Partiti comunisti e movimenti collettivi. Pci, Pcf e Pcp di
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Partiti comunisti e movimenti collettivi. Pci, Pcf e Pcp di
Giulia Strippoli Università degli Studi di Torino Storie in Corso VI- Seminario Nazionale Dottorandi Catania, 26-28 maggio 2011 Titolo provvisorio della tesi: Partiti comunisti e movimenti collettivi. PCI, PCF e PCP di fronte alle proteste del Sessantotto Il quesito di fondo della ricerca Come reagirono i Partiti comunisti italiano, francese e portoghese di fronte ai movimenti di studenti e lavoratori che si produssero alla fine degli anni Sessanta? Nel tentativo di rispondere a questa domanda cercherò di ricostruire una parte della storia del PCI, del PCF e del PCP. Il progetto è nato dopo aver conseguito la laurea specialistica in Storia con una tesi sulla storia del PCP e il pensiero politico di Álvaro Cunhal1. La scelta di un argomento di storia comparativa è stata dettata dall'intenzione di continuare a studiare la storia contemporanea del Portogallo e di non isolarla dal contesto europeo e mondiale. L’interesse per la storia politica e lo studio dei partiti comunisti é maturato nel corso degli anni universitari e ha trovato conferma e stimoli nelle ricerche per la tesi di laurea. I punti deboli del progetto erano due, uno di carattere concettuale e l'altro metodologico. La storiografia italiana si è occupata poco della storia portoghese e le lacune non hanno contribuito a eliminare gli stereotipi legati alla perifericità del Paese iberico 2. Si trattava dunque di giustificare l'inclusione del Portogallo nella ricerca, rispondendo alla seguente domanda: ci furono dei movimenti sociali tali da permettere una comparazione con l'Italia e la Francia? Come poteva infatti il Portogallo essere accostato alla categoria storiografica del Sessantotto, intendendo con questa espressione una particolare congiuntura economica, sociale e culturale che caratterizzò paesi industrializzati e democratici? Il rischio era quello di forzare le categorie interpretative procedendo 1 Daniel, Duarte, Manuel. L’azione e il pensiero politico di Álvaro Cunhal, dirigente del Partito Comunista Portoghese, tesi di laurea specialistica in Storia, Università degli Studi di Torino, luglio 2007 2 Lo scarso interesse da parte della storiografia italiana per il Portogallo e la sua storia, è stato recentemente discusso in: G. Accornero, A. Botti, Il Portogallo e la transizione alla democrazia, in «Storia e problemi contemporanei», n. 54, maggio 2010 1 a una giustificazione dell'inclusione del Portogallo nel “Sessantotto”. L'ambiguità si supera sottolineando che i principali oggetti di studio sono i partiti comunisti e non i movimenti: si può dunque evitare di includere o escludere la realtà portoghese da categorie interpretative maturate in contesti differenti; occorre piuttosto argomentare perchè la fine degli anni Sessanta sono un osservatorio interessante sulla storia del PCP. Potendo sostenere l'idea che la fine del decennio, anche nel periferico Portogallo, coincise con un periodo di particolare fermento politico e di mobilitazione collettiva, diventava possibile procedere. Mantenendo il focus sui tre partiti comunisti, risultava secondaria una eventuale ricerca di indicatori di comparazione tra i movimenti studenteschi e di lavoratori portoghesi e quelli italiani e francesi3. L'ostacolo metodologico risiedeva nella tipologia delle fonti a disposizione e nell'uso incrociato di fonti e storiografia alla base della ricerca. Il limite più evidente è il fatto che l'archivio del PCP è chiuso agli studiosi; ho dovuto verificare che le fonti raccolte e conservate presso altri archivi fossero sufficienti a sostenere le domande alla base del progetto. Un'altra scelta ha condizionato la metodologia della ricerca: per l'Italia e la Francia i riferimenti ai movimenti di studenti e lavoratori derivano quasi esclusivamente dalla storiografia, mentre per il Portogallo ho ritenuto opportuno raccogliere e studiare le fonti anche sui movimenti. Superati gli ostacoli iniziali, ho proceduto alla circoscrizione dei temi, definendo i tempi per la raccolta del materiale e le priorità di studio. Sono sorte quasi subito altre domande legate al tema centrale, che hanno portato a definire i termini a quo e ad quem della ricerca. Ho scelto il biennio 1964/19654 come data di partenza e la fine del 1969 come data conclusiva. Questo arco cronologico permette di fornire una fotografia dei partiti alle soglie del Sessantotto e di includere le elezioni legislative che si svolsero in Italia (maggio 1968) Francia (giugno 1968) e Portogallo (ottobre 1969). 3 Ho dedicato gli inizi della ricerca a studiare la fine degli anni Sessanta in Portogallo. Alcuni eventi importanti rendono la fine del decennio particolarmente interessante dal punto di vista del fermento sociale e politico: la mobilitazione dei giovani in occasione dell’alluvione del novembre 1967; le proteste nelle università e la “crisi di Coimbra”, la sostituzione di Salazar con Marcelo Caetano (settembre 1968) e la campagna elettorale per le elezioni politiche dell’ottobre 1969. 