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Significato laboratoristico e clinico dellFSH Prima edizione: febbraio 2007 © Copyright 2007 by CLEUP SC Coop. Libraria Editrice Università di Padova Via G. Belzoni, 118/3 Padova (Tel. 049 650261) www.cleup.it Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati. Chi domanda può passare per ignorante una volta sola, chi non domanda lo sarà per tutta la vita (Anonimo) INDICE Metodiche per il dosaggio dellFSH A.F. RADICIONI ............................................................................................. 7 Significato funzionale dei livelli plasmatici FSH: la molecola ed il recettore A. LANZONE, F. MINICI, F. ROMANI, R. APA ................................................. 19 Range di normalità dei livelli plasmatici di FSH nelluomo C. KRAUSZ, L. PETRONE, A. TERRENI, G. FORTI ............................................ 25 Valore clinico dei livelli plasmatici di FSH nella donna G.B. LA SALA, A. GALLINELLI ..................................................................... 29 Correlazione tra FSH plasmatico, parametri seminali e funzionalità tubulare P. TURCHI .................................................................................................... 33 Il dosaggio dellFSH nella valutazione della riserva ovarica I. NOCI ........................................................................................................ 41 Lipogonadismo ipogonadotropo funzionale C. FORESTA, A. FERLIN, A. LENZI ................................................................ 47 Significato clinico del dosaggio dellFSH in relazione ai parametri seminali C. FORESTA, R. SELICE, M. MENEGAZZO, A. BOTTACIN, A. GAROLLA, M. PLEBANI, A. FERLIN ................................................................................ 55 Razionale per il trattamento dellinfertilità maschile con FSH A.A. SINISI, D. ESPOSITO, G. BELLASTELLA, L. MAIONE, T. URRARO, A. BELLASTELLA .......................................................................................... 65 Risultati del trattamento con FSH sui parametri seminali C. FORESTA, A. GAROLLA, R. SELICE, N. CARETTA, A. FERLIN ..................... 75 Il trattamento dellinfertilità maschile con FSH: risultati del trattamento sulla fertilità A. PALMIERI, F. MANGIAPIA, A. MALETTA, G. DE STEFANO, V. MIRONE ........ 91 6 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH La sindrome metabolica e la sindrome dellovaio policistico. I disturbi del ciclo come marker di rischio di diabete di tipo 2 A. LANZONE, D. ROMUALDI, G. CAMPAGNA, A. BOMPIANI, L. RICCIARDI, F. MACRÌ, M. GUIDO ................................................................................... 95 Nuove prospettive terapeutiche nel trattamento della PCOS V. DE LEO, M.C. MUSACCHIO, C. LAVOPA, G. MORGANTE, P. PIOMBONI, C. FACCHINI, F. PETRAGLIA ........................................................................ 103 METODICHE PER IL DOSAGGIO DELLFSH 7 Metodiche per il dosaggio dellFSH A.F. RADICIONI Laboratorio di Endocrinologia - Dipartimento di Fisiopatologia Medica - 1a Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università di Roma La Sapienza Verso la metà del secolo scorso è stato messo a punto il primo dosaggio radioimmunologico (RIA) per la determinazione della concentrazione ormonale. Questa metodica, introdotta nel 1959 da Yalow e Berson (1) per linsulina, ha modificato radicalmente lapproccio diagnostico alla patologia endocrina nel suo complesso, oltre a dare uno straordinario impulso alla ricerca medica e biologica nel campo dellormonologia. Ulteriori progressi sono stati compiuti sui principi delle metodiche immunologiche e sulle tecnologie di automazione. Questa evoluzione ha permesso allendocrinologo di disporre di risultati sempre più precisi ed affidabili. I dosaggi immunologici utilizzano anticorpi con elevata affinità per la molecola ormonale. Inizialmente, mediante limmunizzazione di animali (ad es. topi o conigli) con la molecola ormonale, sono stati prodotti anticorpi derivanti da più cloni linfocitari (anticorpi policlonali) con affinità diversa; successivamente, grazie allintroduzione della tecnica di immortalizzazione, tramite fusione di linfociti murini con cellule di mieloma, sono stati ottenuti anticorpi derivanti da un singolo clone (anticorpi monoclonali), tutti quindi con caratteristiche identiche. Recentemente, invece, si è utilizzata la tecnica del DNA ricombinante che prevede linserimento del gene codificante per lanticorpo specifico per lormone in un plasmide, che viene introdotto in un batterio allinterno del quale si replica. Gli anticorpi, comunque prodotti, possono essere poi marcati con un tracciante che permetta di riconoscerli. La prima metodica radioimmunologica (RIA) messa a punto, è basata su un dosaggio di tipo competitivo fra un ligando freddo (ormone da dosare) ed un ligando caldo (ormone radiomarcato a concentrazione nota) che competono per una quantità limitata di legante (anticorpi poli- o monoclonali anti-ormone). Maggiore è la quantità di antigene freddo, minore sarà la quantità di antigene caldo che resta legato allanticorpo. Una volta avvenuta la reazione e separata adeguatamente la quota legata da quella libera, è sufficiente valutare allo scintillatore la quantità di radioattività (cpm) del complesso antigene marcatoanticorpo, o dellantigene marcato libero, per calcolare, su una curva costruita con standards a concentrazione nota, la quantità dellormone freddo dei campioni. Il dosaggio immunologico classico si avvale di alcuni elementi essenziali: il legante, solitamente un anticorpo, in grado di legarsi in maniera altamente specifica con il ligando, la sostanza cioè da dosare; il tracciante, lelemento cioè misurabile, in grado di legarsi al legante od al ligando in maniera stabile; 8 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH il sistema di separazione della quota libera da quella legata al legante o al tracciante. Modificando le caratteristiche di questi elementi è stato possibile mettere a punto metodiche diverse. La metodica radioimmunometrica (IRMA) nella quale vengono utilizzati anticorpi marcati (il ligando), mentre il tracciante resta un isotopo radioattivo. Le metodiche immunofluorescenti dove viene utilizzato un sistema (ad es. ioni di europio) in grado di emettere una fluorescenza misurabile e correlata alla quantità dellormone da dosare. Le metodiche in chemiluminescenza nelle quali viene generata dalla reazione con il tracciante una quantità di luce misurabile in RLU (unità di luce relativa). Le metodiche immunoenzimatiche (EIA, ELISA) dove gli anticorpi vengono coniugati con un enzima. Attualmente per il dosaggio dellFSH si utilizzano le prime tre metodiche, descritte dettagliatamente qui di seguito: La metodica IRMA (Immunoradiometric Assay) Nei dosaggi immunologici classici (RIA) viene marcato lantigene, cioè lormone, e quindi il dosaggio si basa sulla competizione tra lormone caldo e quello freddo. Più recentemente, al fine di aumentare la sensibilità e la specificità dei dosaggi immunologici, è stata messa a punto la tecnica a sandwich che utilizza due differenti anticorpi monoclonali ognuno dei quali riconosce un diverso epitopo dellormone. Il dosaggio si esegue utilizzando il primo anticorpo adeso ad una matrice solida di supporto. Dopo la rimozione, mediante lavaggio, delle molecole non legate al primo anticorpo, il secondo anticorpo, marcato, viene lasciato ad incubare con il complesso primo anticorpo-ormone. La quantità del secondo anticorpo che si fissa alla fase solida è proporzionale alla concentrazione dellormone in esame. Luso dei due anticorpi determina un sensibile aumento della specificità per la riduzione del legame aspecifico. La metodica immunofluorimetrica Questa metodica usualmente utilizza micropiastre sulle quali viene fissato il primo anticorpo anti-ormone. Si lascia ad incubare nei pozzetti della micropiastra il siero da valutare, quindi mediante lavaggio si rimuove tutto il materiale non legato allanticorpo, infine si utilizza un secondo anticorpo, coniugato con materiale fluorescente diretto contro un secondo determinante (sito) antigenico della molecola (2). La fluorescenza registrata dal sistema risulta proporzionale alla concentrazione dellormone da dosare. La metodica immunochemiluminescente Utilizza particelle paramagnetiche rivestite di una molecola di cattura (anticorpo monoclonale) specifica per lanalita da misurare. Durante lincubazione lormone presente nel campione si lega agli anticorpi formando immunocomplessi sulla superficie delle particelle paramagnetiche. Quindi, un magnete blocca le particelle paramagnetiche e mediante lavaggio si rimuove il materiale non legato. Il coniugato METODICHE PER IL DOSAGGIO DELLFSH 9 chemiluminescente marcato con acridinio si lega allimmunocomplesso. A questo punto in presenza di perossido, in soluzione alcalina, lacridinio si ossida producendo la reazione chemiluminescente. La concentrazione dellormone è proporzionale alla quantità di luce emessa e misurata dal sistema ottico. Lefficienza di un dosaggio ormonale viene usualmente valutata considerando alcuni parametri. La sensibilità funzionale del dosaggio viene definita come la concentrazione minima misurabile di ormone considerando un CV (coefficiente di variazione) al massimo pari al 20% della media di 10 dosaggi successivi. La sensibilità analitica del dosaggio viene definita come la concentrazione minima distinguibile dal livello 0 a + 2 DS (deviazione standard). La precisione di un dosaggio indica la riproducibilità nel riscontro dei valori di uno stesso campione ripetuto più volte (almeno 10) nello stesso dosaggio (variazione intra-dosaggio) o in dosaggi diversi (variazione inter-dosaggio). La precisione si esprime con il coefficiente di variazione (CV) che si calcola: ES CV (%) = x 100 M dove ES = errore standard, M = media. Attualmente viene determinata secondo il protocollo EP5-T2 del National Commitee for Clinical Laboratory Standards (NCCLS) (3). La specificità del dosaggio è subordinata alla capacità dellanticorpo di legarsi ad una determinata molecola e non a molecole strutturalmente simili. Questo elemento è particolarmente importante per il dosaggio degli steroidi a causa delle scarse differenze della molecola dei diversi ormoni. Laccuratezza misura la differenza tra la concentrazione della sostanza rilevata dal dosaggio e quella realmente presente nel campione analizzato. Si può valutare con la prova di recupero. Tale prova si esegue aggiungendo quantità crescenti di standard al campione in esame in un range allinterno della curva standard. I risultati vengono valutati mediante la retta di regressione lineare (y = a + bx) fra i valori trovati e quelli attesi: il valore di b deve essere vicino ad 1 ed il coefficiente di regressione (r) deve essere r e0,98. Lormone follicolostimolante (FSH), è un ormone glicoproteico, di 30 kD e concentrazione in carboidrati pari al 30 %; è idrosolubile e circola libero nel torrente ematico. Le gonadotropine sono costituite da due subunità, ± e ². La subunità ±, comune ad FSH, LH, ormone tireotropo (TSH) e gonadotropina corionica (hCG), contiene due oligosaccaridi di tipo complesso legati ad un atomo di azoto. La subunità ², al contrario, risulta differente nei diversi ormoni, ne conferisce la specificità biologica ed immunologica sulla quale si basa il dosaggio e presenta uno o due oligosaccaridi simili allinterno della molecola. Nel maschio lFSH interviene nella spermatogenesi e nelle cellule del Sertoli induce la produzione di una proteina di legame per gli androgeni (ABP), necessaria per veicolare il T allinterno della gonade, oltre allinibina B (InhB). 10 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH CONSENSUS SUL SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DEL DOSAGGIO DELLFSH Questa riflessione nasce dallesigenza di dare un significato unitario al dosaggio dellFSH, che ancora oggi viene proposto con un range di normalità molto ampio (<1-14 UI/L) e per poter verificare la possibilità di confrontare i risultati ottenuti dai pazienti in laboratori diversi almeno sul territorio nazionale. Lo studio, coordinato dal Prof. Carlo Foresta, è stato condotto per conto della SIFR (Società Italiana di Fisiopatologia della Riproduzione) in collaborazione con tutte le società scientifiche che studiano il settore endocrino riproduttivo. Al Laboratorio di Endocrinologia del Dipartimento di Fisiopatologia Medica dellUniversità La Sapienza di Roma è stato assegnato il compito di preparare e distribuire i campioni sui quali effettuare lo studio e procedere alla raccolta dei risultati. Al lavoro hanno partecipato sei tra le maggiori aziende che producono e/o distribuiscono sistemi per il dosaggio dellFSH: Abbott Diagnostics Division (Chemiluminescenza) Adaltis Italia S.p.A. (Immunoradiometria) DiaSorin S.p.A. (Immunoluminescenza) Medical Systems S.p.A. (Chemiluminescenza) Perkin Elmer (Fluoroimmunometria) Roche Diagnostics GmbH (Elettrochemiluminescenza). Ciascuna azienda ha individuato tra 1 e 4 centri di riferimento, per un totale di 16 centri, che hanno dato la propria disponibilità a partecipare allo studio. I centri vengono citati rispettando lordine delle metodiche utilizzate e fra parentesi sono riportati i responsabile dei singoli laboratori. Laboratorio di Ormonologia A.S.O. Ordine Mauriziano, Torino (Dott. M. Migliardi) Laboratorio di Analisi cliniche Policlinico Universitario, Udine (Prof. F. Gonano) Laboratorio di Endocrinologia Policlinico Umberto I Università La Sapienza, Roma (Prof. A. Radicioni) S.C. Medicina Nucleare Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano (Dott. E. Seregni) Laboratorio di Chimica clinica ed Ematologia Ospedale San Bortolo, Vicenza (Dott. G. Soffiati) Laboratorio di analisi Chimico cliniche ed Ematologiche Azienda Ospedaliera, Verona (Dott. P. Rizzotti) Centro Malattie endocrine e metaboliche Ospedale G. Fornaroli, Magenta (Dott. G. Vignati) METODICHE PER IL DOSAGGIO DELLFSH 11 Servizio Analisi Chimico cliniche Policlinico S. Matteo, Pavia (Prof. R. Moratti) Laboratorio analisi Facoltà di Medicina e Chirurgia Università Federico II, Napoli (Prof. V. Macchia) Laboratorio Endocrinologia Fondazione Ospedale Maggiore I.R.C.C.S., Milano (Prof. P. Beck-Peccoz) Laboratorio di Chimica analitica OIRM S. Anna, Torino (Dott. F. Altare) Laboratorio di Radioimmunologia Azienda Ospedaliera II Università, Napoli (Prof. M. Cioffi) Laboratorio di Biochimica Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico Mangiagalli Regina Elena, Milano (Dott. E. Torresani) Laboratorio Analisi Chimico cliniche e microbiologiche Azienda Ospedaliera San Paolo, Milano (Prof. G. Melzi DEril) Laboratorio Analisi I Policlinico Gemelli, Università Cattolica Sacro Cuore, Roma (Prof.ssa C. Zuppi) Servizio di Medicina di Laboratorio Ospedale-Università, Padova (Prof. M. Plebani). METODICHE UTILIZZATE PER LA DETERMINAZIONE DELLFSH Metodica in chemiluminescenza (ARCHITECT-Abbott Diagnostics Division) Si basa su un dosaggio in due tempi che utilizza la tecnologia immunologica chemiluminescente a cattura di microparticelle (CMIA). Nella prima fase vengono dispensati il campione e le microparticelle paramagnetiche rivestite di anticorpi anti-² FSH. LFSH presente nel campione si lega alle microparticelle rivestite di anticorpi specifici per lormone. Dopo il lavaggio, si aggiunge nella seconda fase il coniugato di anticorpi anti-± FSH marcato con acridinio. Le soluzioni di preattivazione e di attivazione vengono quindi aggiunte alla miscela di reazione, provocando la reazione chemiluminescente che viene misurata in unità di luce relativa (RLU). La quantità di FSH presente nel campione risulta direttamente proporzionale alle RLU misurate dal sistema ottico ARCHITECT i. La sensibilità analitica del dosaggio è pari a 0,05 UI/L. Metodica immunoradiometrica (IRMA ) (Adaltis Italia S.p.A.) La metodica IRMA utilizza due anticorpi monoclonali ad alta affinità. Il campione da testare, gli standard ed i controlli vengono fatti reagire con una miscela di anticorpi monoclonali per lFSH. Un anticorpo monoclonale marcato con 125I si lega rapidamente in un unico sito della molecola di FSH. Un secondo anticorpo monoclonale coniugato a fluorescina si lega in un sito discreto della molecola di FSH formando una struttura a sandwich. Dopo un periodo di incubazione di 15 minuti a 37° C o di unora a temperatura ambiente viene aggiunta in eccesso lantifluorescina accoppiata alla fase solida magnetica (MAIA). Questa si lega rapidamente ed modo specifico al complesso dellanticorpo monoclonale- 12 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH FSH e viene quindi lasciata sedimentare in un campo magnetico, eliminando la necessità della centrifugazione. Il lavaggio permette di ridurre i legami non specifici consentendo una maggiore precisione alle basse concentrazioni. La radioattività del sandwich è direttamente proporzionale alla quantità di FSH presente nel campione. La sensibilità analitica del dosaggio risulta pari a 0,25 UI/L. Metodica in immunoluminescenza (LIAISON-DiaSorin S.p.A.) Il dosaggio si basa sul principio dei test immunoluminescenti a due siti (principio del sandwich). Per la sensibilizzazione della fase solida costituita da particelle magnetiche e per il tracciante vengono utilizzati anticorpi monoclonali. Dopo la prima incubazione ed il lavaggio conseguente, viene aggiunto al sistema un secondo anticorpo coniugato con un derivato dellisoluminolo e diretto verso un secondo sito antigenico della molecola dellFSH. I reagenti starter inducono una reazione di chemiluminescenza, proporzionale alla quantità di coniugato anticorpo-isoluminolo, che viene misurata mediante un fotomoltiplicatore in unità relative di luce (RLU). Le RLU risultano direttamente proporzionali alla concentrazione di FSH presente nel campione. La sensibilità analitica è pari a 0,25 UI/L. Metodica in chemiluminescenza (IMMULITE 2000-Medical Systems S.p.A.) È un dosaggio immunometrico in chemiluminescenza in fase solida a doppio sito (principio del sandwich). Il test utilizza sferette con adesi anticorpi monoclonali anti-FSH (anticorpi di cattura), ed un secondo anticorpo monoclonale anti-FSH coniugato con fosfatasi alcalina (anticorpo di rilevazione). Dopo una fase di incubazione e successivo lavaggio per eliminare il legame aspecifico, viene dispensato il substrato (adamantil dioxetano fosfato). La reazione enzima-substrato determina una chemiluminescenza direttamente proporzionale alla concentrazione del campioni in esame. La sensibilità analitica è pari a 0,1 UI/L. Metodica fluoroimmunometrica (AutoDELFIA-PerkinElmer) Si basa su un dosaggio fluoroimmunometrico su fase solida nel quale due anticorpi monoclonali sono diretti verso due separati determinanti sulla molecola di FSH. Gli standard, i controlli ed il campione da valutare vengono lasciati ad incubare con anticorpi monoclinali, bloccati nei pozzetti di micropiastre, rivolti verso un sito antigenico specifico della ²-subunità dellFSH (prima incubazione). Dopo lavaggio si aggiunge al sistema il secondo anticorpo, marcato con europio e specifico per la ±subunità dellFSH (seconda incubazione). Laggiunta di una soluzione di amplificazione permette di dissociare gli ioni di europio legati agli anticorpi e di formare dei composti altamente fluorescenti. La fluorescenza misurata risulta direttamente proporzionale alla concentrazione di FSH del campione. La sensibilità analitica del metodo è pari a 0,05 UI/L. METODICHE PER IL DOSAGGIO DELLFSH 13 Metodica in elettrochemiluminescenza (ELECSYS-Roche Diagnostics GmbH) La metodica si basa su un dosaggio immunologico in elettrochemiluminescenza (ECLIA). La prima fase prevede una incubazione con il campione, un anticorpo monoclonale anti-FSH biotinilato ed un secondo anticorpo monoclonale anti-FSH marcato con un complesso di rutenio. Nella seconda fase, al complesso sandwich vengono aggiunte microparticelle rivestite di streptavidina: il complesso si lega alla fase solida mediante linterazione biotina-streptavidina. La miscela di reazione viene aspirata nella cella di misura dove le microparticelle vengono attratte magneticamente alla superficie dellelettrodo. Successivamente si eliminano le sostanze non legate impiegando ProCell. Applicando una tensione allelettrodo, si induce lemissione chemiluminescente che viene misurata mediante il fotomoltiplicatore. Il limite di sensibilità analitica è pari a 0,10 UI/L. DISEGNO DELLO STUDIO Sono stati preparati cinque pools di siero a diversa concentrazione di FSH (ambito compreso tra <1 e >20 UI/L). I sieri sono stati quindi suddivisi in 15 aliquote (1-5 repliche di ciascun pool) e congelati. I campioni sono stati distribuiti sotto codice ai centri partecipanti. I responsabili dei laboratori sono stati preventivamente informati che i 15 campioni pervenuti erano rappresentativi di 5 diversi livelli di concentrazione di FSH, ma i campioni uguali, casualmente generati, non sono stati comunicati. I dosaggi sono stati eseguiti in duplicato. Nella scheda di raccolta dei risultati sono stati previsti anche linserimento del range di normalità per ogni singolo Centro, la metodica e la sensibilità del dosaggio. Per completezza è stato richiesto ai partecipanti allo studio di dosare, nei campioni distribuiti anche LH e T. In considerazione degli obbiettivi di questo lavoro, i risultati sono stati analizzati statisticamente criptando sia il Laboratorio che la metodica utilizzata. La valutazione centralizzata dei risultati ha previsto il calcolo dei seguenti parametri. Media di consenso e distribuzione. Medie, DS e CV% per ciascun campione e metodo. Imprecisione dei metodi. Classificazione dei risultati (basso, normale, elevato) e consistenza per ciascun metodo (aberranti). I risultati ottenuti sono rappresentati nelle tabelle seguenti e suddivisi in base ai diversi campioni. Per quanto concerne il campione 1 di bassa concentrazione, la valutazione complessiva del consenso (media=0,70 UI/L; CV% = 15,00%) indica un discreto livello di concordanza tra le diverse metodiche ed i diversi laboratori. È comunque da sottolineare un CV% abbastanza elevato per la metodica C riscontrabile anche 14 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH nei dati parziali dei singoli Centri della stessa metodica. Nella valutazione della distribuzione sono stati trovati 2/64 valori aberranti a livello di ±2DS. Inoltre, considerando la classificazione dei dati in base al range adottato dai centri partecipanti, 8/64 dosaggi, in due diversi laboratori con due diverse metodiche, sono risultati discordanti ed appartenenti alla categoria dei normali. Tabella 1. Valori riscontrati nelle 64 determinazioni nel campione 1. Campione 1 N. Risultati Media DS CV% Aberranti Consenso Metodica A Metodica B Metodica C Metodica D Metodica E Metodica F 64 12 16 12 8 12 4 0,7 0,68 0,78 0,65 0,68 0,66 0,83 0,11 0,07 0,05 0,16 0,10 0,04 0,08 15,00% 10,29% 6,32% 24,96% 14,30% 5,46% 10,18% 0 0 0 0 0 0 0 Per quanto concerne il campione 2, che è stato previsto in singola replica (numero di determinazioni pari a 32) la valutazione complessiva del consenso (media=2,19 UI/L; CV% = 11,37%) indica un buon livello di concordanza tra le diverse metodiche ed i diversi laboratori. Nella valutazione della distribuzione sono stati trovati 2/32 valori aberranti a livello di ±2DS ed 1/32 a livello di ±3DS. Considerando la classificazione dei dati in base al range adottato dai centri partecipanti, 4/32 dosaggi, in due diversi laboratori con due diverse metodiche, sono risultati appartenere alla categoria dei valori bassi (patologici). Tabella 2. Valori riscontrati nelle 32 determinazioni nel campione 2. Campione 2 Consenso Metodica A Metodica B Metodica C Metodica D Metodica E Metodica F N. Risultati Media DS CV% Aberranti 32 6 8 5 4 6 2 2,19 1,99 2,18 2,31 2,22 2,03 2,57 0,25 0,16 0,06 0,19 0,18 0,05 0,20 11,37% 8,00% 2,67% 8,32% 8,28% 2,51% 7,70% 1 0 0 1 0 0 0 Per quanto concerne il campione 3, che è stato previsto in 5 repliche la valutazione complessiva del consenso (media=5,49 UI/L; CV% = 10,44%) indica un buon livello di concordanza tra le diverse metodiche ed i diversi laboratori. Nella valutazione della distribuzione sono stati trovati 8/160 valori aberranti a livello di ±2DS. Trattandosi di valori intermedi la totalità delle determinazioni risulta nel range adottato dai centri partecipanti. METODICHE PER IL DOSAGGIO DELLFSH 15 Tabella 3. Valori riscontrati nelle 160 determinazioni nel campione 3. Campione 3 Consenso Metodica A Metodica B Metodica C Metodica D Metodica E Metodica F N. Risultati Media DS CV% Aberranti 160 30 40 30 20 30 10 5,49 5,03 5,47 5,99 5,96 4,96 6,12 0,57 0,39 0,17 0,51 0,58 0,14 0,43 10,44% 7,83% 3,13% 8,53% 9,80% 2,84% 7,09% 0 0 0 0 0 0 0 Per quanto concerne il campione 4, la valutazione complessiva del consenso (media=9,20 UI/L; CV% = 10,56%) indica un buon livello di concordanza tra le diverse metodiche ed i diversi laboratori. Nella valutazione della distribuzione sono stati trovati 6/128 valori aberranti a livello di ±2DS. Considerando la classificazione dei dati in base al range adottato dai centri partecipanti, 4/128 dosaggi, in due diversi laboratori con due diverse metodiche, sono risultati appartenere alla categoria dei valori elevati (patologici). Tabella 4. Valori riscontrati nelle 128 determinazioni nel campione 4. Campione 4 Consenso Metodica A Metodica B Metodica C Metodica D Metodica E Metodica F N. Risultati Media DS CV% Aberranti 128 24 32 24 16 24 8 9,2 8,24 9,17 10,22 10,1 8,29 10,05 0,97 0,69 0,25 0,70 0,69 0,22 0,54 10,56% 8,32% 2,70% 6,81% 6,79% 2,60% 5,38% 0 0 0 0 0 0 0 Per quanto concerne il campione 5, la valutazione complessiva del consenso (media=22,06 UI/L; CV% = 10,93%) indica un buon livello di concordanza tra le diverse metodiche ed i diversi laboratori. Nella valutazione della distribuzione sono stati trovati 3/96 valori aberranti a livello di ±2DS. Considerando la classificazione dei dati in base al range adottato dai centri partecipanti, tutte le determinazioni sono risultate appartenere alla categoria dei valori alti (patologici). 