Atrofia multisistemica: Un update clinico - Accademia LIMPE

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Atrofia multisistemica: Un update clinico - Accademia LIMPE
Atrofia multisistemica: Un update clinico
Maria Teresa Pellecchia
Dipartimento di Scienze Neurologiche Università “Federico II” Napoli
L’Atrofia Multisistemica (MSA) è un disordine neurodegenerativo sporadico caratterizzato dalla variabile associazione di parkinsonismo, segni cerebellari e disautonomia.
A seconda delle caratteristiche motorie di presentazione, vengono comunemente riconosciute una forma parkinsoniana (MSA-P) e una forma cerebellare (MSA-C) di MSA
(1,2).Una diagnosi di MSA accurata e precoce è importante per le implicazioni prognostiche e terapeutiche. Un consensus internazionale di esperti ha da poco ridefinito i criteri per la diagnosi di MSA possibile, probabile e definita, semplificando i precedenti
criteri e tendendo conto delle più recenti acquisizioni scientifiche (3). La diagnosi di
MSA definita richiede la dimostrazione anatomopatologica della presenza nel Sistema
Nervoso Centrale delle tipiche inclusioni citoplasmatiche gliali a-sinucleina positive associate alla neurodegenerazione delle strutture striatonigriche o olivopontocerebellari.
La diagnosi di MSA probabile richiede la presenza di una malattia sporadica progressiva, ad esordio in età adulta, caratterizzata da disfunzione autonomia rigorosamente
definita (incontinenza urinaria con disfunzione erettile nel maschio oppure riduzione
della pressione in ortostatismo di almeno 30 mm Hg per la sistolica o 15 mm Hg per la
diastolica) e parkinsonismo scarsamente responsivo alla levodopa oppure atassia cerebellare. La diagnosi di MSA possibile richiede la presenza di una malattia sporadica
progressiva, ad esordio in età adulta, caratterizzata da parkinsonismo o atassia cerebellare e almeno una caratteristica suggestiva di disfunzione autonomica (urgenza o aumento della frequenza urinaria non altrimenti spiegabili, incompleto svuotamento vescicole, disfunzione erettile nel maschio, riduzione della pressione in ortostatismo che
non raggiunga il livello richiesto per la diagnosi di probabilità) più almeno un’alterazione clinica o al neuroimaging tra quelle indicate nella Tabella che segue.
MSA-P o MSA-C possibile
Segno di Babinski con iperreflessia
Stridor
MSA-P possibile
Parkinsonismo rapidamente progressivo
Scarsa risposta alla levodopa
Instabilità posturale entro 3 anni dall’esordio dei sintomi motori
Atassia della marcia, disartria cerebellare, atassia degli arti, disfunzione oculomotoria cerebellare
Disfagia entro 5 anni dall’esordio dei sintomi motori
Atrofia del putamen, del peduncolo cerebellare medio, del ponte o del cervelletto alla RMN
Ipometabolismo nel putamen, nel tronco encefalico o nel cervelletto alla FDG-PET
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MSA-C possibile
Parkinsonismo (bradicinesia e rigidità)
Atrofia del putamen, del peduncolo cerebellare medio o del ponte alla RMN
Ipometabolismo nel putamen alla FDG-PET
Denervazione dopaminergica nisgrostriatale presinaptica alla SPET o alla PET
Recentemente il Gruppo di Studio Europeo sull’Atrofia Multisistemica ha identificato i segni clinici di allarme (red flags), che possono essere utilizzati come criteri
di supporto per la diagnosi precoce di MSA (4). Il ruolo diagnostico di queste caratteristiche cliniche è stato studiato nell’MSA-P versus la malattia di Parkinson
idiopatica e sono state selezionate le red flags che hanno mostrato una specificità
superiore al 95% per la diagnosi di MSA-P. Nel gruppo di studio la presenza di due
o più categorie di red flags (Instabilità precoce, Progressione rapida, Posture anomale, Disfunzione bulbare, Disfunzione respiratoria, Incontinenza emotiva) permetteva di aumentare la specificità diagnostica per MSA-P fino al 98,3%, mentre la