4 Con la morte di Palmiro Togliatti e di Maurice Thorez, nell’estate 1964, scomparvero i due segretari che avevano traghettato il PCI e il PCF nel dopoguerra, lasciando a Luigi Longo e Waldeck Rochet la guida di due grandi partiti di massa. Alla guida del PCP c’era Álvaro Cunhal, nominato formalmente segretario del PCP dopo la fuga dal carcere di Peniche nel 1960. Nel 1965 uscì “Rumo à Vitória”, il testo più importante del PCP fino alla Rivoluzione dei Garofani (25 aprile 1974). 2 La struttura della tesi In un primo momento avevo pensato di impostare la comparazione in questo modo: fornire una panoramica dei tre partiti dalla metà degli anni Sessanta fino al 1968, dedicare poi un capitolo ai movimenti di studenti e lavoratori nei tre paesi, procedere alla ricostruzione dell’atteggiamento dei partiti nei confronti del movimenti, concludere il lavoro con un capitolo sulle elezioni del 1968/1969. Questa ipotesi di struttura derivava principalmente dal modo di procedere nello studio, orientato all’individuazione dei temi centrali della storia dei tre partiti negli anni Sessanta e di quelli riguardanti i movimenti sociali. Quando in una fase di raccolta del materiale archivistico già avanzata ho ripensato ai temi fondamentali della ricerca, ho ridefinito i termini della comparazione. Non rinunciando all’intenzione di fornire una fotografia dei tre partiti, ho pensato a temi trasversali che permettessero comunque di affrontare i nodi della ricerca. La comparazione è dunque per temi, ma all’interno di ciascun argomento si segue un criterio cronologico. Ho formulato un indice che sto seguendo per la redazione della tesi, che tuttavia non è ancora completo di tutti i paragrafi né dei titoli definitivi. 1. I partiti e la politicizzazione delle giovani generazioni 1.1 L'alluvione di Firenze e le manifestazioni per la pace 1.2 Politicizzazione o de politicizzazione dei giovani francesi? 1.3 Un’altra alluvione, un'altra politicizzazione (Nel capitolo 1 si parla dell'attivismo dei giovani italiani francesi e portoghesi negli anni Sessanta, dei processi di politicizzazione degli studenti e dei contenuti e delle forme di mobilitazione e protesta contro la guerra del Vietnam, la guerra coloniale, i rispettivi governi, ecc… Si traccia anche il panorama delle associazioni e organizzazioni giovanili dentro le università e delle organizzazioni giovanili dei partiti. Lo si fa attraverso la bibliografia esistente e attraverso la stampa dei partiti. Tutti e tre i paragrafi assumono la prospettiva interna ai partiti. Il quadro si fa accennando alla mobilitazione ma soprattutto mettendo in primo piano la reazione dei partiti all'attivismo giovanile degli anni Sessanta. Uso anche la memorialistica dei dirigenti comunisti.) 2. Alla loro sinistra 2.1 L’estrema sinistra in Italia 2.2 Gauchismes, gauchistes 3 2.3 Esquerda radical (Nel capitolo 2 si parla dei gruppi alla sinistra dei partiti. Si fa riferimento all’influenza della rivoluzione culturale cinese e alla formazione di gruppi di estrema sinistra. Anche in questo caso lo si fa attraverso la bibliografia raccolta e la stampa dei partiti. La prospettiva rimane quella interna ai partiti, quindi dirò come i partiti reagirono alla nascita di questi gruppi, e non farò la storia di questi gruppi, per la quale si fa riferimento e si rimanda alla bibliografia studiata. Anche questo capitolo permette di affrontare almeno un punto della fotografia dei partiti, cioè la politica nazionale e la politica estera, per il legame tra questi gruppi e la scissione maoista a livello internazionale. Uso la bibliografia raccolta sull'estrema sinistra, incrociata con la stampa comunista e con la memorialistica dei dirigenti comunisti.) 3. Nella protesta – studenti 3.1 PCI e studenti 3.1.1 Febbraio-Dicembre 1967: la fiducia nel controllo e la critica del centro-sinistra. 3.1.2 Gennaio- Giugno 1968: lo sbandamento 3.1.3 La linea politica. Verso la soluzione di un disorientamento esplicito 3.2 PCF e studenti 3.2.1 La reazione alla sorpresa 3.2.2 La gestione del dissenso interno 3.2.3 La rielaborazione 3.3 PCP e studenti 3.3.1 La mediazione politica 3.3.2 La preoccupazione politica 3.3.3 La critica politica 4. Nella protesta- lavoratori 4.1 Autunno caldo 4.2 Gli scioperi di giugno 1968 4.3 La ripresa degli scioperi in Portogallo 1968 4 (I capitoli 3 e 4 sono il cuore della tesi. Parlano della reazione dei partiti ai movimenti degli studenti e agli scioperi dei lavoratori. La prospettiva è interna ai partiti. Il racconto è fatto attraverso lo spoglio dei documenti d'archivio raccolti. Per il PCP uso la stampa, i documenti del PCP presenti negli archivi della polizia in quanto sequestrati e i documenti raccolti negli altri archivi elencati. Per il PCI e il PCF uso la stampa ma soprattutto i documenti emessi dagli organismi dirigenti. Si devono far emergere da un lato la reazione e il giudizio sui movimenti, e dall'altro lato il modo in cui il dibattito fu condotto all'interno del partito). Quadro interpretativo e storiografico L'intento é di contribuire al dibattito sui partiti politici, usando il metodo comparativo. Secondo Marc Bloch, uno dei maggiori vantaggi della comparazione («gran servigio», nelle parole dello storico francese) é la garanzia di non considerare tutto "naturale"5. È in questa