Sexting: una ricerca sul fenomeno, dal punto di vista degli adolescenti

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Sexting: una ricerca sul fenomeno, dal punto di vista degli adolescenti
“Sexting: una ricerca sul fenomeno, dal punto di
vista degli adolescenti”
Francesca Scandroglio
Master di II Livello in Psicologia Giuridica e Forense
Università degli Studi di Roma La Sapienza
Relatori: Dott.ssa Cristina Bonucchi – Dott.ssa Patrizia Torretta
(Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia On-line,
Polizia Postale e delle Comunicazioni)
Università degli Studi di Roma La Sapienza - Master di II Livello in Psicologia Giuridica e Forense
INDICE
INTRODUZIONE
I.
Cos’è il sexting
II.
I numeri del fenomeno: la letteratura internazionale
III.
La ricerca
a. Giovani e social network
b. Sexting o …Sexmex? La prevalenza di un fenomeno difficile da accertare
c. Le motivazioni sottostanti
d. Snapchat: la App tanto amata (e altrettanto discussa)
e. Sexting ed emozioni
f. La valutazione del fatto e la percezione del reato
g. Le differenze di genere
h. Le richieste di aiuto
IV.
Intervista ad Antonio Pennisi
CONCLUSIONI: Le soluzioni e le strategie
Dott.ssa Francesca Scandroglio
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Sexting has brought together two
things that adults fear most--teens'
sexuality and technology
– Danah Boyd
INTRODUZIONE
Internet rappresenta, nel mondo di oggi, uno strumento imprescindibile per i giovani (e non solo), dal punto
di vista formativo, informativo, didattico, interattivo e relazionale. Il web 2.0, con le multiple possibilità di
caricamento, download e sharing di immagini e video, in particolare attraverso i social network, costituisce
senza dubbio una grande risorsa per i processi di apprendimento, socializzazione e costruzione del Sé e
dell’identità.
I ragazzi del 2016 sono “always-on”: solo per fare un esempio, da un recentissimo studio (Commonsense,
2015) si evince come i preadolescenti e gli adolescenti trascorrano in media quasi due ore al giorno nei social
network; sono connessi ovunque e in ogni momento del giorno e della notte (Madden et al., 2013).
I bambini imparano sin da piccoli ad utilizzare internet per comunicare, tenersi aggiornati, giocare, fare
acquisti.
L’ubiquità di internet pone tuttavia una serie di questioni relative ai rischi che i giovani possono incontrare
sul web, il quale non di rado è terreno fertile per nuovi tipi di abuso, violenza e di sfruttamento minorile. In
questo elaborato si parlerà del tema del sexting, presentando i risultati di una ricerca condotta in 6 classi di
due Scuole Superiori di una città della Provincia di Varese, volta ad indagare pensieri, sentimenti, paure e
opinioni di ragazzi dai 14 ai 17 anni in relazione a questo fenomeno.
In questa piccola indagine si è cercato di valorizzare non solo la dimensione quantitativa ed epidemiologica,
ma anche quella qualitativa, dando spazio all’espressione delle emozioni da parte dei ragazzi e offrendo loro
la possibilità di di raccontarsi (anche con domande aperte).
La voce dei ragazzi verrà poi messa a confronto con l’esperienza dell’esperto Dott. Antonio Pennisi,
Ispettore Capo della Polizia Postale del Compartimento di Catania, intervistato con alcune domande sul suo
lavoro quotidiano e, nello specifico, sui casi che riguardano il sexting.
I.
Cos’è il sexting:
Secondo la definizione convenzionale, il sexting è descritto come “lo scambio di messaggi o immagini a
sfondo sessuale” (Livingstone et al., 2011) e il “creare, condividere, inoltrare immagini di nudo o seminudo” attraverso telefoni cellulari e/o internet (Lenhart, 2009).
La definizione ‘sexting’ è intrinsecamente confusiva. Lounsbury e collaboratori (2011) raccomandano di fare
uso di una definizione più restrittiva, focalizzandosi sullo scambio di immagini tra i minori di anni 18 e
quindi adottando un criterio di discriminazione basato sulla fattispecie di reato. Il problema di cosa includere
e cosa no sotto la voce ‘sexting’ fa nascere una gamma di interrogativi. I messaggi di testo sono da intendere
come sexting? Oppure, è da considerarsi valido solo l’invio e la ricezione di file multimediali? Ed ancora: il
sexting implica necessariamente l’uso di un telefono cellulare/smartphone o nell’accezione rientra anche
l’usare come mezzo il computer o altri devices? La questione non è puramente semantica, poiché anche i
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risultati delle indagini scientifiche risentono direttamente dei criteri di inclusione o esclusione, adottati dal
ricercatore.
Wolak e Finkelhor (2011) cercano di mettere ordine utilizzando come metro di valutazione quello della
gravità dell’atto, andando dal sexting cosiddetto “sperimentale”, messo in atto dagli adolescenti in un clima
di fisiologica sperimentazione della sessualità, fino all’estremo del sexting “aggravato”, che sfocia in
conseguenze non trascurabili e in atti criminali.
Non è raro proprio chiedere ai ragazzi di distinguere dove fissare il limite dell’accettabilità del sexting e,
come vedremo, di frequente questo risente della differenza di genere.
In ogni caso, negli ultimi anni è notevolmente aumentato l’interesse delle istituzioni e dell’opinione pubblica
su questo fenomeno, spesso al centro di dibattiti pubblici ed accademici. Il tema del sexting e del rapporto fra
minori e nuove tecnologie porta inevitabilmente a valutare i rischi e pericoli connessi alla digitalizzazione,
innescando spesso reazioni a catena di preoccupazione ed allarmismo. La scuola ha dovuto via via
interfacciarsi con questo fenomeno e così anche i genitori, i servizi all’infanzia, gli operatori.
Anche dal punto di vista normativo, si è cercato di capire come intervenire in caso di situazioni che vanno
dalla creazione alla diffusione di materiale sessuale relativo a minorenni, con soluzioni che vanno da un tipo
di giustizia più mite all’adozione di un’ottica più estremista (Lenhart, 2009). Disponiamo di numerosi studi
scientifici sulla condizione psicologica e sociale della vittima, ma altrettanto importanti sono le ricerche che
mettono in luce come il minorenne autore di reato spesso viva in una situazione di disagio familiare/socioculturale, che limita le loro capacità di controllo, di autoregolazione e di valutazione delle conseguenze
(Loeber e Farrington, 2001).
Il sexting rimane un argomento che spesso viene affrontato con posizioni che vanno dal proibizionismo alla
totale indulgenza, in un contesto di cultura e società ‘sessualizzata’. Questo è evidente in programmi
televisivi come per esempio “How To Look Good Naked”, divenuto famoso in UK, in cui le donne sono
incoraggiate a fotografarsi nude per aumentare la sicurezza e la fiducia in se stesse e nella propria sessualità
(Ringrose et al., 2013).
