Cultura - Gagliano Castelferrato

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Cultura - Gagliano Castelferrato
LUNEDÌ 24 GENNAIO 2011
LA SICILIA
.11
Cultura
SCAFFALE/2
SCAFFALE/2
Ascoltare la dimensione spirituale
Berlino rasa al suolo dopo la guerra
Una mentalità diffusa che reclama l’individualistico appagamento delle pulsioni
del momento, induce a svincolare l’agire umano da ogni considerazione di
carattere etico, a dimenticare la dualità immanente del bene e del male e a
credere che nulla esiste oltre a ciò che si tocca con mano e atteggiamento
concupiscente. Ma l’altra dimensione, quella spirituale, continua a inviare dei
segnali. Segnali che può cogliere chi ha il coraggio di fermarsi qualche attimo
durante convulse giornate costellate di impegni, di voci sguaiate di cattivi maestri
che fanno del potere e dell’edonismo la loro bandiera.
Allora, nel segno dell’accoglienza, della comprensione e dell’amore sarà possibile
dare alla dimensione spirituale il ruolo che essa non smetterà mai di rivendicare. È
l’invito rivolto al lettore da Emanuela Ghini, in "Cantico" (ed. Marietti), raccolta di
brevi considerazioni, semplici e colte, pubblicate nel 1996 dal quotidiano L’Avvenire, con introduzione di Dino Boffo.
ANNA MARIA LOGLISCI
Anne Wiazemsky, nata a Berlino, attrice, ha debuttato con Robert Bresson, poi con
Jean-Luc Godard, che ha sposato ne 1967, con Pasolini e con Ferreri. Il nonno, Francois
Muriac, Nobel per la letteratura, tanto le ha trasmesso, visto il suo successo anche come scrittrice. Il suo ultimo romanzo, «La ragazza di Berlino» (E/O edizioni), di avvolgente eleganza e freschezza, testimonia nei crudi episodi la drammaticità e la desolazione
di una Berlino rasa al suolo dai bombardamenti alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un diario, la biografia della madre Claire Wiazemsky, che fu crocerossina francese
attiva nel Sud della Francia, teatro di guerra prima della liberazione, e contribuì al contempo alla guerriglia partigiana, coi rischi del caso. Claire, protagonista del romanzo, è
autista di ambulanza, e assiste a molte scene di sangue e morte prima di essere trasferita nella desolata Berlino. Ed è proprio a Berlino che, dopo profonde delusioni amorose, incontra Wia, ufficiale di collegamento francese di origini russe. Il racconto, di grande sincerità, altro non è che la storia giovanile dei suoi genitori. TIBERIO CRIVELLARO
«Una vita come le altre»,
l’autobiografia dello scrittore
inglese Alan Bennett. Tutto appare
semplice, banale persino il dolore
e la follia. Il coraggio di raccontarsi
MB EN I C ULTURALI M
Incunaboli
delle biblioteche
comunali
dell’Ennese
SALVATORE SCALIA
na vita come le altre"
(Adelphi, pp.173, euro
17) è il titolo volutamente riduttivo per
un’autobiografia che alla fine riesce
esemplare. Non perché Alan Bennett,
l’autore inglese di successo di commedie e romanzi umoristici nato nel
1934, racconti grandi destini ma perché tutto appare semplice, banale, piccolo borghese, persino il dolore e la follia. E però si capisce che l’autore abbia
dovuto fare i conti con tanti tabù personali e familiari prima di trovare il coraggio di presentarsi senza reticenze.
Non a caso il racconto si apre nel
1966 con il primo ricovero della madre
depressa e la scoperta di un segreto di
famiglia custodito per decenni: il suicidio del nonno materno, afflitto da
problemi economici.
La malattia si manifesta quando il
padre macellaio va in pensione. Egli
pensa di realizzare il sogno bucolico di
una vita intera, fuggendo dalla confusione di Leeds e trasferendosi in una
casetta, con giardinetto annesso, di un
villaggio in cui tutti si conoscono.