prospettiva che si vorrebbe procedere, nel tentativo di non appiattire la storia dei partiti comunisti su similitudini di comportamento di fronte a movimenti variegati e complessi, ma mettendo in luce la loro politica, che si espresse in modi diversi e chiaramente in condizioni diverse. I riferimenti, nella storiografia, sono i lavori sui partiti comunisti che hanno compreso il partito comunista portoghese nella loro indagine, ma, più in generale, quelli che hanno offerto spunti alla storiografia comparativa tra i partiti comunisti, che contengono anche indicazioni di metodo -più o meno approfondite- sulle ragioni, l'opportunità, i pregi e i difetti dell'uso del metodo comparativo in riferimento ai partiti comunisti. Segue un breve elenco bibliografico: A. Agosti, Bandiere rosse, Editori Riuniti, Roma 1999; D. L.M. Blackmer, S. Tarrow (a cura di), Il comunismo in Italia e in Francia, Etas Libri, Milano 1976; A. Bosco, Comunisti: trasformazioni di partito in Italia, Spagna e Portogallo, Il Mulino, Bologna 2000; M. Bracke, Which socialism, Whose détente? Ceu Press, Budapest- New York 2007; M. Lazar, Maisons Rouges, Aubiers, Mesnil-sur-l'Estrée 1992; A. Hobel, M. Bracke, Giaime Pala, T. Nencioni, El inicio del fin del mito sovietico, El Viejo Topo, España 2008. Proprio sul tema del confronto del rapporto tra il PCI e il Sessantotto (con un articolo anche sul PCF) è uscito un numero (rimasto unico) della rivista “Le classi, la storia”, Città del Sole, dicembre 2009. Ci sono notevoli differenze tra la storiografia sui partiti comunisti italiana, francese portoghese. Fino all’inizio degli anni Novanta, la storiografia sul PCI godette di uno statuto particolare nel panorama internazionale: la disponibilità di materiale archivistico e la qualità dei lavori raggiunta da storici pur organici o vicini al PCI resero gli studi italiani unici rispetto al panorama europeo. Nel 5 M. Bloch, Storici e Storia, Einaudi, Torino 1977, p. 129 5 clima generale della fine dell’Unione Sovietica e di un cambiamento di prospettiva storiografica, anche grazie alla disponibilità di nuovo materiale archivistico, la trasformazione del PCI in PDS fece venir meno quella sorta di "modello" rappresentato dal PCI. Per una riflessione sulle diverse ispirazioni e i percorsi seguiti dalla storiografia italiana e da quella francese sui partiti comunisti, sia precedente che successiva la fine del mondo sovietico, ci sono in particolare le introduzioni dei lavori di A. Agosti, M. Bracke e M. Lazar, che riassumono le evoluzioni degli studi sul PCI e sul PCF e sull’Internazionale Comunista. Per quanto riguarda la storiografia sul PCP, si devono tenere in considerazione proporzioni diverse rispetto a quella italiana e francese. Si tratta di una storiografia più “giovane”, maggiormente circoscritta al Portogallo (sono pochi gli studiosi stranieri che se ne occupano, così come pochissime sono le opere di comparazione), con un numero di pubblicazioni inferiore rispetto ai lavori italiani e francesi. In questo contesto, il ruolo del PCP nella trasmissione della propria storia è centrale: preservando i suoi archivi dalla consultazione degli studiosi trasmette una storia eroica che non esce dalla dimensione della militanza politica6. Poiché lo scopo della ricerca è indagare la storia dei tre partiti comunisti, bisogna considerare lo stato dell’arte sul tema del PCI, del PCF e del PCP. I riferimenti di base per lo studio sono le sintesi di storia dei partiti, con un’attenzione specifica alle parti riguardanti nello specifico gli anni Sessanta e alle monografie più attinenti il mio tema di studio7. 6 Nella prefazione del suo libro João Madeira ha spiegato il legame tra le circostanze politiche precedenti il 1974 e la storiografia sul movimento comunista portoghese : «era impensabile che prima del 25 aprile del 1974 sia tra noi sia negli ambienti accademici si potessero affrontare da un punto di vista storiografico tematiche come questa o affini». Cfr: J. Madeira, Os engenheiros de almas, Editorial Estampa, Lisboa, 1996, p. 16 7 Segue un elenco parziale delle opere sul PCI, sul PCF e sul PCP che costituiscono un riferimento di base necessario. Sul PCI: A. Accornero- M.Ilardi, Il Partito comunista italiano: struttura e storia dell’organizzazione 1921-1979, Feltrinelli, Milano 1981; A. Agosti, Storia del PCI, Laterza, Roma-Bari, 1999; N. Ajello, Il lungo addio. Intellettuali e PCI dal 1958 al 1991, Laterza, Roma-Bari, 1997; M. Flores, N. Gallerano, Sul PCI. Un’interpretazione storiografica, Il Mulino, Bologna 1992; R. Gualtieri (a cura di), Il PCI nell’Italia repubblicana. 