Secondo il modello della “cultivation theory” (Gerbner et al., 1994) i giovani, nel continuo contatto con i
media, ‘coltiverebbero’ gradualmente la credenza che il mondo reale coincida con quello digitale. La visione
di contenuti sessualmente espliciti e pornografici sembra influenzare direttamente le relazioni intime, la
stima e il rispetto nei confronti del partner, le modalità violente messe in atto nella coppia (Braun-Courville e
Rojas, 2009). I contenuti sessuali che girano sul web, indicati a livello internazionale come SEIMS (Sexual
explicit internet materials), presentano una visione della sessualità irrealistica, priva di rischi e spesso
violenta e denigrante per le donne. Gli adolescenti che di continuo si interfacciano online con questo tipo di
sessualità avrebbero più probabilità di sperimentare e giudicare normale comportamenti sessuali rischiosi e
di adottare rappresentazioni discriminatorie nei confronti dell’altro sesso (Doornward et al., 2015).
La linea che congiunge l’online e l’offline non sarebbe unidirezionale, bensì bidirezionale poiché i due
mondi si influenzerebbero mutualmente a vicenda. Si metterebbe quindi innanzitutto in discussione la
concezione secondo cui online e offline viaggino su due binari paralleli, ipotizzando oltretutto come non
sono il virtuale influenzi la vita reale, ma anche viceversa (Livingstone, 2009). Tuttavia, ad oggi poco
sappiamo rispetto al ruolo che fattori come quelli sociali, culturali, di origine etnica e così via, giocano nella
messa in atto di comportamenti di sexting. In genere, sta ricevendo sempre più consensi la tesi che sostiene
appunto la natura bidirezionale e reciproca, in cui i contesti personali fungerebbero anche da filtro per
selezionare contenuti e messaggi, sessuali o meno (Doornwaard et al., 2015).
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II.
I numeri del fenomeno: la letteratura internazionale
Secondo uno studio effettuato dal NCMEC, qualche anno fa (2009) gli adolescenti americani fra i 13 e i 18
anni dichiaravano: nel 9% dei casi di aver mandato messaggi/email contenenti riferimenti e foto
sessualmente espliciti, nel 17% di aver ricevuto messaggi di questo tipo, nel 3% di averli inoltrati a qualcun
altro.1 Il progetto “EU Kids Online”, attraverso interviste effettuate a domicilio, ci ha fornito una panoramica
di quest’usanza in 25 Paesi (Livingstone et al., 2011). La media europea indicava una percentuale del 15% di
adolescenti fra gli 11 e i 16 anni che dichiaravano di aver ricevuto messaggi a sfondo sessuale, percentuale
che cresce con l’aumentare dell’età. Sempre nello stesso anno, il Pew Internet Research conferma la media
europea, mettendo in luce come il 15% dei ragazzi americani dai 12 ai 17 anni rivelava di aver ricevuto
messaggi sessuali e foto di nudo. In entrambi gli studi, il 4% ammetteva di aver inviato questi contenuti.
In UK, nel 2009 la ricerca “Sex Tech”, nell’ambito della “National Campaign to Prevent Teen and
Unplanned Pregnancy”, svelava come addirittura la metà dei ragazzi intervistati (48%) avesse ricevuto
messaggi sessuali. Il 12% degli adolescenti inglesi ammette di aver registrato o aver preso parte ad un video
a sfondo sessuale (Barter, 2015). Una recente ricerca effettuata da Telefono Azzurro e Doxa Kids (2016)
indica come l’11% dei ragazzi conosca qualcuno che ha fatto sexting.
Per quanto queste ricerche siano condotte con metodologie rigorose e prendano in esame campioni
rappresentativi, data la difficoltà del tema trattato, è molto probabile che i risultati siano influenzati dai
fenomeni dell’under-reporting e over-reporting (Livingstone et al., 2011).
Infatti, le percentuali possono essere sottostimate, poiché subiscono l’effetto dell’imbarazzo e della
desiderabilità sociale. Al contrario, è altrettanto possibile che questi risultati finiscano per essere
sovrastimati, poiché i ragazzi che hanno fatto o fanno sexting acconsentano più facilmente a prendere parte
al questionario.
Sono pochi gli studi che fino ad ora sono andati ad esaminare l’eventuale correlazione fra le pratiche
quotidiane di adolescenti e pre-adolescenti in rete e con le nuove tecnologie e il sexting. E’ questa pratica
legata alla visione di pornografia online? Al contesto socio-economico-culturale? Al gruppo dei pari? E alle
difficoltà in famiglia?
Inoltre, letteratura scientifica sul sexting mostra come fino ad ora ci si sia focalizzati più sulla dimensione
quantitativa, piuttosto che su quella qualitativa. Sappiamo che molti ragazzi fanno sexting, ma poco
conosciamo rispetto le motivazioni, le aspettative, i significati e le paure che stanno dietro la semplice
distribuzione a livello di popolazione.
Il sexting non sempre vede coinvolti due minorenni, in alcuni casi dietro lo schermo dello smartphone o del
computer si nasconde un estraneo adulto. L’era digitale ha infatti cambiato il concetto di abuso, rendendo più
vulnerabili bambini ed adolescenti. Nel web i pedofili hanno molte possibilità di entrare in contatto con i
bambini, attraverso svariati mezzi, quali le chat rooms, i social networks, i giochi online ecc. Collezionare
Child abuse material (CAM) è ora notevolmente più semplice (Quayle, 2010). Se negli anni ’90 un pedofilo
possedeva in media 150 immagini di bambini, ora possiede in media una collezione di 150.000 immagini
(UNODC, 2014). I sex offenders in oggetto spesso collaborano online, sulla base di quella che gli esperti
definiscono “collegial friendship”
Ricerche americane mostrano come il 13% dei giovani tra i 10 e i 17 anni abbia ricevuto richieste di contatto
da estranei (Wolak et al., 2010). Inoltre, non è raro che il rapporto che si instaura online con l’estraneo abbia
un seguito in un contesto offline, come apice di un sistema che inizia con il guadagnarsi la fiducia del
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https://www.cox.com/aboutus/take-charge.html?sc_id=cr_z_z_z_takecharge_vanity
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minore, sessualizzando la relazione fino ad arrivare a mantenere il controllo sull’Altro (Livingstone et al.,
2010).
A livello nazionale, disponiamo dei dati della linea di aiuto 1.96.96 di Telefono Azzurro. Infatti,
l’adescamento di minore da parte di adulti costituisce il 4% delle richieste di aiuto, riguardanti problemi in
internet, che giungono alla linea 1.96.96 (Telefono Azzurro, Centro Nazionale di Ascolto, 1 aprile - 31
dicembre 2015).
III.
La ricerca
E’ stato preso in esame un campione di un totale di 130 studenti, dai 14 ai 17 anni (età media 15,19; Maschi
42, Femmine 88; dev. standard 0,78), alunni di 6 classi 1^ e 2^ di due Scuole Superiori di una città della
Provincia di Varese.
