daMaVolume - AOU G. Martino

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daMaVolume - AOU G. Martino
daMa
data management in HIV
n. 1 - gennaio 2007
in questo numero:
board editoriale
Tenofovir in pazienti HIV/HCV-positivi
Massimo Andreoni
Gioacchino Angarano
Andrea Antinori
Giampiero Carosi
Giovanni Di Perri
Massimo Galli
Adriano Lazzarin
Carlo Federico Perno
Utilizzo di tenofovir disoproxil fumarato
in un paziente con glomerulosclerosi focale e segmentaria
La tollerabilità renale di tenofovir nella pratica clinica
Terapia antiretrovirale includente tenofovir:
efficacia e tollerabilità in pazienti HIV-1 positivi naïve o pluritrattati
Tenofovir nei pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica
Rapida comparsa della mutazione K65R in paziente naive trattato
con l’associazione di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz
Sicurezza nell’uso di tenofovir in associazione con Inibitori
della Proteasi Boosterati: esperienza di un centro clinico
Analisi su tollerabilità di regimi di terapia antiretrovirale
contenenti tenofovir in un gruppo di pazienti anti-hiv positivi
Viread®: Conferme di efficacia e sicurezza
Esperienza clinica con tenofovir in pazienti pediatrici
con infezione da HIV a trasmissione materno fetale
Cosa fare se gli effetti collaterali dei farmaci possono condizionare
negativamente i pazienti HIV positivi
Efficacia, tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza di tenofovir:
44 mesi di esperienza clinica
Il tenofovir nella terapia antiretrovirale:
osservazioni sulla possibile nefrotossicità del farmaco
Alterazione della funzionalità renale nei pazienti
con infezione da HIV
Fattori predittivi di efficacia virologica in regimi antiretrovirali
contenenti tenofovir
daMa
Data Management in HIV
Periodico Volume I, anno I, n. 1, gennaio 2007
Direttore Responsabile Tiziana Vozzella
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daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Indice
Tenofovir in pazienti HIV/HCV-positivi
5
Utilizzo di tenofovir disoproxil fumarato in un paziente
con glomerulosclerosi focale e segmentaria
11
La tollerabilità renale di Tenofovir nella pratica clinica
19
Terapia antiretrovirale includente tenofovir:
efficacia e tollerabilità in pazienti HIV-1 positivi naïve o pluritrattati
25
Tenofovir nei pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica
33
Rapida comparsa della mutazione K65R in paziente naive
trattato con l’associazione di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz
35
Sicurezza nell’uso di Tenofovir in associazione con Inibitori
della Proteasi Boosterati: esperienza di un centro clinico
41
Analisi su tollerabilità di regimi di terapia antiretrovirale
contenenti tenofovir in un gruppo di pazienti anti-hiv positivi
49
Viread: Conferme di efficacia e safety
55
Esperienza clinica con Tenofovir in pazienti pediatrici
con infezione da HIV a trasmissione materno fetale
61
Cosa fare se gli effetti collaterali ai farmaci possono
condizionare negativamente i pazienti HIV positivi
69
Efficacia, tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza di tenofovir:
44 mesi di esperienza clinica
77
Il tenofovir nella terapia antiretrovirale:
osservazioni sulla possibile nefrotossicità del farmaco
83
Alterazione della funzionalità renale nei pazienti con infezione da HIV
92
Fattori predittivi di efficacia virologica in regimi antiretrovirali contenenti tenofovir
102
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Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Editoriale
A. Antinori
Direttore Dipartimento Clinico INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS, Roma
Lo scenario della terapia antiretrovirale a 20 anni
dalla introduzione delle terapie potenti di combinazione appare in sostanziale evoluzione nella
maggior parte dei temi ed argomenti. La progressiva riduzione del pill burden e la superiore convenienza dei nuovi schemi di terapia; la migliore tollerabilità di nuovi farmaci e formulazioni; la più
elevata potenza antivirale delle nuove combinazioni; il superiore profilo famacocinetico delle nuove
molecole e la minor capacità di generare resistenze
al fallimento: in molte caratteristiche fondamentali le nuove terapie appaiono innovative e in grado
di assicurare una superiore e duratura efficacia
antivirale.
Dati osservazionali del periodo 1996-2002 documentano una riduzione relativa del rischio di fallimento virologico iniziale tra il 48% e il 79%, in
buona parte legato alle caratteristiche dei nuovi
schemi di combinazione. L’aumento del portfolio
farmaceutico in termini di nuovi farmaci e classi
ha seguito alcuni criteri chiave, prioritariamente
selezionati al fine di garantire l’innovatività della
nuova offerta terapeutica: compattazione di farmaci e combinazioni anche attraverso lo sviluppo
di co-formulazioni, attività antivirale più elevata,
potenziamento farmacocinetico per garantire
maggiore attività sui ceppi mutati e superiore forgiveness a protezione del rischio di breakthrough
virologico in condizioni di aderenza subottimale,
risparmio delle tossicità metaboliche.
In uno scenario quale quello descritto, grande
rilievo ha assunto l’introduzione in terapia antire-
trovirale delle combinazioni basate su tenofovir.
Èindubbio che il farmaco rappresenti la principale
evoluzione farmaceutica nella classe degli analoghi
nucleosidici, ovvero la prima classe terapeutica
introdotta, il backbone della terapia di combinazione, ponendosi come il principale esponente
della nuova sottoclasse degli inibitori non-timidinici della RT. L’introduzione e l’uso estensivo degli
analoghi timidinici ha caratterizzato una intera era
della terapia antiretrovirale, garantendo il salto di
efficacia della prima fase delle terapie di combinazione. Il risvolto meno favorevole è stato rappresentato dalla crescita progressiva dell’impatto della
tossicità metabolica e mitocondriale e dei suoi correlati clinici (lipoatrofia, dislipidemie, neuropatie
periferiche), e dalla selezione progressiva di ceppi
virali portatori di mutazioni associate agli analoghi timidinici (TAMs ovvero Thymidine-Associated Mutations), vero e proprio marker di multiresistenza della classe degli inibitori nucleosidici.
L’avvento delle terapie TA-sparing, di cui tenofovir
è oggi il principale e talora indispensabile componente ha rappresentato, insieme al boosting degli
inibitori delle proteasi di nuova generazione, il
principale carattere farmacologico innovativo
negli ultimi anni. E ha accompagnato altri elementi emergenti sui cui oggi le nuove terapie vengono
misurate: monodose giornaliera e possibilità di coformulazione con farmaci della stessa classe o di
altre classi potenzialmente combinabili, più elevata barriera genetica nei confronti di mutazioni
genotipiche correlate a resistenza di classe, attività
3
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antivirale crociata nei confronti di altri virus prevalenti nella popolazione HIV-infetta, in primo
luogo HBV.
La scelta di una nuova rivista scientifica che ponga
al centro della propria selezione editoriale il management clinico delle terapie e quanto di nuovo
emerga su di esse e su tenofovir come prototipo di
una nuova fase del trattamento antiretrovirale,
fornisce agli addetti ai lavori un nuovo strumento
critico di aggiornamento e discussione. Gli aspetti
emergenti in tema di resistenza ai non timidinici,
l’efficacia a lungo termine da dati osservazionali
non selezionati, l’impatto reale delle tossicità
emergenti quali quella renale e quella ossea, le
implicazioni della combinazione di diverse classi
sulla efficacia e le strategie di sequencing, risultano
tutti argomenti di forte rilievo nel management
4
delle nuove terapie, e su cui la necessità di dati più
consolidati dalla pratica clinica reale, che siano
rappresentativi delle diverse realtà ed esperienze
sul territorio, è ancora elevata, al fine di definire e
ottimizzare le strategie conseguenti.
Nuovi scenari e nuove sfide attendono clinici e
ricercatori nei prossimi anni nel campo delle terapie antivirali, prima fra tutte quella della “normalizzazione” delle terapie croniche, in termini di
riduzione del danno legato all’accumulo di tossicità e resistenza, e di estensione dei benefici clinici
delle terapie a lungo termine. Uno degli obbiettivi
prioritari rimane quello di consolidare gli elementi di evidenza scientifica che possono razionalmente supportare le scelte e le strategie più avanzate. Una nuova rivista può trovare in questo contesto una felice e utile collocazione.
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Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tenofovir in pazienti HIV/HCV-positivi
G. Borroni, C. Felline, C. Maltempo
Dipartimento Dipendenze ASL PROV MI 1
Introduzione
Nei pazienti HIV-Ab positivi una concomitante infezione da HCV è riscontrabile in circa il 33% dei casi,
con una prevalenza variabile tra il 10% e il 95% dei
casi in relazione alla modalità di infezione ed all’area
geografica di provenienza.
L’uso di stupefacenti per via endovenosa è diventato in termini assoluti la principale modalità di trasmissione dell’HCV nei paesi industrializzati, con
una prevalenza di sieropositività per HCV-Ab nei tossicodipendenti per e.v. compresa tra il 50% e il 95%.
Inoltre, i tossicodipendenti per via endovenosa rappresentano attualmente il maggior serbatoio di infezione da HIV, come conseguenza la concomitante
positività per anticorpi anti-HCV e HIV è riscontrabile in oltre l’80% dei soggetti HIV-Ab positivi, nei
quali la frequenza di cronicizzazione dell’infezione
da virus dell’epatite C è superiore a quella osservabile nella popolazione generale, arrivando a superare
il 90%.
La nuova e potente terapia antiretrovirale ad elevata
efficacia (HAART) ha profondamente modificato la
prognosi della malattia da HIV, migliorando sensibilmente la qualità di vita ed allungando notevolmente
la sopravvivenza media dei pazienti sieropositivi.
La riduzione dell’incidenza di altre complicanze
infettive ottenuta con le nuove terapie di combinazione hanno però contribuito a rendere sempre più
rilevante lo spazio occupato nello scenario dell’infe-
zione da HIV dall’epatite cronica HCV.
Dopo l’introduzione della HAART si è osservato un
incremento dell’incidenza di cirrosi epatica e della
mortalità a causa della stessa passata dal 2-10%
degli anni 1988-91 al 20-50% degli anni 1998-2001.
Un ulteriore problema secondario all’alta prevalenza
di coinfezione è inoltre rappresentato dall’aumentato rischio di sviluppare tossicità epatica, che risulta
variabile in funzione dei farmaci utilizzati. Nevirapina e ritonavir sono fra quelli più frequentemente correlati ad una epatotossicità da farmaci mentre per
tenofovir una dimostrazione di ridotta tossicità epatica è arrivata dai risultati di alcuni trials che hanno
evidenziato solo lievi alterazioni della funzionalità
epatica in corso di trattamento, alterazioni che si
sono comunque risolte spontaneamente o immediatamente dopo l’interruzione del trattamento.
Questo dato potrebbe essere conseguenza delle
modalità di selezione dei pazienti che nella maggior
parte degli studi risultavano negativi per una concomitante infezione da HCV, che rappresenta un sicuro
fattore di rischio per l’epatotossicità da farmaci antiretrovirali, accompagnandosi ad una incidenza di
tossicità epatica severa compresa tra il 6 e il 21%.
Scopo del presente studio è stato quello di valutare
l’impatto del trattamento con tenofovir in pazienti
con infezione cronica da HCV associata all’HIV. Inoltre si è voluto valutare se altri fattori strettamente
associati alla presenza di coinfezione e in particolare le abitudini tossicomaniche dei pazienti, possano
influire sull’aderenza dei pazienti all’HAART.
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Pazienti e metodi
Dal 1986 il SerT di Magenta segue pazienti che
hanno contratto il virus HIV-1 con diverse modalità, principalmente per via endovenosa. Attualmente i pazienti seguiti sono 135, 114 in terapia
antiretrovirale. I pazienti coinfetti HCV sono 74.
Di questi solo 4 non hanno contratto la malattia
per via endovenosa. A tutti è stata offerta l’opportunità di un trattamento Interferone + Ribavirina,
rifiutato da alcuni per timore degli effetti collaterali riportati da altri. Dei 74 pazienti HCV-Ab positivi, 4 (HCV-RNA positivi) sono guariti dopo trattamento con interferone e ribavirina e 3 evidenziavano persistente negatività dell’HCV-RNA.
La storia di questi pazienti, come si può immaginare, è piuttosto complicata. Sia per il tipo di vita condotta, sia per la difficoltà ad ottenere una aderenza
ottimale, sia per i diversi anni di terapia HAART.
Lo Studio si è riproposto di valutare l’impatto
della concomitante infezione da HCV e dell’abuso di sostanze stupefacenti, legali e illegali, sull’andamento a un anno del trattamento con tenofovir.
A questo scopo sono state retrospettivamente riviste le cartelle di 45 pazienti in carico presso il SerT
di Magenta che hanno consecutivamente iniziato
un trattamento con tenofovir nell’ambito di una
terapia altamente efficace (HAART) in un periodo
compreso tra il 01/02/2003 e il 31/10/2005. Per
valutare l’impatto dell’infezione da HCV sul trattamento con tenofovir i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi sulla base del riscontro o meno di
positività dell’HCV-RNA alla PCR. È stata quindi
effettuata l’analisi dei dati relativi all’andamento
delle transaminasi, della GGT e della bilirubina
totale raccolti immediatamente prima e dopo 1, 3
e 12 mesi dall’inizio del trattamento con tenofovir,
sia all’interno che tra i due gruppi considerati. È
stata definita come epatotossicità di grado severo,
che ha determinato la sospensione del trattamen6
to, il riscontro di un aumento al di sopra di 300 U/I
del valore delle transaminasi.
È stato definito un comportamento d’abuso/
dipendenza da sostanze stupefacenti non solo l’assunzione, in corso di trattamento, di sostanze stupefacenti illegali ma anche l’assunzione di elevate
quantità di alcolici. Sono stati invece esclusi da
questo gruppo tutti i pazienti che avevano risolto
da almeno 6 mesi prima dell’inizio del trattamento ogni problematica connessa con la dipendenza/abuso di stupefacenti, compresa quindi l’assunzione di metadone o buprenorfina.
La definizione di cirrosi epatica si è basata sulla
valutazione clinica, biochimica e ultrasonografica
dei pazienti e in nessun caso è stata effettuata
mediante biopsia epatica. Sono stati quindi definiti cirrotici solo i pazienti che presentavano un
grado di compromissione epatica elevato con evidenza clinica della malattia, verosimilmente sottostimando la reale prevalenza di questa condizione
nella popolazione in esame.
I dati sono espressi come media±errore standard
della media e range. La valutazione statistica è stata
effettuata utilizzando il Chi-quadro per le variabili qualitative e i Test di Mann-Whitney e Friedman
per le variabili qualitative. È stato considerato
significativo un valore di P<0,05.
Risultati
L’età media dei pazienti è risultata di 43,5±0,8 anni
(Range 29-53 anni). Il sesso maschile è risultato
prevalente nella popolazione considerata, rappresentando il 75,6% del campione. La via di infezione prevalente è risultata l’assunzione di sostanze
stupefacenti per via endovenosa (66,7%), mentre
rapporti sessuali etero e omosessuali sono risultati
coinvolti nell’infezione rispettivamente del 15,6 e
del 17,8% del campione. La durata media dell’in-
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fezione da HIV al momento dell’inizio del trattamento è risultata di 14,3±0,8 anni (Range 0,5 - 21
anni). Una viral load negativa al momento dell’inizio del trattamento con tenofovir è stata osservata
nel 6,6% dei pazienti; il valore basale medio della
viral load è risultato di 123514±30093 cp/mL
(Range 0 - 750.000 cp/mL) mentre la media del
dosaggio di CD4+ è risultata 317,8±36,6/mm3
(Range 26-1100/mm3). La prevalenza di cirrosi
epatica clinicamente evidente è risultata del
11,1%. Una diagnosi di AIDS secondo i criteri stabiliti dal CDC era presente nel 35,6% dei pazienti.
Il valore medio di GOT, GPT e GGT è risutalto
rispettivamente di 57,1±5,9 U/I (Range 10-165
U/I), 64,2±7,6 U/I (Range 8-263 U/I) e 102,2±21
U/I (Range 9-638 U/I). Il 46,7% dei pazienti
mostrava l’alterazione significativa (>1,5 UNL) di
almeno una delle transaminasi determinate precedentemente all’inizio del trattamento con tenofovir. Una analoga alterazione dei valori di GGT e
bilirubina totale è stata invece osservata rispettiva-
mente nel 37,8 e nel 4,4% del campione.
Una condizione di dipendenza/abuso attivo di
sostanze stupefacenti era evidenziabile nel 42,4%
dei pazienti. 28 pazienti (62,2%) sono risultati portatori cronici dell’infezione da HCV, nel 48,1% dei
casi questa era sostenuta da un genotipo 1, mentre
i genotipi 3 e 4 erano osservabili rispettivamente
nel 25,9% e nel 18,5% dei casi. Come riportato in
Tabella 1, rispetto ai pazienti positivi solo per HIVAb, i pazienti coinfetti con HCV presentavano differenze significative per quanto riguarda la via di
infezione con il virus HIV, la frequenza di situazioni di abuso/dipendenza da sostanze stupefacenti, la
durata dell’infezione da HIV, gli indici di necrosi
epatica, la GGT e il viral load. Mentre non erano
evidenti differenze statisticamente significative
nella distribuzione per sesso, l’età media, la frequenza di AIDS e cirrosi e la conta di CD4+.
Rispetto ai dati basali è stata osservata, nel corso del
trattamento, una significativa riduzione del viral
load ed un significativo incremento della conta dei
Tab. 1
HIV+/HCV- (n=17)
HIV+/HCV+ (n=28)
p
Sesso (%Maschi)
76,5
75
0,91
Età (anni)
42,8±1,5
43,9±0,8
0,45
Infezione e.v. (%)
23,5
92,9
>0,001
Dipendenza/Abuso (%)
11,8
60,7
0,001
Durata Infezione (anni)
10,8±1,3
16,4±0,8
0,01
AIDS (%)
35,3
35,7
0,98
Cirrosi (%)
11,8
10,7
0,91
GOT (U/L)
32,4±4,8
72±7,7
>0,001
GPT (U/L)
37,3±6,7
80,5±10,4
0,001
GGT (U/L)
42,4±14,6
140±31
0,001
Bilirubina (mg/dL)
0,94±0,15
0,6±0,27
0,03
Viral Load (cp/mL)
205410±64765
73791±24906
0,03
272,2±47,6
345,5±51,2
0,45
3
CD4+ (mm )
Tabella 1.
Confronto
fra le caratteristiche
anagrafiche, cliniche,
biochimiche
e virologiche
dei pazienti indagati
suddivisi in base
alla presenza o meno
di infezione cronica
da HCV
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Tab. 2
Variabile
Basale
1 mese
3 mesi
12 mesi
p
HCV+
GOT
64,3
64,8
81,3
98,1
0,61
HCV-
U/I
30,1
32,6
25,8
22,4
0,04
HCV+
GPT
71,9
70,7
91,6
102,7
0,78
HCV-
U/I
37,5
30
26,9
25,8
0,43
HCV+
GGT
152
122,6
145,3
183,6
0,09
HCV-
U/I
44,7
52,8
36,3
30,7
0,47
HCV+
Bilirubina
0,69
0,99
0,93
0,95
0,72
HCV-
Mg/dL
0,55
1,09
0,89
0,77
0,25
HCV+
CD4+
391,7
420,7
396
463,5
0,04
HCV-
/mm3
234,5
336,7
375,6
435
<0,001
HCV+
Viral Load
72440
373,1
54,4
423,3
<0,001
HCV-
Cp/mL
187995
2000,8
1678,9
373,1
<0,001
CD4+, mentre non sono state osservate modificazioni statisticamente significative a carico degli
indici di citolisi e della GGT e della bilirubina.
Quando la popolazione è stata analizzata suddividendo i pazienti in due gruppi in base alla presenza o meno di infezione da HCV è stato osservato
un comportamento analogo a quanto presente nell’intera popolazione e sostanzialmente sovrapponibile tra i due gruppi ad eccezione del valore medio
di GOT, che è risultato significativamente ridotto
in corso di trattamento con tenofovir solo tra i
pazienti non coinfetti (Tabella 2).
Dal punto di vista della valutazione clinica del
trattamento, questo è stato interrotto precocemente in 4 casi (9%), in 2 casi (4,5%), entrambi HCVRNA positivi, per la comparsa di un incremento
del valore di transaminasi superiore a 300 U/L, in
un caso per sindrome nefrosica non iatrogena e in
un quarto caso per intolleranza al trattamento
senza evidenza di interessamento d’organo. Il trattamento è stato sospeso spontaneamente dal
paziente in 6 casi. Durante lo studio 3 pazienti
sono stati sottoposti a trattamento con interferone
8
Tabella 2
Variazioni di GOT,
GPT, GGT, Bilirubina
totale, CD4+
e Viral Load in corso
di trattamento
con tenofovir
in pazienti HIV-Ab
positivi con e
senza coinfezione
con HCV
e ribavirina, 1 di loro ha sospeso dopo 6 mesi per
la comparsa di effetti collaterali (al momento della
sospensione risultava HCV-RNA negativo), 1 per
mancata risposta ed effetti collaterali ed infine una
paziente è in corso il trattamento con negativizzazzione dell’HCV-RNA. Come già precedentemente
riportato in altri studi non sono state dimostrate
interazioni fra ribavirina e tenofovir.
Una paziente ha dovuto interrompere il trattamento per circa un mese per la comparsa di Sindrome di Cushing iatrogena alla quale si è ovviato
sostituendo con efavirenz il PI boosterato.
Mentre non è stata osservata una correlazione statistica tra la presenza di una coinfezione con HCV
ed una più elevata frequenta di interruzioni o
abbandoni del trattamento (χ2=1,729; p=0,189 e
χ2=1,313; p=0,352), un aumento statisticamente
significativo delle interruzioni del trattamento
(χ2=4,067; p=0,044) e in particolare degli abbandoni (χ2=4,796; p=0,029), è stato osservato nel
sottogruppo di pazienti che presentava una condizione di dipendenza/abuso di sostanze stupefacenti in corso di trattamento con tenofovir.
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Conclusioni
L’introduzione della HAART ha modificato la
prognosi della malattia da HIV allungando la
sopravvivenza media dei pazienti sieropositivi, ma
ha consentito all’epatite cronica HCV di attraversare tutte le fasi della sua storia naturale, con conseguente aumento della frequenza di cirrosi epatica e di morti ad essa correlate.
Da qui l’esigenza di proporre un trattamento
HAART poco epatotossico e un trattamento con
interferone a questi pazienti.
È stato quindi condotto uno studio retrospettivo
finalizzato a valutare l’impatto di tenofovir nell’ambito di una HAART in pazienti cronicamente
coinfetti con il virus dell’epatite C.
I pazienti sono stati arruolati presso il Ser.T. di
Magenta per cui la popolazione indagata è prevalentemente composta da pazienti che hanno contratto l’infezione per l’uso di sostanze per via
endovenosa e che frequentemente persistono in
comportamenti d’abuso.
Il presente studio ha permesso di dimostrare che
non vi sono differenze statisticamente significative nell’andamento delle transaminasi dopo l’inizio del trattamento antiretrovirale contenente
tenofovir in una popolazione di soggetti HIV,
dato che si è confermato anche quando l’analisi è
stata effettuata su due sottogruppi selezionati in
base alla presenza o meno di concomitante infezione cronica da HCV.
In due soli casi si è dovuto sospendere il trattamento per tossicità epatica, entrambi i pazienti
presentavano positività per l’HCV-RNA e uno di
questi aveva una cirrosi clinicamente evidente.
Di particolare rilevanza clinica è invece risultato il
dato relativo alla probabilità di proseguire a lungo
termine il trattamento antiretrovirale, che si è
dimostrato significativamente ridotto nella popolazione di pazienti che presentava comportamenti d’abuso/dipendenza da sostanze psicoattive. In
questa sottopopolazione la frequenza di drop-out
è infatti risultata statisticamente significativa
rispetto al resto dei pazienti indagati, anche in
presenza di regimi terapeutici a basso “pill burden”.
Sulla base dei dati sopra esposti è possibile quindi
concludere che: a) l’assunzione di tenofovir nell’ambito di un trattamento HAART comporta un
rischio di interruzione del trattamento che non
viene influenzato dalla presenza di coinfezione
con il virus dell’epatite C; b) la situazione tossicomanica del paziente rappresenta un importante
fattore di rischio di interruzione dell’HAART
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daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Utilizzo di tenofovir disoproxil fumarato
in un paziente con glomerulosclerosi
focale e segmentaria
Carosella S, Lipani FA, Farenga M, Orofino GC, Fora R, Canta F,*Rollino C, Caramello P
Divisione A - Dipartimento di malattie Infettive - Ospedale Amedeo di Savoia - Torino
*Divisione di Nefrologia e Dialisi - Ospedale Giovanni Bosco - Torino
Introduzione
Alterazioni della funzionalità renale, sia in forma
acuta (ARF: acute renal failure) sia cronica (CKD:
chronic kidney disease), sono sempre di più frequente riscontro nei pazienti con infezione da HIV (1,2).
Un incremento del valore della creatinina > di 1,5
mg/dl (o >1.3 volte il limite superiore del normale
valore del proprio laboratorio) che ritorna nei range
di normalità entro 3 mesi definisce una ARF secondo
la Adult AIDS Clinical Trials Group, mentre il persistere di queste alterazioni renali oltre 3 mesi definisce
la CKD secondo The National Kidney Foundation (3).
Diversi fattori rivestono un ruolo importante nel
determinare le patologie renali in questi pazienti:
l’azione diretta ed indiretta del virus, la tossicità correlata a farmaci utilizzati per curare le infezioni
opportunistiche (IO) ed infine la tossicità correlata
alla stessa terapia ARV.
Tra le patologie legate all’azione diretta di HIV la più
frequente è una forma di glomerulosclerosi focale
con danno tubulo-interstiziale (4,5), tipica della fase
tardiva dell’infezione da HIV (6), che si presenta come
sindrome nefrosica (HIVAN), caratterizzata da severa
proteinuria, insufficienza renale e rapida progressione verso la ESRD (end-stage renal disease) la cui
prevalenza è stimata tra il 3.5% degli studi clinici e il
12% degli studi autoptici (7). È la causa più frequente
di ESRD nei pazienti sieropositivi e riconosce come
fattori di rischio razza africana,(8,9,10) numero di
CD4+ < 200 /μl e viremia HIV > 10.000 copie/ml. Sempre legata ad azione diretta di HIV è la microangio-
patia trombotica, più rara, che si manifesta sotto
forma di sindrome emolitico-uremica e porpora
trombocitopenica, il cui meccanismo d’azione sembra legato ad una alterazione endoteliale dovuta alle
proteine di HIV con deposizione di piastrine a livello
microvascolare (11). Sono invece legate ad un’azione
indiretta di HIV le glomerulonefriti immuno-mediate,
la cui prevalenza è stata stimata tra il 15% e l’80%
(37% in uno studio bioptico (5)), e che sono state
classificate in quattro gruppi: glomerulonefrite
mediata da immunocomplessi, nefriti Ig A correlate,
malattia sclerotica-infiammatoria e sindrome simillupoide (12,13,14,15). Tra queste la nefrite Ig A correlata
sembra essere la patologia di più frequente riscontro
nella popolazione europea (14,16).
Tra i farmaci utilizzati per il trattamento delle infezioni opportunistiche capaci di determinare tossicità
renale ricordiamo aminoglicosidi, amfotericina B, trimethoprim-sulfametossazolo, adefovir, cidofovir,
foscarnet, acyclovir e pentamidina (17).
La tossicità renale correlata all’uso di farmaci ARV
può essere diretta od indiretta: la tossicità indiretta
è legata soprattutto alla comparsa di alterazioni
metaboliche, quali per esempio il diabete mellito da
ridotta tolleranza al glucosio (18-19) o l’ipertensione
arteriosa, (20) che possono determinare danni renali
secondari.
Infine, anche se vari studi clinici hanno dimostrato
che la maggior parte dei farmaci antiretrovirali non
sembra possedere una particolare tossicità renale
diretta, alcuni di essi sono comunque in grado di
determinare quadri clinici quali insufficienza renale,
11
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
necrosi tubulare, calcolosi renale o malattia renale
cronica.
Tra gli inibitori delle proteasi (IP), indinavir (21) è stato
associato a comparsa di patologie renali quali nefrolitiasi, cristalluria, disuria, necrosi papillare ed insufficienza renale acuta. La comparsa di queste patologie risulta più frequente in pazienti che presentano
coinfezione HBV-HCV (22) o che assumono contemporaneamente altri farmaci per la cura delle IO (per
esempio trimethoprim-sulfametossazolo od acyclovir) (23,24). Anche ritonavir a dosi terapeutiche piene
(800-1200 mg/die), può determinare insufficienza
renale (25,26). Per quanto riguarda saquinavir, nelfinavir e atazanavir, è segnalata solo eccezionalmente
nefrotossicità (27,28,29). Tra gli inibitori nucleosidicinucleotidici della transcriptasi inversa, il tenofovir
disoproxil fumarato, soprattutto se associato a fattori di rischio quale basso peso corporeo, alterazione
della funzionalità renale al baseline o concomitante
assunzione di altri farmaci nefrotossici (30,31), ha determinato tossicità renale con insufficienza renale
acuta (in particolare per sindrome di Fanconi e
necrosi tubulare acuta) (32,33,34). Solitamente le alterazioni tubulari regrediscono dopo sospensione del
farmaco (31,35) anche se alterazioni renali croniche
sono state riportate in letteratura (36,37).
Gli inibitori non nucleosidici della transcriptasi inversa e gli inibitori della fusione hanno dimostrato un
buon profilo di tollerabilità renale in trials
controllati (38-39).
Caso clinico
Paziente di 42 anni, di sesso maschile e di razza
caucasica. Categoria C3 secondo la classificazione
dei CDC di Atlanta.
Alimentazione regolare, anamnesi positiva per
fumo, abuso di alcolici ed uso di sostanze stupefacenti. Familiarità per diabete mellito ed ipertensio12
ne arteriosa.
HIV+ noto dal 1987. Fattori di rischio per HIV:
tossicodipendenza, omosessualità. I profili sierologici evidenziano un pregresso contatto con HBV
(HBc Ab totali ed HBs Ab positivi, HBs Ag negativo), CMV, EBV, HSV e Toxoplasma gondii (presenza di IgG); negativa la sierologia per anticorpi
anti-HCV.
Nel 1991 inizia terapia ARV con AZT in monoterapia. Dopo alcuni mesi si ricovera per anemia
(Hb 4 g/dl) che richiede trasfusioni. Successivamente si somministra ddI in monoterapia per 3
mesi, quindi il paziente sospende ogni cura.
Nel maggio 1996 si ricovera per micobatteriosi atipica (infezione da M. avium disseminata) e lue.
Nel 1997 esofagite da Candida e ricovero per TVP
e polmonite aspecifica. Nel settembre 1997 inizia
una nuova terapia ARV con 3TC+ d4T+ IDV.
Il quadro completo dei principali esami al baseline
è riportato nella tabella 1.
Tab. 1 Esami al baseline
LTCD4+
80 cellule/µl (17. 0%)
Ratio CD4/CD8
0. 30
HIV-RNA
ND
Assetto lipidico
nella norma
Indici di funzionalità epatica, renale nella norma
Indici funzionalità pancreatica
incremento amilasi
pancreatica (262 U/l)
Il riassunto della risposta viro-immunologica e dei
principali parametri ematochimici al follow-up
del nuovo regime terapeutico sono riassunti nella
tabella 2.
Dal maggio 2000 ad aprile 2004 è stato seguito
presso un altro Centro di Malattie Infettive.
Nell’aprile del 2004, il paziente torna al nostro
ambulatorio ancora in trattamento con d4T+
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 2
Mesi
CV
LTCD4+
Creat.
