiosa
di lui. Voglio sapere chi è, cosa fa, ma non per sapere
se diventerà un cliente abituale, solo perché…Non lo
so: è come se volessi che qualcosa di lui mi
appartenesse anche dopo che ha lasciato la stanza. A
volte qualche cliente parla, ma è sempre più raro.
Hanno tutti fretta. La moglie da passare a prendere
dal parrucchiere, i figli alla lezione di danza o alla
partita di pallone, giù all’oratorio dei preti. Ogni
tanto capita qualcuno che sembra solo come un cane:
oh, non i morti di fame, eh. A mandare via quelli ci
pensa “lui”. Gente distinta, coi soldi. Ma tristi,
spenti, noiosi! Mi vengono addosso con rabbia quasi,
come se fosse colpa mia se si ritrovano in quelle
condizioni. Ma pagano bene e io ho diritto di stare al
mondo come chiunque altro. Però non mi piacciono.
No: a me piace lo sguardo che hai tu quando sali le
scale di casa mia: quel fuoco negli occhi!
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Ottavio - (Abbracciandola) Lo so! A te piace ridere
assieme a me! Oh, Gina: tu dovresti fare l’amore solo
per il gusto di farlo! A volte mi chiedo se tu fossi
nata in una famiglia ricca, con la testa che hai:
saresti una professoressa o magari un’attrice! Ti
piacerebbe? Un’attrice! Perché non provi?
Ragazza/Gina - (Ridendo) Mi hanno fatto delle foto,
sai? Un vero servizio fotografico, con un fotografo
famoso. Le hanno pubblicate su un settimanale
Importante e lo hanno intitolato “La splendida
peccatrice”. E la clientela è aumentata di botto!
Ottavio - Vieni qua, mia splendida peccatrice!
(L’abbraccia, poi le posa il capo in grembo) Tu mi rendi
uomo, Gina
Ragazza/Gina - Movalà, lo eri già quando mi hai
conosciuto. Te la sei cavata benissimo fin dalla
prima volta
Ottavio - Non intendo in quel senso, Gina: dico
che…Non so…E’ difficile a spiegare. Non riesco a
spiegarlo nemmeno a me stesso: voglio dire che con
te riesco a non vergognarmi di parlare apertamente
a una donna. Parlo con te come se tu fossi un uomo
Ragazza/ Gina - Ah, grazie
Ottavio - No, dai, non far la stupida. Voglio dire che
con te mi sento tranquillo
Ragazza/Gina - Bhe, tranquillo proprio non direi:
non riesco mai a staccarti dalla mia gnocca
Ottavio - E dai: è un discorso serio
Ragazza/Gina - Oh, siamo in vena di discorsi seri?
Ottavio - Sai cosa vorrei?
Ragazza - Cosa?
Ottavio - Che nessuno di noi due fosse costretto a
fare quello che fa per fame. Tu la…(Si ferma)
Ragazza/Gina - Io la puttana e tu?
Ottavio - Io quello che va con una puttana perché è
la sola donna capace di farlo stare bene
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La Ragazza/Gina gli dà uno schiaffo. Ottavio le afferra
il braccio con decisione, ma non con violenza
Ottavio - E adesso che ti è preso?
Ragazza/Gina - Mi è preso che vieni con me per
fame? Perché te la do gratis?
Ottavio - Ma no! Dio, la mia linguaccia del cavolo
che non riesco mai a farmi capire. Gina, io a quindici
anni lavoravo e a scuola non ci sono andato molto:
accontentati di come cerco di arrangiarmi con le
poche parole che conosco. Vengo con te perché sei
tu. Sei speciale, sei particolare, sei…Oh, accidenti
Gina: basta così!
Ragazza/Gina - No, continua: mi piaceva…
Si abbracciano. Buio
Scena sesta
Risalgono le luci sulla scena precedente
Ragazza/Gina - Il mese prossimo torniamo qui?
Sarà metà settembre: farà ancora caldo
Ottavio - Non ci sarà un prossimo mese, Gina. Anzi,
non ci sarà nemmeno una prossima settimana
Ragazza/Gina - Che vuoi dire?
Ottavio - Gina, ho venticinque anni. Devo iniziare a
costruirmi la mia vita. Tu devi vivere, Gina, io devo
vivere. Mi sposo tra quindici giorni. L’uomo non è
fatto per rimanere solo
Ragazza/Gina - (Piano) La donna invece sì, vero?
Ottavio - Gina, dì qualcosa per l’amor di Dio! Non
restartene ferma a guardare il soffitto. Arrabbiati,
sfogati. Picchiami, ecco, picchiami come quella sera,
ti ricordi, che sono corso da te ubriaco e ti ho
buttato fuori dalla stanza un cliente. E abbiamo fatto
l’amore come mai in vita nostra, come mai più nelle
nostre vite! Gina! (Nasconde il capo sul suo grembo)
Gina, ti prego, dì qualcosa!
Ragazza/Gina - Com’era la storia dei mulinelli del
mare?
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Ottavio - Che mulinelli?
Ragazza/Gina - Quelli che guardavamo ieri dal
pedalò
Ottavio - Gina, non dire scemenze: non penserai di..
Ragazza/Gina - No, non c’è bisogno che io vada a
cercare il mare per gettarmici dentro: il mare si è già
gettato dentro di me…E un mulinello e un altro e
un altro e un altro ancora…E a una puttana nessuno
insegna a nuotare…
La ragazza sparisce nel buio e in scena resta solo Ottavio
Voce fuori campo di donna matura - Quel
pomeriggio iniziai a piangere sulla tua spalla e piansi
a lungo…E tu sei rimasto lì, ad ascoltarmi piangere
e mi hai carezzato i capelli…Piangere sulla spalla di
un uomo è un lusso che le donne normali si
concedono senza conoscerne il valore, ma per noi,
per quelle come me il pianto sulla spalla di un uomo
è qualcosa rubato alla vita…
Ottavio - Gina…Gina…E’ la tua voce…Gina…Me
lo ricordo, me lo ricordo quel pianto: non era un
pianto disperato, no era un pianto sommesso, quasi
di bambina
V.f.c. - Quel dolore così forte come succede d’estate
quando si rimane soli davanti al sole che sparisce la
sera. Ogni volta che un uomo lasciava la mia stanza
ed io aspettavo: ogni volta aspettavo che si voltasse
e si fermasse lì sulla soglia e tornasse indietro e
chiudesse quella porta per sempre e rimanessimo lì,
io e lui dentro quella mia stanza per sempre. E
costringermi a non farlo, a non sognare, a non
abbandonarmi mai a quell’ attimo di smarrimento: se
vivi delle menzogne degli altri, devi staccare
qualcosa da dentro te stessa, qualcosa che poi non
riesci più a riattaccare a comando. E diventi una
pazza, lo cerchi, lo cerchi e non lo trovi più. Dio, che
dolore al ricordo: che dolore. Sempre tutto rubato
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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alla vita: il marito di un’altra, l’amante di un’altra, il
ragazzo da introdurre all’amore e che poi avrebbe
sorriso ad un’altra e avrebbe portato un’altra a
ballare ed un giorno sarebbe stato lo sposo di
un’altra e avrebbe allevato i figli di un’altra e che poi
avrebbe permesso ad un’altra di piangere sulla sua
spalla nuda. Sempre tutto rubato: quell’ attimo
rubato che mi permetteva di vivere…
Ottavio - Gina…
V.f.c. - E sognare di vivere nel pensiero di qualcuno.
Sognare di sentirsi pensata come una persona vera e
non come un ammasso di carne dalle belle forme.
Immaginare di rimanere nei pensieri di qualcuno e
di rispuntare fuori quando lui poi guarderà un bosco,
o il sole, o la luna, o la notte stellata… O guarderà
se stesso allo specchio...
Ottavio - Gina…
V.f.c. - Tutto rubato… Io rubo la vita, così come si
ruba il cinguettio di un uccello, come si ruba il sole:
lo sai che non ti appartiene… Lo sai che niente ti
appartiene davvero…
Ottavio - Gina…
Scena settima
La ragazza rientra in scena e si avvicina a Ottavio
Ragazza - (Con tono gelido) Ora tu ascolta me. Io
sono Gina: io sono tua Gina. O facciamo amore o tu
andare via, capito?
Buio. Torna la luce normale. Ottavio ritorna in sé, si
rialza da terra. Anche la ragazza si rialza e si
ricompone gli abiti
Ottavio - (Confuso) No…No…Cosa ho fatto, cosa
abbiamo fatto?
Ragazza - (Ride)Noi fatto quello che tutti fanno
Ottavio - No, no: non è possibile. Non io, no: non
qui, non con te
Ragazza - Perché, bello? Chi sei tu e chi sono io?
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Ottavio - Tu, tu mi hai ingannato!
Ragazza - (Gridando) Chi ingannato cosa? Io merce
buona, tu piaciuto, tutti piacere mia merce! Tu parla
e parla e solo parla! Chi sei tu per tanto parlare? Che
io ho puntato pistola a te per fare amore? No, tu
scelto. E poi dopo tu parla! Perché tu tanto parla?
Chi ha pancia piena, parla: chi ha pancia vuota, non
parla. Chi ha pancia vuota fa!
Ottavio afferra per le braccia la ragazza e la scuote con
forza
Ottavio - Maledetta, chi sei? Che ci fai qui?
Ragazza - Lasciami, mi fai male!
Ottavio - (Continuando a scuotere la ragazza) Io vengo
qui per stare in pace, non per vedere te! Vattene via,
maledetta! Che vuoi da me?
Ragazza - (Liberandosi dalla stretta di Ottavio) Io
voglio quello che tu vuoi: tu vuoi vivere, io voglio
vivere! E adesso pagami!
Ottavio colpisce la ragazza con uno schiaffo
Ottavio - No! Dio mio, cosa ho fatto? Cosa ho fatto?
Ragazza - Tu fatto niente di strano. Tu fatto quello
che fanno tutti. Tu fatto amore, tu insultato, tu
picchiato. E adesso pagami
Ottavio - Scusami, scusami, perdonami! Io non…Io
non l’ho mai fatto prima…Io non ho mai picchiato
una donna. Io sono un brav’uomo: io sono sempre
stato un brav’uomo. Che mi è successo? Che mi sta
succedendo?
Ragazza - Lascia stare, vecchio. Tu credi che mi
abbia fatto qualcosa tuo schiaffo? Tu credi di
potermi fare qualcosa? Cosa vuoi che mi importi di
te? Tu non esisti per me: tu sei solo merce. Tu vuoi
scacciare me da qui, eh? Io sono lo scarafaggio nero
che deve vivere solo in cantina, vero? E uscire solo
di notte e se mi incontri di giorno che fai? Mi
schiacci? E credi di riuscirci? Credi di poterlo fare?