Nelle ore di lezione è stato somministrato ai ragazzi un questionario anonimo, previo consenso dei genitori.
Le domande (37, sia chiuse che aperte) vertevano sul rapporto tra giovani e nuove tecnologie e sull’utilizzo
dei social. Il focus principale era sul fenomeno del sexting, a partire dalla conoscenza del fenomeno, della
diffusione dello stesso tra i coetanei, della valutazione delle possibili conseguenze di esso.
Al fine di comprendere nel profondo quali siano le emozioni associate allo scambio di messaggi e contenuti
a sfondo sessuale, nel questionario è stata inserita un breve storia di un caso, fornito dalla Polizia Postale:
“Simone ha 15 anni e vive nel Centro Italia. Un giorno, andando a prendere la sorella a scuola, conosce
una sua compagna. La compagna di scuola della sorella ha 13 anni e si chiama Alice. Simone scrive ad
Alice e i due iniziano a messaggiare, finchè lui le chiede di inviargli sue foto provocanti o senza vestiti ed
anche un video di autoerotismo. Alice accetta di mandargli tale video, a patto che lui, dopo averlo visto, lo
cancelli. Successivamente, Simone continua ad inviare tantissimi messaggi ad Alice, con la richiesta di
inviargli nuovi filmati e selfie simili ai precedenti. La ragazza decide quindi di bloccare il profilo di Simone
su WhatsApp, su Facebook e su altri social network. E’ in quel momento che Simone sceglie di mostrare il
video osè che gli ha mandato Alice, inoltrandolo ad amici e compagni. In qualche modo, questo video arriva
alle insegnanti di Alice, le quali si precipitano ad avvisare la madre della ragazza e le mostrano il filmato”.
Tale caso è stato selezionato poiché, oltre a essere rappresentativo di quelli gestiti quotidianamente dai
funzionari della Polizia, la vittima della storia (Alice2) è minore di 14 anni mentre l’autore di reato (Simone3)
è maggiore di 14 anni. Attribuendo al ragazzo un’età maggiore di 14 anni, e dunque sopra quella che è la
soglia dell’imputabilità nel contesto penale minorile italiano, si è cercato di analizzare quale sia la percezione
dei giovani del reato e, in generale, delle possibili conseguenze di azioni di detenzione e diffusione di ciò che
può essere catalogato come materiale pedopornografico.
A partire da questo breve racconto, nelle domande successive è stato chiesto ai ragazzi di calarsi nella
situazione ed immedesimarsi con i due protagonisti della storia, esprimendo le emozioni, i sentimenti e i
pensieri elicitati dalla vicenda.
Dopo la somministrazione, è stata offerta la possibilità di discuterne in classe, coinvolgendo anche
l’insegnante, accogliendo le loro riflessioni e gli eventuali dubbi sul tema e altresì fornendo alcune
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Nome fittizio
ibidem
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indicazioni sui Servizi a cui rivolgersi in caso di emergenza.
a. Giovani e social network
Se, come è comprensibile data l’età, la totalità dei ragazzi possiede uno smartphone (100%), sembra esserci
una certa variabilità nei social network che utilizzano. Come si può osservare nel grafico 1, il 100% è iscritto
a Whatsapp, che si classifica come il sistema di instant messaging più diffuso tra gli adolescenti. Facebook,
dopo il boom di successo di qualche anno fa, non sembra più essere il social prediletto. Spiccano, infatti, le
percentuali di giovani iscritti a due social network relativamente nuovi nel nostro Paese: Instagram (78%) e
Snapchat (72%). Tali social, sono accomunati dal comune denominatore di essere piattaforme adibite al
caricamento e alla visualizzazione di foto e video. Altrettanto diffusi sono social come Ask.fm (44%), basato
sull’interazione domanda e risposta, spesso in un clima di anonimato, e Tumblr (31%). Altre scelte, aggiunte
dai ragazzi, sono: Kik, Telegram, We chat, Habbo, Lovoo.
In generale, sembra che le femmine siano più attive dei maschi sui social.
A quali social sei iscritto?
100% 100%
82%
76%
69%
61% 62%
60%
57% 58%
48%
45%
42%
42%
45%
32%
24%
17%
7%
0% 0%
0%0%
26%
15%
7%7%
0% 0%
0%2%
Maschi
7%
0%0%
7%
0%
0% 0%
Femmine
Grafico 1: Domanda 4) A quali social network sei iscritto?
b. Sexting o …Sexmex? La prevalenza di un fenomeno difficile da accertare
La maggior parte dei ragazzi intervistati dichiara di conoscere il fenomeno, definendolo come parte costante
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della vita di molti conoscenti. Infatti, un consistente 64% lo ritiene un fenomeno particolarmente diffuso tra i
coetanei.
Rispetto alla possibilità che il sexting e lo scambio di selfie sessuali possa non sempre avere un lieto fine, il
43% pensa che sia probabile che le immagini finiscano nelle mani di altri, senza il consenso dell’interessato,
il 37% lo ritiene “abbastanza probabile”.
Il 26% confessa di essersi pentito almeno una volta di qualcosa che ha inviato; lo ammette più la
popolazione femminile, rispetto a quella maschile (32% vs 14%).
26%
Si è pentito di qualcosa che ha inviato
Tuttavia, la maggior parte dei ragazzi è incerto quando si trova a dover definire il nome del fenomeno. Quasi
la metà dei ragazzi (45%) pensa che il termine sia “sexmex” (in realtà inventato) e solo il 34% dà la
definizione appropriata di “sexting” (grafico 2).
Cyberbullismo
Sexmex
2%
Sexting
Texting
11%
34%
45%
Sexmex
Grafico 2: Domanda 19) Come si chiama il fenomeno di inviare e ricevere selfie a sfondo sessuale?
In ogni caso, il sexting sembra essere un argomento spesso oggetto di azioni di sensibilizzazione e
formazione nella scuola e di confronto con i genitori. Più di un ragazzo su due (54%) ci dice che questo
tema è stato trattato da un insegnante. Il 61% ne ha discusso con i genitori, confermando come essi
costituiscono ancora un punto di riferimento fisso anche nella fase dell’adolescenza.
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c. Le motivazioni sottostanti
Abbiamo chiesto ai ragazzi intervistati perchè, secondo loro, i coetanei fanno sexting. A questa domanda, il
68% dei ragazzi intervistati risponde “per fare colpo” e il 59% ammette che “dietro allo schermo è più facile
vincere la timidezza”. Emerge in questo modo come, di sovente, l’invio di questo tipo di messaggi nasconda
insicurezza e fragilità rispetto alle relazioni amicali ed intime.
Il sexting potrebbe così essere visto come un problema da inquadrare all’interno di una dimensione sociale e
interpersonale incerta, tipica della condizione adolescenziale, caratterizzata dalla scoperta delle relazioni
sessuali, in cui dietro la sperimentazione e la trasgressione si nascondono timore e timidezza.