Ass. Lipidico
AST, ALT
Es. Urine
3
>200
153
0,90
Trig. ↑
Nn
P: 452
9
>200
311
0,90
Trig. ↑
Nn
P: 645
14
>200
332
0,90
Trig. ↑
Nn
P: 120
18
260
399
1,00
Trig. ↑
Nn
P: 75
21
1400
435
0,90
Colest. Trig ↑
Nn
P: 75
24
5000
440
0,80
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 75
28
1200
420
0,76
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 100
Tab.3
CV
LTCD4+
Creat.
Ass. Lipidico
AST, ALT
Es. Urine
370 copie/ml
670 cellule/µl
1,11 mg/dl
321 mg/dl
789 mg/dl
Prot: 500
3TC+ IDV. Gli esami mettono in evidenza una
discordanza viro-immunologica, con buona risposta immunologica e carica virale (CV) rilevabile,
ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e proteinuria (Tab.3)
Per la presenza di CV rilevabile, viene richiesta
analisi genotipica, il cui referto è qui di seguito.
Drug Resistance Interpretation
PI Major Resistance Mutations: M46I, I84V
PI Minor Resistance Mutations: L10CR, L63P,
A71T, V77I, I93L
PR Other Mutations: I13V, L89V, Q92K
NRTI Resistance Mutations: M41L, M184V,
L210W, T215Y
NNRTI Resistance Mutations: none
RT Other Mutations: I135V, I142V, R211K,
V245KQ, D250E, T286A, E291D, D324R, Q334N
Nel giugno 2004, viene variata la terapia ARV su
base genotipica, e si preferisce un regime semplice,
che non utilizzi PI, per facilitare l’aderenza alla
terapia e per ovviare al problema dell’iperlipidemia: ddI + TDF + EFV.
PI
APV
High-level resistance
ATV
Intermediate resistance
IDV
Intermediate resistance
LPV/r
Low-level resistance
NFV
High-level resistance
RTV
Intermediate resistance
SQV
Intermediate resistance
Nucleoside RTI
Non-Nucleoside RTI
3TC
High-level resistance
DLV
Susceptible
ABC
High-level resistance
EFV
Susceptible
AZT
Intermediate resistance
NVP Susceptible
D4T
Intermediate resistance
DDC Intermediate resistance
DDI
Intermediate resistance
FTC
High-level resistance
TDF
Intermediate resistance
13
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 4
Mesi
CV
LTCD4+
Creat.
Ass. Lipidico
AST, ALT
Es. Urine
1
<50
452
0,94
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 452
3
<50
626
0,95
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 645
9
<50
1178
1,05
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 120
12
<50
800
1,02
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 150
16
<50
852
1,03
Colest. ↑
Nn
P: 150
20
<50
905
1,07
Colest.Trig. ↑
Nn
P: 150
Il nuovo regime terapeutico ha determinato una
buona risposta viro-immunologica, con CV non
rilevabile fino al controllo a 20 mesi e LTCD4+ stabilmente sopra le 500 cellule/µl per tutto il periodo monitorizzato (follow-up 20 mesi, tab 4).
Persistendo proteinuria, nel dicembre 2005 il
paziente è stato ricoverato presso la Divisione di
Nefrologia dei nostri Consulenti nefrologi, dove
si è eseguita biopsia renale che ha messo in evidenza un quadro di “glomerulosclerosi focale e
segmentaria di tipo tradizionale, non del tipo
HIV nephropathy”. Per tale motivo è trattato
con terapia steroidea alla dose di 2 mg/kg, con
scalare, da gennaio 2005 a gennaio 2006 -data di
chiusura della terapia corticosteroidea- associata a ramipril e telmisartan. I dati del follow-up
relativo ai parametri renali sono riassunti nella
tabella 5.
Conclusioni
L’utilizzo nella pratica quotidiana di terapie di
associazione altamente attive (HAART) ha portato
ad una drastica riduzione della morbilità e mortalità associata all’infezione da HIV (40,41), determinando in tal modo una più lunga sopravvivenza
nei pazienti in trattamento. L’aumentata sopravvivenza della popolazione HIV+ ha portato, oltre ad
14
Tab. 5
Mesi
GFR sec.Cockroft Gault
Proteinuria
0
77,9
4,8 g/die
4
78,4
8,3 g/die
6
79,6
2,4 g/die
12
76
2,0 g/die
15
79,9
3,4 g/die
20
78,4
3,8 g/die
un incremento delle tossicità farmaco-correlate sia
nel breve che nel lungo termine, anche ad un
aumento del numero dei pazienti “experienced”.
Nonostante sia stato segnalato un aumento delle
patologie renali nella popolazione sieropositiva
per HIV (42), vari studi hanno evidenziato che i farmaci antiretrovirali non possiedono una tossicità
peculiare a carico di questo organo.
Inoltre alcuni farmaci maggiormente chiamati in
causa, quali IDV e RTV a dosi terapeutiche, non
sono più utilizzati nella pratica corrente ed altre
categorie di farmaci, quali NNRTI e gli inibitori
della fusione, si sono dimostrati sicuri in vari trials
clinici (38,39). Nella classe dei NRTI il Tenofovir disoproxil fumarato è stato associato a comparsa di
patologie renali quali sindrome di Fanconi, necrosi tubulare acuta e raramente malattia renale cronica (32,34). Pazienti con basso numero dei CD4+,
basso peso corporeo, con coinfezione HBV-HCV,
Treponema pallidum o con patologie concomitan-
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
ti quali ipertensione o diabete, sembrano essere a
più alto rischio (43). I dati della letteratura evidenziano comunque una bassa tossicità renale di
Tenofovir disoproxil fumarato (44,45,46,47,48) anche
quando rapportato con altri farmaci della stessa
classe (49,50).
Il caso clinico descritto evidenzia come, anche con
una clearance della creatinina iniziale ridotta,
quando si è in presenza di pazienti “experienced”
in cui la disponibilità di farmaci attivi è minore, si
può impostare un regime terapeutico contenente
Tenofovir disoproxil fumarato. Infatti, nel nostro
caso specifico, i dati del follow-up a 20 mesi sono
confortanti. Non si è verificato un peggioramento
della funzionalità renale ed in seguito al trattamento con steroidi ad alte dosi per un anno, si è
avuto un lieve miglioramento della clearance della
creatinina ed una riduzione della proteinuria/24 h.
Nei soggetti in terapia con tenofovir, ovviamente è
sempre necessario, al fine di prevenire un possibile danno renale, un’ attenta valutazione del paziente attraverso la ricerca di fattori di rischio di tossicità renale prima dell’inizio della terapia ARV e il
controllo routinario dei parametri di tossicità nei
pazienti in trattamento. Per esempio un incremento dei valori di creatinina basale di 0,5 mg/dl od
una riduzione del 50% della ClCr deve far sospettare un possibile danno renale correlato a tenofovir (34,51).
Particolare cautela deve essere riservata anche alla
somministrazione contemporanea di altri agenti
con potenziale nefrotossicità, comprendenti ovviamente anche altri farmaci ARV (52,53), soprattutto in
quei pazienti con limitate alternative terapeutiche
in cui tenofovir disoproxil fumarato può rappresentare un’ importante risorsa.
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Volume I • Numero I • Gennaio 2007
La tollerabilità renale di Tenofovir
nella pratica clinica
Annamaria Cattelan
Unità Malattie Infettive, Università di Padova
Introduzione
L’introduzione nella pratica clinica della terapia antiretrovirale comprendente l’associazione, in diverse combinazioni, di inibitori
nucleos(t)idici e non nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI) e/o degli inibitori
della proteasi, ha profondamente modificato
il decorso dell’infezione da HIV, riducendo in
modo significativo la morbilità e la mortalità
per AIDS (1,2). Se pertanto da un lato il successo di queste terapie ha radicalmente trasformato l’aspettativa di vita delle persone con
infezione da HIV, dall’altro ciò ne ha comportato una maggiore e più prolungata esposizione farmacologica con conseguenti effetti
collaterali. Le tossicità correlate alle terapia
antiretrovirale, a breve e a lungo termine,
rappresentano infatti oggi la principale barriera al raggiungimento del pieno benessere
dei pazienti con sindrome da immunodeficienza acquisita (3).
Con lo sviluppo di nuovi farmaci antiretrovirali e dopo la comprensione che sono alcune
particolari molecole ad essere responsabili
delle tossicità a lungo termine (vedi sindrome lipoatrofica e tossicità mitocondriale per
gli analoghi timidinici), gli obiettivi terapeutici del trattamento antiretrovirale sono divenuti più complessi richiedendo regimi individualizzati per ogni paziente.
Anche se oggi vengono studiati regimi
“NRTI-sparing”, l’associazione di 2 degli 8
analoghi nucleo(t)sidici della trascrittasi
inversa disponibili per l’uso clinico continuano a rappresentare il “back-bone” ottimale dei regimi HAART. A dispetto di
numerosissimi lavori, non ci sono certezze
assolute circa la migliore combinazione
possibile di NRTIs, né verso il loro sequenziamento ottimale. Certo è che, come
riportato nelle ultime Linee Guida, molecole innovative come tenofovir ed emtricitabina sono considerate di “prima scelta”
nelle varie combinazioni terapeutiche (4).
Hanno il vantaggio della monosomministrazione giornaliera, della coformulazione
in un’unica compressa e soprattutto di
minor frequenza di sospensioni a causa di
effetti collaterali.
Pur tuttavia, recenti segnalazioni di singoli
“case reports” di nefrotossicità legata a
tenofovir ha indotto una ricerca più approfondita di questa possibile correlazione
attraverso lo studio delle condizioni predisponenti, delle possibili interazioni fra tenofovir ed altri farmaci e della sua reale incidenza all’interno di studi clinici controllati (510)
.
Proponiamo di seguito alcuni dati riguardanti l’esperienza con tenofovir nella nostra
casistica.
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Tab. 1 Caratteristiche demografiche dei pazienti
Caratteristiche
Pazienti (n° 234)
Età, mediana (range)
42 ( 19-65)
Sesso, maschi n° (%)
173 (74%)
Etnia, n° (%)
Caucasica
199 (85%)
Africana
35 (15%)
Fattore di rischio per HIV
Omosex
150 (64%)
TD
68 (29%)
Eterosex
16 (7%)
N°(%) Pts con patologie definenti l’AIDS
159 (68%)
N° (%) Pts con Confezione HCV/HBV
77 (33%)
CD4+(cell/µL), mediana (range)
205 ( 12- 635)
HIV-RNA (copie/ml), mediana (range)
23.900 ( 50- >100.000)
Pazienti naive per HAART, n° (%)
40 (17 %)
Pazienti experienced, n° (%)
194 (83 %)
Tipo di regime HAART
1PI +2 NRTIs
138 (59%)
1NNRTI + 2 NRTIs
91 (39%)
Altre combinazioni
5 (2%)
Tempo di esposizione a Tenofovir, mediana mesi, (range)
18 (3-42)
N°(%) pazienti con terapie concomitanti
103 (44%)
Diabete mellito
16 (7%)
Ipertensione
42 (18%)
Metodi
Sono stati analizzati retrospettivamente i dati ottenuti dalla nostra coorte seguita longitudinalmente
presso le Malattie Infettive di Padova. Lo studio si
è focalizzato su tutti i pazienti che hanno iniziato
una terapia antiretrovirale con tenofovir nel periodo 30 gennaio 2004 -30 giugno 2006. Sono stati
inclusi tutti i pazienti con un’esposizione al farmaco di almeno 3 mesi e per i quali era disponibile un
valore di creatininemia, ionemia, es urine basale e
20
a distanza di 3-6-9-12 mesi dall’inizio della terapia
con tenofovir. Per ogni paziente sono stati raccolti
i dati anagrafici, lo stato immunovirologico, i farmaci antiretrovirali usati in associazione a tenofovir, la presenza di co-morbidità come diabete e
ipertensione arteriosa, i farmaci concomitanti
assunti, Inoltre all’inizio della terapia e seriatamente durante il follow-up è stata calcolata la clearance della creatinina (CLCr) utilizzando la formula di Cockroft-Gault.(11)
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Tab. 2 Valori di funzionalità renale al baseline e al termine del follow-up nei pazienti inclusi nello studio
P
Ultima visita
Baseline
Variabile
Creatininemia sierica, mg/dl, mediana (range)
0.8 (1.6-0.6)
0.9 (1.79-0.7)
NS
Cl creatinina ml/min, mediana (range)
115 (42-150)
105 (40-162)
NS
Fosfatemia, mg/dl, mediana (range)
0.95 (0.87-2.05)
0.96 (0.89-1.98)
NS
Proteinuria >0.20 gr/L, n° pts (%)
38 (16%)
35 (15%)
NS
Tab. 3 Gradi di tossicità della creatinina sierica riscontrati
nei pazienti inclusi nello studio
Gradi di tossicità creatinina sierica
N°(%)
Grado 1 (>0.5 rispetto al baseline)
25(%)
Grado 2 (2.0-3.0 mg/dl)
2(%)
Grado 3 ( 3.1-6.0)
0
Grado 4
0
Risultati
Sono stati valutati 245 pazienti; di questi 11 sono
stati esclusi dalla valutazione per i seguenti motivi:
mancanza del dato della creatininemia basale per 7
pazienti, mancanza di adeguato follow-up per 3
pazienti, sviluppo di intolleranza gastrointestinale
e cefalea dopo 20 giorni di terapia con tenofovir
per 1 paziente.
Le caratteristiche anagrafiche dei soggetti inclusi
nello studio sono riportate in Tabella 1. La maggior parte dei pazienti era di razza bianca e di sesso
maschile; inoltre il 68% aveva ricevuto una diagnosi di patologia definente l’AIDS e l’83% aveva
una storia di precedenti terapie antiretrovirali; la
mediana dei linfociti CD4+ era di 205 cellule/µL,
con il 42% dei soggetti con CD4+<200/µL; 77 soggetti presentavano una coinfezione con HBV e/o
HCV, mentre diabete mellito e ipertensione arteriosa, erano presenti rispettivamente in 16 e 42
soggetti.
Nella Tabella 2 sono riportati i valori di creatininemia, di ClCr e di proteinuria riscontrati all’inizio
del trattamento con tenofovir e al termine del
periodo di osservazione. Non si sono verificate
variazioni significative per tutti i parametri analizzati. Per un sottogruppo di pazienti (68 pazienti)
era disponibile anche il valore della fosfatemia;
anche in questo caso non si sono registrate differenze statisticamente significative fra i valori basali e quelli raccolti durante il follow-up.
È stato inoltre analizzato l’entità dell’incremento
dei valori della creatinina in base ai gradi di tossicità stabiliti dall’ACTG (Tabella 3); non si sono
avute tossicità di Grado 3 e 4, 2 sole tossicità di
Grado 2 e una tossicità di Grado 1 in 25 pazienti;
in 18 di questi il valore della creatinina è rientrato
durante il follow-up.
In un periodo mediano di 18 mesi di esposizione a
tenofovir, il farmaco è stato sospeso solo in 2
pazienti con un rialzo significativo della creatininemia, confermato in più determinazioni. Riassumiamo brevemente la storia clinica dei suddetti
pazienti.
Paziente 1: uomo di 53 anni, bisessuale, HIV-positivo dal 1997, stadio clinico di AIDS C-3; nel 2003
diagnosi di diabete mellito, in trattamento con antidiabetici orali. Nel dicembre 2004 modifica la terapia antiretrovirale introducendo lopinavir/rtv
(400/100 mg bid), lamivudina (300 mg qd), tenofovir (300 mg qd) ed enfuvirtide (1 fl sc bid) con ottenimento della completa soppressione virologica ma
con mantenimento di conta di linfociti CD4+ bassa
(98 cell/mL). All’inizio della nuova combinazione
terapeutica presenta un valore di creatinina sierica
di 1.2 mg/dL e Cl Cr di 62 ml/min. Normale l’esa21
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me urine e la fosfatemia, come pure gli altri parametri ematochimici, se si eccettua una iperglicemia
a digiuno (glucosio sierico= 125 mg/dL). Dopo 6
mesi di terapia il valore della creatinina sierica era di
2.4 mg/dL con ClCr di 43 ml/min. Vengono a questo punto modificati i dosaggi farmacologici di
tenofovir e lamivudina, ma dopo 30 giorni tenofovir viene definitivamente sospeso per la persistenza
del quadro di insufficienza renale. A distanza di 6
mesi dalla sospensione di TDF, la creatinina sierica
è ritornata ai valori basali.
Paziente 2: donna di 43 anni, sieropositiva per Ac
anti HIV dal 1992, non infezioni opportunistiche,
presenta un’infezione cronica da HCV con transaminasi persistentemente nella norma.
Nel febbraio 2004 (CD4+= 200/mL; HIV-RNA=
172.000 copie/ml), inizia terapia antiretrovirale
con efavirenz (600 mg qd), lamivudina (300 mg
qd) e tenofovir (300 mg qd) con ottima risposta
immunovirologica (CD4+>500; HIV-RNA <50
copie/ml).
Contemporaneamente all’inizio della terapia antiretrovirale viene posta diagnosi di ipertensione
arteriosa e di nefropatia HIV-correlata. Fra gli
esami ematochimici eseguiti si segnala: creatinina= 1.82 mg/dL; ClCr= 34 ml /min; proteinuria 24
ore: 1.63 gr; HB= 9.7 mg/dl; un’ecografia + ecodoppler renale evidenziavano reni di normali
dimensioni, non segni di stenosi arteriose. La
paziente continua la terapia antiretrovirale in
corso senza alcuna modificazione dei dosaggi; nel
gennaio 2006, la creatinina sierica era di 1.82
mg/dl con una proteinuria di 1gr/L; a questo
punto tenofovir viene sospeso e sostituito con abacavir e la lamivudina viene somministrata al
dosaggio di 150 mg/die. A distanza di 6 mesi la
creatinina si è portata a valori di 1.79 mg/dL, una
proteinuria di 0.83 gr 24 ore e ClCr di 40.6
ml/min.
22
Discussione
Il tenofovir, rappresenta il primo inibitore nucleotidico della trascrittasi inversa di HIV utilizzato
nella pratica clinica (12). La sua maneggevolezza
come il suo buon profilo di resistenza hanno
indotto un rapido ampio uso della molecola all’interno delle differenti combinazioni antiretrovirali
(4)
. Similarmente ad altri due farmaci nucleotidici
come adefovir e cidofovir, che sembrano associati
ad una tossicità renale dose-correlata, anche tenofovir in alcuni studi preliminari su animale sembra
aver riportato problemi di nefrotossicità. In realtà
ampi studi clinici, sia di tipo randomizzato che
osservazionali, hanno dimostrato che gli eventi
avversi relativamente più comuni in corso di terapia con tenofovir siano la cefalea (6%), l’astenia
(8%), i disturbi gastrointestinali (3%), l’anoressia
(3%), e come invece i problemi di nefrotossicità
siano veramente infrequenti (14-16). Complessivamente la prevalenza della nefrotossicità è stata rara
(≅20 casi su più di 100.000 pazienti trattati), di
entità lieve-moderata e comunque reversibile con
la sospensione del farmaco. Va vieppiù sottolineato come sia spesso difficile discriminare tra un
danno renale farmaco-indotto e quello legato a
numerosi altri fattori, in primis l’infezione da HIV,
responsabile generalmente di un quadro di glomerulosclerosi focale con danno tubulo-interstiziale
(17-19)
, ma anche di nefropatia membranosa o di glomerulonefrite membranoproliferativa (20,21).
Altro fattore discriminante è la presenza di terapie
concomitanti nefrotossiche che possono favorire
l’accumulo di farmaco a livello del tubulo prossimale renale con conseguente sviluppo di danno
renale; a tal riguardo, studi di farmacocinetica
hanno dimostrato come la somministrazione contemporanea di tenofovir e didanosina, provochi
un aumento significativo delle concentrazioni di
quest’ultima del 28% con aumentato rischio di
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tossicità ad essa correlata (22).
Analogamente si è avuto un live aumento in termini di nefrotossicità all’interno di uno studio osservazionale in cui sono stati seguiti 497 pazienti con
funzionalità renale basale normale; lo sviluppo di
alterazioni della ClCr erano associate alla concomitante terapia con didanosina, al basso peso corporeo, all’età più avanzata e specie per i casi di
decremento severo della CLCr all’utilizzo di regimi
antiretrovirali con lopinavir e basse dosi di ritonavir (23).
Sicuramente un buon quadro della tollerabilità di
tenofovir ci è offerto dai dati provenienti da
un’ampissima casistica di 10.343 pazienti seguiti in
USA, Europa, Australia e Canada nel programma
di accesso allargato a tenofovir; dopo 4 anni di
monitoraggio, gli eventi di tossicità renale grave
includevano l’insufficienza renale acuta nello 0.3%
dei casi, la sindrome di Fanconi nello 0.05% e l’aumento dei livelli di creatinina nello 0.10% dei
pazienti . Anche in questo studio i fattori responsabili di un aumentato rischio di nefrotossicità
nell’analisi multivariata includevano una bassa
conta di linfociti CD4+, l’età più avanzata, un
basso peso corporeo, più elevati livelli basali di
creatinina e la somministrazione di farmaci nefrotossici; nessuna correlazione è stata invece rilevata
per la concomitante somministrazione di lopinavir/ritonavir.
Anche la nostra esperienza clinica dimostra come
tenofovir si sia imposto come farmaco di largo
utilizzo sia all’interno dei regimi di terapia antiretrovirale di prima linea, che di “salvataggio”.
Durante un tempo medio di esposizione al farmaco di 18 mesi, non sono stati segnalati aumenti significativi della creatininemia, o diminuzioni
>50% della CLCr. Nella maggioranza dei casi si
trattava di soggetti già con AIDS conclamato, con
numerose co-morbidità, e con numerosi trattamenti concomitanti, tutti fattori che incidono
nello sviluppo di danno renale. Solo due pazienti
hanno interrotto il trattamento con tenofovir a
causa della nefrotossicità; in entrambi erano presenti fattori concomitanti di danno renale, quali
il diabete mellito in un caso, la nefropatia HIVcorrelata, l’ipertensione arteriosa e l’epatopatia
HCV nell’altro. Inoltre si trattava di due pazienti
in fase avanzata di malattia, con marcato deficit
immunologico, anch’essi significativi fattori di
rischio di nefrotossicità.
È interessante sottolineare che nel paziente n° 2,
pur non essendoci stato un tempestivo aggiustamento delle dosi dei farmaci antiretrovirali (continuati a dosaggio pieno per più di un anno), non
vi sia stato un peggioramento della funzionalità
renale, probabilmente a sostenere che anche in
questo specifico caso il danno renale era correlabile più a fattori concomitanti che all’azione
diretta di tenofovir. Per contro, è fortemente raccomandabile in tutti i pazienti che iniziano una
terapia con tenofovir un’attenta ricerca dei fattori di rischio per nefrotossicità al fine di evitare
danni renali prevedibili. Data la reversibilità della
nefrotossicità da tenofovir, è inoltre auspicabile
che uno studio accurato della funzionalità renale
comprendente la valutazione della creatinina,
della CLCr, della ionemia, dell’esame delle urine
venga eseguito almeno trimestralmente in tutti i
pazienti in trattamento antiretrovirale contenente tenofovir, al fine di intervenire precocemente
in caso di lievi innalzamenti della creatinina o di
lieve alterazioni della CLCr. Questo stretto monitoraggio clinico potrebbe ulteriormente ridurre
quelle basse percentuali di nefrotossicità sia acuta
che cronica che possono essere correlate all’uso
dell’ARV.
23
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
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daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Terapia antiretrovirale includente tenofovir:
efficacia e tollerabilità in pazienti HIV-1
positivi naïve o pluritrattati
Andrea Giacometti, Francesco Barchiesi, Giorgio Scalise.
Clinica di Malattie Infettive, Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italy
Introduzione
La terapia antiretrovirale altamente attiva
(highly active antiretroviral therapy, HAART) ha
drammaticamente ridotto morbilità e mortalità
dei pazienti con infezione da virus dell’immunodeficienza umana tipo 1 (HIV-1). Tuttavia,
sono stati descritti numerosi effetti indesiderati di natura metabolica associati presumibilmente alla HAART di lunga durata. Questi effetti possono includere il progressivo deterioramento della funzione epatica o renale, l’acidosi lattica, l’ipertrigliceridemia, l’ipercolesterolemia, la ridotta tolleranza al glucosio e l’insulino resistenza (3, 5). In aggiunta, la terapia antiretrovirale può frequentemente determinare
lipodistrofia, una combinazione di varie alterazioni metaboliche e modificazioni della massa
adiposa corporea. La sindrome lipodistrofica
viene più spesso riscontrata negli individui
trattati con inibitori delle proteasi (PI) o stavudina, ma in realtà può verificarsi anche in
assenza di terapia antiretrovirale. Come già
detto, può manifestarsi con aspetti diversi.
Alcuni individui dimostrano aumento del tessuto adiposo in corrispondenza delle regioni
addominali, o ingrossamento del petto o deposito adiposo al di sopra della regione cervicodorsale della colonna vertebrale (la cosiddetta
“gobba di bufalo”). Frequentemente, I pazienti
presentano segni concomitanti di lipoatrofia,
come perdita di tessuto adiposo sottocutaneo
dal viso (guance incavate) e dagli arti. Queste
alterazioni fisionomiche associate alla HAART
possono portare alla stigmatizzazione del
paziente e quindi costituire elemento sostanziale per una riduzione della sua aderenza alla
terapia (5).
Le anormalità metaboliche, in primo luogo
l’ipertrigliceridemia, l’ipercolesterolemia ed il
diabete mellito, possono incrementare il
rischio di patologie cardiovascolari. Per questo
motivo sono in corso trial clinici mirati alla
valutazione della tollerabilità sia a breve sia (e
soprattutto) a lungo termine di varie associazioni antiretrovirali (1).
Il tenofovir disoproxil fumarato (TDF) è il profarmaco del tenofovir, biodisponibile per
assunzione orale in forma di estere. Il tenofovir
è un analogo aciclico nucleotidico della deossiadenosina monofosfato con attività antiretrovirale includente HIV-1, HIV tipo 2 (HIV-2) ed
il virus dell’epatite B (HBV). TDF è idrolizzato a
tenofovir in ambiente intracellulare e fosforilato al metabolita attivo tenofovir difosfato. TDF
è il primo inibitore nucleotidico della trascrittasi inversa somministrabile in monodose giornaliera (once daily) indicato, in combinazione
con altri agenti antiretrovirali, nel trattamento
della infezione da HIV. Il suo uso è stato approvato negli Stati Uniti nel 2001 ed in Europa nel
2002. Studi preclinici hanno dimostrato che il
tenofovir è escreto immodificato nelle urine e
che l’escrezione renale è la via metabolica pri25
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maria di eliminazione, mediante una combinazione di filtrazione glomerulare e secrezione
tubulare. A tutt’oggi la sicurezza del tenofovir
per il trattamento dell’infezione da HIV nella
pratica clinica non è stata ancora completamente caratterizzata e definita. Il profilo di tossicità del tenofovir è al momento ancora in
corso di valutazione: ad esempio sembra che il
profilo lipidico risulti più favorevole con il tenofovir che con altri analoghi timidinici. Studi
retrospettivi e prospettici hanno dimostrato un
miglioramento del livello di trigliceridi, colesterolo e glucosio nei pazienti positivi per infezione da HIV-1 dopo la sostituzione della stavudina con il tenofovir nel “backbone” nucleotidico (4). Inoltre, la perdita di tessuto adiposo
sembra meno probabile con il tenofovir che
con altri analoghi timidinici. D’altro lato, vari
Autori hanno constatato e descritto l’associazione tra l’assunzione di TDF e la comparsa di
segni di disfunzione renale, come ipofosfatemia o altri indici di sofferenza del tubulo prossimale. In effetti, fenomeni di nefrotossicità,
includenti insufficienza renale e sindrome di
Fanconi, sono stati riportati non con alta frequenza, ma la loro reale incidenza, i fattori di
rischio ed il tempo necessario per il recupero
funzionale del rene non sono stati ancora completamente chiariti. In conseguenza di tutto
ciò, viene comunemente raccomandato per i
soggetti in trattamento con tenofovir l’uso routinario di test atti a studiare la funzionalità
renale, quali il dosaggio della creatinina sierica, della fosfatasi alcalina, del fosfato ematico
o dei livelli urinari di beta-2 microglobulina.
Altri esami frequentemente raccomandati sono
la ricerca di eventuale proteinuria o l’esame
microscopico del sedimento urinario. Infine,
altri eventi indesiderati probabilmente legati
all’uso del tenofovir e messi in evidenza da vari
26
trial clinici includono disturbi gastro-intestinali
più o meno intensi, quali nausea, vomito e
diarrea, o disturbi di diversa natura, quali cefalea o artromialgie (2).
Nel corso del presente studio sono stati retrospettivamente analizzati i dati ottenuti da 146
soggetti HIV-1 positivi sottoposti a trattamento
antiretrovirale includente il TDF, al fine di valutare sia l’efficacia complessiva sia la tollerabilità del farmaco, evidenziando eventuali modificazioni dei profili lipidico e glucidico e della
funzionalità renale ed epatica.
Pazienti e metodi
Per la conduzione del presente studio sono state
individuate due tipologie di soggetti con infezione
da HIV-1 in trattamento antiretrovirale presso il
nostro Centro nel corso del periodo gennaio 2003
- agosto 2006. Il primo gruppo includeva i soggetti naive alla terapia antiretrovirale; nel secondo
gruppo erano invece inclusi i pazienti già trattati
ed il cui schema antiretrovirale era stato modificato mediante la sostituzione, nel backbone nucleotidico, di zidovudina, stavudina o didanosina con
tenofovir.
Di 146 pazienti selezionati (99 maschi e 47 femmine), 82 erano “HAART-experienced” con una
media di 5,6 linee di trattamento (range 1-18). Per
questi soggetti experienced, la zidovudina e la stavudina erano il cardine della maggior parte dei
penultimi backbone nucleosidici. Sessantaquattro
individui erano naïve ed il backbone basato sul
TDF era stato iniziato nel corso del periodo suddetto.
Tutti i pazienti erano stati sottoposti a controlli
almeno trimestrali dei parametri virologici ed
immunologici fondamentali. I livelli plasmatici di
HIV-1 RNA erano stati misurati mediante metodi-
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
ca di “branched-DNA”, soglia di rilevamento a 50
copie/ml. I test di resistenza genotipica erano stati
effettuati prima di iniziare la HAART per i soggetti naive durante il periodo di follow-up nei pazienti experienced, ogni qual volta fosse stato evidente
fallimento virologico e la viremia plasmatica fosse
stata superiore a 1x103 HIV RNA copie/ml. Il 39%
el il 12% dei pazienti experienced e naïve erano,
rispettivamente, coinfetti dal virus dell’epatite C
(HCV). D’altro canto, la coinfezione da HBV era
stata riscontrata solamente nell’1,5% dei pazienti
experienced. Esami ematochimici ed analisi delle
urine erano routinariamente effettuati per rilevare
tempestivamente l’emergenza di effetti indesiderati. I parametri di laboratorio monitorati per valutare la funzionalità renale includevano: creatinina
sierica, azotemia, sodiemia, potassiemia, calcemia,
uricemia, esame delle urine per rilevare la presenza di ematuria, proteinuria e glicosuria. Poiché
peso corporeo e livelli sierici di albumina erano
disponibili per tutti i pazienti, la stima della clearance della creatinina è stata individualmente ottenuta utilizzando la formula di Cockcroft e Gault.
La valutazione dell’aderenza alla terapia antiretrovirale era stata effettuata mediante questionari
specifici sottoposti al paziente nel corso delle visite mediche, counselling e supporto psicologico
offerto presso il nostro Centro da psicologi appositamente dedicati. Il livello di aderenza è stato
considerato appropriato se il paziente assumeva il
90-95% delle dosi prescritte e secondo le modalità
prescritte. I pazienti che assumevano almeno il
95% delle dosi erano considerati avere alta aderenza. Al contrario, l’assunzione di meno del 90%
delle dosi prescritte era considerata come bassa
aderenza.