1943-1991, Carocci, Roma 2001; R. Martinelli, Storia del partito comunista italiano, Einaudi, Torino 1995; A.Vittoria, Storia del PCI. 1921-1991, Carocci, Roma 2006. Sul PCF: F. Bon (et al.) Le communsime en France et en Italie, Armand Colin, Paris 1969; S. Courtois, M. Lazar, Histoire du Parti Communiste Français, Presse Universitaire de France, Paris 1995; A. Kriegel, Les Communistes françaises. Dans leur premier demi-siècle, Editions du Seuil, Paris1985; F. Matonti, Intellectuels Communistes, La Découverte, Paris 2005; B. Pudal, Un monde défait. Les communistes françaises de 1956 à nos jours, Edition du Croquant, Broissieux, 2009; R. Martelli, Communisme français. Histoire sincère du PCF 1920-1984, Messidor-Editions Sociales, Paris 1984; D.Tartakowsky, Une histoire du PCF, Presse Universitaire de France, Paris 1982. Sul PCP: J. Madeira, Os Engenheiros de Almas. O Partdio Comunista e os Intelectuais, Estampa, Lisboa 1996; J. Neves, Comunismo e Nacionalismo em Portugal, Tinta da China, Lisboa 2008; R. Perdigão, O PCP visto por dentro e por fora, Fragmentos, Lisboa; PCP, 60 Anos de Luta 1921-1981, Avante!, Lisboa 1982; P. Pereira, Álvaro Cunhal. Uma biografia política, 3 vv. Círculo de Leitores, Lisboa 19912005; D. L. Raby, Fascism & Resistance in Portugal. Communists, liberals and military dissidents in the opposition to Salazar, 1941-1974, Manchester University Press, Manchester 1988. 6 Va considerato che, se a prima vista sembravano "più comparabili" il PCI e il PCF, per la loro storia, per le fonti a disposizione e per gli studi già condotti, bisogna considerare che il PCF e il PCP sono partiti ancora militanti, mentre il PCI non esiste più, così come sono diverse le situazioni dei partiti e dei gruppi della sinistra non comunista italiani, francesi, portoghesi. É un dato di cui tenere conto nel tentativo di formulare interpretazioni equilibrate, tenendo presente il momento storico attuale. Studiare questi tre partiti comunisti implica dunque, almeno per chi scrive, di considerare: 1. la differenza tra la mia generazione e la generazione di studiosi dei partiti comunisti formatisi in un momento di “fase politica alta” o comunque in una fase politica piuttosto distante da quella attuale8; 2. l’avere a che fare con storiografie diverse e anche con situazioni politiche diverse, in cui l’assenza del PCI risalta. L’obiettivo che questa ricerca si pone è dare un contributo allo studio della storia politica, senza considerare la storia dei partiti comunisti alla luce del “fallimento” e della scomparsa del mondo comunista. La prospettiva comparativa è utile allo scopo: in un primo momento il timore era che la complessità del Sessantotto portasse a semplificare la storia e la politica dei partiti; nel tempo ho però superato una sorta di pregiudizio forse sottinteso e implicito al progetto, quello di una sostanziale “chiusura” e ostilità dei tre partiti nei confronti dei movimenti. Il vantaggio portato da uno studio in parallelo è proprio quello di non fare troppo affidamento sulle categorie di “apertura”, “chiusura”, “ostilità”, “tolleranza”: è evidente che sono termini utili alla comprensione dell’atteggiamento dei tre partiti, ma non possono essere i riferimenti per misurare, in una scala ideale, quale dei tre partiti ebbe la politica e l’atteggiamento più opportuni nei confronti di studenti e lavoratori. Lo scopo è infatti quello di articolare la politica del PCI, del PCF e del PCP nei confronti dei movimenti collettivi alla luce della loro storia e delle condizioni economiche, politiche e sociali di Italia, Francia e Portogallo. L’ “originalità” dell’impostazione della ricerca sta nel tentativo di ricostruire una parte della storia del PCI e del PCF a partire da fenomeni specifici come i movimenti e nel tentativo di raccontare, con lo stesso metodo, il poco studiato Partito Comunista Portoghese. È certo che c’è, di fondo, una sorta di “diversità” del PCP, sia per i contenuti sia per le fonti a disposizione. Per il PCP si ha a che fare con la dittatura, la guerra coloniale, la clandestinità, gli 8 Nicola Gallerano ha stigmatizzato la «cattiva equazione: a fase politica alta, storia politica, a fase politica bassa, storia sociale» Cfr: N. Gallerano, Fine del caso italiano? La storia politica tra «politica» e «scienza», in “Movimento operaio e socialista”, 1987, n. 2, p. 20, citato in: A. Agosti, Il Partito Mondiale della Rivoluzione, Unicopli, Milano 2009, p. 9 7 arresti, le torture, ecc… I documenti della polizia politica parlano del «cosiddetto partito comunista portoghese» come organizzazione «illegale», «segreta», «sovversiva» contro la Sicurezza dello Stato; fanno riferimento alla repressione con naturalezza, definiscono i militanti del partito come «pericolosi agitatori», «perturbatori dell’Ordine e della tranquillità della popolazione» e così via. Le relazioni scritte dalla PIDE9 in occasione degli arresti dei militanti comunisti dipingono un quadro di sistematica criminalizzazione del PCP10. I documenti sequestrati ai funzionari del partito al momento dell’arresto restituiscono inoltre il contesto di precauzioni prese dai militanti per affittare le case, darsi appuntamenti, assumere identità fasulle. Crea una certa disomogeneità di contenuti usare documenti che ricostruiscono un contesto fatto di parole d’ordine, fughe, pseudonimi, tipografie clandestine, informazioni, vigilanza, ecc…11. Studiare un partito clandestino significa dunque familiarizzare con un linguaggio diverso rispetto al vocabolario del PCI e del PCF degli anni Sessanta. Tuttavia, le diverse condizioni del Portogallo e del PCP non impediscono una ricerca di tipo comparativo, anzi possono arricchirla di elementi originali. Uno degli elementi più interessanti é il fatto che i contesti nazionali sono insieme un riferimento e un campo di indagine. Per studiare la