In aggiunta, il 42% dei ragazzi pensa all’invio di messaggi, foto e video intimi come un’azione conseguente
alla richiesta di questo materiale da parte di qualcun altro (grafico 4).
Non sempre l’Altro è una persona fidata e nelle cerchie più strette, visto che il 21% vede il sexting come lo
strumento per “entrare in intimità con persone nuove”.
Le motivazioni
68%
Per fare colpo
Perché dietro uno schermo è più facile vincere la
timidezza
59%
42%
Perché qualcun altro glielo chiede
35%
Divertirsi
22%
Perché lo fanno tutti
21%
Per entrare in intimità con persone nuove
Altro
Per dimostrare i propri sentimenti ad una persona
15%
10%
Grafico 4: Domanda 21) In base alla tua esperienza, perché i ragazzi della tua età inviano selfie provocanti o a sfondo
sessuale?
Nella casella “altro” molti ragazzi (15%) hanno liberamente espresso la loro opinione rispetto alle
motivazioni che inducono i giovani a fare sexting. Di seguito, si copiano alcune delle risposte.
“Perché in questo modo mostrano l’aspetto fisico e pensano di piacere di più” (Maschio)
“Per dimostrare di avere un bel corpo e essere desiderate da qualcuno” (Femmina)
“Per sentirsi grandi” (Femmina)
“Per sentirsi importanti” (Femmina)
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d. Snapchat: la App tanto amata (e altrettanto discussa)
Come abbiamo visto nel paragrafo a), tale social network è usato dal 72% degli adolescenti che hanno preso
parte al questionario, secondo in classifica dopo Instagram. Questo dato è in linea con le evidenze
statunitensi, per cui attualmente queste due applicazioni sono al top della classifica nella fascia di età 14-24
anni. In tutto il mondo, Snapchat è tra le dieci applicazioni più scaricate in cento Paesi. I dati ci dicono che
gli utenti hanno un’età media compresa tra i 12 e i 34 anni, per un totale di circa 100 milioni di utenti nel
mondo.
Facebook è ormai diventato un mezzo di comunicazione per genitori, insegnanti, politici, istituzioni, dove
vengono spesso trattati argomenti “seri”, per cui abbiamo assistito ad un progressivo calo di attrazione da
parte dei ragazzi per questo social. Al contrario, Snapchat si presenta come giocoso, easy, leggero in cui si
condividono brevi aspetti della propria vita. Per usare le parole del fondatore, Spiegel: “Abbiamo reso molto
complicato ai genitori mettere in difficoltà i loro figli. Snapchat serve più a condividere momenti personali
che a essere visto da tutti” (Settimanale “Internazionale”, aprile 2016). Un momento dopo aver mandato o
ricevuto la foto o il video, questo sparisce, basandosi su un meccanismo di “autodistruzione”: Snapchat è
spesso associata al fenomeno del sexting.
Nel campione oggetto della ricerca, il 47% dei ragazzi che usano Snapchat (n=96) ammette di aver
incontrato nel social qualcosa che li ha turbati.
Quasi 1 ragazzo su 2
Ha incontrato qualcosa che lo ha turbato su Snapchat
Il 14% dei ragazzi ci dice di aver nascosto foto all’interno di App protette da codici di accesso. Una di
queste, Hide it Pro, è stata oggetto di un recente scandalo nella Canon City School dello Stato americano del
Colorado. In questa scuola, centinaia di studenti nascondevano immagini e video di nudo dietro App di
questo tipo.
e. Sexting e emozioni
Con lo scopo di capirne di più rispetto ai sentimenti e agli stati d’animo associati al sexting, è stato
presentato ai ragazzi un elenco di emozioni, chiedendo mettendosi nei panni di Alice in differenti situazioni
di spuntare come si sarebbero sentiti al suo posto.
Le situazioni erano le seguenti:
-
Domanda 5) Come pensi si sia sentita Alice quando Simone ha chiesto il suo numero e l’ha
contattata per la prima volta?
Domanda 6) Come pensi che si sia sentita Alice quando Simone ha iniziato a chiederle di mandare
video di sé nuda o di autoerotismo?
Domanda 7) Come pensi si sia sentita Alice quando ha saputo che sua madre e le sue insegnanti
avevano visto il video?
Dai dati raccolti, la maggioranza dei ragazzi, alla domanda riguardante il primo contatto e il corteggiamento
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(domanda 5) risponde: incuriosita (81%), felice (63%), lusingata (56%) imbarazzata (47%).
Quando viene fatta la prima richiesta di invio di materiale pornografico (domanda 6), i ragazzi immaginano
che Alice si sia sentita: imbarazzata (86%), nervosa (44%), eccitata (43%), spaventata (42%), sexy (34%).
Una volta che il video è stato divulgato a madre e insegnanti, ritengono probabile che si sia sentita: umiliata
(95%), imbarazzata (78%), sconvolta (74%), disperata (74%), arrabbiata (59%), delusa (46%), triste (46%).
Come possiamo osservare dal Grafico 5, si passa gradualmente dalla curiosità e dalla gratificazione per
l’interesse allo sconforto e alla delusione per il torto e l’umiliazione subiti.
95%
86%
81%
78%
74%
63%
74%
59%
56%
47%
74%
46%
44%
39% 40%
43%
42%
46%
34%
29%
24%
22%
13%
12%
2%
22%
0
3%
0
6%
0
0
Domanda 5)
10%
2%
0
Domanda 6)
22%
15%
12%
0
0
1%
0
2%
2%
2%
0
2%
0
5%
2%
Domanda 7)
Grafico 5: Domande 5), 6), 7)
f.
La valutazione del fatto e la percezione del reato
La totalità dei ragazzi intervistati (100%) giudica sbagliato il comportamento di Simone, mostrando così di
non condividere il comportamento di diffusione del video di Alice. In aggiunta, il 93% del campione non
ritiene che l’azione di Simone possa essere uno scherzo, dato che contrasta nettamente con la dimensione
ludica che viene spesso apportata come giustificazione per atti di questo tipo.
Quanto i giovani comprendono il rischio che il sexting sfoci in un reato punibile dalla legge?
La devianza in età adolescenziale è quindi un fenomeno di notevole complessità, connesso a un ventaglio di
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fattori di rischio differenti, che variano dalla dimensione individuale, a quelle sociale e culturale, spesso
interagenti fra loro. Alla devianza “tradizionale”, che risulta più spesso inserita in realtà di grave
emarginazione sociale, negli anni recenti sono andate ad aggiungersi manifestazioni devianti espressioni di
nuovi tipologie di problematica e disadattamento. Tali manifestazioni possono spesso sfociare in atti devianti
e comportamenti criminali, che necessitano di approcci seri e definiti.4
Negli atti devianti messi in atto con le nuove tecnologie, sono molto spesso coinvolti giovani appartenenti a
famiglie benestanti, che frequentano scuole superiori di livello. Allo stesso tempo, ad un’analisi più
approfondita, il contesto familiare di questi ragazzi si rivela disgregato e conflittuale.