Analisi statistica: è stata analizzata l’evoluzione longitudinale dei dati disponibili al “baseline” e successivamente ottenuti in occasione di ogni controllo effettuato nel corso del follow-up. Il confronto
Tab. 1 Caratteristiche dei pazienti HIV-positivi al baseline
N° (sesso M/F)
146 (2,1:1)
Età
46.3 (22-63)
Anni ART/HAART
5.2 (0-16)
Linee di terapia
4.8 (0-18)
Naive
43.8%
CD4 baseline (range)
366 (11-981)
HIV RNA baseline (range)
EXPERIENCED
8.630 (<50 – 84.100)
NAIVE
87.400 (24.680 - >500.000)
Coinfezione HCV
EXPERIENCED
38,7%
NAIVE
11,8%
Coinfezione HBV
1,5%
Creatininenia (range)
0,97 (0,8-1,2)
Azotemia (range)
31,6 (16-64)
Trigliceridemia (range)
188 (82-575)
Colesterolemia (range)
179 (97-313)
Colesterolo HDL (range)
41 (24-59)
Glicemia (range)
96 (72-146)
Uricemia (range)
4,4 (3,3-8,4)
ALT (range)
43 (12-168)
fra le differenze eventualmente riscontrate è stato
condotto mediante il test t di Student o il test esatto di Fisher a seconda della applicabilità del test. Il
livello di significatività è stato posto a P ≤ 0.05.
Risultati
Come sopra menzionato, un totale di 146 pazienti
è stato incluso nello studio. Nella Tabella 1 sono
state riassunte le caratteristiche demografiche e
biologiche al baseline. La durata media del periodo di follow-up è stato di 28 e 25 mesi rispettivamente per i soggetti experienced e per quelli naïve.
27
daMa
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Al momento dell’inizio del trattamento con tenofovir, gli 82 pazienti experienced avevano una carica HIV-1 RNA media di 8.630 copie/ml. Nei 64
soggetti naïve alla terapia antiretrovirale, la carica
viremica era significativamente più elevata
(P<0.001) con una media di 87.400 copie/ml.
Nell’ambito del gruppo experienced, il backbone
nucleosidico più frequentemente utilizzato prima
del passaggio al TDF era l’associazione zidovudina/lamivudina (74,3%), seguita da quelle di stavudina/lamivudina (20.7%), didanosina/lamivudina
(3.6%) e stavudina/didanosina (1.2%). Quando il
tenofovir è stato introdotto nello schema antiretrovirale, è stato associato con i farmaci dettagliatamente illustrati in Figura 1. Più del 90% dei
pazienti ha dimostrato aderenza appropriata alla
nuova terapia antiretrovirale. Il livello più alto di
aderenza è stato ottenuto negli individui naïve,
con l’assunzione di più del 95% delle dosi prescritte. Riduzione della carica viremica plasmatica al di
sotto delle 50 copie/ml è stata raggiunta in tutti i
pazienti naïve entro 24 settimane. Nel gruppo dei
pazienti experienced, un significativo calo della
carica viremica plasmatica (-2 log10) è stato otte-
nuto entro 24 settimane negli individui che avevano dimostrato scarsa aderenza al precedente schema antiretrovirale. Nessun significativo cambiamento nella viremia plasmatici è stato notato
quando lo switch al tenofovir era stato attuato in
individui con adeguata aderenza al precedente
schema terapeutico.
Nel complesso, eventi avversi nel corso dello studio si sono manifestati in 54 pazienti (37% del
totale). Tuttavia, solo in 6 casi (4,1%) gli effetti
indesiderati sono stati attribuiti all’assunzione del
tenofovir: tali eventi erano prevalentemente costituiti da nausea e dolore addominale. Gli eventi
indesiderati complessivamente più frequenti sono
stati diarrea e nausea (18.1% del totale dei pazienti), riferibili nella maggior parte dei casi all’assunzione degli inibitori delle proteasi, e senso di stordimento e/o insonnia (lamentati dal 18.4% dei
pazienti), riferibili all’assunzione dell’efavirenz.
Fra i 6 pazienti nei quali la comparsa di effetti
indesiderati era stata attribuita al tenofovir, vi è
stato un caso di insufficienza renale acuta con
livelli di creatinina sierica aumentati da un baseline di 1.0 mg/dl fino a 5.2 mg/dl ed una clearance
Farmaci
Experienced
FTC+EFV
Naive
FTC+LPV/r
Totale
FTC+NVP
FTC+fAMP/r
3TC+ZDV
Figura 1.
3TC+EFV
3TC+LPV/r
FTC+SQV/r
FTC+d4T
0
5
10
15
20
Percentuale di pazienti
28
25
30
Agenti
antiretrovirali
associati
al tenofovir
disoproxil
fumarate (TDF).
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
della creatinina scesa sotto 30 ml/min. In questo
paziente (un individuo multi-experienced alla 11a
linea HAART, con coinfezione da HCV, familiarità
positiva per diabete mellito e ridotta tolleranza al
glucosio emersa in occasione di precedenti controlli) l’insufficienza renale si è manifestata sei
mesi dopo che il suo backbone NRTI era stato
modificato con la sostituzione di zidovudina/lami-
vudina con tenofovir/emtricitabina, senza alcuna
modifica addizionale del rimanente regime antiretrovirale. Ciò nonostante, sebbene l’insufficienza
renale sia stata alla base della decisione di sospendere la somministrazione del tenofovir, la sua
patogenesi è stata attribuita alla concomitante
severa polmonite bilaterale (evento che aveva
indotto ricovero ospedaliero urgente) che aveva
Colesterolemia
Mediana
240
220
200
180
160
140
120
100
Baseline
1m
3m
6m
12 m
18 m
24 m
Mesi
Trigliceridemia
Mediana
Figura 2.
Cambiamenti nei
livelli di colesterolo
totale sierico
in 17 pazienti
“experienced”
dopo la
sostituzione
della stavudina
con il tenofovir
disoproxil
fumarate (TDF).
Figura 3.
240
220
200
180
160
140
120
100
Baseline
1m
3m
6m
12 m
18 m
24 m
Cambiamenti
nei livelli sierici
di trigliceridi
in 17 pazienti
“experienced”
dopo la
sostituzione
della stavudina
con il tenofovir
disoproxil
fumarate (TDF).
Mesi
29
daMa
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indotto disidratazione e scompenso del metabolismo glucidico. La funzionalità renale è tornata
nella norma dopo due settimane di terapia antibiotica, insulinica, reidratante e diuretica. Con
l’eccezione di questo caso, in entrambi i gruppi di
individui la funzionalità renale ed epatica e il profilo glucidico sono rimasti entro i limiti della
norma per tutta la durata del follow-up, mentre
qualche differenza è emersa per quel che concerne
il profilo lipidico nel gruppo dei pazienti experienced. In particolare, al momento dello switch al
TDF, i valori medi di colesterolemia e trigliceridemia erano di 222 e 210 mg/dl, rispettivamente, nei
17 pazienti (20.7% degli individui experienced)
trattati con backbone NRTI basato su stavudina;
successivamente, i valori medi di colesterolemia e
trigliceridemia sono scesi in modo statisticamente
significativo (P <0.05) durante il follow-up dopo
la sostituzione della stavudina con il tenofovir
(Figure 2 e 3).
I livelli medi di creatinina sierica sono rimasti
sostanzialmente immutati (P >0.05) dal baseline
(0.97 mg/dl nei soggetti naïve e 1.02 mg/dl nei
pazienti experienced) durante il follow-up in
entrambi i gruppi (+0.04 mg/dl nei naïve e +0.06
mg/dl negli experienced). In maniera simile, i
valori medi della clearance della creatinina in
entrambi i gruppi, calcolata usando la equazione
di Cockcroft e Gault, sono rimasti essenzialmente
invariati durante il follow-up (P >0.05).
Con l’eccezione del paziente sopra menzionato che
ha sviluppato un quadro di temporanea insufficienza renale acuta, nessun altro soggetto ha manifestato alterazioni degli elettroliti sierici, ematuria,
proteinuria o glicosuria.
Discussione e conclusioni
La terapia antiretrovirale è frequentemente all’ori30
gine di fenomeni di tossicità a lungo termine. Gli
eventi avversi correlati a tale terapia possono
includere un deterioramento della funzionalità
epatica o renale, insulino-resistenza, osteoporosi e
lipodistrofia (1, 2). La lipodistrofia è una condizione
che è stata frequentemente descritta nei soggetti
HIV-positivi ed è caratterizzata da cambiamenti
nella composizione corporea e nel metabolismo. I
mutamenti fisici possono comprendere accumulo
o perdita di tessuto adiposo, mentre le alterazioni
metaboliche possono determinare livelli plasmatici abnormemente alti di colesterolo e trigliceridi e
aumentata resistenza all’insulina. Questi eventi
possono verificarsi separatamente o associati in
vario modo. Non è chiaro il motivo per cui un soggetto HIV-positivo sviluppi lipodistrofia, ma questa è probabilmente correlata anche ai farmaci
antiretrovirali assunti per controllare l’infezione
da HIV. Oltre ai farmaci assunti, altri fattori sicuramente sono legati allo sviluppo ed alla severità
della lipodistrofia, quali ad esempio l’età, il sesso, il
peso corporeo, la predisposizione genetica, la
durata della infezione da HIV e la severità dello
stato di immunocompromissione. In generale, la
presenza di lipodistrofia e, soprattutto, di dislipemia, è considerata fattore predisponente allo sviluppo di malattie cardiovascolari (5).
La nefrotossicità è un evento avverso dose-correlato associato all’uso di analoghi nucleotidici della
trascrittasi inversa, quali il tenofovir e composti a
questo correlati, quali cidofovir e adefovir dipivoxil. Ad ogni modo, nel corso di due studi randomizzati condotti in doppio cieco con pazienti
HIV-positivi con normale funzionalità renale al
baseline (Studi 902 e 907), l’uso di TDF nell’ambito del regime antiretrovirale non si è associato con
maggior nefrotossicità quando confrontato con
placebo. D’altro lato, alcuni studi hanno descritto
casi di disfunzione del tubulo renale prossimale
dopo assunzione del tenofovir. In questi pazienti,
daMa
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la disfunzione era generalmente diagnosticata
parecchi mesi dopo l’inizio della terapia con TDF
e tutte le alterazioni si risolvevano dopo un periodo medio di 4-6 settimane dopo l’interruzione del
trattamento. Sulla base del riscontro di questi
fenomeni, appare necessario analizzare la tollerabilità a lungo termine del TDF. Del resto è risaputo che disfunzioni renali non sono insolite nei soggetti HIV-positivi. Sono infatti stati descritti insufficienza renale, proteinuria, disordini elettrolitici e
dell’equilibrio acido-base. Peraltro, alcuni recenti
lavori sembrerebbero dimostrare che le alterazioni
della funzionalità renale riscontrate nel corso di
trattamento con tenofovir non sarebbero correlate a
questo farmaco ma alla stessa malattia da HIV (2, 6).
Nel presente studio abbiamo osservato una significativa riduzione della viremia plasmatica entro 24
settimane dall’inizio del trattamento includente
tenofovir in tutti i soggetti naïve e nei pazienti
experienced con bassa aderenza al precedente regi-
me antiretrovirale. Non abbiamo riscontrato fenomeni di tossicità renale correlabili alla terapia antiretrovirale; un solo individuo, pluri-experienced e
con familiarità per diabete mellito, ha sviluppato
insufficienza renale acuta in conseguenza dello
squilibrio causato da un severo episodio di polmonite. D’altro canto, in questo studio l’uso del TDF
si è associato a miglioramento del profilo lipidico,
soprattutto nei soggetti experienced provenienti
da un backbone basato sulla stavudina. Infine, solo
una minima percentuale di pazienti ha lamentato
eventi indesiderati attribuibili al tenofovir. Presi
nel loro insieme, questi dati evidenziano che l’uso
del tenofovir si associa a basso rischio di effetti
avversi. Ovviamente, un appropriato monitoraggio della funzionalità renale deve essere garantito
al paziente fino a che non si avranno dati più sicuri sulla tollerabilità non solo di questo farmaco ma
anche di tutti gli altri che insieme vengono utilizzati per impostare il regime antiretrovirale.
Bibliografia
1) Brown TT, Cole SR, Li X, et al. Antiretroviral therapy
and the prevalence and incidence of diabetes mellitus in the
multicenter AIDS cohort study. Archives of Internal
Medicine 2005, 165:1179-1184.
2) Gallant JE, Staszewski S, Pozniak AL, et al. Efficacy and
safety of tenofovir DF vs stavudine in combination therapy
in antiretroviral-naive patients: a 3-year randomized trial.
JAMA 2004, 292: 191-201.
3) Roling J, Schmid H, Fischereder M, Draenert R, Goebel
FD. HIV-associated renal diseases and highly active
antiretroviral therapy-induced nephropathy. Clinical
Infectious Diseases 2006, 42:1488-1495.
4) Schewe CK, Maserati R, Wassmer G, Adam A, Weitner
L. Improved lipid profiles and maintenance of virologic
control in heavily pretreated HIV-infected patients who
switched from stavudine to tenofovir treatment. Clinical
Infectious Diseases 2006, 42:145-147.
5) Shevitz A, Wanke CA, Falutz J, Kotler DP. Clinical
perspectives on HIV-associated lipodystrophy syndrome: an
update. AIDS 2001, 15:1917-1930.
6) Zimmermann AE, Pizzoferrato T, Bedford J, Morris A,
Hoffman R, Braden G. Tenofovir-associated acute and
chronic kidney disease: a case of multiple drug interactions.
Clinical Infectious Diseases 2006, 42:283-289.
31
daMa
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daMa
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Tenofovir nei pazienti HIV positivi
affetti da cirrosi epatica
Massimiliano Lanzafame, MD - Ercole Concia, MD
Divisione di Malattie Infettive, Ospedale G.B. Rossi, Verona
Blaas e Collaboratori (1) hanno recentemente
descritto l’insorgenza di insufficienza renale acuta
correlata all’assunzione di tenofovir in due pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica.
Nel loro report, hanno affermato che la concomitante presenza di cirrosi epatica potrebbe rappresentare un fattore di rischio per insufficienza renale in pazienti in trattamento con tenofovir, e che i
farmaci come il tenofovir dovrebbero essere utilizzati con cautela, monitorando rigorosamente la
funzionalità renale dei pazienti con malattia epatica cronica concomitante.
Abbiamo riesaminato le cartelle cliniche di tutti i
pazienti trattati con tenofovir in regime ambulatoriale presso la nostra Clinica di Malattie Infettive
(Ospedale G.B. Rossi, Verona, Italia). 105 pazienti
(età media 37.3 anni; range 27-62), 72 dei quali di
sesso maschile, sono stati trattati con tenofovir.
All’interno di questo gruppo, 8 pazienti di sesso
maschile erano affetti da cirrosi epatica.
La durata media della terapia con tenofovir era di
15 mesi (range, 7-26 mesi). Il farmaco è stato somministrato in associazione a lamivudina in 7
pazienti, a zidovudina in 3 pazienti, a nelfinavir in
3 pazienti e a didanosina, efavirenz, atazanavirritonavir e amprenavir-ritonavir in un paziente
ciascuno. Nessuno di questi pazienti ha sviluppato
un’insufficienza renale acuta correlata all’assunzione di tenofovir.
In tabella 1 sono riportati i valori di creatininemia
sierica di ciascun paziente durante la terapia con
tenofovir. I risultati indicano che, in un periodo di
tempo ragionevole, la somministrazione di tenofovir non ha provocato la comparsa di insufficienza renale acuta nei pazienti affetti da cirrosi epatica concomitante.
Vorremmo sottolineare alcuni aspetti.
Tenofovir viene ampiamente prescritto e associa alla potenza d’azione e ad un dosaggio conveniente un favorevole profilo di sicurezza e di
tollerabilità. Nonostante alcune pubblicazioni
che riportano casi di danno renale, studi clinici prospettici controllati non hanno mostrato
un aumento della tossicità renale imputabile a
tenofovir (2).
Tra gli inibitori della transcrittasi inversa (nucleoside/tide reverse transcriptase inhibitors), tenofovir è stato correlato ad una minor incidenza di
epatotossicità (3), favorendone l’uso in pazienti HIV
positivi con infezione concomitante da virus
HCV/HBV.
La possibilità di utilizzare combinazioni terapeutiche (backbones) che non includano gli analoghi
della timidina sta diventando estremamente attuale per incrementare il numero di future associazioni efficaci di farmaci antiretrovirali.
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daMa
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Tab. 1 valori di creatininemia sierica durante la terapia con tenofovir in 8 pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica
12 mesi 15 mesi 18 mesi 21 mesi 24 mesi 26 mesi
9 mesi
6 mesi
0 basale 3 mesi
PZ
77.3
74.2
86.6
76
68.8
62.3
69.8
70
69.5
63.7
63.2
86
85.3
86.1°
91
92.5
90
89.3*
6
74.3
76.2
75.1
77.9
73.5
77.9
73.5
76.1^
7
76.9
67.1
62.7
67.1
8
68
65.4
66.9
63.2
65.7
66.1
63.8
1
79
87.2
81.8
2
68.9
69.2
73.1§
3
64
66
4
84.8
5
69.1
70.3
^ livello di creatinina sierica dopo 20 mesi
* livello di creatinina sierica dopo 10 mesi
° livello di creatinina sierica dopo 8 mesi
§ livello di creatinina sierica dopo 7 mesi
La validità di questo approccio è stata riconosciuta dalle Linee Guida DHHS, che considerano l’associazione tenofovir e lamivudina/emtricitabina
tra le opzioni terapeutiche di scelta raccomandate
per i pazienti non pretrattati, per una moderna
proposta terapeutica dell’infezione da HIV(4).
Infine, riteniamo che solamente studi clinici controllati di grandi dimensioni potranno valutare se
la presenza concomitante di una cirrosi epatica
può rappresentare un reale e significativo fattore di
rischio per lo sviluppo di insufficienza renale in
pazienti HIV positivi in terapia con tenofovir.
Bibliografia
1) Blaas S, Schneidewind A, Gluck T, Salzberger. Acute
renal failure in HIV patients with liver cirrhosis receiving
tenfovir: a report of two cases. AIDS 2006;20:1786-1787
2) Gallant JE, Staszewski S, Pozniak AL et al. Efficacy and
safety of tenofovir DF vs stavudine in combination therapy
in antiretroviral-naive patients: a 3-year randomized trial.
JAMA 2004; 292:191-201
34
3) Soriano V, Nunez M. Hepatotoxicity of antiretrovirals.
Drug Saf. 2005;28:53-66
4) Department of Health and Human Services (DHHS)
Panel on clinical practices for treatment of HIV infection.
Guidelines for the use of antiretroviral agents in HIV-1infected adults and adolescents. May 4, 2006.
http://www.aidsinfo.nih.gov
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Rapida comparsa della mutazione K65R
in paziente naive trattato con l’associazione
di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz
Giovanni Bonadies, Maria Alessandra Foggia
AOU Federico II, Napoli
Caso clinico
SP, giovane omosessuale di 24 anni, iniziava a
lamentare nel giugno 2005 una sintomatologia
caratterizzata da febbre elevata accompagnata da
faringodinia, artromialgie, astenia, cefalea gravativa, diarrea, dolori addominali, inappetenza e linfoadenomegalia. Tale sintomatologia durava circa
2 settimane e successivamente, dopo un periodo di
apiressia di 7-10 giorni, ricompariva febbricola
persistente con astenia. Agli inizi di luglio 2005, si
sottoponeva ad accertamenti clinico-laboratoristici tra cui il test per la ricerca di anticorpi anti-HIV1-2 avendo avuto, 40 giorni prima della comparsa
della sintomatologia descritta, un rapporto sessuale non protetto con partner sconosciuto.
Dalle indagini effettuate emergeva positività per
anti-HIV-1 all’ELISA, con presenza al western blot
delle bande anti-p24, anti-gp 120 (debole positività) ed anti-gp 160. Sette giorni dopo, un nuovo
western blot svelava la presenza, oltre alle sopra
indicate bande anticorpali, di anti-gp 1 ed antip66 (debole positività).
Sulla scorta di tale risultato, il paziente afferiva
presso il Dipartimento Assistenziale di Malattie
Infettive dell’Università Federico II di Napoli ove
veniva sottoposto allo studio delle sottopopolazioni linfocitarie e alla determinazione dell’HIV-RNA
quantitativo plasmatico. I linfociti CD4+ risultavano pari a 240 cell/mmc (9%) e l’HIV-RNA superiore al limite di determinabilità di 750.000
copie/ml (circa 2.000.000 cp/ml - 6,3 log - Roche
PCR standard), valori confermati ad un controllo
dopo 2 settimane. Un test genotipico di resistenza
(Trugene® HIV-1) (GRT) non evidenziava mutazioni rilevanti nel gene della transcriptasi inversa e
riscontrava la mutazione L63P nel gene della proteasi di HIV.
Ad agosto veniva consigliato un regime HAART
comprendente tenofovir + emtricitabina + efavirenz, in considerazione peraltro della richiesta di
SP di non assumere inibitori della proteasi per il
timore di lipodistrofia
Una prima determinazione di HIV-RNA effettuata
dopo 15 giorni dall’inizio della terapia evidenziava
una riduzione di 2,05 log (17.600 cp/ml) rispetto
al valore basale e, a tre mesi, un ulteriore calo di
1,33 log (830 cp/ml). Alle stesse scadenze la conta
dei linfociti CD4+ evidenziava un progressivo
incremento sia del valore assoluto che percentuale
(286/mmc - 17% e 485/mmc - 23%, rispettivamente). Al western blot, comparivano anche le
bande anti-p17, anti-p31, anti-gp41 ed anti-p51.
SP segnalava lievi disturbi della sfera onirica e riferiva un’aderenza ottimale al trattamento, favorita
dalla buona tollerabilità del regime prescritto.
Un controllo viro-immunologico effettuato intorno alla 20a settimana di trattamento evidenziava
rispetto al valore precedente un incremento di 1,01
log di HIV-RNA (8.500 cp/ml - 3.93 log), pur confermandosi l’aumento dei CD4 (529/mmc - 27%).
Si richiedeva su tale campione un GRT che svelava
la presenza nel gene della transcriptasi inversa
delle mutazioni K65R e K103N.
35
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Commento
L’emergenza di ceppi virali resistenti in corso di
terapia antiretrovirale rappresenta una crescente
minaccia nei confronti dell’efficacia dei regimi
HAART.
Accanto al raggiungimento dell’obiettivo primario
virologico della HAART (soppressione massimale
della replicazione virale per il periodo più lungo
possibile), il clinico deve oggi adoperarsi nel selezionare regimi antiretrovirali che, oltre ad essere
altamente efficaci, siano in grado di prevenire nel
tempo lo sviluppo di resistenze. Tale condizione
può realizzarsi attraverso un corretto sequenziamento dei farmaci antiretrovirali disponibili, in
modo da preservare il maggior numero di opzioni terapeutiche in caso di fallimento virologico.
Periodicamente, le linee-guida per l’impiego dei
farmaci antiretrovirali vengono revisionate ed
aggiornate, con particolare attenzione ai capitoli
su quando iniziare il trattamento e quali combinazioni di farmaci impiegare in prima linea.
700
7,0
600
6,0
500
5,0
ZDV-3TC-ATZ/r
400
4,0
300
3,0
200
2,0
TDF-FTC-EFV
CD4+
Hiv log
100
0
set-05
nov-05
gen-06
mar-06
Tempo
36
apr-06
giu-06
set-06
Figura 1.
1,0
0,0
lug-05
HIV-RNA (log)
CD4+/mmc
SP si trovava temporaneamente all’estero per
motivi lavorativi e solo al suo rientro, avvenuto
dopo circa 2 mesi, veniva informato dell’esito delle
precedenti indagini. Riferiva di aver assunto con
continuità il regime prescritto. Nella stessa occasione veniva sottoposto ad un nuovo controllo
viro-immunologico. I CD4+ risultavano 589/mmc
(29%) ed HIV-RNA 6.900 cp/ml (3.84 log). Un
GRT effettuato su tale campione svelava la presenza di 2 nuove mutazioni, M184V e L100I. SP
modificava nel frattempo la terapia ed iniziava un
regime di seconda linea con zidovudina + lamivudina + atanazavir/r. Dopo circa 2 mesi, HIV-RNA
risultava non determinabile (< 50 cp/ml) (Roche
PCR Ultrasensitive). Tale valore si è confermato ai
controlli a 4 e 6 mesi con conta dei CD4+ persistentemente superiore a 500/mmc (30%). Il nuovo
regime HAART è risultato ben tollerato, con
moderato incremento della bilirubinemia totale ed
indiretta.
In figura 1 è rappresentato l’andamento viroimmunologico osservato nel corso del follow up.
Andamento
viro-immunologico
nel corso del
follow up
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
In riferimento a quest’ultimo aspetto, da tempo
l’associazione di tenofovir più emtricitabina/lamivudina ed efavirenz viene segnalata tra i regimi
“preferred”. Tale combinazione ha dimostrato di
essere estremamente potente nei pazienti naive,
con percentuali di risposta virologica a 4 anni
superiori al 70% (Margot NA, 2006). Inoltre, tale
regime presenta un eccellente profilo di tollerabilità e le caratteristiche farmacocinetiche delle singole molecole ne rendono possibile la somministrazione once-a-day.
La causa più frequente di fallimento virologico con
tale associazione è rappresentata dalla comparsa di
resistenza genotipica ad efavirenz (K103N), seguita dallo sviluppo di resistenza a lamivudina/emtricitabina (M184V). La comparsa della mutazione
K65R, attribuibile a tenofovir, si conferma quale
evento poco frequente (< 3%). Essa è di solito preceduta od accompagnata da resistenza genotipica
ad efavirenz. In alcuni casi le mutazioni K65R e
K103N possono comparire precocemente, già a
partire dalla 16a settimana, e tale evento si verifica
più frequentemente in pazienti con una più bassa
conta di linfociti CD4+ (Margot, 2006).
Il caso descritto si riferisce ad un paziente naive
che, trattato con l’associazione di tenofovir più
emtricitabina ed efavirenz, ha sviluppato rapidamente mutazioni nel gene della transcriptasi
inversa, tra cui la K65R, con precoce fallimento
virologico.
Il profilo viro-immunologico e la sieroconversione
recente hanno indotto il clinico a consigliare al
paziente un trattamento precoce dell’infezione da
HIV.
Il paziente, ben disposto ad iniziare la terapia antiretrovirale ed informato circa i possibili effetti collaterali a breve e lungo termine dei regimi prescrivibili, chiedeva che gli fosse prescritto un trattamento PI-sparing, nel timore di modificare il proprio aspetto fisico a seguito dell’assunzione di ini-
bitori della proteasi di HIV.
Favorito dall’ottima tollerabilità e dalla facilità di
somministrazione del trattamento scelto (2 pillole
in monosomministrazione), il paziente ha riportato ad ogni incontro un’aderenza ottimale, elemento determinante per il successo a lungo termine dei
regimi HAART.
Considerata la potenza del regime, una prima ed
attesa riduzione dei livelli di HIV-RNA di 2.05 log
si è osservata già a due settimane dall’inizio del
trattamento e, al 3° mese, un’ulteriore riduzione di
1.33 log.
A 5 mesi, HIV-RNA mostrava tuttavia un incremento (1.01 log). Il paziente non presentava infezioni attive (ad es. tubercolosi, infezione da S.
pneumoniae) né aveva praticato vaccinazioni in
grado di giustificare l’aumento della replicazione
virale.
L’incremento osservato di HIV-RNA poteva
segnalare un fallimento virologico precoce. In considerazione dei livelli di HIV-RNA pre-trattamento (> 100.000 cp/ml) e del regime in corso (comprendente 2 farmaci a bassa barriera genetica, efavirenz ed emtricitabina), il paziente era più a
rischio di acquisire mutazioni rispetto a pazienti
con valori inferiori di HIV-RNA pre-trattamento o
in pazienti in terapia con PI boosterato (Phillips,
2005). Il laboratorio di virologia effettuava un
GRT che svelava la presenza delle mutazioni
K103N e K65R.
Non si osservava un rebound di HIV-RNA ai valori pre-trattamento (3.93 vs 6.03, rispettivamente),
in accordo a quanto già segnalato in letteratura ed
attribuito, in presenza della mutazione K65R, ad
una riduzione della capacità replicativa del ceppo
mutato rispetto al ceppo wild-type e/o ad una parziale residua attività farmacologia di tenofovir
(Weber, 2005; Margot, 2006; Deeks, 2001; Barbour,
2002).
Al rientro dal viaggio all’estero, veniva modificato
37
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
il regime HAART ed il paziente iniziava il trattamento con zidovudina + lamivudina + atazanavir
boosterato. Il valore di HIV-RNA riscontrato al
cambiamento di terapia era di 6.900 cp/ml, di
poco inferiore al precedente. Ad un nuovo test
genotipico veniva rilevata la comparsa della
M184V che può aver contribuito ad abbassare
ulteriormente la capacità replicativa del virus. È
inoltre probabile che la lamivudina, prescritta nel
regime di seconda linea, abbia continuato ad esercitare una parziale attività antivirale nonostante la
presenza della M184V (Campbell, 2005).
Il paziente ha ottenuto dal regime di seconda linea
una completa soppressione della replicazione di
HIV nell’arco di poco più di un mese, con un progressivo recupero immunologico. Ciò suggerisce,
al pari di quanto già descritto in letteratura (Margot, 2006; Miller 2005), che la presenza della mutazione K65R non impedisce il successo terapeutico
del regime di seconda linea.
Un precoce fallimento virologico conseguente alla
comparsa di ceppi resistenti non sempre può essere imputato ad una scarsa aderenza ai regimi prescritti. È da tempo noto che livelli subterapeutici
dei farmaci, dovuti ad es. ad alterazioni dell’assor-
bimento o a caratteristiche individuali su base
genetica, possono comportare una persistente
replicazione del virus con comparsa di farmacoresistenza (Durant, 2000; Telenti, 2002).
Il tenofovir, il primo analogo nucleotidico approvato per l’uso nelle associazioni antiretrovirali,
rappresenta un farmaco che coniuga la facilità di
somministrazione e l’ottimo profilo di efficacia e
tossicità ad un eccellente profilo di resistenza e di
cross-resistenza con i farmaci della stessa classe
terapeutica. Per queste caratteristiche, tale molecola rappresenta uno dei farmaci attualmente più
utilizzati nella pratica clinica sia in pazienti naive
che experienced.
Il profilo di resistenza di tenofovir ed in particolare l’antagonismo della mutazione K65R con altre
mutazioni della transcriptasi inversa (ad es. TAMs)
continuano ad essere al centro di numerosi studi
(Brodard, 2005; Winston, 2004; Margot 2006).
Con il progredire di tali conoscenze, il clinico avrà
sempre più elementi di valutazione per individuare strategie di sequenziamento terapeutico che
possano consentire nella pratica clinica di sfruttare al massimo le potenzialità terapeutiche di farmaci potenti quali il tenofovir.
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39
daMa
40
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Sicurezza nell’uso di Tenofovir in associazione
con Inibitori della Proteasi Boosterati:
esperienza di un centro clinico
F. Ortu, P. Piano, N. Corso, M. Serrau, R. Meleddu, P. Serra e P.E. Manconi
Centro di Immunologia policlinico Universitario Cagliari
Introduzione
Tenofovir (Viread®-TDF) è un nucleotide aciclico,
analogo della Adenosina, che rappresenta oggi
uno dei farmaci più utilizzati nel backbone
nucleosidico/nucleotidico delle terapie antivirali
di associazione attive nei confronti di HIV; la
lunga emivita intracellulare (circa 50 ore) del
suo metabolita difosfato ne rende possibile la
somministrazione once a day.(1)
Tale molecola viene utilizzata in tutte le linee
terapeutiche dell’infezione da HIV: è infatti considerata tra le associazioni “preferite” in associazione con NNRTI e PI boosterati nella terapia
dei pazienti naive, in relazione alla sua potenza
antivirale ed al profilo tossicologico favorevole
rispetto ai Timidilici e alla Stavudina in particolare, soprattutto per ciò che riguarda gli effetti
sui lipidi plasmatici e la lipodistrofia (2-3-4-5). Viene
altresì utilizzata come switch nelle terapie “timidino sparing” per minimizzare gli effetti metabolici di tali molecole, come ad esempio in sostituzione della Stavudina, nel caso di comparsa di
lipoatrofia o di acidosi lattica in considerazione
del suo basso potenziale di tossicità mitocondriale (6-7-8), nonché nelle terapie di salvataggio
nei pazienti portatori di mutazioni ad analoghi
timidinici [TAMS] .