Là, dove ognuno sa tutto di tutti,
esplode l’ossessione perbenistica della madre a causa di quel suo pensiero
fisso: chissà che penseranno di noi? Il
decoro piccolo borghese, la pulizia, la
timidezza, la riservatezza, il desiderio
di non apparire diventano tanti sintomi e corollari della malattia.
Bennett racconta con la consapevolezza acquisita attraverso la cultura,
ma non a tutto le letture e le teorie psichiatriche riescono a fornire una chiave interpretativa. Egli può confrontare
la sua esperienza di figlio amorevole a
contatto con la follia: e non gli resta
che constatare tutta l’impotenza dell’affetto per contrastare la visionarietà
e le manie di persecuzione della madre. Ed è con amara ironia che lo scrittore deve ammettere come anche nella malattia esista una divisione di classe: si può essere tanto banali anche
nella sofferenza psichica. Una normalissima casalinga come la madre non
sarebbe mai approdata sul lettino del
dottor Freud, aduso a curare solo casi
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VALENTINA LA FERRERA
Nella foto a
fianco Alan
Bennett e, a
destra, la foto di
copertina del
volume «Una vita
come le altre»
T
Malattie e tabù
di una famiglia
considerata perbene
clinici esemplari forgiati da un ambiente sociale ed intellettuale evoluto.
Non ha certezze Bennett e non sa dire neanche oggi se il tanto vituperato
elettroshock abbia avuto effetti negativi o positivi sulla madre, resta sospeso il suo giudizio perché la prima esperienza le aveva restituito la tranquillità
e perché le altre volte non aveva sortito effetto alcuno, anzi probabilmente
aveva contribuito a cancellarle la memoria.
Negli anni della malattia della madre erano in voga le teorie di Laing, che
mirava a colpevolizzare i membri della famiglia, come se la follia fosse la risposta del malato alle sue carenze affettive. In realtà, dice Bennett, il padre
fu sempre amorevole verso la moglie,
e i figli sempre presenti. Semmai bisogna considerare l’inverso, la solitudine
disperata di chi deve confrontarsi con
la malattia, nonché gli effetti sulla sa-
lute dei parenti, tanto è vero che il padre fu stroncato da un infarto avendo
percorso ottanta chilometri al giorno
per non saltare mai una visita alla moglie ricoverata.
L’ironia si dispiega anche con un
pizzico di cattiveria accompagnata da
costante rimorso nella descrizione delle due zie, commesse e donnine allegre
che si sentono sempre alla moda e trovano marito quando più nessuno se lo
aspetta.
Bennett racconta la propria formazione per via indiretta, attraverso l’influsso degli altri. Il padre e la madre così timidi e riservati da sposarsi alle otto del mattino, mentre alle otto e un
quarto il fresco sposo è già al lavoro. Il
padre avrà sempre solo due vestiti: il
solito e l’altro. La madre dal canto suo
vagheggiava modelli di raffinatezza
dozzinali nonché una vita brillante,
più immaginaria che reale, che mai la
sua ritrosìa avrebbe potuto concederle. Le zie erano le vestali della trasgressione, si sentivano colte ed emancipate, ed anche se i loro gusti erano discutibili, anche se leggevano romanzetti
rosa, tuttavia nel nipote inculcarono il
piacere della lettura.
Il libro nella parte finale, ambientato nei manicomi, racconta la regressione di un cervello e diventa un’amara riflessione sulla vecchiaia nella nostra
società, sui relitti umani abbandonati a
se stessi in quanto costosi e improduttivi.
Alan Bennett, che ha scoperto a quarant’anni le proprie tendenze sessuali,
in chiusura ci spiega cosa ha imparato
dalla vita dei suoi genitori e dalla follia della madre: vive nello stesso villaggio e nella stessa casa dei suoi con un
compagno di trent’anni più giovane
ma non si cura per niente di ciò che i
vicini pensano di lui.