Secondo l’art. 600-ter del codice penale, è punito per il reato di Pornografia minorile chi, con qualsiasi
mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di
minori degli anni 18. Per pornografia minorile intendiamo appunto ogni rappresentazione, con qualsiasi
mezzo, di un minorenne coinvolto in età sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione
degli organi sessuali di un minore di anni 18 per scopi sessuali.
Dalle risposte dei ragazzi del campione si evince una certa consapevolezza del fatto che l’azione di
diffusione da parte di Simone del video di autoerotismo di Alice costituisca un reato. Lo afferma il 98% dei
ragazzi, portandolo anche come argomento di discussione in classe dopo aver terminato il questionario,
consci sia del fatto che il problema coinvolga sia il tema della violazione della privacy, sia la minore età di
Alice.
Nel questionario si è cercato di indagare se i giovani ritenessero il fatto di salvare immagini pornografiche
dell’amico/a minorenne, anche se inviate da quest’ultimo/a con consenso, potesse costituire in un reato
penale. Infatti, secondo l’art. 600-quater c.p., chiunque consapevolmente si procura o detiene materiale
pornografico di un minore di anni 18 va incontro a sanzioni penali.
Tuttavia, il 71% dei ragazzi afferma che Simone, salvando sul suo telefono il video di Alice, non ha
commesso un reato (grafico 6).
Simone ha commesso un reato?
98%
71%
28%
1%
Salvando il video di Alice
SI
NO
Diffondendo il video di Alice
Grafico 6: Domanda 14) Simone, salvando il video sul suo telefono, ha commesso un reato punibile dalla legge? e
domanda 15) Simone, diffondendo il video, ha commesso un reato punibile dalla legge?
4
Ministero dell’Interno, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (2014). Garantire i diritti dei minorenni.
VademecumperleForzediPolizia.
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Sempre ad avvalorare questa tesi, il 92% del campione riconosce le conseguenze negative che potrebbe
subire la vittima, ma ha poco chiaro lo scenario che si prospetta per chi ha diffuso la foto (reato di
pornografia minorile – art. 600-ter), per chi la salva e la condivide (reato di detenzione di materiale
pedopornografico – art. 600-quater), si raggiunge rispettivamente una percentuale del 13% e del 35%.
Ilsextingcausaproblemi....
92%
35%
13%
A chi si è fotografato
A chi riceve la foto
A chi la condivide con terzi
Grafico 7: A chi, secondo te, questa abitudine può causare problemi?
In generale, abbiamo chiesto ai ragazzi di valutare la probabilità delle conseguenze, su una scala da
“decisamente” a “per niente” (Tabella 2).
Quali pensi potrebbero essere le conseguenze per Simone?
Abbastanza
Decisamente
Per
niente
Castigo da parte dei genitori
31%
11%
49%
89%
21%
0%
Perquisizione domiciliare da parte della
Polizia
Essere indagato per un reato
38%
41%
20%
11%
42%
48%
Nessuna conseguenza legale perché
50%
Simone è minorenne
Nessun tipo di conseguenza negativa
33%
32%
4%
18%
63%
Sospensione da scuola
Tabella 2: domanda 18)
I ragazzi del campione sembrano aspettarsi delle conseguenze più sul piano delle “punizioni infantili”,
ovvero una sospensione da scuola (“decisamente” nel 49%) o un castigo dei genitori (“decisamente”
nell’89%), piuttosto che delle conseguenze sul piano legale. Il 48%, infatti, non ritiene probabile che chi
chiede/detiene/diffonde foto o video venga indagato penalmente, soprattutto perché minorenne (505).
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g. Le differenze di genere
Alcuni ricercatori inglesi hanno evidenziato come il genere della vittima abbia un effetto notevole sulla
valutazione dell’accettabilità dell’atto di fare sexting e sull’attribuzione di responsabilità agli attori in gioco.
Ciò che emerge da queste indagini è quello che viene definita l’aderenza ai “sexual double standards”,
secondo cui per i giovani, ma anche per la società in generale, sarebbe più accettabile che un ragazzo faccia
sexting, rispetto ad una ragazza. In questo studio di Ringrose e collaboratori (2013), tutti i giovani, maschi e
femmine intervistati, ammettevano che i maschi che facevano sexting erano più facilmente definiti come
“cool”, anziché derisi o additati. D’altro canto, le ragazze erano più facilmente giudicate come “sluts”.
“Alice porterà per sempre l’etichetta della ‘poco di buono’” (Femmina)
“Per Alice ci sarà il rischio di essere derisa, presa in giro e umiliata; di rovinare la sua reputazione e
dignità” (Femmina)
“Tutti la considereranno una persona poco seria e facile da ingannare” (Femmina)
E’ fondamentale fare delle considerazioni sulle dinamiche di gruppo, in cui l’adolescente si identifica e
grazie al quale spesso non valuta negativamente il proprio comportamento delittuoso o quello dei coetanei.
Entrano in campo, in questi casi, meccanismi di disimpegno morale. Al di là delle azioni individuali, sono
assai più frequenti le azioni riconducibili al “gruppo”, nel quale l’autonomia individuale si annulla sino alla
completa aderenza alle norme dettate dal gruppo dei pari. Inoltre, l’influenza dei pari devianti è
probabilmente il più forte fattore di rischio per il comportamento antisociale, anche in età adulta (Ripamonti,
2011).
Un’altra questione riguarda l’attribuzione di responsabilità nei casi di sexting. Quando ai ragazzi (di
entrambi i generi) viene chiesto se secondo loro la colpa sia di chi ha inviato le foto, oppure di chi le ha
diffuse, è più frequente che diano più peso alle azioni della ragazza o comunque, di chi ha dato inizio lo
scambio, inviando le prime foto (Ringrose et al., 2013). Nello stesso studio, i ricercatori riportano la
testimonianza di una ragazza di 10 anni:
“I don’t know. I think she took the picture, she sent it to her boyfriend and then he was just being very stupid
and just showed it around to everyone. I mean I think she was stupid because why would you send your
naked pictures to a boy that you have just been going out with for a week or two? “
In quest’ottica è chiaro che si perda il focus sulla la fase che precede l’invio dei materiali, caratterizzata da
insistenza e pressione psicologica in escalation, che termina con l’invio dell’immagine da parte della
minorenne (o del minorenne) per fiducia o addirittura esaurimento.
L’attribuzione di una buona parte della responsabilità a quella che poi sarà la vittima è particolarmente
evidente nel caso in cui il contatto iniziale avesse un seguito nella vita offline. Molti ragazzi danno per
scontato che dietro l’invio da parte delle ragazze di selfies provocanti ci sia un desiderio di incontrarsi di
persona e concedersi sessualmente (Ringrose, 2013).