Per tale versatilità, il TDF è diventato una delle
molecole attualmente più utilizzate negli schemi
di terapia antivirale, nelle più disparate condizioni cliniche.
Questa diffusione è dovuta anche al fatto che il
farmaco è ben tollerato sia in acuto che nell’uso
cronico: negli studi pre-registrativi e registrativi
ha mostrato un’incidenza di effetti avversi non
superiore al placebo, compresi gli eventi di
grado III e IV. Rispetto ai regimi contenenti Stavudina ha mostrato una minore tendenza all’aumento dei trigliceridi e del Colesterolo LDL (9-10) e,
sempre rispetto ai D-nucleotidi, mostra una
ridotta tossicità mitocondriale sia in vitro che in
vivo, attraverso la valutazione dell’aumento dei
lattati e dell’incidenza di lipodistrofia (9).
Nonostante che, negli studi controllati in doppio
cieco verso placebo, non siano emersi elementi
che facciano pensare ad un particolare profilo di
tossicità renale (9-10-11-12), esistono delle segnalazioni sporadiche di tossicità renale da TDF, in
analogia a quanto accade (molto più frequentemente) con l’uso di altri analoghi nucleotidici
strutturalmente correlati, quali Cidofovir ed Adefovir.
Tali molecole determinano tossicità renale dosedipendente verosimilmente mediante tossicità
mitocondriale che si realizza a carico delle cellule del tubulo prossimale (13-14-15). Studi in vitro
hanno messo in evidenza che il TDF è scarsamente tossico sulle cellule renali ma che tale
tossicità può essere indotta da dosi più elevate
rispetto a quelle usate normalmente (14-15).
Gran parte delle segnalazioni riguardanti gli
effetti tossici a carico del rene sono rappresentati da aumenti della creatinina serica che rever41
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
tono prontamente dopo sospensione della terapia.
H. Izzedine ha condotto uno studio retrospettivo su 19 casi di tossicità renale, con normalizzazione del quadro dopo sospensione del TDF;
l’esame bioptico di 5 di tali pazienti ha messo in
evidenza un quadro di necrosi tubulare acuta
che ha riguardato sia il tubulo prossimale che
quello distale, con edema e vacuolizzazione (13).
Esistono inoltre tutta una serie di osservazioni
sporadiche sulla comparsa di alterazioni molto
più rare quali sindrome di Fanconi, Diabete insipido, Insufficienza Renale Acuta, etc. (15-16-17-18-19).
Negli studi retrospettivi di ampie casistiche non
è emersa una particolare tendenza alla tossicità
renale, e la stessa è stata prontamente reversibile con la sospensione della terapia.(7-9-10-11)
Un esame più approfondito sui fattori di rischio
per lo sviluppo di tali alterazioni, ha messo in
evidenza un’ associazione con l’uso di Ritonavir
e Lopinavir/r, nonché un’associazione con l’uso
di Didanosina.(18)
Razionale della tollerabilità renale
La clearance renale di TDF è maggiore rispetto alla
clearance della creatinina e questo depone per una
secrezione tubulare attiva della molecola. Tale
fenomeno è reso possibile, verosimilmente, dal
l’esistenza di proteine di trasporto che sono localizzate nella porzione baso-laterale ed apicale del
tubulo prossimale. Il ruolo fisiologico di tali proteine è quello di mediare il trasporto di piccole
molecole solubili dal circolo ematico alle urine.
Nel caso specifico di TDF, è stato dimostrato che il
farmaco è substrato di due proteine che trasportano anioni inorganici, hOAT1 e hOAT3, rispettivamente ad alta e bassa affinità; hOAT1 rappresenta
verosimilmente la via primaria di captazione,
42
mentre hOAT3 una via di salvataggio.
Le vie di secrezione nel lume tubulare e quindi
nelle urine, non sono altrettanto note. In analogia
con altre molecole strutturalmente simili come
Adefovir e Cidofovir e la loro capacità di competere con l’escrezione di Metotrexate e Fluoresceina, è
stato postulato un ruolo da parte di “Multidrug
Resistance associated Proteins (MRP), facenti
parte della sub famiglia delle ABC (ATP-Binding
Cassette). Tra queste meritano una speciale menzione le MRP2 ed in modo particolare MRP4,
visto il suo ruolo nella escrezione di Adefovir e
Nucleosidi fosforilati. Nella porzione apicale del
Tubulo prossimale si trova anche un’ altra proteina
della famiglia delle ABC, la Pgp, anch’essa implicata nella secrezione di diversi Xenobiotici.
Queste ultime proteine sono state associate anche
al trasporto di alcuni PI.(20-21-22-23-24-25-27)
Tali proteine di trasporto sono distribuite in diverse sedi e possono spiegare diversi fenomeni biologici.
La tabella mette in evidenza la distribuzione delle
differenti proteine di trasporto e la loro distribuzione tissutale nonchè i principali farmaci trasportati.
Tale trasporto non è costante in tutte le sedi corporee, nel senso che, in diversi sistemi di riferimento
e differenti tipi cellulari, tale trasporto può avvenire con modalità diverse.
A tale proposito è paradigmatico l’esempio della
Zidovudina, per la quale nei linfociti l’unico fattore determinante il trasporto intracellulare è rappresentato dalla temperatura e non risente dell’effetto antagonista di altre sostanze che sono inibitori di differenti proteine di trasporto (Allopurinolo
etc). Questo depone per un trasporto passivo
attraverso la membrana del Linfocita.(27)
Un recente articolo di A. Ray (25) ha dimostrato che,
in alcuni tipi cellulari, l’efflusso di TDF appare
mediato dalla proteina MRP4, mentre Pgp ed
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
MRP2 non sembrano attive allo scopo.
Queste osservazioni potrebbero fornire la base per
una potenziale sede di interazione farmacologica a
livello renale tra diversi farmaci e TDF.
Fig. n°1
Nonostante ciò, non sempre è possibile fornire
una prova concreta di tali modelli di interazione.
Lo stesso gruppo ha invece dimostrato l’esistenza
di interazioni a livello intestinale tra TDF e Pgp.
Tale interazione comporterebbe un’ inibizione nell’assorbimento di TDF e poiché tale glicoproteina
è elettivamente inibita da ritonavir (RTV), questo
comporterebbe un aumentato assorbimento della
molecola che potrebbe spiegare le modifiche farmacocinetiche che si realizzano nell’uso combinato di tali farmaci. Una prova di tale interazione è
stata fornita da Jetter, il quale ha dimostrato un
notevole aumento (fino all’80%!) nelle concentrazioni di Digossina (substrato noto della Pgp) sia
in pazienti che in volontari sani, con l’uso concomitante di RTV a basse dosi, equivalenti a quelle di
un suo uso come booster.(22)
Tali effetti sono stati quantificati (28) mediante un
aumento del 15% della Cmax e del 51% della
Cmin, nella somministrazione concomitante di
Kaletra, mentre la cinetica di Kaletra non si modifica.
Analoghe osservazioni sono state condotte, dal
gruppo di Agarwala S., per ciò che riguarda le
variabili farmacocinetiche di TDF con l’uso concomitante di Atazanavir/r (ATZ/r): in tali condizioni è stata osservata una variazione dell’AUC di
TDF, compresa tra il 30 ed il 50%, e della Cmin,
Tab. 1
Trasportatore
sede
Farmaco
OAT (1-2-3)
Rene etc
ZDV-TDF
OAT-4
Rene-placenta
ZDV-TDF
MDR-1
Rene-fegato-intestino-placenta-Ly-cervello
IP
MRP-1
Rene-fegato-intestino-placenta-cervello
IP
MRP-(2-5)
Enterociti-Rene
IP
hCNT-hENT
Rene-fegato-intestino-placenta-cervello..Ly?
NRTIs
MRP-4
Rene-fegato-Ly
NRTIs
compresa tra il 30 ed il 70%, in relazione ai diversi dosaggi di ATZ. In questo caso esiste una interazione reciproca nel senso di una riduzione delle
concentrazioni di ATZ di incerto significato clinico; tale interazione potrebbe essere importante
nelle terapie di salvataggio nel caso di virus resistenti ai PI.(29)
Un elenco delle interazioni di TDF sono esemplificate in fig. 2
Pazienti e Metodi
Partendo da tali premesse, abbiamo condotto
un’indagine di tipo retrospettivo su tutti i pazienti
trattati presso il nostro Ambulatorio con TDF, a
partire dalla fine del 2002, anno in cui si è resa
disponibile la molecola mediante EAP.
43
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Figura 1.
Mechanism of Active Tubular Excretion of Tenofovir
Basolateral
Membrane
Proximal
Tubule Cell
Apical
Membrane
OAT1
MRP2
OAT3
Pgp
Pgp
1. No efflux in Caco-2 cells known to highly express Pgp
2. No stimulation of ATPase activity
MRP4
1. Expression decreases accumulation and toxicity
2. Transport in membrane vesicles
3. Accumulation and transport affected
by MRP4 inhibitors
OCT1
MRP4
OCT2
Blood
Active tubular secretion
MRP2
1. Expression doesn’t affect accumulation or toxicity
2. No transport in membrane vesicles
3. Doesn’t affect MRP2 substrates
4. No stimulation of ATPase activity
Urine
Ray et al. AAC Oct. 2006
Allo scopo di evidenziare delle differenze nell’incidenza di eventi avversi tra le molteplici condizioni
cliniche, abbiamo suddiviso i pazienti in due gruppi in relazione alla concomitante assunzione di
TDF con PI/r o NNRTI.
Dall’indagine sono stati esclusi i pazienti in terapia
con Fosamprenavir e Tipranavir, in relazione alle
peculiarità d’uso di tali molecole nella nostra esperienza (rispettivamente linee molto precoci o terapie di salvataggio).
I dati sono stati raccolti dall’esame delle cartelle
cliniche dei pazienti, mediante selezione da un
database che raccoglie le informazioni dei pazienti
in terapia presso l’Ambulatorio del Centro di
Immunologia, completato dall’analisi delle prescrizioni per ciascun paziente al servizio farmaceutico (FILE-F). Abbiamo arbitrariamente considerato eligibili tutti i pazienti con almeno 5 mesi di
follow-up dopo la prescrizione. Nessuno tra i
pazienti esclusi ha mostrato segni di tossicità; sono
stati esclusi generalmente in quanto persi al follow-up o trattati da poco tempo.
Alla fine della selezione sono risultati valutabili
44
121 pazienti, dei quali 39 trattati con NNRTI (72%
con EFV) e 82 con PI/r (56% trattati con ATZ).
Le due coorti non sono dissimili nè per età media
ed epoca di infezione da HIV, nè per durata totale
del trattamento antivirale (data inizio terapia
1997-1998), mentre mostrano una differenza
apprezzabile per ciò che riguarda lo stadio clinico
(con una maggiore prevalenza di eventi dello stadio C nei pazienti del gruppo PI/r 24% vs NNRTI
5%), e contestualmente del numero di regimi
terapeutici >/= 4 (PI/r 67% vs NNRTI 54%).
La prevalenza di co-infezione da HCV è simile tra
i due gruppi (69% vs 72%), così come la durata
della terapia con TDF.
Le caratteristiche delle coorti sono rappresentate
nella tabella n° 2.
Risultati
La terapia è stata, nel complesso, ben tollerata con
una bassa incidenza di eventi di tossicità renale,
testimoniati da un aumento della creatinina serica
daMa
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Figura 2.
Tenofovir interactions
Impact of Coadministration on Exposure (AUC
Coadministered Drug
Tenofovir
Didanosine
Lamivudine
Entricitabine
d4T-XR
Abacavir
Indinavir
Lopinavir/ritonavir
Atazanavir
Atazanavir/ritonavir
Efavirenz
Methadone
Oral contraceptives
Ribavirin
Adefovir
h44-60%*
n*
n
n
n
n
i15%
i26%
i25%?
n
n
n
n
n
n*
n*
n
n
n*
n
i34%
i25%
ND
n
n
n
ND
ND
* Plasma levels
clinicaloptions.com/drug
(Crs). Tali eventi hanno riguardato 4 soggetti
(4,8%) e si sono verificati nel gruppo trattato con
PI/r; sono comparsi nei primi mesi di terapia per
poi regredire prontamente nelle settimane successive con la sospensione di TDF.
Nel gruppo trattato con NNRTI la variazione media
dei valori di Crs è stata di 0,4 mg/dl al nono mese di
osservazione, di 0,6 mg/dl nell’altro gruppo.
I pazienti che hanno mostrato aumenti oltre la
soglia di normalità del laboratorio e che pertanto
hanno sospeso in via cautelativa la terapia,
mostravano valori compresi tra 1,37 e 2,4 mg/dl
(con valori normali di BUC-FG).
Gli elettroliti sierici non mostravano alterazioni
significative, fatta eccezione per il Fosforo, in cui si
osservava una riduzione dei valori oltre la norma
in sei pazienti del gruppo dei PI ed in 5 di quello
degli NNRTI (senza apparente significato clinico).
Le variazioni medie dei principali parametri considerati sono rappresentati in tabella n° 3.
Durante il periodo di osservazione c’è stato invece
un aumento della fosfatasi alcalina in entrambi i
Tab. 2
PI/r (N=82) _=
NNRTI (N=39) _=
Età media
42aa (22-54)SD 5.7
42aa (22-56)SD 6.08
Epoca infezione
‘92 (‘85-’06)
‘92 (‘85-’06)
Inizio terapia
‘97 (‘88-’06)
‘98 (‘90-’06)
Stadio clinico
B=53% C=24%
B=48% C=5%
Nadir CD4
163 (2-626) SD 175
198 (3-558) SD 336
Terapia media con TDF
20,6 mesi (6-54) SD 11,4
21 mesi (6-43) SD 10,3
Linea terapeutica ≥4
67%
56%
HCV pos
69%
72%
45
daMa
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Tab. 2
CRs
P
Ca
ALP
Basale
3 mesi
6 mesi
9 mesi
PI
0.77
0.77
0.81
0.83
NN
0.69
0.70
0.72
0.74
PI
3.2
3.2
3.27
3.4
NN
3.2
3.2
3.3
3.3
PI
9.5
9.56
9.6
9.8
NN
9.6
9.6
9.7
9.6
PI
210
219
242
266
NN
198
199
228
241
gruppi considerati, con una maggiore differenza al
nono mese per il gruppo PI/r (media 266-SD
=102,7, vs 241, SD=85 con p<0,05). Se consideriamo il numero di pazienti che durante il periodo di
osservazione hanno mostrato valori superiori alla
norma (27 vs 19 nel gruppo PI/r; 9 vs 3 nel gruppo NNRTI), anche in questo caso il significato non
è chiaro.
Essendo molti dei pazienti considerati degli epatopatici, si rendono necessari ulteriori approfondimenti (ad esempio mediante la determinazione
degli isoenzimi e/o di altri parametri del metabolismo osseo).
Discussione
Anche al di fuori delle condizioni ideali di un trial
clinico, la molecola ha mostrato un buon profilo di
sicurezza con una bassa incidenza di interruzioni
dovute ad eventi avversi, come emerge dai diversi
studi e dalle metanalisi dei principali trial registrativi. Nella nostra esperienza non esiste il supporto
della statistica riguardo ad una maggiore incidenza di eventi con l’uso concomitante di PI/r, benché
esista un certo orientamento in tal senso che va
ulteriormente indagato mediante studi randomiz-
46
zati e pesati allo scopo.
Nella nostra osservazione, un fattore di confondimento può essere rappresentato da una maggiore
progressione di malattia (testimoniato dagli eventi di categoria C nei trattati con PI/r e dalla maggiore esperienza di linee di terapia nello stesso
gruppo): questo potrebbe rappresentare un fattore
di morbilità renale legato al virus HIV e indipendente dal tipo di terapia.
Al momento, la nostra analisi non consente di
valutare l’influenza della Didanosina sulle osservazioni riportate che, come sappiamo, presenta delle
interazioni con TDF ed è uno dei fattori di rischio
per eventi avversi, documentato in letterattura.
Gli eventi osservati sono stati prontamente reversibili con la sospensione della terapia e non associati alla comparsa di altri segni o sintomi: questo
fatto se da un lato ci rende ottimisti sulla reversibilità del quadro, ci deve indurre ad un costante
monitoraggio di diversi parametri onde poter
riconoscere precocemente tali alterazioni ed attuare gli opportuni accorgimenti.
In tutti i casi dei pazienti che hanno mostrato
aumenti della creatinina, tali da comportare la
sospensione della terapia, gli altri parametri di
funzionalità renale si sono mantenuti nella norma
(BUC-FG).
Le indagini di imaging hanno evidenziato alterazioni in un solo caso (alterazione del rapporto cortico-midollare del rene con edema della midollare
stessa), in un paziente che era stato estesamente
pre-trattato con Indinavir. Un altro paziente presentava un’ età media elevata ed una ipertensione
arteriosa in trattamento con Ca-antagonisti, senza
precedenti alterazioni renali obbiettivabili. Eventuali comorbidità, anche indipendenti dal virus
HIV, potrebbero rappresentare un fattore di
rischio indipendente per tossicità renale (ad esempio l’ipertensione arteriosa).
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
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daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Analisi su tollerabilità di regimi di terapia
antiretrovirale contenenti tenofovir
in un gruppo di pazienti anti-hiv positivi
Pierpaolo Congedo
Unità Operativa di Malattie Infettive “I.V. Tondi” - Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” - Lecce
Introduzione
Tenofovir disoproxil fumarato (TFV) è il profarmaco del tenofovir, un analogo nucleotidico
con riconosciuta attività contro i retrovirus
(HIV1 e HIV2) e gli Hepadnavirus. Tenofovir differisce dagli analoghi nucleosidici “classici”
poiché la sua attivazione è meno dipendente
dagli enzimi intracellulari. Per tali capacità e
tali qualità ha ricevuto, nel 2001 negli Stati
Uniti e un anno più tardi in Europa, l’approvazione come farmaco da utilizzare nella cura dell’infezione da HIV, e le guidelines internazionali l’hanno consacrato come uno dei capostipiti
nell’ambito delle terapie di associazione tanto
nel paziente naive che in quello experienced.
Gli effetti collaterali più frequentemente segnalati in corso di terapie contenenti tenofovir sono
l’intolleranza gastrointestinale e la nefrotossicità, con spettro di eventi che vanno da modesto
screzio iperazotemico fino ai caratteri della
cosiddetta Sindrome di Fanconi (proteinuria,
ipofosfatemia e ipouricemia, fino all’insufficienza renale acuta) e più frequente in soggetti con
precedenti di malattia renale e a basso peso corporeo.
positivi consecutivi afferenti all’Unità Operativa di
Malattie Infettive del Presidio Ospedaliero “Vito
Fazzi” di Lecce e valutato la tollerabilità di regimi
terapeutici contenenti tenofovir in base all’osservazione clinica e alla valutazione di diversi parametri ematochimici, virologici e immunologici. I
dati ottenuti sono stati poi confrontati con quelli
di un gruppo di pazienti con caratteristiche anagrafiche, cliniche, immunologiche e virologiche
analoghe, che hanno assunto regimi terapeutici
non contenenti tenofovir.
Materiali e metodi
Sono stati inseriti nello studio ventinove pazienti
che hanno iniziato una terapia contenente tenofovir e l’hanno assunta per almeno ventiquattro settimane a partire dal febbraio 2003.
La tabella 1 mostra le caratteristiche anagrafiche e
i fattori di rischio per HIV di tali pazienti. Da essi
si deduce una prevalenza di maschi (21/29), di
contagio attraverso la tossicodipendenza (18/29)
rispetto a quello per rapporti eterosessuali (7/29)
ed omosessuali (4/29).
Sviluppo e obiettivi dello studio
L’età media dei pazienti all’inizio della terapia era
di 36.4 anni per le femmine e di 43.6 anni per i
pazienti maschi.
Abbiamo esaminato un gruppo di pazienti HIV
28/29 pazienti erano di razza caucasica; l’ultima
49
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 1
Pz
Sesso
Via di contagio
Età all’inizio
del trattamento
Pz
Sesso
Via di contagio
Età all’inizio
del trattamento
1
F
Tossicodipendenza
35
16
M
Rapp. eterosessuali
49
2
M
Rapp. eterosessuali
41
17
M
Tossicodipendenza
41
3
M
Tossicodipendenza
39
18
F
Tossicodipendenza
38
4
M
Tossicodipendenza
40
19
M
Rapp. omosessuali
46
5
M
Rapp. omosessuali
59
20
M
Tossicodipendenza
39
6
M
Rapp. omosessuali
39
21
M
Tossicodipendenza
43
7
M
Tossicodipendenza
41
22
M
Rapp. omosessuali
43
8
M
Tossicodipendenza
39
23
M
Tossicodipendenza
41
9
F
Rapp. eterosessuali
37
24
F
Tossicodipendenza
41
10
M
Rapp. eterosessuali
49
25
M
Rapp. eterosessuali
52
11
F
Rapp. eterosessuali
30
26
F
Tossicodipendenza
42
12
M
Tossicodipendenza
41
27
M
Tossicodipendenza
41
13
M
Tossicodipendenza
43
28
F
Rapp. eterosessuali
37
14
M
Tossicodipendenza
40
29
M
Tossicodipendenza
40
15
F
Tossicodipendenza
31
paziente proveniva dal continente africano.
La tabella 2 mostra la ripartizione per stadio di
malattia secondo la classificazione CDC ’93.
28/29 pazienti erano ART-experienced all’inizio
della terapia contenente tenofovir (da 8-174 mesi,
media 83.9 mesi di terapia). Nel ventinovesimo
paziente, di recente diagnosi, tenofovir pertanto
entrava a far parte della prima linea di terapia.
10/28 pazienti, più pesantemente pretrattati, avevano alle spalle periodi di mono- o biterapia.
L’esposizione media a classi di farmaci era: di 4.0
inibitori nucleosidici della transcriptasi inversa
(NRTI); 0.9 inibitori non nucleosidici della transcriptasi inversa (NNRTI), 2.1 inibitori della proteasi (IP). In 8/28 pazienti pretrattati tenofovir
rientrava in una seconda linea di terapia (considerando solo gli switch per inefficacia clinica e/o
immunologica e/o virologica); in 10/28 pazienti
50
faceva parte di una terza linea; i restanti 10/28
erano oltre la terza linea di terapia.
Tenofovir veniva introdotto in terapia: in sostituzione di un NRTI in 8/28 pazienti (in sei casi per
evidenza di dislipidemia o lipodistrofia, in un caso
per neuropatia periferica, nell’ottavo caso per anemia); in sostituzione di efavirenz per intolleranza
neuropsichica in 1/28 pazienti; in 2/28 pazienti
tenofovir veniva introdotto in terapia in concomitanza con l’inizio di terapia con interferon e ribavirina per epatite cronica HCV-correlata; in 4/28
entrava in terapia di semplificazione da trattamenti più complessi; nell’ambito di una nuova linea
terapeutica per fallimento virologico e/o immunologico in 13/28 pazienti.
19/29 pazienti erano coinfetti con HCV: 17/19 di
essi presentavano evidenza enzimatica e/o viremica di attività. 2/29 (entrambi coinfetti anche da
HCV) risultavano portatori di HBsAg, ma
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 2
Stadio C3 (9 pz)
Stadio A2 (5 pz)
Stadio A3 (4 pz)
Stadio C2 (2 pz)
Stadio B2 (2 pz)
Stadio B3 (7 pz)
entrambi, all’inizio del nuovo trattamento, erano
negativi per HBVDNA in metodica PCR.
La conta media all’inizio di linfociti CD4 era di
428.1 (63 - 1046).
15 pazienti all’inizio della terapia mostravano
HIVRNA al di sotto della soglia di detectabilità di
50 copie/mL; negli altri casi il valore della viremia
andava da 2.5 a 5.6 log. (384 - 772000).
In 6/14 dei pazienti HIVRNA positivi il farmaco
veniva introdotto in terapia sulla base di test di
resistenza.
Il gruppo di confronto era costituito da 29 pazienti (22 maschi, 7 femmine; 28 caucasici, 1 africano;
19 HIV-contagiati per tossicodipendenza, 7 per
rapporti eterosessuali, 3 per rapporti omosessuali;
età media all’inizio del trattamento: 38.5 anni; stadio CDC ’93 di infezione: 7 pazienti in stadio C3,
5 in stadio C2, 7 in stadio B3, 3 in stadio B2, 5 in
stadio A3, 2 in stadio A2; 19 HCV Ab positivi con
18/19 affetti da segni di epatopatia cronica attiva;
conta media di linfociti CD4 all’inizio della terapia: 396.5/mmc (16-740); 10/29 pazienti con
HIVRNA non detectabile, negli altri casi viremia
fra 1.9 e 5.3 log). Nell’analisi dei dati ogni paziente del gruppo di confronto veniva associato a un
paziente in trattamento con tenofovir sulla base di
massima corrispondenza o analogia possibile degli
altri farmaci compresi nel regime terapeutico.
L’osservazione clinica e laboratoristica aveva in
ogni paziente del gruppo di confronto una durata
massima potenziale pari a quella del caso indice
accoppiato.
La tabella 3 confronta i trattamenti svolti dai
pazienti presi in esame nei due gruppi. Tutti gli
inibitori delle proteasi utilizzati erano adeguatamente boosterati con ritonavir. Laddove il tenofovir veniva associato a dideossinosina, il dosaggio di
quest’ultima veniva adeguato.
51
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 3
Gruppo
di confronto
Gruppo
di confronto
1
TFV/ABC/EFV
1
3TC/ABC/EFV
16
TFV/AZT/FPV
16
3TC/DDI/FPV
2
TFV/FTC/EFV
2
DDI/3TC/EFV
17
TFV/D4T/EFV
17
3TC/D4T/EFV
3
TFV/DDI/ATV
3
3TC/DDI/ATV
18
TFV/3TC/NVP
18
AZT/3TC/NVP
4
TFV/3TC/EFV
4
D4T/3TC/EFV
19
TFV/D4T/3TC
19
AZT/3TC/ABC
5
TFV/FTC/LPV
5
D4T/3TC/LPV
20
TFV/D4T/EFV
20
3TC/DDI/EFV
6
TFV/ABC/3TC
6
AZT/ABC/3TC
21
TFV/FTC/EFV
21
AZT/3TC/EFV
7
TFV/DDI/EFV
7
3TC/DDI/EFV
22
TFV/AZT/FPV
22
ABC/3FC/LPV
8
TFV/DDI/LPV
8
3TC/DDI/LPV
23
TFV/DDI/D4T
23
AZT/3TC/ABC
9
TFV/3TC/LPV
9
AZT/3TC/LPV
24
TFV/D4T/EFV
24
3TC/D4T/EFV
10
TFV/FTC/LPV
10
AZT/3TC/LPV
25
TFV/FTC/ATV
25
DDI/3TC/ATV
11
TFV/D4T/LPV
11
3TC/D4T/LPV
26
TFV/DDI/TPV
26
3TC/DDI/TPV
12
TFV/FTC/ATV
12
D4T/3TC/ATV
27
TFV/AZT/LPV
27
3TC/AZT/LPV
13
TFV/DDI/ATV
13
3TC/DDI/ATV
28
TFV/DDI/EFV
28
AZT/DDI/EFV
14
TFV/3TC/ATV
14
DDI/3TC/ATV
29
TFV/FTC/EFV
29
3TC/D4T/EFV
15
TFV/DDI/IDV
15
AZT/DDI/IDV/r
Legenda:
3TC = Lamivudina; ABC = Abacavir; ATV = Atazanavir;
AZT= Zidovudina; D4T = Stavudina; DDI = Dideossinosina;
EFV = Efavirenz; FPV = Fosamprenavir; FTC= Emtricitabina;
IDV = Indinavir; LPV = Lopinavir; NVP = Nevirapina; TPV
= Tipranavir.
Risultati
sulla aderenza al trattamento e sulla eventuale sintomatologia soggettiva e sottoposto a esame obiettivo completo. Durante il periodo di follow up nessun paziente del gruppo in trattamento con tenofovir ha riportato eventi clinici opportunistici maggiori o minori né sintomi o segni obiettivi suggestivi di tossicità e dunque nessuno di essi ha dovuto interrompere il trattamento per tali motivi.
In un periodo medio corrispondente, nel gruppo
di confronto 1 paziente (all’inizio del trattamento
in stadio A2) ha presentato un’infezione opportunistica minore (Herpes zoster multimetamerico),
passando dunque a uno stadio clinico B2. In 5/29
pazienti si sono osservati segni clinici o laboratoristici suggestivi di tossicità iatrogena che hanno
Il follow up medio dei pazienti in trattamento con
regimi terapeutici contenenti tenofovir è stato di
77.5 settimane (24-150).
I pazienti sono stati sottoposti al massimo trimestralmente a visite cliniche e controllo di alcune
valutazioni ematochimiche, fra cui i seguenti parametri di possibile tossicità iatrogena: azotemia,
creatininemia, GPT, emoglobinemia, leucociti,
colesterolo LDL, trigliceridi, uricemia, lipasemia,
lattacidemia. La prima valutazione avveniva
comunque quattro settimane dopo l’inizio del
nuovo trattamento.
A ogni visita clinica il paziente veniva intervistato
52
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
indotto a modifiche del regime terapeutico (dislipidemia in 2/5 pazienti; segni di ingravescente
lipodistrofia in 2/5; nefrolitiasi in 1 paziente in
terapia con indinavir).
Nella tabella 4 seguente vengono riportati i valori
medi all’inizio (T0) e al termine (T1) del follow up
dei parametri ematochimici presi in considerazione nel corso della terapia.
Tab. 4
Hgb (g/dL)
LEUCOCITI (x 10?/mmc)
AZOTEMIA (g/L)
CREATININA (mg/dL)
GPT (UI/L)
COLESTEROLO LDL (mg/dL)
TRIGLICERIDI (mg/dL)
URICEMIA (mg/dL; v.n. 2 – 7)
LIPASEMIA (UI/L; v.n. < 60)
LATTACIDEMIA (mMol/L)
T0
13.7 (10.4-16.3)
4.8 (3.3-10.2)
0.29 (0.21-0.65)
0.78 (0.62-1.13)
53.5 (10-199)
102.8 (68-164)
128.0 (40-511)
4.7 (2.4-8.3)
31.3 (14- 72)
1.34 (1.1-2.6)
T1
13.9 (11.3-17.1)
5.7 (3.7-11.2)
0.26 (0.18-0.52)
0.81 (0.66-1.11)
66.4 (12-230)
122.8 (91-177)
116.3 (45-366)
4.9 (2.2-7.2)
33.4 (18-77)
1.38 (0.9-2.6)
La tabella 5 mostra l’andamento degli stessi parametri nel gruppo di confronto.
Tab. 5
Hgb (g/dL)
LEUCOCITI (x 10?/mmc)
AZOTEMIA (g/L)
CREATININA (mg/dL)
GPT (UI/L)
COLESTEROLO LDL (mg/dL)
TRIGLICERIDI (mg/dL)
URICEMIA (mg/dL; v.n. 2 – 7)
LIPASEMIA (UI/L; v.n. < 60)
LATTACIDEMIA (mMol/L)
T0
14.7 (9.8-15.8)
4.5 (2.7-9.6)
0.25 (0.19-0.77)
0.70 (0.52-1.23)
58.6 (14-223)
131.3 (90-178)
141.7 (52-488)
4.3 (2.9-7.7)
32.6 (18-68)
1.28 (1.0-2.7)
T1
13.8 (10.3-16.7)
5.2 (2.7-10.2)
0.33 (0.22-0.67)
0.86 (0.66-1.41)
71.7 (17-356)
144.4 (82-192)
184.6 (53-869)
5.1 (3.3-9.3)
36.6 (11-79)
1.78 (1.0-3.3)
53
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Nel gruppo in trattamento con tenofovir 26/29
pazienti presentano, all’ultima analisi considerata,
HIVRNA inferiore a 50 copie. 3/29 pazienti interrompevano il trattamento per insorgenza di fallimento virologico (sorprendemente, tali eventi non
si sono verificati in pazienti che impiegano terapie
a base di soli inibitori della transcriptasi inversa, né
in quelli in cui tenofovir viene associato ad abacavir o dideossinosina, nonostante alcuni di questi
pazienti siano ormai giunti a un osservazione
superiore ai ventiquattro mesi di terapia). La conta
media di linfociti CD4 all’ultima analisi considerata, è di 472.3/mmc (149-880).