16 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Tabella 5. Valori riscontrati nelle 96 determinazioni nel campione 5. Campione 5 Consenso Metodica A Metodica B Metodica C Metodica D Metodica E Metodica F N. Risultati Media DS CV% Aberranti 96 18 24 18 12 18 6 22,06 19,34 22,06 23,63 25,57 20,21 24,12 2,41 1,74 0,69 1,44 1,53 0,54 1,56 10,93% 9,00% 3,14% 6,10% 5,98% 2,66% 6,45% 0 0 0 0 0 0 0 Di notevole importanza ci sembra il dato concernente il range di normalità utilizzato dai diversi Laboratori partecipanti allo studio. Infatti, se consideriamo la globalità dei Centri, il valore basso risulta variabile tra 0,6 e 3,0 UI/L, mentre il valore alto tra 9,6 e 14,0 UI/L (Fig. 1). Ancora meno comprensibile appare al variabilità, ugualmente molto elevata, considerando i Laboratori che utilizzano la stessa metodica (metodica A, B, C). Minori o assenti differenze sono state rilevate per le metodiche D ed E. Questa considerazione è ancora più rilevante se consideriamo che la maggior parte dei valori discordanti sembrano determinati proprio dal diverso ambito di normalità considerato. 16 A 15 B C D E F 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 Lab 3 Lab 7 Lab 16 Lab 5 Lab 8 Lab 10 Lab 12 Lab 2 Lab 6 Lab 15 Lab 4 Lab 11 Lab 1 Lab 13 Lab 14 Lab 9 Figura 1. Ambiti di normalità per ciascun centro di riferimento, raggruppati tenendo conto delle differenti metodiche utilizzate per il dosaggio dellFSH. METODICHE PER IL DOSAGGIO DELLFSH 17 In conclusione quindi, riteniamo che nel complesso le determinazioni dellFSH, ottenute in questo studio, dai Centri partecipanti con le differenti metodiche, mostrano un buon consenso dei valori, riportando un basso numero di risultati aberranti: valore atteso per distribuzione normale 99,7%, valore osservato 99,8% (±3DS). Al contrario ciò che emerge è la necessità di un maggiore consenso per quanto concerne il range di normalità adottato dai diversi Laboratori. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. Yalow R.S. et al. Immunoassay of endogenus plasma insulin in man. J Clin Invest. 1960;39:1157. Hemmilä I. et al. Europium as a label in time-resolved immunofluorimetric assays. Anal Biochem 1984;137:335-343. National Committee for Clinical Laboratory Standards. Evaluation for Precision Performance of Clinical Chemistry Devices, Second Edition, Tentative Guideline. NCCLS Document EP5-T2. Villanova PA. March 1992. RINGRAZIAMENTI Si ringraziano le Dott.sse E. De Marco ed E. Cama per la partecipazione allorganizzazione ed alla stesura del lavoro ed alla gestione dei rapporti con i Centri partecipanti; le Sig.re A. Anzuini e C. Piccheri per i dosaggi di laboratorio e la preparazione e stoccaggio dei pools ed il dott. C. Galli per il supporto nella elaborazione statistica dei risultati. Significato funzionale dei livelli plasmatici FSH: la molecola ed il recettore A. LANZONE, F. MINICI, F. ROMANI, R. APA Cattedra di Fisiopatologia della Riproduzione, Università Cattolica del S. Cuore, Roma LFSH è un ormone glicoproteico prodotto e secreto dallipofisi anteriore che risulta coinvolto in numerose funzioni riproduttive incluso la crescita follicolare e lovulazione. La sua struttura è caratterizzata da un eterodimero, costituito da una subunità alfa (comune a tutta la famiglia degli ormoni glicoproteici), legata da legame non covalente ad una subunità beta (ormonespecifica) ed è secreto in forme molecolari multiple che conferiscono allormone differenti attività biologiche (1). EFFETTI MOLECOLARI IN VITRO E IN VIVO DEGLI ISO-ORMONI DELLFSH Le variazioni che la struttura glicoproteica dellFSH subisce in conseguenza di un differenziato processamento post-traslazionale, riguardano per lo più la componente oligosaccaridica. Il residuo C-terminale della catena oligosaccaridica, lacido sialico, è determinante nella clearance metabolica della molecola dellFSH e pertanto ne determina la bioattività in vivo (2). Il contenuto in acido sialico dellFSH è stato anche correlato con lattività in vitro dellormone, le forme altamente sialilate, infatti, mostrano una attività biologica in vitro minore rispetto alle forme a minor contenuto di acido sialico (3). Tale effetto sembrerebbe essere dovuto ad una minore affinità dellFSH ad alto contenuto di acido sialico per il proprio recettore oppure, più nello specifico, ad una differente intrinseca capacità delle diverse varianti dellormone di indurre una particolare conformazione recettoriale, in grado di interagire in maniera diversa con i vari pathway di traduzione del segnale intra-cellulare. A prescindere dal differente contenuto in acido sialico, che rimane tuttavia il principale responsabile delleterogeneità strutturale e funzionale dellFSH, occorre considerare che il milieu endocrino influenza sia la sintesi che il rilascio di FSH con differenti pattern di struttura oligosaccaridica oltre ad andare ad influire anche sulla risposta biologica a livello di vari targets cellulari (4). Sembrerebbe tuttavia che alcuni peculiari tipi di catene oligo-saccaridiche dellFSH presentino una maggiore o minore tendenza a legare lacido sialico, riconducendo poi alla più classica delle varianti le eventuali differenze nella bio-attività della molecola. In questi casi, il contenuto di acido sialico modula la permanenza in circolo di tali isoforme, contribuendo così 20 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH indirettamente alla bio-attività dellormone (5). Fanno parte di queste isoforme, FSH a catena ologosaccaridica estremamente ramificata che risultano praticamente assenti in menopausa, mentre costituiscono circa il 50% delle isoforme che si riscontrano durante la fase follicolare precoce delle donne in età riproduttiva. Proprio a causa di tale pattern di comparsa, tali isoforme sono ritenute fondamentali negli stadi precoci dello sviluppo follicolare. In un lavoro estremamente articolato Barrios-De Tomasi e coll. hanno isolato sette isoforme di FSH ottenute tramite focalizzazione cromatografia ad alta risoluzione degli estratti glicoproteici dellipofisi anteriore e ne hanno testato lattività biologica in vitro (6). Da tali studi emerge che le glicoforme meno sialilate inducono in cellule di granulosa di ratto un rilascio maggiore di cAMP, la produzione estrogenica, lattività del tPA nonché lespressione del suo mRNA e lespressione dellmRNA per laromatasi P450. Le forme più sialilate invece hanno una maggiore tendenza a indurre lespressione della subunità alfa dellinhibina. Nello stesso studio si ipotizza che la minor emivita delle isoforme di FSH meno sialilate sia ben compensata dal fatto che a livello delle cellule target queste presentino un effetto ugualmente efficace in acuto, in termini ad esempio di induzione dellattività e dellespressione dellmRNA per tPA. Sembrerebbe infine che le forme meno acililate siano altrettanto, se non addirittura maggiormente, efficaci nellindurre proliferazione delle cellule di granulosa rispetto alla controparte a maggior emivita. Tale effetto si estrinseca prevalentemente a livello dei follicoli pre-antrali le cui cellule della granulosa sono più sensibili alleffetto delle isoforme a breve emivita, indicando che fattori come affinità recettoriale, capacità di attivare il proprio recettore e di innescare i secondi messaggeri intracellulari, concorrano nel determinare leffettiva bioattività delle diverse isoforme in vivo. Di quanto poco si sappia circa i meccanismi di azione dellFSH, e pertanto delle sue isoforme, a livello molecolare è esplicitato più sotto, dove si parla del recettore per tale glicoproteina. Tuttavia sembrerebbe che le diverse isoforme, una volta legatesi al recettore, a prescindere da un diverso grado di affinità con esso possano prediligere lattivazione della proteina Gi piuttosto che Gs (inibendo quindi anziché indurre determinati effetti) oppure che possa innescarsi una sorta di cross-talk tra il loro recettore e altri sistemi recettoriali o infine che possano attivare pathway di segnale alternativi e/o quantitativamente differenti (7, 8). I POLIMORFISMI DEL RECETTORE PER LFSH: EFFETTI IN VITRO E IMPLICAZIONI FUNZIONALI SULLA RISPOSTA OVARICA Recentemente è stato valutato il coinvolgimento del recettore per lFSH nella risposta ovarica alla gonadotropina. Si tratta di un recettore trans-membrana associato ad una proteina G. Presenta pertanto un dominio extracellulare (estremità N-terminale che lega lormone), un dominio intracellulare (estremità C-terminale) e una regione trans-membrana. Il gene di appartenenza si trova nel braccio corto SIGNIFICATO FUNZIONALE DEI LIVELLI PLASMATICI FSH 21 del cromosoma 2 ed è costituito da 10 esoni e 9 introni. Il gene per lFSH va incontro a diverse varianti di splicing che possono pertanto dare origine a differenti isoforme, alcune delle quali risulterebbero potenzialmente funzionali (9). È stato ipotizzato che lesistenza di queste isoforme possa modulare lazione dellFSH agendo a livello dei processi di traduzione del segnale, interferendo con lespressione del recettore stesso e, quando esposte a livello della membrana cellulare, addirittura competendo con la forma corretta del recettore per il legame con lormone. Tuttavia occorre specificare che tali ipotesi sulle implicazioni funzionali di forme recettoriali derivanti da splicing alternativo non sono ancora state confermate da studi in vitro (10). A focalizzare lattenzione degli studiosi sono state inoltre le mutazioni (anche solo di singoli nucleotidi) del gene per il recettore per lFSH, nonché della regione promoter ad esso associata, dal momento che sono state ipotizzate essere coinvolte in molte condizioni ginecologiche, come POF, PCO e tumori a cellule della granulosa (11). In realtà un effettivo legame diretto tra uno specifico polimorfismo del recettore dellFSH e condizioni cliniche specifiche sono ancora oggetto di ricerca, ma a tuttoggi non abbiamo moltissimi dati a favore di una diretta relazione causa-effetto. Tra i polimorfismi più studiati dobbiamo citare le mutazioni puntiformi a livello dellesone 10. Tale esone codifica per lestremità C-terminale della porzione extracellulare e per lintero dominio trans-membrana. Le due mutazioni più comuni di questo esone sono situati una in posizione 307 (Ala al posto di Thr) e una in posizione 680 (Asn al posto di Ser) (12). Questi polimorfismi a seconda dellassociazione allelica generano tre varianti del recettore per lFSH: la variante Asn/Asn, la variante Asn/Ser e Ser/Ser. Almeno tre diversi studi dimostrano una predominanza della variante Ser/Ser in donne infertili, riscontrando, in tale popolazione, livelli basali di FSH in fase follicolare significativamente più elevati, indicando una ridotta riserva ovarica. La presenza della variante Ser/Ser si correla inoltre con una più alta dose di FSH esogeno da utilizzare nella stimolazione ovarica per ottenere un adeguata risposta. Tale riscontro indica che questa variante recettoriale sarebbe meno responsivo allFSH, e ciò attribuisce ai livelli aumentati di FSH un significato compensatorio, necessario per permettere una adeguata crescita follicolare (13). Alla base della alterata efficacia di questo recettore potrebbe trovarsi non solo una effettiva minor affinità di legame per lFSH, ma anche, forse, un diverso pattern di attivazione intracellulare. In effetti lesatta dinamica delle interazioni molecolari tra lFSH e il suo recettore non sono ancora del tutto chiarite. È ormai appurato che lattivazione del recettore ha come principale secondo messaggero lcAMP, sebbene possa avvalersi anche dellattivazione del calcio intracellulare, del pathway del mitogen-activated protein kinase (MAPK) e dellinositol-trifosfato, ma i meccanismi molecolari a valle sono ancora oggetto di studio (14). Fattori di trascrizione nucleari come per esempio il liver receptor homolog-1 e lo steroidogenic factor-1 potrebbero essere coinvolti nella produzione FSHdipendente di estrogeni e progesterone nelle cellule della granulosa. 22 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH La distribuzione dei polimorfismi del recettore per lFSH è stata valutata anche nella popolazione maschile infertile e di controllo, di cui sono stati presi in considerazione, come parametri, il volume testicolare, i livelli sierici di FSH, le concentrazioni di inibina B e di testosterone. Nessuno di questi parametri è risultato essere influenzato dal pattern di espressione dei differenti polimorfismi del recettore per lFSH, indicando che nelluomo, stando alle conoscenze attuali, lespressione di tali recettori polimorfici non presenta alcuna implicazione funzionale (15). Di fatto al momento ciò che possiamo riscontrare è quantomeno una peculiare distribuzione allelica di certi polimorfismi, con una specifica variante allelica più espressa (A-Ala-Ser) e una meno espressa (G-Thr-Ser), in pazienti con azospermia non-ostruttiva (16). Le implicazioni cliniche che da tali dati si possono trarre sono estremamente innovative, in particolare nellambito della procreazione medicalmente assistita. Data la provata correlazione tra la quantità di FSH necessario per ottenere un adeguata risposta follicolare, si potrebbe ipotizzare di sottoporre a screening le pazienti da trattare, in maniera tale da prevedere specifici protocolli di stimolazione (17). In altre parole sarebbe possibile pre-selezionare le pazienti da trattare con dosi maggiori di FSH, con un metodo che,secondo alcuni autori, risulterebbe più sensibile rispetto al dosaggio dellFSH in fase follicolare precoce. Tramite lamplificazione in PCR del DNA estratto dai leucociti periferici, risulta infatti relativamente semplice individuare polimorfismi di singoli nucleotidi e conferisce al test la caratteristica di screening per quel tipo di popolazione. Strettamente correlato a quanto detto, infine si può pensare anche alla possibilità di ridurre lincidenza e la severità delle sindromi da iperstimolazione ovarica in quelle pazienti che, invece, risulterebbero negative allo screening (18). Gli studi e gli approfondimenti che le future ricerche in campo genetico potranno apportare circa i polimorfismi dellFSH e del suo recettore potranno ampliare il già affascinante panorama delle possibili implicazioni cliniche che questi dati hanno nellendocrinologia della riproduzione. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. Creus S. et al. Human FSH isoforms: carbohydrate complexity as determinant of in vitro bioactivity. Molecular and cellular Endocrinology 2001; 174:41-9. Dias J.A. et al. 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De Koning C.H. et al. The distribution of FSH receptor isoform is related to basal FSH levels in subfertile women with normal menstrual cycles. Human Reproduction 2006; 21: 443-6. Daelemans C. et al. Prediction of severity of symptoms in iatrogenic ovarian hyperstimulation syndrome by follicle-stimulating hormone receptor Ser680Asn polymorphism. J Clin Endocrin Metab 2004; 89: 6310-15. Range di normalità dei livelli plasmatici di FSH nelluomo C. KRAUSZ1, L. PETRONE1, A. TERRENI2, G. FORTI1 Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Unità di Andrologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze; 2 Laboratorio Generale D.A.I. Diagnostica di Laboratorio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze 1 I valori di riferimento degli ormoni sono tradizionalmente definiti sulla base delle misurazioni ottenute nella popolazione generale sana. Tuttavia, nel caso degli ormoni riproduttivi, la conoscenza dello stato di fertilità assieme ai parametri seminali dovrebbe essere un prerequisito fondamentale per la corretta definizione dei valori normali. Infatti, la fertilità di un soggetto maschio non è sinonimo di normozoospermia, pertanto neanche il criterio di fertilità nota può essere accettato senza la conoscenza dei parametri seminali. Nonostante questo ovvio concetto, in letteratura esiste un solo lavoro dove il problema è stato affrontato con il confronto dei livelli di FSH tra soggetti azoo/oligozoospermici idiopatici e controlli fertili con concentrazione di spermatozoi superiore a 20 milioni di spermatozoi/ml (Anderssen et al. 2004). Utilizzando quindi questo criterio, un valore di FSH entro il range di riferimento dovrebbe dare delle indicazioni di una normale spermatogenesi e di conseguenza di una normale funzione delle cellule di Sertoli e delle cellule germinali. Infatti, esiste una correlazione negativa statisticamente significativa tra FSH e numero di spermatozoi e volume testicolare. Similarmente, una correlazione significativa positiva tra i valori di Inibina B (principale ormone regolatore di FSH) e i suddetti parametri seminali/testicolari. Anderssen et al. (2004) hanno tentato di individuare il miglior valore di cut off (6,86 IU/L per lFSH e 119pg/ml per lInibina B) per ottenere unalta specificità (95%) nel distinguere gli infertili dai fertili normospermici. Ma questi valori conferiscono una sensibilità relativamente bassa tra il 53% e 57%, rispettivamente per lInibina B e FSH che cosi va ad incidere sui valori predittivi positivi (VPP) e negativi (VPN). Lefficienza per discriminare tra gli infertili con alterazione della spermatogenesi e i fertili normospermici è identica per i due ormoni presi singolarmente. Tuttavia, il calcolo del ratio InibinaB/FSH riesce a migliorare ulteriormente sia i valori predittivi positivi che negativi, ma continuando a mantenere dei valori predittivi positivi relativamente bassi (VPP=39%, VPN=98%). Nonostante il perfetto disegno dello studio che confronta soggetti con nota fertilità e normozoospermia versus azoo/oligozoospermici, appare evidente che una netta separazione tra i soggetti con e senza patologia testicolare sulla base dei valori di FSH oppure del suo regolatore, Inibina B, non è possibile. 26 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Valori di FSH inferiori al cut off, possono essere associati anche a situazioni testicolari patologiche come loligozoospermia o lazoospermia sia di forma ostruttiva che secretoria (Forti e Krausz, 1999). Mentre nellazoospermia ostruttiva, il testicolo per definizione è funzionalmente integro, tra le forme secretorie si tratta perlopiù dei rari casi di azoospermia con normale FSH da arresto della spermatogenesi. Infatti, un omogeneo arresto a livello spermatocitico o spermatidico della spermatogenesi nei tubuli seminiferi è tipicamente associata ad una normale produzione di inibina B e quindi di FSH (Foresta et al. 1995, Von Eckardstein et al.1999) Loverlap dei valori di FSH tra soggetti con normale o alterata spermatogenesi ha portato alla conclusione che un valore di FSH entro i valori di riferimento non è sufficiente per escludere una condizione patologica testicolare. Inoltre, date le problematiche legate alla sensibilità di buona parte dei metodi disponibili per la misurazione di questo ormone, valori normali/bassi potrebbero avere un overlap con le forme centrali di ipogonadismo. Pertanto, il significato diagnostico del valore normale del FSH è complesso e richiede una serie di valutazioni aggiuntive cliniche e seminologiche per la corretta interpretazione del valore ormonale. FSH ED INVECCHIAMENTO A parte il quesito diagnostico clinico sui valori di riferimento del FSH nel contesto dellinfertilità maschile, è stato valutato il suo ruolo come marcatore del processo di invecchiamento del epitelio germinale. Secondo lo studio Danese, i valori di FSH ed Inibina B non variano significativamente tra i soggetti di età compresa tra 20-45 anni. Dati sui soggetti sopra i 40 anni sono scarsi in letteratura ed è proprio per questo che è nato lo studio EMAS (European Male Aging Study) con lo scopo di individuare le modificazioni endocrine correlate con letà nel maschio e di capire quanto queste modificazioni (come il calo del testosterone, per esempio) possano contribuire al decadimento di varie funzioni (cognitive, fisiche etc ), tipiche dellinvecchiamento. Lo studio EMAS ed i risultati riguardanti lFSH nella popolazione fiorentina Lo studio EMAS è uno studio multinazionale prospettico longitudinale. La I fase dello studio si è svolta nel periodo 2003-2005 e attualmente sono in parte disponibili i risultati della fase trasversale. Nel periodo 2007-2009 si svolgerà la II fase. Sono stati arruolati 3369 soggetti maschi di età compresa tra 40-79 anni reclutati in maniera random da 8 città europee [ Firenze (Italia), Manchester (Inghilterra), Leuven (Belgio), Malmo (Svezia), Tartu (Estonia), Lodz (Polonia), Szedged (Ungheria), Santiago de Compostela (Spagna)]. RANGE DI NORMALITÀ DEI LIVELLI PLASMATICI DI FSH NELLUOMO 27 Ogni centro ha reclutato un numero target di 400 soggetti dalla popolazione generale attraverso le liste dei medici curanti. A Firenze sono stati arruolati 433 soggetti (età media 60,13±10,9; rispettivamente per decade di età: 40-49 anni 100 soggetti; 50-59 anni 124 soggetti; 60-69 anni 105 soggetti, 70-79 anni 104 soggetti). Tutti i soggetti si sono sottoposti ad un unico prelievo di sangue venoso (prima delle 10.00) per il dosaggio dei seguenti ormoni: testosterone, estradiolo, LH, FSH, SHBG (con metodo elettrochemiluminiscente, Modular E170); DHT (metodo LISA, Alpha Diagnostic International, USA). Tutti gli ormoni sono stati dosati in un unico laboratorio (Laboratorio Generale, Azienda OspedalieroUniversitaria Careggi, Firenze, Italia). Da sottolineare che era stato fatto uno studio preliminare su 25 soggetti ai quali veniva effettuato un doppio prelievo di sangue venoso a distanza di 30 minuti per i suddetti ormoni (prima delle 10.00); i valori non risultavano essere statisticamente significativi. Il laboratorio e il metodo di dosaggio utilizzato era lo stesso. I dati sono stati espressi come media ± deviazione standard quando distribuiti normalmente e come mediana [quartili] per i parametri non distribuiti normalmente. Differenze fra più di due gruppi sono state valutate con il test ANOVA o Kruskal-Wallis test, quando appropriato. Tutte le analisi statistiche sono state condotte con SPSS per Windows 12.0. I livelli di FSH correlavano in maniera statisticamente significativa con letà (r= 0.44, p<0001). I livelli di FSH per decade detà mostravano i seguenti valori: decade 40-49 FSH 4 [ 2.9- 5.6] mU/L; decade 50-59 anni 5.1 [4.1-8.3] mU/L; decade 60-69 anni 7.0 [4.8-10.7] mU/L; decade 70-79 anni 8.1 [5.2-15.1] mU/L. La differenza dei livelli di FSH era statisticamente significativa per tutte le decadi rispetto alla prima decade (p<0.0001), tra la seconda e terza decade (p< 0.005) e tra la seconda e quarta decade (p<0.0001); ai limiti della significatività la differenza tra la terza e quarta decade (p= 0.57). In conclusione, questo studio ha chiaramente dimostrato che il processo di invecchiamento nel maschio è associato ad un progressivo incremento dei valori di FSH, indicando una progressiva disfunzione dellepitelio germinale. Rimane da chiarire, se questo fenomeno è secondario al calo del Testosterone (altro ormone principale della spermatogenesi) oppure se si tratta di una espressione di ridotta funzionalità (invecchiamento) delle cellule di Sertoli. 28 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. Andersson A.M., Jorgensen N., Frydelund-Larsen L., Rajpert-De Meyts E., Skakkebaek N.E. Impaired Leydig cell function in infertile men: a study of 357 idiopathic infertile men and 318 proven fertile controls. J Clin Endocrinol Metab. 2004 89:3161-7. Foresta C., Ferlin A., Bettella A., Rossato M., Varotto A. Diagnostic and clinical features in azoospermia. Clin Endocrinol 1995 43:537-43. Forti G., Krausz C. Clinical review 100: Evaluation and treatment of the infertile couple. J Clin Endocrinol Metab. 1998 83:4177-88. von Eckardstein S., Simoni M., Bergmann M., Weinbauer G.F., Gassner P., Schepers A.G., Nieschlag E. Serum inhibin B in combination with serum follicle-stimulating hormone (FSH) is a more sensitive marker than serum FSH alone for impaired spermatogenesis in men, but cannot predict the presence of sperm in testicular tissue samples. J Clin Endocrinol Metab. 