sensibilità raggiunge l’84,2%. L’applicazione di questo criterio ai pazienti con MSA
possibile, che successivamente hanno soddisfatto i criteri per l’MSA probabile,
avrebbe permesso di anticipare la diagnosi di probabilità di circa 16 mesi in circa il
75% dei casi (4). Le caratteristiche cliniche dell’atrofia multisistemica sono state recentemente riportate in due larghe serie europee (5,6). Duecentoventuno pazienti
con atrofia multisistemica probabile sono stati identificati nell’ambito del Registro
tedesco della malattia di Parkinson e dei disordini correlati (5). In questa serie l’84%
dei pazienti mostrava sintomi parkinsoniani e un parkinsonismo era l’unico segno
motorio nel 45% dei casi, mentre il 38% dei pazienti presentava atassia senza
parkinsonismo o segni piramidali. Con l’aumentare della durata di malattia più pazienti presentavano una combinazione di parkinsonismo, atassia e segni piramidali. Tra i segni disautonomici l’incontinenza urinaria era il più frequente (82% dei pazienti), mentre una severa ipotensione ortostatica era presente nel 36% dei pazienti. Il 50% dei pazienti aveva asimmetria dei sintomi all’esordio e tremore a riposo
era presente nel 25% dei casi, una risposta positiva alla levodopa era riportata nel
51% dei pazienti con disfunzione autonomica severa e atassia cerebellare. Il 19% dei
pazienti con risposta protratta alla levodopa presentava discinesie severe. Quattrocentoquarantatrè pazienti, afferenti a 19 centri di 10 diversi paesi europei, affetti da
MSA possibile o probabile sono stati inclusi nel Registro del Gruppo di Studio Europeo sull’MSA (6). In questa serie l’età media di esordio é 57,9 anni, il 69% dei pazienti è classificabile come MSA-P e il 31% come MSA-C. Una disautonomia sintomatica é presente nel 99% dei pazienti e la disfunzione urinaria si conferma il sintomo disautonomico più frequente (presente nel 91% dei pazienti), mentre l’ipotensione ortostatica sintomatica è presente nel 75% dei casi. Il 19% dei pazienti presenta sincopi ortostatiche, tuttavia i sintomi ortostatici non sono direttamente correlati all’entità della caduta pressoria. Segni parkinsoniani e segni cerebellari sono
presenti rispettivamente nell’87% e nel 63% dei casi. Non si osservano significative
differenze di presentazione clinica tra i diversi paesi europei partecipanti allo studio. Il trattamento dei sintomi parkinsoniani è basato prevalentemente sulla levodopa (86% dei pazienti trattati) con una dose media giornaliera di 630 + 399 mg, simile in tutti i paesi. I dopamino-agonisti sono usati nel 30% dei casi, l’amantadina
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nel 39%, i MAO-B inibitori nel 15% e i COMT inibitori nel 9%. Nel 38% dei pazienti si osserva una risposta sostenuta alla levodopa (durata mediana della risposta: 3
anni). Il 6% dei pazienti con parkinsonismo presentano discinesie e il 6% wearing
off. C’è un certa eterogeneità di trattamento dei sintomi parkinsoniani tra i diversi
paesi europei, che sottolinea la necessità dello sviluppo di linee guida standardizzate per il trattamento dell’MSA. Per il trattamento dell’ipotensione ortostatica il
farmaco più impiegato in Europa è la midodrina (69%), seguita dal fludrocortisone
(25%) e dalla diidroergotamina (11%). La tolterodina e l’ossibutinina sono impiegate nel 52% e nel 45% dei pazienti trattati per la disfunzione urinaria. Tuttavia, è importante notare che i sintomi disautonomici, nonostante il loro impatto significativo sulla qualità di vita, non vengono trattati in circa due terzi dei pazienti. La demenza è considerata un sintomo di esclusione per la diagnosi di MSA, tuttavia diversi studi hanno dimostrato la presenza di deficit cognitivi, soprattutto delle funzioni esecutive, nei pazienti con MSA rispetto ai controlli. Due recenti studi hanno