Nel gruppo di confronto, al termine del periodo di
osservazione, 24/29 pazienti presentano HIVRNA
al di sotto della soglia di detectabilità. 5/29 interrompevano il trattamento per fallimento virologico e/o immunologico. La conta media di linfociti
CD4 alla fine del follow-up è di 385.7/mmc (98647).
Conclusioni
I dati fin qui elaborati dimostrano che terapie contenenti tenofovir sono ben tollerate, e non comportano alterazioni delle funzionalità renale, pancreatica ed epatica, della crasi ematica, dell’assetto
lipidico. In un solo paziente trattato con tenofovir
abbiamo assistito a comparsa di lieve iperazote-
54
mia, per altro estremamente transitoria.
Benché non sia stato condotto uno studio metodico sui parametri antropometrici, non sono state
riportate comparse o ingravescenze di fenomeni di
lipodistrofia, nonostante in ben 13 pazienti su 29 il
tenofovir fosse associato a D-drugs. Negli 8
pazienti in cui TFV rientrava in un regime contenente DDI non abbiamo assistito ad aumenti
significativi degli enzimi pancreatici. A margine
riportiamo anche che nello stesso sottogruppo di
pazienti, abbiamo assistito comunque a un recupero immunologico pressoché sovrapponibile a
quello osservato nell’intero gruppo.
Fra i dati laboratoristici, ci sembra particolarmente significativo sottolineare che nel gruppo di confronto l’incremento medio di lattacidemia è stato
nettamente superiore, nel corso della terapia,
rispetto ai pazienti trattati con tenofovir.
Nessun paziente ha dovuto interrompere il trattamento per effetti collaterali soggettivi o per tossicità. Tenofovir si è rivelato un farmaco maneggevole e affidabile non soltanto nei protocolli di semplificazione ma anche laddove è entrato a far parte
di terapie più aggressive.
La monosomministrazione giornaliera di tenofovir ha permesso anche nel nostro gruppo di
pazienti che tale farmaco rientrasse in protocolli
terapeutici che prevedevano terapie di facile
assunzione, particolarmente utili soprattutto in
pazienti pesantemente pretrattati.
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Viread®: Conferme di efficacia e sicurezza
Purificato F., Matarazzo F.
Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive Ospedale di Formia (LT)
Introduzione
Per molti anni il prontuario terapeutico antiretrovirale si è arricchito progressivamente di farmaci
appartenenti alla sola classe degli inibitori della
proteasi di HIV, mentre emergevano difficoltà
sempre maggiori ad associare NRTI. La prescrizione continua, infatti, di inibitori timidinici della trascriptasi inversa quali zidovudina e stavudina,
soprattutto nei primi anni della HAART, ha fatto sì
che molti pazienti andassero incontro a fallimento virologico sviluppando patterns di resistenza
di tipo TAM1 o TAM2. Il recupero di questi pazienti si è giovato dell’immissione in commercio di un
farmaco sempre appartenente alla classe degli
NRTI, ma con un meccanismo d’azione leggermente diverso in quanto inibitore nucleotidico e
non nucleosidico della trascriptasi inversa, tenofovir.
Questo antiretrovirale, in monoterapia, è in
grado di ridurre l’HIV-RNA di 1.6 log, ha una
lunga emivita sia intracellulare che plasmatica
che consente la monosomministrazione giornaliera e, come dimostrano gli studi registrativi,
presenta un buon profilo di tollerabilità. L’uso
del tenofovir fa comunque emergere una specifica mutazione di resistenza, la K65R, sulla quale
si è molto discusso in termini di frequenza d’incidenza e di impatto sulla fitness virale soprattutto quando associata a M184V e questa evenienza si verifica frequentemente dal momento che
tenofovir si prescrive preferibilmente con emtrici-
tabina o lamivudina. Infine anche l’assunzione di
tenofovir comporta la comparsa di eventi avversi e sono stati descritti casi d’insufficienza renale
acuta da sindrome di Fanconi o necrosi tubulare
acuta spesso ad esito infausto.
Obiettivi
Dal momento che gli studi registrativi del prodotto
hanno sempre mostrato una notevole efficacia viroimmunologica associata ad un ottimo profilo di tollerabilità e ad un basso tasso di fallimenti virologici,
anche a distanza di anni dall’inizio di una terapia
antiretrovirale contenente tenofovir, si è voluto confrontare questi dati con l’esperienza fatta nel nostro
Centro in questi ultimi tre anni in pazienti antiHIV positivi sia naive che experienced.
Materiali e metodi
La nostra casistica è composta da 18 pazienti, 10 di
sesso maschile e 8 di sesso femminile, di età compresa tra 30 e 63 anni, 10 dei quali infettatisi per
rapporti promiscui eterosessuali, 1 per rapporti
omosessuali e 7 per farmacodipendenza endovenosa; 4 di essi, inoltre, sono affetti da co-infezione
HIV-HCV e 2 da co-infezione HIV-HBV-HCV.
Per ciascun paziente si è operata la stadiazione
della patologia secondo i criteri stabiliti dai CDC
di Atlanta, identificando così 5 casi di sindrome da
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Classificazione dello stadio di malattia
secondo i CDC di Atlanta
Stadio CDC
N pazienti
A1
4
A2
5
A3
2
B1
1
B2
1
B3
0
C1
2
C2
3
C3
0
immunodeficienza acquisita conclamata e 13 di
semplice sieropositività per anti-HIV.
Il tenofovir ha fatto parte del primo backbone
nucleosidico in 7 pazienti e dei successivi in 11.
È stato associato ad emtricitabina in 7 casi, a lamivudina in 9 e a stavudina in 2 soggetti plurifalliti,
sulla base del test di resistenza genotipico.
Il regime antiretrovirale era completato da efavirenz in 9 pazienti, lopinavir/ritonavir in 7, enfuvirtide e nevirapina in 2, atazanavir/ritonavir, saquinavir/ritonavir e tipranavir/ritonavir in 1 paziente.
Negli 11 pazienti experienced il ricorso al tenofovir è stato giustificato da fallimento virologico in 6
casi, manifestazioni eclatanti di lipodistrofia in 3
Terapia antiretrovirale assunta dai pazienti in studio
Paziente
Paziente 1
Paziente 2
Paziente 3
Paziente 4
Paziente 5
Paziente 6
Paziente 7
Paziente 8
Paziente 9
Paziente 10
Paziente 11
Paziente 12
Paziente 13
Paziente 14
Paziente 15
Paziente 16
Paziente 17
Paziente 18
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Terapia praticata
SUSTIVA® - TRUVADA®
FUZEON® - KALETRA® - INVIRASE® - VIREAD® - EPIVIR®
SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR®
KALETRA® - VIREAD® - EPIVIR®
KALETRA® - SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR®
KALETRA® - TRUVADA®
VIRAMUNE® - VIREAD® - EPIVIR®
KALETRA® - TRUVADA®
SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR®
SUSTIVA® - TRUVADA®
FUZEON® - KALETRA® - INVIRASE® - VIREAD® - EPIVIR®
VIRAMUNE® - TRUVADA®
SUSTIVA® - TRUVADA®
KALETRA® - SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR®
SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR®
SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR®
REYATAZ® - NORVIR® - VIREAD® - EPIVIR®
KALETRA® - TRUVADA®
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casi e da mancata tollerabilità a NRTI negli ultimi
2 pazienti.
La durata delle terapie antiretrovirali contenenti
tenofovir varia dalle 4 alle 140 settimane e i
pazienti sono stati sottoposti a controlli ematochimici periodici in media ogni tre mesi, incluso l’assetto viro-immunologico.
tendo un notevole recupero immunologico, mentre nell’ultimo paziente si è verificato un fallimento virologico probabilmente dovuto al fatto che lo
stesso aveva assunto in precedenza per anni una
terapia antiretrovirale composta da due soli farmaci con una soppressione mai completa dell’HIV-RNA.
Comunque nell’ambito delle molteplici mutazioni
primarie e secondarie emerse a carico della trascriptasi inversa non si è rilevata la presenza di
K65R.
Abbiamo potuto poi constatare un incremento
delle conte dei linfociti CD4 in 16 pazienti su 18
(variabile dalle 2 alle 444 cellule/mmc); questo
Risultati
In 15 pazienti su 18 si è riusciti a rendere l’HIVRNA undetectable (<50 copie/ml), in 2 si è
comunque ridotto il viral load di 2 e 1 log consen-
Andamento del Viral Load nel tempo
1.000.000
ML
100.000
VC
10.000
CL1
S
1.000
CL1
VC
GR
SG
100
S
10
2003
SG
VC
2004
S
CL1
S
VC
2005
ML
GR
SG
SG
SG
ML VC
GR
2006
Mutazioni in paziente con fallimento virologico
Mutazioni primarie
PROTEASI K20R, M36I, L63P, I93L
TRASCRIPTASI INVERSA T69I/T, A98S, K103N, V118I/V, T215F, P225H/P
Mutazioni secondarie
PROTEASI E35D, N37D, H69K, L89M
TRASCRIPTASI INVERSA K20R, S68G, D123E, I135T, K166R, G196E, Q207A, R211K,
F214L, A272P, K277R, K281K/R, T286P, I293V, E297R, A304E,
K311R, I329V
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Andamento dei linfociti CD4 nel tempo
900
850
800
750
700
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
ZM
VC
TG
SG
S
PA
PG
MS
AM
dato non viene confermato in un soggetto discordante oltre che in quello andato incontro a fallimento virologico.
Fino ad oggi nessuno dei pazienti trattati con terapia antiretrovirale contenente tenofovir ha dovuto
sospendere il trattamento per l’emergenza di eventi avversi: nessun paziente ha mostrato alterazione
dei classici parametri di funzionalità renale (azotemia, creatininemia, esame urine) anche se sono in
corso di elaborazione i dati riguardanti creatinina
clearance e volume di filtrazione glomerulare.
Più difficile risulta valutare le proprietà protettive
del tenofovir nei riguardi delle alterazioni metaboliche indotte da molti farmaci antiretrovirali:
infatti ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia di
grado variabile sono evidenti in 8 dei 18 pazienti
in studio (che sono costretti o ad un regime dietetico a basso contenuto di grassi o ad assumere fluvastatina o gemfibrozil a secondo dell’anomalia prevalente) e 3 dei pazienti che avevano “switchato” a
tenofovir per lipoatrofia del volto mantengono
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CL1
CL2
DA1
DG
DA2
FE
GR
ML
MN
inalterata la morfologia dello stesso.
Quando i risultati terapeutici vengono analizzati
suddividendo i pazienti naive da quelli experienced è ancora più evidente la differenza che intercorre tra l’uso di tenofovir in prima linea o in
quelle successive in termini di efficacia e tollerabilità. L’HIV-RNA viene reso undetectable nel 100%
dei pazienti naive rispetto al 72% degli experienced così come minore è l’incidenza di dislipidemia
nei primi; non si registrano, invece, differenze
significative tra i due gruppi sull’aumento dei linfociti CD4 e sul tasso di tossicità renale.
Naturalmente sull’insorgenza della dislipidemia
gioca un ruolo determinante il terzo farmaco laddove un ruolo protettivo degli NNRTI si contrappone a quello causale dei PI.
Un evento avverso insolito si è manifestato recentemente in un paziente trattato con
lopinavir/ritonavir, tenofovir e lamivudina: con
questi farmaci si è ottenuta una buona ricostitu-
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Differenza di risultato tra pazienti naive e pazienti experienced
N° pazienti
HIV RNA <50
Aumento CD4
Tossicità renale
Ipercolesterolemia
Ipertrigliceridemia
Altri eventi avversi
Pazienti naive
7
100%
+122
0%
14%
0%
Nessuno
zione immunologica (linfociti CD4 599) con
HIV-RNA plasmatico <50 copie/ml. Questo
paziente ha inaspettatamente presentato atassia,
disforia e disturbi visivi: è stato sottoposto a
rachicentesi con ricerca negativa su liquor, oltre
che su plasma, di materiale genetico relativo a
HIV, JCV, CMV e bacillo tubercolare. Sono stati
eseguiti esami sierologici specifici per Toxoplasma gondii e Criptococcus neoformans e RMN
encefalo con esito negativo. La particolarità di
questo caso clinico consiste nella difficoltà diagnostica (Leucoencefalite multifocale progressiva?) associata alla gravità della sintomatologia
neurologica in un soggetto che ha azzerato l’HIVRNA su plasma e liquor e ha aumentato la quota
di linfociti CD4 in modo tale da metterlo potenzialmente al riparo da eventi clinici così importanti.
Discussione
In conclusione si può affermare che, in questa
limitata casistica, i pazienti HIV-infetti che assu-
Pazienti experienced
11
72%
+109
0%
54%
45%
Atassia
Disturbi visivi
PML?
mono un regime antiretrovirale contenente tenofovir hanno raggiunto risultati soddisfacenti sul
piano virologico (tutti presentano HIV-RNA<400
copie/ml tranne uno e 15/18<50 copie/ml), tali da
non permettere di evidenziare la mutazione K65R
che conferisce resistenza a tenofovir.
Tutti i pazienti hanno mostrato un aumento dei
linfociti CD4 (mediana 222 cellule/mmc), in
assenza di segni e sintomi di tossicità renale.
Periodi di follow up più lunghi sono necessari per
valutare le caratteristiche di efficacia e tollerabilità
di tenofovir anche se, quanto emerso fino ad oggi,
consente di somministrare questo farmaco sia in
regimi di prima linea, in funzione TAM-sparing
che in quelli successivi.
La disponibilità, inoltre, di una formulazione che
contiene in una sola compressa il dosaggio ottimale di tenofovir ed emtricitabina ha semplificato
ulteriormente la terapia antiretrovirale tanto che la
stessa viene suggerita come prima scelta, nell’ambito del backbone nucleosidico, dalle linee-guida
nazionali ed internazionali.
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Esperienza clinica con Tenofovir
in pazienti pediatrici con infezione
da HIV a trasmissione materno fetale
Raffaella Rosso, Francesca Ginocchio, Ernestina Repetto, Claudio Viscoli
Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova, A.O.U. San Martino, Genova
Introduzione
L’infezione da HIV in età pediatrica è ormai riconosciuta come una malattia cronica dell’infanzia. Nonostante la patogenesi ed i principi generali immunologici e virologici sull’uso della terapia antiretrovirale siano simili per tutte le persone sieropositive, ci sono considerazioni epidemiologiche, biologiche e cliniche uniche che
riguardano il neonato, il bambino e l’adolescente e che lo differenziano dal paziente adulto.
Come nell’adulto, anche nel bambino, l’approccio terapeutico deve integrare la terapia specifica antiretrovirale con la profilassi ed il trattamento delle infezioni secondarie, deve calcolare
e valutare il miglior apporto nutrizionale e provvedere infine ad un adeguato supporto psicologico.
Per quanto concerne le novità in tema di antiretrovirali, nel bambino sono spesso limitate dalla
scarsità sia di studi di farmacocinetica che dalla
disponibilità di preparazioni di facile somministrazione (sciroppi, capsule masticabili o gocce)
e che pertanto creano problemi di aderenza. E
rimangono numerose e controverse le problematiche che riguardano la terapia: quando deve
essere intrapresa, con quali farmaci, come può
eventualmente essere semplificata e secondo
quali criteri, quali eventi avversi aspettarci: tutti
quesiti cui si è cercato di dar risposta con la formulazione di linee guida dedicate al trattamento del bambino (1,2).
Parallelamente a quanto avviene nel paziente
dell’adulto, è di grande attualità l’emergenza di
ceppi farmaco-resistenti e la gestione e/o prevenzione degli effetti collaterali, che si verificano nella maggior parte dei bambini in trattamento, molti dei quali stanno diventando adolescenti o giovani adulti; da queste due necessità
deriva la richiesta di regimi di salvataggio che
includano farmaci che abbiano un minimo
impatto nello sviluppare resistenze crociate agli
altri antiretrovirali e che siano ben tollerati.
Tra i nuovi farmaci, il tenofovir è il primo inibitore della transcriptasi inversa nucleotidico approvato per il trattamento dell’infezione da HIV (3).
Numerosi studi hanno dimostrato la sua sicurezza e efficacia sia nel paziente adulto naive che
experienced al trattamento antiretrovirale.
Attualmente non è approvato per i pazienti con
età inferiore ai 18 anni, essendo in commercio
solo la formulazione compressa da 300 mg, pertanto, contrariamente a quanto avviene nel
paziente adulto, non viene raccomandato nei
regimi di prima linea di terapia (1,2).
Tenofovir in età pediatrica ed adolescenziale
I primi dati pediatrici sono stati ottenuti da studi
su primati, dimostrando, oltre al suo favorevole
profilo di resistenza, i suoi benefici sia nella profilassi postesposizione sia nel modello di trasmissione materno-fetale (4,5).
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La sicurezza e l’efficacia di tenofovir è stata poi
valutata anche nella popolazione pediatrica
umana: tali dati sono tuttavia elaborati lentamente a causa principalmente delle preoccupazioni sui
suoi potenziali effetti sul metabolismo osseo. L’infanzia e l’adolescenza sono periodi critici di sviluppo osseo e l’inibizione della mineralizzazione
ossea potrebbe avere conseguenze potenzialmente
serie sia per possibili rischi di fatture patologiche
precoci sia per la crescita. Diversi studi hanno
mostrato una riduzione della densità minerale
ossea (BMD), indipendentemente dalla terapia
antiretrovirale in corso, sia tramite osteosonografia che soprattutto Dual energy X-ray Absorptiometry (DEXA) (6,7). Rimane però ad oggi sconosciuto se i bambini siano più sensibili ai potenziali
effetti sull’osso dell’infezione da HIV o più sensibili a farmaci che potrebbero produrre eventi
avversi sul metabolismo osseo, quali il tenofovir o
stavudina (8).
Hazra R, et al. hanno condotto uno studio di fase I
su 19 bambini e adolescenti pesantemente pretrattati e che necessitavano di una terapia di salvataggio; dopo una monoterapia di 6 giorni con
tenofovir, ciascun paziente aveva una terapia di
combinazione individualizzata ed ottimizzata contenente tenofovir. Da ciò è emerso che tenofovir,
nonostante determinasse, in un terzo dei pazienti,
una riduzione della BMD, era efficace nel mantenere la carica virale bassa e nell’ottenere una
buona risposta clinica (9).
Precedentemente un altro studio condotto invece
in 7 bambini, con simili caratteristiche cliniche,
non aveva mostrato alcun effetto sulla BMD (10). E
a riconferma di ciò, recentemente, è stato pubblicato un altro studio su una coorte di 16 pazienti, in
terapia stabile con stavudina + lamivudina + un
inibitore delle proteasi, con soppressione virale
persistente, che semplificavano la loro terapia a
tenofovir + lamivudina + efavirenz. Dopo 12 mesi,
62
tutti i pazienti rimanevano clinicamente stabili e
con carica virale persistentemente soppressa a <50
copie/mL, mentre la progressiva e fisiologica
mineralizzzazione ossea non risultava alterata (11).
Sono invece indiscussi i benefici del tenofovir, non
solo sull’efficacia immunovirologica, ma anche
sulla dislipidemia e sulla lipoatrofia, evidenti sia
nel paziente adulto che pediatrico (12,13). Mentre
sono in corso le valutazioni sui benefici a lungo
termine sulla tossicità mitocondriale del passaggio
a tenofovir, anche se ampiamente supportati da
quanto già emerso nel paziente adulto (14). Infine la
tossicità renale, dove il danno mitocondriale sembrerebbe un cofattore, in uno studio con almeno
96 settimane di follow-up, non è stata fino ad ora
segnalata nel paziente pediatrico (15).
Numerose evidenze cliniche hanno segnalato
come la malattia renale sia una possibile complicanza dell’infezione da HIV e l’incidenza nei bambini è stimata attorno al 2-5% (16). L’uso di tenofovir è associato a danno renale soprattutto in presenza di basso peso corporeo, patologie renali
preesistenti e concomitante assunzione farmaci
nefrotossici; ma, generalmente, il danno renale è
reversibile dopo la sospensione del tenofovir.
Il primo ed attualmente unico, caso pubblicato di
nefrotossicità da tenofovir nei bambini, riguarda
una bambina di 12 anni, afroamericana, con infezione da HIV a trasmissione materno-infantile in
buon compenso immunovirologico, che ha sviluppato diabete insipido nefrogenico, insufficienza
renale acuta e sindrome di Fanconi mentre era in
terapia antiretrovirale (HAART) comprendente
tenofovir + lopinavir/ritonavir + didanosina da
circa 1 anno. Sintomi d’esordio sono stati: astenia
generalizzata, vomito, addominalgie, nicturia,
polidipsia, calo ponderale di 4,5 kg negli ultimi 2
mesi, mucose ipoidratate e globi oculari infossati.
Erano inoltre segnalati i seguenti parametri: riduzione della clearance della creatinina delle 24 ore,
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proteinuria, ipercalciuria, ipofosfatemia iperfosfaturica e glicosuria; inoltre presentava acidosi tubulare renale, diabete insipido nefrogenico ed aminoaciduria generalizzata, tutto regredito dopo la
sospensione di tenofovir (17).
Pertanto, seppur al momento anedottica, anche
nei bambini il tenofovir ha mostrato avere un
potenziale profilo di nefrotossicità simile a quello
degli adulti, anche se poco diffuso. Ci sembra
quindi importante, nei bambini che assumono
tenofovir come parte della HAART, monitorare
regolarmente la funzionalità renale per eventualmente diagnosticare precocemente, una alterazione indotta da questo farmaco o da associazioni di
più antiretrovirali.
Ancora oggi, non vi è un accordo chiaro su quali
tests dovrebbero essere eseguiti per valutare e
monitorare nel tempo la funzionalità renale nei
bambini e negli adolescenti. Nel febbraio 2002, su
un supplemento speciale dell’American Journal of
Kidney Diseases, sono state pubblicate alcune linee
guida di pratica clinica per la definizione di malattia renale cronica e la valutazione di test di laboratorio per la diagnosi clinica di malattia renale nei
bambini e adolescenti (18). Inoltre nel 2005, sono
state pubblicate le prime linea guida sulla gestione
del paziente adulto e pediatrico con infezione da
HIV (16).
Nonostante la possibile sovrastima che si ottiene
con la diminuzione del tasso di filtrazione glomerulare (GFR), queste formule matematiche, provvedono un metodo molto più pratico per la stima
del GFR, rispetto alla raccolta delle urine delle 24
ore.
Quindi, basandoci sui dati della letteratura scientifica che, almeno nella popolazione adulta, sembrano correlare il rischio di sviluppare nefrotossicità
all’uso di tenofovir, abbiamo voluto valutare, tra i
nostri pazienti, bambini e adolescenti con infezione da HIV a trasmissione materno-fetale, che ave-
vano tenofovir nella terapia HAART, la funzionalità renale, calcolando in maniera non invasiva il
GFR, basandoci solo su parametri clinici e laboratoristici di routine.
Pazienti e metodi
I soggetti del nostro studio sono stati reclutati
dalla coorte di bambini ed adolescenti con infezione HIV a trasmissione materno-fetale, seguiti
presso la Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino, Università degli Studi di Genova.
Gli unici criteri di inclusione, utilizzati per inserire i pazienti nello studio, sono stati l’infezione da
HIV a trasmissione materno-fetale documentata e
l’assunzione di una HAART contenente tenofovir,
per almeno 6 mesi.
Al momento dell’arruolamento sono stati valutati
diversi parametri: il sesso, la razza, l’età, l’eventuale co-infezione con HCV o HBV, la durata totale di
esposizione a farmaci antiretrovirali, il tempo di
assunzione della HAART, definita come l’assunzione contemporanea di almeno 3 farmaci antiretrovirali ed il tempo di esposizione a tenofovir.
Inoltre, nell’ ambito del periodo di assunzione di
tenofovir, si sono segnalati i farmaci ad esso associati e gli eventuali cambi di terapia. Il tenofovir è
stato somministrato una volta al giorno, sulla base
del peso o della superficie corporea: 2-8 anni, 8
mg/kg; >8 anni, 210 mg/m2 (dose massima 300
mg/die).
A partire dalla data di inizio di assunzione di tenofovir (Tempo 0, T0), e successivamente ogni 6 mesi
(T6, T12, T18), per ogni paziente si sono rilevati
peso, altezza, BMI e stadiazione immunovirologica,
quest’ultima valutata in base al livello di linfociti T
CD4+ assoluti e percentuali e alla carica virale.
Per quanto riguarda la funzione renale sono stati
rilevati, sempre ogni 6 mesi: la creatinina, l’azote63
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mia sierica e l’esame urine. Infine si è calcolata la
clearance della creatinina attraverso il calcolo della
GFR, utilizzando tre diverse metodiche: per i
pazienti di età inferiore o uguale a 18 anni con due
differenti formule (Schwartz and Counahan-Barratt Methods) mentre per i soggetti oltre 18 anni, è
stata utilizzata la formula dell’ adulto (CockcroftGault Calculator) (Tabella 1) (19,20,21).
Risultati
Sulla base dei criteri d’inclusione, abbiamo
reclutato 17 pazienti, tra i 56 seguiti presso il
nostro centro clinico (Tabella 2). Tutti erano di
razza caucasica, tranne una paziente latinoamericana; due pazienti erano coinfetti con epatite
C ed uno con epatite B. Sei pazienti erano considerati multi-experienced, ossia avevano affettuato più di sei diverse combinazioni di farmaci
antiretrovirali. I pazienti presentavano una
durata mediana di esposizione alla HAART, pari
a 94 mesi, range 0-112 mesi. Quattro pazienti
assumevano il tenofovir insieme a due analoghi
nucleosidici della transcriptasi inversa (NRTI),
sei pazienti con un NRTI + un inibitore delle
proteasi (5 pazienti con lopinavir/ritonavir ed 1
paziente con atazanavir/ritonavir) ed i restanti
sette, con un NRTI + un analogo non nucleosidico della transcriptasi inversa (efavirenz). Per
tutto il periodo dello studio, tuttora in corso,
non sono stati segnalati effetti collaterali tali da
implicare una sospensione o una sostituzione di
uno o più farmaci della terapia antiretrovirale.
Dopo almeno 18 mesi di terapia contenete tenofovir (durata mediana 25 mesi, range 11-54),
abbiamo riscontrato un buon accrescimento
staturoponderale (peso mediano 54 kg, range
25,5-69,1; altezza mediana 164 cm, range 121174) ed un mantenimento o miglioramento
dello stato immunovirologico (linfociti T CD4+
assoluti (e percentuali) mediani 486 cellule/mm3
(29%), range 19-1604 (4-44%)). Nessun paziente ha presentato proteinuria o glicosuria. I valori di creatininemia (mediana 0,7, range 0,4-1,0)
e azotemia (mediana 13, range 8-18) si sono
mantenuti sempre nel range di normalità, come
anche i valori di GFR (valore mediano secondo
Shwartz 349 ml/min/1,73m, range 102-559;
valore mediano secondo Counahan 248
ml/min/1,73m, range 102-437), sulla base dei
valori di normalità di GFR corretti per età ed
illustrati in Tabella 3. Nessun paziente ha presentato un evento AIDS definente, nè malattia
renale cronica, secondo la classificazione riportata in Tabella 4.
Tab. 1 Stima del GFR nei pazienti pediatrici attraverso la creatinina sierica e l’altezza
Autore
Formula
Schwartz et al
CCr (ml/min/1,73 m2)=0,55 x altezza (cm)/ SCr (mg/dl)
Counahan et al
GFR (ml/min/1,73 m2)=0,43 x altezza (cm)/SCr (mg/dl)
Cockcroft e Gault
CCrCl (ml/min): F x [140 – età in anni] x IBW (kg)/ creatinina sierica (mmol/L)
• CCr= clearance creatinina; SCr= creatininemia
• Nell’equazione di Schwartz la costante nei bambini
di età < 1 anno è 0,45, negli adolescenti è 0,70
64
• IBW= peso corporeo ideale= peso attuale – 45,4 (femmine)
o 50 (maschi) + (0,906 per ciascun cm in più di 152,4 cm
d’altezza);
• F= 1,04 per femmine e 1,23 per maschi
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Tab. 2 Caratteristiche dei pazienti al Tempo 0*
Parametri
Valori mediani
(range)
Tab. 3 Valori di GFR normali, corretti per età
Età e sesso
GFR medio ± DS
(mL/min/1,73m2)
N° pazienti
17
1 settimana (maschi e femmine)
Maschi
10
2-8 settimane (maschi e femmine) 66 ± 25
Femmine
7
>8 settimane (maschi e femmine)
96 ± 22
Età, anni
16 (8-24)
2-12 anni (maschi e femmine)
133 ± 27
Peso, kg
51,5 (22,5-67)
13-21 anni (maschi)
140 ± 30
Altezza, cm
160,5 (114-171,5)
13-21 anni (femmine)
126 ± 22
Linfociti T CD4 assoluti, cell/mm3
761,5 (56-1559)
Linfociti T CD4 %
27,5 (11-45)
Carica virale, copie/mL
829 (<50-262.500)
Durata totale NRTI, mesi
146 (45-215)
Durata totale HAART, mesi
94 (0-112)
Creatinina, mg/dL
0,6 (0,3-0,9)
Azotemia, mg/dL
13 (8-26)
GFR (Shwartz)
332 (117-492)
GFR (Counhan)
254 (105-385)
41 ± 15
Conclusioni
C’è necessità di studi prospettici che valutino la
storia naturale delle malattie renali in corso di
infezione da HIV sia nel paziente adulto che pediatrico. Diverse manifestazioni di danno renale sono
state descritte nei pazienti con infezione da HIV,
trattati con tenofovir, incluso la sindrome di Fanconi, il diabete insipido e il danno renale acuto.
Attualmente la nostra coorte di pazienti con infezione da HIV a trasmissione materno-fetale, in
trattamento con HAART contenente tenofovir,
non mostra, a 18 mesi di trattamento, cambiamenti della funzionalità renale, in termine di creatini-
Tab. 4 Classificazione degli stadi di malattia renale cronica, valida per età superiori a 12 anni
Atteggiamento
GFR (mL/Min/1,73 m2)
Descrizione
Stadio
1
>= 90
Danno renale con GFR
normale o aumentato
Trattare le cause primitive
o le concause rallenta
la progressione a malattia
renale cronica ed il rischio
cardiovascolare
2
60-89
Danno renale con lieve
diminuzione del GFR
Stimare il tasso di
progressione a malattia
renale cronica
3
30-59
Moderata riduzione del GFR Valutare e trattare
le complicanze
4
15-29
Grave riduzione del GFR
Considerare una terapia
sostitutiva renale
5
<15 (o pz dializzato)
Insufficienza renale
Terapia renale sostitutiva
65
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
na, azotemia, esame urine e GFR.
Numerosi sono comunque i fattori da tenere in
considerazione quando si ci occupa di pazienti
pediatrici/adolescenti e che devono essere trattati
con antiretrovirali, potenzialmente nefrotossici: la
minore conoscenza degli eventi avversi da terapia
a breve e lungo termine ed il minor peso corporeo
che sappiamo correlare maggiormente con l’aumentato rischio di nefrotossicità. Inoltre, soprattutto nei pazienti con minor peso corporeo, i livelli di creatinina sierica sembramo essere un parametro non sufficiente per monitorare la funzionalità renale e pertanto attualmente si raccomanda di
calcolare sistematicamente anche la clearance della
creatinina.