1999 84:2496-501. VALORE CLINICO DEI LIVELLI PLASMATICI DI FSH NELLA DONNA 29 Valore clinico dei livelli plasmatici di FSH nella donna G.B. LA SALA, A. GALLINELLI U.O. di Ostetricia e Ginecologia, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia Uno dei principali problemi in ambito di fisiopatologia della funzione ovarica rimane la ricerca di indicatori o markers che possano fornire preventivamente una indicazione quanto più esauriente possibile sulla funzionalità della gonade nei normali processi ovulatori e sulla qualità dei gameti implicati. In ambito di procreazione medicalmente assistita (PMA) ciò si traduce nella ricerca di markers in grado di fornire una indicazione preventiva sulla possibilità di successo dellinduzione della crescita follicolare multipla (ICFM) e, più oltre, sulla qualità dei gameti ottenibili e sulla loro potenzialità di fecondazione e di impianto. Negli ultimi decenni, molteplici fattori sono stati presi in esame come possibili markers della cosiddetta riserva ovarica di una specifica donna, cioè di quanto le ovaie possano rispondere ad un trattamento con gonadotropine e di quanto ciò possa influire sul tasso di fertilizzazioni possibili (1, 2). Due sono le tecniche oggi più comunemente utilizzate a tal fine, cioè per testare la potenziale responsività dellovaio in condizioni fisiologiche o pilotate: i dosaggi basali di FSH ed E2 e il test al clomifene-citrato (3, 4); sebbene, recenti meta-analisi in materia, tendano a confermarne lutilità solo verso specifici target di popolazione quali le donne iporesponsive su base spontanea o per età biologicamente avanzata (5). In ogni caso, anche se concentrazioni seriche basali di FSH e/o di E2 al terzo giorno del ciclo sono universalmente associate ad una ridotta riserva ovarica e alla prospettiva di una bassa resa in cicli di PMA, una notevole percentuale di donne iporesponsive non viene identificata da questi semplici tests, rendendo cruciale la ricerca di nuovi, più sensibili e specifici markers. A tal proposito, lormone follicolo stimolante (FSH), nelle sue varianti, resta il fattore più promettente. LFSH è un eterodimero composto da due subunità glicosilate: alpha e beta. Lormone esiste sotto forma di una popolazione eterogenea di isoforme di peso molecolare, emivita e carica elettrica variabili. In particolare, loligosaccaride terminale della molecola ha carica negativa e da origine a varie isoforme dissimili per punti isoelettrici. Le isoforme acidiche sembrano essere caratterizzate da una ridotta bioattività, come testimoniato dalla minore potenza di stimolazione nel produrre adenosina ciclica 3:5 monofosto e da una emivita più lunga nel circolo ematico rispetto alle isoforme più basiche (6, 7). La distribuzione delle diverse isoforme dellFSH in circolo varia sia in rapporto alla differenti fasi del ciclo mestruale che in rapporto alletà della donna 30 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH e vi sono crescenti evidenze che il pattern di glicosilazione risenta direttamente del controllo ormonale (8). Questo ha fatto ipotizzare diversi ruoli per le diverse isoforme possibili o, almeno, che determinate isoforme possano avere più specifiche funzioni di altre (9). Concentrazioni plasmatiche relativamente minori di estradiolo sono state ad esempio associate con più elevati tassi di forme acidiche di FSH durante il ciclo mestruale, mentre le stesse isoforme acidiche paiono correlate all ipoestrogenismo propria della menopausa (6-9). Dal momento che la crescita dei follicoli antrali dipende totalmente dallFSH, è stato ipotizzato che essa possa essere determinata non solo dal quantitativo complessivo di FSH che agisce ma anche dalla tipologia dello stesso, ovvero dalle sue isoforme, perlomeno in fase follicolare iniziale. Le isoforme maggiormente acidiche appaiono infatti maggiormente secrete durante il reclutamento follicolare mentre quelle più basiche compaiono dopo che il follicolo dominante è stato selezionato. Conseguentemente, è stato suggerito che anche la composizione farmacologia delle differenti preparazioni di FSH in commercio potrebbe a sua volta influenzare lICFM, in dipendenza da variabili concentrazioni di alcune isoforme piuttosto che di altre in prodotti diversi o, addirittura, in lotti diversi del medesimo prodotto. Letterie and Coll., hanno di recente proposto uno studio, a tal riguardo, dosando le concentrazioni delle sole isoforme dellFSH in terza giornata di un ciclo mestruale spontaneo (10). Il primo gruppo di donne studiate consisteva in pazienti iporesponsive già precedentemente sottoposte ad un ciclo FIVET con trasferimento di 2 o 3 embrioni frammentati a 5-6 blastomeri (embrioni di non buona qualità), senza acquisizione di gravidanza; il secondo gruppo consisteva invece di donatrici che avevano procurato 2 embrioni a 8 cellule non frammentati (embrioni di buna qualità) e 2 blastocisti, con ottenimento di 1 gravidanza clinica. I gruppi di donne non differivano per altri sostanziali parametri. Le varie isoforme sono state poi isolate ed identificate tramite cromatografia ad alta pressione e misurate tramite dosaggi immunoradiometrici. In corso di PMA, il primo gruppo di donne ha evidenziato concentrazioni di E2 massimali più basse, un minor numero di ovociti recuperati ed un minor tasso di fecondazioni rispetto al secondo gruppo. Nel primo gruppo di pazienti le concentrazioni di isoforme dellFSH francamente acidiche sono risultate significativamente minori che nel secondo nella fase del reclutamento follicolare, mentre nessuna significativa differenza è stata evidenziata per le forme più basiche. Gli Autori ipotizzano che tali diverse proporzioni di isoforme potrebbero essere presenti ancor prima delliniziale aumento delle concentrazioni seriche di FSH ed E2 e quindi risultare permanenti in talune popolazioni di donne quali quelle con insufficienza ovarica precoce o quelle fortemente iporesponsive. In altri termini, queste varianti potrebbero in primo luogo essere di per sé una concausa di tali situazioni parafisiologiche e rappresentare un valido marker per sondare preliminarmente le possibilità di successo di cicli di PMA. Un recente studio Olandese ha però smentito, per ora, questultima ipotesi (11). Smeenk and Coll. hanno confrontato 2 gruppi di 5 donne ognuno per: numero VALORE CLINICO DEI LIVELLI PLASMATICI DI FSH NELLA DONNA 31 di follicoli antrali, concentrazioni seriche basali di FSH, ratio di isoforme dellFSH e concentrazioni seriche basali di inbina B. Il primo gruppo era rappresentato da pazienti iporesponsive allICFM con solo FSH, il secondo era formato da donne normoresponsive. Gli Autori hanno rilevato differenze statisticamente significative solo per quanto riguardava il numero totale dei follicoli antrali ed i livelli di inibina B a favore delle donne normoresponsive. Questa osservazione non pare di per sé poter essere conclusiva perché lo studio citato ha visto coinvolte solo 10 pazienti nel complesso, tuttavia, diversi altri studi hanno nel tempo suggerito che la rilevazione plasmatica delle isoforne dellFSH sembra dare risultati contrastanti o non univoci e che i risultati in vitro non confermano i supposti rapporti causaeffetto rilevati in vivo. A quanto sopra esposto in tema di isoforme dellFSH, si deve aggiunge un ulteriore parametro a lungo sottovalutato, ovvero la logica possibilità che, alle varianti della molecola dellFSH in quanto tale, si aggiungano varianti del recettore dellFSH. Recentemente infatti, una variante polimorfica del recettore dellFSH è stata identificata e definita 680S. In questa variante, lamino acido asparagina (Asn), è rimpiazzato da una molecola di serina (Ser) in posizione 680 e ciò sembra correlato con più elevati tassi di FSH serico durante tutta la fase follicolare nonché con la necessità di una maggior quantità complessiva di FSH per ottenere una corretta ICFM. Ciononostante, la variante recettoriale 680S, così come altre varianti del recettore dellFSH, non sembrano caratterizzate da bioattività significativamente diverse da quella della molecola tradizionale (12-13) e non sembrano direttamente implicate nella patogenesi dellinsufficienza ovarica (14). Un recente studio di De Koning e Coll. ha cercato di confermare o meno se la variante recettoriale 680S sia più frequentemente presente in donne subfertili normomestruate con elevati livelli basali di FSH in fase follicolare (FSH > 10 IU/L) rispetto alla popolazione normale. I ricercatori hanno estratto ed analizzando la sequenza specifica di DNA codificante per la 680S in una coorte di 38 donne con le caratteristiche sopra descritte in comparazione ad un analogo gruppo con regolari mestruazioni e normali livelli basali di FSH in fase proliferativi (15). Tale studio ha evidenziato che il primo gruppo di pazienti analizzati presentava prevalenza della variante 680S, in uno o in entrambi gli alleli del gene codificante per il recettore dellFSH, suggerendo che in queste persone la soglia di sensibilità alla comune molecola dellFSH sia meno elevata. Queste ricerche ci confermano che lo studio dellFSH ha oggi un interesse maggiore di quanto mai sia stato in passato e che, forse, le nuove metodiche a nostra disposizione potranno contribuire a chiarire molti degli aspetti oscuri nella comprensione della follicologenesi e dellovogenesi, permettendoci al contempo di fare un passo indietro e riconsiderare una fisiopatologia di eventi che da anni siamo abituati a cercare di governare con la sola forza delle tecnologie bioingegneristiche. 32 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. Templeton A. et al. Factors that affect outcome of in-vitro fertilisation treatment. Lancet 1996;348:1402-6. Stolwijk A.M. et al. Prognostic models for the probability of achieving an ongoing pregnancy after in vitro fertilisation and the importance of testing their predictive value. Hum Reprod 1996;11:2298-303. Scott R.T. et al. 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TURCHI Servizio di Andrologia Azienda USL 4 di Prato, Prato, Italia INTRODUZIONE Il ruolo del Follicle Stimulating Hormone (FSH) nella funzione riproduttiva maschile è ancora oggi un tema dibattuto, in particolare da quando studi effettuati su topi ipogonadici (1) e su uomini con mutazioni del recettore per lFSH (2) hanno dimostrato che questo ormone non è un requisito assoluto per la fertilità maschile. Questa nozione naturalmente deve essere ben definita, anche alla luce di studi recenti che dimostrano come lFSH sia essenziale perché la spermatogenesi risulti quantitativamente normale. LFSH regola infatti la funzione della cellula di Sertoli e, tramite fattori di crescita prodotti da questa cellula, interviene anche nella regolazione della funzione della cellula di Leydig (3) contribuendo pertanto, direttamente e indirettamente, alla spermatogenesi. Cè una buona evidenza di ruoli separati e sinergici per testosterone (T) e FSH per ottenere una spermatogenesi quantitativamente normale. Se il T è un requisito assoluto, lFSH ha comunque un ruolo chiave nella progressione degli spermatogoni da tipo A a tipo B e agisce sinergicamente con il T nellottenere vitalità delle cellule germinali. Il rilascio di spermatidi allungati dai testicoli (spermiazione) è sotto il controllo sinergico di FSH/T nel ratto ma anche nella scimmia. Queste osservazioni e le conoscenze della fisiologia tubulare (4) fanno sì che lFSH sia spesso utilizzato come terapia farmacologica per il trattamento delle oligozoospermie, ma i risultati in letteratura sono contraddittori in termini di miglioramenti seminali e gravidanze. Lutilità del FSH in questo tipo di terapia rimane pertanto incerta e solo una migliore comprensione della biologia cellulare sottostante la funzione testicolare e la individuazione di specifiche oligozoospermie determinate da alterazioni tubulari FSH-dipendenti sarnno in grado di determinare strategie più efficaci per curare linfertilità maschile. SITI DI AZIONE DEL FSH NEI TESTICOLI Lazione del FSH si esercita sulle cellule che esprimono il recettore per lFSH (FSH-R). Nei testicoli il legame del FSH è limitato alle cellule di Sertoli (Sc) (5) e il concetto che queste siano lunico bersaglio dellazione del FSH nel maschio è oggi largamente accettato (6). 34 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH La proliferazione puberale delle Sc è la conseguenza del rialzo non solo del FSH ma anche del LH, mediata dallazione paracrina del T secreto dalle cellule di Leydig durante levento puberale. Le Sc sono di importanza centrale nella funzione spermatogenetica poiché mantengono la citoarchitettura dellepitelio germinale, forniscono substrati energetici alle cellule germinali, e rappresentano lunica componente cellulare nella barriera ematotesticolare. Le Sc possono sostenere solo un limitato numero di cellule germinali cosicché il patrimonio in Sc del testicolo adulto esprime e regola, almeno in parte, la fertilità dato che la concentrazione spermatozoaria nelleiaculato è un significativo parametro di fertilità (7). RUOLO DEL FSH NELLA SPERMATOGENESI La spermatogenesi è un processo che comprende tre fasi: a) rinnovo delle cellule germinali, meccanismo che garantisce la continua disponibilità di un numero costante di cellule indifferenziate per i successivi steps della spermatogenesi, b) proliferazione delle cellule germinali, c) spermiogenesi, che è la parte finale della spermatogenesi e comprende i cambiamenti morfologici che portano dallo spermatide allo spermatozoo maturo. Questo processo, che porta dalla cellula progenitrice allo spermatozoo, è indotto da uno stimolo ormonale che vede implicate diverse sostanze tra loro interagenti, tra cui certamente lFSH, in un complesso meccanismo di regolazione in parte non ancora chiarito. Possiamo distinguere il ruolo che lFSH svolge nellinduzione, nel mantenimento o nel ripristino della spermatogenesi. Induzione (inizio) della spermatogenesi Linizio della spermatogenesi avviene in epoca puberale e può essere definito come il processo che conduce allo sviluppo della prima generazione di spermatozoi testicolari. La spermatogenesi inizia quando la produzione di FSH e LH si eleva, evento che segna linizio della pubertà. Il ruolo di queste due gonadotropine nel processo spermatogenetico è noto da tempo, tanto che nellipogonadismo ipogonadotropo la terapia farmacologica si basa sulla somministrazione di GnRH, che agisce stimolando la produzione di LH e FSH, oppure direttamente sulla somministrazione di hCG (ad azione LH simile) e FSH o hmg (ad azione LH e FSH simile) (4,8). Il ruolo specifico dei due ormoni nel processo rimane in parte ancora da chiarire. Studi effettuati su scimmie prepuberi hanno dimostrato come il trattamento con il solo FSH non sia in grado di iniziare la spermatogenesi (9) anche se protratto per due anni e anche se in combinazione con testosterone (T) (10. Il solo T si è dimostrato in grado di indurre una precoce comparsa di spermatociti primari in 3 mesi e di iniziare la spermatogenesi in 12 mesi in scimmie prepuberi (11). Anche il trattamento con il solo hCG è in grado di iniziare la spermatogenesi in uomini con ipogonadismo ipogonadotropo (12). LFSH CORRELAZIONE TRA FSH PLASMATICI, PARAMETRI SEMINALI 35 viceversa non sarebbe richiesto per linizio della spermatogenesi nei primati, come dimostrato in uomini con mutazione genica per il recettore del FSH in cui sono stati descritti spermatozoi nelleiaculato (2). In realtà, per un inizio efficace della spermatogenesi, verosimilmente, una interazione tra le due gonadotropine è indispensabile visto che lo stimolo con il solo FSH o il solo LH di scimmie prepuberi, non riesce a indurre una spermatogenesi completa oltre lo stadio di spermatogoni B1 mentre i due ormoni combinati determinano una spermatogenesi completa di tutte e quattro le generazioni di spermatogoni differenziati (13) verosimilmente perché lesposizione cronica del testicolo prepubere al solo T può dare inizio alla spermatogenesi ma solo il sinergismo tra LH e FSH, determina una spermatogenesi efficace (11). Probabilmente lesposizione cronica del testicolo prepubere al T inizia la spermatogenesi e la stimolazione combinata da parte delle due gonadotropine minimizza il tempo richiesto per la maturazione delle Sc. Si ipotizza che lFSH faciliti la differenziazione LH-dipendente delle Sc cosicché il tempo richiesto da questo tipo di cellula per acquisire il potenziale per sostenere la spermatogenesi sarebbe ridotto sotto stimolo combinato. In sintesi dunque levidenza dei dati mostra come lFSH non sia indispensabile per linizio della spermatogenesi ma la sua presenza sia richiesta perché questa sia efficace. Mantenimento della spermatogenesi È il processo che conduce alla produzione di spermatozoi dal testicolo adulto. Il livello a cui la spermatogenesi è mantenuta non è costante ma è soggetto a regolazioni fisiologiche. Ad esempio, nelluomo ci sono fluttuazioni stagionali con una diminuzione durante i mesi estivi (13). Come per linduzione della spermatogenesi, anche per il suo mantenimento lFSH agisce in sinergia con lLH. Numerosi studi dimostrano come la spermatogenesi sia ridotta ma mantenuta in soggetti privati di FSH (14). Ripristino della spermatogenesi Nelluomo la spermatogenesi è ripristinata dal FSH ma anche la sola stimolazione con il LH può svolgere questa funzione. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato come in uomini in cui era stato prodotto un ipogonadotropinismo mediante un effetto feedback negativo da somministrazione di T esogeno, sia lhCG che lLH erano in grado di ripristinare la spermatogenesi benché la produzione di spermatozoi rimanesse quantitativamente limitata (15). Correlazione tra FSH plasmatico e parametri seminali Una correlazione specifica tra livelli plasmatici di FSH e parametri seminali è stata riscontrata in diversi studi (16-17) tanto che i livelli di FSH possono essere considerati markers di spermatogenesi e di funzionalità delle Sc (18-21). Il potere 36 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH predittivo del dosaggio del FSH, se considerato in una popolazione di uomini fertili e infertili è però basso (22). Una migliore comprensione della relazione tra ormoni e qualitá seminale richiederá senzaltro ulteriori studi condotti su popolazioni diverse. a) regolazione del numero di spermatozoi Benché la spermatogenesi possa essere mantenuta dal T intratesticolare, in risposta allo stimolo delle cellule di Leydig da parte dellLH, è noto come soltanto la stimolazione combinata di FSH e LH sia in grado di determinare una produzione di spermatozoi massimale (23). I livelli di FSH correlano negativamente con la concentrazione spermatozoaria (16) ed è ipotizzato che livelli di FSH superiori a 10 IU/L, se associati a livelli di inibina B inferiori a 80 pg/mL, abbiano un valore predittivo del 100% nel rilevare concentrazioni spermatozoaria al di sotto di 20 milion /ml (21). Il valore predittivo scende al 80.0% per la sola inibina e al 85.7% per lFSH. Analogamente livelli più alti di inibina B e più bassi di FSH sono rivelatori di una conta spermatica superiore a 20 million/ml, con buona capacitá predittiva per gli stessi livelli di cutoff per linibina B (sensibilità = 0.42; valore predittivo positivo = 100%) e per lFSH (sensibilità = 0.74; valore predittivo positivo = 96.3%) (17). Analoghi risultati sono stati ottenuti in uno studio prospettico condotto su uomini fertili in cui una correlazione negativa significativa era stata riscontrata tra FSH e concentrazione ma anche con la morfologia spermatica (19). Se una ridotta disponibilità di FSH porta a una riduzione della spermatogenesi, aumentate concentrazioni di FSH possono amplificare il processo, come dimostrato in scimmie normali trattate con dosei sovrafisiologiche di FSH e nel testicolo controlaterale di uomini sottoposti ad emicastrazione. In queste situazioni lincremento della stimolazione con FSH esercita la sua funzione su strutture testicolari normali. Nei soggetti oligozoospermici trattati con FSH non sempre si determina però un aumento consistente della concentrazione di spermatozoi (2530). Come evidenziano numerosi lavori sperimentali condotti su primati superiori e sulluomo, la produzione di spermatozoi da parte del testicolo è regolata anche dalla concentrazione di FSH plasmatico ma in condizioni di ridotta funzionalità tubulare i livelli di questa possono essere insufficienti per determinare una spermatogenesi massimale. Unipotesi alternativa per giustificare la mancata risposta al trattamento con FSH potrebbe essere la presenza di un danno tubulare FSH-indipendente. b) Determinazione della qualità spermatozoaria Limmunizzazione attiva di scimmie contro lFSH determina un peggioramento della motilità spermatozoaria e una diminuzione dellattività dellacrosina con diminuita capacità fecondante (31). Nelluomo, limmunoneutralizzazione del FSH circolante è associato con una alterazione della integrità della cromatina spermatica e una riduzione delle glicoproteine contenute nellacrosoma (32). Diversi studi evidenziano come i livelli di FSH correlino CORRELAZIONE TRA FSH PLASMATICI, PARAMETRI SEMINALI 37 inversamente non solo con la concentrazione spermatica ma anche con la motilità e con la morfologia (16-20,22). In particolare lo studio di Meeker suggerisce che lFSH possa giocare un ruolo determinante nello sviluppo dello spermatozoo e, quindi, nella sua morfologia, e un incremento dei valori di FSH e LH, con una riduzione dellinibina B, riduca la percentuale di spermatozoi normali.. In letteratura vengono riportati i risultati positivi, in termini di aumento della concentrazione di spermatozoi con caratteristiche ultrastrutturali normali del trattamento con FSH di uomini infertili, oligozoospermici e teratozoospermici, e anche un aumento della capacità di fertilizzare in vitro (26,27,33,34). Manca però, ad oggi, un modello sperimentale in cui un deficit assoluto e selettivo di FSH possa essere di definitivo chiarimento del suo ruolo nel determinare la qualità spermatica e modificazioni di particolari parametri dello spermiogramma, come la motilità e la morfologia. REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE DI FSH E RUOLO DELLINIBINA B Nelluomo adulto FSH e LH vengono prodotti dallipofisi in seguito al rilascio pulsatile di GnRH da parte dellipotalamo. La pulsatilità è indispensabile per una regolare produzione gonadotropinica ma mentre la secrezione del LH è sensibile alla frequenza e allampiezza delle pulse di GnRH, che in condizioni fisiologiche sono determinate da unazione di feedback negativo da parte del T testicolare, la secrezione di FSH sembra esserne relativamente insensibile (35). Daltra parte un effetto di feed-back negativo testicolare diretto sulla secrezione di FSH è evidente, come dimostrato dalla risposta del FSH allorchiectomia bilaterale in un paradigma sperimentale conosciuto come blocco ipofisiotropico (36). In questo modello lorchiectomia determina una ipersecrezione di FSH selettiva e massiva che non è prevenuta da un corretto ripristino di livelli di T né da una immunoneutralizzazione contro lestradiolo (E2) circolante in un modello di blocco ipofisiotropico con testicolo intatto (37). Per questo motivo era stato ipotizzato che il fattore testicolare inibitorio specifico per lFSH, detto inibina, fosse non steroideo. Studi successivi hanno poi portato alla identificazione dellinibina B come sostanza specifica ad azione inibente la produzione di FSH e del testicolo come sua sede di produzione (38). La secrezione del FSH nelluomo adulto è dunque regolata dallazione di feedback negativo dellinibina testicolare e la possibilità di dosare linibina circolante, acquisizione relativamente recente, può costituire un elemento ulteriore di comprensione del complesso meccanismo di regolazione dellattivitá tubulare. La presenza di questo circuito di feedback FSH-inibina B nella regolazione della spermatogenesi è stata dimostrata nella scimmia adulta, nella quale la rimozione di un testicolo determina un deficit di inibina B rapido e permanente seguito da un incremento anchesso stabile di secrezione di FSH mentre le variazioni di LH e T sono modeste. Lipersecrezione 38 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH di FSH è seguita da unipertrofia, vicariante, del testicolo superstite la cui spermatogenesi è stimolata massimamente dallincremento del FSH (39). La stessa cosa accade nelluomo come dimostra il fatto che un trattamento cronico con FSH di un uomo con infertilità idiopatica determina un aumento di volume del testicolo ma non sempre modifica i livelli di inibina B (40). Comunque il rilascio di FSH è sensibile anche alla inibizione da parte del T. Infatti, livelli sovrafisiologici di testosterone, ma anche di estradiolo, indotto da somministrazione esogena, sopprime la secrezione di FSH in uomini sani, per unazione sia a livello ipofisario che ipotalamico. Il contributo di questi steroidi nel sistema di feedback che regola la secrezione di FSH sembra però essere meno importante rispetto a quello dellinibina B. CONCLUSIONI FSH e T agiscono separatamente ma sinergicamente nel sostenere i vari stadi della spermatogenesi, dalla divisione degli spermatogoni fino al rilascio dello spermatozoo. Lazione del FSH può essere vista come unamplificazione di un livello basale di spermatogenesi indotta dal T intratesticolare. Una produzione massimale di spermatozoi si ottiene solo con uno stimolo combinato di FSH e LH (e quindi di T) che esercitano sinergicamente una azione sulla prima generazione di spermatogoni differenziati per amplificare la popolazione di questo tipo di cellule, che risulta così aumentato di numero e anche di qualità. La comprensione dei meccanismi basilari di questi eventi ormone-dipendenti potrà aiutarci a comprendere i meccanismi con cui si determina una infertilità idiopatica. Tuttavia una migliore comprensione della fisiopatologia della spermatogenesi fornirà preziosi spunti nel campo dellinfertilità da fallimento della proliferazione delle stem cell o della maturazione delle cellule germinali e faciliterà linterpretazione delle correlazioni genitipo/fenotipo nellinfertilità maschile e permetterà, infine, la definizione di nuove categorie diagnostiche e, forse, di nuovi trattamenti. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. Kumar T.R. et al. Follicle stimulating hormone is required for ovarian follicle maturation but not male fertility. Nat Genet. 1997; 15:201-104. Tapanainen J.S. et al. Men homozygous for an inactivating mutation of the follicle stimulating hormone (FSH) receptor gene present variable suppression of spermatogenesis and fertility. Nat Genet. 1997; 15:205-206. Sriaman V. et al. Hormonal regulation of Leydig Cell proliferation and differentiation in rodens testis: a dynami interplay between gonadotrophins and testicular factors. 