politica dei partiti è necessaria la contestualizzazione nel paese di riferimento; allo stesso tempo Italia, Francia e Portogallo della fine degli anni Sessanta possono essere in parte spiegati attraverso la storia dei partiti comunisti. In un contesto generale della ricerca fortemente caratterizzato dalla specificità del Portogallo, per i motivi sopra elencati, il risultato più evidente è la raccolta di bibliografia e di fonti riguardanti il 9 Polícia de Internacional e de Defesa do Estado. Era la polizia politica del regime. Fu creata nel 1945 sostituendo la precedente PVDE (Polícia de Vigilância e de Defesa do Estado). Dipendeva dal Ministero dell’Interno e aveva funzioni amministrative, di prevenzione criminale e di repressione. Nel 1969 la PIDE divenne DGS (Direcção Geral de Segurança), mantenendo di fatto una continuità di funzioni rispetto alla PIDE. La DGS fu soppressa il 25 aprile 1074 con il decreto legge n. 171/74. Esiste uno studio portoghese sulla polizia politica dell’Estado Novo e del marcelismo realtivo agli anni 1945-1974: I.Flunser Pimente, A História da Pide, Circulo de Leitores, Casais de Mem Martins, 2007. L’autrice ha ben evidenziato il rapporto tra la Pide e il PCP: «(…) da un lato la repressione del PCP ad opera della Pide/Dgs finì per caratterizzare l’azione offensiva di questa polizia che, nella pratica, agì in funzione di questo partito. Dall’altra parte l’attività difensiva e la reazione dei comunisti nei confronti della repressione della Pide/Dgs influenzò gran parte dell’azione del PCP». (Introduzione, p. 11) 10 Cfr, ad esempio, la relazione “Actividade do Partido Comunista Português”, AOS/CO/PC-77, 4 aprile 1964, pt. 96 fl. 299: «nel corso delle ricerche nelle case illegali del “partito comunista portoghese”, è stata rintracciata e sequestrata una grande quantità di pubblicazioni clandestine nelle quali si pensa alla sollevazione delle popolazioni dell’Alentejo e si incita il popolo alla pratica di atti di violenza contro le proprietà e le persone considerate fedeli ai principi costituzionali, per provocare un’ondata di terrorismo che permetta o faciliti di rovesciare i poteri legalmente costituiti. Il piano comprendeva atti di sabotaggio, interruzione delle vie di comunicazione, incendi, furti e la consegna di armi a elementi sovversivi. Era previsto per il prossimo mese di maggio l’esecuzione di questo piano, con una precedente agitazione popolare previsa per il giorno 1 di questo mese». 11 L’archivio della PIDE/DGS conserva anche i documenti sequestrati ai funzionari e militanti del PCP al momento dell’arresto. Per consultarli è necessario sapere il nome dell’arrestato e vedere i fascicoli relativi. Valga a titolo di esempio la copia dei documenti sequestrati a Francisco Martins Rodrigues (con lo pseudonimo di Arnaldo) al momento dell’arresto, il 30 gennaio 1966. Tra le molte informazioni sui militanti ci sono anche le indicazioni sui luoghi degli incontri clandestini e sulle regole di segretezza per gli arrivi non preannunciati tramite corrispondenza. Nel fascicolo sull’arresto di Martins Rodrigues si legge ad esempio che uno dei luoghi di incontro era la stazione ferroviaria di Vila Franca de Xira, che il segno di riconoscimento era tenere l’orologio da polso nella mano destra e scambiare le seguenti frasi: -Lei è di Poitiers? -No, sono di Lione. In: PIDE/DGS, SC 212 UI 1397 Pt. 1 8 Partito comunista portoghese. La maggiore disponibilità di materiale sul PCI e sul PCF fanno risaltare il tentativo di ricostruire parte della storia del PCP. Il risultato più importante a livello di contenuti è stata l’individuazione di temi trasversali ai tre partiti e una prima ricostruzione della politica e degli atteggiamenti di PCI, PCF e PCP dal 1964/1965 al 1968/1969. Per ciascuno dei tre partiti sono emersi aspetti interessanti, che fanno riflettere non solo sulla diversità dei movimenti studenteschi ma anche sulle differenze tra i partiti, e sul rapporto tra queste diversità. C’è una domanda ricorrente che accompagna lo studio: quanto influirono, negli atteggiamenti dei partiti, le diverse condizioni di Italia, Francia, Portogallo e la diversità dei movimenti studenteschi e quanto invece influirono la storia e le caratteristiche dei partiti? Lo scopo della ricerca non è evidentemente rispondere a questa domanda, ma fornire un’interpretazione coerente sia con la storia del PCI, del PCF e del PCP sia con i rispettivi contesti nazionali. In questa prospettiva i denominatori comuni ai tre partiti assumono significati particolari a seconda del caso: la necessità della lotta sui due fronti, la critica dello spontaneismo e dell’estremismo, il rifiuto di considerare gli studenti come una classe, il rilievo al carattere piccolo borghese della rivolta dei giovani sono trasversali al PCI, al PCF e al PCP. Vanno però declinati nei rispettivi contesti e solo così emergono le specificità di ogni partito. Ho redatto una bozza del capitolo 3, un lavoro utile per percepire l’entità dei risultati raggiunti e il lavoro ancora da fare. Si tratta, per ora, di una ricostruzione della reazione alla mobilitazione studentesca, fatta attraverso gli articoli degli organi di stampa dei partiti, i documenti emessi dalle