Bronzi e marmi cantiamo fedeli

Transcript

Bronzi e marmi cantiamo fedeli
ultima pagina
Bronzi e marmi
cantiamo fedeli
Sull’onda dei festeggiamenti per l’Unità d’Italia desideriamo dare un contributo per una maggiore conoscenza della nostra città. Non molti torinesi sanno quali e quanti monumenti siano stati eretti a ricordo di quegli uomini che
hanno lavorato per un’Italia unita, ma soprattutto dove siano collocati. Così
abbiamo pensato di informarli con Bronzi e marmi.
1 - Vittorio Emanuele II, lo stilita.
Molti torinesi conoscono questo monumento perché è sistemato al centro di
un incrocio di grande traffico, tra corso Vittorio Emanuele II e corso Galileo
Ferraris.
Il Re è lì in bella vista. Lo hanno fatto alto quattro metri e posto alla sommità di un piedistallo di diciassette per dargli la possibilità di guardare tutti dall’alto, come si conviene al suo rango, ma a causa del vento che spira a quelle altezze hanno dovuto zavorrarlo con alcuni quintali di piombo. È stato confinato lì come un asceta ad espiare una vita dissoluta iniziata con una certa Rosa appena sedicenne. Doveva essere la tendenza di quel periodo che
a conquistare gli uomini di governo fossero ragazzine, se anche Massimo
d’Azeglio parlando della piccola Aldoini, futura contessa di Castiglione, raccontava di essere: «In grande tenerezza con questa ragazzina di 12 anni,
molto carina e che perciò ha fatto pienamente la mia conquista».
2 - Cavour a luci rosse.
Non molti invece sanno che il monumento posto al centro di una grande
aiuola in piazza Carlo Emanuele II detta Carlina rappresenta il Conte Camillo Benso di Cavour.
Riconosciuto quale gaudente e buongustaio, i torinesi lo hanno sistemato
in una posizione strategica. Lontano dal Re con cui litigava spesso; non distan-
te dal parlamento dove risiedeva come ministro; non distante dal ‘Cambio’,
dove andava a farsi preparare il ‘risotto alla Cavour’ mantecato con salsa
al vino bianco, né dal bar gelateria dei fratelli Fiorio, salotto raffinato e rivoluzionario, tra i pochi ad occupare ancora oggi gli stessi locali in cui venne
fondato.
Cavour frequentava il bar Fiorio, così come gli altri colleghi parlamentari, per
leggere i giornali comodamente seduto su quei divani, sorbendo un buon
caffè ma soprattutto ascoltando gli umori e le chiacchiere del popolo che
‘facevano l’Italia’; un po’ come fanno oggi i nostri uomini di governo che
prima di entrare in aula vogliono sapere cosa dice il salotto di Dagospia.
Lo scultore, ricordando il periodo gaudente parigino dello statista e la domanda che fece al d’Azeglio – «Anche le dame dell’imperatrice portano le mutande come usano le torinesi?» – ha posto, dolcemente accostata ai piedi della statua di Cavour, la sua creatura: un’Italia con floridi seni scoperti, accarezzata dal vento e sfiorata dai pensieri lussuriosi del conte.
Nella base sottostante disposti a corona: donne, vecchi e bambini in un delirio di nudità.
3 - Garibaldi e il suo leone.
È più difficile riconoscere in quel gruppo scultoreo in corso Cairoli in fondo
a via dei Mille l’eroe dei due mondi, anche perché avrebbe bisogno di una
bella ripulita.
«Quella bionda testa con la chioma di leone e il fulgore d’arcangelo che passa risvegliando le vittorie romane… è Giuseppe Garibaldi il più popolarmente glorioso degli italiani». Così ne parla il Carducci nell’orazione funebre; con
il 77% di gradimento è il personaggio preferito dagli italiani, mentre Cavour
lo è dei torinesi.
L’eroe del Risorgimento incarna il vero mito di leader rivoluzionario, barbuto, carismatico, altro che Che Guevara, a differenza di quest’ultimo ha solo
avuto il demerito di morire di vecchiaia. Nel 1860, Garibaldi entra trionfalmente a Napoli a fianco del re Vittorio Emanuele lui avvolto nell’inseparabile puncio sopra la camicia rossa fatta con la stoffa usata dai macellai di
Montevideo, ed il Re in grande uniforme Blu Savoia, al quale consegna simbolicamente l’Italia. Garibaldi era un amante senza fissa dimora, dove c’era
una rivoluzione c’era anche lui.
Entusiasmava i cuori di uomini e donne. Anita lo ha seguito da Montevideo
in Italia morendo nella fuga da Roma. Nella fretta degli spostamenti, sposa la Raimondi senza leggerne il curriculum, poi la ripudia perché si accorge che è incinta di un altro. L’ultima moglie, tutt’altro che bella, lo accudisce sino alla fine ma lo costringe a sopportare la presenza dei suoi numerosi parenti.
Quest’uomo, se in battaglia era coraggiosissimo ‘gettando lo sgomento e
lo stupore’ nel nemico, in casa e con tutte le sue donne è sempre stato piuttosto arrendevole. Per la base del monumento, inaugurato il 6 novembre
1887 lungo il fiume Po, sono stati fatti arrivare blocchi di granito da Caprera. Accovacciato ai piedi di Garibaldi lo scultore ha messo la Libertà ed un
leone di notevole dimensione così come i suoi genitali, non sappiamo se in
onore alla virilità del leone o a quella presunta di Garibaldi.
Chissà se, nel centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, Garibaldi faccia ancora vibrare il cuore dei torinesi o ricordi soltanto la via dello shopping.
Sandro Cenni & Lando Moglia
288