spazio-tempo tra fenomenologia e psicopatologia_ita

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spazio-tempo tra fenomenologia e psicopatologia_ita
_SPAZIO-TEMPO TRA FENOMENOLOGIA E PSICOPATOLOGIA_ITA
SPAZIO-TEMPO TRA FENOMENOLOGIA E PSICOPATOLOGIA
Seminario con Bruno Callieri ed Eugenio Borgna.
Eugenio Borgna è libero docente di clinica delle malattie nervose e mentali all’Università di
Milano e primario del servizio di psichiatria all’Ospedale Maggiore di Novara - c.so Mazzini 18 28100 Novara - tel. (0321) 3733440.
Bruno Callieri è Ordinario di Psichiatria e Clinica Neuropsichiatrica all'Università di Roma "La
Sapienza".
…….a questo punto tocca a Borgna introdurre il discorso sul tempo. Per Borgna c'è
un'intuizione fondamentale di Heidegger, che ha nel cuore il senso di cosa significhi fare una
filosofia che travalichi i confini della nostra individualità per essere gettati nel cuore della vita:
questa intuizione consiste nel fatto che <<
ciascuno di noi vive solo se si confronta permanentemente col mondo che è un mondo di cose
ma anche di persone>>.
Noi siamo immersi nel tempo, non riusciamo a staccarci da esso. S. Agostino ha operato una
straordinaria destrutturazione del tempo, differenziando il tempo matematico, quello
dell'orologio dal tempo interiore, vissuto che appartiene ai segreti del nostro cuore. Cogliere le
radici psicologiche interiori del tempo, rifacendosi alle "Ricerche logiche" (1901) di Husserl,
significa dare spazio ad una psichiatria che fa della soggettività dei pazienti il proprio campo
d'indagine. Al contrario, le psichiatrie dell'oggettività e della reificazione negano il significato
della vita interiore, ritenendo che la semplice registrazione automatica di una vita psichica
schiacciata come vita neuronale possa essere considerata come unica forma di conoscenza
degli infiniti arcipelaghi della vita psichica. Questo riduzionismo stava già a fondamento della psichiatria all'inizio del XIX secolo, quando
Griesinger dichiarava che <<i disturbi psichici sono disturbi cerebrali>>, introducendo una
frattura decisiva. Se Griesinger invece avesse detto <<
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i disturbi psichici corrispondono a disturbi cerebrali>>
oppure <<
accompagnano quelli cerebrali>>,
in qualche modo egli avrebbe colto degli aspetti problematici, ma non avrebbe ucciso gli spazi
dell'interpretazione dialettica tra vita affettiva e quella che è il correlato della vita biologica. <<
Guai alle psichiatrie che si riducono a laboratori anche luminosissimi di pensiero astratto ma
che non si confrontano con chi sta male!>>
dice Borgna.
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Poi, Borgna fa un rapido
excursus
su alcuni esponenti di spicco della scuola fenomenologica. Se per quanto riguarda lo studio
delle emozioni il contributo di Max Scheler è stato fondamentale, egli però non aveva il rigore di
un Husserl oppure la genialità contaminatrice di un Heidegger. Binswanger, attraverso una
tumultuosa aggregazione alle diverse fasi che la fenomenologia ha attraversato, all'inizio si è
agganciato alle 'Idee per una filosofia pura' (la prima delle grandi opere teoriche di Husserl)
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. Binswanger ha avuto il merito di cercare di interpretare gli abissi di angoscia e di disperazione
che si nascondono nelle persone che stanno male. Kurt Schneider, dal canto suo, ha promosso
quel recupero di significato psicologico che possiamo cogliere persino in quella vita psicotica
che siamo abituati a cogliere come portatrice di insignificanza.
Nelle esperienze psicotiche si smascherano con una trascendenza ed una chiarezza
sbalorditiva trame di significato che sono state profeticamente intuite dalla filosofia. C'è un fluire continuo tra la tristezza patologica e quella ordinaria. Ma quali sono i sintomi della
melanconia? Ci sono melanconie in cui la tristezza non emerge perché questa ultima è
un'emozione 'debole' e ci sono melanconie così profonde che non evidenziano una tale
emozione debole. Il primo segno di una tristezza è questa metamorfosi nell'esperienza
soggettiva del tempo, quando siamo tristi c'è il deformarsi del tempo interiore. Quando la
tristezza diventa un'emozione fondamentale, la dimensione del futuro viene recisa, viene
cancellata. Per Heidegger senza futuro noi non esisteremmo. Questa tesi non è stata verificata se non da
chi ascolta un melanconico e tocca con mano questa dimensione amputata del tempo.
<<Se sappiamo rendere attente le 'antenne'>> dice Borgna <<la percezione radicale assoluta
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dell'altro avviene nei primi istanti in cui la conoscenza di una persona avviene (come hanno
anche affermato psicoanalisti come Kotta). Il tempo della conoscenza può essere rapidissimo
tanto da incenerire le dimensioni di passato, presente e futuro, e da far nascere la profonda
radice personale che caratterizza ciascuno di noi>>.
Nel melanconico c'è un presente zoppicante, zigzagante, continuamente divorato dal passato.
Cresce la mancanza di ogni ipotesi, di ogni orizzonte che apra il cuore alla speranza (per
Pascal:<<Noi non viviamo, ma speriamo di vivere>>). Nella malinconia noi non viviamo perché
non riusciamo a sperare nella vita.
