Il Medioevo Il crollo dell`Impero romano ed il diffondersi del

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Il Medioevo Il crollo dell`Impero romano ed il diffondersi del
Il Medioevo
Il crollo dell'Impero romano ed il diffondersi del Cristianesimo, la cui dottrina spinge a fuggire dai
momenti di piacere e ad evitare luoghi dove più facilmente possono verificarsi occasioni di peccato
contribuiscono al declino delle maestose terme imperiali. Forse anche per l'alto costo di
mantenimento esse vengono progressivamente abbandonate e la distruzione degli acquedotti da
parte dei barbari, primo tra tutti Vitige nel 537, ne interrompe progressivamente l'uso.
La ripresa risale alla fine del Medioevo con la nascita di nuovi centri soprattutto nell'Italia
settentrionale ed in Europa, luoghi in cui si diffondono pratiche termali basate sull'applicazione di
teorie elaborate, ma che lasciano ancora ampio spazio al divertimento e all'intrattenimento. Le
proprietà curative delle fonti dipendono dai minerali e dal grado di calore delle acque. Il punto di
svolta per il loro utilizzo moderno si ha quando numerosi medici si dedicano allo studio, all'analisi e
alla catalogazione delle sorgenti, confrontandosi con geologi, naturalisti e chimici.
L’idrologia assurge a vera e propria pratica terapeutica: si tenta, perciò, di approfondire
maggiormente i meccanismi d’azione delle varie acque in base alla natura delle sorgenti stesse
(sulfuree, ferruginose, nitrose, albuminose, ecc.) e, in base a ciò, capire quali possano essere i
diversi benefici. Inoltre, oltre al bagno e alla bibita (bevanda a base di acqua addizionata ad
oligoelementi o sostanze sulfuree da assumere in caso di problemi gastro-intestinale), si inizia a fare
ricorso alle inalazioni di vapori provenienti dalle sorgenti e alle applicazioni di quei fanghi che si
depositano nelle vicinanze delle sorgenti stesse. Diversi autori di fine Medio evo si interessano a
studi idrologici tracciando, peraltro, le linee guida sulla metodologia, l’igiene e la dietetica da
seguire durante una cura termale. Addirittura sorge un’importante scuola medica presso le terme
Puteolane di Pozzuoli.
E' possibile affermare, semplificando, che nel Medio Evo, mentre l'uso del bagno come pratica
igienica va scomparendo ed il suo antico valore sociale ed edonistico viene messo al bando, si
assiste alla nascita dell'idrologia come pratica terapeutica.
In gran parte su credenze ed osservazioni popolari, ma con spirito empirico encomiabile, vengono
indagati i meccanismi d'azione delle varie acque e si attribuiscono loro effetti specifici diversi. Le
acque solfuree vengono raccomandate per le malattie della pelle e le salsobromoiodiche per la
sterilità femminile, ciò che è confermato anche ai nostri giorni.
Il rinascimento
Nei secoli XIV e XV molti autori si dedicano a studi idrologici. Tra le opere più importanti
ricordiamo il "De Balneis " di Ugolino da Montecatini, che espone in modo dettagliato
caratteristiche ed indicazioni terapeutiche delle acque della stazione termale toscana, ed il "De
Balneis
et
thermis
naturalibus
omnibus
Italiae"
del
1440
di
Michele
Savonarola.
All'epoca, molte stazioni termali godono di grande considerazione presso i medici dell'Università di
Bologna.
Il periodo rinascimentale segna un'ulteriore ascesa della fama delle cure idrologiche, soprattutto
grazie alla scoperta della stampa che favorisce la divulgazione delle opere sull'argomento.
Dell'idrologia si interessano in svariati ambiti alcuni tra i più dotti e geniali medici dell'epoca:
Bacci, Falloppio e Mercuriale e varie stazioni termali vedono il proprio nome e la propria fama
legati a quelli di illustri personaggi: Federico II, Petrarca, Bonifacio VIII, guariti o più o meno
"beneficati" dalle loro acque. Nel Rinascimento, tuttavia, le conoscenze ed i metodi di utilizzo delle
acque non progrediscono sostanzialmente rispetto al Medio Evo e l'acqua rimane sempre, secondo
la teoria umorale, "un mezzo per allontanare dall'organismo umori guasti ed alterati e veleni
responsabili delle malattie".
