Due fratelli - Barz and Hippo
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Due fratelli - Barz and Hippo
Due fratelli regia Jean-Jacques Annaud interpreti: Guy Pearce, Freddie Highmore, Maï Anh Lê, Philippine Leroy-Beaulieu, Vincent Scarito Francia, 2004 durata 109 minuti Sinossi Anni '20, penisola indocinese, la "perla dell'impero" coloniale francese. Nel cuore della giungla più fitta, un'impenetrabile vegetazione protegge gli abitanti di quell'intricato paradiso e copre di un abbraccio soffocante le rovine della mitica città di Angkor. Fra gigantesche statue di Buddha coperte di muschio e i resti di monumenti un tempo superbamente imponenti sbriciolati dal tempo e dai colpi inferti dai saccheggiatori, giocano spensierati due cuccioli di tigre. Crescono divertendosi e intanto si addestrano ad affrontare la dura esistenza in una natura selvaggia. Su di loro mamma e papà vegliano attenti. I due fratellini possiedono caratteri differenti che emergono immediatamente, l'uno più mite e gentile, quasi timoroso del mondo, l'altro coraggioso e spavaldo, pronto ad affrontare qualsiasi pericolo con incoscienza. Un giorno un occidentale, un ex cacciatore, si inoltra nella foresta per raggiungere il mitico sito con l'intenzione di depredare le statue sacre, vestigia estreme di un'antichissima civiltà scomparsa. L'incontro con l'uomo, accampatosi tra le rovine, segnerà per sempre la vita dei due tigrotti, destinati a restare soli e ad essere separati dopo la cattura. Il più timido finisce a lavorare in un circo, dove gli verrà dato il nome di Kumal, e ne diviene ben presto una delle stelle. Il più audace, dapprima compagno preferito di giochi del figlio di un funzionario, che lo battezza Sangha, finisce alla corte di un principe che lo addestrerà ai combattimenti, vista la sua indole. Crescere diventa ancora più difficile, una volta costretti ad abbandonare la giungla per vivere con gli esseri umani. E le avventure per i due fratelli si susseguono a ritmo incalzante in un crescendo che prepara il gran finale, quando finalmente si incontrano di nuovo, nell'arena del principe, uno di fronte all'altro, ignari di essere destinati ad uno scontro all'ultimo sangue. Ma qualcosa di imprevedibile accade, mandando all'aria i piani di chi si preparava a godersi la drammatica lotta fratricida. Intervista a Jean-Jacques Annaud e Thierre Le Portier Thi e r r eLePor t i e r ,èunode ipi ùquot a t ief a mos ia dde s t r a t or i“ c i ne ma t og r a f i c i ”dia ni ma l i( L’ Or s o, Il Gladiatore), mentre Jean Jacques Annaud, è uno dei nostri più eclettic ir e gi s t ie ur ope i …a nc he l uia bi l e“a mma e s t r a t or e ”diunv a r i oec ompos i t oc a s td’ a t t or i( daSe a nConne r yaBr a dPi t t ,da Jude Law a Joseph Fiennes): insieme sono gli artefici della lieta novella Due fratelli, sogno ad occhi aperti di un mondo incontaminat oes e l vagg i odoves ipe r pe t ual ’ e t e r nal ot t at r ag l ia ni ma l ie l ac os i dde t t a“c i vi l t à ”uma na ! In Italia per la presentazione del loro film, appaiono sinceri e fervidi entusiasti di un progetto che, c onl ’ a vva l l ode lWWF,s ipr oponedis a l va g ua r da r eunodei simboli della nostra fauna in via d ’ e s t i nz i one :l at i g r e . De i100. 000e s e mpl a r idiuns e c ol of aner e s t a n o5. 000 / 7. 