Direzioni, le discussioni interne (per il PCI e per il PCF). Nel seguire l’atteggiamento dei partiti sono emersi alcuni nodi importanti: i modi e i contenuti della reazione alla mobilitazione dei giovani vengono esaminati sul breve periodo, ma rimandano, in generale, alla concezione politica propria dei partiti e, in particolare, alla storia di ciascuno dei tre. La teoria marxista, il tipo di organizzazione e la storia del PCI, del PCF e del PCP sono riferimenti per restituire il contesto in cui si inserirono la riflessione e l’azione dei tre partiti nei confronti dei movimenti studenteschi. Per il PCI ho individuato tre fasi di reazione: un momento di fiducia nel controllo del movimento (febbraio 1967-dicembre 1967), una di sbandamento (gennaio 1968-giugno 1968) e una in cui emersero più chiaramente due linee politiche interne (giugno 1968-febbraio 1969). Valutando gli eventi sul breve periodo, e quasi giorno per giorno, é inopportuno parlare genericamente di “ritardo”, “sorpresa” e “impreparazione” da parte del PCI. Ci furono certamente elementi di ritardo, sorpresa e impreparazione che gli stessi dirigenti del partito non mancarono di sottolineare, ma ci sono due motivi per cui valutazioni di questo tipo assumono un’importanza di secondo piano: la ricostruzione segue il rapido susseguirsi degli eventi, il che rende difficile l’uso di 9 definizioni “ampie” per descrivere l’atteggiamento dei dirigenti del PCI. Il secondo motivo è che sono emersi aspetti di maggior rilievo. Nella prima fase risaltarono la critica del governo di centro sinistra e la fiducia dei dirigenti nelle possibilità, per il partito, di orientare il movimento studentesco. Tuttavia, già prima del 1968, emersero dei problemi interni al partito, sia organizzativi sia di divergenze nell’analisi di quanto stava accadendo nelle università. Fu poi a partire dai primi mesi del 1968 e fino a giugno dello stesso anno che la Direzione del PCI manifestò un’articolazione di contenuti, di posizioni e di atteggiamenti tale da giustificare l’uso del termine “sbandamento”. In questo quadro, l’incontro del segretario generale con un gruppo di studenti e i due articoli che egli scrisse per Rinascita rappresentarono una presa di posizione chiara. Il risultato elettorale del 19 maggio 1968 sembrò confermare il successo della condotta politica del PCI verso il movimento, ma il confronto e il dialogo interni al partito non cessarono, anzi andarono articolandosi dimostrando che l'intervento di Longo non aveva segnato una indicazione di linea tale da rendere uniformi le posizioni dei dirigenti del partito. L'esplosione del maggio francese complicò la prospettiva del partito nei confronti del movimento e emersero allora più chiaramente due linee interne. Lo sforzo che si deve fare nell'interpretare la posizione del PCI nei confronti del movimento studentesco risiede non solo nella ricostruzione degli orientamenti, anche divergenti, in base allo sviluppo delle proteste e degli eventi nazionali e internazionali, ma anche nella ricerca di una continuità nell'articolazione del discorso. Per questo periodo successivo alle elezioni, il comune denominmatore fu la concezione del movimento nei termini indicati dall'articolo di Longo, ovvero la lotta anticapitalistica, il che recò un vantaggio al PCI, nel senso della possibilità di comprensione del movimento entro il suo schema interpretativo. Il disorientamento, la sorpresa, la compresenza di più linee politiche furono esplicitati e rivelarono che il rapporto con il movimento studentesco non solo aveva posto all’ordine del giorno la questione dell'organizzazione, dell'autonomia degli studenti, dell'egemonia del partito, ma aveva influito anche sulle concezioni della linea politica del partito. Parliamo quindi di una fase di disorientamento esplicitamente dichiarato dal partito, che durerà fino alla formalizzazione della linea politica del Congresso di febbraio del 1969. Anche il paragrafo sul rapporto tra il PCF e il movimento studentesco si può articolare in tre sotto-paragrafi, che sono attraversati da un fil rouge trasversale. Il PCF fu molto abile nel dissimulare la sorpresa che pure dovette cogliere i dirigenti: lo stupore e l'incertezza non ebbero spazio nell'atteggiamento generale del partito. La forza, la giustezza della linea politica, la capacità di dominare gli eventi furono ostentate sia all'interno che all'esterno, nel tentativo di dimostrare che il movimento studentesco non aveva infranto nessun equilibrio nella Direzione e nel rapporto tra il 10 partito e la società. Questi elementi, dall’inizio alla fine del periodo considerato, caratterizzarono l’atteggiamento della direzione nazionale del partito e per questo riguardano tutti e tre i paragrafi sul PCF. Il primo riguarda la prima reazione di fronte a un movimento di proporzioni impreviste: nella primissima reazione al movimento prevalse la distinzione tra le rivendicazioni degli studenti, ritenute giuste ed esaltate, e l'azione dei gruppi di sinistra, mentre da un certo punto in poi fu preponderante la solidarietà al movimento studentesco in funzione anti- De Gaulle. Il famoso articolo di Georges Marchais sulla necessità della lotta sui due fronti (L’Humanité, 3 maggio) é