la teoria dei tre stili - Istituto Ven. A. Luzzago

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la teoria dei tre stili - Istituto Ven. A. Luzzago
LA TEORIA DEI TRE STILI
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CASSIODORO, dal Proemio alle Variae
Il Medio Evo ebbe, al pari dell’Antichità, attenzione per gli aspetti formali sia della poesia che della prosa, aspetti che cercò di
codificare in forme rigide. Una prima definizione fu proposta da Cassiodoro nel proemio delle Variae – raccolta di lettere e
documenti in dodici volumi scritta intorno al 537 – basandosi sul principio della “separazione degli stili”. Il concetto derivava
dalla
retorica antica (in particolare la Rhetorica ad Herennium, ma anche dalla teorizzazione dell’Orator ciceroniano e dal trattato
di Institutio oratoria di Quintiliano) ed era detto “teoria dei tre stili” (tria genera dicendi). In base a tale teoria lo stile deve
corrispondere alla materia trattata, perciò vengono distinti tre livelli: sublime, medio, umile.
Ecco come Cassiodoro riscriveva la teoria:
Come titolo di questi libri, per designarne carattere e argomenti e sintetizzarne in una parola il
contenuto, ho scelto quello di Variae, poiché fui costretto a non usare un solo stile, dovendomi rivolgere
a persone diverse. Diversamente, infatti, bisogna parlare a persone rimpinzate da molte letture, o a
gente di cultura mediocre, o a chi è del tutto digiuno di lettere se li si vuole persuadere, tanto che a volte
è una forma di perizia letteraria evitare quel che piace ai dotti. Non invano, infatti, la saggia Antichità ha
distinto tre generi d'eloquenza: l’umile, che per il suo stesso carattere di linguaggio comune sembra
strisciare terra terra; il medio, che non si eleva alla grandiosità né
decade nella sciatteria, ma si mantiene entro i propri limiti, fra l'uno e l'altro estremo,dotato, però, d'una
sua grazia; e un terzo genere, che per l'elevatezza dei concetti e delle forme si eleva alle vette più eccelse
del dissertare; certo affinché ogni varietà di persone potesse disporre d'un linguaggio a lei proprio, ed
esso, pur sgorgando da un solo petto, scorresse tuttavia per alvei diversi, dato che non può essere detto
eloquente se non chi, armato di questa triplice virtù, è pronto ad affrontare vigorosamente le situazioni
che si presentano.
Ciascuno degli stili veniva identificato in relazione a specifici fattori formali o alla materia trattata o ai destinatari o alle
finalità del discorso (docere o probare “insegnare”, delectare “dilettare”, flectere o movere “convincere, commuovere”).