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Perché? Perché tu dici di essere un brav’uomo? Che
vuoi che importa a me? Che vuoi che importa di te a
questo scarafaggio nero? Tu sei immondizia, tu sei
qualcosa che va in marcio e io me ne cibo. Tu e tuo
stupido mondo, tutte tue parole che valore hanno?
Eccolo qua, Ottavio il cittadino, Ottavio il
brav’uomo, coi suoi bei discorsi. Sì! Cittadino.
Avanti, dì a me: tu cittadino di prima categoria: i
suoi diritti tutti belli, tutti in fila. Tu abituato a
sentirti dire sempre buone cose. Tutti dicono a te
buone cose perché così tu sicuro. E se tu sicuro, tu
felice, tu sempre compra qualcosa. Tutti compra
qualcosa quando felice. Sì, bello mio. Sai chi tu sei?
Vuoi tu sapere chi tu è davvero? Tu è quello che tu
consuma, bello. Tu è quello che tu puoi pagare! E tu
riesci a pagare solo compagnia di questo scarafaggio
nero. Questa idea ti piace o non ti piace: questa è
realtà!
Ottavio - No, no, non è vero! Non dire così!
Ragazza - E cosa devo io dire?
Ottavio - No, no: non può essere così!
La ragazza inizia a spogliarsi degli abiti sgargianti e a
rivestirsi di quelli dimessi
Ragazza - Sì, è così. Tu lo sai. E’ così
Ottavio - No, non dirmi questo, ti prego dimmelo:
non lasciarmi qui come un cane che muore
Ragazza - (Facendo spallucce) Tu cane che muore, io
cane che muore. Tu già morto, io già morta
Ottavio - No, non è così…Deve esserci qualcosa che
ci tiene in vita. Dimmi, ti prego: cos’è che ti tiene in
vita?
Ragazza - Tu vuoi sapere cosa tiene me in vita?
(Scandendo) La r-a-b-b-i-a
Ottavio - Perché, perché…
Ragazza - Perché la mia rabbia è verità. Perché mia
rabbia è sola cosa vera in tutto tuo mondo di bugie!
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Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
Tu non conosci mia rabbia, tu non puoi immaginare,
mia rabbia! Tu credi che solo tuo mondo esiste? No:
soltanto mia rabbia esiste, soltanto mia rabbia è vera
e tu, tu non sai nemmeno di che io parlo!
Ottavio - No, no, no! Sei tu, sei tu a non sapere di
cosa parlo io, sei tu a non capire! Non c’è solo quello
che dici tu al mondo, capisci? Vuoi capirmi o no?
Ragazza - E cosa serve a me, capire? Cambia mia
vita, capire? Avanti, dimmi tu che pensi avere
risposta certa a ogni cosa. Cambia mia vita? E
adesso pagami
Ottavio - Sì, sì, devo pagarti. (Ridacchia) non voglio
morire sapendo di essere andato sempre a scrocco
La ragazza si accoccola vicino a lui. Ottavio la paga. La
ragazza fa per rialzarsi, ma Ottavio la trattiene e le
accarezza il volto
Ottavio - Aspetta…Io…Io devo parlare a qualcuno,
io devo parlare…Sai perché vengo qua? Lo sai? La
Gina…E’ per lei…Negli anni l’ho persa di vista.
Sapevo che continuava a fare la vita e alla fine anche
per strada. Gli anni passano per tutti. Un anno fa ho
saputo che era morta: era già morta da due,
seppellita in fretta nel campo dei poveri, dei senza
nessuno. Non è riuscita a fare quello che diceva
sempre: “voglio sposare l’ultimo cliente e poi
ritirarmi a fare la signora”. Non c’è riuscita. Mi
faceva pena, saperla lì nel campo senza una lapide,
senza una tomba, soltanto il nome scritto su una
placchetta di metallo. Allora ho iniziato a fare il giro
di Modena. La nostra è una città provincia, ci
conosciamo tutti. Sono andato da tutti i vecchi
clienti della Gina. Oddìo, almeno da tutti quelli che
conoscevo, che la frequentavano nello stesso periodo
in cui la vedevo io. Anche gente coi soldi, eh:
avvocati, dottori, notai. Un soldo: non ha scucito un
soldo nessuno! Nemmeno un soldo per la tomba
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
Per rappresentazioni obbligo di dichiarazione S.I.A.E.
della donna che sicuramente li aveva resi felici,
almeno per un attimo della loro vita. Ma che ne
sanno della felicità? Che ne sanno? Allora mi sono
arrabbiato e ho pensato di farmela da solo, la tomba
della Gina, con queste mani. Io sono meccanico
saldatore: ho preso un po’ di lamiera e l’ho tagliata.
Non sono un artista, ho fatto quel che potevo. Poi ho
portato i pezzi di lamiera dentro al cimitero e ho
iniziato a saldarli assieme: ad uno ad uno, con queste
mani con questi attrezzi (Scaglia a terra la
borsa)...L’ho terminata proprio oggi, la tomba della
Gina: le ho dato l’antiruggine e due passate di
vernice. Se vai là dentro al cimitero, nell’ultimo
recinto in fondo sulla destra, nel campo dei poveri,
vedrai una piramide di lamiera azzurra. Azzurra, eh,
sì, azzurra: l’ ho fatta azzurra. Non lo so perché l’ho
fatta azzurra e non so nemmeno perché lo ho dato la
forma di una piramide. Non lo so. Eh eh (Ridacchia).
Forse perché la Gina si merita una piramide, come
Cleopatra. Eh eh. Non lo so. E’ venuta così. Io non
so perché l’ho fatto: io non so se questo è amore. Io
non sono che un semplice meccanico: chi sono io per
poter dare un nome a un sentimento? (Accarezza la
guancia alla ragazza) Ti fa male, eh? Lo so: ho una
mano come un badile. Ricordi, quando ci siamo visti
la prima volta? Ti ho tolto una cavalletta che avevi
tra i capelli. Ecco: quell’ ultima cavalletta d’autunno
che cerca il caldo prima di morire siamo noi due. Io
che mi ritrovo per caso sui tuoi capelli finti, tu che
vivi tra i rifiuti come un insetto che cerca il cibo.
Tutti e due stiamo cercando il calore di un’estate
fasulla. Che magnifica società, la nostra: che società
di perfetta ipocrisia. La schiavitù esiste ancora: gli
abbiamo solo trovato almeno una ventina di nomi
più eleganti!
La ragazza fa per andare, Ottavio la trattiene
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Ottavio - Aspetta! Fammi fare un sogno, cavalletta
d’autunno : l’ultimo sogno
Abbraccia dolcemente la ragazza e la bacia. La ragazza
si scioglie dall’abbraccio e scoppia a ridere
Ragazza - Eccolo qua, che ancora sogna! Ma ora
basta, io devo andare
Ottavio - Aspetta!
Ragazza - Aspettare cosa?
Ottavio si inginocchia davanti alla ragazza e nasconde il
capo sul suo ventre. La ragazza glielo accarezza con fare
materno
Ottavio - Non lo so…
Ragazza - Non c’è più nulla che io posso aspettare.
Nulla che posso sognare. Tu davvero credi che un
giorno qualcuno costruirà per me una tomba di
lamiera azzurra?...Una cosa, prima che io vado
La ragazza si toglie la parrucca e la porge ad Ottavio
Ragazza - Tu porta questa su tomba di Gina: è mio
regalo. Lei sognato amore, avuto niente. Io come lei:
questo mio regalo
Ottavio - Sì, lo farò domani. La metterò proprio in
cima alla piramide. Ci starà benissimo. E’ quello che
ancora le manca, è quello che le sempre mancato: un
po’ di verità
La ragazza raccoglie le proprie cose e inizia ad
allontanarsi
Ottavio - Ehi, cavalletta d’autunno…
La ragazza si ferma e si volta
Ottavio - Siamo rimasti soltanto noi due a questo
mondo…
La ragazza scompare nel buio
Ottavio - Ehi, cavalletta d’autunno: hai visto quanto
è breve l’estate?
Sipario
Venezia, febbraio 2006
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COMMEDIA
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COMPR@MI
(DUE CUORI
E UN COMPUTER)
di
Minever Morin
Prima rappresentazione:
58° Festival de Théâtre de Bellac (F),
in forma di lettura scenica nella versione francese
@CHETE-MOI
(DEUX COEURS ET UN ORDINATEUR)
8 luglio 2011
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Personaggi
Geneviève
Benoît, detto Doudou
Michel
Madeleine
Primo Atto
Scena prima
Interno di una camera da letto con due letti gemelli separati.
Geneviève è stesa sul suo, completamente nascosta dalla coperta.
Entra Benoȋt, detto Doudou, in vestaglia aperta, calzini,
ciabatte, canottiera, boxer ridicoli e retina per capelli
Benoît - (Annusando l’aria) Hai mangiato cipolla?
Geneviève - (Da sotto la coperta) No, non ho mangiato
cipolla
Benoît - Allora hai fatto uscire l’odore di cipolla da
qualche altra parte del tuo corpo…
Gen - Sempre molto gentile, grazie (sarcastica)
“amore mio”
Benoît - Qui dentro c’è una gran puzza di cipolla e
siamo solo io e te: io non ho mangiato cipolla. Io ho
mangiato il paté che ti sei degnata di lasciarmi nel
frigo (sarcastico) “amore mio”
Gen - Io non ti ho lasciato nessun paté nel frigo
Benoît - Come no: l’ho mangiato e ho pure pensato
che stasera la mia cena fredda non era male. Molto
meglio delle altre sere, comunque
Geneviève getta via la coperta e si siede di scatto sul letto. E’
sciatta, con grossi bigodini e una maschera di bellezza viola
sul volto
Gen - Aaah
Benoît - (Nel vederla) Aaah!
Gen - Hai mangiato la colazione di Fifi!
Benoît entra di corsa in bagno, si sente il rumore dello
sciacquone, poi rientra
Benoît - O Dio, il mio cuore: sono trent’anni che ti
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vedo così e non mi sono ancora abituato. Ma non era
gialla, quella poltiglia che ti metti sul viso?
Gen - Gialla era quella del mese scorso: ora sto
provando questa nuova maschera di bellezza
Benoît - Perché ti ostini a chiamarla maschera di
bellezza? La sola maschera efficace per te sarebbe
uno scafandro da palombaro
Gen - Almeno io ci provo, a prendermi cura di me e
a migliorare il mio aspetto: tu invece, ma ti sei visto?