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Kamischke A. et al. Recombinant human follicle stimulating hormone for treatment of male idiopathic infertility: a randomized, double-blind, placebo-controlled, clinical trial. Hum Reprod 1998; 13: 596-603. FSH E RISERVA OVARICA 41 Il dosaggio dellFSH nella valutazione della riserva ovarica I. NOCI Centro di Fisiopatologia della Riproduzione Umana, Università di Firenze È ben noto come lovaio manifesti una lenta ma progressiva riduzione numerica del proprio patrimonio follicolare, fino al suo esaurimento che coincide con la menopausa della donna (1). Ma il trend di riduzione può variare da una donna ad unaltra, secondo un comportamento ben rappresentato da una curva di Gauss, per cui a parità di età della donna possiamo trovare tra lovaio di una paziente e lovaio di unaltra differenze anche sostanziali nella quantità di follicoli primordiali residui, che rappresentano la cosidetta riserva ovarica. Il concetto di riserva ovarica è pertanto un concetto di quantità di patrimonio follicolare residuo, e non di qualità ovocitaria che dipende invece direttamente dalletà anagrafica della donna (2). Una errata sovrapposizione di questi due differenti concetti, in realtà, si trova abbastanza spesso in una certa parte della letteratura, anche recentissima, ed è il motivo per cui si continuano a pubblicare lavori in cui quasi ci si meraviglia dei buoni risultati in termini di gravidanza ottenibili da programmi FIVET quando la popolazione è costituita da donne giovani ma con ridotta riserva ovarica (3, 4). Così come la abbiamo delineata, la riserva ovarica ha poco a che vedere con la fertilità naturale della donna (che è, al contrario, età-dipendente) (5) ma ha molto più a che vedere con la quantità di risposta che noi possiamo ottenere da un ovaio stimolandolo con anti-estrogeni o/e gonadotropine; per cui la valutazione della riserva ovarica della donna deve essere proposta solo ad una coppia infertile in cui gli accertamenti diagnostici abbiano evidenziato la necessità di indurre una ovulazione multipla alla donna. Riserva ovarica, quindi, come strumento utile per il clinico per il counselling (ad esempio, consigliare o no ad una coppia un ciclo FIVET, integrando i due parametri età anagrafica / riserva ovarica e da ciò estrapolando una più personalizzata ipotesi prognostica in termini di bambino in braccio) ed eventualmente per la impostazione di un programma terapeutico (di fronte ad una paziente con bassa riserva ovarica, è indicata una dose iniziale di gonadotropine più elevata di quanto suggerito dalla sola età). E veniamo al punto debole del sistema, e cioè alla identificazione di un test diagnostico specifico, accurato e sensibile per la determinazione della riserva ovarica della paziente che abbiamo davanti in quel momento. Diciamo subito che un tale tipo di test attualmente non esiste; semplicemente perché allo stato attuale delle conoscenze dovrebbe consistere in una cosa che non è possibile attuare: il prelievo delle ovaie della donna, il loro passaggio al patologo, che ci dovrebbe contare i follicoli primordiali presenti nella corticale 42 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH di quelle due ovaie. Qualcuno ha proposto in passato una biopsia ovarica, ma forse ignorando che la distribuzione dei primordiali nellovaio può variare, da zona a zona, di oltre due fattori di grandezza, come hanno pubblicato Schmidt et al (6). Questi ricercatori danesi, infatti, hanno eseguito uno studio anatomoistologico su tre intere ovaie asportate chirurgicamente, e hanno riportato che la concentrazione di primordiali per mm3 di corteccia ovarica variava in un caso da 0.007 a 140, in un altro da 1.8 a 166 e nel terzo da 0.04 a 4.48. E qui ci areneremmo, senza poter procedere di un passo, se non ci venisse in aiuto al riguardo un postulato dovuto a un grande ricercatore della Medicina della Riproduzione, Alain Gougeon. Gougeon, dopo tutti gli studi istologici e funzionali compiuti in tanti anni sulla follicologenesi, sostiene che la quantità di follicoli antrali selezionabili è correlata al pool di riserva dei follicoli primordiali (7). Eccoci allora a cercare marcatori dei follicoli antrali selezionabili, come (indiretti) marcatori della riserva ovarica. Il primo di questi, storicamente parlando, è rappresentato dalla misurazione dell FSH in fase follicolare precoce del ciclo. Questo test è stato proposto dalla scuola di Norfolk nel 1989, quando Scott et al pubblicarono uno studio retrospettivo (oggi ben conosciamo il valore relativo che diamo a questo tipo di studi), basato sullintera casistica FIVET del loro gruppo, formata da 758 casi (8). Il messaggio per i clinici fu chiaro e forte: più alto era il valore basale di FSH della paziente , minore era la probabilità per lei di una gravidanza, e maggiore invece quella di un aborto spontaneo. Questo si accompagnava ad una riduzione del numero dei follicoli, degli ovociti prelevati e degli embrioni trasferiti, e perciò apparentemente ad una problematica quantitativa di risposta ovarica; nonostante che (oggi diremmo: a causa del fatto che) la dose di gonadotropine somministrate fosse sovrapponibile ed omogenea. 758 casi complessivi non erano pochi, Norfolk era allora Norfolk, e il mondo è andato dietro a questa idea, lidea dellFSH day3. Il razionale del valore clinico dellFSH day3 è probabilmente il seguente: più antrali selezionabili ci sono, più intenso è il segnale di tipo inibitorio sullipofisi, per cui FSH alto = pochi antrali. In quasi ventanni , dellFSH day3 si è detto di tutto, e il contrario di tutto. Se facciamo una medline impostando come titolo di ricerca in Pub-Med FSH and ovarian reserve troviamo 213 pubblicazioni, al 16 gennaio 2007. Ma seguendo fino in fondo l idea che lFSH day3 sia un marcatore della quantità di antrali selezionabili presenti in quel momento nellovaio della paziente, si arriva ad una conclusione clinica di questo tipo: poiché in un determinato momento, che corrisponde allinizio del ciclo ovarico, possiamo trovare in mesi diversi, diverse quantità di follicoli antrali selezionabili, allora, di fronte a una paziente con FSH oscillante attorno a livelli medio-alti, potremmo andare a cercare il mese più adatto per stimolare la paziente, misurando ogni mese lFSH day3. Il mese con FSH più basso, dovrebbe essere il mese con più antrali selezionabili e quindi con maggiori probabilità di successo clinico in PMA. Tanti di noi lo hanno fatto, o hanno pensato che sarebbe stata una buona idea farlo, fino FSH E RISERVA OVARICA 43 a che, implacabile, è venuto lo studio prospettico di Abdalla e Thum (9) che ha mostrato la infondatezza di questa procedura. Ma perché?; evidentemente perché la valutazione ormonale, via FSH day3, degli antrali selezionabili presenti in quel momento non correla in modo così importante con il vero pool di primordiali. E quanto vale clinicamente, oggi, la misurazione dellFSH day3? A questo scopo ci viene in aiuto una recente metaanalisi pubblicata da Bancsi (10): lFSH day3 non fornisce nessuna indicazione sulla fertilità naturale della donna (lo sapevamo), ha un moderato potere predittivo per la possibilità che si abbia una scarsa risposta ovarica alla stimolazione in un ciclo IVF, e ha un basso potere predittivo per gravidanza si/gravidanza no in un ciclo IVF. Questa e successive pubblicazioni hanno confermato i seguenti concetti: 1. LFSH day3, pur essendo semplice da eseguire, non è utile per segnalare una riduzione della riserva ovarica se non ad alti livelli (>15 UI/L) e possibilmente in associazione ad altri parametri di valutazione della riserva, quali e soprattutto la conta dei follicoli antrali; 2. LFSH day3 non è assolutamente predittivo della possibilità che si ottenga una gravidanza in un programma di PMA, così che non deve servire per escludere dal programma stesso delle pazienti, e soprattutto se giovani e dotate di ritmo mestruale regolare; 3. LFSH day3 ha una spiccata variabilità da un ciclo ad un altro, nella singola donna; ed esiste una discreta variabilità inter-laboratorio, dovuta in parte ai molteplici e differenti tipi di kit utilizzati dai vari laboratori. Messa così la questione, cominciando a mancarci le certezze, cominciamo a cercare altri parametri di definizione della riserva ovarica. Ma, certamente, non possiamo non ricordare che lFSH è prodotto dallipofisi in differenti isoforme (11, 12), e che, forse alcune di esse potrebbero meglio marcare la riserva ovarica. Di isoforme di FSH, e di polimorfismo del recettore per lFSH è stato estesamente parlato in altri capitoli di questa stessa Sessione, e non ne faremo pertanto accenno qui. Indubbiamente, la identificazione delle isoforme di FSH che con più penetranza marcano funzionalmente il pool di follicoli antrali selezionabili, e la messa in atto di metodiche specifiche di dosaggio di queste, potrebbe aprire nuovi, insperati scenari; così come la identificazione di quei genotipi recettoriali FSH che sono più sensibili allo stimolo FSH (13, 14). Ma anche le alternative allFSH day3 hanno un destino abbastanza simile a quello toccato in sorte all FSH day3, se, in un dibattito recentissimo su Human Reproduction (15), si è sentito la necessità di dire, finalmente con forza, che fino a che le informazioni di base e cliniche non siano più convincenti, sarebbe forse più opportuno non misurarla più, questa riserva ovarica. Concetto provocatorio, ma certamente non lontanissimo dal vero. Venendo comunque alle alternative allFSH day3, il ruolo più convincente spetta alla misurazione del follicoli antrali (antral follicle count, AFC) (16, 17). Anche qui il back-ground è lo stesso, e cioè andare a quantizzare gli antrali 44 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH selezionabili presenti in fase follicolare precoce, questa volta andando proprio ad evidenziarli mediante la ecografia transvaginale. La determinazione dellAFC ha certamente un ruolo clinico forte oggi, nella Medicina della Riproduzione; ma anche questa, alla luce di quanto detto finora, è in attesa di verifiche e di confronti. Indubbiamente, la meta-analisi di Hendricks (18) ci dice che lAFC ha un potere predittivo per poor response in un ciclo IVF superiore a quello dell FSH day3; ma ci dice anche che né luna né laltra determinazione dicono alcunchè in quella, unica cosa che interessa sia a noi che alla coppia e cioè la gravidanza, il bambino in braccio. Lormone anti-mulleriano (MIS). Certo, sulla carta il migliore, in quanto espresso dai follicoli in crescita, da primario a pre-antrale (19): ma, anche in questo caso, siamo a basarci sulla già ricordata asserzione di Gougeon che la quantità di follicoli antrali selezionabili è correlata al pool di riserva dei follicoli primordiali (7). Cosa che, molto probabilmente, non è del tutto vera. Sicuramente, la misurazione del MIS è più agevole di altre, perché ad esempio può essere fatta indipendentemente dalla fase del ciclo (20); ma non tutti i laboratori hanno ancora in uso il dosaggio di questo nuovo ormone. E comunque, i lavori clinicoprospettici pubblicati fino ad oggi ci dicono, tutti e in modo univoco, che la AFC è più predittiva della quantità di risposta ovarica alla stimolazione di quanto non lo sia una misurazione del MIS (21, 22). BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. te Velde E.R. Ovarian ageing and postponement of childbearing. Maturitas 30: 103104, 1998. Toner J.P. Age = egg quality, FSH level = egg quantity. Fertil Steril 79: 491, 2003. Karande V. et al. A rational approach to management of low responders in in vitro fertilization. Hum Reprod 14: 1744-1748, 1999. Gleicher N. & Barad D. Ovarian age-base stimulation of young women with diminished ovarian reserve results in excellent pregnancy rates with in vitro fertilization. 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Performance of basal follicle-stimulating hormone in the prediction of poor ovarian response and failure to become pregnant after in vitro fertilization. Fertil Steril 79: 1091-1100, 2003. 11. Ulloa-Aguirre A. et al. Follicle-stimulating iso-hormones. Characterization and physiological relevance. Endocr Rev 16: 765-787, 1995. 12. Creus S. et al. Human FSH isoforms: carbohydrate complexity as determinant of in vitro bioactivity. Molecular and cellular Endocrinology 174. 41-49, 2001. 13. Loutradis D. et al. FSH receptor gene polymorphisms have a role for different ovarian response to stimulation in patients entering IVF/ICSI-ET programs. J Assisted Reprod Genet 23: 177-184, 2006. 14. Jong Kwan Jun. et al. Follicle-stimulating hormone receptor gene polimorphism and ovarian response to controlled ovarian hyperstimulation for IVF-ET. J Hum Genet 51: 665-670, 2006. 15. Maheshwari A. et al. Assessment of ovarian reserve - should we perform tests of ovarian reserve routinely? 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Fanchin R. et al. Serum anti-mullerian hormone is more strongly related to ovarian follicular status than serum inhibin B, estradiol, FSH and LH on day 3. Hum Reprod 18: 323-327, 2003. 22. Pastor C. et al. Pilot study investigating the age-related decline in ovarian function of regularly menstruating normal women. Fertil Steril 84: 1462-1469, 2005. Lipogonadismo ipogonadotropo funzionale C. FORESTA1, A. FERLIN1, A. LENZI2 Cattedra di Patologia Clinica, Centro di Crioconservazione dei Gameti Maschili, Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Università di Padova; 2 Cattedra di Endocrinologia, Dipartimento di Fisiopatologia Medica, Università di Roma La Sapienza - Roma 1 INTRODUZIONE Nelluomo entrambe le gonadotropine FSH e LH sono necessarie per dare inizio e mantenere una spermatogenesi quantitativamente e qualitativamente normale, anche se diversi aspetti non sono ancora stati chiariti, soprattutto per quanto riguarda il ruolo relativo delle due gonadotropine e del testosterone intratesticolare. I modelli animali in vivo suggeriscono che lFSH sia maggiormente richiesto per le prime fasi della spermatogenesi (maturazione spermatogoniale, fasi meiotiche spermatocitarie) mentre lLH e/o il testosterone intratesticolare sembrerebbero influenzare soprattutto le fasi della successiva spermiogenesi (Foresta et al., 1998; Matthiesson et al., 2006). Questi dati derivano principalmente da studi su animali modificati geneticamente knockout per il gene dellFSH, dellLH o dei loro recettori, o per il gene del recettore degli androgeni. Studi su uomini con diverse forme di ipogonadismo ipogonadotropo o uomini sottoposti a trattamenti ormonali a scopo contraccettivo o rari casi di soggetti con mutazioni inattivanti dei geni per la subunità dellLH o dellFSH o dei loro recettori hanno poi confermato questi dati. Da questi studi emerge un ruolo fondamentale per la spermatogenesi svolto da entrambe le gonadotropine, con lFSH che sembra possedere unimportanza maggiore nelluomo rispetto ai modelli murini. In questo ambito bisogna sempre tenere in considerazione che alterazioni dellasse ipotalamo-ipofisi-testicoli si possono tradurre in segni e sintomi diversi a seconda del grado di compromissione delle due funzioni fondamentali del testicolo, la produzione di testosterone e la spermatogenesi. Per esempio, è comune pratica clinica osservare come le forme conclamate di ipogonadismo primario si manifestino con oligo-azoospermia e riduzione dei livelli circolanti di testosterone, ma è possibile ipotizzare che le forme più lievi si manifestino solo con una alterazione della spermatogenesi. Un deficit di gonadotropine è un classico segno di ipogonadismo ipogonadotropo (HH). LHH congenito è una patologia ben codificata e la caratterizzazione del fenotipo, della trasmissione genetica e delle basi molecolari è ben definita. I pazienti affetti da HH, sia maschi che femmine, presentano bassi livelli, o apparentemente normali livelli, di gonadotropine sia di base che dopo stimolo con GnRH, basse concentrazioni plasmatiche di ormoni gonadici e 48 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH mancata comparsa della pubertà. Le cause dellHH congenito sono spesso di origine organica o genetica e coinvolgono diverse patologie ipotalamiche e ipofisarie, isolate o associate a sindromi complesse. Spesso tuttavia non sono identificabili cause note e si parla quindi di HH idiopatico (IHH). La prevalenza dellIHH nella popolazione generale è molto bassa e si ritiene che 1 maschio su 10.000 e una femmina su 50.000 possano sviluppare questa patologia. Un HH può avere anche un esordio in età adulta ed in questi casi è ancora più spesso di origine idiopatica, essendo le cause organiche più rare. LIHH ad insorgenza in età adulta si presenta con un diverso quadro fenotipico rappresentato da infertilità, disfunzione erettile e/o calo della libido, ma con normale sviluppo puberale. In questi casi il grado di oligozoospermia, di riduzione delle concentrazioni plasmatiche di testosterone, inibina B, LH e FSH è variabile, anche se le gonadotropine non hanno generalmente concentrazioni così basse come nellHH congenito. LHH rappresenta unentità clinica ben codificata sia dal punto di visto diagnostico che terapeutico. Esiste infine unampia popolazione di soggetti infertili che presenta livelli plasmatici di ormoni gonadici e gonadotropine nella norma, pur in presenza di un chiaro danno tubulare. Da un punto di vista concettuale queste situazioni cliniche possono essere determinate da una ridotta influenza delle gonadotropine, soprattutto dellFSH, per una parziale riduzione della produzione di questo ormone o per una ridotta attività funzionale dellormone o del suo recettore. In altri termini, esiste la possibilità di una nuova entità clinica: lipogonadismo ipogonadotropo funzionale, che apre nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche del maschio infertile. Ipoteticamente le situazioni che possono alterare la secrezione delle gonadotropine in modo da determinare un insufficiente stimolo della spermatogenesi possono essere individuate nelle seguenti categorie: 1. Produzione di FSH deficitaria ma ancora nel range di normalità per alterazioni funzionali ipotalamica-ipofisarie 2. Alterazioni genetiche del gene per la subunità beta dellFSH 3. Produzione di isoforme di FSH a diversa attività 4. Polimorfismi del gene per il recettore dellFSH CORRELAZIONE FRA DOSAGGIO ORMONALE E GAMETOGENESI Lesigenza di inquadrare questa nuova situazione clinica di oligozoospermia associata ad ipogonadismo ipogonadotropo funzionale è giustificata da corrispondenti quadri clinici ben codificati nelle donne. Infatti, unalterazione ipotalamico-ipofisaria di secrezione di gonadotropine è ritenuta momento patogenetico della cosiddetta amenorrea ipotalamica, caratterizzata da bassi o normali livelli di estrogeni con basse o normali concentrazioni di gonadotropine. Lamenorrea ipotalamica è responsabile di circa il 30% dei LIPOGONADISMO IPOGONADOTROPO FUNZIONALE 49 casi di amenorrea in età riproduttiva e si associa spesso a situazioni che provocano una disregolazione ipotalamico-ipofisaria, quali stress o perdite di peso. Tuttavia molto spesso non sono evidenti chiare cause alla base delle alterazioni funzionali di pulsatilità del GnRH e secrezione di gonadotropine tipiche dellamenorrea ipotalamica. Nelluomo daltra parte una situazione clinica controparte dellamenorrea ipotalamica, caratterizzata da normali o lievemente ridotti livelli di testosterone con gonadotropine normali o solo lievemente ridotte, non è invece ben codificata. In questi casi il quadro ormonale dovrebbe essere caratterizzato da normali livelli di gonadotropine, in particolare dellFSH, con ormoni gonadici (testosterone e inibina B) nella norma o ai limiti inferiori della norma. Dal punto di vista seminale è presente oligozoospermia di diversi gradi e il volume testicolare è generalmente ai limiti inferiori della norma o ipotrofico. Di regola non sono identificabili chiare cause alla base di questa situazione. È lequivalente maschile dellamenorrea ipotalamica idiopatica. Un recente studio danese (Andersson et al., 2004) su unampia popolazione di soggetti fertili e infertili idiopatici evidenzia che i livelli di FSH sono significativamente più elevati negli infertili (mediana 3.05 IU/L vs 7.98 IU/L, P<0.001). Tuttavia, solo il 50.5% dei soggetti infertili ha livelli di FSH superiori al 97.5 percentile dei soggetti fertili e solo il 48.1% ha livelli di inibina B inferiori al 2.5 percentile dei soggetti infertili. Pertanto emerge chiaramente che né i livelli di FSH né quelli di inibina B siano discriminanti e predittivi di danno tubulare. Emerge altresì che i livelli di riferimento considerati normali devono essere aggiustati. A tal fine gli Autori hanno calcolato i livelli di cut-off di FSH che meglio discriminano i soggetti fertili dagli infertili. Prendendo arbitrariamente un valore che dava il 95% di specificità (rischio del 5% di avere un risultato falsamente positivo), il cut-off per lFSH è risultato 6.86 IU/L. Con tale valore però la sensibilità (probabilità di avere risultati falsamente negativi) risulta del 57%. Unanalisi più attenta dei dati dimostra come, nei soggetti infertili idiopatici, a normali livelli di FSH si possano associare normali o bassi livelli di inibina B e come, daltra parte, ad elevati livelli di FSH si possano associare anche normali livelli di inibina B. Pertanto, sebbene sia chiaro che i livelli di inibina B e FSH correlino con la concentrazione spermatica, nessuno dei due, sopratutto linibina B, può essere attualmente considerato marcatore sensibile e specifico di alterazione tubulare. Questi parametri ovviamente vanno inseriti in una valutazione clinica globale del soggetto infertile. Dal punto di vista del trattamento però il riscontro di normali livelli di FSH in soggetti con oligozoospermia idiopatica può suggerire un possibile approccio terapeutico con gonadotropine o FSH. Perciò una migliore definizione diagnostica e prognostica di questo ampio gruppo di soggetti infertili si rende necessaria e questo non può prescindere da una definizione eziopatogenetica che attualmente sfugge. 50 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH ALTERAZIONI GENETICHE DEL GENE PER LA SUBUNITÀ BETA DELLFSH Sono note diverse mutazioni che alterano le funzioni delle gonadotropine e dei loro recettori e sono altresì stati prodotti diversi tipi di modelli animali geneticamente modificati per le subunità beta delle gonadotropine e dei loro recettori (review in Huhtaniemi, 2006). Questi studi hanno chiarito molti aspetti circa il ruolo delle gonadotropine nello sviluppo sessuale e nella spermatogenesi, ma anche evidenziato importanti differenze tra le specie. Per quanto riguarda lipogonadismo ipogonadotropo funzionale delluomo le mutazioni di interesse riguardano quelle inattivanti del gene della subunità beta dellFSH. Queste mutazioni sono tuttavia molto rare e fino ad ora sono stati descritti in letteratura solamente tre uomini (Lindstedt et al., 1998; Phillip et al., 1998; Layman et al, 2002). Due di loro presentano normale sviluppo puberale (che è maggiormente sotto linfluenza degli aumentati livelli di testosterone sotto lo stimolo dellLH), mentre in tutti i casi è presente azoospermia, in contrasto a quanto atteso sulla base del fenotipo dei cinque soggetti con mutazioni inattivanti del gene per il recettore dellFSH descritti in letteratura, che presentano diversi gradi di oligozoospermia. In caso di mutazioni inattivanti dellFSHbeta i livelli plasmatici di FSH sono bassi, mentre quelli di LH e testosterone sono nella norma. PRODUZIONE DI ISOFORME DI FSH A DIVERSA ATTIVITÀ LFSH viene secreto in diverse forme molecolari la cui eterogeneità risiede in differenze di composizione di carboidrati e oligosaccaridi. Le isoforme di FSH possono essere distinte a seconda del loro punto isoelettrico e pH. Lacido sialico terminale della catena di carboidrati determina la clearance metabolica della molecola dellFSH e pertanto la sua attività in vivo. Le molecole altamente glicosilate con acido sialico sono metabolizzate più lentamente ma hanno meno affinità per il recettore. In vitro è stato riportato che i follicoli rispondono meno, in termini di velocità di crescita e produzione di estradiolo, alle forme di FSH con più acido sialico (Ulloa-Aguirre et al., 2003). A parte questa diversa glicosilazione, lattività dellFSH dipende anche dalla struttura interna della catena dei carboidrati. Le diverse isoforme di FSH variano in condizioni fisiologiche. Il contenuto di acido sialico sembra regolato dal GnRH e dagli estrogeni. Infatti studi in vivo hanno dimostrato che il GnRH induce il rilascio di isoforme di FSH con meno acido sialico e FSH meno glicosilato è prodotto durante la fase peri-ovulatoria o durante terapia estrogenica sostitutiva in donne in menopausa. Allo stesso modo, il milieu ormonale regola la struttura interna della catena dei carboidrati, che, per esempio, è diversa nelle donne in menopausa rispetto a quelle in fase follicolare. Un recente studio ha inoltre dimostrato come lassenza di ovulazione che si osserva nelle donne durante lallattamento LIPOGONADISMO IPOGONADOTROPO FUNZIONALE 51 nonostante normali livelli di gonadotropine circolanti si associa alla produzione di isoforme di FSH meno attive (più glicosilate e con catena di carboidrati meno complessa) (Velasquez et al., 2006). Un altro studio ha evidenziato che donne poor responders alla stimolazione ovarica durante IVF hanno una concentrazione e distribuzione delle isoforme di FSH diverse rispetto alle donne che rispondono adeguatamente. Pertanto, le eterogeneità delle isoforme di FSH circolante potrebbe anche giustificare alcune forme di ipogonadismo ipogonadotropo funzionale nelluomo. POLIMORFISMI DEL GENE PER IL RECETTORE DELLFSH Linterazione tra lFSH ed il suo recettore (FSHR) è essenziale per una corretta spermatogenesi. Mentre le mutazioni inattivanti del gene FSHR sono rare e si associano ad elevati livelli circolanti di FSH, recentemente sono stati riscontrati polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) che si associano a concentrazioni normali di FSH. Questi polimorfismi causano diversi aplotipi di FSHR, che sembrano modulare la risposta allFSH. In particolare, nellesone 10 sono stati trovati due SNPs in corrispondenza delle posizioni aminoacidiche 307 e 680 della proteina matura. Nella popolazione caucasica questi due polimorfismi causano due importanti quanto comuni varianti alleliche: Thr307 Asn680 e Ala 307 Ser680. Il polimorfismo del gene FSHR in posizione 680 influenza i livelli sierici di FSH nelle donne e la sensibilità dellFSHR per lFSH in vivo. Infatti, è stato osservato che la sensibilità allFSH durante il ciclo mestruale e la variabile durata del ciclo dipendono dallaplotipo del gene FSHR. Inoltre, è stata osservata una diversa necessità di FSH nelle donne durante liperstimolazione ovarica controllata durante fecondazione in vitro (Gromoll et al., 2005). Un altro SNP è localizzato nel promotore del gene FSHR, in posizione 29 (causa il cambio di una base G>A), ma il suo ruolo, da solo oppure in combinazione con gli SNPs dellesone 10, non è ben definito. Negli uomini non è ancora ben chiaro il ruolo degli SNPs di FSHR. In particolare, uno studio preliminare (Simoni et al., 1999) non ha evidenziato differenze nella distribuzione dei polimorfismi di FSHR tra soggetti normali e soggetti infertili, mentre uno studio più recente (Ahda et al., 2005) ha riscontrato una diversa frequenza allelica tra soggetti azoospermici e soggetti normozoospermici. Tuttavia, un nostro recente studio (Pengo et al., 2006) non ha mostrato differenze nella distribuzione genotipica e aplotipica nei soggetti con diversi quadri di oligozoospermia e rispetti ai soggetti fertili e normozoospermici. Questi dati devono quindi essere ancora chiariti meglio, anche se è probabile che gli aplotipi di FSHR rappresentino uno dei polimorfismi genici che, da solo o più probabilmente in combinazione con altri geni, potrebbe essere coinvolto nella spermatogenesi e nella patogenesi di unipogonadismo normogonadotropo. 