Infine c’è un ampio range di tempo dalla alterazione della clearance alla comparsa dei sintomi, da
poche settimane ad anni; e pertanto non potendo
predire quando le complicazioni si svilupperanno,
è necessario che il clinico rimanga costantemente
vigile su tutte le possibili manifestazioni renali,
anche nel paziente pediatrico.
Contrariamente ad altri possibili eventi avversi, le
manifestazioni renali da tenofovir si possono dia-
gnosticare precocemente e si risolvono con la
sospensione del farmaco. Uno screening appropriato deve quindi essere introdotto nella pratica
clinica quotidiana al fine di interrompere, quando
necessario, il trattamento e minimizzare le complicanze, soprattutto in pazienti ad alto rischio di sviluppare malattia renale (es. pazienti afroamericani, CD4+ assoluti <200 cellule/mm3 o HIV-RNA
>4000 copie/mL, o quelli con co-infezione da
HCV, etc.).
Appare pertanto opportuno in tutti i pazienti,
inclusi quelli pediatrici, in trattamento con o senza
tenofovir, un attento monitoraggio biochimico
che includa non solo il monitoraggio della creatinina, della azotemia e dell’esame urine, ma anche
del lattato, dell’albumina e della fosforemia plasmatica. Trials clinici controllati, prospettici e randomizzati dovranno essere condotti al fine di
approndire le conoscenze sulla nefropatia HIVcorrelata ed in questo senso, fondamentali rimangono gli studi di farmacocinetica, sia nel paziente
adulto che pediatrico, al fine di definire il dosaggio
meno tossico degli antiretrovirali.
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Cosa fare se gli effetti collaterali ai farmaci
possono condizionare negativamente i pazienti
HIV positivi
Sergio Sabbatani
Unità Operativa di Malattie Infettive Policlinico S.Orsola-Malpighi. Bologna
Introduzione
Ottenere l’aderenza alla terapia antiretrovirale
costituisce un obbiettivo primario, specialmente
in soggetti portatori d’infezione HIV in cura da
diversi anni.
La comparsa di effetti collaterali iatrogeni è
un’evento relativamente frequente che può fiaccare la volontà di cura dei pazienti HIV positivi.
La complessità delle terapie costituisce un fattore con cui ci si deve confrontare in quanto il
numero di compresse da assumere quotidianamente ha indotto in diversi pazienti una scarsa
aderenza alle cure, con il possibile insorgere di
resistenze nel caso “i salti di terapia” superino il
10-15% delle assunzioni mensili.
La co-infezione HCV e/o HBV, con la sofferenza
epatica conseguente, è fattore importante da
considerare nella scelta oculata dei farmaci antiretrovirali.
La comparsa di resistenze di classe all’HIV, che
si possono instaurare anche dopo pochi anni di
terapia, è un’eventualità da prevedere, in quanto il concetto di sequenziazione è stato introdotto recentemente nella pratica clinica. Studi di
epidemiologia hanno infatti stimato che circa i
2/3 dei pazienti trattati ha sviluppato resistenza
agli antiretrovirali, e tali resistenze sono più frequenti per i farmaci NRTI, rispetto ai PI e ai
NNRTI. Il risparmio di opzioni terapeutiche per il
futuro costituisce oggi il problema emergente,
pertanto la scelta di farmaci con limitata resi-
stenza crociata, in particolare per la selezione
dei profili TAM 1 e 2, è una necessità strategica
specialmente nelle prime linee di terapia. Dal
momento che il virus HIV non è eradicabile, l’utilizzo intelligente dei farmaci dovrebbe essere
teso a preservare il numero maggiore di opzioni
terapeutiche per il futuro.
La possibilità di ricostruire, con lunghi follow
up, la storia delle terapie di pazienti selezionati
è un’ottima opportunità per valutare in quale
misura si è trasformato l’approccio alle cure con
antiretrovirali nel corso degli ultimi 20 anni.
Caso clinico
M.G., maschio di 48 anni, ex tossicodipendente,
risultato HIV positivo nel 1986. Diagnosi di AIDSpneumocistosi nel dicembre 1996, con associata
epatopatia cronica HCV relata.
A partire dal 1990 risulta essere stato in terapia con
AZT (1200mg.) Tale terapia fu protratta fino al
gennaio 1994 quando, a causa di una progressiva
anemia iatrogena, fu interrotta. Per due anni il
paziente non si sottopose a trattamenti con antiretrovirali aderendo a cure con prodotti omeopatici.
Nel settembre del 1996 riprese le terapie con DDI
a cui, dopo due mesi, fu associato ritonavir. Si registrò immediatamente un aumento delle amilasi
pancreatiche e dei trigliceridi, tali squilibri laboratoristici erano associati ad un quadro di neuropatia periferica agli arti inferiori. Al momento del69
daMa
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l’introduzione del DDI la carica HIV era pari a
88000 copie/ml. e i CD4+ erano 80/mmc (6%).
L’introduzione del PI determinò secondariamente
la comparsa di diarrea e nausea; con il tempo si
osservò la formazione di emorroidi e ragadi anali.
Nel corso del 1997 si registrò la crescita progressiva del dosaggio dei trigliceridi sierici (stabilmente
sopra i 500mg/dl), mentre i colesteroli HDL e
LDL, nonché la glicemia risultavano sempre nella
norma. Fu interpellato lo specialista per le malattie
metabololiche che prescrisse una dieta e l’utilizzo
di olio di pesce, ma il risultato fu modesto.
Nel 1997 il dosaggio della carica virale dimostrò
una significativa riduzione, persistendo però
intorno a valori medi di 3000 copie/ml, mentre i
CD4+ si attestavano intorno alle 100 cellule/mmc
(8%). Nel gennaio del 1998 il DDI veniva sospeso,
e sostituito con D4T, continuava l’alvo diarroico e
la nausea, ma si osservava una significativa riduzione dei trigliceridi ( valori medi nel primo semestre intorno ai 250 mg/dl). Durante l’anno ’98 i
valori medi trimestrali di CD4+ erano prossimi ai
150/mmc, mentre la carica virale si attestava sulle
2000 copie/ml. Nel mese di luglio veniva associata
lamivudina registrandosi però un incremento dei
trigliceridi (420mg/dl) e della bilirubina
(2.05mg/dl), si segnalava inoltre un peggioramento della diarrea oltre che l’evidenziazione di una
progressiva lipodistrofia. Nel primo semestre del
1999 i due controlli effettuati rivelavano carica
HIV sotto le 200 copie/ml e CD4+ intorno
190/mmc (11%).
Gli importanti effetti collaterali costringevano nel
settembre del 1999 ad una sostanziale modifica
della terapia con la sospensione della precedente e
l’introduzione di indinavir, AZT, HIVID. Questo
trattamento fu protratto per circa un anno, osservandosi un rapido e sostanziale miglioramento
dell’alvo e della nausea, una riduzione dei trigliceridi, mentre si registrava un ulteriore aumento
70
della bilirubina (3.19mg/dl), la carica virale risultava sempre al di sotto dei livelli di rilevazione,
mentre i CD4+ salivano al 12% e successivamente
al 16%.
Nel mese di luglio del 2000 la bilirubina totale raggiungeva i valori di 4.33mg/dl con la comparsa di
ittero, mentre l’acido urico si attestava su valori di
10.8mg/dl. Nonostante la buona risposta immuno-virologica al trattamento (CD4+ 21%, HIVRNA sotto le 200 copie/mmc), alla fine di agosto si
decise un cambio di terapia nella speranza di risolvere l’ittero. Pur lasciando AZT si sostituì indinavir e HIVID, associando 3TC e nevirapina.
Questo nuovo approccio terapeutico non fu fortunato in quanto si dovette sostituire (dopo sei
mesi), NVP con nelfinavir, perchè nel luglio del
2001 si era registrato un rapido incremento della
carica virale (91000 copie/ml), nonostante un ulteriore aumento dei CD4+ (187 pari al 24% del pool
totale). Con la sospensione della terapia si era
colto l’obbiettivo di risolvere l’ittero. La persistenza a due mesi della carica virale alta (83000
copie/ml) indirizzò verso la sospensione del 3TC
con ripresa del DDI. Immediatamente ricomparve la neuropatia periferica e si osservò un incremento dei trigliceridi.
L’introduzione del PI nelfinavir, a cui aveva seguito la rapida associazione del DDI determinò, già
nel novembre del 2001, una discesa della carica
virale ( 4500 copie/ml).
Nonostante gli effetti collaterali costanti nel corso
dell’anno 2002 la terapia con AZT, DDI e nelfinavir fu mantenuta con una buona aderenza da parte
del paziente, la viremia però rimaneva a valori
relativamente alti: intorno alle 5000 copie/ml,
mentre i CD4+ si aggiravano intorno ai 270/mmc.
A dicembre fu eseguito un test di resistenza che
dimostrò la comparsa di resistenza per tutti e tre i
farmaci, per tale motivo si decise nel gennaio del
2003, sulla base delle indicazioni emerse dal test, di
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
sospendere NFV e DDI sostituendoli con lamivudina (al test sensibile) e con LPV boosterato con
RTV.
Il paziente accusava già da alcuni mesi disturbi del
visus, con deficit dell’accomodazione, a cui si associarono nel mese di febbraio fosfeni, scotomi,
xerostomia, disfagia ed importante calo ponderale.
All’inizio del mese di marzo per l’accentuarsi di
tale sintomatologia fu ricoverato nel reparto di
malattie infettive ove gli esami dimostrarono uno
scompenso diabetico acuto (glucosio sopra 500
mg/dl) associato a glicosuria. Fu impostata una
terapia per il diabete con insulina e progressiva
introduzione di antidiabetici orali, tale trattamento fu procrastinato dopo la dimissione per più di
un anno, sebbene ai controlli ambulatoriali il
paziente riferisse saltuariamente episodi indicativi di ipoglicemia.
In seguito a questo scompenso diabetico già al
momento del ricovero era stata sospesa la TARV.
Questa scelta obbligata aveva determinato conseguentemente un importante incremento di HIVRNA (147000 copie/ml) con riduzione dei CD4+
(176/mmc).
Nel mese di giugno del 2003 si decise di riprendere la terapia con tenofovir e efavirenz, in quel
momento la glicemia era rientrata all’interno dei
valori di normalità e già in luglio si osservava una
discesa della carica virale (19000 copie/ml). Purtroppo però il paziente decideva autonomamente
di sospendere il trattamento dopo un periodo in
cui aveva denunciato una bassa aderenza. Tale scelta non aveva però impedito che continuasse a fare
i controlli di laboratorio e le visite.
Visto la progressione della discesa dei CD4+ dopo
dieci mesi decideva la ripresa delle cure, il trattamento veniva incrementato con il reinserimento di
nelfinavir. Nel periodo in cui l’aderenza era stata
bassa e poi dell’autosospensione i valori viremici
erano schizzati sopra le 200000 copie/ml, con un
picco di 400000 copie/ml nel dicembre del 2004.
Dopo la ripresa delle cure nell’aprile del 2005 la
carica virale scendeva immediatamente a 382
copie/ml e poi si stabilizzava sotto le 200 copie/ml
(figura n.1). Il successo terapeutico era collegato
all’associazione dei seguenti farmaci: tenofovir,
Fig. 1
1.000.000
<200
<40
10.000
1.000
100
10
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t-0
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1
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4
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4
HIV-RNA copie/ml
100.000
71
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Fig. 2
600
Valori Trigliceridi mg/dl
500
400
300
200
100
72
6
6
6
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se
lu
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5
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se
05
5
ag
-0
lu
g-
5
atazanavir/ritonavir (che aveva sostituito efavirenz), lamivudina, enfuvirtide (T-20). Grazie a
questo trattamento si è registrato un progressivo
incremento dei CD4+ già nel secondo semestre del
2005, che nel 2006, ai tre controlli trimestrali effettuati, hanno dimostrato sempre valori superiori a
250 cellule/mmc. Gli effetti collaterali si ridussero
considerevolmente, si osservò un miglioramento
della cenestesi, del peso, con la segnalazione solo di
un modesto disagio collegato ai ponfi secondari
alle iniezioni di enfuvirtide. Si registrò anche uno
stabile decremento dei valori dei trigliceridi rientrati all’interno dei valori di normalità (figura 2); il
diabete rimase stabilmente controllato mediante
un trattamento con antidiabetici orali e una dieta
ipoglicidica. Nel febbraio del 2006 lamivudina è
stata sostituita con emtricitabina. Tale sostituzione
ha consentito un trattamento once a day in associazione con tenofovir. Il monitoraggio mensile
della creatinina non ha mai dimostrato indicazioni di danno renale. Ai controlli clinici si è potuto
apprezzare un arresto della progressione della
lipodistrofia, mentre la neuropatia periferica,
segnalata stabilmente negli anni precedenti, risul-
m
ar
-0
m
4
04
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n05
no
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lu
g-
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m
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-0
4
m
ag
-0
4
0
tava migliorata sensibilmente.
Il trattamento con tenofovir era stato validato da
due tests di resistenza, effettuati rispettivamente
nell’aprile e nel dicembre del 2004, che dimostravano l’efficacia del farmaco. Questa efficacia era
stata confermata nei due esami anche per lamivudina. Per atazanavir il test del dicembre 2004 aveva
dimostrato una possibile resistenza, che avevamo
ritenuto superabile se il farmaco fosse strato somministrato boosterato con ritonavir. La scelta di
sostituire efavirenz era collegata ad una resistenza
documentata nei due tests del 2004.
All’ultimo controllo effettuato in ottobre 2006 il
paziente riferisce buone condizioni generali con
HIV-RNA sotto le 40 copie/ml, CD4+ pari al 15%
del pool di linfociti (n.t. 310).
Discussione e conclusioni
Il caso presentato dimostra quanto possano essere
complesse ed articolate le problematiche cliniche e
laboratoristiche riscontrabili nei pazienti HIV
positivi in trattamento con farmaci antiretrovirali
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
da molti anni.
Questo paziente ha accusato fin dall’inizio delle
cure effetti collaterali di notevole entità che lo
hanno esposto, tra l’altro, ad un notevole stress
psico-fisico, ma che, nonostante tutto, a distanza
di 20 anni dalla dimostrazione dell’avvenuta infezione ed a 16 dall’inizio delle terapie lo vedono
ancora disponibile a sottoporsi alle cure.
La prima terapia con zidovudina, somministrata
all’epoca ad alti dosaggi, fu interrotta a causa di
un’anemia importante che indusse nel paziente
per circa due anni, tra il 1994 e il 1996, un’atteggiamento di sfiducia tale da spingerlo verso cure
omeopatiche. Questo approccio rinunciatario fu
superato in quanto lo stato d’immunodeficienza si
era talmente consolidato da portarlo, nel corso del
1996, ad un ricovero in ambiente ospedaliero per
un episodio di pneumocistosi.
Nel quarto trimestre del ‘96, con l’avvento dei farmaci PI, riprese la TARV con DDI e ritonavir, ma
pressoché immediatamente comparvero gravi
effetti collaterali tipici della terapia con RTV, associati ad un significativo incremento di amilasi pancreatiche e trigliceridi, che costrinsero alla sospensione di DDI sostituito con D4T. Questo farmaco
costituì la causa dello sviluppo di una grave e progressiva lipodistrofia, ma garantì per la prima
volta, con il rinforzo di un terzo farmaco (lamivudina), la non dosabilità della carica HIV.
Il persistere dell’alvo diarroico associato a nausea,
con il quale il paziente aveva convissuto dall’inizio
della terapia con ritonavir, unitamente alle emorroidi che secondariamente si erano manifestate,
portò alla sua sostituzione con indinavir. Questa
scelta determinò un miglioramento dell’alvo, ma
provocò la comparsa di ittero e l’incremento dell’ac. urico.
Visto il nuovo effetto collaterale si tentò lo switch
verso nevirapina, nonostante il paziente fosse portatore di epatopatia cronica HCV relata con valori
però delle transaminasi normali. Il farmaco
NNRTI non procurò particolari problemi, ma la
rapida ripresa della replicazione virale indusse
l’esecuzione di un test che ne dimostrò la resistenza. Si decise di tornare a farmaci PI optando per un
farmaco, il nelfinavir, che poteva essere utilizzato
senza problemi in caso di epatopatia cronica.
Questo PI, unitamente a AZT e DDI, fu utilizzato
per 18 mesi, ma la rilevazione di una persistente
carica virale alta indusse la ripetizione del test di
resistenza che dimostrò la mancata efficacia sia del
DDI che del nelfinavir, costringendo alla loro
sostituzione con lamivudina e lopinavir/ritonavir.
La nuova terapia dovette essere sospesa a causa
dell’instaurarsi di un grave scompenso metabolico
con glicemia schizzata a valori superiori a 500
mg/dl e chetoacidosi grave che costrinse ad un
ricovero ospedaliero.
Il paziente, che si è sempre dimostrato notevolmente collaborativo, in seguito a quest’ultima
vicenda cominciò ad accusare una certa sfiducia
con un deterioramento sul piano psicologico, tanto
da ridurre significativamente il grado di aderenza
alla TARV e in seguito ad autosospendersi per 10
mesi i farmaci antiretrovirali. Ciò avvenne nonostante l’evidenza che dopo la dimissione, grazie alla
ripresa della terapia con tenofovir e efavirenz, si era
ottenuto un abbattimento della carica HIV, ma il
deterioramento psicologico in quella fase era particolarmente importante e questo risultato positivo
non era stato sufficiente a rimotivarlo.
L’ esecuzione del test di resistenza con la comparsa
della mutazione K103 aveva peraltro “bruciato”
anche efavirenz, pertanto le prospettive terapeutiche, con la dimostrata resistenza anche per la classe dei PI, con l’eccezione di atazanavir, si erano
ridotte significativamente tanto da contribuire a
scoraggiare il paziente. Questi tuttavia continuava
a fare trimestralmente gli esami mantenendo un
buon rapporto con i medici curanti.
73
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Il test eseguito nel dicembre del 2004 lasciava
comunque aperta una via di fuga, infatti non si
dimostrava resistenza oltre che per atazanavir
anche per lamivudina e per tenofovir. Si rinforzò il
counseling mirato ad aumentare il grado di motivazione, questa particolare attenzione sortì l’effetto di riavvicinarlo alle terapie. Quando furono
riprese le cure i risultati sul piano immuno-virologico furono immediatamente buoni e l’aderenza
alle cure si confermò alta. Con il nuovo piano terapeutico non si sono verificati gli effetti collaterali
registrati ripetutamente in precedenza (anemia,
diarrea, nausea), i trigliceridi sono rientrati all’interno dei valori di normalità, il diabete è stato controllato solo con la terapia orale e la dieta, inoltre è
scomparsa la neuropatia periferica.
La possibilità di praticare una terapia once a day
ha rinforzato la sua volontà di cura.
L’introduzione del farmaco inibitore di fusione T20 nel protocollo terapeutico ha ulteriormente
potenziato la terapia, e il disturbo correlato alla
somministrazione per la via iniettiva sottocutanea
non ha per ora demotivato il paziente.
Infine la sostituzione di lamivudina con emtriva,
associata a tenofovir in un’unica compressa, terapia once a day, ha permesso di ridurre ulteriormente il carico di compresse.
In conclusione il caso presentato è paradigmatico
in quanto nei 16 anni trascorsi dall’inizio della
cura ha attraversato, molte delle problematiche
collegate all’evolversi della terapia antiretrovirale.
L’attuale scelta terapeutica, costituita da farmaci
che presentano un modesto impatto da un punto
di vista metabolico, pur garantendo potenza è ben
accetta per la modalità di assunzione once a day
nella maggioranza dei farmaci utilizzati.
Da 17 mesi il paziente ha una carica virale non
74
rilevabile, con CD4+ in aumento costante fino
all’attuale numero di circa 300 cellule/mmc.
Per quanto riguarda l’utilizzo di tenofovir, farmaco TA-sparing, non sono stati registrati i danni
renali, collegati alla sofferenza a livello del tubulo
prossimale, descritti in alcuni casi.
Infine vorremmo sottolineare la scelta di avere
associato tenofovir a ATZ/RTV. Si è visto che tenofovir interagisce sinergicamente con questi PI oltre
che con lopinavir, e in questo caso le sue concentrazioni plasmatiche aumentano del 30-35%
incrementando, conseguentemente, la sua potenza
anti HIV. Il meccanismo suggerito sarebbe il
seguente: essendo tenofovir eliminato per il 7080% dal rene, si è ipotizzato che i citati PI, inibendo l’attività del carrier MRP2, coinvolto nel meccanismo di secrezione attivo del TDF a livello del
rene prossimale, consentirebbe un aumento di
concentrazione sierica del farmaco. Questa opzione terapeutica interessante deve essere comunque
ben monitorata con controlli della creatinina
(clearance) e fosfaturia per rilevare precocemente
una subentrante patologia renale.
Le terapie per l’infezione HIV indubbiamente
costituiscono un banco di prova importante per gli
infettivologi, le numerose opzioni terapeutiche che
sono oggi disponibili, unitamente alla possibilità
di eseguire test di resistenza, possono garantire,
anche in caso di gravi effetti collaterali, possibilità
di cura importanti. Perché ciò avvenga è però sempre determinante ottenere la collaborazione del
paziente, cosa non sempre facile ma, con una
buona comunicazione, è possibile motivare, anche
nei casi difficili come quello presentato, ottenendo
risultati che lasciano aperta una prospettiva di vita
a chi forse, alcuni anni fa, si sarebbe arreso.
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Bibliografia
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75
daMa
76
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Efficacia, tollerabilità, sicurezza
e maneggevolezza di tenofovir:
44 mesi di esperienza clinica
Salvatore Sollima
Dirigente Medico di I livello, Istituto di Malattie Infettive e Tropicali Università di Milano, Ospedale Luigi Sacco
Ormai da un decennio, l’avvento di nuovi farmaci
antiretrovirali da utilizzare in regimi di combinazione ha radicalmente cambiato la prognosi dell’infezione da HIV, riducendo drasticamente la
morbilità e la mortalità HIV-correlate. Tuttavia,
diversi di questi farmaci hanno mostrato dei limiti in termini di efficacia a lungo termine, tossicità
acuta e cronica, comodità di assunzione (numero
di pastiglie, frequenza di somministrazione, restrizioni dietetiche), interazioni farmacologiche, sviluppo di resistenza crociata. In questo scenario, la
disponibilità di tenofovir, prima come preparato
singolo (Viread®) e poi in combinazione a dose
fissa con emtricitabina (Truvada®), ha rappresentato un passo avanti nella risoluzione di queste
problematiche.
In base ai risultati di diversi studi clinici, molteplici linee guida per il trattamento dell’infezione da
HIV
raccomandano
la
combinazione
tenofovir/emtricitabina (TDF/FTC) come uno dei
backbone di scelta nei regimi terapeutici di prima
linea. In uno studio di confronto con stavudina e
in associazione con lamivudina ed efavirenz nei
pazienti naive, TDF è risultato ugualmente efficace
ma associato a un miglior profilo lipidico e a una
minor incidenza di lipodistrofia (1). Nello studio
Gilead 934, in associazione a efavirenz nei pazienti naive, TDF/FTC è risultato superiore a zidovudina/lamivudina in termini di soppressione virale,
recupero dei CD4, tollerabilità, impatto sull’assetto lipidico e incidenza di lipoatrofia; inoltre, nessun paziente ha sviluppato la mutazione K65R in
caso di fallimento virologico nè alterazioni della
funzionalità renale (2,3). Anche in associazione con
lopinavir/ritonavir nei pazienti naive, il backbone
TDF/FTC si è dimostrato efficace e sicuro (4). Infine, anche nei pazienti experienced con multiple
mutazioni di resistenza agli NRTI, TDF ha determinato una significativa riduzione della carica
virale (5). Per quanto riguarda la comparsa di tossicità renale in pazienti in trattamento con TDF, essa
sembra essere un evento raro e, nella maggior
parte dei casi, correlato alla presenza di fattori di
rischio quali una disfunzione renale preesistente o
una terapia concomitante con farmaci nefrotossici
(6-8)
.
Ho voluto riportare la mia esperienza con TDF
relativa a una popolazione di pazienti con infezione da HIV che seguo presso gli ambulatori di
malattie infettive dell’Ospedale L. Sacco. Dall’esame delle cartelle cliniche è emerso che, al 31 ottobre 2006, 101 pazienti risultavano in trattamento
con TDF. Di questi, 76 erano maschi e 25 femmine, con un’età mediana di 43 anni (range 25-76). Il
fattore di rischio per l’acquisizione dell’infezione
da HIV risultava essere la tossicodipendenza ev in
41 casi, l’omosessualità in 21, l’eterosessualità in 34
e altro o ignoto in 5. La durata mediana dell’infezione da HIV era di 144 mesi (range 12-276). In
base alla storia clinica, 21 pazienti risultavano
avere avuto una patologia indicativa di AIDS,
mentre, sulla base della positività per HbsAg nel
siero da almeno 6 mesi, 5 risultavano avere un’infezione cronica da HBV.
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daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 1 Caratteristiche dei pazienti
Caratteristiche
Pazienti N = 101
Sesso
Tab. 2 Farmaci associati a tenofovir
Farmaci
Pazienti N = 101
NRTI
M
76
Abacavir
5
F
25
Emtricitabina
73
Didanosina
17
Età (anni)
(Mediana)
(43)
Lamivudina
3
(Range)
(25-76)
Stavudina
3
Zidovudina
1
Fattore di rischio per HIV
Tossicodipendenza ev
41
Omosessualità
21
Efavirenz
56
Eterosessualità
34
Nevirapina
8
Altro
5
Atazanavir
2
Durata dell’infezione da HIV (mesi)
NNRTI
PI
(Mediana)
(144)
Atazanavir/ritonavir
20
(Range)
(12-276)
Fosamprenavir/ritonavir
1
Lopinavir/ritonavir
14
AIDS
No
80
Nelfinavir
1
SI
21
Saquinavir/ritonavir
1
HbsAg
No
96
Si
5
Ragione della terapia con TDF
N
9
F
28
S
28
A
36
Durata della terapia con TDF (mesi)
(Mediana)
(12)
(Range)
(1-44)
Interruzione di TDF
Fallimento virologico
3
Evento avverso
7
N = naive prima della terapia; S = semplificazione;
F = fallimento; A = altro.
78
NRTI = inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa;
NNRTI = inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa;
PI = inibitori della proteasi.
Le ragioni che avevano portato a instaurare una
terapia antiretrovirale con un backbone contenente TDF erano rappresentate dall’inizio di un trattamento nel paziente naive in 9 casi, dalla modificazione della terapia in presenza di fallimento
virologico in 28, dalla semplificazione terapeutica
in 28, dalla modificazione del regime attuale per
un motivo diverso dalla semplificazione (lipodistrofia, dislipidemia, tossicità in generale, compliance, interazioni farmacologiche, ripresa della
terapia dopo un periodo di interruzione) in 36. In
alcuni casi, a un fattore “primario” (lipodistrofia)
si associava un fattore “secondario” (semplificazione) nel determinare la scelta terapeutica. In pre-
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 3 Eventi avversi con interruzione di tenofovir
Pazienti N = 7
Eventi avversi
*In un paziente la diarrea si associava a colestasi.
trattamento con TDF era di 12 mesi (range 1-44).
Dieci pazienti avevano dovuto interrompere TDF
per fallimento virologico (3 casi) o eventi avversi
(7). Un paziente in fallimento virologico mostrava
la mutazione K65R. La diarrea rappresentava
l’evento avverso più frequente. I principali dati
demografici e terapeutici dei pazienti sono riportati nelle Tabelle 1 e 2, mentre gli eventi avversi
associati all’interruzione di TDF sono illustrati
nella Tabella 3.
senza di fallimento virologico la scelta della nuova
combinazione di farmaci era stata fatta sulla base
dei risultati dei test di resistenza genotipica in tutti
i casi tranne 3.
Le mutazioni di resistenza agli NRTI più frequenti, variamente associate fra loro, erano la M184V
(22 casi), la K70R (13), la T215Y/F (14), la
K219Q/E (12), la D67N (12), la M41L (9), la
L210W (3), mentre altre comparivano solo una
volta. Per quanto riguarda i regimi di terapia, la
combinazione più frequente risultava essere TDF
+ emtricitabina + efavirenz. La durata mediana del
Nei pazienti che hanno iniziato un regime di terapia comprendente TDF sono stati verificati i valori
di HIV-RNA e di CD4 al baseline e ai mesi 6, 12, 24
e 36, nonché l’andamento temporale della funzionalità renale attraverso la misurazione della creatinina sierica e del filtrato glomerulare (GFR). L’analisi di questi parametri è stata effettuata sul gruppo
di pazienti in trattamento ai diversi time point. Dei
101 pazienti che avevano iniziato TDF, quelli che
avevano raggiunto 6, 12, 24 e 36 mesi di trattamento, erano, rispettivamente, 86, 51, 30 e 11.
Rispetto al baseline, la carica virale mediana era
Diarrea*
3
Vomito
1
Nefrolitiasi
1
Malessere
1
Ipertransaminasemia
1
Fig. 1 Andamento temporale della conta mediana dei CD4
600
500
CD4/mL
400
300
200
100
0
0
6
12
24
36
mesi
79
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
diminuita da 80 copie/mL a un livello inferiore al
limite di rilevazione della metodica (<50 copie/ml,
b-DNA, Chiron Inc.) già al mese 6, mantendosi
tale (range 49-444) al mese 36. La conta mediana
dei CD4 era aumentata da 396 cellule/µL (range
53-927) al baseline a 503 cellule/µL (range 3091031) al mese 36 (Figura 1).
Per quanto riguarda la funzionalità renale, la creatinina sierica mediana risultava 0,8 mg/dL (0,51,4) al baseline, e tale si manteneva ai mesi 6, 12 e
24, aumentando a 0,9 mg/dL (0,6-1) al mese 36. Il
GFR mediano mostrava una modesta riduzione
dal baseline al mese 36, passando da 110 mL/min
(42-183) a 96 mL/min (51-126) quando calcolato
con la formula di Cokcroft-Gault (CG), e da 105
mL/min (59-164) a 97 mL/min (67-122) quando
calcolato con la formula MDRD (Figura 2).
Le variazioni di creatinina e GFR sono state analizzate statisticamente mediante il test non parametrico di Wilcoxon per campioni appaiati. Non è
emersa alcuna differenza significativa fra i valori
rilevati ai diversi time point rispetto al baseline.
Anche ripetendo l’analisi dopo stratificazione dei
pazienti per sesso e fasce d’età (20-40, 41-60, >61
anni) non sono state riscontrate variazioni statisticamente significative. Una stratificazione sulla
base dei farmaci antiretrovirali diversi da TDF non
è stata effettuata.
In conclusione, l’ampio uso di TDF nella pratica
clinica, sia nei pazienti naive che in quelli experienced, ha confermato i dati di efficacia, tollerabilità e sicurezza emersi dagli studi clinici. Inoltre,
la disponibilità di una combinazione a dose fissa
con FTC (e a breve anche con efavirenz) da assumere come unica compressa in monosomministrazione giornaliera rappresenta un mezzo efficace per favorire l’aderenza del paziente alla terapia
antiretrovirale e garantire così il successo terapeutico nel tempo. Infine, un’appropriata selezione dei
pazienti, la verifica della funzionalità renale al
baseline e il monitoraggio accurato della stessa,
dovrebbe ridurre al minimo il rischio di tossicità
renale, consentendo un uso sicuro e duraturo del
farmaco.
Fig. 2 Variazione del GFR mediano nell’arco di 36 mesi .