Benoît - Cos’ho che non va? Al mio bistrot mi
trovano ancora in forma
Gen - Ecco, appunto: perché hai l’aspetto di un
boccale di birra, per questo i tuoi amici del bistrot ti
trovano in forma. E’ la sola forma che sono in grado
di riconoscere, ormai
Benoît - (Annusando ancora) Ma è lei: è quella roba che
ti sei messa in faccia a puzzare di cipolla
Gen - Crema erboristica: “la bellezza dalle piante”
Benoît - La sola pianta che riuscirebbe a migliorare
il tuo aspetto sarebbe una pianta carnivora! Ah, no:
io qui dentro non riesco a stare: vado a dormire in
salotto
Gen – Ah, no: terresti sveglia Fifi tutta la notte, col
tuo russare!
Benoît - E prendila qui con te a dormire, la tua Fifi:
guarda, le lascio volentieri il mio letto
Gen - No: Fifi non sopporta l’odore di cipolla. E’ così
delicata, povera bestiola
Benoît - Ah, “lei” povera bestiola: e io?
Gen - Tu bestia e basta
Benoît - Dopo trent’anni mi domando perché ti ho
sposata e non riesco ancora a trovare una risposta
Gen - Io ricordo benissimo il giorno in cui hai detto
di amarmi e mi hai chiesta in moglie
Benoît - Io l’ho rimosso: non so se Dio esiste, ma so
che almeno c’è una Pietà Superiore che ci evita di
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farci ricordare ogni giorno le nostre idiozie…Anche
se non capisco perché non arrivi a rimuoverne anche
le conseguenze pratiche (indicando Geneviève).
A volte ci penso a Dio, sai?
Gen - Dopo quanti boccali di birra?
Benoît - Oh, bhe: verso il quarto o il quinto
Gen - Teologia rapida: dovresti scriverci un libro, va
di moda sai? Potresti intitolarlo “Il mio incontro con
Dio al quinto boccale di birra”, anche se di solito al
quinto boccale di birra incontri la porta della
toilette…E nemmeno sempre
Benoît - E va bene: è successo solo una volta, che mi
son distratto mentre ero, ehm, diciamo impegnato
nei miei pensieri superiori
Gen - Dì che ti sei pisciato addosso…
Benoîtît - Solo una volta!
Gen - Sì, però è bastata: c’è ancora la foto che ti
hanno scattato i tuoi amici, appesa sotto la freccia
che indica la toilette, al tuo caro bistrot. “Trova per
tempo la strada giusta” ci hanno scritto sotto: i
grandi filosofi. In confronto a voi l’Accademia di
Francia è il teatrino di marionette del Parc du
Luxembourg
Benoît - Sai cosa adoro di te?
Gen - No e a quest’ora non mi interessa nemmeno
saperlo
Benoît - Al di là del tuo corpo perfetto, dei tuoi
lineamenti nobili, del tuo charme e della tua
complessiva leggiadria…
Gen - O vieni a letto e spengi la luce o te ne vai
Benoît - …Il tuo carattere
Gen - E sai invece io cosa di più adoro di me stessa?
Il nome: anche se tu non lo hai mai sopportato…
Benoît - E mica solo quello…
Gen - Anche per quello mi piace. Ma principalmente
sai perché lo adoro? Perché Geneviève assomiglia
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tanto a “jeune veuve”…Giovane
Francese…Ah ah ah…
vedova,
in
Benoît fa un gesto scaramantico
Gen - Ora io prendo il mio sonnifero, reso
indispensabile dal tuo russare, e scappo nel mondo
dei sogni
Benoît - Se tu volessi scappare anche fisicamente, sai
che non mi opporrei
Gen - Lo stesso vale per te, amore mio: ma né io né
tu abbiamo i soldi per farlo
Benoît - Lo so, lo so: è inutile che me lo rammenti
ogni sera. Siamo due prigionieri
Gen - No: tu sarai pure il prigioniero, ma io sono il
secondino e dei due non si sa a chi sia toccata la
parte peggiore. E ora buonanotte. E vedi di non
svegliare il gatto russando. E anche di non far
vibrare la Tour Eiffel: ci sono ancora turisti a
quest’ora
Prende il sonnifero e crolla a dormire
Scena seconda
Benoît apre la finestra e si affaccia
Benoît – (Gridando) Michel, Michel! (Tra sé) Che bello
avere Michel come vicino del piano di sotto!
Dalle scale antincendio sale Michel. Il dialogo avviene con
Michel sulle scale esterne e Benoȋt affacciato
Benoît – Allora, lo hai portato?
Michel – (Visibilmente affannato) Aspetta, fammi
riprendere fiato
Benoît – Sì, sì Michel: non farti venire un infarto
prima di avermi insegnato a usarlo! Vuoi un
bicchiere d’acqua? Una birra? No, la birra in caso
d’infarto è sconsigliata
Michel – Ma che infarto…E’ che pesa, questo affare
(mostra un computer portatile) E li chiamano portatili!
Oh, beh ce ne sono anche di più leggeri, ma questo
costava poco: un vero affare. Solo che pesa quattro
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chili…
Benoît – Fammelo toccare, fammelo toccare!
Michel – Giù quelle mani! E’ un oggetto delicato,
fatto per gente intelligente
Benoît – E dai, Michel: sembri un bambino ai
giardinetti col pallone nuovo. Fammelo vedere,
fammelo vedere. Accendilo, dai
Michel – (Stringendo al petto il computer) Mi sto ancora
domandando se faccio bene a insegnarti. L’umanità
ha impiegato migliaia di anni per arrivare a costruire
questo prodigio e non so se tu sei all’altezza di un
simile balzo culturale
Benoît – Bhe, sono sempre stato un campione a
flipper: chiunque sia in grado di usare un flipper è
pronto per qualsiasi balzo culturale
Michel – (Guardando con sdegno Benoȋt) Neanderthal….
Benoît – Cos’è, una nuova marca di birra?
Michel – No, è il tuo posto nell’evoluzione
Benoît - Accendilo, accendilo, dai…
Michel posa il computer sul davanzale della finestra e lo
accende
Benoît - Fortuna che ci sei tu, Michel, che non sei
ancora in pensione e hai mantenuto i legami col
mondo…
Michel - Al passo con i tempi, sempre! Non voglio
mica ridurmi come te e tutti quegli altri, io. Allora,
guarda bene, stai attento. Ora lo accendo: pigio
questo pulsante e…
Benoît – Oooh! Fa luce! Che bello: ha tutti I colori,
proprio come il flipper…Eh eh…Lo dicevo io che
non poteva essere poi così difficile. E adesso?
Michel – Adesso inizia la parte dell’Homo Sapiens
Benoît – Sì, sì, bello, bello. E chi è?
Michel – Mi chiedo ancora se faccio bene a forzare
l’evoluzione fino a questo punto. D’altra parte se il
Neanderthal si è estinto ci sarà pure un perché...Fa
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niente, andiamo avanti. Ora vai col cursore sopra
l’icona del provider…
Benoît – Eh?
Michel – Metti il tuo ditone sopra questo
rettangolino nero e lo muovi fino a quando la
freccina è sopra al disegnino giallo…
Benoît - (Dopo averlo fatto) Accidenti, questa
diavoleria è davvero grande…E adesso?
Michel – Ora con lo stesso ditone pigi questo
pulsante qui, lo vedi? Ci ho messo sopra del nastro
adesivo rosso per fartelo riconoscere…
Benoît – Uffa, sembra facile usare la tastiera, ma io
non sono abituato e ho le dita un po’ grandi. Oh Dio,
è sparito tutto!
Michel – Ma no, aspetta
Benoît – Oh, Bello, bello…E questo cos’è?
Michel – La tua porta del Paradiso: ti presento il sito
[email protected], il primo sito al mondo per la
ricerca dell’anima gemella
Benoît - Anima gemella? No no, per carità! (Indica la
moglie che dorme) L’ultima volta ho preso una
fregatura e non posso nemmeno restituire la merce.
Io voglio solo divertirmi, Michel, mica sposarmi
un’altra volta! Divertimento, divertimento ci vuole!
Michel - Sì, Ma mica come Gerard, che va solo a
vedere i siti porno. E quando hai visto tutto quel ben
di Dio che fai? E’ come guardare una pasticceria
dalla vetrina sulla strada
Benoît - No no (si frega le mani) Dentro la pasticceria
vuole entrare il bambino golosetto. Eh si: Doudou il
bel bimbone goloso vuole mangiare le paste, mica
solo guardarle!
Michel - Ecco qua: incontri senza scopo di
matrimonio, solo divertimento. Belle ragazze
disponibili che aspettano solo te: vogliono conoscerti
Benoît - Uau! E’ Come portare un bimbo alle giostre:
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e il bimbo sono io, Doudou!
Gioventù, gioventù: ecco la gioventù che ritorna, la
sento!
Michel - Cominciamo. Inventati un soprannome e
registrati
Benoît -Un soprannome? Non posso semplicemente
scrivere “Benoȋt”? Oppure “Doudou”? Doudou, ecco,
sì: Doudou. Mi hanno sempre chiamato Doudou
Michel - Ma no, è banale
Benoît - Ma gli altri come fanno?
Michel – Non so: andiamo un po’ a vedere. Allora,
pagina degli uomini che cercano donne: aperta
(Leggendo) Cappero Farcito? Ma come fa uno a
chiamarsi Cappero Farcito? Come può saltare in
mente a un uomo che voglia abbordare una ragazza
di presentarsi : salve, sono Cappero Farcito
Benoît – Hai ragione, qui ci vuole un nome che mi
rappresenti fedelmente…
Michel – Anche non troppo fedelmente, Benoit…
Meglio lavorare di fantasia…
Benoît – (Rivolto alla moglie, che dorme)Lo so cosa
diresti tu: “Boccale di Birra”. Ma per fortuna dormi.
No, qui ci vuole qualcosa come…Fammi provare,
fammi provare: ecco, lo vedi? Mi hai mostrato una
volta sola e ho già imparato: quando si dice
l’intelligenza! Ci vuole qualcosa come…Come…
Cavaliere delle Nuvole. Ecco, sì, altro che Cappero
Farcito. Cavaliere delle Nuvole: poetico, elegante,
raffinato. Le donne amano queste cose
Michel – Sei sicuro?
Benoît – Fidati: conosco bene le donne
Michel – A giudicare da chi hai sposato non sembra
proprio…E’ anche vero che se tu dici di conoscere
bene le donne, loro probabilmente conoscono bene
te…Per questo ti evitano come la peste…Ah Ah
Benoît – Non distrarti. Proseguiamo. Pigiare il tasto
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“avanti“. Fatto. E ora? Descrizione. Oh, Dio. Il tuo
fisico: normale, muscoloso, esile, un po’ sovrappeso
Michel - Eh, qui è dura…
Benoît - Normale: normalissimo, almeno per quel
che vedo in giro al bistrot. Ma forse normale è poco:
atletico sarebbe meglio. In fondo per la mia età mi
mantengo ancora bene
Michel – Ne sei sicuro?