stato generalmente interpretato dalla storiografia come l'iniziale momento di défiance del partito nei confronti del movimento studentesco, che poi sarebbe stata sostituita da un leggero mutamento, nel tentativo di recuperare terreno, anche in considerazione della qualità della repressione poliziesca. Pur in accordo generale con questa interpretazione, la mia ricostruzione si concentra di più sugli elementi di continuità, reale o costruita, che il PCF espresse nel corso del confronto con il movimento. In questa prospettiva, sia la reazione agli eventi, sia la gestione del dissenso interno (la lettera degli intellettuali e la posizione critica di Roger Garaudy) vengono letti come momenti in cui la Direzione del PCF costruì una rappresentazione di sé interamente tesa all’affermazione di un’immagine di forza, continuità rispetto al passato, coerenza e unità interna. Il secondo paragrafo ricostruisce proprio il modo in cui le manifestazioni di critica -esplicita o velatanei confronti della Direzione, furono controllate e isolate. L’ultimo paragrafo riguarda l’analisi del movimento fatta dal partito dopo la pesante sconfitta elettorale del giugno 1968; i CC del 8 luglio 1968 (Nanterre), del 5-6 dicembre (Champigny-sur-Marne) restituiscono bene il modo di procedere nell’analisi da parte dei dirigenti e l’atteggiamento generale dimostrato nei confronti della mobilitazione studentesca. Per quanto riguarda l’atteggiamento del PCP, ho dedicato uno spazio opportuno alla ricostruzione delle vicende del movimento studentesco: se per il movimento studentesco italiano e francese ho seguito e dato per note le ricostruzioni fornite dalla bibliografia, per quello portoghese ho ritenuto necessario fornire un quadro più approfondito, facendo ricorso anche alle fonti di prima mano raccolte negli archivi della polizia e negli archivi personali della fondazione Mário Soares e del Centro 25 de Abril. La motivazione sta nel fatto che le vicende del movimento studentesco portoghese sono poco conosciute se non ignorate dalla storiografia non portoghese. Anche all’interno del rapporto tra il PCP si possono distinguere tre fasi; come anche per il PCI, le fasi devono essere considerate con criteri di permeabilità: gli indicatori temporali delimitano periodi in cui é possibile evidenziare un atteggiamento piuttosto che un altro, anche se non definiscono compartimenti stagni. In questa prospettiva, l'atteggiamento del PCP nei confronti delle mobilitazioni studentesche nel 11 biennio 1968/'69 si può leggere con criteri di forte continuità (la strategia di sconfitta della dittatura), articolata però in tre momenti. Ho chiamato il primo periodo “mediazione politica”, quando il partito attribuì alle mobilitazioni dentro le università il significato di lotta antifascista contro il regime di Caetano. Tenendo conto della generale politicizzazione degli studenti, si può dire che il discorso del partito, nel 1968, fu coerente solo in parte con il periodo vissuto dal movimento: l'insistenza del PCP sul livello rivendicativo, insieme alla critica della dittatura, non fu distante da un movimento che in generale aveva mantenuto un carattere interno all'università e una dimensione associativa, pur elaborando un'analisi critica del regime portoghese. Gli articoli comparsi sull'Avante! nel '68 ignorarono però il processo di politicizzazione del movimento: il PCP stabilì da subito un collegamento tra le lotte degli studenti e la lotta contro la dittatura, inglobando l’azione degli studenti nel proprio schema interpretativo e nei propri obiettivi di lotta. Nel 1969, con l’esplosione della Crise de Coimbra, il fulcro delle mobilitazioni studentesche di fine decennio, il PCP mostrò una preoccupazione maggiore e invocò la necessità della lotta sui due fronti. Il terzo momento che considero nella ricostruzione della reazione del partito al movimento studentesco è la redazione dello scritto O radicalismo pequeno-burgues de fachada socialista del segretario generale del PCP, fatto circolare clandestinamente nel 1970. Vi si trova la critica degli elementi di spontaneismo e estremismo che Cunhal attribuì all’E.D.E. (Esquerda Democrática Estudantil), un gruppo di universitari di sinistra aggregatisi all’inizio del 1968 nei Comités Vietnam di Lisbona. È interessante notare che, dopo due edizioni clandestine nell'anno successivo, il pamphlet fu pubblicato legalmente nel 1974. Questo dato serve a collocare lo scritto di Cunhal, motivandone l'attualità in un periodo successivo alla fine della dittatura; la continuità del PCP si espresse nell'affermazione della strategia di accesso al governo, derivata dall'analisi della situazione nazionale. La critica dell'estremismo di sinistra passò attraverso la Rivoluzione e proprio quell'evento, per il partito, fu la conferma dell'analisi del PCP e della pericolosità delle tendenze negative. L’attesa è di riuscire a ricostruire la reazione dei partiti, cercando di riportare in modo dettagliato i tempi e i modi degli interventi dei dirigenti in relazione al movimento degli studenti e dei lavoratori nei rispettivi contesti nazionali della seconda metà degli anni Sessanta. Gli altri argomenti (l’impegno politico dei giovani, i gruppi di sinistra, le elezioni legislative) forniscono elementi di contestualizzazione e sono ulteriori finestre sulla storia dei partiti. Sono di contestualizzazione nel senso che contribuiscono a spiegare i movimenti e il clima politico e sociale degli anni di cui mi occupo; sono “finestre” sui partiti perché permettono non solo di ricostruire l’atteggiamento del PCI, del PCF e del PCP nei confronti di mobilitazioni per certi aspetti nuovi, ma anche di parlare dell’organizzazione e del clima interno ai partiti, di fare riferimenti alla loro storia. 