permesso di approfondire la conoscenza dei deficit cognitivi in corso di MSA e hanno correlato tali deficit con alterazioni metaboliche o di flusso cerebrale (7,8). Nel
primo studio 37 pazienti con MSA sono stati divisi in tre gruppi in base alla durata
di malattia (Gruppo I: < 1 anno, Gruppo II: 13-24 mesi, Gruppo III: 25-36 mesi) e sono stati sottoposti a test neuropsicologici e PET con 18F-FDG. I pazienti del Gruppo
I mostravano deficit delle funzioni mnesiche ed esecutive ed ipometabolismo della
corteccia frontale e del cervelletto. I pazienti del gruppo II e III mostravano disfunzioni di domini cognitivi multipli e l’ipometabolismo alla PET si diffondeva dalla
corteccia frontale a quella parieto-temporale in coincidenza col declino cognitivo
(7). Nel secondo studio 21 pazienti con MSA-C e 14 con MSA-P sono stati confrontati con 21 controlli e sottoposti ad esame neuropsicologico e SPECT. I pazienti con
MSA-P mostravano deficit delle funzioni visuospaziali e costruttive, della fluenza
verbale e delle funzioni esecutive rispetto ai controlli. I pazienti con MSA-C mostravano solo un deficit delle funzioni visuospaziali e costruttive rispetto ai controlli, con un più lieve coinvolgimento rispetto ai pazienti con MSA-P. I deficit neuropsicologici nei pazienti con MSA-P correlavano significativamente con una riduzione della perfusione nella corteccia prefrontale (8). Attualmente l’ipotesi patogenetica più plausibile per lo sviluppo dell’MSA prevede una combinazione di predisposizione genetica ed esposizione a tossine ambientali. Un recente studio casocontrollo sui fattori di rischio per l’MSA ha mostrato in 71 pazienti confrontati con
71 controlli che alcuni fattori quali il basso livello educazionale, il maggior consumo di carne, l’occupazione in fabbrica sono associati ad un maggior rischio di sviluppare un’MSA, mentre il consumo di alcool, pesce, tè e l’uso di aspirina sono più
frequenti nei controlli rispetto ai pazienti (9).Due recenti studi retrospettivi su serie
di pazienti con MSA confermata anatomopatologicamente hanno dimostrato che lo
sviluppo precoce di disfunzione autonomica è predittivo di una peggiore prognosi
con più precoce perdita della capacità di deambulare (con confinamento in sedia a
rotelle o a letto), minore sopravvivenza e maggio rischio di morte improvvisa
(10,11). Oltre alla disfunzione autonomica precoce, anche il sesso femminile, l’età
più avanzata all’esordio dei sintomi e il mancato ricovero in strutture residenziali
assistite sono fattori predittivi di minore sopravvivenza nell’MSA (11). La sopravvivenza dei pazienti con MSA è stata recentemente studiata in 100 pazienti con diagnosi clinica di MSA (12). La sopravvivenza mediana è 8,3 anni, i maschi hanno una
sopravvivenza leggermente superiore rispetto alle donne (8,6 versus 7,3 anni). Le
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più comuni cause di decesso ricavate dai certificati di morte sono: broncopolmonite ed altre malattie respiratorie (57% dei casi), atrofia multisistemica (18%), malattia cerebrovascolare (13%). Le cause di morte nell’MSA sono state studiate anche in
una serie di 21 pazienti con diagnosi di MSA confermata anatomopatologicamente
(13). In questo studio la morte improvvisa (da arresto cardiorespiratorio o da aspirazione acuta) è responsabile del 38% dei decessi, le infezioni delle vie urinarie sono responsabili del 24% dei decessi, cause meno frequenti di decesso sono le polmoniti da aspirazione (10%), le polmoniti infettive (10%) e la sindrome da deperimento (14%).
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