Benoît - Ho vinto Gerard alle bocce anche la
settimana scorsa!
Michel - Ecco: fisico atletico, fatto. Dio mi
perdonerà. Occhi…
Benoît – Due
Michel – (Sospirando) Neri, marroni, verdi, grigi…
Benoît - Che faccio, lo dico di averne uno verde e
uno marrone? Ah, non c’è la casella. Occhi verdi.
Vuol dire che se ci sarà un incontro starò di profilo,
sempre sperando di ricordarmi da che parte ho
l’occhio verde
Michel – Capelli…
Benoît - Pochi, ma non lo scrivere. Capelli castani, è
meglio. O magari brizzolati? Alle donne piace,
l’uomo brizzolato. Ecco, sì: brizzolati
Michel - Pigiare “avanti“. Benvenuto, Cavaliere delle
Nuvole: ora che ti sei registrato sei entrato a far
parte della grande comunità degli incontri on-line.
Se vuoi aumentare le tue probabilità di essere scelto,
inserisci una tua fotografia
Benoȋt rientra velocemente nella stanza, apre un cassetto
dell’armadio, prende la macchina fotografica e assumendo
un’espressione che vorrebbe bella, ma risulta ridicola, si
autoscatta una foto
Michel - Forse non è una buona idea…
Benoît – Hai ragione: e se qualcuno mi riconoscesse?
Michel – Non è solo per questo
Benoît – Però una foto attirerebbe di più le ragazze.
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Ecco, guarda lo dice anche il sito: “Una tua foto
moltiplicherà per cento le tue probabilità di essere
scelto”
Michel – Una TUA foto no, Benoȋt: fidati.
Comunque, se proprio vuoi una foto…Lasciami
fare…Allora, pigio qua, sposto là, cerco qui, metto
là…Eccolo: il sito dei più begli indossatori del
mondo. Scegli…
Benoît - Questo no, troppo magro, questo troppo
biondo, questo troppo giovane…Eccolo: appena
brizzolato, occhi verdi, fisico atletico…Praticamente
mio fratello gemello
Michel – Sì, come Caino e Abele. Allora, prendo qui,
taglio là, copio qui…Et voila, il gioco è fatto
Benoît - E adesso mi lasciano entrare, finalmente?
Michel – No
Benoît - Che vogliono ancora?
Michel - Stato civile
Benoît - E adesso che faccio? E allora? Dico a voi, lì
dentro quel flipper: siete stati prodighi di consigli
non richiesti fino a ora e adesso che mi servite
davvero non mi consigliate niente? Perché non
scrivete “gli sposati raccattano di più”? Oppure “gli
scapoli hanno più possibilità di venire scelti“?
Michel – Benoȋt, affrontiamo la cosa freddamente e
ragioniamo
Benoît – Sì
Michel – Cioè, io ragiono e tu mi ascolti
Benoît - Sì
Michel - Se uno bello come il sole è celibe, magari
una donna pensa che si sia qualcosa sotto, qualche
magagna segreta: sono terribili le donne, quando si
mettono in testa che quello che stanno comprando
ha un difetto che a loro sfugge. Ho ancora l’incubo di
quando sono andato con mia moglie a comprare il
tappeto per il salotto. E immagino lo avrà ancora
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anche il commesso
Benoît - Basta: sposato in attesa di divorzio. Così se
una si appiccicherà troppo le sventolerò davanti il
mio certificato di matrimonio, mentre se una che mi
piace sta per scappare le dirò che aspettavo solo lei
per lasciare mia moglie!
Michel - Benoȋt, non so come tu abbia fatto, ma
l’idea è buona
Benoît – Buona? Dì pure geniale! Entriamo adesso…
Michel – No
Benoît – Come no? Che vogliono ancora?
Michel - Inserisci una frase che ti rappresenti, una
breve descrizione di te e un messaggio per la donna
dei tuoi sogni
Benoît - Descrizione di me stesso:
di buona
compagnia, servizievole e di carattere docile…
Michel - Sì, e magari scrivi pure “educato a non fare
la pupù sul tappeto“. Ma dai, Benoȋt: sei il Cavaliere
delle Nuvole, mica un cocker!
Benoît – Lasciami concentrare…
Michel – Quarantamila anni di evoluzione racchiusi
in un minuto di concentrazione di Benoȋt
Benoît - “Sono un uomo pieno di vita e di interessi e
voglio godermi tutto ciò che la vita può offrire e
visto che la donna dei miei incubi ce l’ho qui a fianco
(indica il letto dove dorme Geneviève), sono convinto che
la donna dei miei sogni non può che essere qua
dentro”. Bella come frase, no?
Michel – Quarantamila anni di evoluzione per
arrivare a questo punto…
Benoît - Sì, bellissima! Doudou, Cavaliere delle
Nuvole, parti all’assalto! (Cantando) Allons enfants de
la Patrie…
Michel – Prima che mi comincino a cadermi in testa
Ie pietre della Bastiglia, io vado a dormire. Abbi cura
del computer e scendilo col cestino domattina alle
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sei…
Michel scende di nuovo e Benoȋt si ritira dalla finestra
Benoît - (Abbracciando il computer) Benvenuto amico
mio: la notte è tutta nostra. Faremo grandi cose, noi
due assieme! Dormi Geneviève, dormi. Tu pensi che
io sia capace solo di bere coi miei amici del bistrot,
eh? E invece no, mia cara: noi siamo uomini, mica
donnicciole capaci solo di starsene in casa ad
accudire un gatto e di spettegolare, battibeccare,
frignare tutte assieme, tu e quelle galline
spennacchiate delle tue amiche. Co-co-co…Che
pollaio. Eh no, mia cara: noi siamo uomini e tra noi
parliamo di cose serie, mica di creme di bellezza e
altre idiozie. Noi siamo uomini!
Luce in calando, buio
Scena terza
Luce su stessa scena: Geneviève sola in stanza, mette alcune
gocce del suo sonnifero nel bicchiere di birra di Benoȋt posato
sul comodino. Entra Benoȋt
Benoît - Aaah
Gen - Puoi fare a meno di ripetere questa scenetta?
E’ la stessa maschera di ieri sera
Benoît - No, è che mi ci devo ancora abituare…Il
colore, forse: trovo che quella gialla ti donasse di
più. Ah, è qua la mia birra? Mi pareva di averla
lasciata in cucina
Gen - Te l’ho portata qui io, tesoro
Benoît - (Stupefatto) Te l’ho portata qui io, tesoro?
Gen - Bhe, che c’è di strano? Sei mio marito, no?
Potrò farti una gentilezza di tanto in tanto…
Benoît - Credevo che l’ultima tua gentilezza fosse
stata spedire un biglietto di auguri di compleanno a
Napoleone a Sant’Elena
Gen - Esagerato, solo perché non voglio sembrare
ossessiva con le mie premure…
Benoȋt - Ossessiva lo sei comunque e non con le
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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premure, ma lasciamo perdere
Si mette a letto col giornale e sorseggia la birra. Geneviève lo
osserva con insistenza
Benoît - Bhe, cos’hai da guardare?
Gen - Niente, volevo assicurarmi che la temperatura
della birra fosse giusta: non si è riscaldata troppo,
vero?
Benoît - Dalla cucina a qui?
Gen - No, perché so che non ami la birra tiepida
Benoît - Asterix beve la birra tiepida, non io
Finisce la birra e crolla a dormire russando sonoramente
Gen - Bene, bene, bene: è andato! (Apre la finestra)
Madeleine, Madeleine: cala pure il cesto. Che bello
avere Madeleine come vicina del piano di sopra!
(Abbracciando il computer) Benvenuto amico mio: la
notte è tutta nostra. Faremo grandi cose, noi due
assieme!
Si infila nel letto e apre il computer
Dormi Doudou, dormi. Tu pensi che io stia solo a
chiacchierare con le mie amiche, eh? E invece no,
mio caro: noi siamo donne, mica omuncoli capaci
solo di starsene al bistrot a bere e a parlare di calcio,
tu e quei capponi castrati dei tuoi amici. Co-coco…Pollaio. Eh no, mio caro: noi siamo donne e tra
noi parliamo di cose serie, mica di campionato e altre
idiozie. Noi siamo donne: fortuna che c’è Madeleine,
che non è ancora in pensione e ha mantenuto i
legami col mondo e che tiene informate anche noi.
Al passo con i tempi, sempre.
Eccoci qua: la lettera di istruzioni di Madeleine…La
cara Madeleine…“Cara Geneviève, a partire da
questo momento la tua migliore amica ti aiuterà
nella ricerca della tua vera anima gemella, visto che
quando hai agito da sola hai preso una solenne
fregatura. Non sei mai stata brava nei tuoi acquisti:
ricordi quando sei tornata a casa con due scarpe
dello stesso numero?…La cara Madeleine…E
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quando hai sbagliato la tinta dei capelli? Non stavi
bene con quella nuance rosa…La cara
Madeleine…L’unica volta che avevi visto giusto hai
comunque sbagliato qualcosa, visto che Guy alla fine
me lo sono sposato io…La cara Madeleine!…Visto
quindi che ora ti ritrovi quell’orso peloso,
spelacchiato e pieno di acari che ti gira per casa e che
il negozio di tappeti d’antiquariato all’angolo, l’unico
che avrebbe potuto dargli una buona stima, è chiuso,
non me la sento di lasciarti in queste peste, anche
perché quando usciamo assieme tutti e quattro, di
rado in verità perché Guy non sopporta l’odore di
Doudou, siamo troppo, troppo, troppo disomogenei.
Quindi, ti aiuterò. Ti ho aperto un profilo nel sito di
incontri [email protected]. Ho inserito i tuoi
dati, ovviamente ritoccati per l’occasione: ho dato
un’ aggiustatina all’età, una alla descrizione fisica e
al carattere e poi sono andata di corsa a confessarmi
da Padre Pierre, perché sai che sono una credente
convinta e le menzogne sono annoverate nei peccati
principali…La cara Madeleine…Comunque sappi
che d’ora in poi tu sei Arcobaleno nella notte: mi
pare un nome adatto a te, trovo che esprima la tua
personalità. Un qualcosa di splendido che nessuno
vedrà mai. Ricordati quindi, quando scriverai a
qualcuno, che sei una bionda sulla quarantina molto
ben portata, con fisico tonico, ben curata, sempre
truccata ed elegante e molto dotata di spirito.
Ricordati anche che Padre Pierre confessa tutti i
giorni dalle 15.00 alle 16.00. Stato civile?