000c ona l c une sottospecie oramai estinte ed anche questa volta si spera che il cinema possa compiere un piccolo miracolo: sensibilizzarel ’ opi ni onepubbl i c ael ea ut or i t àpol i t i c hepe r c hés ip os s ai nt e r ve ni r ee l a vor a r ea l a c r e me nt es uque lf r a g i l ee c os i s t e mat r al ’ uomoel ’ a mbi e nt e ,ogg ic os ìg r a ve me nt e deteriorato. Dove è stato girato il film e quante settimane di riprese sono state necessarie? J.J Annaud: Tutti gli esterni sono stati girati in Cambogia: i templi che si vedono sul grande schermo sono proprio quelli del sito di Angkor. Per gli interni, invece, siamo ricorsi a ricostruzioni in studio sia per ragioni di sicurezza delle strutture stesse che per riuscire a ricreare un ambiente dove le tigri potessero sentirsi a loro agio: infatti le loro espressioni sono quelle naturali e nulla è stato ricostruito con il computer. Il film è stato girato in 109 giorni di riprese su nove mesi di lavorazione e sono pr of onda me nt eg r a t oa l l ’ amma e s t r a t o r eThi e r r eLePor t i e r ,c hec ihape r me s s odi rimanere fedeli al nostro piano di lavorazione: le tigri infatti sono state ammaestrate in anticipo per cui arrivavano sul set preparatissime. Da quanto tempo desiderava raccontare questa storia ? Hos c r i t t oque s t as t or i a7a nnif ame nt r emit r ova voi nva c a nz as uun’ i s ol ade s e r t a ,e qua ndos onor i t or na t oac a s a ,i nFr a nc i a ,l ’ hol e t t aami amog l i ec hener i ma s e e nt us i a s t a .A que l l ’ e poc al a vor a voa lpr og e t t o“Ne mi c oa l l epor t e ” ,mas pe r a voa l pi ùpr e s t odif a r er i t or noaque lmondoc hea ve vog i às c ope r t oc oni lf i l m “L’ Or s o” : il meraviglioso continente asiatico che peraltro avevo esplorato grazie anche a film c ome“Se t t ea nnii nTi be t ”o“ L’ a ma nt e ” .E’unmondo che mi regala una grande pace interiore, e sicuramente girare questo film è stata una delle esperienze più felici della mia vita. Mac os ’ hai mpar at odinuo v os ul l et i g r i ? Non è assolutamente una banalità riconoscerlo: anche gli animali hanno un lato “uma no”c h enonèmol t odi f f e r e nt epe rl ’ a ppunt oda lnos t r o.Enonèa r di t opa r l a r e di veri e propri sentimenti ed emozioni: grazie a questo film ho compreso “l ’ uma ni t à ”de g l ia ni mal ies c ope r t oa l l os t e s s ot e mpol ami aa ni ma l i t à ! Nel film assistiamo a come non bisognerebbe mai addestrare un animale: qual è il suo di metodo e dove vivono, quando non impegnate sul set, le sue tigri? T.LePortier: Addestrando un animale come si vede in questo film, ossia usando metodi coercitivi e violenti, non si ottiene ass ol ut a me n t enul l a :l ’ a dde s t r a t or enonpuòe s s e r ep e run animale il simbolo della sofferenza e del dolore. Sono fondamentali invece il rispetto el af i duc i a …s ol oc os ìs ipuòot t e ne r equa l s i a s ic os adal or o.E’i mpor t a nt ec r e a r eun linguaggio comune ed il lavoro di costruzione di questa nuova lingua è proprio il l a vor od’ a dde s t r a me nt oc heva doope r a ndog i or nodopog i or noc onimi e ia ni mal i . Chepe r a l t r ovi vo noc onme …n e l l ami af a t t or i a :a de s s oneho24dit i g r imol t ede l l e quali sono ancora dei cuccioli. J.J.A. Il suo lavoro è veramente qualcosa di sorprendente: la scena emozionante in cui le duet i g r is ir i nc ont r a nona s c eg r a z i ea ls uol a vor oa t t e n t oeme t i c ol os o… T.L.P. Innanzitutto è importante ricostruire un ambiente dove noi sappiamo con certezza c hel ’ a ni ma l ea vr àque l l ar e a z i on epr e vi s t ad a lc opi one .Pe rl as c e nas pe c i f i c a de l l ’ i nc ont r o,s onos t a t es c e l t eduet i g r imol t oami c he :qua l c hegi or nopr i made l l e r i pr e s el ehot e nut es e p a r a t e ,es t udi a ndol al or o“pe r s ona l i t à ” … unad e l l eduepi ù forte e s i c ur ame nt r el ’ al t r api ùi nqui e t ae dadi s a gi o… hopot ut o“ma ni pol a r e ”il or o comportamenti e riuscire ad ottenere da loro quelle espressioni e quei movimenti pr e vi s t ida l l as c e ne ggi a t ur a … J.J.A