52 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH CONCLUSIONI Lipogonadismo ipogonadotropo funzionale potrebbe rappresentare una nuova entità clinica non ancora ben definita a verosimile patogenesi multifattoriale. Da un punto di vista clinico dovrebbe essere caratterizzata da infertilità con oligozoospermia e livelli di gonadotropine, testosterone e inibina B normali o ai limiti inferiori della norma. Sono necessari studi sperimentali per documentare le ipotesi patogenetiche che sono state proposte che, se confermate, aprirebbero nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche per il soggetto infertile. BIBLIOGRAFIA 1. Ahda Y., Gromoll J., Wunsch A. et al. Follicle-stimulating hormone receptor gene haplotype distribution in normozoospermic and azoospermic men. J Androl. 2005;26:494-9. 2. Andersson A.M., Petersen J.H., Jorgensen N. et al. Serum inhibin B and folliclestimulating hormone levels as tools in the evaluation of infertile men: significance of adequate reference values from proven fertile men. . J Clin Endocrinol Metab. 2004;89:2873-9. 3. Foresta C., Bettella A., Ferlin A. et al. Evidence for a stimulatory role of folliclestimulating hormone on the spermatogonial population in adult males. Fertil Steril. 1998;69:636-42. 4. Gromoll J., Simoni M. Genetic complexity of FSH receptor function. Trends Endocrinol Metab. 2005;16:368-73. 5. Huhtaniemi I. Mutations along the pituitary-gonadal axis affecting sexual maturation: novel information from transgenic and knockout mice. Mol Cell Endocrinol. 2006;254-255:84-90. 6. Layman L.C., Porto A.L., Xie J. et al. 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MENEGAZZO1, A. BOTTACIN1, A. GAROLLA1, M. PLEBANI2, A. FERLIN1 Cattedra di Patologia Clinica, Centro di Crioconservazione dei Gameti Maschili, Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Università di Padova; 2 Cattedra di Biochimica Clinica, Servizio di Medicina di Laboratorio, Università di Padova 1 INTRODUZIONE LFSH è un ormone fondamentale per iniziare e mantenere una spermatogenesi quantitativamente e qualitativamente normale. I livelli plasmatici di FSH vengono considerati markers di spermatogenesi e di funzionalità delle cellule del Sertoli (1-4) ed una correlazione tra livelli plasmatici di FSH e parametri seminali è stata riscontrata in diversi studi (5, 6). Tuttavia il potere predittivo del dosaggio dellFSH non è adeguato. Per esempio, uno studio su 349 uomini danesi infertili ha evidenziato una correlazione negativa con la concentrazione spermatica, ma il valore predittivo di identificare una concentrazione spermatica <20 milioni/ ml nei soggetti con FSH >10 IU/L è 85.7% (5). Analogamente uno studio belga su 47 soggetti infertili (6) ha evidenziato una sensibilità del 74% per valori di FSH >10 IU/L (capacità di identificare soggetti con concentrazione spermatica <20 milioni/ml). In uno studio americano su 145 soggetti fertili sono stati raggiunti risultati simili (il 77% dei soggetti oligozoospermici presentava valori di FSH >10 IU/L) (2). Un altro recente studio, utilizzando sempre un valore di 10 UI/L di FSH come cut-off, ha mostrato valori di sensibilità ancora inferiori (55%) nellidentificare i soggetti con concentrazione spermatica <20 milioni/ml (7). Questi studi però sono limitati soprattutto dalla scelta del gruppo di controllo. Infatti, il gruppo di controllo per i valori di riferimento degli ormoni riproduttivi può essere teoricamente scelto tra una popolazione di soggetti fertili e/o una popolazione di soggetti normozoospermici. È ben noto che la fertilità non è sinonimo di normozoospermia, essendoci soggetti normozoospermici infertili e soggetti fertili pur in presenza di alterazioni seminali. È altrettanto ovvio che unalterazione seminale, pur in presenza di un normale stato di fertilità, può rappresentare una patologia testicolare o delle vie riproduttive. Pertanto, i valori di riferimento per gli ormoni riproduttivi possono anche essere determinati su popolazioni di soggetti normozoospermici e azoo-oligozoospermici a fertilità ignota, se lo scopo è quello di identificare i range di normalità della funzione testicolare. Il confronto invece di una popolazione fertile con una popolazione infertile senza conoscenza della produzione spermatica darà informazioni sui livelli 56 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH di normalità solo per il parametro fertilità, ma questo, in analogia con quanto avviene per la definizione dei livelli di riferimento di tutti gli ormoni, non è concettualmente corretto. Al contrario, il confronto di una popolazione sana di soggetti fertili e normozoospermici rispetto ad una popolazione di soggetti infertili azoo-oligozoospermici darà informazioni sui livelli di normalità per i parametri fertilità e patologia del sistema riproduttivo. È stata pubblicato solamente uno studio dove il problema è stato affrontato confrontando livelli di FSH dei soggetti azoo-oligozoospermici idiopatici con controlli fertili con concentrazione di spermatozoi > 20 milioni /mL o controlli sani della popolazione generale a concentrazione seminale e fertilità ignota (8). In questo studio i livelli di FSH sono risultati significativamente più elevati negli infertili (mediana 7.98 IU/L) rispetto ai soggetti fertili (mediana 3.05 IU/L) e ai soggetti della popolazione generale (mediana 3.64 UI/L). Tuttavia, solo il 50.5% dei soggetti infertili ha livelli di FSH superiori al 97.5 percentile dei soggetti fertili. Pertanto, emerge chiaramente come i livelli di FSH non siano discriminanti e predittivi di danno tubulare. Emerge altresì che i livelli di riferimento considerati normali devono essere aggiustati. A tal fine gli Autori hanno calcolato i livelli di cut-off di FSH che meglio discriminano i soggetti fertili dagli infertili. Prendendo arbitrariamente un valore che dava il 95% di specificità per i soggetti fertili (rischio del 5% di avere un risultato falsamente positivo), il cut-off per lFSH è risultato 6.86 IU/L. Con tale valore però la sensibilità (probabilità di diagnosticare correttamente come infertili i soggetti con FSH >6.86 UI/L) risulta del 57%. Unanalisi più attenta dei dati dimostra come, nei soggetti infertili idiopatici, a normali livelli di FSH si possano associare normali o bassi livelli di inibina B e come, daltra parte, ad elevati livelli di FSH si possano associare anche normali livelli di inibina B. Pertanto, sebbene sia chiaro che i livelli di inibina B e FSH correlino con la concentrazione spermatica, nessuno dei due, sopratutto linibina B, può essere attualmente considerato marcatore sensibile e specifico di alterazione tubulare. Questi parametri ovviamente vanno inseriti in una valutazione clinica globale del soggetto infertile. Dal punto di vista del trattamento però il riscontro di normali livelli di FSH in soggetti con oligozoospermia idiopatica può suggerire un possibile approccio terapeutico con gonadotropine o FSH. Da questi studi risulta evidente che un valore di FSH entro i valori di riferimento non è sufficiente per escludere una patologia testicolare e che valori di riferimento ben codificati non sono ancora ben definiti. Inoltre, date le problematiche legate alla sensibilità di alcuni dei metodi disponibili per la misurazione di questo ormone, valori normali/bassi potrebbero avere una sovrapposizione con le forme centrali di ipogonadismo. Infatti il cut-off inferiore di FSH in grado di discriminare i soggetti normali dai soggetti con ipogonadismo ipogonadotropo non è ben stabilito. Una migliore definizione di precisi livelli di cut-off, sia verso lalto che il basso, è perciò necessaria e auspicabile su diverse popolazioni. SIGNIFICATO CLINICO DEL DOSAGGIO DELLFSH 57 MATERIALI E METODI Soggetti Abbiamo valutato 379 consecutivi soggetti con azoospermia non ostruttiva e oligozoospermia (concentrazione spermatica <20 milioni/mL) che si sono presentati al nostro centro negli ultimi 3 anni. Lunico criterio di esclusione era rappresentato dalla azoospermia ostruttiva, valutata mediante citologia testicolare per agoaspirazione. I soggetti inclusi sono stati valutati con almeno due esami standard del liquido seminale secondo i criteri WHO (9) condotti a tre mesi di distanza. Come popolazione di controllo abbiamo considerato 271 soggetti volontari tra i donatori di sangue del centro trasfusionale che presentavano una concentrazione di spermatozoi >20 milioni/mL. Lanalisi è stata quindi eseguita su un totale di 650 soggetti il cui stato di fertilità non era noto. In base alle caratteristiche seminali sono state individuate le seguenti categorie: 1. soggetti di controlli con concentrazione spermatica >20 milioni/mL (n: 271); 2. soggetti con concentrazione spermatica >5<20 milioni/mL (oligozoospermia moderata, n: 96); 3. soggetti con concentrazione spermatica >1<5 milioni/mL (oligozoospermia grave, n: 99); 4. soggetti con concentrazione spermatica <1 milioni/mL (criptozoospermia, n: 59); 5. soggetti con azoospermia non ostruttiva (n: 125). Letà media dei soggetti con azoo-oligozoospermia era 30.5+4.3, quella dei controlli 30.7+5.1. Dosaggio dellFSH In tutti i soggetti è stata misurata la concentrazione plasmatica di FSH mediante un prelievo eseguito tra le 8 e le 10 ed utilizzando una metodica elettrochemoilluminiscente (Elecsys FSH immunoassay, Roche Diagnostics, Mannheim, Germany) il cui range di normalità è riportato 1-14 UI/L. Il coefficiente di variazione interassay è < 6% e quello intra-assay è < 3%. Il limite di rilevamento è 0.2U/L. Analisi statistica I livelli di FSH nei diversi gruppi di soggetti sono riportati come media+DS della media. Il test t-di Student per dati non appaiati è stato utilizzato per verificare le differenze nei livelli di FSH tra i gruppi. La correlazione tra i livelli di FSH e concentrazione spermatica è stata effettuata mediante il coefficiente di correlazione di Spearman. Lanalisi receiving operating characteristic (ROC) è stata eseguita per valutare la sensibilità e specificità dei valori di FSH nel discriminare i soggetti azoo-oligozoospermici dai soggetti normozoospermici. La sensibilità è definita come la percentuale di soggetti azoo-oligozoospermici con valori di FSH superiori al valore di cut-off, mentre la specificità è definita come la percentuale di soggetti normozoospermici con valori di FSH inferiori al valore di cut-off. Sono stati 58 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH infine calcolati il valore predittivo positivo (percentuale di uomini in una popolazione con FSH superiore al cut-off che viene correttamente diagnosticato come azoo-oligozoospermico) ed il valore predittivo negativo (percentuale di uomini in una popolazione con FSH inferiore al cut-off che viene correttamente diagnosticato come normozoospermico), che sono in funzione della prevalenza delle alterazioni seminali nella popolazione. A questo scopo i valori predittivi sono stati calcolati per prevalenze di 0.05, 0.1 e 0.5. RISULTATI E DISCUSSIONE La concentrazione spermatica ed i livelli di FSH nei 650 soggetti analizzati correlano in modo inverso in modo significativo (Figura 1, P<0.001). 80 y= -0.07x + 11.41 70 R= -0.35 (95% CI: -0.29-0.42); p<0.001 60 FSH (UI/L) 50 40 30 20 10 0 0 50 100 150 200 250 300 350 Spermatozoi (mil/mL) Figura 1. Correlazione tra concentrazione di FSH plasmatico e concentrazione di spermatozoi nei 650 soggetti studiati. I livelli plasmatici di FSH riscontrati nei diversi gruppi di soggetti sono riportati in tabella 1. I soggetti con concentrazione spermatica >20 milioni/mL hanno valori di FSH di 4.0+2.0 UI/L, con un range 0.5-14.0 UI/L. I livelli plasmatici di FSH nei soggetti con azoo-oligozoospermia sono significativamente più elevati (12.9+11.4 UI/L, P<0.0001). Tutte le categorie di soggetti con azoooligozoospermia hanno livelli plasmatici di FSH significativamente più elevati SIGNIFICATO CLINICO DEL DOSAGGIO DELLFSH 59 rispetto al gruppo di controllo normozoospermico (P<0.0001). Le concentrazioni di FSH nelle diverse categorie di soggetti oligozoospermici sono significativamente diverse tra di loro. Si nota tuttavia come i range di FSH siano altamente sovrapponibili tra le diverse categorie di soggetti con azoooligozoospermia e rispetto ai soggetti normozoospermici, così come evidente anche dalla figura 2. Tabella 1. Risultati dellanalisi di 271 soggetti normozoospermici della popolazione generale e 379 soggetti con diversi gradi di alterazione seminale. Categoria >20 mil/mL >5<20 mil/mL >1<5 mil/mL <1 mil/mL Azoo non ostruttivi Tot. azoo-oligo n 271 96 99 59 125 379 Concentrazione spermatozoi (mil/mL) 73.8+52.1 9.5+4.1 2.8+1.2 0.4+0.2 0 3.4+4.5 FSH (UI/L) * 4.0+2.0 6.6+3.9# 7.7+5.1§ 13.5+9.6^ 21.8+13.7° 12.9+11.4 FSH Range (UI/L) 0.5-14.0 0.7-17.1 0.9-26.8 1.3-50.0 4.9-71.0 0.7-71.0 * P<0.0001 vs tutte le categorie di azoo-oligozoospermici P<0.05 vs infertili >1<5 mil/mL e P<0.0001 vs le altre categorie di azoo-oligozoospermici P<0.05 vs infertili >5<20 mil/mL e P<0.0001 vs le altre categorie di azoo-oligozoospermici ^ P<0.0001 vs tutte le categorie di azoo-oligozoospermici ° P<0.0001 vs tutte le categorie di azoo-oligozoospermici # § Il valori mediano di FSH nei soggetti normozoospermici è 3.6 UI/L, il 5 percentile è 1.5 e il 95 percentile 7.7 (Figura 2). Solo lo 0.7% dei soggetti normozoospermici ha livelli di FSH <1.0 UI/L. Solo lo 0.5% dei soggetti azoooligozoospermici ha valori di FSH <1.0 UI/L, e solo il 2.1% ha livelli di FSH <1.5 UI/L. In particolare solo 1 soggetto con criptozoospermia e nessuno dei soggetti con azoospermia non ostruttiva ha FSH <1.5 UI/L e solo 7/195 (3.6%) soggetti con concentrazione spermatica 1-20 milioni/mL ha FSH <1.5UI/L. Il 59.2% dei soggetti azoo-oligozoospermici ha valori di FSH oltre il 95 percentile dei soggetti normozoospermici. Ciò significa che il 40.8% dei soggetti azoooligozoospermici ha valori di FSH compresi nel 5-95 percentile dei soggetti normozoospermici. Il 91% dei soggetti con azoospermia non ostruttiva, il 70% dei soggetti con concentrazione spermatica >5<20 milioni/mL, il 43% dei soggetti con concentrazione spermatica >1<5 milioni/mL e il 30% dei soggetti con concentrazione spermatica <1 milioni/mL ha livelli di FSH >95 percentile dei soggetti normali (7.7 UI/L). 60 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH 50 FSH (UI/L) 40 30 20 10 0 a >20 mil/mL (n:271) b >5<20 mil/mL (n:96) c >1<5 mil/mL (n:99) d <1 mil/mL (n:59) e Azoo (n:125) Figura 2. Concentrazioni di FSH plasmatico nei 271 soggetti normozoospermici della popolazione generale e 379 soggetti con diversi gradi di alterazione seminale. Il grafico rappresenta la mediana e il 5-95 percentile. Lefficacia della misurazione delle concentrazioni di FSH nel discriminare tra soggetti normozoospermici e azoo-oligozoospermici è stata valutata mediante analisi della curva ROC nei soggetti normozoospermici, che valuta la percentuale di veri positivi e falsi positivi (Figura 3). 100 Sensibilità 80 60 40 20 0 0 Figura 3. Curva ROC. 20 40 60 100-Specificità 80 100 SIGNIFICATO CLINICO DEL DOSAGGIO DELLFSH 61 Larea sotto la curva (AUC) ROC è una misura dellefficienza di un marcatore di classificare correttamente i campioni del gruppo dei soggetti azoooligozoospermici e normozoospermici: più alta è larea, migliore è lefficienza. In questo caso lAUC è 0.83, che significa che lFSH è un discreto marcatore. Lanalisi ROC aiuta anche a definire i livelli di cut-off, che spesso sono un compromesso tra alta sensibilità e alta specificità. Lanalisi dei soggetti normozoospermici ha permesso di identificare un valore di FSH di 7.6 UI/L come quel valore che corrisponde ad una specificità del 95%. Ciò significa che il 95% dei soggetti normozoospermici ha valori di FSH <7.6 UI/L e viene correttamente classificato come normozoospermico, mentre il 5% dei soggetti normozoospermici ha valori di FSH >7.6 UI/L e viene quindi erroneamente classificato come azoooligozoospermico (falsi positivi) (tabella 2). A questo livello di cut-off corrisponde una sensibilità del 60%: ciò significa che il 60% dei soggetti azoo-oligozoospermici ha livelli di FSH >7.6 UI/L e viene correttamente classificato nel gruppo dei soggetti azoo-oligozoospermici, mentre il 40% ha valori di FSH <7.6 UI/L e viene erroneamente classificato come normozoospermico (falsi negativi). I corrispondenti valori di sensibilità per le diverse categorie di soggetti con azoooligozoospermia sono presentati in tabella 2. Da questa analisi si nota come la sensibilità sia molto diversa nei diversi gruppi, essendo ottima (91%) nei soggetti con azoospermia non ostruttiva, buona (68%) nei soggetti con criptozoospermia, ma solo discreta nei soggetti con oligozoospermia grave o moderata (44% e 29% rispettivamente). Tabella 2. Sensibilità dellFSH corrispondente ad una specificità del 95%. >20 mil/mL >5<20 mil/mL >1<5 mil/mL <1 mil/mL Azoo non ostruttivi Tot. azoo-oligo FSH <7.6 UI/L 95% (specificità) 71% (falsi negativi) 56% (falsi negativi) 32% (falsi negativi) 8% (falsi negativi) 40% (falsi negativi) FSH >7.6 UI/L 5% (falsi positivi) 29% (sensibilità) 44% (sensibilità) 68% (sensibilità) 91% (sensibilità) 60% (sensibilità) Al cut-off di FSH di 7.6 UI/L corrisponde un valore predittivo positivo (percentuale di uomini in una popolazione con FSH >7.6 UI/L che viene correttamente diagnosticato come azoo-oligozoospermico) ed un valore predittivo negativo (percentuale di uomini in una popolazione con FSH <7.6 UI/L che viene correttamente diagnosticato come normozoospermico), che sono in funzione della prevalenza delle alterazioni seminali nella popolazione. La tabella 3 mostra il valore predittivo positivo e negativo calcolato per prevalenze di 0.05, 0.1 e 0.5. Come si può notare il valore predittivo negativo è maggiore di quello positivo, a conferma che un valore normale di FSH (<7.6 UI/L) indica con buona probabilità una situazione di normozoospermia, mentre un valore patologico di FSH (>7.6 UI/L) non discrimina in modo adeguato tra la normozoospermia e la azoooligozoospermia. 62 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Tabella 3. Valore predittivo positivo e negativo di concentrazioni di FSH oltre il cut-off di 7.6 UI/L come marker di azoo-oligozoospermia a seconda della prevalenza delle alterazioni seminali in diverse popolazioni. FSH >7.6 UI/L Valore predittivo positivo (%) Prev. 0.05 Prev. 0.1 Prev. 0.5 38.0 56.4 92.1 Valore predittivo negativo (%) Prev. 0.05 Prev. 0.1 Prev. 0.5 97.8 95.5 70.4 Da questi dati emergono diverse considerazioni tecniche e cliniche. I risultati ottenuti dal nostro studio sono molto simili in termini di sensibilità, specificità e valori predittivi al lavoro di Andersson et al. (8) eseguito su soggetti fertili e infertili idiopatici. Nel nostro caso, valutando la concentrazione spermatica come variabile abbiamo ottenuto un valore di cut-off di FSH di 7.6 UI/L, nel lavoro delle Andersson tale cut-off è 6.86 UI/L. Questa differenza può essere dovuta a due fattori principali: la diversa metodica utilizzata (elettrochemoilluminescenza nel nostro studio, immunofluorimetrico nello studio di Andersson) o i diversi gruppi di soggetti in esame (infertili idiopatici azoo-oligozoospermici vs fertili normozoospermici nello studio di Andersson, normozoospermici a fertilità ignota vs azoo-oligozoospermici a fertilità ignota nel nostro studio). La problematica delle diverse tecniche di dosaggio dellFSH è un argomento estremamente importante che non è stato ancora chiarito completamente. È auspicabile comunque che i diversi laboratori utilizzino tecniche similari e con medesima sensibilità. Ciò soprattutto in relazione alla definizione dei cut-off di normalità. Sia il 6.86 UI/L della Andersson che il 7.6 UI/L del nostro studio sono proprio nella fascia di valori in cui i diversi sistemi di dosaggio riscontrano i maggiori problemi e in cui i dati sono più variabili a seconda della metodica utilizzata. È comunque evidente che i range di normalità attualmente riportati dai vari laboratori devono essere riconsiderati. Dai nostri dati e con questa metodica di dosaggio un range 1.5-7.6 UI/L potrebbe essere adeguato. Il cut-off di 7.6 UI/L permette di identificare molto bene i soggetti normozoospermici e quelli con criptozoospermia o azoospermia non ostruttiva, mentre ha una sensibilità mediocre nellidentificare i soggetti con una oligozoospermia moderata. È da notare comunque che in ogni caso è migliore il valore predittivo negativo rispetto a quello positivo, cioè un valore normale di FSH (<7.6 UI/L) ha una buona capacità di identificare un soggetto come normozoospermico. Viceversa, il riscontro di valori elevati di FSH (>7.6 UI/L) ha una capacità di identificare un soggetto come azoooligozoospermico del 60%. Ulteriori studi sono necessari per chiarire la patogenesi dellinfertilità o delle alterazioni seminali nei casi con FSH normale/basso, condizione che può essere definita come ipogonadismo ipogonadotropo funzionale, che si può associare a valori di inibina bassi o normali, come dimostrato dallo studio della Andersson (8). SIGNIFICATO CLINICO DEL DOSAGGIO DELLFSH 63 BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Mabeck et al. Fecundability according to male serum inhibin B-a prospective study among first pregnancy planners. Hum Reprod 2005; 20:2909-2915. Uhler et al. Relationship between sperm characteristics and hormonal parameters in normal couples. Fertil Steril 2003; 79 Suppl 3:1535-1542. Pierik et al. Inhibin B: a novel marker of spermatogenesis. Ann Med 2003; 35:1220. Jensen TK, et al. 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Cambridge University Press, Cambridge, UK. Razionale per il trattamento dellinfertilità maschile con FSH A.A. SINISI, D. ESPOSITO, G. BELLASTELLA, L. MAIONE, T. URRARO, A. BELLASTELLA Cattedra di Endocrinologia, Dipartimento Medico Chirurgico di Internistica Clinica e Sperimentale F. Magrassi-A. Lanzara, Seconda Università di Napoli La conoscenza del disordine responsabile della condizione di infertilità e la disponibilità di strumenti terapeutici adeguati rappresentano le premesse indispensabili per un corretto e razionale trattamento dellinfertilità maschile. In un 25% dei casi vi è alla base dellinfertilità unalterazione suscettibile di una correzione medica o chirurgica. In questo gruppo rientrano i disordini endocrini ed in particolare i difetti della secrezione di gonadotropine, la cui prevalenza oscilla tra lo 0.6% e l8.9% tra le cause di infertilità (1, 2). Il deficit della stimolazione gonadotropinica del testicolo è responsabile dellassenza di spermatogenesi in questo tipo di pazienti, nei quali la somministrazione di preparati ad azione LH- e FSH-simile può avviare la maturazione tubulare e portare a comparsa di spermatozoi nelleiaculato. Luso delle gonadotropine pertanto ha un razionale nella terapia sostitutiva dellipogonadismo ipogonadotropo, ma ha trovato e trova applicazioni anche in alcune forme di infertilità maschile normogonadotropa. Limportanza dellazione gonadotropinica sulla spermatogenesi è nota da tempo, ma sono ancora discussi i meccanismi di azione ed il ruolo relativo delle due gonadotropine nellavvio della spermatogenesi, limportanza dellFSH nel mantenimento o nel ripristino della spermatogenesi o nella regolazione del numero e della capacità fecondante degli spermatozoi (3). Una loro più approfondita conoscenza può offrire nuove possibilità di utilizzo dellFSH per il trattamento dellinfertilità maschile. RUOLO DELLFSH NELLA REGOLAZIONE DELLA SPERMATOGENESI FSH e funzione tubulare La spermatogenesi è un processo che si avvia in coincidenza della pubertà, che è caratterizzata dallincremento della secrezione di gonadotropine e del testosterone (T) e, sul piano clinico, dalla crescita del volume testicolare, dallo sviluppo dei genitali e dei caratteri sessuali verso stadi maturativi tipici delladulto. I cambiamenti puberali delle secrezioni dellasse ipotalamo-ipofisi-testicolo sono fondamentali nellavviare la spermatogenesi, ma sono ancora discussi il relativo ruolo delle due gonadotropine e del T (3). Vi sono una serie di problemi che 66 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH rendono difficoltoso lo studio di questi effetti come ad esempio limpossibilità di avere modelli attendibili in cui siano separate le azioni del T da quelle dellFSH, il diverso ruolo che questi ormoni hanno nelle specie utilizzate (ratto, primati, uomo), i differenti metodi di valutazione della spermatogenesi e della capacità fecondante. Questi limiti vanno tenuti presenti, quando si discute degli aspetti tuttora controversi sul ruolo dellFSH sulla spermatogenesi ed in particolare sulla possibile estensione delluso dellFSH nel trattamento dellinfertilità maschile da oligozoospermia idiopatica. Lattività del testicolo è regolata delle due gonadotropine, LH e FSH, secrete dallipofisi sotto il controllo dellLHRH, ormone rilasciato in maniera pulsatile dallipotalamo. Sono oggi ben definiti i meccanismi che regolano la differenziazione delle cellule gonadotrope e la sintesi delle gonadotropine. Le mutazioni di geni che regolano la migrazione dei neuroni ipotalamici LHRH produttori, che codificano per il recettore dellLHRH o per le subunità betaspecifiche delle gonadotropine sono responsabili di compromissione dello sviluppo e della funzionalità testicolare (4). Nel tubulo seminifero il processo di gametogenesi parte dalla moltiplicazione e differenziazione delle cellule goniali, si amplifica attraverso la divisione mitotica e meiotica degli spermatociti e procede attraverso la differenziazione in spermatidi fino alla liberazione di spermatozoi nel lume tubulare (spermiogenesi). Nei primati e nelluomo A gli spermatogoni di tipo A chiaro (Ap) rappresentano la popolazione staminale che si divide rinnovando la propria riserva testicolare e si differenzia in goni B, che a loro volta possono andare incontro