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93%
pensa che la situazione sia in parte colpa di Alice (domanda 12)
“Alice avrebbe potuto evitare di inviare le foto” (Femmina)
“Dovrebbe imparare a prendersi le proprie responsabilità: prima di agire come ha fatto Alice ci penserei”
(Femmina)
“Non credo che Simone verrà escluso del gruppo di amici. No, più che altro per gli amici non ha molto
valore negativo quello che ha fatto” (Maschio)
“La maggior parte dei ragazzi fa sexting per non perdere la stima degli amici” (Maschio)
La differenza è notevole anche sul fronte della reputazione: se l’87% dei ragazzi percepisce la reputazione di
Alice come “rovinata”, solo il 35% di essi pensa lo stesso di Simone. Tale percentuale è uguale tra Maschi è
Femmine, che mostrano di valutare la situazione nello stesso modo (grafico 8).
Pensi che la reputazione di Alice/Simone sia rovinata?
87%
3%
35%
10%
Alice
35%
29%
Simone
SI
NO
Non saprei
Grafico 8: Domanda 16) Pensi che la reputazione di Alice sia rovinata? e 17) Pensi che la reputazione di Simone sia
rovinata?
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h. Le richieste di aiuto
E’ stato chiesto ai ragazzi cosa altro avrebbe potuto fare Alice, oltre a bloccare Simone sui social, con lo
scopo di conoscere quali strategie metterebbero in atto nel caso si trovassero in una situazione simile. I
risultati sono controversi, poiché i giovani – come d’altronde ci si aspetta nel tumulto adolescenziale –
ondeggiano tra il domandare un supporto a qualcuno di fiducia e il “cavarsela da soli”.
Infatti, l’87% vede come soluzione il chiedere aiuto a qualcuno, mentre il 62% cercherebbe di risolvere
evitando il coinvolgimento di terzi, incontrando Simone e cercando di chiarire (percentuali simili sia per
maschi che per femmine).
Cos'altro avrebbe potuto fare Alice?
11%
Minacciare Simone
62%
Incontrarsi con Simone e cercare di chiarire
Stare in silenzio
0%
Chiedere aiuto a qualcuno
87%
Pubblicare a sua volta foto compromettenti/umilianti di… 3%
Altro
9%
Grafico 9: Domanda 8) Cos’altro avrebbe potuto fare Alice, oltre a bloccare il contatto di Simone?
Come è intuibile, soprattutto nella fase adolescenziale, le distanze intergenerazionali rendono difficoltosi il
dialogo e la comunicazione fra genitori e figli, a maggior ragione se il tema implica l’area della sessualità
(Ripamonti, 2011). Man mano che la dipendenza emotiva dai genitori diminuisce, il gruppo dei pari e degli
amici acquista importanza.
In generale, in adolescenza, il gruppo dei pari offre un supporto emotivo ed affettivo in periodo di
transizione, volto alla formazione di un senso d’identità autonoma da quella dei genitori. Gli amici aiutano
ad affrontare ansia, paure, conflitti interni ed esterni. Come è intuibile, man mano che l’identità si fortifica, i
gruppi di coetanei diventano meno vitali e quindi meno desiderabili (Ripamonti, 2011).
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Per questi motivi, abbiamo chiesto ai ragazzi intervistati a chi chiederebbero aiuto se si trovassero in una
situazione simile a quella di Alice. I risultati possono essere osservati in Tabella 1.
“A chi chiederesti aiuto se ti trovassi
nella situazione di Alice?”
1° scelta
2° scelta
A nessuno
12%
12%
Amico
54%
24%
Fratello/sorella
3%
1%
Genitore
28%
39%
Polizia
2%
10%
Psicologo
1%
14%
Tabella 1: Domanda 9)
Da questa domanda si evince come i ragazzi tendano a rivolgersi prima di tutto agli amici (54%),
probabilmente visti come fidati confidenti e non giudicanti. Tuttavia, come seconda scelta il 39% dei ragazzi
opterebbe per chiedere aiuto ai genitori, mostrando come l’adulto rimane una figura di riferimento,
nonostante questi problemi possano implicare un senso di vergogna e senso di colpa, come dice una ragazza:
“Credo che Alice proverà senso di colpa nei confronti dei genitori, per quello che ha fatto”.
IV.
Intervista ad Antonio Pennisi
Intervista a Dott. Antonio Pennisi (Polizia Postale e delle Comunicazioni – Compartimento di Catania)
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Da quanti anni svolge il suo servizio in materia di contrasto alla pedopornografia online?
Svolgo questo tipo di lavoro da circa 4 anni.
E’ genitore? Sì, ho due figlie.
Le è capitato di gestire indagini di sexting? Sì, purtroppo mi trovo molto spesso a gestire indagini
che riguardano il sexting e la conseguente diffusione di immagini di minorenni a terzi.
Se ne ricorda una in particolare? Mi ricordo chiaramente un caso, esemplificativo di tanti altri, in
cui una ragazzina 14enne conosce un ragazzo un po’ più grande di lei, che non frequenta la sua
stessa scuola. I due iniziano a sentirsi e alla fine si “fidanzano virtualmente”. In seguito, il ragazzino
chiede che gli invii delle foto provocanti, lei accetta di inviarne qualcuna senza vestiti. Dopo qualche
tempo, si rende conto della gravità della situazione e interrompe l’invio delle immagini. Il ragazzo
decide, anche a mo’ di vanto, di diffondere a terzi queste foto. La condizione di disagio della ragazza
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viene notata dai suoi genitori, i quali, compresa la situazione, decidono di sporgere denuncia alla
Polizia Postale.
Quali sono state le difficoltà incontrate nel raccogliere la testimonianza della vittima? E’ noto
come la vittima di fenomeni come quello del cyberbullismo provi sentimenti di sconforto e di
estrema vergogna, che possono portare ad un progressivo ritiro dalle relazioni sociali; tale
isolamento si manifesta sia con il gruppo dei pari, sia all’interno del nucleo familiare e costituisce
sicuramente un ostacolo anche nel corso della testimonianza. E’ molto facile che la vittima
sperimenti il senso di colpa; penso per esempio a quei casi in cui la ragazzina si fida del partner e gli
invia di sua spontanea iniziativa foto intime e provocanti.
I genitori erano presenti? No, solitamente i genitori non sono presenti. Inoltre, tutte le
testimonianze sono videoregistrate.
Le sommarie informazioni testimoniali sono state raccolte con l’aiuto di un esperto di
psicologia? Certamente, dato l’argomento delicato, è indispensabile che in sede di testimonianza sia
sempre presente un esperto nell’ambito dell’ascolto minorile. Grazie al professionista, uno psicologo
o un neuropsichiatra infantile, riusciamo a relazionarci al ragazzo/alla ragazza, comprendendo quali
sono gli aspetti che possono essere approfonditi ed evitando assolutamente atteggiamenti di
inquisizione. Con le psicologhe, che ci collaborano, si è instaurata una collaborazione intensa; basta
uno sguardo, per capire come instaurare il dialogo col minore , ovvero se è il caso di insistere o se
invece è il caso di moderare le domande.