Ovviamente sposata ma infelice, così gli uomini non
si spaventano. Non c’è niente che spaventi di più gli
uomini che una donna libera che non aspetta altro
che loro per gettare la propria libertà alle ortiche. Se
invece fingi di essere già prigioniera di un altro,
l’uomo vorrà venire a liberarti per poi farti sua
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Questo testo è tutelato dalla S.A.C.D. di Parigi
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prigioniera: è così che ragionano gli uomini ed è
meglio lasciarli nella loro convinzione. Gli uomini
sono come il soufflé: lasci aperto uno spiraglio nel
forno e si sgonfiano subito. Mai fare entrare aria
nuova nel cervello di un uomo: troverebbe tanto
spazio libero che diventerebbe un ciclone e
provocherebbe sconquassi. Dato che è molto tempo
che non frequenti il mondo maschile, Benoȋt
ovviamente non c’entra: lui appartiene a quello
minerale, tranne quando entra nel bistrot, momento
in cui sale al livello di vegetale parlante e diventa
come un cactus assetato nella Valle della Morte,
sappi che gli uomini vogliono vedere sempre la
merce a cui si avvicinano: per questo inserisci una
foto e le tue probabilità di essere contattata
aumenteranno v-e-r-t-i-g-i-n-o-s-a-m-e-n-t-e.
Geneviève scende velocemente, dal letto, apre un cassetto
dell’armadio, prende la macchina fotografica e assumendo
un’espressione che vorrebbe bella, ma risulta ridicola, si
autoscatta una foto. Poi si ferma, perplessa. Torna a leggere
Ovviamente la foto non deve essere la tua o
perderesti ogni minima probabilità che qualcuno ti
risponda…La cara Madeleine…Perciò ho pensato
anche a questo: ho inserito la foto di una donna che a
suo tempo è stata Miss Francia. Doudou si intende
di mondanità come io e te di fisica nucleare: e anche
di donne, ammettiamolo, tanto è vero che ti ha
sposata…La cara Madeleine…E quindi non
riconoscerà la donna della foto. Bene, ora hai tutto
quel che ti serve per raggiungere la tua felicità: o
almeno tutto quello che puoi permetterti senza finire
in prigione, visto che mettere il veleno per topi nello
spezzatino di Benoȋt non è purtroppo un’idea
attuabile. Ti bacio e ti abbraccio: firmato Madeleine,
la tua migliore amica”. Ah. cosa sarebbe la vita senza
un buon amico al tuo fianco?
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Pausa
Probabilmente un paradiso…
Cala la luce, buio
Scena quarta
Luce sulla stessa stanza. Entra Geneviève con un bicchiere di
birra e la posa sul comodino di Benoȋt. Ha sul volto una crema
giallastra. Mette delle gocce di sonnifero nella birra poi entra
in bagno. Entra Benoȋt con una tazza di tisana e la posa sul
comodino di Geneviève, cerca nel cassetto il sonnifero, ne mette
alcune gocce nella tisana. Entra Geneviève
Gen - Bhe, non fai la tua solita scenetta, stasera?
Benoît - Che scenetta?
Gen - Ma sì, tu che fingi di spaventarti alla vista
della crema sul mio viso e urli come un idiota
Benoît - Ma stasera non hai nessuna crema sul viso
Gen - Aaah
Benoît - Aaah … Che succede?
Gen - Ma io HO una crema sul viso: gialla, la vedi?
Non viola, gialla!
Benoȋt la osserva da vicino
Benoît - Oh, bhe, pensavo fosse il tuo colorito
naturale…
Gen - (Minacciando Benoȋt con la spatola della crema) Ti
avverto che non sono più disposta a tollerare le tue
battute: o cambi atteggiamento o ti prometto che
io…Io…
Benoît - (Sarcastico) Tu cosa? Mi taglierai la gola con
la spatola della crema?
Gen - Non la gola, Benoȋt…Ricorda che il Comune
ha indetto la “settimana della liberazione dalle cose
inutili”…(Mima con la spatola la castrazione di Benoȋt)
Sarebbe la rottamazione più riuscita della mia vita!
Benoît - Mi hai davvero spaventato: fammici bere
sopra
Beve e crolla addormentato
Gen - Un giorno o l’altro dovrò decidermi a cercare
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un buon rigattiere: possibile che non esista una
rottamazione per i mariti? Dovrei riuscire a
piazzarlo…In fondo è vecchio, ma non è stato usato
molto…E’ come uno di quegli elettrodomestici
assurdi che ti regalano al matrimonio e tu metti via
con la scatola e tutto, dopo averli usati sì e no un
paio di volte Bah, fammici bere sopra…
Beve la sua tisana e crolla addormentata
Dalla finestra si intravede un cesto con un pc che viene calato
dall’alto. Il pc emette una leggera luce azzurrognola mentre
una voce maschile, austera e profonda fuori campo parla
V.f.c. - Quando ho pensato a questa mia Creazione
non avevo idea che si sarebbe così sviluppata…
Buio/Luce su nuova scena
Scena quinta
Benoȋt solo in stanza, parla al telefono poggiato sul comodino
Benoît - Ma sì Michel, sta andando alla grande ti
dico: ho già almeno 15 donne che hanno lasciato
messaggi nella mia casella. E vedessi che donne!
Bionde, castane, brune: un harem intero a mia
disposizione. Michel, sei stato un drago a darmi
questo consiglio: sto rifiorendo. Mi sento un gallo
nel pieno delle forze: chicchirichì! E’ un tipo che
acchiappa, questo Cavaliere delle Nuvole. Eh? Come
sarebbe a dire “scendi da cavallo”? Senti questa:
“Caro Cavaliere delle Nuvole, possiamo darci del
“tu”, vero? Io sono alla ricerca di un uomo
romantico e gentile che sappia far dischiudere il
boccio di fiore che è in me in modo che io possa
finalmente espandere tutto il mio profumo e tu mi
sembri proprio la persona adatta”. O quest’altra:
“Ciao, affascinante Cavaliere. Vorrei cavalcare sulle
nubi di tempesta assieme a te, irruente e passionale
come un uragano: così ti desidero, così ti immagino”.
Eh, Michel, che ne dici? Ah, vuoi sapere come IO mi
comporto? Da gran signore e da uomo passionale
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come sono! A una proprio ieri ho scritto “Se tu fossi
un cane vorrei essere il tuo osso”: sono qui che fremo
d’attesa a vedere cosa mi risponderà. Ah, anche tu?
Grazie Michel di essere così partecipe alla mia gioia:
sei un vero amico. Come sarebbe a dire che era una
presa in giro? Perché? Le donne apprezzano il mio
savoir faire: guarda Geneviève: quando la corteggiavo
l’ho stesa, con le mie galanterie. Cosa vuol dire
“appunto”? Bah, lascia stare e concentriamoci sulle
pollastre. Il gallo ha fame eh eh eh. Chicchirichiiì!
Che vuoi dire con “tra un gallo e un pollo” non c’è
poi tanta differenza? Ti ripeto Michel che da anni
non mi sentivo così ringalluzzito. Geneviève mi
aveva chiuso dentro una prigione di vetro, quella
gallinaccia. Ora il vetro si è spezzato, Michel, e il
vero Benoȋt ha voglia di uscire e recuperare il tempo
perduto. Voglio fare disastri, Michel! Come sarebbe
a dire “il disastro lo hai già fatto: basta che ti guardi
allo specchio?”: ma insomma, Michel: tu da che parte
stai? Mica pago i tuoi conti al bistrot e ti lascio un
vantaggio alle bocce per sentirmi dire questo, sai?
Sì, sì, accetto le tue scuse e accetto anche di fare
coppia con Gaston al prossimo torneo, così tu e
Denis siete sicuri di vincere. Però non potremo
continuare a lungo a fingere che Gaston non abbia il
Parkinson: ormai non riuscirebbe a centrare con una
boccia nemmeno il sedere di mia moglie a un metro
di distanza, e tu lo sai che mongolfiera di culo ha
Geneviève! Va bene: farò coppia con Gaston, che è
pur sempre tuo cognato, ma non mi chiedere altri
sacrifici. E ora torniamo alle pollastre: uuuh, non
vedo l’ora di mettere le mani su una di loro. Anzi, ti
dirò, su tutte e quindici! Eh? Come sarebbe a dire
“qui sta il punto”? Ma cosa vuoi dire “si
accorgeranno che tu non sei il tipo della foto
dell‘annuncio“: primo, non c’è poi tutta questa
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differenza fisica, secondo, quando avverrà il primo
incontro saranno ormai così soggiogate dal mio
fascino che nemmeno si accorgeranno del mio
aspetto. Perché le donne, caro Michel, non sono
mica come noi uomini che badiamo al sodo, andiamo
al concreto: no, vivono in un mondo tutto loro, si
perdono in mille fantasticherie. Sognano, loro…E se
tu riesci ad entrare nel loro sogno…Zac, è fatta:
sono in tuo possesso! Ma ora basta, Michel: ho
esaurito tutta la mia fantasia, non riuscirei più a
scrivere un’altra lettera a nessuna donna. Come
sarebbe a dire “per fortuna”? Sono alla saturazione,
Michel: è ora che il “gallo Benoȋt” esca dal pollaio e
si butti nella mischia. Michel, devi aiutarmi. Devo
lasciarti, sta arrivando Geneviève
Riappende la cornetta
Ciao cara, come stai stasera? Hai una splendida
nuova maschera di bellezza vedo: brava, fai bene a
prenderti cura di te
Gen - Aaah!
Benoît - (Cadendo in ginocchio) Non so cosa io abbia
detto di sbagliato, stavolta, ma qualunque cosa sia
me la rimangio subito. Ti prego, Geneviève, non ho
voglia di litigare
Gen - (balbettando) Io …
Benoît - Tu?
Gen - Io…
Benoît - Sì, tu…?
Gen -Io non ho nessuna maschera di bellezza stasera
Benoît - (sempre in ginocchio) Ti prego Geneviève:
dammi un po’ del tuo sonnifero. Ho bisogno di
addormentarmi immediatamente
Geneviève gli passa il bicchiere che ha in mano. Benoȋt beve e
crolla addormentato.
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Scena sesta
Geneviève prende il telefono e compone un numero
Gen - (Scoppiando a piangere) Madeleiiiiiiiine…E’ un
disastro, Madeleiiiiine…Sì, sì, per favore scendi
subito…Grazie Madeleine
Madeleine scende dalle scale antincendio e si affaccia alla
finestra della stanza, abbigliata da “figlia dei fiori”
Mad – Sei sicura che dorma, il cinghiale?