L'esperienza maniacale, che si situa agli antipodi della precedente, comporta una perdita
assoluta di ogni ombra, implica una gioia panica bruciata nel presente, senza passato né futuro
né speranza, tutte dimensioni falcidiate da un vivere puntiforme nel presente. Anche la
scompensazione psicotica ci fa pensare al fatto che quando siamo sommersi dalla felicità e
dalla gioia corriamo il rischio di chiudere le finestre delle monadi che noi siamo senza lasciarle
aperte al futuro.
Nell'esperienza schizofrenica (descritta anche da Rilke e da Hoffmanstahl) presente, passato e
futuro formano un miscuglio terrificante, caotico per cui la linearità del pensiero (che si conserva
nella melanconia) viene colpita al cuore e distrutta.
A questo punto, Callieri accenna all'esperienza psicotica che a noi psichiatri ci fa restare
'interdetti', senza parole.
La totale destorificazione del presente in essa si accompagna ad una contestuale
trasformazione dell'esperienza vissuta dello spazio cosicché il vicino ed il lontano perdono
autonomia e significato. Gli spazi si appiattiscono, si livellano, quello che noi chiamiamo 'spazio
esterno' nello psicotico transita facilmente in 'spazio interno'. Il coinvolgimento spaziale è
radicale, sentito momento per momento, in una spirale di permeabilità senza confini. Il confine (
Grenze
), il limite è contemporaneamente
invito
all'oltrepassamento ma anche
invito al rinchiudersi.
Il ritiro dalla realtà consiste nella perdita dello spazio antropologico (non è uno spazio fisico, né
uno spazio medico, ma coinvolge lo
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anthropos
). Questa dimensione spaziale coinvolge ogni progetto mondano.
Accanto al tempo figé ci sono spazi fissati, pazienti che ripetono per ore ed ore gli stessi spazi,
come se ci fosse un'orbita interiore da seguire, è uno spazio senza prospettive.
Un'altra immensa dimensione di distorsione dell'esperienza spaziale (che diventa anche
temporale) è quella del fobico. Nei fobici lo spazio sembra fatto 'a fisarmonica', sembra enorme
e poi si restringe improvvisamente, verso il basso o verso l'alto (per Binswanger: perdita della
prospettività
).
Lo spazio può espandersi (
ex-stasis
) oppure rinchiudersi verso il basso. C'è nel fobico una perdita dello
stare:
quando io sto, sto fermo. Questo spazio diventa friabile, non è compatto, non mi dà più
sicurezza.
A proposito poi dell'esperienza di panico, Callieri ha scritto e pubblicato nel 1996 una
"Rassegna storica del concetto di ansia e di angoscia". Successivamente, in un articolo del
1997 sul "Giornale italiano di psicopatologia", prendendo spunto dal libro di Hillman, Callieri ha
affermato che il panico non è da mitizzare, in quanto non è che un'esperienza particolare di
angoscia che ci permette di esperire sulla nostra pelle un incontro col nulla, con una
nientificazione interiore. Il panico è qualcosa che va riscattato dalla sua semplicistica
patologizzazione: tutti siamo vulnerabili al panico però proprio perché tutti siamo esistenti e
precari (Sartre: <<il nulla è il trascendere che incontra sempre l'esperienza dell'esser
trasceso>>
), le impennate paniche potrebbero farci per un attimo luce sulle
tenebre (pre-categoriali) in cui ci troviamo (
chiarificazione
dell'esistenza
che
Jaspers chiamò
esperienza salvifica
nella sua 'Metafisica').
A questo punto ci chiediamo: come vivificare lo spazio tra medico e paziente. In tale incontro sia
lo spazio che il tempo si trasformano diventando uno spazio ed un tempo comune, uno spazio
ed un tempo misterioso che è il
nostro.
Il tempo dell'incontro è intriso di cambiamento non solo per il paziente ma è un rinnovarsi anche
dentro di noi terapeuti. E' un tempo nuovo dell'esperienza psichica, è il tempo che interrompe la
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rigidità della ripetizione, che ci consente di
costruirci una nuova memoria. <<Noi e i nostri pazienti dobbiamo esperire un'altra cosa>>
dice Callieri. Callieri fa poi incidentalmente un accenno al transfert ed all'opera di Freud in cui
questi commenta l'opera letteraria
Gradiva. <<L'ora della Gradiva è il tempo del transfert. Quando si verifica questa esperienza del
transfert, si ha un ordito che viene a tramare degli incroci di tempo (il suo ed il mio), oppure ci
sono quegli improvvisi ritorni al passato (l'ora panica o l'ora sospesa)>>
afferma Callieri.
Il tempo sospeso è fatto di momenti che ci mostrano che quando parliamo di tempo, in realtà
parliamo di tempi polivalenti che sono nella stessa persona ma che in rapporto al contatto che
questa persona ha con l'altro battono col ritmo che è scatenato dall'altro (l'immagine prodotta
da Callieri è quella di tanti cuori che battono nello stesso petto, nella stessa persona).
Borgna riprende il filo dall'esperienza del tempo vissuto.. Per Binswanger l'esperienza
maniacale è la vera follia in quanto in essa si verifica quella nientificazione ontologica
dell'essere che la separa radicalmente dal nostro modo comune di essere. Nella noia, invece,
(Borgna cita la
Montagna incantata
di Thomas Mann) sopravvive il presente, che non cambia vertiginosamente come accade
nell'esperienza maniacale. Un'altra citazione letteraria usata da Borgna è quella di Dostojewsky
il quale, prima che la crisi convulsiva lo precipitasse nel silenzio dell'angoscia definitiva, parla di
questa
eternizzazione del tempo
(ne parlava anche Musil).
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