al processo differenziativo in spermatociti. Nel ratto ogni sezione tubulare mostra un singolo ordinato arrangiamento delle cellule tubulari associate in stadi ben definiti, mentre nelluomo le associazioni tra cellule tubulari in sviluppo si distribuiscono lungo il tubulo in maniera elicoidale e ,quindi, in una sezione trasversa si trovano cellule di differenti stadi, fino a sei per sezione. Tale particolarità morfo-funzionale rende ragione della difficoltà di correlare gli aspetti quantitativi e molecolari della spermatogenesi con gli effetti delle gonadotropine nelluomo rispetto ai roditori. La maturazione delle cellule germinali avviene nel tubulo seminifero in presenza di FSH e di un alto livello intratesticolare di T, prodotto dalle cellule di Leydig sotto leffetto dellLH (5, 6). Lazione del T si esercita tramite il suo specifico recettore, (AR) sulle cellule somatiche testicolari ed in particolare le cellule di Sertoli e le cellule peritubulari. LFSH agisce attraverso recettori di membrana accoppiati alle G-protein, espressi sulle cellule di Sertoli. La cellula di Sertoli pertanto svolge un ruolo chiave quale bersaglio dellazione ormonale e si interpone tra ambiente tubulare e barriera ematotesticolare. Infatti il numero di queste cellule insieme a quello dei goni staminali Ap presenti alla pubertà nel tubulo sembra critico per la capacità spermatogenetica del testicolo. Le due gonadotropine stimolano la moltiplicazione delle cellule di Sertoli alla pubertà, ma possono avere anche un effetto sullo sviluppo della popolazione di goni Ap (5, 6). Nei ratti e nelle scimmie rese ipogonadiche con immunizzazione anti-FSH o con antagonisti del GnRH il numero degli spermatogoni B è ridotto a meno del 10% rispetto ai controlli; negli uomini RAZIONALE PER IL TRATTAMENTO DELLINFERTILITÀ MASCHILE 67 sottoposti a trattamento contraccettivo con testosterone enantato si osserva una riduzione dei goni della stessa entità (5-8). Lazione delle due gonadotropine sembra condizionare la maturazione ed il patrimonio testicolare di cellule di Sertoli e di cellule germinali staminali, ma rimane controverso se lFSH non sia del tutto indispensabile per lavvio della spermatogenesi nelluomo. Avvio e mantenimento della spermatogenesi, regolazione del numero di spermatozoi Una serie di evidenze cliniche nellipogonadismo suggeriscono che lFSH è necessario insieme al T per avviare la spermatogenesi, anche se in assenza dellFSH vi può essere unattività spermatogenetica minimale (9, 10). Il T da solo può attivare la maturazione spermatica: nella scimmia macaco giovane la somministrazione di T per tre mesi stimola la comparsa di spermatociti primari, negli stessi primati in età prepubere il T somministrato per 12 mesi può portare a comparsa di spermatogenesi (11, 12). La somministrazione di solo hCG/LH agli ipogonadici prepuberi determina un incremento dei livelli plasmatici ed intratesticolari del T e porta in casi sporadici alla comparsa di spermatozoi maturi nelleiaculato (3). Lo stesso si riscontra nei soggetti con mutazione attivante dellLH-recettore (13). La somministrazione di solo FSH aumenta il diametro del tubulo ed il numero delle cellule del Sertoli, ma non porta ad un incremento dei livelli plasmatici (ed intratesticolari di T) né alla progressione della spermatogenesi. Nei soggetti con ipogonadismo acquisito in età adulta, la spermatogenesi si interrompe per il venire meno della stimolazione gonadotropinica, può essere ripristinata dalla somministrazione di solo hCG, ma è necessario aggiungere la gonadotropina FSH per ottenere una conta spermatica normale nelleiaculato. Nellipogonadismo ipogonadotropo ad insorgenza prepuberale la produzione spermatica, una volta che sia stata avviata dalla cosomministrazione di LH e FSH, può essere mantenuta seppure a livelli ridotti dal trattamento continuo con solo hCG, mentre non è mantenuta dal solo FSH. Infine, levidenza nei soggetti con alterazione dei geni che codificano per il recettore dellFSH di una produzione variabile di spermatozoi, ma mai dellazoospermia, è a favore dellipotesi che FSH svolga un ruolo nel mantenere livelli quantitativamente normali dellattività spermatogenetica ma non sia indispensabile per la maturazione basale delle cellule germinali nelluomo (14). In contraddizione nei soggetti con mutazione del gene che codifica per la subunità beta dellFSH si ha azoospermia (15). Questa apparente paradosso può essere spiegato dal fatto che il deficit recettoriale possa essere incompleto o che lassenza totale dellFSH, come si ha nella mutazione della subunità beta, comprometta lo sviluppo del testicolo ed in particolare la moltiplicazione e la maturazione delle cellule del Sertoli e delle cellule germinali staminali in una fase critica dello sviluppo (6). LFSH ha un ruolo nella maturazione meiotica e postmeiotica delle cellule germinali. La maturazione da spermatocita a spermatide e spermatozoo è regolato dai livelli circolanti di FSH e questi a loro volta sono correlati alla concentrazione 68 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH di spermatozoi e di inibina B (16). Il numero delle cellule postmeiotiche è controllato inoltre dalla morte spontanea o apoptosi. Sia lFSH che gli steroidi sessuali (T, estrogeni) hanno un ruolo protettivo sull apoptosi spontanea delle cellule germinali nel ratto e nel testicolo umano in vitro, ma tale fenomeno non sembra avere un ruolo importante nel controllo della spermatogenesi almeno nei primati (5, 17). Infatti, studi stereologici nelluomo e nelle scimmie hanno dimostrato che lablazione dello stimolo gonadotropo non compromette la progressione degli spermatociti attraverso la meiosi e la differenziazione in spermatidi (5). Labolizione delle gonadotropine non sembra associata nelluomo (e nelle scimmie) ad una riduzione del numero di spermatidi rotondi alle cellule del Sertoli con aumento della loro esfoliazione nel lume tubulare. Infatti negli uomini resi ipogonadotropi non vi è un aumento di spermatidi rotondi nelleiaculato (17). Uno stadio che appare fortemente compromesso dallinterruzione dello stimolo gonadotropo è la spermiazione o rilascio di spermatidi maturi nel lume tubulare (5, 8, 16). Negli uomini sottoposti a regimi contraccettivi con androgeni e nei primati resi ipogonadici si ha una forte discrepanza tra spermatidi tubulari, trattenuti nelle cellule del Sertoli, e conta spermatica. La correlazione inversa suggerisce che il processo di spermiazione è molto compromesso e gli spermatidi maturi non rilasciati nel tubulo sono fagocitati dalle cellule del Sertoli. Pertanto la soppressione della spermiazione insieme al blocco della maturazione dei goni sono i principali stadi della spermatogenesi compromessi dalla mancanza dello stimolo gonadotropo, che portano alla azoospermia. Nel loro complesso i dati sperimentali nei primati e nel modello ipogonadico umano indicano che lFSH può non essere richiesto per lavvio ed il mantenimento della spermatogenesi, ma la cooperazione delle due gonadotropine è indispensabile perché il processo sia portato a livelli massimali. LFSH amplifica lo stimolo del T intratesticolare sulla attività tubulare condizionando quantitativamente la spermatogenesi ed, in definitiva, il numero degli spermatozoi nelleiaculato. FSH e qualità degli spermatozoi La capacità fecondante degli spermatozoi è condizionata non solo dal numero ma anche da alcuni aspetti funzionali come la motilità, la morfologia e lultrastruttura, la composizione dellacrosoma e lattività acrosinica, la condensazione della cromatina, la ploidia. Limportanza di queste caratteristiche funzionali è sottolineata dal fatto che il successo della fertilizzazione non è correlato agli aspetti quantitativi della spermatogenesi. Gli effetti dellFSH sulle funzioni degli spermatozoi sono stati scarsamente indagati, ma vi sono alcuni dati interessanti. È ben noto che gli ipogonadici trattati con gonadotropine riescono a fecondare anche con basse concentrazioni di spermatozoi, tanto che la minima concentrazione spermatica correlata ad una buona capacità fertilizzante in questi soggetti viene stabilita in 1.5 mil/mL (18). Questo suggerisce che le gonadotropine esogene, e lFSH in particolare, potrebbero condizionare alcuni aspetti funzionali RAZIONALE PER IL TRATTAMENTO DELLINFERTILITÀ MASCHILE 69 che rendono particolarmente efficaci in senso fertilizzante questi gameti. Labolizione dello stimolo con FSH mediante immunizzazione attiva di scimmie ed uomini è associata con dei cambiamenti dellintegrità della cromatina spermatica e della composizione glicoproteica dellacrosoma (19). Nelle scimmie è stato documentato un deficit dellacrosina che potrebbe spiegare la riduzione delle gravidanze in questi primati, dato che lacrosina è importante nel processo di penetrazione degli spermatozoi nelloocita (20). Altri dati significativi per un effetto dellFSH sulla qualità spermatica derivano dagli studi che riportano modifiche ultrastutturali e della condensazione della cromatina negli spermatozoi di soggetti oligospermici candidati alla fertilizzazione assistita e trattati con FSH, che potrebbero essere in relazione con un aumento del potere fertilizzante in vitro (21-24). FSH ED INFERTILITÀ MASCHILE Terapia dellipogonadismo ipogonadotropo Nellipogonadismo secondario è possibile indurre la spermatogenesi con la somministrazione di gonadotropine esogene o attivando quelle endogene con la somministrazione di Gn-RH pulsatile (25, 26). LLH viene somministrato come gonadotropina corionica umana (hCG) di origine estrattiva, altamente purificata, lFSH come preparati derivati dalle urine menopausali (hMG), preparati altamente purificati (FSH-HP) e preparati ottenuti con la tecnologia del DNA ricombinante (FSHr) . Una buona risposta con solo hCG si ha nelle forme parziali, nella sindrome delleunuco fertile, nellipogonadismo ipogonadotropo ad insorgenza in età adulta o in ipogonadismo secondari ad insorgenza prepuberale precedentemente trattati con gonadotropine (17, 27). Se non compaiono spermatozoi nel liquido seminale o se la conta spermatica non aumenta va aggiunto lFSH. La somministrazione dellrFSH, alfa e beta-follitropina, pur in casistiche molto limitate, è risultata efficace (28-32). LFSHr presenta una serie di vantaggi come, una minore variabilità inter-batch, che ne assicura la costanza e ripetibilità degli effetti, lassenza di proteine e contaminanti estranei, nonché di agenti potenzialmente infettivi (33, 34). La dose di FSH è in genere 75-150 UI per due o tre volte la settimana. Bisogna tenere presente che difficilmente si ottiene una conta spermatica normale negli ipogonadismi ipogonadotropi, soprattutto se ad insorgenza prepuberale, ma la maggior parte di questi soggetti molto spesso è fertile, pur in presenza di una bassa conta spermatica (2-10 milioni). La risposta non è influenzata da precedenti trattamenti con androgeni, né dalletà dinsorgenza dellipogonadismo (9, 17). La presenza di criptorchidismo può influire sui risultati, sia in termini di tempo per ottenere la fertilità sia in termini di entità della risposta spermatogenetica (17). 70 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH FSH nella nellinfertilità maschile idiopatica Poiché lFSH ha un ruolo chiave nella spermatogenesi ci si è sforzati di cercare eventuali alterazioni della funzione di questo ormone nei soggetti con infertilità idiopatica, che copre circa il 30% dei casi di infertilità maschile osservati in centri specialistici della riproduzione (1, 2). Tale condizione si associa di solito ad oligozoospermia, ad alterazioni della motilità e della morfologia degli spermatozoi. Una serie di studi ha preso in esame la bioattività delle molecole di FSH secrete negli infertili o potenziali mutazioni del suo recettore senza trovare anomalie sia nelluno che nellaltro settore (rev. in 35). Salvo le segnalazioni rimaste tuttora limitate di casi da parte del gruppo finlandese, non sono state descritte alterazioni dei geni che codificano per il recettore dellFSH o la beta subunità (14, 17, 36). Sono stati trovati dei polimorfismi del gene del recettore dellFSH, ma gli studi funzionali ed epidemiologici non hanno assegnato a tali cambiamenti un significato fisiopatologico (35, 36). Lefficacia delle gonadotropine nellinduzione della spermatogenesi e nel raggiungimento di gravidanze in soggetti maschi con ipogonadismo ipogonadotropo ha giustificato lutilizzo delle gonadotropine e dellFSH nel tentativo empirico di migliorare la spermatogenesi anche in soggetti normogonadotropi con alterazioni della fertilità su base idiopatica. Una serie di studi non controllati su casistiche di pazienti trattati con FSH hanno segnalato un miglioramento significativo della quota di fertilizzazione e di gravidanze e dei parametri spermatici convenzionali (38, 39). Sebbene una vecchia meta analisi di trials controllati ha mostrato una odds ratio di 1.45 (95% CI 0.78-2.70), indicativa di assenza di effetti benefici significativi (40), una serie di studi in cui è stato utilizzato FSHr hanno dimostrato un miglioramento della conta spermatica , della morfologia e della pregnancy rate sia spontanea che in corso di PMA (21-24, 4143). Una nuova metanalisi che ha valutato studi controllati ha portato alla conclusione che le gonadotropine in paragone al placebo mostrano una significativa più elevata pregnancy rate (44). Le azioni benefiche dellFSH sebbene non dimostrate in maniera convincente devono comunque essere prese in considerazione. Effetti come modifiche del volume testicolare e della condensazione del DNA spermatico, indice delleffetto dellFSH sulla spermatogenesi e sulla maturazione spermatica, costituiscono un valido motivo per ulteriori studi sulla potenziale applicazione di questa gonadotropina nellinfertilità maschile soprattutto in soggetti candidati alla PMA. RAZIONALE PER IL TRATTAMENTO DELLINFERTILITÀ MASCHILE 71 BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. Comhaire F.H. et al. Towards more objectivity in diagnosis and management of male infertility. Int. J Androl (Suppl ) 1987; 7,1. Nieschlag E. Classification of andrological disorders. 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FERLIN Cattedra di Patologia Clinica, Centro di Crioconservazione dei Gameti Maschili, Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche, Università di Padova INTRODUZIONE FSH e LH svolgono nel maschio una azione sinergica per lo sviluppo e il mantenimento di una adeguata funzione testicolare (1, 2). In particolare è noto che lFSH in epoca fetale e neonatale attiva la proliferazione delle cellule del Sertoli, successivamente nella fase puberale influenza lattività mitotica degli spermatogoni e favorisce il differenziamento cellulare attraverso i processi meiotici, fino allo stadio di spermatici rotondi (3). Tuttavia anche alla luce di queste conoscenze, la fisiologica regolazione della spermatogenesi rimane ancor oggi un meccanismo non completamente chiarito (4). Infatti, mentre lazione dellFSH sul tessuto ovarico è stata ampiamente accettata dallaltro è ancora molto dibattuto il suo ruolo nellinduzione, nella regolazione e nel mantenimento dei processi spermatogenetici (4, 5). E noto che il trattamento con gonadotropine risulta molto efficace nellinduzione della spermatogenesi in soggetti affetti da ipogonadismo ipogonadotropo (6-10), portando spesso al ripristino di una normale spermatogenesi. Il successo ottenuto dal trattamento con FSH in questi soggetti ha spinto ad utilizzare la stessa terapia anche nel trattamento di soggetti infertili affetti da oligozoospermia, nel tentativo di stimolare la spermatogenesi e quindi di ottenere un incremento quantitativo degli spermatozoi. In letteratura vi sono tuttavia evidenze molto contrastanti. Infatti, nonostante molti autori abbiano negato lefficacia della terapia con FSH sui parametri seminali (11-15), altri studi hanno dimostrato che il trattamento è in grado di aumentare la concentrazione spermatica, la popolazione spermatogoniale e la percentuale di gravidanze in soggetti oligozoospermici con normali livelli di gonadotropine (12, 16-20). Inoltre, allanalisi con il microscopio elettronico è stato riportato un miglioramento delle caratteristiche ultrastrutturali della testa e dellacrosoma degli spermatozoi dopo terapia con FSH (16). Allo stesso modo, il trattamento si è rivelato efficace nel ridurre i fenomeni apoptotici negli spermatozoi, migliorando gli aspetti qualitativi a carico dellassonema, della cromatina e dellacrosoma (21). Tali risultati potrebbero giustificare laumentato tasso di fecondazione ovocitaria e laumento della percentuale di gravidanze, anche in assenza di miglioramento dei classici parametri seminali, riscontrate nelle coppie sottoposte a trattamenti di procreazione medicalmente assistita, nelle quali il partner era stato sottoposto a terapia con 76 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH FSH (11,12,22). Tuttavia, anche riguardo questi aspetti alcuni autori non hanno riportato differenze significative in termini di pregnancy rate tra soggetti trattati con FSH, soggetti trattati con placebo e soggetti non trattati (13, 15). Su questi ultimi lavori si era basata la Cochrane Review del 2000 sul trattamento dellinfertilità maschile con FSH, che concludeva sostenendo linefficacia di questa terapia sia in termini di miglioramento dei parametri seminali che in termini di percentuale di gravidanze. Le differenze che emergono analizzando i dati in letteratura possono essere in parte giustificate da vari fattori come ad esempio i criteri adottati nella selezione dei pazienti, linterpretazione dei parametri seminali, la posologia e la durata del trattamento. Unaltra considerazione importante merita leziopatogenesi del danno testicolare responsabile della ridotta concentrazione di spermatozoi nelleiaculato. Infatti, numerose possono essere le condizioni patologiche responsabili della oligozoospermia come varicocele, criptorchidismo, orchiti, traumi testicolari, cause genetiche e idiopatiche. Inoltre, la ridotta produzione spermatica può essere legata a differenti alterazioni testicolari quali la ipospermatogenesi e gli arresti maturativi a livello spermatogoniale, spermatocitico o spermatidico (23-25). Loligozoospermia rappresenta quindi la manifestazione clinica comune di alterazioni testicolari diverse, tuttavia il criterio più frequentemente utilizzato per la selezione dei pazienti da trattare con FSH è rappresentato solo dalla normalità dei livelli basali di gonadotropine mentre lefficacia del trattamento viene valutata esclusivamente analizzando la variazione delle concentrazioni spermatiche o in termini di pregnancy rate. NOSTRE ESPERIENZE NELLUTILIZZO DELLFSH NELLINFERTILITÀ MASCHILE Abbiamo realizzato numerosi studi allo scopo di verificare lefficacia del trattamento con FSH in soggetti oligozoospermici caratterizzati da alterazioni tubulari ben definite. Inoltre, abbiamo cercato di individuare parametri clinici in grado di discriminare i soggetti potenzialmente responsivi al trattamento con FSH e abbiamo utilizzato vari criteri oltre alla modificazione dei parametri seminali, per valutare lefficacia della terapia. A questo scopo, abbiamo introdotto lo studio della funzione tubulare eseguito mediante agoaspirazione e citologia testicolare (23-25), per la conoscenza della peculiare alterazione responsabile della ridotta produzione spermatica. Nel primo lavoro (26) abbiamo valutato lefficacia del trattamento con FSH altamente purificato (75 UI, i.m. a dì alterni per 3 mesi) in 60 pazienti oligozoospermici (con normali livelli di FSH) rispetto a 30 soggetti oligozoospermici e normogonadotropi trattati con placebo. Lanalisi seminale eseguita alla fine del trattamento (Fig. 1) ha permesso di distinguere un sottogruppo di soggetti che avevano almeno un raddoppio della concentrazione di spermatozoi (responders), solo tra i pazienti trattati con FSH (20 su 60). RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON FSH SUI PARAMETRI SEMINALI 77 Figura. 1. Concentrazione spermatica (mil/mL) osservata prima (barre chiare) e dopo (barre scure) trattamento con FSH nei 60 pazienti classificati come non responders (n = 40) e responders (n = 20). *P<0.05 vs pre-trattamento. La citologia testicolare eseguita prima del trattamento con FSH, nei soggetti non responders mostrava un quadro di ipospermatogenesi associato a turbe maturative a livello spermatidico (Tab. 1). Al contrario nei responders era presente un quadro di ipospermatogenesi con normale linea maturativa. Lanalisi citologica ripetuta dopo il trattamento con FSH, evidenziava in tutti i soggetti un incremento del numero di spermatogoni, spermatociti e spermatidi, tuttavia solo nei responders vi era una attivazione del processo spermiogenetico con conseguente incremento sia degli spermatozoi intratesticolari che della concentrazione spermatica. Tabella 1. Risultati della citologia testicolare ottenuta nei 60 soggetti (responders e non responders) prima e dopo trattamento con FSH. *P<0.01, P<0.05 e P<0.001 vs pre-trattamento. 78 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH I risultati di questo primo studio ci hanno portato concludere che la scelta del trattamento con FSH non dovrebbe mai prescindere dalla conoscenza della specifica alterazione tubulare che ha indotto la oligozoospermia. In particolare, nei soggetti affetti da oligozoospermia idiopatica con normali livelli di gonadotropine, la terapia con FSH altamente purificato è in grado di stimolare la funzione tubulare portando in tutti i pazienti un incremento della popolazione di spermatogoni. Tuttavia, solamente nei casi in cui loligozoospermia è riconducibile ad una ipospermatogenesi senza alterazioni maturative della linea germinale, vi è un contemporaneo aumento significativo della concentrazione di spermatozoi eiaculati. Invece, in presenza di una ipospermatogenesi con disturbi della differenziazione spermatidica, si verifica un incremento della percentuale di spermatociti e spermatidi, amplificando così ulteriormente le difficoltà maturative a carico delle fasi finali della spermatogenesi, senza portare ad un incremento significativo delle concentrazioni spermatiche. Nello studio successivo (27), abbiamo valutato leffetto della terapia con FSH altamente purificato in soggetti oligozoospermici affetti da gradi più severi di testicolopatia, nei quali la patogenesi del danno testicolare, valutato mediante citologia testicolare, era riconducibile a cause di infertilità ben definite. In questo studio, la risposta testicolare al trattamento ormonale è stata valutata in base alle variazioni nella concentrazione di spermatozoi eiaculati e alle modificazioni dei livelli di inibina B, un noto marker della funzione tubulare. Inoltre utilizzando gli stessi criteri, abbiamo verificato se il trattamento con FSH a dosi maggiori fosse in grado di determinare risultati diversi. A questo scopo una popolazione di 135 soggetti oligozoospermici con ipospermatogenesi associata o meno a difetti maturativi, è stata suddivisa in 3 gruppi sulla base dei livelli di FSH e inibina B basali (gruppo A con normali livelli di entrambi gli ormoni; gruppo B con elevati livelli di FSH e normali livelli di inibina B; gruppo C con elevati livelli di FSH e livelli di inibina B patologici (Tab. 2). Tabella 2. Soggetti oligozoospermici suddivisi in base alle concentrazioni di FSH e inibina B. *P<0.01 vs gruppo A. Dei 135 pazienti oligozoospermici, 78 sono stati trattati con FSH alla dose di 75 UI a giorni alterni mentre gli altri 57 soggetti hanno ricevuto una dose di 75 UI tutti i giorni, per tre mesi. Alla fine del trattamento, solo nei soggetti del gruppo A e tra questi solo in quelli con ipospermatogenesi e assenza di turbe maturative, RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON FSH SUI PARAMETRI SEMINALI 79 era presente un significativo incremento della concentrazione di spermatozoi eiaculati. In questi soggetti, non si osservava alcuna differenza in termini di concentrazione spermatica tra i due diversi protocolli terapeutici (Fig. 2). FSH 75 UI a dì alterni (n = 47) Moderata Ipospermatogenesi + Parziale arresto spermatidico Concentrazione spermatica (mil/ml) FSH 75 UI tutti i giorni (n = 30) Moderata Ipospermatogenesi Basale FSH Figura 2. Effetti del trattamento a basse e alte dosi di FSH sulle concentrazioni spermatiche nei pazienti oligozoospermici del gruppo A. *P<0.01 vs basale. Nei restanti pazienti del gruppo A con ipospermatogenesi associata a turbe maturative, e in tutti i soggetti dei gruppi B e C non si è verificato alcun incremento significativo delle concentrazioni spermatiche. Quindi ancora una volta, la conoscenza dello stato dellepitelio seminifero sembra rappresentare lunica condizione in grado di predire il potenziale successo della terapia con FSH. Inoltre, gli elevati livelli basali di FSH indipendentemente dalle concentrazioni di inibina B, sembrano essere un fattore predittivo negativo per lefficacia del trattamento. Conferme a questi risultati provengono da un ulteriore studio (28), nel quale abbiamo verificato lefficacia del trattamento con FSH ricombinante (r-hFSH), in un gruppo ben selezionato di 45 soggetti con caratteristiche tubulari, seminologiche e ormonali compatibili con quelle dei soggetti responsivi al trattamento con FSH altamente purificato. Abbiamo trattato con r-hFSH 30 pazienti oligozoospermici, con ipospermatogenesi non associata a turbe maturative e normali livelli di FSH. La metà dei pazienti ha ricevuto una dose di r-hFSH pari a 50 UI mentre gli altri 15 soggetti sono stati trattati con una dose di 100 UI, entrambi i gruppi a dì alterni per un periodo di 3 mesi. Inoltre, un gruppo di controllo costituito da 15 pazienti con le stesse caratteristiche cliniche non ha ricevuto alcun trattamento ed è stato seguito per lo stesso periodo di 3 mesi dal punto di vista delle caratteristiche seminali. Alla dose di 50 UI, il trattamento con FSH ricombinante ha indotto un incremento significativo delle concentrazioni spermatiche solo in 2 su 15 pazienti trattati. Risultati analoghi sono stati ottenuti nei 15 pazienti considerati come gruppo di controllo. Al contrario tra i soggetti 80 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH trattati con 100 UI, 11 su 15 hanno mostrato almeno un raddoppio delle concentrazioni spermatiche rispetto ai valori basali (Tab. 3). Tabella 3. Parametri seminali valutati prima e dopo trattamento con rh-FSH a differenti dosi. aP<0.05 vs pre-trattamento; bP<0.01 vs controlli. Inoltre, nei pazienti trattati con 100 UI la citologia testicolare eseguita dopo terapia, evidenziava un incremento significativo del numero di spermatogoni e spermatociti primari (Fig. 3). Tale incremento si accompagnava ad una diminuzione del lindice Sertoliano (rapporto tra cellule della spermatogenesi e cellule del Sertoli), a testimonianza di un aumento dellattività spermatogenetica intratesticolare. Figura 3. Quadri citologici testicolari. (A) Ipospermatogenesi come riscontrato prima del trattamento; il numero di cellule germinali è ridotto rispetto alle numero di cellule del Sertoli. (B) Dopo trattamento con r-hFSH è possibile riscontrare nello stesso soggetto un incremento nella popolazione di spermatogoni e spermatociti. Spg = spermatogoni; Spc = spermatociti; Spt = spermatidi; SC = cellule del Sertoli (colorazione con May Grünwald Giemsa, X 1,250 ingrandimenti. I risultati di questo studio dimostrano che il trattamento con r-hFSH alle dosi di 100 UI a giorni alterni per tre mesi, come precedentemente dimostrato con lutilizzo dellFSH altamente purificato, è i grado di incrementare la popolazione spermatogoniale e la produzione spermatica in pazienti affetti da RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON FSH SUI PARAMETRI SEMINALI 81 oligozoospermia idiopatica, con normali livelli plasmatici di FSH e inibina B e citologia testicolare caratterizzata da ipospermatogenesi senza alterazioni maturative. Per valutare lefficacia del trattamento con FSH in termini dei pregnancy rate nei pazienti da noi studiati, abbiamo seguito un gruppo di soggetti trattati con FSH ricombinante per un periodo di sei mesi dopo la sospensione della terapia. In questo studio (29) abbiamo valutato 112 pazienti oligozoospermici randomizzati in due gruppi: uno composto da 62 soggetti trattati con 100 UI di r-hFSH a giorni alterni per tre mesi e uno composto da 50 soggetti non trattati e seguiti come gruppo di controllo (Fig. 4). Tra i pazienti trattati vi erano soggetti che avevano risposto alla terapia farmacologica con almeno un raddoppio della concentrazione spermatica (responders, n = 30) e soggetti che non avevano ottenuto un miglioramento significativo dei parametri seminali (non-responders, n = 32). Nellarco dei tre mesi dalla sospensione della terapia, tra i soggetti trattati abbiamo registrato 5 gravidanze spontanee (16.7%), mentre tra i soggetti degli altri due gruppi abbiamo osservato rispettivamente una gravidanza nei non-responders (3.1%) e due nei non-trattati (4.0%). 