Pistoia
Sherlock
Holmes
in mostra
In vista dell’apertura
del Festival del Giallo,
che si terrà a Pistoia dal
28 al 30 gennaio, al via
le visite guidate alla
mostra dedicata a
Sherlock Holmes e
allestita presso la
Biblioteca San Giorgio.
Guida d’eccezione sarà
Gabriele Mazzoni,
medico di professione
ma anche uno dei
maggiori collezionisti
al mondo del celebre
investigatore creato da
Sir Arthur Conan
Doyle, che illustrerà
alcuni dei 40mila pezzi
della sua collezione
prestati alla biblioteca
per allestire
l’esposizione, secondo
un percorso a tema che
spazia dalle prime
edizioni dei racconti di
Holmes ai manifesti dei
film, dall’oggettistica
ai giochi, dedicando
una vetrina a ciascun
tema. Il primo
appuntamento per
tutti gli appassionati di
Sherlock è in
programma per
domani.
«PASSEGGIATA STORICO ARTISTICA NEL CALATINO MEDIEVALE E MODERNO» DI GIACOMO GARRA
Caltagirone, i monumenti e i suoi figli illustri
SERGIO SCIACCA
gni città ha il suo carattere. Come le persone. E non si può comprendere il carattere di una città solo attraversandone le
strade o le piazze, ma conoscendone le vicende, le personalità che l’hanno creata e immergendosi nel flusso vitale che l’ha modellata. Alcune
città d’arte sono state descritte e rivestite di allori
letterari. Vizzini grazie al Verga è diventata il cuore
del Verismo italiano; Taormina si è illuminata nelle pagine di Goethe. Caltagirone, che pure ha un
cuore pulsante di arte e una storia millenaria, aspettava chi facesse scoprire la nobiltà dei suoi monumenti, le trasformazioni della sua storia, dai Normanni in poi, le vicende della sua antica vocazione
artistica che vuole confrontarsi sul piano globale.
Ora c’è il libro, vasto e riccamente illustrato, di Giacomo Garra (giurista e presidente emerito della
O
GRAMMICHELE, PIANTA POLIGONALE DEL CENTRO
ra i beni culturali, il patrimonio archivistico e librario è il migliore strumento di conservazione e
comunicazione della memoria storico-culturale.
Prioritario il recupero, mediante catalogazione e
informatizzazione, al fine di renderne più agevole la consultazione; pertanto il progetto di valorizzazione del patrimonio librario antico delle biblioteche comunali dell’Ennese è culminato nella presentazione di un catalogo
contente le edizioni stampate con la tecnica dei caratteri mobili tra la metà del quindicesimo secolo e l’anno 1500
incluso. Il volume dal titolo "Incunaboli delle biblioteche
comunali della provincia di Enna", a cura di Pietro Scardilli e Sebastiano Venezia, edito dall’Officina degli studi
Medievali di Palermo, contiene la nota introduttiva di uno
dei massimi studiosi del Medioevo, prof. Henri Bresc, e la
presentazione del prof. Alessandro Musco, e rappresenta un importante punto di partenza per lo studio degli incunaboli presenti nelle biblioteche comunali della provincia di Enna. La stragrande maggioranza di questi è stata
stampata a Venezia e in altre città dell’Italia centro-settentrionale. Pochi provengono da Napoli e uno da Messina, 9
sono stati stampati all’estero (Basilea, Norimberga e Lione). I volumi sono giunti in Sicilia attraverso strade diver-
massima magistratura amministrativa oltre che
autore di saggi storici e libri di narrativa) che sotto
il titolo "Passeggiata storico artistica nel calatino
medievale e moderno" fa conoscere il cuore della
città, il suo fermento, le sue intenzioni per il futuro.