Quella scena è stata girata in soli 20 minuti: le due tigri si rivedono e giocano con la pa l l a ,f a nnol ec a pr i ol e ,s il e c c a no …c ompor t a me nt ina t ur a l i s s i mipe riqu a l ipe r ò s onos t a t ir i c h i e s t ipi ùdi6me s id’ a t t e s a :i nf a t t ia bb i a mor i c os t r ui t ol ’ a r e nade i combattimenti a Parigi ed abbiamo atteso che i due cuccioli prescelti per questa importante scena del film crescessero! E’s t a t opi ùc ompl i c at ol av o r ar ec onl et i gr ioppur ec ongl ior s i ,p r ot agon i s t idiun' a l t r as ua pellicola di successo? J.J.A. C’ èune nor medi f f e r e nz a :g l ior s inonha nn oa l c unae s pr e s s i one …g l ioc c his ono c omed uebot t oni …a l c ont r a r i ol et i g r iha nnounag a mmadie s pr e s s i oninot e vol e ,un l i ng uaggi oc or por e oes onor os or pr e nde n t e … T.L.P. Muo vonomagg i o r me n t el at e s t a …e da n c hes epoc ovi s i bi l i ,muovonoa nc hel e sopracciglia che cambiano radicalmente il loro sguardo. J.J.A Epo ic ongl ior s is il a vor a vas ul l ’ e f f e t t oc ont r o c a mpo,os s i al os pe t t a t or es e g uec os a a c c a d eos s e r va ndoc ong l i“oc c hi ”de g l ior s i .Let i g r ii nve c er i us c i va noa de s pr i me r e le emozioni che io desideravo, ed ogni giorno era una vera sorpresa scoprire cosa fossero in grado di fare. Le tigri protagoniste del suo film portano un messaggio di libertà anche se poi nella realtà sono animali in cattività: sembrerebbe una c ont r a ddi z i one …. J.J.A. E’unf i l mdif i nz i onena t uralmente e non un documentario: quando si gira un film sui gangster lavoriamo con degli attori e non con dei veri fuorilegge! T.L.P. E poi bisogna ricordare che sono circa due secoli che esistono gli animali nati in cattività, ed è grazie a loro se noi a bbi a mol ’ o ppor t un i t àdive de r eec onos c e r emol t e vol t edav i c i noque s t ia ni ma l i …s onoc omeunas or t adia mba s ci a t or ic hec ia i ut a noa proteggere le specie in vie di estinzione. Ma a suo parere si può parlare di sentimenti ed emozioni anche per il mondo animale? J.J.A. Anche gli animali hanno dei sentimenti! Io posso anche rivelarvi, con il rischio che mip r e ndi a t ep e rma t t o,c hedur a nt el as c e n ade l l ’ i nc ont r ot r al eduet i g r ii oneho vista una sorridere! Forse la gente mi prenderà per uno fuori di tes t a…mai nAs i al a pensano esattamente come me, ed è uno dei motivi per cui amo questa regione. Il mio interesse principale è sempre stato quello di attribuire non comportamenti umani a g l ia ni ma l i ,mae s pl or a r ee de moz i ona r mine l l ’ os s e r va r eic ompor t a me nt ie le emozioni comuni tra questi due meravigliosi e misteriosi mondi! Elementi per la discussione Al supermercato delle specie a rischio Scatole di cerotti per i dolori muscolari con sopra scritto in cinese e in inglese che sono prodotti con ghiandole e ossa di tigre. Si trovano facilmente sulle bancarelle improvvisate e nei mercatini delle nostre città e si portano via per pochi euro. La provenienza è sempre la stessa, la Repubblica Popolare Cinese, un po' come i fuochi d'artificio sotto Capodanno o i giocattoli per i nostri bambini. La medicina orientale fa uso di ingredienti naturali derivati da centinaia di specie di piante e di animali, come vuole una tradizione millenaria che dalla cultura cinese si è diffusa in molte altre nazioni asiatiche, dal Giappone alla Corea, dalla Cambogia al Vietnam, da Singapore alla Malesia. Oggi che le comunità asiatiche sono presenti un po' ovunque nel mondo, questi medicinali vengono esportati con sempre maggior intensità. Nulla di male fintanto che il commercio avviene alla luce del sole e riguarda