Gen – Sì, sì dorme, dorme…Sono io che non riesco
più a dormire, più a mangiare…
Mad – Bhe, un po’ di dieta non ti farebbe male…
Scavalca il davanzale ed entra nella stanza
Gen – Madeliiiiiiine…Ho fatto come hai detto tu ma
in quindici giorni ho rimediato solo una manciata di
pretendenti. Madeleiiiiiiine…Solo cinque uomini e il
loro profilo è così deprimente! Uno si chiama
addirittura Cappero Farcito: ma dico come fa uno a
presentarsi come Cappero Farcito e a sperare che
qualcuno gli scriva? Madeleiiiiiine…Se non sapessi
che Benoȋt è figlio unico giurerei di avere raccolto in
un colpo tutti i suoi cinque fratelli gemelli…
Madeleiiiiiiine…
Mad – Ma non riesco a capire…Di solito gli uomini
si gettano su ogni nuova donna che entra nel sito,
peggio delle mosche sul miele. Hai fatto tutto come
ti ho detto?
Gen - Certo che ho fatto come hai detto. Ho solo…
Mad - Hai solo?
Gen – Ho solo tolto dal mio profilo la foto che tu
avevi inserito sai, l’ex Miss France. Mi sembrava…
Non lo so cosa mi sembrava…Madeleiiiiiiine…
E anche il tuo annuncio mi sembrava troppo diverso
da come sono io. Ma ho cambiato solo qualche
cosuccia. Mi sono presentata come sono: una donna
matura e calma, tenera, dolce e romantica alla
ricerca di un uomo che possa farmi sbocciare come
un fiore troppo a lungo rimasto in boccio e poter
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finalmente spandere attorno a me tutto il mio
profumo…
Mad – Magnifico: sembra la reclame di un
deodorante. Geneviève, ascoltami: sei rimasta così a
lungo sepolta viva in questo loculo con accanto
l’allegro cadavere di Benoȋt da non sapere più come
va il mondo
Gen - Sì, sì, hai ragione…Madeleiiiiiiiine….
Mad – Geneviève, ascolta: non è grave. Devi solo
credere nelle tue possibilità…(La guarda) Bhe,
pensandoci bene è grave, ma forse non
impossibile…Tu devi ritrovare fiducia in te stessa,
Geneviève, e per farlo ogni sera prima di accendere
il computer devi ripetere: “Internet è un mare pieno
di pesci: io sono la Dea Pescatrice che ogni sera
getta le sue reti e all’alba deve ritrarle a riva piene di
prede”…Devi ripeterlo più volte, come un mantra…
Gen – Un mantra?
Mad – Sì, quelle frasi magiche che gli sciamani
ripetono quando vogliono lasciarsi possedere dal
loro spirito-guida…
Gen – Eh?
Mad – Lasciamo perdere la teoria, che non è il tuo
forte: passiamo alla pratica. Seguimi e fai come me
Segue la scena in cui Madeline e Geneviève girano per la
stanza come due baccanti, recitando la frase “io sono la Dea
Pescatrice che ogni sera getta le sue reti e all’alba le ritira a
riva piene di prede”, intervallata dal russare di Benoȋt. A un
certo punto Benoȋt si alza e resta seduto sul letto, con le braccia
in avanti, in una crisi di sonnambulismo. Le due donne si
fermano
Gen - Oh, mio Dio: e se adesso si sveglia?
Benoȋt apre gli occhi, ma resta catatonico
Mad – (Passandogli una mano davanti agli occhi) No, no:
sta continuando a dormire. Ma ci ha interrotto il
mantra!
Gen –E ora che facciamo?
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Mad – Ho un’idea: usiamolo come sacrificio umano!
Bhe, “umano”è un po’ troppo, riferito a Benoȋt
Gen – Vuoi sopprimerlo?
Mad – Ma nooo…Quale divinità vuoi che si senta
appagata dal ricevere in dono Benoȋt? Sacrificando
tuo marito ci faremmo solo dei nemici…Lascia stare.
Però potremmo utilizzare la sua energia kharmica
Gen – Eh? Non immaginavo che Benoit potesse
avere un qualsiasi tipo di energia
Mad – Geneviève, non metterti in cose troppo
difficili per te…Dammi una mano piuttosto a far
alzare tuo marito
Le due donne portano Benoȋt sonnambulo al centro della
stanza e riprendono la loro danza, imitate da Benoȋt
Gen e Mad - (Cantando) Io sono la Dea Pescatrice
che ogni sera getta le sue reti e all’alba le ritira a
riva piene di prede…
Gen - Ah, Madeleine: come riesci a motivarmi tu
non ci riesce nessuno! Mi hai ritirato su il morale.
Mi viene da saltare sul letto e scoppiare a ridere
Lascia il braccio di Benoȋt, che cade a terra continuando a
dormire, e sîtalta sul letto
Ah ah ah ah…..
Scoppiando di nuovo a piangere
Aaahhh…Madeleiiiiiiiiiiine…Io non sono la Dea
Pescatrice e i soli pesci che riesco a portarmi dietro
sono le acciughe dal mercato rionale del venerdì…
Madeleiiiiiiiiiiiiiine
Mad – Sì, effettivamente la faccenda è grave.
Dobbiamo aggirare immediatamente l’impasse.
Prendere appunti, veloce!
Geneviève prende agenda e penna
Mad – (Con tono da generale in battaglia) Primo
Gen – Primo…
Mad - Inserire immediatamente la foto dell’ex Miss
France
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Gen – Miss France
Mad – Secondo
Gen – Secondo
Mad – Eliminare ogni parola del patetico annuncio
da te improvvidamente inserito in una crisi di
autolesionismo
Gen - …Nismo
Mad – Terzo. Inserire il seguente annuncio: “mio
marito mi tradisce e io mi sento come una gattina
alla quale abbiano appena tirato addosso una
secchiata d’acqua”. E sfido qualunque maschio
capace ancora di respirare a non cadere in questa
trappola. Gli uomini amano sentirsi cavalieri
impavidi pronti a correre in aiuto di una bella donna.
L’importante è che non debbano mai farlo per
davvero…
Gen - Madeleine: sei un genio! Lo faccio
immediatamente e poi ti saprò dire
Fine primo atto
Secondo atto
Scena settima
Geneviève sola in stanza, al telefono
Gen - Ciao Madeline: Benoȋt è al bistrot e abbiamo
tempo per parlare. Bene. Allora, ecco qua la
situazione: la foto e il nuovo annuncio funzionano
alla grande. La “gattina bagnata dalla secchiata
d‘acqua” sì è tirata dietro centodue nuovi uomini in
cinque giorni! E chi mi voleva riscaldare, chi mi
passava l‘asciugamano, chi l’asciugacapelli, chi
voleva darmi il suo accappatoio, bastava solo che
passassi a prenderlo a casa sua. Ho contato trentasei
asciugamani, diciotto asciugacapelli e il resto in
accappatoi. Potrei aprire un negozio. Madeleine: un
successo! Ora sono davvero convinta che la mia sola
via di fuga dal manicomio del mio matrimonio è
quella che tu mi hai prospettato. Mi farò un amante.
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Devo solo scegliere tra i trenta pesci che ho nella
rete. Mi sento potente come non mai. Madeleine, è
magnifico! Vorrei scoppiare a ridere. Ah ah ah….
Scoppiando a piangere
Aaah…Madeleiiiiiiiine…Tutti mi chiedono la stessa
cosa: vogliono incontrarmi, un rendez-vous vis à vis…
Come, perché piango? Il loro sogno si infrangerà al
primo incontro e io ripiomberò in questo incubo di
realtà. Madeleiiiiiiiiiine…Aiuto! Eh, come dici?
Vorresti presentarti tu ai miei appuntamenti? Ma
dico, sei matta? E tu pensi che io abbia fatto tutta
questa fatica per te? In cinque giorni ho scritto
centodue lettere idiote a dei perfetti sconosciuti
cercando di ricordarmi i loro nomignoli ridicoli, ne
ho scritta perfino una a Cappero Farcito
scongiurandolo di cambiare soprannome! Ho
riempito intere pagine della mia agenda…Aspetta
che la prendo (la tira fuori da sotto il materasso) Ecco,
guarda qua: ah vero, sei al telefono, allora te le
descrivo io le pagine della mia agenda: nomignoli,
età, corporatura, peso, nomi reali, chi è sposato e chi
no, arrondissement di provenienza, gusti, passioni e
desideri. Tutti: tutti li ho catalogati ancora meglio di
quando metto via gli abiti al cambio stagione. Manca
solo di appendergli al collo i sacchetti di antitarme,
guarda!
Alzando la voce
Non sono isterica: è che non mi ci raccapezzo più!
Cinque giorni di catalogazione continua: sono
pronta a presentarmi al Museo di Storia Naturale.
Se mostro loro la mia agenda mi assumono
all’istante. E ora devo presentarmi al primo
appuntamento!
Gridando
Io non sono isterica!
Chiude il telefono
Io non sono isterica: io sono soltanto vecchia e sola
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e…Aaah!
Entra Benoit tenendo per la coda un gatto stecchito
Gen - Fi…Fi…Fifì!
Benoît - Credo che abbia mangiato il veleno per i
topi che stava sotto il lavandino
Gen - (Strappando di mano il gatto a Benoȋt) Sono cinque
anni che il veleno dei topi sta sotto il lavandino e
non è mai successo niente! Fifì non riusciva ad aprire
quello sportello!
Benoît - Ehm: veramente ne ho prestato un po’ a
Gerard, gli serviva per la sua cantina, e devo averlo
lasciato in giro quando me lo ha restituito
Gen - Non riesco a crederci: Fifì, la mia Fifì, l’unico
essere presente in questa casa degno di ricevere
tutto il mio amore, tutte le mie cure. Fifì, l’unico
vero amore della mia vita
Benoît - Se smettessi di depilarmi la schiena, mi
attaccasi una coda di pelouche e mi mettessi un
collarino rosa al collo, forse potrei sostituirla…
Genevieve gli tira il gatto
Gen - (Gelida) Vai a posare Fifì sul divano, sopra il
suo cuscino preferito, intanto che io mi preparo per
le esequie
Scena ottava
Benoȋt solo in scena, al telefono
Benoît - Ti dico che è proprio così, Michel: mia
moglie è impazzita! Sì, normale del tutto non è mai
stata ma ti giuro che in tanti anni non l’ho mai vista
così. Nemmeno quella sera che mi avete
riaccompagnato a casa nudo, dipinto di rosa e con la
scritta “sono il più bel maiale di Parigi” scritto sul
petto. Sì, ah ah ah: che sbornia! Eh, eravamo giovani!
Che tempi! Quella volta si arrabbiò, ma gli passò
presto e una volta accennò perfino una smorfia di
sorriso al ricordo. Ma stavolta, Michel, mi fa paura.