Chi si è occupato dei genitori se non presenti all’ascolto? Come dicevo, l’interrogatorio viene
effettuato in una stanza in cui sono presenti: il minore, i funzionari di Polizia, i vari esperti, ma non i
genitori. Tra le altre cose, ciò permette al ragazzo di esprimersi liberamente, riguardo situazioni
intime e personali, a cui sono spesso connessi sentimenti di imbarazzo e vergogna, che
aumenterebbero alla presenza dei genitori. Bisogna dire che generalmente i genitori delle vittime
sanno che cosa hanno subito i loro figli, dal momento che nella quasi totalità dei casi sono loro stessi
a sporgere denuncia dopo esserne venuti a conoscenza. Tuttavia, quando viene comunicato loro che
non possono partecipare all’interrogatorio, si mostrano molto preoccupati all’idea di abbandonare il
figlio e di non poterlo aiutare a gestire questo momento nuovo e complicato. Dunque, è importante
fornire anche ai genitori un qualche tipo di sostegno. Solitamente, mi occupo direttamente io di
questo aspetto e cerco di rassicurarli e aiutarli nel miglior modo possibile.
Ha partecipato alla perquisizione dell’autore di reato? E quali reazioni ha osservato in lui?
Credo che nel pensiero comune sia facile immaginarsi il disagio provato dalle vittime, ma un po’ più
difficile sia comprendere le reazioni e i pensieri del minore autore di reato. Sin dai primi giorni del
mio lavoro, mi sono reso conto che, di frequente, il minore che delinque sperimenta sentimenti di
vergogna e imbarazzo, quando è messo di fronte a ciò che ha fatto. Molti di loro non sono
assolutamente consapevoli del reato che hanno commesso e della possibile condanna che possono
subire, fino al momento in cui interveniamo: per loro rientra ancora tutto nella dimensione del gioco.
Che reazioni ha osservato nella famiglia dell’autore di reato? Le famiglie tendono a reagire in
modo estremamente diverso fra loro, in base al rapporto che hanno con il figlio/la figlia, all’età e al
background socio-culturale. In base alla mia esperienza, credo che il tipo di estrazione sociale incida
molto sulla percezione che i genitori hanno del reato commesso dal figlio minorenne. Purtroppo, mi
sento anche di affermare che spesso le mamme e i papà degli autori di reato non si rendono
pienamente conto della gravità del fatto, mostrandosi invece inclini a definirlo come “uno scherzo
fra ragazzi”. In questi casi, invito questi genitori ad invertire le parti e a mettersi nei panni della
vittima e della famiglia della vittima.
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Quali sono state le difficoltà incontrate nel gestire le loro reazioni? Le difficoltà maggiori
riguardano il riuscire a far capire ai genitori dell’autore di reato che quello che il figlio ha commesso,
consiste in un reato penale vero e proprio.
Qual è l’approccio del vostro Dipartimento per affrontare casi di questo tipo? Mi permetta di
usare una definizione a me cara, quando dico che l’intervento in queste situazioni deve configurarsi
in una vera propria “Azione sociale”. Credo che il nostro compito fondamentale sia quello di
garantire alla vittima e all’autore di reato una rete di tutela a 360°, in grado di farsi carico dei minori
attivando più Servizi e Agenzie sul territorio.
Cosa ne pensa di questo tipo di fenomeno come padre/persona? Cerco di essere un padre attento:
anche grazie al mio lavoro, so che questi fenomeni esistono e sono altrettanto consapevole del fatto
che sono molto diffusi e che non è raro che coinvolgano adolescenti come tutti gli altri, tra i quali
potrebbero esserci i nostri figli. Scattarsi selfie “sessuali” è una moda che dilaga fra i giovani e
sfocia spesso nell’invio di queste immagini/video ad amici e partner. Mi sono fatto l’idea che molti
genitori, nel momento in cui vengono a conoscenza dell’abitudine del figlio di praticare “sexting”,
rimangano esterrefatti più che altro perché non si capacitano che il loro bambino stia crescendo e stia
acquisendo una certa maturità sessuale, aspetto che spesso sembra preferiscano negare.
E come poliziotto? In questi quattro anni di Servizio presso la Polizia Postale e delle
Comunicazioni, ho avuto modo di poter entrare in punta di piedi nel particolare mondo degli
adolescenti e ho cercato di immedesimarmi in loro, di comprendere le loro difficoltà e le loro paure.
Credo fermamente che solo ponendoci in un’ottica di comprensione ed empatia, abbandonando
l’atteggiamento giudicante e criticante tipico del mondo adulto, possiamo fare chiarezza su questo
fenomeno. Non è facile: per questo definisco il mio lavoro come “un’esperienza formativa” che non
si esaurisce mai.
Se dovesse immaginare un momento formativo su questo fenomeno, quali sono gli aspetti che
vorrebbe approfondire? Da addetto ai lavori, sono profondamente convinto che la chiave stia nella
prevenzione. E’ cruciale che i nostri figli vengano sensibilizzati sull’utilizzo di internet e delle nuove
tecnologie; deve passare l’idea che internet è un luogo fantastico e pieno di opportunità, ma che allo
stesso tempo può nascondere insidie e pericoli. Ugualmente, dovremmo formare i nostri ragazzi
passando il messaggio che le cose personali, quando postate in internet, perdono la dimensione del
privato e diventano di dominio pubblico. Evitiamo però il proibizionismo: sappiamo bene che
impedire qualcosa ad un adolescente equivale a stimolare la sua ricerca del brivido e dell’andare
controcorrente.
Per risolvere questo fenomeno è necessario… Progettare un’azione più ampia, che consista in un
reale impegno di ognuno di noi, a partire dalla società civile, alla scuola e alle Istituzioni.
Dalla preziosa testimonianza del Dott. Pennisi, esperto del settore, emergono temi cruciali come: la necessità
di un approccio integrato e multi-professionale, le modalità per relazionarsi con le vittime e con la famiglia
di esse. Ancora, la visione della devianza giovanile come un’estrema sofferenza e un disagio che vanno
compresi, ma prima di tutto prevenuti con “azioni sociali” di sensibilizzazione e formazione.