Una testimonianza importante
Le lettere dell'umanista e storico rinascimentale Poggio Bracciolini (1380-1459) rivestono grande
importanza storico-documentaria: in esse troviamo, tra le altre, la descrizione della città di Baden
nel 1417, in cui c'è un passo riferito ai balnea. Baden-Baden è una città nel Baden-Württemberg
occidentale, vicino alla foresta nera. La città è un noto centro di cura e un centro termale
mineralterapeutico Fino al 1931 la città si chiamava soltanto Baden, la si chiamava per lo più
Baden in Baden e così è sorto il doppio nome odierno.
Poggii Epistolae, liber I, LXXII ad Nicolaum (Niccolò Niccoli): “...Oppidum est satis opulentum,
quod est balneum Alamannorum lingua, situm in convalle, montibus circum imminentibus
prope flumen quoddam ingens rapidissimi cursus, quod in Rhenum fluit longe ab oppido
millibus passuum sex. Prope oppidum stadiis quattuor est villa supra flumen pulcherrima in
usum balneorum fabricata. Area est perampla media parte villae et circum ospitia magnifica
multarum receptacula gentium. Singulae domus sua habent balnea interius, in quibus
abluuntur hi soli, qui ad eas divertere. Balnea tum publica, tum privata sunt numero circiter
triginta: publica tamen duo existunt palam ab utraque parte areae, lavacra plebis et ignobilis
vulgi, ad quae mulieres atque viri, pueri innuptaeque puellae, et omnium circumfluentium faex
descendit. In his vallus quidam interrarus, utpote inter pacificos constructus, viros a foeminis
seiungit. Ridiculum est videre vetulas decrepitas simul et adulescentiores nudas in oculis
hominum aquas ingredi verenda et nates hominibus ostentare... At vero balnea quae sunt in
domibus privatorum perpolita sunt et ipsa viris foeminisque communia: tabulata quaedam haec
secernunt et in eis fenestrellae perplures demissae, quibus et una potare, simul colloqui, et utrimque
videre, atque attrectare queant, ut eorum est frequens consuetudo. Haec super cingunt
deambulatoria, in quibus conspiciendi, confabulandique causa homines consistunt. Nam cuivis licet
visendi, colloquendi, iocandi, ac laxandi animi gratia, aliorum balnea adire ac adstare, adeo ut et
cum exeunt et cum ingrediuntur aquas foeminae maiore partis corporis nudae conspiciantur.....”.
“Io ti scrivo ora dai bagni, dove mi sono recato per curare un'infermità alle articolazioni delle mani,
ritenendo che valga la pena di descriverti la posizione e la bellezza dei luoghi, i costumi degli
abitanti, le abitudini dei bagnanti. Dagli scrittori classici si parla molto dei bagni di Pozzuoli, dove
il popolo romano affluiva quasi al completo per divertirsi; ma non credo che raggiungessero
l'atmosfera gaia di questi, né che a questi fossero paragonabili. I diletti di Pozzuoli derivavano più
dalla bellezza dei luoghi e dal lusso delle ville, che non dall'allegria delle persone e dalle
consuetudini di vita. Ma giacché voglio descriverti questi bagni non tralascerò di dirti della strada
che porta qua da Costanza, perché tu possa renderti conto della parte della Gallia in cui mi trovo. Il
primo giorno con un battello percorremmo il Reno per ventiquattro miglia fino a Sciaffusa; in
seguito, a causa della grande cascata del fiume, attraverso monti scoscesi e rupi impervie, dovemmo
proseguire il viaggio a piedi per dieci miglia, finché non giungemmo a un castello detto Kaiserstuhl;
cioè, nella loro lingua, sede di Cesare. A giudicare dal nome e dalla posizione favorevole (è infatti
su un'altura sovrastante un fiume che attraverso un ponticino congiunge la Gallia alla Germania)
credo che la località fosse in origine un campo romano. In questo tratto del viaggio vedemmo la
cascata del Reno dall'alto del monte, rotta da scogli, fremente e sonante, sì da far credere che il
fiume stesso lamentasse dolorosamente la propria caduta. Mi tornò in mente ciò che dicono della
cascata del Nilo, così impetuosa, e non mi meraviglio che si ritenga siano sordi per lo straordinario
rumore gli abitanti delle località circonvicine. Il rumore di questo fiume, che al paragone del Nilo è
un torrente, si può infatti sentire a quasi mezzo miglio.