Ieri notte parlava nel sonno. “Te la farò pagare”
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diceva. E poi parlava di strane cose. Ce l’aveva con
un cappero farcito, non so se stava sognando di
cucinare. Ma dico, come si fa a farcire un cappero?
Forse per questo aveva il sonno agitato. Sta
arrivando: metto giù
Riattacca. Entra Geneviève. Ha il volto spalmato di crema
nera e recita come in una tragedia greca
Benoît - Aaah!
Gen - E’ bene che ti abitui a questo colore: è il colore
del mio lutto
Benoît - Geneviève, non possiamo non pensarci più?
Era solo un gatto
Gen - Era il mio amore! Era il mio amore che TU
hai messo dentro una tomba
Benoît - A proposito, è arrivato il conto delle
esequie: una follia. Ma non potevamo gettarla nella
Senna?
Gen - (Solenne) Oh, sciagurato misero uomo: oltre
che il soffio della vita avresti il cuore così di pietra
da spengere in me anche il dolce afflato della
rimembranza? Strappare dalla mia anima la vita di
chi mi amava non ti è bastato? Anche sottrarmi la
corrispondenza di amorosi sensi presso la sua tomba,
tu vorresti? A questo disperato cuore hai
prosciugato ogni goccia di sangue e ancora insisti
nel martoriarlo…
Benoît - La Senna era perfetta. Anche Maria Callas
ha fatto spargere le sue ceneri in mare!
Gen - Il corpo dell’amata Fifì non è stato oltraggiato
dalle fiamme
Benoît - Perché tu non hai voluto bruciarla nel
forno, come dicevo io! Sai quanti soldi avremmo
risparmiato?
Gen - Basta, o meschino! Allontana da me la tua
presenza. Ora che nemmeno il tuo gravoso respiro
riuscirà a svegliare l’amata dormiente, va: va in
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quella che fu la sua dimora e dormi lì, dove le sue
membra si posarono nei ridenti momenti della sua
stagione vitale
Benoît - Eh?
Gen - Vai a dormire sul divano, razza di imbecille
Scena nona
Benoȋt affacciato alla finestra
Benoît - Dai, veloce Michel: oggi son sette giorni
che è morta Fifi e Geneviève resterà fino a tardi al
cimitero dei gatti
Tira su il solito cestino col computer. Ne estrae un biglietto, che
legge
Benoît - “Qui c’è qualcosa per il tuo primo incontro:
ti servirà”. Ah, Michel: sei unico!
Nasconde il computer sotto il materasso, poi guarda ancora nel
cestino e ne estrae un grande bavaglio da cucina con stampato
il corpo del David di Michelangelo. Lo indossa rivolgendo le
spalle al pubblico. Si volta. Dalle scale arriva Michel. Si
affaccia nella stanza e fa un lungo fischio
Michel - Ehi, gigolò….
Benoît - Non ho capito se è una presa in giro o se tu
ti aspetti che io lo metta davvero…
Michel – Conoscendoti è meglio specificare: Benoȋt,
non azzardarti a metterti quella roba per il tuo
primo incontro al buio… E’ chiaro, così?
Benoît – Michel, Michel: l’incontro di oggi
pomeriggio mi agita molto. Nel suo profilo “lei” ha
messo anche la foto. E’ una donna stupenda, Michel,
di classe. Volto magnifico, anche se non ha più
vent’anni
Michel - Meglio: donna di esperienza
Benoît - Corpo sodo, Michel. Belle tette, almeno per
quel che si può immaginare sotto il maglioncino. E
poi, è di sicuro una tigre, Michel: altro che “gattina a
cui hanno tirato una secchiata d’acqua”. Appena ho
letto quell’annuncio le ho scritto subito e le ho
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offerto il mio accappatoio. Un colpo di genio, la mia
battuta: “passa da me e ti presto il mio accappatoio
per asciugarti”. Scommetto di essere stato l’unico a
scriverlo!
Michel – Sei un poeta…Ti ha scelto sicuramente per
questo: una donna così non accetta mica un RV dal
primo che le scrive. E sei anche un gran mandrillo,
vecchio mio! Eh, sai: un po’ ti invidio: io so usare il
computer, ma mi manca il coraggio di fare quello
che fai tu
Benoît – Ma no, Michel, ma no: non angustiarti. A
ognuno il suo ruolo. Tu sei un intellettuale…
Michel – …Frutto di quarantamila anni di
evoluzione dell’Homo Sapiens
Benoît – Di chi?
Michel – Lascia stare
Benoît – Mentre io, Michel, io sono l’uomo virile,
l’uomo maschio, l’uomo che non ha mai bisogno di
chiedere…L’uomo…L’uomo…
Michel – Di Neanderthal
Benoît – Eh?
Michel – Niente, lascia stare: Neanderthal batte
Sapiens ai supplementari…
Benoît – Tra poco arriverò al mio appuntamento con
passo dinoccolato, con un fare un po’ nonchalance…
Michel - La vedrai lì, seduta a quel tavolo
dell’elegante café…Che darei per provare una simile
emozione…
Benoît - La immagino già, vestita di rosso
Michel – Oh, sì: una donna così può permettersi di
vestirsi di rosso al primo appuntamento con uno
sconosciuto…
Benoît - Anche le sue labbra saranno rosse. Mmmh.
Turgide, vogliose di me. Io aspetterò un poco e la
fisserò, dal marciapiede. Guarderò la sua impazienza
Michel - Magari accavallerà le gambe
Ogni scorretto utilizzo verrà perseguito a norma di legge
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Benoît - Ecco: sì, sì, quello sarà il segnale. Appena lei
avrà accavallato le sue lunghe gambe da cerbiatta
zac! Doudou il leone balzerà fuori dal suo
nascondiglio e le dirà “Charmante: aspetta
qualcuno? Un Cavaliere delle Nuvole, per caso?
Eccomi, seguimi”
Michel - E lei risponderà “Solo se saprai rapirmi e
portarmi lassù, in un cielo dove la tempesta delle
passioni possa scatenarsi”
Benoît - E così io mi avvicinerò a lei (va verso la porta)
e lei a me. E lei protenderà il suo seno verso di me e
io le mie braccia verso di lei e poi chiuderemo gli
occhi e inumidiremo le nostre labbra già vogliose le
une delle altre fino al momento in cui lei mi dirà…
La porta si apre ed entra Geneviève mentre Michel si ritira
rapidamente
Gen - Grandissimo imbecille, ti sei dimenticato di
pagare il conto e Fifì è stata riesumata e gettata
nell’inceneritore comunale! Ma che ti sei messo
addosso?
Benoît - Oh, mio Dio: Geneviève che ci fai qui?
Gen - Io ci vivo, qui, da almeno trent’anni: cosa che
presto tu non potrai più dire. Cos’è quella roba?
Benoît - Oh, ehm…I ragazzi stanno organizzando
una festicciola giù al bistrot e pensavamo di
regalarlo al cognato di Michel, sai, quello col
Parkinson
Gen - Gli starà benissimo: almeno gli coprirà il lardo
tremolante. Ormai sembra un budino
Benoît - A proposito di grasso che tremola, hai preso
tu la mia pancera? Non riesco a trovarla
Gen - Io? Cosa ti viene in mente? Non ho bisogno di
quella roba, io: tutta carne soda, IO
Benoît - No, è che dovrei uscire e mi serve
Gen - Per andare al Bistrot? Da quando vuoi
nascondere la pancia ai tuoi cari amici? Corri il
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rischio che non ti riconoscano
Benoît - No, è per la prova della gara di bocce: non
vorrei strapparmi i muscoli della schiena. Ma non
importa, la troverò
Esce
Scena decima
Gen - (Tra sé) Figurati se ti ridò la pancera: oggi
serve a me e la tua gara di bocce può andare a farsi
benedire
Compone un numero al telefono
Madeleine? Ah, stai scendendo? Bene, bene, ti
aspetto: ho cose importanti da dirti!
Madeleine si affaccia nella stanza
Mad – Allora?
Gen – Madeleine, avevi ragione!
Mad – Sì, mi succede spesso. In cosa ho avuto
ragione, stavolta?
Gen – Nel dirmi di credere nelle mie possibilità
Mad – Veramente io intendevo in senso generale: a
te ho consigliato di confidare in un colpo di
fortuna…
Gen – Madeleine, il mantra ha funzionato…(Girando
per la stanza) “Sono la Dea pescatrice, sono la Dea
pescatrice…”
Mad – (Tra sé, invidiosa) Ho creato un mostro, oppure
ho sprecato per lei l’unico mantra funzionante della
mia vita… Ah, che stupida sono stata! (A Geneviève) E
dimmi, mia cara Dea pescatrice, quale amabile
merluzzo avresti preso all’amo?
Gen - Tra i miei centodue spasimanti, che nel
frattempo sono diventati trecentonove, ne ho scelto
uno: Il Cavaliere delle Nuvole!
Mad – Oh: è tutto nel nome. Un pesce a cavallo. A
cavallo di un cavalluccio marino, immagino…Ah
ah…
Gen – Noto nella tua battuta un leggero sarcasmo…
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Mad – Ma va? Ah, ah ah…
Gen – E nella tua risata una nota tremula. Non sarà
invidia, per caso?
Mad – Invidia? Ah, ah…E di cosa?
Gen – Di me, mia cara, che sto per fare l’incontro
della mia vita, questo pomeriggio. Ho appuntamento
a un caffè in centro tra due ore.
Mad – Invidiosa di un incontro al buio? Ah, ah…Di
un uomo che non ho nemmeno mai visto? Ah, ah, ah!
Gen – Se è per questo posso mostrartelo: ho
stampato la sua foto
Mostra la foto a Madeleine
Mad – Sì, sì, niente da dire…Distinto, atletico…
Gen – Madeleine: è il maschio più bello che abbiamo
mai visto in vita nostra, sii sincera per una volta!
Mad – Ma, sai, a volte le apparenze…E se fosse un
maniaco?
Gen – Un maniaco, con quegli occhi? Ma và…
Mad - Se vuoi, no, dico…Se non ti sentissi sicura e
vorresti, che ne so, che un’amica ti accompagnasse, o
magari che si presentasse al posto tuo…
Gen – Altolà: giù le mani dal mio merluzzo. La dea
pescatrice non è mica un chiosco ambulante di pesce
fritto! Pescati il tuo, se vuoi! (Riprende a danzare)
Sono la dea pescatrice e internet è un mare pieno di
pesci….
Mad - Se ne leggono tante di notizie sulla pagina
della cronaca nera…
Gen – …Pieno di pesci…Ah, ma questo è diverso. Ci
siamo scritti poco, in verità. Il suo primo messaggio
era banale. Uno dei tanti che voleva prestarmi il suo
accappatoio. L’ho scelto perché era rimasto l’unico:
era in coda a tutti, sull’ultima pagina della mia
corrispondenza e l’altra sera devo avere sbagliato
qualcosa nel pigiare i tasti perché di colpo mi si è
cancellato tutto ed è rimasto solo questo qui. Tu
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credi al destino, Madeleine?