parti e prodotti di specie comuni come pesci, serpenti o insetti vari. Ma se si traffica in ossa di tigre e di leopardo, corna di rinoceronte, sali biliari delle cistifellee degli orsi e radici del gingseng americano la cosa cambia radicalmente. Si tratta di specie minacciate o comunque protette che in quanto tali foraggiano un traffico illegale intenso e assai redditizio per chi lo pratica. A conferma del giro d'affari clamoroso di tale commercio, nella sola Corea si stima siano stati importati clandestinamente, tra 1970 e 1993, quasi 4.000 chili di ossa di tigre. Ci vuole poco a fare due conti, calcolando che un chilo di ossa dello splendido felino, da polverizzare, vale dalle 300.000 alle 700.0000 delle vecchie lire, mentre una pelle costa l'equivalente di 4.000-6.000 lire al cmq. Tutte le parti del corpo fanno gola, baffi compresi: la tigre è il più grande e potente abitante della giungla, vi è pertanto chi ritiene che le parti del suo corpo comprendano principi vitali più forti di tutti gli altri animali. Non esistono prove scientifiche delle eccezionali virtù terapeutiche attribuite alle ossa, come tutte quelle dei mammiferi ricche di calcio, fosforo e ferro. I venditori anzi spesso vi aggiungono sostanze come arsenico e mercurio per rafforzare l'effetto desiderato dagli acquirenti. In alcuni paesi, come l'India, la tigre è rispettata per fede e per tradizione, resta però difficile convincere un esercito di consumatori le cui abitudini affondano le proprie origini in radicatissime consuetudini. La questione è che restano ormai in tutta l'Asia solo cinquemila tigri, o poco più, allo stato brado. E la strage infinita va avanti. Responsabile di questo disastro non è certamente solo il bracconaggio che rifornisce il commercio degli organi di questi animali per scopo terapeutico, pure una delle cause principali. Il più grande dei felini viene cacciato per la sua pericolosità, laddove l'uomo è costretto a convivere con il carnivoro e deve proteggere se stesso e il proprio bestiame, mentre il suo habitat viene progressivamente distrutto. Facile concludere che le possibilità di sopravvivenza diminuiscono drasticamente, fino a mettere a repentaglio la sorte dell'intera specie. Tigre addio? La tigre appare più di un milione di anni fa nella Cina meridionale. La ricerca di prede la spinge a ovest verso il mar Caspio, a nord verso la Siberia e a sud fino a Bali attraversando l'Indocina e l'Indonesia. Ancora nel XIX secolo la specie occupava un'area assai vasta compresa tra la Turchia e l'oceano Pacifico, la Cina meridionale, il sub-continente indiano e tutto il sud-est asiatico. Delle otto sottospecie originali conosciute, solo cinque sono sfuggite all'estinzione: la più numerosa è la tigre del Bengala (Panthera tigris tigris), che si pensa possa contare ancora su 3.000-4.500 individui suddivisi tra India, Bangladesh, Myanmar, Nepal e Butan. I maschi sfiorano i tre metri in lunghezza e possono superare di molto i 200 chili di peso. Di dimensioni più ridotte, la tigre indocinese (Panthera tigris Corbetti) popola le foreste più remote di Thailandia, Myanmar, Cambogia, Vietnam, Laos, Malesia e Cina meridionale; difficile per questo motivo affidarsi a statistiche precise. Si stima comunque che ve ne siano ancora in circolazione tra i 1.200 e i 1.785 esemplari. La tigre di Sumatra (Panthera tigris Sumatrae) è endemica dell'isola indonesiana da cui prende il nome; dimensioni relativamente piccole le consentono una certa facilità di movimento nella giungla. I 400500 individui rimasti in libertà vivono in parte in cinque parchi nazionali. La tigre siberiana (Panthera tigris altaica) è il più grande dei felini esistenti e supera i tre metri di lunghezza