120
GFR (mL/min)
100
80
CG (mL/min)
MDRD (mL/min)
60
40
20
0
0
6
12
mesi
80
24
36
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
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82
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Il tenofovir nella terapia antiretrovirale:
osservazioni sulla possibile nefrotossicità
del farmaco
Pellicanò G, Santoro M, Lo Presti MR, Albanese A, Mondello P, D’Argenio L, Sturniolo G
Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive - Policlinico Universitario di Messina
Introduzione
La terapia antiretrovirale (TARV) al giorno d’oggi sostanzialmente si prefigge lo scopo di
interferire con due attività enzimatiche HIVspecifiche, la proteasi e la transcriptasi inversa; ciò attraverso l’impiego di farmaci specifici,
gli inibitori dell’attività proteasica di HIV (PI) e,
rispettivamente, i nucleosidici (NRTI) ed i nonnucleosidici (NNRTI) della transcriptasi inversa; in tempi più recenti l’inserimento del tenofovir disoproxil (TDF) ha segnato la nascita di
una nuova famiglia di antiretrovirali, quella
degli inibitori nucleotidici (NtRTI); solo in casi
selezionati e numericamente modesti è indicato interferire con la risistemazione strutturale
della gp41 di HIV mediante la somministrazione di enfuvirtide.
Il TDF, che attualmente rappresenta l’unico componente degli NtRTI, presenta caratteristiche
farmacologiche, che gli conferiscono la capacità
di svolgere la sua attività antivirale con maggiori prontezza ed efficienza rispetto ai NRTI(1) a
fronte della possibilità di essere somministrato
per via orale unum in die; inoltre, ricerche in
vitro, effettuate in un confronto con gli NRTI, ne
hanno dimostrato il modesto grado di tossicità(2). Tali caratteristiche ne hanno fatto sin dalla
sua prima introduzione negli Stati Uniti un farmaco di notevole interesse nella TARV(3). Tuttavia, dalle esperienze maturate nel corso dei
primi anni di impiego in terapia sono derivate
segnalazioni circa la possibile insorgenza della
forma acquisita della sindrome di Fanconi (aSF),
o, più genericamente, di danno renale di vario
grado(4-8) ed, episodicamente, nefrolitiasi, specie
dopo qualche tempo dall’avvio della TARV contenente TDF(9).
Pertanto, al fine di valutare l’eventuale presenza
di impegno renale, senza per questo perdere di
vista l’efficacia terapeutica del farmaco, abbiamo ritenuto di esaminare retrospettivamente la
nostra casistica di soggetti con infezione da HIV
che hanno praticato regimi di TARV contenenti
TDF.
Casistica
Tra tutti i pazienti che tra l’aprile 2004 e l’ottobre
2006 hanno praticato TARV contenente TDF per
almeno tre mesi, abbiamo selezionato i 26, 4 femmine e 22 maschi, in età compresa tra 25 e 58 anni
(mediana 42,5), che all’inizio della TARV contenente TDF non presentavano livelli di creatininemia (SCr) eccedenti i valori di riferimento della
metodica, di routine impiegata presso la nostra
Unità Operativa Complessa; 9 di essi erano naive,
mentre 17 avevano dovuto modificare le precedenti TARV per il verificarsi di effetti collaterali e/o
fallimento terapeutico (tab. 1).
Durante il periodo dello studio quattro pazienti
avevano presentato eventi morbosi di un qualche
rilievo per i quali erano stati sottoposti a tratta83
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
menti diversi dalla TARV (tab. 2); nessun altro ha
praticato terapie diverse dalla TARV eccezion fatta
per l’episodica autosomministrazione di FANS (in
prevalenza nimesulide).
Nell’ambito delle indagini cui di routine i pazienti
vengono sottoposti, ai fini del presente studio sono
stati presi in considerazione i rilievi quadrimestrali di: a) HIV- carica virale (VL); b) numero assoluto delle cellule CD4+ circolanti (CD4/ml); c) SCr
e clearance della creatinina endogena (ClSCr), quest’ultima calcolata secondo la formula di CockroftGault; d) fosfatemia (PO4). In tutti i casi l’ultima
determinazione dei test considerati è stata effettuata tra l’agosto e l’ottobre 2006.
La determinazione della carica virale, previa estrazione automatica (Nuclisens Extractor BioMerieux), è stata eseguita secondo il metodo
Nucleic Acid Sequenze Based Amplification
(NASBA); la quantità di RNA amplificato è stata
determinata
in
elettrochemiluminescenza
mediante Nuclesins Reader Bio-Merieux. In rapporto con la sensibilità del metodo impiegato per
la determinazione del VL, abbiamo definito con il
termine “undetectable” ogni reperto <40 copie/ml;
i rimanenti esami di laboratorio sono stati effettuati facendo ricorso a metodi di routine.
Risultati
In nessun caso è stato necessario sospendere TDF
per l’insorgere di effetti collaterali, per scarsa compliance da parte dei pazienti od altra causa e tutti
stavano ancora praticando i regimi terapeutici nei
singoli casi adottati all’inizio dell’osservazione.
I dati relativi all’andamento dei parametri di laboratorio considerati sono schematicamente riportati nei grafici 1-3.
A parte la risposta terapeutica riguardo a VL e
CD4+, che non rappresentava oggetto diretto del
84
Tab. 1
Pz. n.
TARV
1
FTC-TDF-EFV
2
3TC-TDF-LPV/r
3
FTC-TDF-EFV
4
FTC-TDF-ATV/r
5*
FTC-TDF-LPV/r
6*
FTC-TDF-EFV
7
3TC-TDF-LPV/r-ENF
8*
FTC-TDF-LPV/r
9
3TC-TDF-EFV
10*
FTC-TDF-LPV/r
11
FTC-TDF-NFV
12*
FTC-TDF-LPV/r
13
FTC-TDF-TPV/r-ENF
14
3TC-TDF-NVP
15
3TC-TDF-NVP
16*
3TC-TDF-LPV/r
17*
FTC-TDF-fAPV/r
18*
FTC-TDF-EFV
19
FTC-TDF-ATV-fAPV/r
20
3TC-TDF-LPV/r
21
3TC-TDF-EFV
22*
FTC-TDF-fAPV/r
23
FTC-TDF-fAPV/r
24
3TC-TDF-ATV/r
25
FTC-TDF-fAPV/r-ENF
26
3TC-TDF-NVP
3TC: lamivudina; TDF: tenofovir; FTC: emtricitabina;
EFV: efavirenz; NVP: nevirapina; NFV: nelfinavir;
LPV: lopinavir; fAMP: fosamprenavir; ATV: atazanavir;
TPV: tipranavir; r: ritonavir (booster); ENF: enfuvirtide
* naive
daMa
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Tab. 2 Valori di funzionalità renale al baseline e al termine del follow-up nei pazienti inclusi nello studio
Paz. n. Diagnosi
Terapia
2
CAP
sulbactam/ampicillina – g 1/g2 e.v. x 3/die per 8 giorni
+
azitromicina – mg 500 e.v./die per 3 giorni; quindi la medesima dose per os per 5 giorni
9
cistopielite da E. coli
levofloxacina – 500 mg per os/die per 5 giorni
20
CAP
sulbactam/ampicillina – g 1/g2 e.v. x 3/die per 8 giorni
+
azitromicina – mg 500 e.v./die per 3 giorni; quindi la medesima dose per os per 5 giorni
26
enterite acuta
reidratante
nostro studio, ma che ha comunque presentato
risultati positivi, l’andamento di SCr, ClSCr e PO4
si è mantenuto sostanzialmente stabile nel tempo e
non ha presentato alcuna variazione tra l’inizio e la
fine dell’osservazione.
Considerazioni e conclusioni
Come già ricordato nelle premesse, nella letteratura relativa al TDF esistono segnalazioni di effetti
collaterali di varia entità a carico del rene, che
vanno da modeste alterazioni, solo funzionali e del
tutto prive di possibili ripercussioni sul piano clinico, a gravi compromissioni, per lo più funzionali, del rene, tutte comunque riconducibili ad un
prevalente interessamento del tubulo prossimale
10-13 e che talora possono configurare il quadro
della aSF(4,5,14).
I meccanismi patogenetici dell’impegno renale da
TDF, peraltro comuni agli altri analoghi nucleotidici, sono già da tempo in gran parte noti e sembrano essere riconducibili all’interferenza con i
meccanismi attivi di escrezione tubulare del farmaco, mentre nessuna responsabilità in tal senso
sembra da ascrivere all’altra importante via di eliminazione del farmaco, la filtrazione tubulare. Tale
processo, considerato nella sua globalità, non può
che svolgersi in due fasi. In una prima fase ha
luogo la penetrazione della molecola nel milieu
intracellulare, certamente con un meccanismo
attivo mediato dall’intervento di un trasportatore
anionico (hOAT1), nei cui confronti TDF possiede
un’elevata affinità(15), con il quale con ogni probabilità coopera un secondo trasportatore, analogo al
precedente, hOAT3, che, sebbene caratterizzato da
minore affinità con il farmaco è espresso in quantità molto maggiore rispetto al precedente a livello
del polo vascolare delle cellule dell’epitelio del
tubulo prossimale del rene(16). Tuttavia, l’interferenza con i processi che regolano la penetrazione
intracellulare di TDF può ragionevolmente giustificare solo un accumulo sistemico del farmaco, ma
difficilmente è in grado di spiegare l’insorgenza di
un deficit escretorio da parte del tubulo prossimale, che, invece, è certamente attribuibile ad un
difetto dell’efflusso di TDF dal polo apicale verso il
lume tubulare(17); in questo senso, una ridotta efficienza di un secondo sistema di trasportatori, i
multidrug resistance-associated protein (MRP), ed,
in particolar modo, il tipo 4 piuttosto che il 218,
con cui potrebbe cooperare la glicoproteina P
(Pgp)(19) potrebbe spiegare adeguatamente il fenomeno.
Tuttavia, a fronte di tali presupposti teorici, nella
nostra casistica non è stato evidenziato alcun indi85
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
zio di interessamento del tubulo prossimale, né di
altre strutture dell’emuntorio renale.
Al riguardo è certamente da osservare che l’entità
della casistica è relativamente contenuta, ciò nono-
stante, il fatto trova una sua giustificazione già in
studi in vitro sui possibili effetti collaterali del farmaco: i già citati dati sperimentali di Cihlar et al.
inducono a ritenere che TDF sia scarsamente tos-
Grafico 1. Andamento nel tempo della media della risposta virologica
1.000.000
100.000
copie/ml
10.000
1.000
100
10
1
0
4
8
12
16
20
24
28
32
24
28
32
mesi
Grafico 2. Andamento nel tempo della media dei livelli di cellule CD4+ circolanti
700
600
CD4+/ml
500
400
300
200
100
1
0
4
8
12
16
mesi
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sico nei confronti di diversi tessuti umani e, tra
questi, l’epitelio del tubulo renale prossimale(2);
nella medesima direzione si pongono le ricerche di
Birkus et al. che dimostrano l’assenza di tossicità
mitocondriale da parte di TDF(20); infine, conclusioni sostanzialmente analoghe caratterizzano le
indagini sugli animali, effettuati dalla stessa Ditta
produttrice del farmaco, che hanno dimostrato
che TDF è in grado di indurre danni a carico del
rene solo in occasione dell’attuazione di schemi
posologici da 2 a 20 volte superiori rispetto a quelli impiegati nell’uomo(21).
Del resto, anche ricerche in vivo sembrano condurre ad analoghe conclusioni: in un follow up clinico, protrattosi per 144 settimane, Gallant et al. non
hanno riscontrato valori di SCr significativamente
differenti tra i pazienti naive che ricevevano TARV
contenente TDF rispetto a quelli che venivano
trattati con TARV contenente stavudina(3); analogamente, nessun segno di rilevante compromissione renale è stata segnalata in altri studi del mede-
simo tenore(22,23).
In questo contesto restano, comunque, da inquadrare le segnalazioni relative ai vari gradi di nefropatia oggettivamente documentate in corso di
TARV contenente TDF, nella cui patogenesi è stato
segnalato il possibile ruolo, quanto meno in qualità di concausa, di farmaci associati, o componenti
la TARV stessa.
Primo tra questi il ritonavir (RTV), che già da solo
presenta una potenziale nefrotossicità(24) e che in
associazione con il lopinavir (LPV) si è dimostrato
in grado di aumentare di circa il 34% l’area sotto la
curva di TDF(25); un ulteriore farmaco antiretrovirale, la didanosina (ddI), anch’esso potenzialmente nefrotossico(26), è stato chiamato in causa nell’insorgenza di grave acidosi e di insufficienza renale
in un paziente, allorché TDF è stato associato a ddI
nel contesto di una TARV(27).
A nostro avviso, però, la mera associazione tra
molecole diverse, anche se potenzialmente nefrotossiche non può essere invocata quale automatica
Grafico 3. Andamento nel tempo della media della fosfatemia (PO4), della creatininemia (SCr) e della clearance della
creatinina endogena (SCr)
1.000
P04
copie/ml
100
10
SCr
CISCr
1
0,1
0
32
mesi
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causa del danno renale, che pure occasionalmente
si verifica in pazienti che assumono TDF; se così
non fosse sarebbe ragionevole ritenere che, stante
la vasta diffusione di RTV quale booster di LPV e di
altri PI (nella nostra casistica il 50% dei pazienti
ricadevano in tale condizione - tab. 1), nefropatie
iatrogene sarebbero riscontrate in casi ben più
numerosi degli attuali.
Parimenti, non riteniamo che, nella medesima
direzione, la durata della somministrazione di
TDF possa presentare significativa rilevanza: nella
casistica di Peyriere et al i primi segni di interessamento renale si erano manifestati in un arco di
tempo estremamente variabile, compreso tra la 5a
e la 64a settimana di terapia(11).
È nostro convincimento che fattori diversi possano intervenire a modificare l’ottimale secrezione
tubulare di TDF e, di conseguenza, essere poten-
ziale causa di nefropatie TDF-correlate; ciò
potrebbe realizzarsi verosimilmente tramite l’interferenza con i sistemi di trasporto attivo che condizionano l’efflusso della molecola dal polo apicale, piuttosto che la sua penetrazione attraverso
quello basale, della cellula epiteliale del tubulo
renale prossimale.
In definitiva, sul piano pratico ed in accordo con
Winston e Shepp(28), riteniamo che TDF possa essere somministrato senza ragionevoli perplessità,
indipendentemente dalla TARV cui si ritiene di
associarlo; è, piuttosto, consigliabile che, al pari di
quanto si suole fare in numerosi altri regimi terapeutici ed al fine di attuare gli idonei aggiustamenti posologici, i routinari indici di funzionalità
renale vengano sottoposti a periodica verifica, in
particolar modo nei pazienti con nefropatie di
qualche significato.
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89
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90
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Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Alterazione della funzionalità renale
nei pazienti con infezione da HIV
Federica Tordato, Paola Cicconi, Andrea Gori, Roberto Ranieri,
Antonella d’Arminio Monforte
Dipartimento di Medicina Interna, Clinica di Malattie Infettive, A.O. “San Paolo”,
Università degli Studi di Milano
Introduzione
La malattia renale associata all’infezione da
HIV, rappresentava nell’epoca pre-HAART una
frequente causa di end stage renal disease
richiedente trattamento dialitico ed era associata a progressione ad AIDS e morte(1-2).
In seguito all’introduzione della HAART, si è
assistito ad una drammatica riduzione della
morbilità e della mortalità associate alla infezione da HIV-1(3-5) ed al miglioramento delle
nefropatie HIV correlate (HIVAN) (6). A fronte
dei benefici descritti tuttavia, l’aumentata
sopravvivenza dei pazienti con infezione da
HIV e la prolungata esposizione alla HAART
hanno promosso lo sviluppo di tossicità a
lungo termine quali diabete, iperlipidemie ed
ipertensione con conseguente sviluppo di
alterazioni vascolari e diminuita funzionalità
renale (7-10).
Inoltre, la crescente esposizione dei soggetti
HIV positivi ad un elevato numero di molecole antiretrovirali può essere associata allo
sviluppo di nefropatia da farmaci con caratteristiche specifiche per singola molecola.
È quindi necessario ridefinire le alterazioni
renali nei pazienti HIV positivi anche in
considerazione dei possibili cambiamenti
avvenuti dopo l’introduzione dei regimi
HAART, al fine di ottimizzare i trattamenti
antiretrovirali e prevenire lo sviluppo di
nuove complicanze.
Meccanismi patogenetici di danno renale nell’infezione da HIV
I meccanismi patogenetici di sviluppo di alterazione della funzionalità renale nella popolazione sieropositiva sono molteplici e possono essere correlati a meccanismi di danno diretto o indiretto dell’infezione da HIV.
Tali alterazioni sono difficilmente accertabili solo
sulla base delle manifestazioni cliniche e la biopsia
renale risulta infatti l’unico strumento disponibile
per la determinazione della patogenesi del danno.
Nefropatia HIV correlata (HIVAN)
La nefropatia HIV correlata (HIVAN) è una sindrome caratterizzata da glomerulosclerosi focale
associata a severa proteinuria, insufficienza renale
e rapida progressione a malattia renale di fase
avanzata (ERDS)(11). Nella popolazione HIV positiva tale sindrome, rappresenta una delle cause principali di ESRD.
Le manifestazioni cliniche di tale sindrome includono insufficienza renale avanzata e proteinuria
(che può raggiungere livelli > 3 g/die) (12). Malgrado il riscontro di tali reperti clinici sia indicativo la
biopsia renale è l’unico strumento utilizzabile per
una diagnosi di certezza. Le caratteristiche istologiche patognomoniche includono quadri di glomerulosclerosi focale e segmentale ed atrofia tubulare con dilatazione microcistica dei tubuli. La
patogenesi della HIVAN rimane sconosciuta ma
l’infezione virale delle cellule renali sembra avere
91
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
un importante ruolo nello sviluppo di tale sindrome. Nel 1989, Cohen et al. hanno infatti dimostrato la presenza di HIV-1 nelle cellule renali epiteliali attraverso ibridazione in situ di DNA(13).
Anche la produzione di citochine e fattori di crescita secondari all’infezione di HIV delle cellule renali e dei podociti ha un ruolo sicuramente fondamentale nella patogenesi del danno renale attraverso effetti sul ciclo vitale delle cellule renali ed attraverso effetti diretti sul ciclo vitale del virus(14-15).
A livello dei podociti, barriera finale per la perdita
di proteine, è stato dimostrato che la proteina virale nef, è in grado di alterare il fenotipo dei podociti maturi e di provocarne proliferazione e differenziazione.
HIVAN interessa tipicamente gli stadi più avanzati di infezione da HIV ed una grave immunocompromissione (CD4+<200 cell/mmc) ed alti livelli
di replicazione virale sembrano essere fattori di
rischio per il suo sviluppo.
In assenza di adeguato trattamento la prognosi di
HIVAN è infausta. Quando la diagnosi viene infatti posta negli stadi più avanzati di malattia, la progressione a ESRD avviene in pochi mesi. L’opzione
terapeutica più efficace per evitare la progressione
di tale evoluzione sembra essere l’utilizzo della
HAART(16-17).
Microangiopatia trombotica
Le microangiopatie trombotiche, sindrome emolitico uremica e porpora trombotica trombocitopenica, sembrano mediate da alcune proteine di HIV
che provocano disfunzioni dell’endotelio con conseguente deposizione di piastrine a livello vascolare. Sono stati documentati differenti meccanismi
quali la secrezione di citochine infiammatorie
come TNF-α ed IL-1β, responsabili di retrazione
delle cellule endoteliali, o apoptosi delle cellule
renali o ancora inibizione del fattore di von Willebrand. Il quadro clinico è rappresentato da sinto92
mi tra cui febbre, alterazioni neurologiche, trombocitopenia, anemia emolitica, insufficienza renale con ematuria, che si possono manifestare con
frequenza variabile. Non si riscontrano solitamente elevati livelli di proteinuria; questo fattore risulta utile per la diagnosi differenziale con HIVAN e
la glomerulonefrite immunomediata(18-21). Il trattamento consiste in infusioni di plasma, plasmaferesi con successo variabile da caso a caso. Sono stati
descritti trattamenti con glucocorticoidi, infusione
di immunoglobuline, vincristina, splenectomia
ma sono insufficienti i dati per una raccomandazione vera e propria di trattamento(22).
Glomerulonefrite da immunocomplessi
Studi bioptici ed autoptici hanno dimostrato una
prevalenza variabile fino all’80% di glomerulonefrite da immunocomplessi.
La glomerulonefrite da immunocomplessi HIVcorrelata è caratterizzata da diverse manifestazioni
cliniche: proliferativa, lupus-like e forme miste di
sclerosi e proliferazione. Sono stati inoltre segnalati casi di glomerulonefrite membranoproliferativa,
nefropatia membranosa, glomerulonefrite fibrillare ed immunoactoide, e glomerulonefrite postinfettiva.
Tuttavia, la glomerulonefrite da immunocomplessi può anche non essere strettamente correlata
all’infezione da HIV ma correlata ad infezioni
preesistenti quali epatite cronica B o C, o la risposta ad un processo infettivo in pazienti con disordini dell’immunità di tipo umorale.
La nefropatia da IgA è stata spesso segnalata nella
popolazione HIV positiva, con prevalenza maggiore nella popolazione Europea; riscontri autoptici hanno mostrato depositi mesangiali di IgA nel
7% dei pazienti HIV positivi.
In uno studio recente, è stata stimata una prevalenza del 17% di glomerulonefrite lupus-like,
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caratterizzata da depositi di immunoglobuline
(IgG, IgA ed IgM) e complemento (C3 eC1q). Sebbene non vi siano studi randomizzati che confermino l’utilizzo di tali terapie, sono stati osservati
buoni risultati nel trattamento con ACE inibitori,
glucocorticoidi, terapia antiretrovirale(23-27).
Ruolo della HAART: tossicità renale dei farmaci
antiretrovirali
Con il sempre maggior utilizzo nella pratica clinica di potenti regimi di terapia antiretrovirale di
combinazione (HAART), si è assistito ad una
drammatica riduzione della morbilità e della mortalità associate alla infezione da HIV-1. Tuttavia,
l’utilizzo prolungato di tali terapie ed il sempre
maggior numero di molecole disponibili, richiedono la necessità di un’attenta valutazione dei
potenziali effetti tossici renali.
I dati di letteratura mostrano come per alcune
molecole siano già stati descritti i meccanismi di
alterazione della funzionalità renale mentre come
per altre risultino segnalati solo singoli casi di alterazioni renali per cui il loro ruolo non risulta
ancora chiaro.
Inoltre l’utilizzo di tali terapie che, al momento
attuale, dovrebbero essere assunte per tutta la vita,
è spesso associato alla comparsa di complicanze
metaboliche, tra cui insulino-resistenza ed intolleranza al glucosio, dislipidemia, modificazione
nella redistribuzione del grasso corporeo, sindrome metabolica, acidosi lattica.
Tali fattori assumono rilevanza in quanto aumentano nella popolazione HIV-positiva la prevalenza
di diabete ed ipertensione, comorbidità di elevata
importanza in quanto responsabili di forme di
glomerulopatia e danno renale(50-54).
A seguito i principali meccanismi di danno renale
delle molecole antiretrovirali.
Inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa
(NtRTIs)
TENOFOVIR
Tenofovir è un analogo nucleotidico dell’adenosin-5-monofosfato, la cui eliminazione, analogamente ad adefovir e cidofovir, avviene per via
renale. Sebbene trials clinici randomizzati abbiano
dimostrato come tenofovir sia ben tollerato sono
stati segnalati casi di tossicità renale ed alcuni casi
di sindrome di Fanconi, caratterizzata da un difetto dei meccanismi di membrana a livello tubulare
con conseguente perdita di glucosio, fosfati, calcio,
acido urico, aminoacidi, bicarbonato e proteine
tubulari. Le biopsie renali hanno mostrato danno
tubulare e necrosi tubulare acuta in alcuni casi
senza alcun interessamento dei glomeruli. I fattori
di rischio per lo sviluppo di tale sindrome includono basso peso corporeo, funzionalità renale ridotta al basale, concomitante assunzione di farmaci
nefrotossici. Lo studio eseguito sui 10343 pazienti
inclusi nel programma di accesso allargato (EAP)
a tenofovir, ha mostrato come gli eventi di tossicità renale grave includevano insufficienza renale
acuta nello 0.3%, la sindrome di Fanconi nello
0.05% ed un rialzo della creatininemia nello 0.1%
a 4 anni di follow up(33-37).
La nefrotossicità da tenofovir sembrerebbe essere
causata da un alterato bilancio tra pompe di afflusso ed efflusso dei farmaci a livello delle cellule
renali che porterebbe ad un accumulo di tenofovir
all’interno delle cellule. L’afflusso di tenofovir
all’interno delle cellule renali è mediato dal trasportatore anionico renale 1 (OAT1). Le pompe di
efflusso responsabili dell’efflusso apicale di tenofovir nel tubulo prossimale non sono state ancora
identificate; tuttavia sulla base dei meccanismi di
trasporto di adefovir si pensa che l’efflusso sia
mediato dalla proteina della resistenza multifarmaco 4 (MRP4). Inoltre, poiché è stato dimostrato che ritonavir inibisce la proteina della resistenza
93
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
multifarmaco 2 (MRP2), è stato ipotizzato che
l’interazione di ritonavir con questa classe di trasportatori possa essere responsabile di un aumentato accumulo di tenofovir intracellulare e di
aumentata tossicità. Questa ipotesi viene supportata dal riscontro clinico di una maggiore incidenza di danno tubulare tenofovir-correlato in
pazienti che assumono regimi di salvataggio o
regimi contenenti ritonavir(38-40)
Inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa
(NRTIs)
La tossicità renale da NRTIs è meno frequente
rispetto a quella da NtRTIs. Sono stati osservati
due tipi differenti di danno.
Analogamente agli analoghi nucleotidici sono stati
segnalati casi di necrosi del tubulo prossimale in
pazienti in terapia con didanosina, lamivudina e
stavudina(41-42).
Inoltre in pazienti con acidosi lattica da danno
mitocondriale secondario a terapia con NRTIs
sono stati segnalati casi di insufficienza renale
acuta. Non è ancora chiaro se il meccanismo sia da
attribuire ad un meccanismo indiretto in pazienti
con insufficienza multiorgano o se sia il risultato
di un meccanismo citopatico mitocondriale a
livello renale.
Meccanismi di tossicità tubulare degli RTI: teoria
del danno mitocondriale
Gli inibitori (nucleosidici e nucleotidici) della trascrittasi inversa impediscono la replicazione di
HIV attraverso un meccanismo di inibizione della
retrotrascrittasi virale(42-45) La selettività di tali farmaci tuttavia non è assoluta: è infatti dimostrato il
meccanismo di inibizione della DNA polimerasi
delle cellule dell’ospite e del DNA nucleare e mitocondriale. La DNA polimerasi α implicata nella
replicazione del DNA mitocondriale (mtDNA)
viene bloccata dagli RTIs, con conseguenti delezio94
ni a livello del mtDNA e deficit secondari degli
enzimi codificati dallo stesso implicati nei meccanismi di respirazione mitocondriale. Il conseguente danno a livello della fosforilazione ossidativa
mitocondriale produce deficit in produzione di
energia (ATP), accumulo di lipidi intracellulare, e
produzione di lattato per respirazione anaerobica.
Teorie recenti vorrebbero attribuire la tossicità
tubulare a meccanismi di citopatia mitocondriale
RTIs correlata a livello renale ed alcune evidenze
sembrano sostenere questa ipotesi sebbene non
siano attualmente disponibili trias controllati.
Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa
Efavirenz e nevirapina hanno dimostrato un profilo renale sicuro a livello renale in casi clinici controllati. Un singolo caso di tossicità renale da efavirenz è stato segnalato in un quadro di ipersensibilità in associazione con polmonite, epatite e
nefrite interstiziale con remissione completa dopo
sospensione(46).
Inibitori delle proteasi
Tra i farmaci appartenenti a questa classe, ritonavir, saquinavir, nelfinavir, atazanavir hanno dimostrato un buon profilo di tossicità a livello renale in
studi clinici controllati; sono tuttavia stati segnalati singoli casi di danno renale associato a tali farmaci(47-50).
INDINAVIR
Indinavir è stato spesso associato a danno renale
con quadri clinici comprendenti nefrolitiasi, cristalleria, disuria, necrosi papillare ed insufficienza
renale acuta.(51) La formazione di calcoli può avvenire a livello di ogni struttura renale e delle vie urinarie; risultano fattori di rischio per il loro sviluppo pH urinario >6, bassa massa corporea, alte concentrazioni di indinavir, condizioni climatiche
quali climi caldi, concomitante trattamento con
farmaci quali trimetoprim-sulfametossazolo o aci-
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
clovir. Il booster di ritonavir sembra aumentare la
tossicità da indinavir. La maggior parte delle manifestazioni cliniche che si riscontrano in corso di
indinavir si risolvono a breve dopo la sospensione
del farmaco anche se sono stati segnalati casi di
danni irreversibili.
Inibitori della fusione
Enfuvirtide non è stato associato a tossicità renale.
Negli studi TORO 1 e 2 è stato segnalato 1 solo
caso di glomerulonefrite membranoproliferativa
in un paziente diabetico.(52)
Valutazione della funzionalità renale nei pazienti HIV positivi
Nel paziente HIV positivo la funzionalità renale
dovrebbe essere indagata fin dall’inizio della diagnosi di sieropositività.
Il solo dato della creatininemia, tuttavia risulta
essere inadeguato in tale popolazione; infatti la
creatininemia non è un buon predittore della fun-
zione renale nei soggetti con bassa massa muscolare (es. donne, pazienti anziani, pazienti con basso
peso corporeo a causa di cachessia ed epatopatie).
Equazioni che aggiustino per surrogati della massa
muscolare come età, sesso, razza e peso, risultano
quindi più adeguate. Le equazioni più utilizzate
per tale scopo sono l’equazione di Cockroft-Gault
che calcola la clearance della creatinina e la MDRD
semplificata che calcola il filtrato glomerulare
(fig.1). Sebbene entrambe le equazioni vengano
utilizzate per la valutazione della funzionalità
renale, sembra che la formula MDRD semplificata
sia più accurata(53-55).
Nella popolazione HIV positiva, non esistono
attualmente equazioni validate. Nel 2005, la Società Americana di Malattie Infettive ha steso delle
linee guida per il management del paziente HIV
positivo con danno renale cronico; in tale documento vengono date delle raccomandazioni anche
sullo screening iniziale del paziente sieropositivo(56).
In tutti i pazienti, al riscontro di sieropositività per
HIV, dovrebbero essere valutati il filtrato glomeru-
Fig. 1. Formule di Cockoft-Gault ed MDRD
Cockroft-Gault
[140-età (anni)] x peso (kg) [x 0.85 se sesso femminile]
CrCl (mL/min) =
72 x creatininemia (mg/dL)
MDRD
GFR (mL/min/1.73m2) = 186 x [creatininemia (mg/dL)]-1.154
x [età (anni)]-0.203
x [0.742 se donna]
x [1.212 se razza nera]
95
daMa
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lare e la proteinuria. In caso di valori alterati i
pazienti dovrebbero eseguire un’ecografia renale
ed una valutazione nefrologica. La biopsia renale
dovrebbe essere considerata in casi selezionati.
Inoltre, in coloro che devono iniziare un regime
antiretrovirale i dosaggi dei farmaci dovrebbero
essere aggiustati (soprattutto nel caso di GFR<60).
Nei pazienti che non presentano alterazioni deve
essere previsto un follow up per una rivalutazione
nel tempo, soprattutto in coloro che hanno fattori
di rischio per lo sviluppo di danno renale. I fattori
di rischio per danno renale includono l’appartenere ad etnia Afro-Americana, il diabete, l’ipertensione, la coinfezione con virus C, CD4+<200
cell/mmc, HIV-RNA>4000 cp/mmc.
Nei pazienti ipertesi, il farmaco di prima scelta
dovrebbe essere l’ACE-inibitore. Infine i pazienti
Tab. 1 Caratteristiche della popolazione
41 (37-46)
Età mediana (range)
Sesso M
72% (n=227)
FR eterosex
64% (n=202)
HCV+
42% (n=133)
Comorbidità
Diabete
2% (n=6)
Ipertensione
2% (n=6)
cART
77% (n=243)
Naive
7% (n=22)
Sospensione terapeutica
16% (n=51)
che assumono farmaci con noto effetto nefrotossico, come tenofovir ed indinavir, dovrebbero essere
monitorati strettamente per un riscontro precoce
di danno renale al fine di prevenire la progressione.