Mad – Ci crederò quando ti vedrò tornare. Intera,
spero, e non a pezzi chiusa in un sacco. Ma davvero
vuoi andare all’appuntamento con questo qui?
Gen – Non vedo perché no: lui spasima per me
Mad – Veramente, lui spasima per Miss France
1976… Anche se ovviamente non lo sa ancora, è
vero
Gen – Bhe, gli ho accennato che sono leggermente
cambiata rispetto alla foto…Lui ha detto che non
importa, che una bellezza come la mia non potrà mai
sfiorire
Mad – E gli dirai che hai subito un incidente
stradale, una rara malattia tropicale oppure, visto
che siamo nel regno delle fiabe, che una strega
cattiva ti ha trasformato così per invidia?
Gen – Ecco (guardando Madeleine) diciamo che questa
è l’ipotesi che più si avvicina ala realtà. Ma no: gli
dirò semplicemente che mi sono fidata del Destino.
Io ci credo: sì, sì, ci credo
Sospira
Cosa faremmo se il Destino non ci prendesse per
mano ogni tanto? Sì, in effetti nel caso di Benoȋt
sarebbe stato meglio essere monchi, ma sento che da
questo pomeriggio la mia vita cambierà. L’uomo
della mia vita sta per arrivare. Ma ti dirò tutto
stasera, cara Madeleine. Sempre che rientrerò
presto…Eh eh
Escono. Sopra il letto di Benoȋt appare la luce azzurrognola
della scena terza
Voce fuori campo - E gli uomini continuano a
chiamarmi ancora “Il Destino“…A volte mi pento di
tutta la fatica che ho fatto…
Scena undicesima
Genevieve entra in scena urlando, seguita da Benoȋt
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Gen - Fedifrago! Lurido verme: dopo che per te ho
sprecato i migliori anni della mia vita. Tradirmi così:
vigliacco! E con una sgualdrina, poi! Una che si
presenta come una gattina alla quale hanno appena
tirato un secchio d’acqua ti pare una donna seria?
Un secchio di acido dovrebbero tirarle! Puttana!
Benoît - E tu, allora? Getti per aria anni di onesto
ménage per il primo bellimbusto che passa? Ma come
fai a credere a un Cavaliere delle Nuvole? Gli uomini
che si presentano così vogliono solo una cosa:
portarti a letto! Che vuoi che importi loro di come
sei dentro? Credi che a loro interessi la tua
personalità?
Gen - E tu? Non dirmi che eri attratto dalla
personalità della “gattina bagnata”. Era la calamita
delle sue tette ad attrarti! Porco! Ah, ma stavolta
giuro che me la paghi!
Benoît - No, cara mia: tu me la pagherai stavolta.
Sono stufo di subire le tue angherie, le tue fissazioni
e anche le tue maschere di bellezza, che per tua
conoscenza non valgono un soldo!
Gen - E tu riprenditi la tua pancera (se la toglie): ti
servirà all’ospizio dei vecchi, perché è lì che finirai
appena ti avrò buttato fuori di casa!
Benoît - Eh no, mia cara: sei tu che finirai a dormire
sotto un ponte appena avremo divorziato
Gen - E’ a me che resterà la casa e tu morirai di fame
Benoît - Ah, ne sei sicura? Vedrai
Gen - Tu sei l’unico ostacolo alla mia felicità
Benoît - Posso dire altrettanto di me, “gattina”: e a
proposito, il veleno dei topi l’ho dato io a Fifì
Gen - Fifì! La mia Fifì!
Benoît - Basta: parliamone dopo cena. Ho fame
Gen - Hai ragione: rimandiamo tutto a dopo cena
Buio
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Scena finale
La scena viene pian piano illuminata da una tenue luce
azzurrina
Gen - Doudou…Ma che è successo?
Benoît - Non lo so Geneviève, ma mi sento così
leggero!
Gen - Anch’io. Non mi sento così leggera dai tempi
del Liceo. Ero così snella a quell’età. Ma cos’è questa
luce azzurra?
Benoît - Non lo so, ma mi sembra tutto molto
strano. Oh Dio, Geneviève: ho il forte sospetto che
siamo morti
Gen - Non essere assurdo: tu magari sarai anche
morto, ma non io!
Benoît - Perché dovrei essere morto proprio io e non
tu?
Gen - Perché io ho messo il veleno per i topi nel tuo
paté, a cena
Benoît - Oh, se è per quello io l’ho sciolto nel tuo
bicchiere di vino
Si afferrano le braccia a vicenda e si guardano in faccia
Benoît e Gen - (Assieme) Siamo morti!
La luce azzurra si fa più intensa. Un lampo. Cadono entrambi
in ginocchio
Gen e Benoît - (Assieme) Il Buon Dio!
Voce fuori campo - (Con un lungo sospiro) No, non sono
il Buon Dio. Possibile che dopo tanta navigazione
non mi abbiate ancora riconosciuto? Eppure mi
sembravate piuttosto presi
Gen - Chi…Chi sei allora?
V.f.c. - Sono il delegato a sistemare ciò che resta di
voi nella destinazione adeguata
Gen - Vuoi dire Inferno o Paradiso?
V.f.c. - Quella è ormai roba sorpassata e voi avete
dimostrato di essere due tipi moderni
Benoît - Insomma chi sei?
V.f.c. - Io sono Internet: piacere
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Benoît e G - (Assieme) Pia…Piacere
V.f.c. - Oh, ma ci conosciamo già, anche se non ci
eravamo ancora presentati. Vi siete divertiti in mia
compagnia?
Gen - (A Benoȋt) Diciamogli di sì: meglio non
contraddirlo…(Alla voce). Sì sì, ci siamo divertiti un
sacco!
Benoît - Meglio delle partite a bocce e anche del
bistrot
V.f.c. - E allora se vi divertivate tanto, perché vi
siete eliminati a vicenda?
Benoît - Oh bhe, noi veramente…
V.f.c. - Ve lo dico io perché: mi avete preso troppo
sul serio e avete perso il gusto di giocare. Così io per
voi sono diventato la realtà e la vostra realtà è
diventata un mondo virtuale. Un errore che fanno in
molti. Bhe, ormai comunque il danno è fatto.
Preparatevi a raggiungere le vostre nuove
destinazioni. Benoȋt…
Benoît - Sì, sono qui: sia clemente, la prego
V.f.c. - Io non ho una grande gamma di qualità a cui
posso attingere. Diciamo che in sostanza io posso
essere solo acceso o spento. Benoȋt: tu sei destinato a
proseguire la tua esistenza al mio servizio. Prenderai
posto alla quinta pagina del sito Compr@mi, lo
conosci non è vero? Si è appena liberato un profilo e
tu prenderai il suo posto. Sarai Cappero Farcito
Benoît - No, Cappero Farcito no!
V.f.c. - Cappero Farcito, sì: il profilo più idiota di
tutto il web. E’ da lì che partono i primi arrivati, in
attesa di essere sostituiti da un nuovo arrivo. E tu,
Geneviève…
Gen - Sì?
V.f.c. - Tu continuerai ad essere la gattina a cui
hanno tirato una secchiata d’acqua. Entrambi
potrete interloquire coi vostri corrispondenti reali,
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ma ovviamente non potrete mai incontrarli. Così tu,
Benoȋt, sarai considerato come il più idiota del sito
da tutte le donne che entreranno in Internet e tu,
Geneviève, sarai bramata da una pletora di
spasimanti che però non potranno fare altro che
sognarti. Vi sembra abbastanza disperata, come
sistemazione? O preferivate la vostra condizione
reale, quella che avete così teatralmente
abbandonato?
Benoît - No, no: va bene così
Gen - Anche da parte mia, lo stesso
V.f.c. - Bene: andate allora. La vostra nuova
sistemazione vi attende
Benoît Per l’eternità?
V.f.c. - L’eternità? Diciamo intanto finché durerà
Internet: poi si vedrà
Benoît - Possiamo almeno salutarci per l’ultima
volta?
V.f.c. - Ah, ma voi potrete continuare a scrivervi a
vicenda: e magari, scrivendovi, scoprirete che vi
volevate bene e non ve ne rendevate conto. Forse
sarà proprio questa la punizione: ma le
considerazioni personali esulano dal mio compito.
Adieu, Geneviève e Benoȋt: e divertitevi
Benoȋt e Genevieve escono al rallentatore dalle parti opposte
della scena
V.f.c. - Principale: ora posso spengermi?
Seconda Voce fuori campo - Sì Internet, grazie. Vai
pure a riposare
La luce si affievolisce
Seconda voce fuori campo - Ah, gli esseri umani!
Nemmeno io che li ho fatti avevo previsto l’esistenza
di due simili idioti!
Venezia, maggio 2011
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INDICE
DRAMMI
OCCHI DI SORCIO
pag. 2
L’OMBRA DEI PORTICI
pag. 34
LAMIERA AZZURRA
pag. 48
COMMEDIA
COMPR@MI
(DUE CUORI E UN COMPUTER)
pag. 79
Messo in Rete dall’Autore
per libera consultazione
Novembre 2012
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Tutti i diritti all’Autore
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Minever Morin
Scrittrice e drammaturga
Nasce in Umbria nel 1962. Nel 1981 consegue
la Maturità Classica, quindi parte per un viaggio
di otto mesi in Bolivia. Nel 1986 entra nella Polizia
di Stato, tra le prime donne nel ruolo di Agente.
Attualmente vive a Venezia.
Narrativa
BOLIVIA, UNA REALTA’ (1983)
LE STAGIONI SUL CONFINE (1988)
IL SILENZIO DI LAVIO (1989)
LICENZA DI PENSARE (1991)
OCCHI DI SORCIO (2001)
IL GRANDE CETRIOLO (2003)
SOTTO BOLLINO ROSSO – Articoli 2000-2004 (2004)
ESPERIA. E’ la città il corpo del reato (2007)
ESPERIA. La Polizia è infetta (2012)
Teatro - Dramma
OCCHI DI SORCIO (2001)
L’OMBRA DEI PORTICI (2004)
LAMIERA AZZURRA (2006)
Teatro - Commedia
COMPR@MI: DUE CUORI E UN COMPUTER (2011)
Teatro per bambini
IL LIBRO MAGICO (2005)
RÊVERIE VENITIENNE (2007)
CHI HA RUBATO IL GIGANTE DI BOLOGNA? (2007)
HANNO RAPITO IL BOCCIOLO DI ROSA! (2008)
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