…Si trova poi la città di Baden, che in tedesco vuol dire bagno, abbastanza prospera, situata in
una valle circondata di monti, su un grosso fiume di rapidissima corrente che a sei miglia dalla
città si getta nel Reno. A circa mezzo miglio da Baden è la bellissima città balneare, costruita sul
fiume. Nel mezzo v'è un'area molto vasta e intorno magnifici alberghi capaci di ospitare gran
numero di persone. Le singole case hanno all'interno bagni privati, dove si tuffano solo quelli
che vi alloggiano. I bagni pubblici e privati sono circa in numero di trenta; ci sono tuttavia ai
due lati della piazza due bagni pubblici scoperti per il basso popolo, e ci vanno a fare il bagno
uomini e donne, ragazzi e ragazze, e in genere tutti gli elementi più volgari. Qui un basso
steccato, messo su alla buona, divide gli uomini dalle donne. È ridicolo vedere le vecchiette
decrepite e al tempo stesso le ragazzine entrar in acqua nude, davanti agli uomini, mostrando
ogni parte del corpo; più di una volta ho riso perché questo eccezionale spettacolo mi faceva
pensare ai ludi floreali, e dentro di me ammiravo la semplicità di questa gente, che non bada a
queste cose e non vi porta nulla di equivoco o di malizioso. I bagni delle case private poi sono
pulitissimi, e anch'essi comuni a uomini e donne; una divisione separa queste ultime, ma con
molte basse finestrine attraverso le quali possono bere insieme, parlarsi, vedersi e darsi la mano,
come è loro uso frequente. In alto questi bagni sono recinti da una ringhiera in cui gli uomini
sostano a osservare e a parlare. A chiunque è permesso andare e fermarsi nei bagni altrui, per far
visita, conversare, divertirsi, svagarsi, mentre le donne si fanno vedere a entrare e uscir dall'acqua
col corpo quasi completamente nudo. Tuttavia non ci son né custodi, né porte, né sospetti di male;
in molti luoghi l'ingresso al bagno è comune per uomini e donne, sì che spessissimo accade a un
uomo di imbattersi in una donna seminuda e a una donna in un uomo nudo. I maschi si servono
solo di un cinto, le donne portano delle corte vesti di tela fino alle gambe, aperte ai lati in modo
da non coprire né il collo, né il petto, né le braccia, né le spalle. Spesso nell'acqua mangiano a
comuni spese, su una mensa galleggiante a cui son soliti partecipare gli uomini. Anche noi, nella
casa dove ci bagnavamo, fummo sollecitati a prender parte a questa consuetudine; ed io pagai la
mia parte, ma, benché molto pregato, non volli mettermi a tavola; non per un senso di pudore, che
vien giudicato indizio di pigrizia e selvatichezza, ma per l'ignoranza della lingua. Mi sembrava
sciocco che un italiano, non sapendo parlare la loro lingua, se ne stesse in acqua come un muto
con le donne a passar tutto il giorno tra una bevuta e l'altra. Tuttavia due di noi entrarono nel
bagno; molto allegramente stettero insieme, e insieme bevvero e mangiarono, parlarono anche,
servendosi di interpreti, e molte volte facevano vento col ventaglio alle loro compagne. Però,
quando entrarono nel bagno delle donne, erano vestiti di un costume di tela come usa per gli
uomini.
Io dalla ringhiera osservavo tutto, badando agli usi, ai costumi, alla piacevole maniera di vivere
dovuta alla libertà estrema delle abitudini. È meraviglioso vedere con quale semplicità vivano, con
che fiducia. Vedevano le loro mogli trattare con stranieri, e non se la pigliavano, non ci facevano
caso, prendendo tutto in buona parte. Non c'è niente di tanto scabroso che nei loro costumi non
diventi semplice. Avrebbero potuto vivere senz'altro nella repubblica di Platone, mettendo tutto in
comune, giacché anche senza conoscerne la dottrina erano così pronti ad accettare i princìpi di
quella scuola. In alcuni bagni i maschi stanno con le donne legate a loro da vincoli di sangue o di
amicizia; ogni giorno entrano nei bagni tre o quattro volte, passandovi la maggior parte del tempo
in canti, in simposi, in danze. Infatti suonano accoccolandosi un poco nell'acqua, ed è molto bello
vedere ragazze già in età di prender marito, splendide e cortesi, in vista, in abito e aspetto di dee.