82 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH PAZIENTI STUDIATI (112) Gruppo trattato (62) (r-hFSH100 UI a giorni alterni) Periodo di Trattamento 3 mesi Responders (30) Gruppo di controllo (50) (nessun trattamento) Non-responders (32) Periodo di Follow-up 3 mesi Gravidanze spontanee Non Gravidanze (25) Non Gravidanze (31) Periodo del Trattamento IVF 3 mesi P.R.C Non Gravidanze (48) Gravidanze dopo fecondazione assistita 36.7% (11/30) 21.9% (7/23) 24.0% (12/50) Figura 4. Descrizione e risultati dello studio: periodo di osservazione dopo trattamento (6 mesi), nei soggetti tattati (responders e non-responders) e nei soggetti di controllo. P.R.C.: pregnancy rate cumulativa; n.s.: non realizzabile. Nel gruppo dei soggetti responders, 15 pazienti hanno potuto intraprendere un programma di inseminazione intra-uterina che ha permesso di ottenere 3 gravidanze (20%) mentre gli altri 10 si sono sottoposti a un programma di fecondazione in vitro (FIVET) che ha portato a 3 gravidanze (30%). Nei soggetti degli altri due gruppi, in nessun caso è stato possibile procedere con cicli di inseminazione intra-uterina a causa dellalterazione dei parametri seminali. Pertanto, tutti i pazienti sono stati inviati a cicli di fecondazione assistita (FIVET/ ICSI) che hanno prodotto sei gravidanze nel gruppo dei soggetti non-responders RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON FSH SUI PARAMETRI SEMINALI 83 (6/31, 19.3%) e 10 nel gruppo dei soggetti non trattati (10/48, 20,8%). A sei mesi dalla sospensione del rattamento, i risultati in termini di pregnancy rate cumulativa erano: 36.7% nei soggetti responders, 21.9% nei non responders e 24.0% nei non trattati. Oltre alla più alta percentuale di gravidanze ottenute nei soggetti responsivi al trattamento con FSH, la terapia induceva anche un miglioramento dei parametri seminali. Inoltre, tale miglioramento permetteva agli stessi pazienti di accedere a tecniche di fecondazione assistita meno invasive, passando da tecniche FIVET ad inseminazione intra-uterina, o sfruttando la naturale capacità dello spermatozoo di fecondare mediante lutilizzo della FIVET invece dalla ICSI. Inoltre, da questi risultati emerge ancora una volta come la terapia con FSH sia in grado di aumentare la produzione di spermatozoi nei pazienti oligozoospermici con normali livelli plasmatici di FSH e alterazioni testicolari caratterizzate da riduzione della popolazione di cellule germinali non associata a anomalie maturative, indipendentemente dalla causa che ha indotto il danno tubulare. Anche sullanalisi di questi studi, si basano le conclusioni dellultima Cochrane Review del 2006 sullutilizzo delle gonadotropine nel trattamento dellinfertilità maschile (30). Da questa metanalisi emerge chiaramente che nei soggetti affetti da ipofertilità durante i tre mesi successivi al trattamento con FSH, vi è un significativo incremento della percentuale di gravidanze rispetto ai soggetti di controllo (FIG. 5). Figura 5. Cochrane Review (2006), sul trattamento dellipo- fertilità maschile con gonadotropine. 84 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Negli ultimi anni è stato dimostrato che nelle donne alcuni polimorfismi del gene recettore per lFSH (FSHR) sono in grado di influenzare i livelli circolanti di FSH e la sensibilità dello stesso recettore allormone (31-33). Al contrario, il significato di questi polimorfismi nelluomo è ancora poco chiaro (34-36). A questo scopo abbiamo realizzato un nuovo studio (37), per valutare il ruolo di tre polimorfismi del gene FSHR nellinfertilità maschile. Si tratta dei due polimorfismi presenti nellesone 10 al codone 307, con può portare una Treonina (T) o una Alanina (A) e al codone 680 che porta una Asparagina (N) o una Serina (S) la cui combinazione determina i seguenti genotipi: TN/TN, TN/AS e AS/AS. Inoltre un terzo polimorfismo è presente nella regione del promotore in posizione -29 che può presentare una A o una G. Sono stati studiati 150 maschi rappresentativi della popolazione generale, 107 soggetti con provata fertilità, 92 soggetti normozoospermici di controllo e 215 pazienti infertili classificati sulla base delle alterazioni seminali (38 affetti da azoospermia, 53 con oligozoospermia severa, 48 con oligozoospermia moderata e 76 con oligozoospermia lieve). Inoltre, nei pazienti infertili e nei soggetti normozoospermici di controllo sono stati misurati i livelli di gonadotropine. Lanalisi dei polimorfismi dellFSHR nellesone 10 da solo ed in combinazione con quelli alla posizione -29, ci ha permesso di escludere la presenza di differenze significative sia nella distribuzione dei genotipi (Tab. 4) che nella frequenza di varianti alleliche tra le varie categorie di soggetti (Tab. 5). Anche le concentrazioni plasmatiche di FSH e gli altri parametri andrologici non mostravano differenze significative tra i soggetti con differenti genotipi allinterno di ciascun. Tabella 4. Le combinazioni alleliche (genotipo) del gene FSHR e la distribuzione dei genotipi non mostrano differenze significative nei diversi gruppi di soggetti. Groups Genotype [% (n)] GTN/GTN ATN/ATN GAS/GAS AAS/AAS ATN/GTN GTN/GAS GTN/AAS or ATN/GAS AAS/GAS ATN/AAS General population (n = 152) 14.5 (22) 3.9 (6) 17.1 (26) 0.0 (0) 12.5 (19) 27.6 (42) 11.2 (17) 8.6 (13) 4.6 (7) Proven fathers (n = 107) 17.7 (19) 5.6 (6) 15.0 (16) 0.0 (0) 11.2 (12) 26.2 (28) 12. (13) 8.4 (9) 3.7 (4) Normozoosp. (n = 92) 17.4 (16) 2.2 (2) 10.9 (10) 0.0 (0) 13.0 (12) 26.1 (24) 17.4 (16) 10.9 (10) 2.2 (2) Azoosp. (n = 38) 26.3 (10) 0.0 (0) 13.2 (5) 0.0 (0) 10.5 (4) 31.6 (12) 10.5 (4) 7.9 (3) 0.0 (0) Severe oligozoosp. (n = 53) 17.0 (9) 3.8 (2) 5.7 (3) 1.9 (1) 15.1 (8) 34.0 (18) 13.2 (7) 9.4 (5) 0.0 (0) Moderate oligozoosp (n = 48) 18.8 (9) 6.2 (3) 12.5 (6) 0.0 (0) 12.5 (6) 20.3 (10) 20.8 (10) 6.2 (3) 2.1 (1) Slight oligozoosp. (n = 76) 15.8 (12) 5.3 (4) 11.8 (9) 0.0 (0) 10.5 (8) 30.3 (23) 7.9 (6) 11.4 (9) 6.6 (5) 18.6 (40) 4.2 (9) 10.7 (23) 0.5 (1) 12.1 (26) 29.3 (63) 12.6 (27) 9.3 (20) 2.8 (6) Tot. infertiles (n = 215) RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON FSH SUI PARAMETRI SEMINALI 85 Tabella 5. Le frequenze alleliche (aplotipi) osservate nei diversi gruppi di soggetti non mostrano differenze significative. Groups Haplotype [% (n)] ATN AAS GTN GAS Undecided General population (n = 304) 12.5 (38) 6.6 (20) 34.5 (105) 35.2 (107) 11.2 (34) Proven fathers (n = 214) 13.1 (28) 6.1 (13) 36.4 (78) 32.2 (69) 12.1 (26) Normozoosp. (n = 184) 9.8 (18) 6.5 (12) 37.0 (68) 29.3 (54) 17.4 (32) Azoosp. (n = 76) 5.3 (4) 3.9 (3) 47.4 (36) 32.9 (25) 10.5 (8) Severe oligozoosp. (n = 106) 11.3 (12) 6.6 (7) 41.5 (44) 27.4 (29) 13.2 (14) Moderate oligozoosp (n = 96) 13.5 (13) 4.2 (4) 35.4 (34) 26.0 (25) 20.8 (20) Slight oligozoosp. (n = 152) 13.8 (21) 9.2 (14) 36.2 (55) 32.9 (50) 7.9 (12) 11.6 (50) 5.8 (25) 40.2 (173) 29.3 (126) 13.0 (56) Total infertiles (n = 430) Tabella 6. I livelli plasmatici di FSH (media + DS) allinterno dei diversi genotipi non mostrano differenze significative tra i gruppi di soggetti. Groups FSH (IU/L) GTN/GTN ATN/ATN GAS/GAS AAS/AAS ATN/GTN GTN/GAS GTN/AAS or ATN/GAS AAS/GAS ATN/AAS total Normozoosp. (n = 92) 3.4 ± 1.8 2.7 ± 0.1 3.3 ± 1.2 - 3.9 ± 4.5 3.5 ± 2.4 3.8 ± 3.8 3.6 ± 2.1 2,9 ± 0,6 3,5 ± 2,7 Azoosp. (n = 38) 13.8 ± 5.0 - 15.4 ± 4.1 - 14.5 ± 9.4 20.2 ± 7.7 15.1 ± 8.3 23.5 ± 7.6 - 17,0 ± 7,2 Severe oligosp. (n = 53) 9.4 ± 6.1 18.5 ± 5.6 16.1 ± 17.6 6.3 10.5 ± 7.0 13.4 ± 7.9 16.0 ± 18.8 15.4 ± 8.6 - 13,0 ± 10,0 Moderate oligosp. (n = 48) 7.4 ± 2.7 6.6 ± 1.0 5.6 ± 1.9 - 5.8 ± 3.3 6.1 ± 4.6 8.4 ± 1.9 5.9 ± 2.2 5,4 6,7 ± 3,0 Slight oligosp. (n = 76) 4.9 ± 2.8 4.8 ± 3.4 5.2 ± 2.6 - 4.5 ± 2.8 4.3 ± 2.0 5.7 ± 2.6 6.6 ± 3.1 4,9 ± 1,4 5,0 ± 2,5 8.7 ± 5.3 8.5 ± 6.4 8.9 ± 7.7 6.3 8.2 ± 6.5 10.3 ± 8.4 10.8 ± 10.5 11.2 ± 8.3 5,0 ± 1,3 9,5 ± 7,7 Total infertiles(n = 215) Sembra pertanto che nella nostra popolazione i diversi genotipi dellFSHR non influenzino i livelli di ormone sia nei soggetti normali che nei pazienti infertili e non si associano ai diversi gradi di alterazione della spermatogenesi. In ultima analisi abbiamo valuto verificare se i diversi polimorfismi del gene recettore dellFSH fossero in grado di modificare la risposta individuale al trattamento con FSH. In questo studio abbiamo valutato 100 soggetti oligozoospermici (concentrazione di spermatozoi < 10 mil/ml), con normali livelli di FSH (< 8 U/L) e normali concentrazioni di inibina B (> 100 ng/L). In tutti i soggetti è stato realizzato lo studio di 2 polimorfismi del gene FSHR (codone 307 e 680 nellesone 10) e i loro parametri clinici sono riportati in tabella 7. 86 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Tabella 7. Parametri clinici nei 100 pazienti studiati. Sperm. Mil./ml Total sperm count FSH (U/L) LH (U/L) Test. (nmol/L) Inhibin B (ng/L) All Pt.ts n. 100 6,5±5.0 20.7±25.4 5.2±3.3 4.3±2.0 18.3±5.1 179,3±38,4 AS/AS n. 38 6.4±5.7 20.0±24.4 7,5±3.7 5.2±3.0 20.0±5.8 157,4±31,7 TN/TN n. 36 8.3±4,9 26.4±29.3 6.1±1.7 3.6±1.1 18.6±5.3 198±44,1 TN/AS n. 26 4.2±4.2 13.7±24.6 5.5±3.3 4.1 ± 1.4 15.8±3.4 197±21,2 I pazienti sono stati trattati con r-hFSH, 100 UI a giorni alterni per tre mesi e tutti i soggetto sono stati valutati ogni mese mediante esame del liquido seminale e dosaggio ormonale. I livelli di inibina B misurati prima, durante e alla fine del trattamento (Fig. 6) non mostravano variazioni significative rispetto ai valori basali sia considerando tutti i pazienti assieme sia dividendoli in base ai diversi genotipi e aplotipi. 350 300 250 200 15 0 10 0 50 0 B a s a le 3 mesi Figura 6. Livelli di Inibina B in tutti i soggetti assieme e divisi in base ai differenti genotipi. Tutti i dati: P>0.05; TN/TN: P > 0.05; AS/AS: P > 0.05; TN/AS: P > 0.05. Anche le concentrazioni spermatiche valutate prima, durante e alla fine del trattamento non hanno evidenziato variazioni significative rispetto ai valori basali sia considerando tutti i pazienti assieme sia dividendoli in base ai diversi genotipi. Tuttavia, isolando i soggetti che presentano laplotipo Ser680 e possibile mettere in evidenza un incremento significativo delle concentrazioni spermatiche (Fig. 7). RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON FSH SUI PARAMETRI SEMINALI 87 25 Sperm (mil/mL) 20 15 10 5 0 Basale 3 mesi Figura 7. Concentrazioni spermatiche riscontrate nei pazienti con aplotipo Ser 680, prima e dopo trattamento con r-hFSH. P=0.02. Al contrario, considerando come responders al trattamento solo i soggetti che presentavano almeno un raddoppio delle concentrazioni spermatiche, lanalisi dei diversi genotipi non evidenziava alcuna differenza significativa. Pertanto, ad oggi il ruolo dei polimorfismi del gene FSHR sembra ancora lontano dallessere del tutto chiarito, tuttavia in futuro lanalisi di questo gene potrebbe costituire un valido approccio farmacogenetico per il trattamento dellinfertilità maschile. In conclusione dalla nostra esperienza sul trattamento dellinfertilità maschile con FSH emergono le seguenti considerazioni: La scelta del trattamento con FSH non dovrebbe mai prescindere dalla conoscenza della specifica alterazione tubulare che ha indotto la oligozoospermia. In particolare, la terapia con FSH è in grado di stimolare la funzione tubulare portando in tutti i pazienti un incremento della popolazione di spermatogoni. Tuttavia, solamente nei casi in cui loligozoospermia è riconducibile ad una ipospermatogenesi senza alterazioni maturative della linea germinale, vi è un contemporaneo aumento significativo della concentrazione di spermatozoi eiaculati. Elevati livelli basali di FSH indipendentemente dalle concentrazioni di inibina B, sembrano essere un fattore predittivo negativo per lefficacia del trattamento con FSH. Anche lFSH ricombinante (r-hFSH), come precedentemente dimostrato con lutilizzo dellFSH altamente purificato, è i grado di incrementare la popolazione spermatogoniale e la produzione spermatica in pazienti in pazienti selezionati. La terapia con lutilizzo di questa molecola si è dimostrata efficace in termini di miglioramento dei parametri seminali e incremento della pregnancy rate, alla dose di 100 UI, a giorni alterni per tre mesi. 88 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Il trattamento con FSH si associa ad una più alta percentuale di gravidanze nei soggetti responsivi alla terapia. Questo dato è stato confermato dallultima Cochrane Review sullutilizzo delle gonadotropine nel trattamento dellinfertilità maschile. Inoltre, il miglioramento dei parametri seminali permette agli stessi pazienti di accedere a tecniche di fecondazione assistita meno invasive di quelle attuabili prima del trattamento. I polimorfismi del gene recettore dellFSH sembrano non essere associati ai diversi gradi di infertilità maschile e non sembrano essere correlati ai livelli di FSH circolante nelluomo. Ad oggi, il ruolo dei polimorfismi del gene FSHR nella risposta al trattamento con FSH sembra ancora lontano dallessere del tutto chiarito, ma forse un ruolo importante potrebbe essere rappresentato dal tipo di danno tubulare. Tuttavia, in futuro lanalisi di questo gene potrebbe costituire un valido approccio farmacogenetico per il trattamento dellinfertilità maschile. BIBLIOGRAFIA 1. Matsumoto A.M., Karpas A.E., Paulsen C.A., Bremmer W.J. Reininitiation of sperm production in gonadotropin-suppressed normal men by administration of follicle stimulating hormone. J. Clin. Invest., 72: 1005-15; 1983. 2. 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Nel 30% dei casi la causa dellinfertilità può essere addebitata al maschio e nel 20% alla combinazione di fattori che diminuiscono la fertilità in entrambi i membri della coppia. Nel 39% dei casi si tratta di infertilità idiopatica (OAT, oligo-astenoteratospermia), venendo a mancare fattori eziologici specifici e in assenza di alterazioni dei livelli ormonali. Viene stimato quindi, che il fattore maschile sia coinvolto nel 50% delle infertilità di coppia (1). LFSH NEL TRATTAMENTO DELLINFERTILITÀ MASCHILE Gli ormoni che stimolano la spermatogenesi sono stati i naturali candidati ad essere inseriti in protocolli di studio per la terapia dellinfertilità maschile, ma né il GnRH né lhCG hanno dato risultati positivi nei primi studi in maschi non ipogonadici (2, 3). La possibilità di trattare linfertilità maschile tramite le varie forme disponibili di FSH è uno dei più interessanti terreni di ricerca nel campo dei disordini della fertilità del maschio. Fin dalle prime evidenze che dimostravano come la terapia con FSH fosse in grado di aumentare il volume testicolare, migliorare i parametri seminali e restituire la capacità riproduttiva in maschi ipogonadici (4, 5) i ricercatori si sono interessati alle possibilità di utilizzare lFSH al di là della semplice terapia sostitutiva ormonale. Molteplici studi hanno messo in evidenza come la terapia con FSH (ricombinante o purificato) nel maschio con infertilità idiopatica possa migliorare i parametri seminali (6, 7). Tesarik et al. (8) hanno messo in risalto come lincubazione di colture cellulari con FSH e testosterone fosse in grado di stimolare in vitro la maturazione delle cellule germinali da biopsie testicolari. Zarrilli et al. (9) hanno dimostrato, in uno studio che reclutava 183 pazienti trattati chirurgicamente per varicocele, come la terapia con FSH alla dose di 75 UI a giorni alterni fosse capace di migliorare i parametri seminali (conta degli 92 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH spermatozoi, motilità e capacità di penetrare il muco cervicale al CMPT) soprattutto nel gruppo di pazienti con oligozoospermia di grado maggiore. In particolare Foresta et al. (10) hanno evidenziato come un dosaggio di FSH di 100 UI a giorni alterni per tre mesi fosse capace di migliorare la qualità del seme nel 73% dei maschi con asteno- oligo-teratospermia idiopatica con concentrazione normale di FSH trattati, portando allaumento del numero degli spermatozoi con effetti più modesti su motilità e alterazioni strutturali. TRATTAMENTO CON FSH: RISULTATI SULLA FERTILITÀ Ci si può chiedere se questi risultati si riflettano sulla fertilità della coppia. La risposta a tale quesito si avvantaggia poco della attuale Letteratura a causa, forse, della difficoltà nellorganizzare, nellepoca della PMA, uno studio che valuti i tassi di gravidanza non assistita in coppie infertili. Un tentativo di mettere un punto fermo nel panorama degli studi che riguardano la fecondazione naturale in maschi infertili in terapia con FSH è stato effettuato dalla metanalisi della Cochrane Collaboration nel 2006 (11). La metanalisi ha riguardato gli RCT correttamente eseguiti che indicassero il pregnancy rate nelle coppie esaminate. Quattro studi hanno rispettato i parametri di inclusione e lanalisi ha evidenziato come la terapia con FSH purificato o ricombinante alla dose di 100/150 UI fosse in grado di aumentare in maniera statisticamente significativa sia il tasso di gravidanza (13.4% vs 4.4%) che quello di gravidanza spontanea (9.3% vs 1.7%) nei pazienti trattati. Viceversa laumento di fertilità non raggiungeva la significatività statistica nel caso dei tassi di gravidanza ottenuta con tecniche artificiali (33% vs 20%). Gli stessi Autori però, ammettono come una metanalisi di meno di 300 pazienti non può soddisfare tutti i requisiti di obiettività necessari per dare una risposta chiara nel campo della fertilità maschile. PROSPETTIVE Il miglioramento delle chances procreative grazie alla terapia con gonadotropine è una importante possibilità che ha aperto nuove strade nel trattamento dellinfertilità maschile. Lattuale disponibilità del FSH ricombinante fornisce una terapia accessibile e standardizzata ovunque ve ne sia bisogno. Tentativi di migliorare le caratteristiche del farmaco (12) tramite la somministrazione di una molecola che presenta unemivita doppia rispetto allr-FSH (CTP-FSH) grazie allaggiunta del frammento C-terminale dellHCG, potranno consentire un più agevole profilo di somministrazione migliorando la compliance del paziente. Le evidenze sperimentali hanno dimostrato lefficacia della somministrazione di gonadotropine nellinfertilità maschile idiopatica e da ipogonadismo soprattutto nel miglioramento dei parametri seminali. IL TRATTAMENTO DELLINFERTILITÀ MASCHILE CON FSH 93 Saranno altresì necessari studi randomizzati con un largo numero di partecipanti per poter definitivamente valutare limpatto della somministrazione di FSH sulla fertilità effettiva del maschio ipo-infertile. BIBLIOGRAFIA 1. Mecham et al., Male infertility. Adult and pediatric Urology; St Louis Mosby-Year Book Inc 1996:1747-802. 2. Bals Pratsch et al., Pulsatile GnRH therapy in oligoastenospermic men does not improve seminal parameters despite decreased FSH levels. Clinical Endocrinology 1989, 30:540-60. 3. Knuth et al., Treatment of severe oligozoospermia with HCG/HMG. A placebo controlled double-blinded trial. J. of Clin. Endocrinol. Mertab.1987, 68:1081-7. 4. 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GUIDO La sindrome dellovaio policistico è il più comune disordine endocrinoriproduttivo nella popolazione femminile in età fertile, interessando il 5-10% a seconda delle casistiche. Le donne affette dalla PCOS possono presentare un ampio spettro di manifestazioni cliniche e biochimiche: alterazioni della secrezione delle gonadotropine, iperandrogenismo, anovulatorietà, obesità ed squilibri metabolici che si possono combinare in maniera multiforme. Leterogeneità dellespressione fenotipica della sindrome si rispecchia non solo nella variabilità dei quadri clinici da paziente a paziente, ma anche nei cambiamenti cui spesso vanno incontro i segni e i sintomi nellarco della vita. In conseguenza di tali caratteristiche cliniche e della mancanza di un accordo in letteratura sui meccanismi fisiopatologici di base, esiste una variabilità nella definizione dei criteri diagnostici e classificativi della sindrome. Una recente Consensus Conference internazionale (Rotterdam ESHRE/ASRM-Sponsored PCOS Consensus Workshop Group, 2004) ha individuato nellanovularietà cronica, nella morfologia ovarica e nello stato di iperandrogenismo le caratteristiche cliniche essenziali della PCOS: sulla base di questi criteri, la diagnosi di PCOS viene formulata in presenza di almeno due dei suddetti parametri. Molteplici studi condotti negli ultimi anni hanno rafforzato il concetto che le pazienti PCOS mostrino importanti alterazioni metaboliche come obesità, insulinoresistenza, iperinsuliemia, dislipidemia e disfunzioni endoteliali in senso protrombotico. Queste caratteristiche definiscono la cosiddetta sindrome metabolica, la quale, potrebbe determinare importanti alterazioni sullo stato di salute a lungo termine nelle donne con PCOS, comportando la precoce insorgenza di diabete mellito (fino al 10% di queste pazienti), ipertensione e malattie cardiovascolari (Legro et al, 1999; Pierpoint et al, 1998). La prevalenza complessiva, riportata in letteratura, di obesità nelle donne con PCOS risulta variabile tra il 30% ed il 60%, ben al di sopra rispetto a quella riscontrata nella popolazione generale (Dunaif et al, 1987). Tuttavia, mentre appare consolidato il fatto che le donne obese con PCOS manifestino quadri di insulinoresistenza più frequentemente rispetto a donne normo-ovulatorie e di pari peso, i dati della letteratura non sono concordi per quanto concerne le pazienti normopeso. Alcuni studi sugli effetti del calo ponderale, hanno indicato tramite lutilizzo del clamp euglicemico iperinsulinemico, come linsulinoresistenza non 96 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH sarebbe una caratteristica intrinseca della PCOS, ma potrebbe essere una condizione secondariamente determinata dalla spiccata predisposizione di queste pazienti ad accumulare grasso corporeo a livello tronco-addominale (Holte et al, 1995; Huber-Buchholz et al, 1999). Sulla base di tali considerazioni si potrebbe in parte spiegare il perché donne normopeso con PCOS, ma con un preferenziale accumulo di grasso tronco-addominale rispetto ai controlli, possano presentare vari gradi di insulinoresistenza (Taponen et al, 2004). Quel che appare chiaro è che esiste una forte correlazione statistica tra linsulino-resistenza e gli indici di distribuzione centrale del grasso corporeo. Èpossibile ipotizzare una condizione di causa-effetto correlata sottesa a questa evidenza statistica. Il grasso troncoaddominale è in grado di liberare grandi quantità di acidi grassi liberi circolanti (FFA), i quali vengono direttamente rilasciati nel circolo portale. Questo tipo di tessuto adiposo è, infatti, facilmente e rapidamente mobilizzabile, essendo particolarmente sensibile allazione delle catecolamine. Lincremento dei livelli sierici di FFA potrebbe interferire con il metabolismo glicidico probabilmente tramite due differenti meccanismi (Kovacs et al, 2005): 1) La down regulation dei meccanismi pre e/o post-recettoriali (insulinoresistenza) dellutilizzo di glucosio da parte dei tessuti periferici, in particolare il tessuto muscolare (che rappresenta l80% del target dellazione ipoglicemizzante dellinsulina) 2) Lazione sinergica degli FFA e degli androgeni (resistenza epatica allinsulina) potrebbe inibire la clearance epatica dellinsulina, con conseguente aumento delloutput epatico di glucosio durante il digiuno. Tuttavia, a dispetto di tali evidenze, è stato dimostrato che la terapia con farmaci antilipolitici, e la successiva diminuzione delle concentrazioni circolanti di FFA, non è in grado di arrecare un significativo miglioramento del metabolismo glicoinsulinemico delle pazienti affette da PCOS (Ciampelli et al 2001; Ciampelli et al 2002). Il risultato netto dellinsulinoresistenza nella PCOS consiste in uno stato di iperinsulinemia cronica compensatoria. Tale condizione, oltre a rappresentare un fattore di rischio per le conseguenze a lungo termine che dalla sindrome possono derivare, sembra giocare un ruolo di primo piano nella complessa eziopatogenesi della PCOS, andando a slatentizzare o ad aggravare i disordini riproduttivi di queste donne. Lanovulatorietà cronica, tipica della sindrome, si manifesta clinicamente con problemi di sterilità (che colpisce approssimativamente il 40% delle donne con PCOS) (Franks et al. 1995), e con alterazioni del ritmo mestruale, prevalentemente rappresentate da oligomenorrea e amenorrea, anche se è stata spesso descritta unalternanza di tali condizioni, nonché il riscontro di polimenorrea. Inoltre, una volta ottenuta la gravidanza, le donne con PCOS sono più esposte al rischio di poliabortività (Homburg et al. 2003). Il sottostante milieu steroideo è caratterizzato da concentrazioni tonicamente elevate di estrogeni e da un deficit della produzione di progesterone. LA SINDROME METABOLICA E LA SINDROME DELLOVAIO POLICISTICO 97 Le concentrazioni seriche di estradiolo (sia totale che libero) si trovano entro il normale range della fase follicolare precoce e medio-follicolare del ciclo (Shermann et al. 1979), ma il pattern della secrezione differisce da quello del normale ciclo mestruale perché manca il picco preovulatorio o medioluteale. Tale assetto ormonale, se da un lato risulta conseguenza dellanovulazione cronica, al contempo ne rappresenta anche unimportante concausa, andando ad interferire con i meccanismi di feed-back dellasse ipotalamo-ipofisi-ovaio. Lazione dellestradiolo sullasse ipotalamo-ipofisi e sullendometrio non è bilanciata, a causa della mancanza della secrezione ciclica di progesterone (Yen, 1980; Franks 1989). Gli effetti di iperestrogenismo relativo sullendometrio includono episodi di menometrorragie più o meno importanti ed aumentato rischio, a lungo termine, di carcinoma endometriale, su cui non cè ancora univoco consenso (Polson et al. 1987). In tale contesto, la presenza di alterazioni metaboliche, e segnatamente di obesità, è in grado di amplificare questi effetti, a causa della quota di estrone proveniente dalla conversione extraghiandolare degli androgeni da parte del tessuto adiposo.