Versione pdf - Circolo Culturale La Torre

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Versione pdf - Circolo Culturale La Torre
TRAVAGLIO CONFEZIONA 'SLURP', LA
TRECCANI DEL LECCACULISMO
di Claudio Plazzotta per 'Italia Oggi' 13/5/2015 dagospia
“I PIÙ PROLIFICI SONO FEDE, FERRARA, VESPA, RIOTTA, MINOLI E RENATO FARINA”
Il primo trimestre da direttore del Fatto quotidiano è appena terminato. Anche se Marco Travaglio si sente tutto
fuorché un direttore, «non c'è niente da fare, sono solista dentro» e per ora si arrabatta, sbuffando, tra tutte quelle
«incombenze burocratiche, amministrative, di gestione del personale, di gente che ti vuole incontrare, di rapporti
da intrattenere» che non erano proprio in cima ai suoi pensieri quando iniziò a scrivere i primi articoli.
Intanto, questo fine settimana esce il suo nuovo libro Slurp (Chiarelettere), una divertita presa per i fondelli del
leccaculismo di tanti giornalisti, dove i fuoriclasse sono Emilio Fede, Giuliano Ferrara («uno che, tolto Benito
Mussolini perché non era ancora nato, li ha leccati tutti»), Gianni Riotta, Giovanni Minoli o Renato Farina. E visto
che oggi la Juve si gioca la finale di Champions league, c'è spazio pure per il Travaglio Gobbo, «in sonno da
troppo tempo a causa di Luciano Moggi. Ormai, sono un tifoso freddino. Certo, se al Bernabeu facciamo un gol ».
Domanda. Allora, è direttore del Fatto dall'inizio di febbraio. Un consuntivo di questo primo trimestre
Risposta. Come dicevo, la direzione ha delle incombenze burocratiche. Io
ho sempre fatto il solista, sono freelance dentro, non ho mai studiato per
fare il direttore, non ho mai pensato né sperato di diventarlo. Non sono
attrezzato, insomma. Diciamo che cerco di difendere con le unghie e con i
denti il mio tempo quotidiano dedicato alla scrittura, che è poi l'unica
ragione per cui faccio il giornalista e che è infinitamente più gratificante
anche della tv. Non riuscissi a scrivere, rinuncerei alla direzione.
D. Soddisfatto o pentito?
R. Non sono soddisfatto, non sono mai soddisfatto. Ho la fortuna di avere
due ottimi vicedirettori e una redazione che è una fucina di idee e di
notizie. Così abbiamo una prima pagina quasi sempre diversa dagli altri
quotidiani.
D. Il 16 maggio esce Slurp. E alla sua casa editrice, Chiarelettere,
saranno felici: ormai Gianluigi Nuzzi fa la star televisiva, è diventato
uno scrittore pigro, e hanno dovuto pungolare il duo Bisignani-Madron per uscire con un nuovo libro,
così da dare una mossa alle vendite
R. Spero che siano felici anche i lettori. Slurp lo presentiamo domenica al Salone del libro di Torino, con Antonio
Padellaro. Sono 500 pagine, ma ho fatto anche di peggio, fino a 900 pagine. Ho finito di scriverlo martedì scorso.
D. Libro, tv, tournè in teatro. E il lavoro di direttore?
R. Con le videoconferenze e il sistema editoriale che gira sul mio portatile, si riesce a controllare tutto anche da
fuori. Ma non sono in tournè. Farò ancora solo tre-quattro spettacoli teatrali da qui a settembre. Il mio problema,
ripeto, è non avere la testa da direttore d'orchestra. Avessi fatto il caporedattore mi sarei già allenato. Ma io,
anche quando abbiamo fondato Il Fatto quotidiano, mi sono fatto fare un contratto da co-co-co, sono un solista
nell'anima. Non mi sono mai relazionato con i colleghi in un rapporto gerarchico. Per esempio, non sono capace
di fare i cazziatoni. Mi arrabbio se sbagliamo qualcosa, ma non riesco a chiamare uno per fargli il culo.
D. I giornalisti ex Unità sono chiamati a risarcire direttamente centinaia di migliaia di euro per le cause di
diffamazione. C'è una giusta mobilitazione. Che però non ci
fu quando lei dovette risarcire un sacco di milioni di vecchie
lire a Cesare Previti
R. In effetti io sono stato un apripista, dal 1998 e per un bel po' di
tempo versai un quinto del mio stipendio a Cesare Previti per un
articolo sull'Indipendente in cui lo avevo definito cliente di procure
e tribunali. L'Indipendente fallì, e io dovetti pagare. Il bello è che
avevo ragione, Previti era stato iscritto nel registro degli indagati
dalla procura di Brescia. Ma l'avvocato dell'Indipendente non mi
avvertì mai di quella causa, io non potei difendermi e fui condannato in sede civile. Versai una trentina di milioni di
lire. Comunque la vicenda dell'Unità è uno scandalo e una vergogna: dietro c'è un partito che ha incassato un
sacco di soldi pubblici e che ha un patrimonio enorme.
D. Con l'ingaggio di Selvaggia Lucarelli sembra piuttosto chiaro l'intento di allargare il target di potenziali
lettori del Fatto. Il giornale è percepito un po' troppo maschile?