12 Fonti a disposizione La ricerca indaga i partiti a livello della direzione nazionale, per cui le fonti privilegiate sono i documenti emessi dagli organismi dirigenti dei partiti e dagli organi di stampa. PCI: l'archivio del PCI é consultabile presso l'Archivio Fondazione Istituto Gramsci, a Roma. Ho studiato i documenti cartacei emessi da Segreteria, Ufficio Politico, Direzione, Comitato Centrale e i fondi personali di alcuni dirigenti. Le fonti più interessanti sono i verbali dell’organismo di Direzione: vi si trovano le relazioni iniziali, preparate e esposte da un dirigente e poi gli interventi successivi. Questi sono particolarmente appassionanti perché rispecchiano il livello di discussione presente ai vertici del partito e sembrano restituire il clima interno alla direzione del PCI. Spoglio del settimanale Rinascita e del quotidiano L'Unità. PCF: l'archivio del PCF é raccolto presso gli Archives Départementales de Saint-Denis a Bobigny (Parigi). Ho studiato i documenti emessi da Segreteria, Ufficio Politico, Comitato Centrale. I verbali della Segreteria e dell’Ufficio Politico sono su cd-rom consultabili dai pc dell’archivio. Il PCF non ha l’organismo di Direzione e la discussione interna è ricostruibile solo attraverso le riunioni dei Comitati Centrali. Questa è una differenza rilevante rispetto al PCI, perché i documenti emessi dalla Direzione italiana costituiscono di fatto la risorsa più utile alla ricostruzione del dibattitto interno. La discussione interna alla direzione del PCF è ricostruibile solo attraverso le riunioni dei CC, che non sono stati trascritti. Presso gli archivi di Bobigny si possono ascoltare le registrazioni sonore su audiocassetta. Ci sono a disposizione anche dei cd-rom che elencano i nomi dei relatori e forniscono un riassunto dei temi affrontati, che sono uno strumento fondamentale per capire l’ordine degli interventi. Spoglio della stampa: L'Humanité, Cahiers du Communisme, France Nouvelle, Démocratie Nouvelle, La Nouvelle Critique. PCP: l'archivio del partito non è accessibile agli studiosi. La ricerca delle fonti si svolge presso l'archivio della polizia politica (PIDE/DGS), che conserva documenti sequestrati ai comunisti arrestati, oltre che le relazioni dei funzionari di polizia sull'attività del partito; è consultabile presso l'Arquivo Nacional Torre do Tombo, Lisbona12. Presso lo stesso archivio si trova anche l’archivio Oliveira Salazar, con i relativi fondi ministeriali. Per la ricostruzione del 12 Il patrimonio archivistico della PVDE/PIDE/DGS e di altre istituzioni dell’Estado Novo entrò in custodia delle FA (Forças Armadas) dal 25 aprile 1974 e rimase fino al 1991 presso il Forte di Caxias, custodito dal Serviço de Coordenamento e Estinção da PIDE/DGS. Nel ’91 fu incorporato presso l’archivio Nazionale. È consultabile dal 26 aprile 1994. 13 contesto portoghese ho usato anche questi fondi, in particolare per la situazione nelle università e per la formazione dei gruppi di sinistra. Ho inoltre raccolto materiale presso altri archivi, che conservano documenti di vario genere, per lo più scritti politici e propaganda, fatti circolare clandestinamente dal PCP: l'Arquivo Mário Soares, raccolto presso la Fundação Mário Soares, l'Arquívo História Social, raccolto presso l'Instituto Ciências Sociais, Lisbona, archivio del Centro 25 de Abril (Coimbra). Spoglio dell'organo di stampa Avante! Sono i partiti e non i movimenti sociali ad essere al centro della ricerca, ma evidentemente i riferimenti alla mobilitazione del biennio 1968/1969 necessita di essere supportata da una significativa documentazione. Per quanto riguarda il caso italiano e francese, ho ritenuto sufficiente basarmi sulla storiografia esistente, mentre per il Portogallo ho raccolto informazioni anche sui movimenti, presso l'archivio della polizia, l’archivio Oliveira Salazar, l’archivio del Ministero dell’Interno, l'archivio di storia sociale dell’ICS, l’archivio Mário Soares, l’archivio del Centro 25 de Abril. L’ultima “eccezione” portoghese riguarda gli incontri con i funzionari e ex funzionari del PCP. Ho avuto diversi colloqui e realizzato interviste con i militanti del PCP: anche se i contenuti delle interviste molto probabilmente non rientreranno nella tesi come citazioni, gli incontri sono stati utili per capire di più la realtà e la politica del partito portoghese. È un lavoro che per il PCI e per il PCF non ho fatto, sia per le maggiori informazioni disponibili, sia a causa dello svolgimento della ricerca: lo studio del PCP è quello che ha comportato spostamenti più lunghi e uno sforzo maggiore per capire la realtà portoghese e provare a raccontare la storia del partito comunista. 14