Fig. 2 Filtrato glomerulare
Stadio C3 (9 pz)
Stadio A2 (5 pz)
Stadio A3 (4 pz)
Stadio C2 (2 pz)
Stadio B2 (2 pz)
Stadio B3 (7 pz)
96
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Valutazione delle alterazioni del filtrato glomerulare in una coorte di 316 pazienti HIV positivi
Abbiamo intrapreso uno studio osservazionale,
trasversale per valutare la prevalenza di alterazioni
della funzionalità renale nei soggetti HIV positivi
seguiti presso la Clinica di Malattie Infettive e Tropicali dell’Ospedale San Paolo di Milano. Abbiamo
finora arruolato 316 pazienti; per tutti sono state
valutate le seguenti variabili: caratteristiche demografiche, cART in atto, situazione immunovirologica, comorbidità per malattia renale (diabete,
ipertensione arteriosa), coinfezione con HCV,
stima del filtrato glomerulare (GFR). GFR è stato
calcolato tramite l’equazione MDRD utilizzando il
primo valore di creatinina disponibile dal 1 gennaio 2006. Sono stati esclusi i pazienti con malattia
renale in fase avanzata e/o in dialisi.
Dei 316 pazienti inclusi, il 72% erano uomini, l’età
mediana era di 41 anni (range 37-46). Il 42% risultava HCVAb+. Il 64% dei pazienti aveva acquisito
l’infezione per via eterosessuale.
I pazienti in cART erano 243 (77%). I pazienti
naive per cART erano 22 (7%) mentre quelli in
sospensione terapeutica per qualsiasi ragione 51
(16%). (Tabella1)
I pazienti con filtrato glomerulare normale
(FG≥90 mL/min per 1,73 m2) erano 243 (77%)
mentre quelli con filtrato glomerulare alterato
(GFR<90 mL/min per 1,73 m2) erano 73 (23%);
tra i pazienti con filtrato glomerulare alterato, 66
(90%) avevano un’alterazione lieve del filtrato glomerulare (compreso tra 60 ed 89 mL/min per 1,73
m2) e 7 (10%) un’alterazione di grado moderato
severo (filtrato glomerulare tra <60 mL/min per
1,73 m2) (Figura 2).
Dei pazienti in cART, 57/243 (23%) avevano un
filtrato glomerulare alterato. I pazienti che assumevano un regime antiretrovirale comprendente
TDF erano 90 ed il 31.1% (n=28) di essi aveva
GFR<90 mL/min per 1,73 m2); tra i pazienti che
assumevano un regime non comprendente TDF
(n=153), il 18.9% (n=29) aveva GFR alterato.
Confrontando i due gruppi di pazienti, cART con
TDF (G1) vs cART senza TDF (G2), abbiamo
osservato in G1 un più basso nadir di CD4+ (129
cell/mmc, IQR 50-255 vs. 173 cell/mmc, IQR 60300; p=0.05) ed una più lunga esposizione alla
cART. (78 mesi vs 62 mesi; p=0.06). I due gruppi
sono risultati omogenei per sesso, età, mediana di
CD4+ e picco di VL.
Tra i pazienti naive (n=22) e tra i pazienti in
sospensione(n=51), GFR risultava alterato rispettivamente nel 27.7% (n=6) e nel 19.9% (n=10).
Abbiamo poi valutato con una analisi di regressione logistica multivariata i fattori predittivi di
GFR<90 mL/min per 1,73 m2 (Tabella 2) ed abbiamo osservato che un’età più avanzata, il sesso femminile e la presenza di comorbidità quali diabete
ed ipertensione risultano predittivi di sviluppo di
alterazione di GFR. Abbiamo inoltre osservato che
i soggetti esposti a regimi antiretrovirali contenenti TDF ed i soggetti naive risultano avere un maggior rischio di GFR alterato rispetto ai soggetti in
terapia con regimi privi di TDF.
Conclusioni
Dall’analisi dei dati di letteratura emerge che le
alterazioni renali nella popolazione HIV positiva
sono note fin dall’inizio dell’epidemia. L’introduzione di regimi antiretrovirali potenti ha modificato in modo radicale la storia naturale dell’infezione da HIV, introducendo tuttavia nuove problematiche quali lo sviluppo di tossicità a breve e a
lungo termine. L’esposizione a molecole nefrotossiche e l’aumentata prevalenza di comorbidità
quali diabete ed ipertensione nei pazienti HIV
positivi necessitano di essere valutate nella pratica
97
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 2 Fattori predittivi di GFR<90 mL/min per 1,73 m2
VARIABILI
RH
95% CI
p
SESSO
0.07
maschi
1
femmine
2.590
1.29-5.18
1.940
1.40-2.67
ETA’ (ogni 10 anni in più)
<.0001
COMORBIDITA’(diabete, ipertensione)
0.03
no
1
si
3.166
1.06-9.40
0.55
NADIR CD4+ (ogni 100 cell/mmc in più)
0.938
0.76-1.15
0.55
PICCO HIV-RNA (ogni log in più)
1.145
0.73-1.79
cART non contenente TDF
1
cART contenente TDF
2.342
1.17-4.66
0.01
STIs
1.264
0.43-3.64
0.66
naïve
4.064
1.11-14.81
0.03
clinica quotidiana.
Nella nostra casistica è stata osservata un’alterazione del GFR nel 23% dei soggetti. Questo dato
indica la necessità di un attento follow up dei
pazienti con tale alterazione e necessita di essere approfondito con valutazione di altri parametri quali la proteinuria. Inoltre il significato
di un’alterazione del GFR e l’evoluzione nel
tempo di tale alterazione necessitano di essere
maggiormente approfondite nella popolazione
HIV positiva.
L’infezione da HIV per se come già noto si conferma essere anche nella nostra casistica un fattore di
rischio per lo sviluppo delle alterazioni della funzione renale. Per quanto riguarda il ruolo della
cART, i regimi contenenti TDF sembrano incidere
maggiormente degli altri sulla perdita di GFR sebbene sia necessario precisare che la casistica analizzata è numericamente esigua pertanto tali osservazioni risultano preliminari e necessitano approfondimenti.
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daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Fattori predittivi di efficacia virologica
in regimi antiretrovirali contenenti tenofovir
Patrizia Marconi, Patrizia Lorenzini, Irene Borrelli, Sandro Bonfigli,
Silvia Mosti, Maria Paola Trotta, Rosa Acinapura, Pietro Sette,
Giuseppina Liuzzi, Adriana Ammassari, Mauro Zaccarelli, Andrea Antinori
Dipartimento Clinico, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani, IRCCS, Roma
Introduzione
Gli analoghi nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI) costituiscono il nucleo principale
(backbone) della terapia antiretrovirale potente
(HAART) nel trattamento dell’infezione causata
dal virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV).
La disponibilità di sempre nuovi farmaci NRTI ha
consentito la possibilità di creare combinazioni
terapeutiche differenti caratterizzate da maggiore potenza e tollerabilità.
Il tenofovir disoproxil fumarato, profarmaco del
tenofovir (TDF), è un analogo dell’adenina 5’monofosfato; è attivo sia sul virus HIV che sul virus dell’epatite B (HBV). È il primo analogo nucleotidico
inibitore della trascrittasi inversa utilizzato come
parte dei regimi antiretrovirali. Questo NRTI è caratterizzato da un buon profilo farmacocinetico: la
prolungata emivita plasmatica e intracellulare consente la monosomministrazione giornaliera di una
unica compressa con dosaggio pari a 300 mg; va
assunto per via orale indipendentemente dai pasti.
Inoltre, la molecola ha scarse interazioni farmacocinetiche in quanto non interferisce con il sistema
enzimatico del citocromo p450 (1).
Dal punto di vista farmacodinamico, il TDF agisce nei confronti dei virus HIV-1 e HIV-2, sia sul
virus selvaggio (“wild type”) che sui ceppi virali
con parziale resistenza agli NRTI.
La sua efficacia nel ridurre la carica virale si è
dimostrata tuttavia differente se si considerano i
pazienti che non hanno mai effettuato terapia
antiretrovirale oppure quelli precedentemente
esposti a trattamento: infatti mentre nel primo
caso la somministrazione di tenofovir comporta
una riduzione del valore di HIV-RNA pari a 1,5-1,6
log10 cp/ml, nel secondo la riduzione media a 24
settimane è di circa 0,6 log10 HIV-RNA cp/ml (2-3).
Sulla base dei dati della letteratura, le linee
guida del Department of Health and Human Services (DHHS) collocano l’utilizzo del tenofovir
(in associazione con emtricitabina o lamividiina)
tra le opzioni preferenziali nella scelta di NRTI
che costituiscano un regime HAART nei pazienti
in prima linea di trattamento (4).
All’interno di trial clinici, il tenofovir ha dimostrato di
determinare un’efficacia virologica sia nei pazienti
naïve alla terapia antiretrovirale che in quelli già sottoposti a trattamento (“experienced”) (3, 5-6).
L’impatto nella pratica clinica dei farmaci antiretrovirali e dei regimi terapeutici da essi costituiti si discosta spesso dai risultati osservati nell’ambito dei trial clinici in quanto gli stessi farmaci vengono somministrati a una popolazione
non selezionata di pazienti, che potrebbe avere
differenti parametri viro-immunologiche iniziali,
diversi comportamenti di aderenza e una differente capacità di mantenimento dello schema
terapeutico a lungo termine.
Sulla base di queste considerazioni, l’obiettivo
del lavoro di seguito presentato era quello di
valutare l’esperienza con il tenofovir in un setting clinico, con particolare attenzione alla sua
efficacia virologica.
101
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Materiali e metodi
In questo studio prospettico osservazionale, sono
stati considerati tutti i pazienti con infezione da
HIV che iniziavano un regime di terapia antiretrovirale presso il III Day Hospital del Dipartimento
Clinico dell’Istituto Nazionale della Malattie Infettive, IRCCS, “Lazzaro Spallanzani”. Per poter essere inseriti nell’analisi i pazienti dovevano soddisfare i seguenti criteri di inclusione: iniziare un trattamento antiretrovirale che comprendeva tenofovir, sia nella prima che nelle successive linee terapeutiche; iniziare il regime contenente tenofovir
per motivi differenti dalla semplificazione o tossicità ai precedenti regimi antiretrovirali; presenza
di una carica virale rilevabile (definita da un valore di HIV-RNA plasmatico superiore a 50 cp/ml)
all’inizio della terapia con tenofovir; disponibilità
di almeno un valore virologico nel follow-up.
L’inizio dello schema con tenofovir costituiva il
punto iniziale (baseline) di osservazione dello studio; i pazienti venivano seguiti fino all’interruzione del farmaco, per qualsiasi causa, oppure fino
alla data di ultimo follow-up laboratoristico. Dalle
cartelle cliniche sono state ricavati i seguenti dati
clinici e laboratoristici: variabili demografiche,
epidemiologiche e cliniche, storia del trattamento
antiretrovirale. Sono stati inoltre registrati tutti i
valori di carica virale e della conta dei linfociti
CD4 durante l’intero periodo di osservazione.
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi sulla
base dell’esposizione alla pregressa terapia antiretrovirale: A) pazienti che iniziavano tenofovir nella
prima linea di terapia antiretrovirale (pazienti
naive); B) pazienti che inserivano il tenofovir in
successive linee terapeutiche (pazienti experienced).
La risposta virologica è stata definita come il raggiungimento di un valore di carica virale inferiore
a 50 cp/ml durante il periodo dello studio, confer102
mato da un prelievo successivo. L’analisi è stata
condotta secondo un criterio “on treatment”, considerando il raggiungimento di tale end-point
virologico solo se ottenuto durante la effettiva
somministrazione di tenofovir. Sono state calcolate le probabilità di riposta sia per la totalità dei
pazienti che per i due gruppi differenti. Sono stati
inoltre individuati i fattori predittivi di risposta
virologica in analisi univariata e multivariata.
Per quanto riguarda l’analisi statistica è stato effettuato il confronto delle caratteristiche demografiche, viro-immunologiche e relative alla terapia
ARV assunta con TDF tra il gruppo dei pazienti
naive ed experienced. È stato utilizzato il test statistico chi-quadrato di Pearson per le variabili categoriche e il test di Mann Whitney per le variabili
continue.
Nei due gruppi di pazienti la probabilità di risposta virologica è stata stimata con il metodo di
Kaplan Meier e confrontata con il test del log-rank.
Al fine di individuare i fattori predittivi di risposta
virologica è stato utilizzato il modello di regressione di Cox
Risultati
In questo studio complessivamente 365 pazienti
presentavano le caratteristiche di inclusione e sono
stati pertanto considerati validi per l’analisi.
Dal punto di vista demografico ed epidemiologico
i pazienti erano nella maggior parte dei casi di
sesso maschile (68,5%) e avevano una età mediana
di 41 anni (IQR 37-46); i fattori di rischio per l’infezione da HIV erano costituiti in prevalenza da
tossicodipendenza (38,6%) e rapporti eterosessuali (31%). Al baseline un terzo dei pazienti presentava una diagnosi di AIDS; la stadiazione viroimmunologica mostrava un valore mediano di linfociti CD4 di 279 cell/mmc (IQR 151-452) e quel-
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 1 Caratteristiche demografiche e clinico-laboratoristiche di tutti i pazienti inseriti nello studio
e dei due sottogruppi (naive ed experienced)
p
Caratteristiche dei pazienti (N=365)
Tutti i pazienti
Experienced (N=294) Naive (N=71)
Sesso maschile
250 (68.5)
201 (68.4)
49 (69.0)
n.s.
Età mediana, (IQR)
41 (37-46)
41 (37-46)
41 (35-44)
n.s.
tossicodipendenza
141 (38.6)
127 (43.2)
14 (19.7)
0.001
omosessualità
57 (15.6)
44 (15.0)
13 (18.3)
eterosessualità
113 (31.0)
88 (29.9)
25 (35.2)
altro/ignoto
54 (14.8)
35 (11.9)
19 (26.8)
Precedente evento AIDS
126 (34.5)
106 (36.1)
20 (28.2)
n.s.
CD4 cell/mmc basali, mediana (IQR)
279 (151-452)
295 (166-492)
208 (84-300)
<0.001
Log HIV-RNA copie/ml basali,
mediana (IQR)
4.41 (3.19-4.99)
4.15 (2.95-4.92)
4.92 (4.15-5.30)
<0.001
Fattore di rischio
lo della carica virale pari a 4,41 log copie/ml (IQR
3,19-4,99).
Le principali caratteristiche dei pazienti al basale
sono riportate in Tabella 1. I due gruppi si differenziavano in modo statisticamente significativo
con riferimento al fattore di rischio tossicodipendenza (maggiormente rappresentato nel gruppo
degli experienced). Al basale, inoltre, il gruppo dei
pazienti experienced presentava, rispetto a quelli
naive, un più elevato valore mediano della conta
dei linfociti CD4 (295 versus 208 cell/mmc) e una
minore carica virale (4,15 versus 4,92 log10 cp/ml)
(p<0,001 per i confronti di entrambe le variabili).
Con riferimento alla storia terapeutica pregressa, i
294 pazienti che iniziavano il tenofovir in linee
terapeutiche successive alla prima, in particolare,
erano già stati esposti a un numero mediano di 5
schemi terapeutici (IQR 3-7) e di 66 mesi di terapia antiretrovirale (IQR 38-93); questa era costituita da terapia antiretrovirale altamente potente
(HAART) durante 51 mesi (IQR 30-71).
I due gruppi di trattamento si differenziavano in
modo significativo per la tipologia di regime anti-
retrovirale assunto con il tenofovir. Nel gruppo
experienced il regime terapeutico nella maggior
parte dei casi (70,4%) si basava sull’utilizzo di un
inibitore della proteasi (PI), che era costituito prevalentemente da lopinavir/ritonavir (LPV/r)
(38,8%) oppure atazanavir/ritonavir (ATV/r)
(18,7%); il 20% circa dei pazienti era in un regime
basato sugli analoghi non nucleosidici (NNRTI) e
il 2% un’associazione di NNRTI e PI. La maggior
parte dei soggetti naive iniziava un regime terapeutico basato sugli NNRTI (59,2%) con utilizzo
di efavirenz (EFV) nella totalità dei casi. Un regime terapeutico con soli farmaci NRTI si riscontrava nel 7,8% e 4,2% dei casi, rispettivamente per i
due gruppi in studio. Il tipo di farmaci effettuati in
associazione al tenofovir nel regime terapeutico al
baseline è descritto nella Tabella 2.
La durata del follow up era di 381 anni-persona; i
pazienti sono stati osservati per una mediana di 10
mesi (IQR 4-20). Nel gruppo degli experienced
complessivamente 84 pazienti (28,6%) hanno
interrotto il tenofovir per le seguenti principali
motivazioni: intolleranza (23 pazienti), fallimento
103
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
virologico (22), scelta del paziente (19) e tossicità
(16); altre cause minori di interruzione erano
costituite da evento clinico, interruzione strutturata della terapia, gravidanza e semplificazione. Il
22,5% dei pazienti naive interrompeva il regime
con tenofovir per tossicità (4 pazienti), evento clinico (4), intolleranza (3), fallimento virologico (3)
e scelta del paziente (2).
Tab. 2 Farmaci associati al TDF nel regime antiretrovirale al baseline relativamente ai due gruppi in studio.
Pazienti naive N=71
Pazienti Experienced N=294
PI
207 (70,4)
26 (36,6)
NNRTI
58 (19,7)
42 (59,2)
NNRTI+PI
6 (2,0)
-
NRTI
23 (7,8)
3 (4,2)
3 (1,0)
5 (7.0)
AZT
3 (1,0)
-
DDI
42 (14,3)
-
D4T
20 (6,8)
1 (1.4)
3TC
163 (55,4)
49 (69,1)
ABV
2 (0,7)
-
FTC
29 (9,9)
14 (19,7)
32 (10,9)
2 (2,8)
EFV
48 (16,3)
42 (59,2)
NVP
14 (4,8)
-
TMC 125
2 (0,7)
-
IDV/r
3 (1,0)
-
NFV
13 (4,4)
-
SQV/r
3 (1,0)
-
APV/r
3 (1,0)
-
LPV/r
114 (38,8)
23
TPV/r
4 (1,4)
-
ATV/r
55 (18,7)
1
APV/r
12 (4,1)
2
3 (1,0)
-
NRTI somministrato con TDF
0 NRTI
1 NRTI
≥2 NRTI
NNRTI somministrati con TDF
PI somministrati con TDF
T20
104
PI= inibitori della proteasi;
NNRTI=inibitori non
nucleosidici della
trascrittasi inversa;
NRTI= inibitori
nucleosidici della
trascrittasi inversa;
AZT= zidovudina;
DDI=didanosina;
D4T=stavudina;
3TC=epivir;
ABV=abacavir;
FTC=emtricitabina;
EFV=efavirenz;
NVP=nevirapina;
r=ritonavir somministrato
come booster;
IDV= indinavir;
NFV=nelfinavir;
SQV=saquinavir;
APV=amprenavir;
LPV/r=lopinavir;
TPV =tipranavir;
ATV =atazanavir;
fAPV=fos-amprenavir
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Fig. 1 Probabilità di successo virologico durante trattamento con TDF nel gruppo di pazienti experienced e nel gruppo
dei naive.
Probabilità di risposta virologica
1,0
,8
,6
,4
,2
0,0
0
10
20
30
40
Mesi dall’inizio di TDF
117 pazienti nel gruppo experienced e 18 nel gruppo naive modificavano lo schema terapeutico
basale senza però interrompere il tenofovir.
La probabilità di risposta virologica a un anno,
relativa all’intera popolazione in studio, stimata
con il metodo di Kaplan Meier era pari a 68%. Il
73% dei naive e il 46% dei pazienti experienced
raggiungevano l’endpoint virologico a 6 mesi; a un
anno la probabilità di risposta aumentava a 94% e
62%, rispettivamente per i due gruppi (P al log
rank <0,001) (Figura 1).
All’analisi univariata, la probabilità di raggiungere
il successo virologico nei pazienti naive era il doppio di quella del gruppo di confronto (HR: 2,09;
IC 95%: 1,49-2,92; p <0,0001).
All’analisi univariata, sono stati analizzati i fattori
predittivi di risposta virologica considerando le
variabili demografiche e cliniche, i parametri viroimmunologici e l’esposizione farmacologia.
Nel gruppo dei pazienti experienced la probabilità
di risposta era aumentata nei soggetti di sesso femminile (HR 1,45; p = 0,027) e ridotta in quelli con
pregressa diagnosi di AIDS (HR 0,66; p = 0,017).
Considerando i parametri viro-immunologici al
basale, alti valori di carica virale si associavano
significativamente a una ridotta probabilità di
risposta virologica (HR 0,75 per ogni incremento
di carica virale pari a 1 logaritmo; p<0,001); al
contrario il valore della conta dei CD4 costituiva
un fattore protettivo (HR 1,08 per ogni incremento di 100 cellule/mmc; P=0,018).
Anche la precedente storia terapeutica influenzava
il successo virologico: in particolare, il numero dei
regimi antiretrovirali precedenti, l’esposizione a
lopinavir/ritonavir e la durata di questa esposizione costituivano fattori che contribuivano a una
riduzione di risposta. Dall’altro lato, la risposta
virologica era fortemente aumentata dall’introduzione nello schema in associazione con il tenofovir
di alcuni farmaci che il paziente non aveva effettuato in precedenza, quali atazanavir (HR 1,65; p =
0,002) e lamivudina (3TC) (HR 2,5; p = 0,019)
(Tabella 3). Non è stata riscontrata alcuna correlazione significativa tra risposta virologica e le
105
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
Tab. 3 Fattori correlati con la risposta virologica nei pazienti experienced (analisi univariata e multivariata)
HR aggiustato 95% CI
Pazienti experienced N=294
p
p
95% CI
HR crudo
Sesso femminile
1,45
1,04-2,02
0,027
1,24
0,87-1,77
n.s.
Precedente diagnosi di AIDS
0,66
(0,47-0,93)
0,017
0,82
0,57-1,18
n.s.
Log HIV-RNA copie/ml
0,75
(0,66-0-85)
<0,001
0,75
0,65-0,87
<0,001
CD4 cell/mmc
1,08
(1,01-1,15)
0,018
0,99
0,92-1,07
n.s.
Numero di pregressi regimi ARV
0,93
(0,88-0,98)
0,007
0,96
0,91-1,02
n.s.
Mesi di esposizione a LPV
0,98
(0,97-0,99)
0,009
0,99
0,97-1,00
n.s.
ATV inserito come nuovo farmaco
1,65
(1,20-2,26)
0,002
1,73
1,24-2,40
0,001
3TC inserito come nuovo farmaco
2,50
(1,17-5,38)
0,019
2,20
1,00-4,84
n.s.
(per un incremento cellulare pari a 100)
seguenti variabili: età, fattore di rischio, mesi di
esposizione a regimi antiretrovirali e regimi
HAART precedenti, mesi di pregressa esposizione
ai singoli farmaci antiretrovirali diversi dal lopinavir, tipologia del farmaco associato a tenofovir
diverso da atazanavir, numero di cambi di farmaci
associati al tenofovir, classe farmacologia associata
agli NRTI nel regime contenente TDF (PI, NNRT,
PI+NNRTI).
All’analisi multivariata, al crescere del logaritmo
della carica virale si riduceva la probabilità di
risposta virologica (AHR 0,75; IC 95% 0,65-0.87;
p<0,001), mentre la presenza di atazanavir nello
schema terapeutico con tenofovir, in assenza di
precedente esposizione al farmaco, era associata ad
una aumentata probabilità di risposta virologica.
Nei pazienti naive la risposta virologica era
aumentata nel sesso femminile (HR 1,78; IC 95%
0,95-3,33; p=0,073) e veniva ridotta dal cambio
dei farmaci associati al tenofovir (HR 0,42; IC 95%
0,20-0,88; p=0,022).
Discussione
L’efficacia dei regimi contenenti tenofovir sia nei
pazienti naive che experienced al trattamento antiretrovirale è supportata dai dati della letteratura.
106
Nello Studio 903, randomizzato in doppio cieco,
l’efficacia di TDF veniva confrontata con quella
della stavudina (d4T), entrambi associati a 3TC ed
efavirenz (EFV) in pazienti naive; i risultati dello
studio evidenziavano la sovrapponibilità di efficacia dei due trattamenti in termini di raggiungimento di HIV-RNA < 400 cp/ml (76% vs 72%) o <50
copie/ml (rispettivamente 73% vs 69%) a 144 settimane di trattamento. Sebbene al basale nel 4,3%
dei casi si riscontrassero mutazioni di resistenza
primaria nei confronti di NRTI, la risposta virologica veniva mantenuta anche in loro presenza (5).
In un trial a campione aperto che confrontava due
differenti associazioni farmacologiche, tenofoviremtricitabina versus zidovudina-lamivudina, quali
“backbone” di regimi HAART contenenti efavirenz (EFV), effettuato in pazienti naïve alla terapia
antiretrovirale veniva dimostrata la superiorità
della prima associazione farmacologica. A 96 settimane, il successo virologico (definito come il
riscontro di livelli plasmatici di HIV-RNA <400
copie/ml) si evidenziava nel 75% dei casi nel braccio TDF + FTC + EFV e nel 62% di quelli trattati
con ZDV + 3TC + EFV (P = 0,004; IC 95% CI:
4%- 21%). Se si considerava il valore soglia di 50
cp/ml per la definizione di risposta virologica, la
frequenza di risposta era pari a 67% e 61%, rispet-
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
tivamente per le due associazioni (P= 0,16; IC 95%
CI: 22%-15%) (6).
Nella casistica di pazienti da noi analizzata, il 73%
e il 94% dei pazienti naive raggiungevano
l’endpoint virologico rispettivamente a 6 mesi e a
12 mesi. Tale dato appare il linea con quanto verificato in studi controllati, suggerendo una elevata
efficacia degli schemi contenenti tenofovir anche
nella pratica clinica corrente in pazienti non selezionati.
L’efficacia di tenofovir è stata indagata anche nella
popolazione di pazienti precedentemente esposti a
molteplici regimi antiretrovirali, in fallimento
virologico. Nello studio di Fase II GS-98-902, veniva valutata l’aggiunta di differenti dosaggi di TDF
(75 mg, 150 mg e 300 mg) a un regime antiretrovirale stabile in pazienti con soppressione virologica subottimale. L’aggiunta di TDF determinava,
rispetto al placebo, una riduzione statisticamente
significativa del valore di carica virale sia a 4 che a
8 settimane. A 4 settimane tale riduzione era pari a
0,02 nel gruppo di trattamento con placebo e pari
a -0,22 (p<0,008), -0,44 (p<0,001) e -0,62
(p<0,001) log10 copie/ml, rispettivamente per i
gruppi trattati con placebo e con TDF ai dosaggi di
75 mg, 150 mg e 300 mg; tale dato veniva confermato a 8 settimane in cui si osservavano le seguenti variazioni di carica virale: +0,02, -0,26
(P=0,013), -0,34 (P=0,002) e -0,58 (p<0,001) log10
copie/ml, rispettivamente per i quattro gruppi di
trattamento (3).
La resistenza del virus HIV agli NRTI della generazione precedente è stata osservata sia in vivo che in
vitro. Dalle analisi in vitro è emerso che il tenofovir sembra efficace nei confronti di un’ampia
gamma di ceppi NRTI- resistenti, compresi quelli
con alcune mutazioni TAM (D67N + K70R +
T215Y), con quelle indotte da didanosina (L74V)
oppure zalcitabina (T69D) (7).
Gli studi 902 e 907, hanno mostrato che tenofovir
costituisce una opzione terapeutica utile per
pazienti che hanno già sperimentato molteplici
schemi terapeutici e che non hanno raggiunto una
soppressione virologica durante l’ultimo regime;
in questo gruppo di pazienti l’utilizzo di tenofovir
si associa a una soppressione virologica a lungo
termine (8).
TDF può essere inoltre utilizzato nei regimi terapeutici di salvataggio in pazienti precedentemente
esposti a NRTI; la sua associazione con analoghi
timidinici, quali il d4T, si è dimostrata associata a
una risposta virologica favorevole (9).
Nei pazienti experienced in fallimento analizzati
nell’ambito del nostro studio, il successo virologico a un anno veniva raggiunto nel 62% dei casi,
confermando la efficacia anche nei regimi di salvataggio. Tra i fattori predittivi di risposta sfavorevole si riscontravano il numero di regimi antiretrovirali precedenti, l’esposizione precedente a lopinavir/ritonavir e la durata di questa esposizione,
parametri che individuano una popolazione di
pazienti che ha già sperimentato molteplici schemi
antiretrovirali a più elevato rischio di fallimento.
Al contrario l’introduzione nel regime terapeutico
di farmaci mai effettuati in precedenza costituisce
un fattore protettivo, soprattutto se si tratta di farmaci potenti.
Nel nostro studio l’introduzione di atazanavir
come nuovo farmaco migliorava la risposta. Gli
studi in letteratura hanno dimostrato che la concomitante somministrazione di tenofovir con atazanavir riduce l’esposizione ad atazanavir del 25%
(10)
. Tuttavia, nel nostro studio i pazienti che effettuavano atazanavir utilizzavano un dosaggio pari a
300 mg/die in associazione con il booster di ritonavir.
I fattori predittivi di migliore risposta all’introduzione di un nuovo schema terapeutico nei pazienti experienced, individuati nell’ambito di studi clinici, sono molteplici e comprendono un basso
107
daMa
Volume I • Numero I • Gennaio 2007
valore di carica virale al momento del cambio terapeutico, l’utilizzo di una nuova classe farmacologica e di un inibitore delle proteasi con booster di
ritonavir (11-12). Non è stato possibile indagare l’effetto dell’introduzione di una classe farmacologica
totalmente nuova, quale quella degli inibitori della
fusione, a causa dell’esiguo numero di pazienti
trattati.
La complessità dei regimi successivi al fallimento
dipende dal grado di mancata soppressione virologica, dalla storia terapeutica precedente e dalla
valutazione del paziente. Le linee-guida sulla terapia antiretrovirale consigliano nella gestione dei
regimi terapeutici al fallimento di aggiungere due
o più farmaci antiretrovirali pienamente attivi;
non andrebbe aggiunto un solo farmaco nuovo, in
quanto facilita l’insorgenza di resistenze e potrebbe esserci una resistenza crociata all’interno delle
varie classi farmacologiche. Tuttavia nelle condizioni di elevato rischio di progressione, anche l’aggiunta di un nuovo farmaco con un background
ottimizzato potrebbe tradursi in un vantaggio clinico in quanto la potenza farmacologica potrebbe
essere più rilevante del numero di farmaci prescritti (4).
Questo lavoro presenta le limitazioni proprie degli
studi osservazionali in cui potrebbero intervenire
molteplici fattori di confusione. Il periodo di
osservazione inoltre non è stato sufficientemente
lungo da poter valutare la persistenza nel tempo
dell’efficacia dell’introduzione di tenofovir o
l’eventuale risposta tardiva in alcuni pazienti experienced. Non sono stati inoltre presi in considerazione i dati dell’analisi genotipica per cui non è
stato valutato l’effetto predittivo di singole mutazioni sui fallimenti.
Conclusioni
Nella gestione della terapia antiretrovirale nei
pazienti con infezione da HIV è di cruciale importanza la possibilità di disporre di regimi terapeutici potenti, tollerabili e con facilità di assunzione, ai
fini del conseguimento di una efficacia virologica a
lungo termine. All’interno di tali regimi il tenofovir costituisce una valida opzione terapeutica per
la costruzione di un backbone efficace, sia nei trattamenti di prima linea e di switch terapeutico in
pazienti soppressi sotto trattamento con analoghi
timidinici, che nei pazienti experienced all’interno
di schemi di salvataggio
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