Luigi Acone - Unione Lettori Italiani – Ti racconto un libro 2016
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Luigi Acone - Unione Lettori Italiani – Ti racconto un libro 2016
UN GIORNO DA NON DIMENTICARE Un mattino di ottobre mi svegliai e il cielo era cupo e grigio, sembrava che volesse dirmi qualcosa ma io non ci badai più di tanto, anche se in cuor mio sentivo che qualcosa non andava nel modo giusto. Ci sono giornate che uno è meglio se se ne sta a casa, che ti svegli con una brutta sensazione addosso, ma io non le diedi retta. Non ci pensai e come al solito mi vestii per andare all’appuntamento quotidiano con i miei amici. Il luogo di ritrovo era sempre lo stesso: il bar Centrale, che si chiamava così anche se stava in periferia. Il padrone era un uomo grande e grosso che non parlava mai: grugniva. Tu gli chiedevi qualcosa, che so io un caffè, un amaro, un cornetto e lui grugniva. Anche quando toccava pagare non diceva mai chiaramente il prezzo, grugniva e se uno non c’era abituato mica capiva quanto doveva pagare e a quel punto lui si spazientiva e girava la calcolatrice per far vedere il prezzo. Il registratore che fa gli scontrini nemmeno ce l’aveva, faceva tutto con una vecchia calcolatrice. Comunque i miei amici e io andavamo a fare colazione tutte le mattine quindi ormai eravamo capaci di interpretare i suoi grugniti e quella mattina mi sembrarono più funesti del solito. Dopo la tipica colazione: cappuccino, due brioche, un babà al rum, Gazzetta dello Sport e sigaretta decidemmo, io e i tre della banda, di metterci all’opera. Andammo in centro su due motorini alla ricerca del pollo da spennare. Vi spiego le caratteristiche del cosiddetto pollo: macchina di grossa cilindrata, vestito firmato, scarpe lucide, leggermente cicciotello, con occhiali, e con un cagnolino al guinzaglio. Ovviamente lo trovammo, perché Napoli è piena di polli da spennare, ce n’è per tutti! Erano una decina di minuti che aspettavamo che salisse in auto, il nostro obbiettivo non era lui, e neppure il cagnolino bensì il suo orologio da polso, il famoso Rolex, oro e metallo. Purtroppo le cose non andarono come avevamo previsto: il piano era quello di farlo partire con la sua auto ed usare la stessa tecnica che fino ad allora ci aveva dato tante soddisfazioni, cioè due amici sul motorino, passando tra le auto spostano lo specchietto retrovisore da parte del guidatore, istintivamente il pollo abbassa il finestrino per aggiustarlo e altri due sempre in motorino provvedono a portargli via il suo prezioso orologio dal polso, semplice no? Il problema fu che, proprio sul più bello e cioè quando l’orologio stava scivolando dal polso del pollo alla mia mano beccammo un auto della polizia. Ne scaturì un lungo inseguimento per i vicoli della mia vecchia Napoli. Noi la conoscevamo benissimo perché e lì che siamo cresciuti: all’ombra del mitico Vesuvio ma anche loro erano parecchio bravi, purtroppo bisogna dirlo, perché ogni giorno passavano ore a pattugliare il nostro territorio. In realtà di nostro non c’era nulla, al di fuori dei casini che facevamo quotidianamente. L’inseguimento durò un bel po’ quando all’improvviso sentimmo un rumore infernale, io e i miei amici ci voltammo e ci rendemmo conto che l’auto che ci inseguiva era andata a sbattere contro un banco di frutta e verdura. I poliziotti cercavano di togliere rape, ravanelli, lattuga, pomodori e altre cose dal vetro con il tergicristalli. Incominciammo a ridere a crepapelle guardando quella scena, il problema fu che a furia di guardare i poliziotti non ci rendemmo conto che d’avanti a noi c’era la strada interrotta dai lavori di manutenzione. Il rumore infernale questa volta lo facemmo noi, e ci ritrovammo a terra nel cratere di cemento fresco che gli operai stavano preparando. Ci voltammo e vedemmo che questa volta era il turno dei poliziotti di ridere, perché ormai, secondo il loro modesto parere, eravamo in trappola. Sudici del cemento, ci alzammo e vedemmo che la polizia in fretta e furia ci veniva incontro e allora lasciammo i motorini e incominciammo a correre per i vicoli di Napoli e loro sempre dietro. Sembrava quella scena di “Guardia e ladri” con Totò e Aldo Fabrizi, i poliziotti ci urlavano di fermarci e noi rispondevamo di no con il fiatone. Arrivati davanti al basso di una vecchietta ci buttammo al suo interno, eravamo ancora sudici del cemento e la vecchietta non la prese bene, mi sa che aveva appena finito di lavare per terra. Così incominciò a inveirci contro e a picchiarci con uno scopettone. Noi le dicevamo di fare sottovoce, aveva ragione a picchiarci ma che almeno non urlasse e invece lei urlava così i poliziotti capirono subito dove ci eravamo nascosti. Ecco che sull’uscio della porta arrivano gli sbirri, ci intimarono di fermarci, ma noi eravamo fermi, in realtà dovevano fermare la vecchietta che continuava a bastonarci. Era così scatenata che quasi quasi fui contento che mi portassero via ammanettato. Mentre salivo sulla volante mi ritornò in mente che quella mattina quando mi svegliai c’era quel certo non so che che mi turbava. Forse era la mia coscienza o forse il sesto senso, fatto sta che quello è proprio un giorno che mi resterà in mente finché non avrò finito di pagare il mio conto alla giustizia, ma tutto sommato, è meglio che me lo ricordo anche dopo. Campobasso 05/07/08 F.to Acone L.