(Polson et al. 1988; Hague et al.1987). Lalterata secrezione delle gonadotropine si esprime in elevati livelli di LH a fronte di livelli di FSH inferiori del 30% e in un rapporto LH/FSH superiore a 2 in circa il 50% delle donne con PCOS. Da un punto di vista fisiopatologico gli elevati livelli di LH sono espressione di un aumento della frequenza e dellampiezza dei pulse di tale ormone. Diversi studi hanno inoltre evidenziato come nelle PCOS esista uninfluenza negativa dellobesità sui livelli di LH, poiché soggetti con BMI elevato dimostrano una diminuzione dei pulse spontanei o in risposta al test di stimolo con GnRH senza modifiche significative della frequenza (Ciampelli et al.1999). Elevati livelli di insulina concorrono ad alterare la pulsatilità della secrezione di LH a livello centrale dove sono presenti recettori per linsulina (Hunger et al. 1991). La presenza di insulino-resistenza ed iperinsulinemia si associa a gradi più severi di anovulazione. Ciò è in accordo con levidenza che le pazienti con PCOS in cui siano presenti alterazioni metaboliche mostrano modificazioni del pattern mestruale con una frequenza e una severità maggiore rispetto alle pazienti con PCOS normoinsulinemiche (Robinson et al.1993). Daltra parte, nelle pazienti sterili che vengono sottoposte a trattamenti di induzione dellovulazione, liperinsulinemia si associa ad un aumentato tasso di resistenza al clomifene, a maggiori quantità di gonadotropine esogene necessarie ad ottenere lovulazione e ad un aumentato rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica (Nestler et al,1998). Tali evidenze suggeriscono che una riduzione della concentrazione dellinsulina possa essere di grande importanza nel management della paziente affetta da PCOS. Questo assunto è valido anche nelle donne PCOS che non cercano gravidanze a breve termine, ma che lamentano la presenza di manifestazioni cliniche di iperandrogenismo. Le cellule della teca follicolare delle donne con PCOS sono in grado di produrre una maggior quantità di androgeni rispetto alle cellule tecali di ovaie normali 98 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH (Gilling et al, 1994), a parità di stimolo gonadotropo. È quindi probabile che, sia essa una caratteristica geneticamente ereditata o unalterazione acquisita, gli enzimi chiave della sintesi androgenica ovarica e surrenalica siano iperresponsivi allo stimolo gonadotropo. Su questa base, comune a tutte le pazienti con PCOS, si sovrappone, in una percentuale significativa di queste, un eccesso di insulina circolante. Diversi studi hanno evidenziato una correlazione tra iperinsulinemia e iperandrogenismo in pazienti affette da PCOS (Rajkhowa et al, 1994; Livingstone et al, 2002). Tuttavia, non vi è unanime accordo sulla tipologia di relazione causale esistente tra queste due alterazioni. Da un lato, è stato dimostrato che la somministrazione di alte quote di androgeni esogeni possono favorire linstaurarsi di una condizione di insulino-resistenza (Polderman et al, 1994); da ciò è derivata lipotesi che un eccesso anche di androgeni endogeni potesse esercitare un effetto negativo sulla sensibilità allinsulina nelle pazienti PCOS: in effetti è stato riportato che il trattamento con lantiandrogeno spironolattone è in grado di diminuire i livelli di androgeni ed al contempo di migliorare linsulino-resistenza (Buffington et al, 1994). Tuttavia, per quanto non possa essere esclusa lesistenza di un circolo vizioso in cui iperinsulinemia e iperandrogenismo si alimentino vicendevolmente, la maggior parte delle evidenze in letteratura tende a conferire maggior credito al ruolo patogenetico dellinsulina nelliperproduzione androgenica tipica della PCOS. È infatti dimostrato che linibizione anche totale dellattività ovarica (quale quella ottenibile con luso di analoghi del GnRH), con conseguente abbattimento degli androgeni, non migliora il livello di sensibilità allinsulina di queste pazienti (Guido et al, 1998). Al contrario, esistono numerose evidenze a favore di un effetto peggiorativo dellinsulina endogena sullo stato di iperandrogenismo. A livello ovarico linsulina avrebbe la capacità di esercitare, insieme allIGF-1, un ruolo permissivo sullazione dellLH stimolando le funzioni steroidee delle cellule della granulosa e della teca. È stato suggerito che questi effetti fisiologici dellinsulina sullovaio sarebbero amplificati nelle donne con PCOS, persino in presenza di concentrazioni fisiologiche di insulina circolante (Baillargeon e Nestler, 2006). A livello periferico, la quota di testosterone libero e quindi biodisponibile, è regolata in gran misura dallSHBG la cui sintesi è diminuita nella PCOS per lazione combinata di alte concentrazioni di insulina ed androgeni. Inoltre, il testosterone viene attivato perifericamente tramite la sua conversione a diidrotestosterone (DHT) ad opera della 5-α-reduttasi, enzima particolarmente attivo a livello del follicolo pilifero, la cui espressione è aumentata appunto dalliperinsulinemia (Tsilchorozidou et al, 2003). Le irregolarità del ciclo, essendo strettamente connesse alla gravità dei disturbi metabolici, possono pertanto rappresentare dei marker di rischio precoci per lo sviluppo di diabete di tipo 2. Diversi studi hanno investigato il maggior rischio di sviluppo prematuro di diabete mellito in donne con PCOS. LA SINDROME METABOLICA E LA SINDROME DELLOVAIO POLICISTICO 99 Secondo uno studio retrospettivo svedese il rischio relativo di diabete mellito di tipo 2 nella PCOS è sette volte più alto rispetto alla popolazione di controllo (Holte et al 1995.) Le alterazioni del metabolismo glucidico sono fortemente legate al problema dellobesità, presente nel 50-60% delle pazienti PCOS. In uno studio italiano su 110 pazienti PCOS lincidenza di alterazioni della tolleranza glucidica è risultata del 15,5% nelle pazienti obese insulinoresistenti (Ciampelli et al. 1999). Tali percentuali sono più basse rispetto ad alcuni studi americani che riportano unincidenza del 31-35% di ridotta tolleranza glucidica e 7-10% di diabete nella popolazione PCOS. Ciò risulta probabilmente dovuto alla maggiore compromissione dello status metabolico di tali pazienti rispetto alla popolazione italiana, suggerendo che fattori indipendenti dalla condizione di PCOS, ad esempio fattori ambientali o abitudini alimentari, possano svolgere un ruolo importante. Sebbene originariamente sia stato segnalato che solo donne PCOS obese mostravano intolleranza glucidica, attualmente è stato messo in evidenza che questa condizione patologica può manifestarsi anche in donne PCOS non obese (Legro et al.1999). Uno studio effettuato su 33 pazienti PCOS confrontato con 132 pazienti di controllo ha dimostrato una maggiore prevalenza nella diagnosi di diabete nelle pazienti con PCOS. (Dahlgreen et al. 1992). Ehrmann ha valutato le alterazioni del metabolismo glucidico in un gruppo di 122 donne con PCOS, riscontrando alterazioni di significato patologico in ben il 45% delle pazienti, che si esprimeva in un 35% con IGT e 10% di diabete di tipo 2 (Ehrmann et al.1999). Di contro, la prevalenza di PCOS sembra più alta in donne con diabete di tipo 1 rispetto alla popolazione generale. (Escobar-Morreale et al., 2000). Da un punto di vista fisiopatologico sembra intuitivo che sia lobesità che la PCOS aumentino il rischio di diabete. È presumibile, inoltre, che i suddetti fattori abbiano un effetto additivo. Non è chiaro tuttavia se le donne con PCOS e diabete abbiano un rischio di morte per accidenti cardiovascolari maggiore rispetto alle donne diabetiche non PCOS. In conclusione la PCOS è frequentemente associata ad obesità di tipo centrale nonché ad un ampio spettro di alterazioni del metabolismo glucidico che spaziano da minimi fenomeni di intolleranza glucidica a quadri iperglicemici conclamati. È chiaramente dimostrato come il controllo della glicemia riduca le complicanze vascolari dei pazienti diabetici (UK prospective diabetes study. 1998a ). Tuttavia, gli studi finora condotti presentano il bias di non essere stati condotti su una popolazione omogenea di pazienti PCOS, per le quali il suddetto quesito deve ancora trovare una risposta certa. 100 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH BIBLIOGRAFIA 1. 2004 Rotterdam 1: revised 2003. Consensus on diagnostic criteria and long term health risks related to polycystic ovary syndrome (PCOS). Hum Reprod; 19: 41-7. 2. Baillargeon J.P., Nestler J.E. 2006. Commentary: polycystic ovary syndrome: a syndrome of ovarian hypersensitivity to insulin? J Clin Endocrinol Metab; 91: 22-4. 3. Buffington C.K., Kitabchi A.E. 1994. Evidence for a defect in insulin metabolism in hyperandrogenic women with polycystic ovary syndrome. Metab Clin Exp; 43: 1367-72. 4. Ciampelli M., Fulghesu A.M., Cucinelli F., Pavone V., Ronsisvalle E., Guido M., Caruso A., Lanzone A. 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Si manifesta clinicamente con oligo/amenorrea, cicli anovulatori, irsutismo, acne, ovaie micropolicistiche e, in una significativa percentuale di casi, insulinoresistenza (2). Numerosi studi condotti su famiglie di donne con PCOS indicano che nella sua patogenesi sono coinvolti fattori genetici. Tali fattori contribuirebbero a determinare le alterazioni endocrine e metaboliche che caratterizzano questa sindrome. Per tali motivi la PCOS viene propriamente definita una patologia multifattoriale, determinata dallassociazione di molteplici fattori: genetici, endocrini e ambientali (3). Evidenze sempre più numerose, inoltre, segnalano che la PCOS si presenta come una patologia che coinvolge tutta la vita della donna, che inizia nella vita intrauterina in soggetti geneticamente predisposti, si manifesta clinicamente al momento della pubertà, perdura nelletà fertile, ed espone, soprattutto dopo la menopausa, ad un rischio più elevato di sviluppare patologie cardiovascolari, ipertensione, diabete e altre complicanze metaboliche (4-6). Inoltre, durante letà fertile può determinare infertilità anovulatoria oppure una maggiore incidenza di complicanze gestazionali quali aborti spontanei, diabete gestazionale e preeclampsia (1). Per tali motivi risulta evidente che la diagnosi precoce di tale sindrome è fondamentale, in quanto permette di poter effettuare i trattamenti e i controlli più idonei riducendo così il rischio di sviluppare tutte le complicanze ad essa correlate. La patogenesi della PCOS è il risultato di alterazioni a carico di più sistemi come quello endocrino e metabolico. Il profilo endocrino delle donne con PCOS è caratterizzato da alti livelli di androgeni di origine ovarica e surrenalica, alterato rapporto LH/FSH, ridotti livelli di SHBG e nel 30% delle donne anche moderata iperprolattinemia. È un dato ormai consolidato che linsulino-resitenza, presente soprattutto nelle donne obese o in soprappeso, ma spesso anche in quelle magre con PCOS, sembra rappresentare la chiave di questa complessa patologia (4). Linsulino-resistenza è definita come una condizione patologica in cui una cellula, un tessuto o un 104 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH organismo hanno bisogno di una quantità di insulina superiore alla norma per ottenere una risposta pressochè normale. Essa determina una maggiore secrezione di insulina da parte delle cellule β pancreatiche e una iperinsulinemia compensatoria, mentre i livelli di glucosio restano normali. Quando la risposta delle cellule pancreatiche si riduce, si svilupperà unintolleranza al glucosio o il diabete di tipo II (4). I meccanismi attraverso cui si realizza linsulino-resistenza consistono in un difetto del legame dellinsulina al suo recettore oppure in alterazioni della trasmissione del segnale (4). Le ovaie di questi soggetti, tuttavia, conservano una risposta pressochè normale allinsulina. Una spiegazione parziale di questo fenomeno potrebbe essere fornita dallazione dellinsulina sullovaio attraverso il recettore per lIGF-1, al quale si lega quando raggiunge concentrazioni elevate come succede nelliperinsulinemia compensatoria. Inoltre, lazione dellinsulina a livello ovarico utilizza come mediatore del segnale il sistema dellinositologlicano, che è diverso dal sistema attivato negli altri tessuti della fosforilazione del recettore a livello della tirosina e che mantiene la sua funzione a livello ovarico anche nei soggetti insulino-resistenti (7). Liperinsulinemia, a sua volta, stimola direttamente la steroidogenesi ovarica agendo sulle cellule della teca e su quelle della granulosa, stimola la proliferazione delle cellule della teca, aumenta la secrezione di androgeni mediata dallLH, aumenta lespressione del citocromo P450, dei recettori dellLH e dellIGF-I (89). Poiché gli enzimi coinvolti nella steroidogenesi ovarica sono simili a quelli surrenalici, numerosi studi hanno dimostrato che linsulina agisce direttamente anche stimolando la steroidogenesi surrenalica (10-12). Studi in vitro hanno inoltre dimostrato che linsulina presenta recettori anche a livello ipotalamico e ipofisario, attraverso i quali stimola il rilascio di FSH e LH in condizioni basali ed in seguito a stimolo con GnRH (13). Linsulina influenza infine liperandrogenemia anche inibendo a livello epatico la sintesi di SHBG (14) e di IGFBP-1, che lega lIGF-1 (8). Il primo e più efficace trattamento della PCOS è una modificazione dello stile di vita. La perdita del peso corporeo riduce significativamente tutte le manifestazioni cliniche della PCOS: ripristina lovulazione e aumenta la percentuale delle gravidanze, riduce i livelli di insulina e degli androgeni (15). Per quanto riguarda il trattamento delle manifestazioni cliniche delliperandrogenismo, uno dei farmaci più utilizzati nella PCOS è la flutamide, un antiandrogeno che agisce bloccando i recettori degli androgeni (16). Questo farmaco riduce significativamente liperandrogenemia e lirsutismo, mentre ha effetti sui cicli mestruali e sullovulazione (17). Non è ancora chiaro se questo trattamento eserciti degli effetti positivi anche sullinsulino-resistenza. La somministrazione di contraccettivi nelle donne con PCOS si è rivelata utile in quanto riduce lentità dellacne e dellirsutismo, regolarizza i cicli mestruali e migliora la densità ossea (18). Tuttavia possono esercitare una serie di effetti metabolici negativi: aumentano i livelli di trigliceridi e colesterolo totale, peggiorano linsulino-resistenza, determinano aumento di peso (19). Questi effetti NUOVE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE NEL TRATTAMENTO DELLA PCOS 105 possono essere più o meno marcati a seconda del tipo di contraccettivo ormonale utilizzato. Negli ultimi anni, tuttavia, i farmaci più utilizzati con successo nella PCOS sono gli insulino-sensibilizzanti (4), che si sono dimostrati efficaci sia quando somministrati da soli che in associazione con altri farmaci, non solo sullinsulinoresistenza e sulla riduzione di peso, ma anche sulle irregolarità mestruali, sui cicli anovulatori, sui segni delliperandrogenismo e sulle complicanze gestazionali (8,10,11). Tra questi è risultata particolarmente efficace la metformina, farmaco molto utilizzato nei pazienti con diabete di tipo II. Nel 30% delle pazienti determina effetti collaterali come disconfort addominale, caratterizzato da nausea, vomito e inappetenza (8). Una significativa riduzione dei livelli circolanti di androgeni è stata osservata dopo trattamento a breve termine con metformina. Tuttavia, nonostante la riduzione nei livelli circolanti di androgeni, il trattamento a breve termine con metformina sembra avere un effetto minimo sulle manifestazioni cutanee delliperandrogenemia nelle pazienti con PCOS. Gli effetti clinici della metformina sui sintomi delliperandrogenismo risultano evidenti dopo almeno 12 mesi di trattamento. Un recente studio condotto su giovani adolescenti affette da PCOS ed iperandrogenismo ha dimostrato unefficacia del solo trattamento con metformina sullindice Ferriman-Gallwey dopo 6 mesi, con significativo miglioramento dellirsutismo in queste ragazze (20). Per questi motivi negli ultimi anni è stata proposta da diversi autori lassociazione di antiandrogeni e insulinosensibilizzanti nel trattamento di questa sindrome. Recentemente Pasquali et al (21) hanno condotto recentemente uno studio randomizzato, controllato verso placebo, con lo scopo di valutare gli effetti a lungo termine del trattamento con metformina e flutamide, somministrati in monoterapia o in associazione, entrambi dopo un mese di dieta ipocalorica in 40 donne obese con PCOS. Laggiunta della flutamide alla dieta riduce significativamente la percentuale di grasso viscerale, gli androgeni, il colesterolo LDL e lirsutismo. Lassociazione dei due farmaci (flutamide + metformina) rivela un effetto addizionale nel ridurre le concentrazioni di testosterone e nellincrementare i livelli di colesterolo HDL e SHBG. Quando questa associazione farmacologica viene protratta per 12 mesi (22) determina anche una significativa riduzione dellinsulino-resistenza. Dati ancora più recenti indicano che questa associazione si è rilevata efficace anche nelle adolescenti normopeso con PCOS (23). La somministrazione di basse dosi di metformina (850 mg/die) e flutamide (62 mg/die) nelle adolescenti normopeso con PCOS si è rilevata di gran lunga più efficace dei contraccettivi orali nel ridurre le alterazioni endocrine e metaboliche della PCOS; gli stessi risultati si sono ottenuti somministrando questi due farmaci in associazione con una pillola contraccettiva (EE + drospirenone) nelle giovani donne normopeso con PCOS rispetto alla somministrazione del solo contraccettivo (23). :Molti studi hanno dimostrato,inoltre, un significativo miglioramento della frequenza dei cicli mestruali (25-96%) in seguito a trattamento con metformina 106 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH (4). In alcuni studi, questo effetto sembra essere indipendente dai livelli circolanti di androgeni, dalla perdita di peso, e si verifica durante un trattamento prolungato con la metformina (24-25). Gli effetti benefici della metformina sui fattori di rischio cardiovascolare e sulla sensibilità insulinica hanno portato numerosi autori a proporre lassociazione metformina + CO nelle donne con PCOS. È stato osservato che lassociazione metformina + CO rispetto allutilizzo dei soli CO nelle donne con PCOS determina una riduzione significativa dei livelli di androgeni, senza modificare il BMI, rapporto vita/fianchi e il rapporto glicemia/insulina (26). Dati più recenti hanno confermato questi risultati ribadendo che la somministrazione di metformina + CO, rispetto alla somministrazione di soli CO, determina una marcata riduzione dei livelli di androgeni, senza determinare peggioramenti dellinsulino-resistenza (27). Quando somministrata da sola, o insieme ad altri agenti che inducono lovulazione, la metformina può giocare un ruolo importante nella infertilità anovulatoria associata con la PCOS. Unincidenza di gravidanza del 39% è stata riportata quando è usata come unica terapia (28), mentre la gravidanza si verifica nell89% dei casi quando è somministrata in associazione con clomifene citrato nelle donne obese con PCOS clomifene resistenti (6). Nei casi in cui non cè risposta al trattamento con clomifene e metformina oppure è necessario ricorrere a FIVET/ICSI, si impone limpiego terapeutico dellFSH esogeno. I protocolli terapeutici più noti sono lo step-up e lo step-down. Il protocollo step-up prevede la somministrazione di FSH a dosi crescenti. Questo protocollo comporta lo sviluppo contemporaneo di più follicoli ed anche un rilevante rischio di provocare una sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS). Il protocollo step-down è stato elaborato con lo scopo di mimare landamento dellFSH endogeno nella fase follicolare. Si inizia somministrando alte dosi di FSH che vengono poi dimezzate durante il reclutamento ed accrescimento dei follicoli ovarici. Rispetto allo step-up, lo step-down garantisce limpiego di minori quantità di FSH, una minore durata del trattamento, ed una più bassa incidenza di OHSS. Recentemente è stato dimostrato che il rischio di sviluppare OHSS in seguito a terapia con FSH esogeno aumenta con laumentare dellinsulino-resistenza. Sulla base di questa osservazione la terapia combinata metformina-FSH sembra essere associata ad una risposta dellovaio più fisiologica con un minor reclutamento follicolare ed una più bassa incidenza di OHSS (29). Inoltre, limpiego combinato FSH-metformina è correlato ad una migliore qualità degli ovociti e degli embrioni nelle donne che si sottopongono a FIVET (30) (Fig.1). NUOVE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE NEL TRATTAMENTO DELLA PCOS 107 PAZIENTE OBESA PERDITA DI PESO EFFICACE NON EFFICACE (O NON ESEGUITA) PAZIENTE MAGRA (SE INSULINO-RESISTENTE) METFORMINA EFFICACE NON EFFICACE CLOMIFENE (O CLOMIFENE + METFORMINA) EFFICACE NON EFFICACE FSH + metformina Figura 1. Algoritmo terapeutico nellinduzione dellovulazione nella PCOS. Come già accennato in precedenza, le donne con PCOS sono affette da unalta percentuale di aborti spontanei. È stato dimostrato che la somministrazione di metformina prima del concepimento e nel primo trimestre di gravidanza è associata ad unincidenza di aborti dell8,8% (rispetto al 41,9% dei controlli) (31). Leffetto positivo della riduzione dellinsulino-resistenza sullabortività nella PCOS sembra essere il risultato non solo della riduzione dellLH e degli androgeni ma anche di una migliore funzione endometriale. I livelli di glicodelina (proteina prodotta dallendometrio e ritenuta marker attendibile della funzione endometriale) aumentano dopo terapia con metformina. Sembra, inoltre, verificarsi, in seguito a terapia con insulino-sensibilizzanti, una riduzione delle resistenze delle arterie spirali. Queste modificazioni possono quindi favorire limpianto dellembrione ed il mantenimento della gravidanza. È stato osservato, inoltre, che la somministrazione di metformina durante la gravidanza è associata ad una riduzione di circa 10 volte del rischio di sviluppare diabete gestazionale (32). 108 SIGNIFICATO LABORATORISTICO E CLINICO DELLFSH Infine, ricordiamo che tra i farmaci insulinosensibilizzanti si sono rivelati efficaci sulle manifestazioni cliniche della PCOS anche il gruppo dei tiazolidinedioni. Alcuni farmaci di questo gruppo, come il rosiglitazone e il pioglitazone, migliorano significativamente la sensibilità insulinica, riducono gli androgeni e regolarizzano i cicli mestruali (33). In particolare, confrontandoli con la metformina, sembrano essere meno efficaci sul ripristino dell-ovulazione e sul controllo del peso corporeo, ma risultano ugualmente efficaci sulle altre manifestazioni cliniche della sindrome (34). Inoltre, rispetto alla metformina, determinano meno effetti collaterali e hanno una compliance migliore, in quanto la loro somministrazione è giornaliera, a differenza della metformina che deve essere somministrata due o addirittura tre volte al giorno (34). BIBLIOGRAFIA 1. Carmina E. et al. Polycystic ovary syndrome (PCOS): arguably the most common endocrinopathy is associated with significant morbidity in women. J Clin Endocrinol Metab 1999;84:1897-99. 2. Dunaif A. Insulin resistance and the polycystic ovary syndrome: mechanism and implications for pathogenesis. Endocr Rev 1997;18:774-800. 3. Franks S. et al. Development of polycystic ovary syndrome: involvement of genetic and environmental factors. 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