e le tre tonnellate e mezzo di peso. Diffusa ampiamente, un tempo, in tutta la Siberia, oggi ha un areale ristretto ad una limitata fascia costiera lungo il Mar del Giappone. Potrebbero sopravvivere alcuni esemplari anche nelle più estreme latitudini settentrionali di Cina e Corea. Ne rimangono poco più di 400, il che la rende il gruppo più a rischio, dopo la tigre cinese (Panthera tigris amoyensis). Questa sottospecie, diffusa nella Cina centrale e orientale, pare sia la progenitrice di tutte le altre, ma è anche quella più prossima all'estinzione: la caccia illegale ne ha infatti ridotto la popolazione a non più di trenta elementi, troppo pochi e lontani tra loro, dispersi fra quattro zone di foresta montana, per poter sperare in un ripopolamento. Nell'ultimo secolo sono scomparse dalla faccia della terra tre sottospecie, la tigre di Bali, negli anni '40, la più piccola fra quelle esistenti, quindi la tigre del Caspio, negli anni '60, che occupava un habitat vasto dalla Russia alla Turchia, ed infine, forse meno di trenta anni fa, la tigre di Giava. A comprometterne la sopravvivenza la scienza aveva inizialmente ritenuto fossero stati la caccia eccessiva e la scomparsa dell'habitat; le conoscenze attuali permettono di attribuirne la causa più precisamente alla carenza di prede. Una tigre ha bisogno di una grande quantità di carne: un esemplare adulto ne mangia in media 5 o 6 chili al giorno, che fanno due tonnellate l'anno. Una madre con due cuccioli arriva a superare i tre, da tradurre in 4070 prede in un anno. Anche questo fa la differenza, tra zone in cui esistono prede di taglia grande o comunque variata ed altre che riservano invece ai maggiori predatori soltanto istrici o piccole scimmie. Secondo molti l'indicatore più affidabile per prevedere il destino di una colonia in libertà è proprio la disponibilità di prede. L'Indocina, ad esempio, abbonda ancora di foreste, ma non è dato sapere la quantità di fauna selvatica che vi sopravvive. Probabilmente la vita latita, le tigri quindi possono vagare anche per giorni interi senza trovare un animale con cui sfamarsi. Di conseguenza la conservazione della tigre in quelle regioni appare molto difficile. In guerra da due secoli Gran parte dell'Asia, e del resto del mondo, nel corso del XIX secolo è finita sotto il controllo delle potenze coloniali europee, con le conseguenze disastrose che sono ancora sotto gli occhi di tutti. La caccia alla tigre in India e non solo divenne un passatempo tra i più amati dai nuovi padroni, capaci di eliminare centinaia di esemplari solamente per tappezzare di pelli striate le pareti della propria residenza. Un vezzo ben presto imitato da molti signori locali, sempre pronti ad adeguarsi alle manie più deleterie degli occidentali. E' perciò l'epoca coloniale a segnare l'inizio della fine per la tranquillità di questa affascinante belva. Ancora agli albori del XX secolo si contavano secondo gli esperti, nonostante tutto, centomila esemplari, per una buona metà distribuiti nel subcontinente indiano. Oggi si presume siano ancora in circolazione dalle 5.000 alle 7.000 unità, anche se è quasi impossibile un conto preciso degli animali liberi in natura. Del tutto certo invece il fatto che la specie è a rischio in tutto il suo areale. Dall'inizio degli anni '70 sono fiorite le iniziative per la salvaguardia della tigre. I risultati sono stati disuguali, nonostante gli sforzi delle organizzazioni e di alcuni governi per proteggere gli habitat e creare riserve protette. Si sa per certo ormai che la reintroduzione in natura è inefficace, anche i progetti in tal senso effettuati in riserve zoologiche genetiche si sono tradotti in un fallimento: non esiste addestramento