R. In effetti sì, soprattutto per gli argomenti trattati, e non per le firme, perché abbiamo tantissime donne che
scrivono sul Fatto. Dobbiamo prendere atto che la politica si è raffreddata, non c'è battaglia, è gelata e
raggelante, c'è poca dialettica. E andare a inseguire ossessivamente ciò che accade nel Palazzo, oggi, ha meno
senso. Meglio uscire dal Palazzo. E Selvaggia arricchisce quella parte del giornale, ed è un bene. È arrivato
anche Pietrangelo Buttafuoco. Ma rimarrò con le antenne dritte per trovare altre firme interessanti e portarle qui,
compatibilmente con i conti.
D. A proposito di conti: il vecchio amministratore delegato del Fatto quotidiano, Giorgio Poidomani, ha
sempre criticato l'eccessiva distribuzione di dividendi a favore dei soci del Fatto. Avrebbe preferito più
investimenti in azienda
R. Non lo dica a me che, in quanto socio, ho votato sempre contro la distribuzione di dividendi. Tuttavia abbiamo
riserve ampie e capisco che fosse difficile giustificare la mancata distribuzione di dividendi nei confronti degli
azionisti-imprenditori.
D. Lei lavora con Michele Santoro in tv da molto tempo. Ha capito cosa farà?
R. Per ora porta a termine l'ultima stagione da conduttore di un talk continuativo. Giovedì finisce Servizio
Pubblico, poi ci sarà Anno Uno, e a giugno un finale a sorpresa. Da lì, vedremo. Anche la web tv è una cosa di
cui si devono occupare quelli che sanno fare tv. Io, al massimo, sono un buon ospite, ma non so fare la tv.
D. E ha capito cosa vuol fare Urbano Cairo con La7?
R. Francamente no, ma non me ne sono molto interessato, può fare quello che vuole, non è che mi freghi più di
tanto.
D. Torniamo a Slurp. Lei è implacabile contro i colleghi giornalisti
R. Non ce l'ho coi giornalisti come categoria. Ho sempre fatto i nomi e i cognomi, facendomi, ovviamente, molti
amici. Questa volta, comunque, la butto sul ridere. Da almeno 20 anni colleziono le leccate di culo, avevo una
cartella «Leccaculo» che nel frattempo si è trasformata in scatoloni che da terra mi arrivano almeno all'anca, e in
cui ho conservato cortigianerie, piaggerie, sciocchezze.
D. Chi sono i capocannonieri?
R. Ci sono i più prolifici, quattro o cinque fuoriclasse: per esempio Emilio Fede, che ora, però, mi commuove.
Perché ci sono i leccaculi e i leccaculo. Ecco, lui ha leccato sempre lo stesso, ma non gli è andata bene. Altri
sono stati più versatili, hanno dimostrato grande elasticità di lingua. Giuliano Ferrara, per esempio, ha mancato
Benito Mussolini solo perché non era ancora nato. Altrimenti gli altri li ha leccati tutti. È arrivato a leccare perfino
Antonio Di Pietro, criticando Bettino Craxi perché contrastava il suo operato come magistrato. Un altro
grandissimo è Bruno Vespa, e poi Gianni Riotta, Giovanni Minoli. O Renato Farina: memorabile un suo pezzo in
cui racconta una notte di Natale ad Arcore. Farina regala a Berlusconi un salame e riceve, in dono, un Rolex.
D. Pentito di aver votato Antonio Ingroia alle ultime elezioni politiche?
R. Bah, io voto sempre all'incontrario. Tanto in Italia le elezioni
politiche sono prevedibili, basta alternare: ogni volta che ne provi
uno al governo, poi la volta dopo lo butti via. Io ho sempre votato
per chi avrebbe perso. Il progetto politico di Ingroia è fallito. Lui è
una persona perbene, ma ha sbagliato i tempi. Io gli avevo dato
alcuni consigli: di aspettare, di rimanere in Guatemala con
quell'incarico internazionale, di fare passare del tempo dal suo
addio alla magistratura prima di dedicarsi alla politica. E poi era
prevedibile che in quel momento lo spazio politico scelto da
Ingroia sarebbe stato tutto cannibalizzato dai 5 Stelle. Inoltre Ingroia non doveva caricarsi quel vecchiume veterosinistrista, tutta gente che non poteva riciclarsi senza puzzare di vecchio.
D. C'è Real Madrid-Juve. Ci si gioca la finale di Champions league. Il cuore le freme, da tifoso
bianconero?
R. Continuo a essere freddino. Ho passato troppi anni in sonno a causa di Luciano Moggi. Prima ero un tifoso
molto acceso. Poi, dal 1995, da quando lui è arrivato alla Juve, mi sono raffreddato. Sapevo chi era Luciano
Moggi, lo sapevo io e lo sapeva la Juve. Ora la Juve non mi scalda più il cuore. Vedrò la partita. E, certo, se
facciamo un gol a Madrid
D. Però, anche prima del 1995, non è che la Juve fosse trattata male dagli arbitri
R. Prima c'era la cosiddetta sudditanza psicologica degli arbitri nei confronti di tutte le grandi, Juve, Inter, Milan,
Roma, il Napoli di Maradona. Poi solo Juve e, ogni tanto, il Milan, c