GOFFREDO DI VINSAUF, dal Documentum de arte versificandi
L’inglese Goffredo di Vinsauf (XII-XIII sec.) – della cui biografia si conosce pochissimo – fu probabilmente docente di retorica
presso l’università di Bologna intorno al 1200. Il Documentum de arte versificandi (Documento sull’arte del versificare) è un
trattato di retorica in prosa. Il suo oggetto è l’Ars Poetriae, cioè l’insieme delle regole grammaticali e retoriche che presiedono
alla composizione della poesia.
Tre sono dunque gli stili: umile, medio, grande. In relazione alle persone o alle cose di cui si tratta, si
hanno queste designazioni1. Quando si tratta di persone di rango sociale elevato o di avvenimenti
pubblici, lo stile si può definire grande; basso, quando si tratta di persone o argomenti umili; medio, di
mezzani. Virgilio usa tutti e tre gli stili: umile nelle Bucoliche2, medio nelle Georgiche3, grande
nell’Eneide4.
1 In relazione… designazioni: la scelta dello stile deve aderire all’oggetto della rappresentazione e lo stile più nobile può
riservarsi solo a personaggi ed azioni nobili. Si tratta di un principio, non privo di implicazioni sociali, che verrà a lungo
considerato valido anche in età moderna.
2 Bucoliche: poemetti di ambientazione pastorale.
3 Georgiche: poema didascalico sulla coltivazione dei campi.
4 Eneide: poema epico sulle leggendarie origini di Roma.
ANALISI DEL TESTO
Il brevissimo brano qui riportato proviene da un manuale scolastico. Il tono didascalico è evidente: i
concetti sono ripetuti e illustrati da esempi, al fine di farli meglio memorizzare ai giovani studenti.
Oggetto della trattazione è la teoria dei tria genera dicendi, elaborata dai latini e tramandata dalle scuole medievali.
Il principio della divisione degli stili trova il suo caposaldo nell’Orator di Cicerone, secondo il quale il perfetto oratore
deve, nelle diverse circostanze, saper adottare uno stile differente, commisurandolo all’argomento del discorso ed
all’uditorio cui si rivolge.
È da notare il fatto che, nel trattato di Goffredo, l’elevatezza dello stile viene fatta coincidere, tra l’altro, con la
condizione sociale dei personaggi rappresentati. Tale principio avrà lunga fortuna nella letteratura italiana: la
rappresentazione di personaggi di condizione bassa sarà a lungo esclusa, infatti, dalla letteratura seria, e limitata
all’ambito di uno stile “basso”, spesso connesso con intenti scopertamente satirici.
La divisione degli stili teorizzata da Goffredo si configura come un rigido schema ternario. Lo stesso tipo di schema era
stato applicato all’organizzazione della società, intorno all’anno Mille, dal vescovo francese Adalberone da Laon. Si
tratta in entrambi i casi – al di là della diversa tematica
affrontata dai due testi – di modelli di interpretazione della realtà considerati immutabili. Il numero tre, del resto,
aveva un valore simbolico e religioso evidente a tutti; sicché la disposizione a pensare il mondo in termini ternari si
accompagnava alla convinzione che l’ordine del mondo – o, nel nostro caso, la codificazione delle norme che
presiedono alla scrittura poetica – fosse immutabile e obbedisse direttamente al volere divino.
È poi significativo il fatto che, come esempio della capacità di adeguare lo stile alla materia, venga
indicato Virgilio, considerato nel Medioevo modello indiscusso di poesia. Sin dall’Alto Medioevo, del resto, la teoria
degli stili si era costruita intorno all’opera di Virgilio. E addirittura la tripartizione era stata articolata facendo
riferimento non solo al rango sociale dei personaggi, ma anche ai luoghi in cui possono operare, alla vegetazione che
può essere rappresentata nelle opere poetiche, agli strumenti e agli animali che ciascuno stile meglio si adatta a
rappresentare. Queste regole, nelle scuole medievali, venivano illustrate agli studenti attraverso la cosiddetta Rota
Vergilii:

DANTE, De vulgari eloquentia, II, cap. 4
La teoria della divisione degli stili viene ripresa da Dante nel De vulgari eloquentia, in cui suddivide i tre stili in: “tragico”
(grave), “comico” (medio) ed “elegiaco” (umile).
Anzitutto diciamo che ciascuno deve proporzionare il peso della materia alla capacità delle proprie spalle, affinché
non gli capiti di dover cadere nel fango per aver sforzato le spalle con un peso eccessivo1: è questo ciò che ci
insegna il nostro maestro Orazio, quando, nel principio della Poetica, dice «Sumite materiam2».
Poi, rispetto agli argomenti che abbiamo davanti, dobbiamo usare il discernimento, per capire se occorra cantarli
in forma tragica, o comica, o elegiaca. Indichiamo con tragedia lo stile superiore, con commedia quello inferiore,
con elegia intendiamo lo stile degli infelici3.
Se ci sembra che l’argomento vada cantato in stile tragico, allora bisogna prendere il volgare illustre4, e di
conseguenza comporre una canzone5. Se invece lo stile è comico, si prenda a volte un volgare mezzano e a volte
un volgare umile6... Se poi lo stile è elegiaco, è necessario prendere solo il volgare umile.
1
Anzitutto diciamo… eccessivo: Anzitutto diciamo che ogni poeta deve trattare un argomento adeguato alle proprie capacità,
affinché non gli capiti di fallire per l’inadeguatezza delle proprie forze.
2
Sumite materiam: «Sumite materiam vestris, qui scribitis, aequam / viribus» [«Prendete una materia adatta alle vostre
forze, o voi che scrivete»; il riferimento è ad Ars poetica, vv. 38-39.
3
Intendiamo… degli infelici: la distinzione tra tragedia e commedia è basata su una gradazione quantitativa (la maggiore o
minore altezza dello stile). L’elegia, invece, è qui definita in base alla qualità del tema trattato (l’amore infelice).
4
Il volgare illustre: secondo il principio del conveniens, il volgare illustre si addice solo agli argomenti più elevati.
5
una canzone: la forma della canzone è ritenuta da Dante la più eccellente, e quindi la più degna di trattare argomenti elevati
in volgare illustre.
6
se lo stile è comico… un volgare umile: lo stile «comico» richiede una lingua composita, di livello a volte medio e a volte
basso.