Il volume è una fonte di informazioni, precise di riferimenti cronologici e di dettagli sulle arti calatine:
dalla poesia alla pittura con qualche tratto di cronaca che dimostra come la politica in Italia sia sempre
stata pungente, ma che i Calatini sapevano essere
pungenti con stile. Giorgio Arcoleo (1848-1914)
che fu senatore del regno, attivo difensore delle libertà civili nei torbidi anni del Pelloux, oltre che
squisito letterato apprezzato da Francesco De Sanctis, fu non troppo metaforicamente insultato in
parlamento dal senatore Aleardo Aleardi (18121878) poeta simpatizzante per i socialisti, che volle squalificarlo come proveniente dalla città dei
cantari (allora usati nei WC). E il nostro, arguto, re-
plicò di esserne fiero perché nei càntari andavano a
finire tutte le poesie dell’avversario.
E assieme a questi episodi epigrammatici ci sono i
ritratti dei grandi figli di Caltagirone, da don Sturzo
a Scelba, i lutti della II guerra mondiale, con il monito a perdonare, ma senza dimenticare; l’acume
intellettuale del gesuita umanista Alessio Narbone
(1787-1860) e del francescano Bonaventura Secusio
(1558-1618). Nel volume belle fotografie dei monumenti cittadini e dei luoghi del vivere: il Tondo
vecchio della via Carolina era un invito a fermarsi,
possibilmente a conversare con gli altri, sentirsi
cittadini del luogo dove si vive e non eterni migranti verso mète estranee; la Villa Patti ripresa dall’architetto Giambattista Nicastro (1852-1903) che aggiunse alla costruzione il colore, lo stile arioso e
qualche emozione gotica. La passeggiata proposta
dal volume è ampia e fa conoscere il cuore storico di
una città che ha contribuito alla grande storia.
se. Qualche volume proviene infatti da conventi situati
fuori dall’isola e da possessori non siciliani. Complessivamente, tra biblioteche di conventi e di privati, si tratta di
una cultura vivace, di libri letti e dati in prestito.
Nella Sicilia centro-settentrionale la cultura tardomedievale appare dominata dalla teologia, dalla filosofia
della tarda scolastica e dai "libri della fede". La cultura
classica e umanistica comprende un quarto dell’insieme.
Le altre discipline delle facoltà delle Arti, del Diritto e della Medicina racchiudono appena 31 volumi. Sorprendenti sono le mancanze di Orazio, Lucrezio, Ovidio e Virgilio, come se fossero stati scartati per sfiducia verso la
poesia pagana. Sono stati identificati 215 autori letti o almeno conservati nelle biblioteche, ripartiti tra classici greci, latini e paleocristiani, autori medievali laici o membri
del clero. Il latino come orizzonte quasi unico della cultura dell’entroterra siciliano.
La conoscenza del greco traspare poco nel catalogo: solo 3 volumi. Sono molte però le opere tradotte dal greco
dagli umanisti. Lo stesso disinteresse colpisce l’uso del
volgare. Non c’è penetrazione dei romanzi e delle novelle toscane e la poesia si limita a Petrarca.
A Piazza Armerina, Enna, Troina e Nicosia domina la filosofia di Giovanni Duns Scoto, mentre il tomismo appare meno compatto e meno seguito. Nella provincia di Enna, come a Palermo e a Messina, la stampa ha confermato e accelerato il successo di opere destinate alla predicazione e alla formazione morale. Oltre ad una certa resistenza alla poesia latina, la provincia di Enna ha operato
una scelta severa, escludendo opere frivole, libri di svago,
di divertimento, apprezzati anche dagli ambienti religiosi di Avignone o di Bruxelles.
Oltre trecento gli incunaboli presenti nelle biblioteche
comunali della provincia di Enna, dei quali i più antichi risalgono al 1471. Otto di questi incunaboli presentano
preziosissime miniature. Sono stati inoltre individuati un
libro appartenuto a Tommaso Fazello e un volume unico
in Italia, la cui edizione non è presente in nessuna biblioteca italiana, si tratta della Batrachomyomachia di Omero, pubblicata, a Modena nel 1498 da Domenico Rocociola.