Suonando esse rialzano un poco la parte posteriore della veste lasciandola ondeggiare sull'acqua,
sì che le crederesti Veneri alate. È costume delle donne, quando gli uomini le osservano dall'alto,
chieder loro per scherzo l'elemosina. Così vengon gettate delle monetine e specialmente alle più
belle; in parte esse le colgono a volo con le mani, in parte stendendo le vesti, spingendosi l'un
l'altra; e in questo gioco si scoprono anche le più riposte parti del corpo. Si gettano anche corone
di fiori variopinti, di cui si ornano la testa mentre si bagnano. Attratto da tanta festevole gaiezza di
vita, siccome mi bagnavo solo due volte al giorno, passavo il resto del mio tempo visitando i bagni
altrui, gettando spesso monete e corone come facevano gli altri. Né mi rimaneva tempo per
leggere o coltivarmi fra tante sinfonie, flauti, cetre e canti che da ogni parte risuonavano; sì che il
solo desiderio di comportarsi da savi era il colmo della follia; specialmente per uno come me che,
pur non avendo nulla di comune con quel Menedemo tormentatore di se stesso, essendo uomo non
reputo estraneo a me niente di umano. Perché il mio piacere fosse perfetto mancava la
conversazione, che è la cosa più importante. Non mi restava dunque di meglio che soddisfare la
vista, andar dietro per svago alle mie compagne, accompagnarle e riaccompagnarle; potevo
anche corteggiarle e con tanta libertà da non temere di passare i limiti permessi.
Oltre a tutti questi svaghi c'è un'altra non piccola attrazione; dietro la villa, accanto al fiume, c'è
un gran prato protetto da molti alberi; là convengono tutti dopo cena e vi si fanno giuochi diversi.
C'è chi si diverte a ballare, alcuni cantano; moltissimi giocano a palla, ma non secondo il nostro
sistema; uomini e donne si lanciano a vicenda una palla piena di sonaglini, gettandola alla
persona che preferiscono; allora si corre da ogni parte per afferrare la palla; chi la prende è il
vincitore; questi, a sua volta, la getta a chi preferisce e, mentre molti la reclamano tendendo le
mani, fa finta di buttarla ora a questo ora a quella. Si fanno pure molti altri giochi di cui sarebbe
lungo parlare; ho raccontato questo per farti capire in breve come fiorisca qui la scuola di
Epicuro, e credo sia questo il luogo dove fu creato il primo uomo e che gli Ebrei chiamano Eden,
cioè giardino del piacere. Ché se il piacere può render felice la vita, non vedo che cosa manchi a
questo luogo per una felicità perfetta e sotto ogni rispetto compiuta.
Se poi vuoi conoscere qual sia la virtù di queste acque, essa è varia e molteplice, ma in una cosa è
mirabile e veramente divina. In nessun luogo del mondo ci son bagni più propizi alla fecondità
delle donne. Così, molte che vengono ai bagni per guarire della sterilità, ne sperimentano la
mirabile efficacia; infatti osservano scrupolosamente le prescrizioni con le quali si curano quelle
che non possono concepire. Ma merita fra l'altro far menzione del fatto che una smisurata
moltitudine di persone d'ogni condizione viene qui da distanze di duecento miglia, non tanto per la
salute quanto per il piacere; tutti gli amanti e tutti coloro che ripongono nei piaceri lo scopo della
vita, si danno convegno qui per godere degli agognati beni; fingono molte malattie del corpo
mentre soffrono per le passioni dell'animo. Così vedrai innumerevoli belle senza mariti o
congiunti, con due cameriere e un servo, e al massimo una lontana parente, qualche vecchietta che
è più facile ingannare che saziare. Alcune secondo le loro possibilità vengono ornate di vesti
lussuose, d'oro, d'argento, di gemme, tanto da far credere che vadano a nozze sontuosissime e non
ai bagni. Qui sono anche vergini vestali; qui abati, monaci, frati, sacerdoti, vivono con una licenza
superiore al consueto, prendendo a volte il bagno con donne ed ornandosi il capo di ghirlande,
senza fare il minimo conto della propria condizione di religiosi. Tutti hanno in mente una cosa
sola: di sfuggire la tristezza, di cercar l'allegria, di non preoccuparsi di niente se non di viver lieti
e di godersi i piaceri. Qui non si tratta di dividere i beni comuni, ma di mettere in comune le cose
divise. Strano a dirsi, in tanta moltitudine - ci son circa mille persone -, in tanta varietà di costumi,
in una folla così eccitata, non nascono mai bisticci, tumulti, dissidi, mormorazioni, maldicenze. I
mariti vedon le mogli corteggiate, le vedon conversare con i forestieri, e a volte da solo a sola;
non se la prendono, non si meravigliano, pensano che tutto questo si faccia con innocente
amicizia. La taccia di geloso, che qualche volta ha colpito da noi quasi tutti i mariti, qui non ha
ragion d'essere; del tutto sconosciuta è la stessa parola; ignorando la passione non hanno un
termine per indicarla. E c'è da meravigliarsi che manchi il nome di una cosa, là dove manca la
cosa stessa? Né mai fra costoro si è trovato ancora alcuno che fosse geloso.