in cattività capace di sostituire il periodo che ogni cucciolo trascorre accanto alla madre per apprendere le tecniche di caccia. L'unica speranza è affidata alla protezione nei luoghi in cui i felini ancora sopravvivono. I primi a darsi da fare sono stati il WWF e il governo indiano che lanciarono nel '69 il Project Tiger, seguito da tutta una serie di interventi legislativi per abolire la caccia alla tigre. Dopo un primo censimento, vennero create nove riserve, poi altre quattordici con le quali si contava di creare nelle aree vietate all'uomo "nuclei per la riproduzione, da cui gli animali in soprannumero dovrebbero emigrare verso le foreste limitrofe". Zone cuscinetto, in cui estremamente limitata sarebbe stata la presenza umana, avrebbero garantito questo cuore delle riserve. Il numero totale delle fiere effettivamente risalì a livelli più rassicuranti, fino a raddoppiare alla metà degli anni '80. Immediatamente dopo però vari fattori, oltre alla malafede di molti funzionari che denunciarono cifre gonfiate nel timore di perdere l'impiego se non avessero confermato l'aumento del numero delle tigri, aprirono la strada alla tragedia e il numero dei felini scese di nuovo vertiginosamente. Il problema maggiore lo rappresentava la pressione della popolazione più povera, che avanzava come una marea dilagando nelle zone cuscinetto e nelle foreste limitrofe, cancellate da campi coltivati, miniere, bacini artificiali. La riduzione degli spazi portò ben presto al contatto sempre più frequente tra uomini e tigri e la guerra costò cara ai predatori. Caddero sotto i colpi di contadini e agricoltori che difendevano il proprio diritto al sostentamento, avvelenati dai bracconieri o straziati dalle trappole dei contrabbandieri. La situazione di estrema emergenza spinse di nuovo a muoversi l'esercito dei conservazionisti, seppure in un'altalena di illusioni e speranze tra piani d'azione improvvisati e proposte spesso velleitarie. Primi successi significativi si sono registrati con l'incontro, dieci anni fa a Nuova Delhi, tra i rappresentanti di quasi tutti i paesi che ospitano la tigre che hanno dichiarato guerra al commercio clandestino. Milioni di dollari sono affluiti verso le campagne mondiali per la salvaguardia delle tigri gestite dalle organizzazioni più affidabili. Il WWF ad esempio ha in corso una quarantina di progetti, distribuiti tra India, Russia orientale e sud-est asiatico, con una serie di obiettivi estremamente articolati che vanno dall'aumento del numero delle zone protette al rafforzamento delle leggi in materia, dal tentativo di limitare i conflitti tra popolazioni locali e tigri alla formazione ed al sostegno delle forze preposte alla lotta ai cacciatori di frodo. Alcuni governi hanno ceduto alle pressioni internazionali imponendo il divieto al commercio di ossa di tigre. E' il caso di Cina e Taiwan, con il risultato di ridurre il bracconaggio sia in India che in Russia. Non che i problemi siano miracolosamente stati risolti, ma si è almeno cominciato a considerare con più ottimismo il futuro di questo magnifico animale. Che ci sia ancora spazio per la speranza lo dimostra la creazione di riserve come il Santuario della natura della Valle dell'Hukawng, nel Myanmar (l'ex Birmania), 6.500 kmq di territorio che il governo locale, insieme alla Wildlife Conservation Society, pensa di arrivare a triplicare al più presto per costituire la prima riserva di tigri del paese su di una superficie pari quasi a quella della Sardegna. Un'area che ospita anche numerose altre specie, dal macaco al gatto dorato asiatico, dall'elefante all'orso col collare, dal gaur, bovino selvatico in via di estinzione, all'altrettanto raro leopardo nebuloso.