O costumi diversi dai nostri, che sempre volgiamo tutto al peggio, che ci dilettiamo di calunnie e
maldicenze fino al punto di trasformare subito in una piena testimonianza di colpa la prima ombra
di sospetto! Molto spesso invidio questa pace e detesto la perversità dell'animo nostro, per cui
sempre siamo volti al guadagno, agli appetiti; per cui mettiamo a soqquadro cielo, terra e mare
per trarne danaro, mai contenti dei nostri utili, del nostro lucro. Nel timore di guai futuri ci
mettiamo continuamente nei guai e negli affanni, e per non essere un giorno miseri non smettiamo
mai di esserlo; sempre assetati di ricchezze, mai ci preoccupiamo del corpo, mai dell'anima.
Costoro invece, contenti di poco, vivono alla giornata; tutti i giorni per loro sono festivi; non
desiderando ricchezze che non verranno mai, godono secondo i loro mezzi, non temono il futuro; e
se capita qualcosa di male, la prendono di buon animo. Così sono ricchi secondo la massima che
ognuno ha vissuto nella misura in cui ha goduto. Ma lasciamo andare! Non mi propongo né di
lodar loro, né di biasimare noi. Voglio che tutta la lettera sia piena di cose allegre, perché anche
tu, da lontano, partecipi un poco, attraverso questa mia, a quel piacere che ho goduto ai bagni.
Addio, mio carissimo Niccolò, e leggi queste pagine a Leonardo (fra gli amici tutto è comune).
Saluta da parte mia Nicola e Lorenzo dei Medici, e porgi il mio ossequio a Cosimo.
Dopo la caduta dell'impero romano, gli arabi riprendono la tradizione dei bagni riscaldati delle
terme romane con dei bagni, chiamati "hammam " (dall'arabo: "scaldare"), più piccoli e con una
procedura di balneazione più semplice. Nelle terme romane, dopo l'attività fisica, si entrava nel
tepidarium, poi nel calidarium ed infine nel laconicum, la stanza finale più calda, riscaldata con
aria secca ad altissima temperatura, infine dopo la pulizia del corpo e i massaggi, si faceva una
nuotata nella piscina del frigidarium, seguita dalla frequentazione di biblioteche o spettacoli. Nella
tradizione araba, il ciclo si è ridotto: l'hammam è formato essenzialmente da tre sale in cui ci si
lava, una sala è molto calda (harara), una tiepida e l'ultima fresca; si inizia di solito dalla sala più
calda. Alla fine del ciclo si possono fare dei massaggi.
Come per i romani, gli hammam diventano ben presto un luogo di socializzazione di grande
importanza nella vita delle citta' arabe. I bagni sono uno dei pochi posti aperti dalla mattina presto
fino a notte inoltrata: un momento da dedicare alle relazioni umane. Un luogo di ritrovo, di
comunicazione e di scambio d'affari, insomma, all'interno del quale la maggiore attrazione è
costituita dal barbiere che rade, taglia i capelli, massaggia e unge il corpo dei clienti. L'ingresso
negli hammam fu vietato alle donne per moltissimo tempo, fin quando i benefici igienici che si
ricavavano da una sua frequentazione divennero evidenti. Solo allora la "regola" venne
reinterpretata. Sherazade, la bellissima narratrice de: "Le mille e una notte", affermava che una città
non può dirsi completa se non possiede un Hammam.
Una tradizione molto antica, estremamente diffusa in Medio Oriente, che oggi pero' viene riscoperta
anche in Occidente. Dai balnea romani alle abluzioni dei musulmani, la filosofia e la cultura dei
bagni di vapore si e' tramandata fino a noi.
Larghissima parte della letteratura scientifica dedicata ai trattamenti termali ritiene che il termine
Spa sia un acronimo del latino "salus per aquam", letteralmente "la salute attraverso l'acqua
termale.” Tuttavia, secondo alcuni, esso deriverebbe anche dalla cittadina belga Spa, nota fin
dall'antichità proprio per le sue acque minerali di cui beneficiavano anche gli stessi soldati romani.
Sin dal XVI secolo, la parola spa diventa comunque il termine per antonomasia del termalismo,
dapprima in inglese e poi anche in altre lingue.
Il termine Spa è ormai utilizzato per indicare le stazioni termali o in generale aziende che
forniscono cure idroterapiche o anche servizi di benessere e cura del corpo. Oggi le aziende spa
offrono non solo trattamenti termali, balneoterapici ed idroterapici, ma anche altri servizi (ad
esempio massaggi, fanghi,sauna, bagno turco...) per la salute e l'armonia del corpo e della mente.