A tal proposito riportiamo di seguito i requisiti minimi per il lavoro degli operatori con le vittime minorenni
di abuso sessuale online, racchiusi nel “Vademecum per le Forze di Polizia” (2014, Ministero della Giustizia
e dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza):
1. Formazione integrata: Tutti i professionisti devono condividere un linguaggio e conoscenze comuni,
per affrontare il fenomeno e facilitare lo scambio di informazioni e la collaborazione fra le differenti
aree di intervento che operano nelle singole situazioni;
2. Conoscenza della normativa relativa al caso: Tutti gli attori coinvolti devono avere una conoscenza
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di base della normativa esistente così da riconoscere il fenomeno, e migliorarne la
rilevazione/segnalazione e la gestione nella rete di protezione;
Conoscenza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: Tutti gli attori coinvolti nel
percorso devono conoscere gli strumenti tecnologici adoperati dalle persone di minore età, i bisogni
e le motivazioni che sottendono al loro utilizzo e i rischi associati;
Conoscenza degli aspetti clinici o psicosociali del fenomeno: Tutti gli attori coinvolti nel percorso
devono avere una conoscenza di base delle caratteristiche e delle implicazioni dell’abuso sessuale
online, ovvero le possibili conseguenze psicologiche derivanti dall’esposizione diretta al- l’evento
traumatico, al fine di assumere un approccio in grado di ridurre al minimo il rischio di
rivittimizzazione;
Conoscenza del contesto: Tutti i professionisti coinvolti devono conoscere i vari contesti all’interno
dei quali si opera (giudiziario, sociale, psicologico, educativo), nel rispetto delle reciproche
competenze;
Lavoro integrato multidisciplinare: È necessaria una completa collaborazione e integrazione tra
servizi e tra professionisti, sia sul piano dell’intervento nei singoli casi, sia in merito all’interazione
istituzionale, utilizzando le reti presenti sul territorio e le forme di collaborazione già individuate
(linee guida, protocolli, ecc.);
Tempestività del processo di intervento: La presa in carico psicosociale della vittima e della sua
famiglia, se protettiva, va attivata il più tempestivamente possibile, per fornire le più opportune
forme di supporto sia nella fase di scoperta dell’abuso, che rappresenta un momento di crisi per la
famiglia, che nel successivo percorso giudiziario.
Nel concreto, significa attuare momenti di confronto tra le forze di polizia, Autorità Giudiziaria, Istituzione
scolastica e Servizi Socio-sanitari Territoriali preposti alla tutela dei minori, con una frequenza che verrà
stabilita caso per caso, sviluppando momenti di coordinamento e cooperazione, per stabilire insieme
percorsi, tempi e modalità di azione, durante ogni fase dell’intervento (indagini, percorso giudiziario, ecc.).
In generale quindi, soltanto una presa in carico integrata da parte di tutti i servizi del territorio assicura la
protezione del minore e l’efficacia degli interventi in suo favore.
CONCLUSIONI: Le soluzioni e le strategie
Come abbiamo visto, le nuove tecnologie sono parte integrante delle vite dei nostri ragazzi e influenzano i
loro meccanismi di socializzazione e di relazione, la costruzione del sé, lo sviluppo dell’identità e della
personalità. Come abbiamo visto, i ragazzi molto spesso sanno perfettamente distinguere tra giusto/sbagliato.
Allo stesso tempo, dalla ricerca emerge come, molto di frequente, gli adolescenti sottostimino le
conseguenze di atti che possono configurarsi in veri e propri reati.
Come possiamo proteggere i ragazzi dai rischi della rete, assicurando la maggior tutela possibile di bambini
e adolescenti online?
Gli interventi possono essere di tipo sanzionatorio o educativo; nel primo caso ci si focalizza sul
comportamento agito, sulla gravità di esso e sulle conseguenze provocate alla vittima. In questo modo, si
focalizza l’attenzione sul “qui e ora”, non favorendo cambiamenti a lungo termine. Al contrario, gli
interventi educativi sono invece finalizzati a promuovere un radicale cambiamento della situazione,
stimolando la ricerca autonoma di soluzioni adeguate (Ripamonti, 2011). Adottare la linea del
proibizionismo e porre un duro veto a questa pratica non darebbe risultati positivi. La sottrazione del
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cellulare, prospettata da molti adolescenti del campione come uno dei più probabili provvedimenti messi in
atto dai genitori, non è certamente la più efficace.
L’unica vera soluzione per incidere sul fenomeno pare essere quella di implementare vere azioni di
prevenzione coinvolgendo genitori, familiari, insegnanti, professionisti dell’infanzia, con lo scopo di creare
una rete di sensibilizzazione al problema e di educazione a un buon uso della rete.
E’ dunque fondamentale adottare un atteggiamento di apertura e comprensione, immergersi in un clima di
ascolto e dialogo, educando il minorenne a valutare rischi, pericoli ma anche, e soprattutto, opportunità della
rete. e promuovendo le buone prassi sull’uso di internet e delle nuove tecnologie.
Evitiamo quindi la “patologizzazione” di ogni tipo di rapporto fra i giovani e internet. I bambini e gli
adolescenti hanno bisogno di internet, ma di un internet di qualità, che regali loro competenze e strumenti
per crescere e maturare in sicurezza.
Varie sono le iniziative nell’ambito internazionale che cercano di perseguire questo obiettivo. Ricordiamo la
“European Strategy for a Better Internet for Children”, elaborata dalla Commissione Europea nel 2012, col
fine di sensibilizzare istituzioni e società civile sui rischi e le opportunità della rete, promuovendone un uso
consapevole e combattendo lo sfruttamento minorile e la pedopornografia. Nel novembre 2015, con gli stessi
obiettivi, è stata approvata ad Abu Dhabi, in occasione del Summit WePROTECT, la “Dichiarazione dei
governi sulle misure contro la violenza sessuale nei confronti dei minori su internet”. Concretamente, il
Progetto “Safer Internet Centre” prevede azioni e iniziative per la promozione della sicurezza sul web, la
prevenzione del disagio e di interventi attraverso vari canali e strategie, anche all’interno delle scuole.
“Generazioni connesse”, il Safer Internet Centre italiano, cofinanziato dalla CE è coordinato dal Ministero
della Pubblica Istruzione, i cui partner sono l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza la Polizia
Postale e delle Comunicazioni, Telefono Azzurro, Save the Children Italia, Skuola.net Cooperativa E.D.I.
Onlus e Movimento Difesa del Cittadino. Alcune coalizioni mondiali che lavorano per la sicurezza dei
minori in rete sono ICMEC (International Centre for Missing and Exploited Children), NCMEC (National
Centre for Missing and Exploited Children), insafe, INHOPE, EAN (European Antibullying Network).
Dunque, se lo scopo è quello di consentire ai ragazzi di sentirsi liberi sul web, seppur al sicuro, si può
provare a vedere anche il fenomeno del sexting in quest’ottica. Gli smartphone, le App di messaggistica e in
generale le nuove tecnologie possono essere usati per causare un danno ma, allo stesso tempo, costituiscono
una grande opportunità, se si riesce nel tentativo di calibrare la protezione della privacy e la libertà di
espressione del minore.
E non dimentichiamoci, che stiamo sempre parlando di adolescenti…
“Esiste solo una vera cura per l’adolescenza […]. Questa consiste nel tempo che passa e nel graduale
processo di maturazione, i quali congiuntamente avranno come risultato finale l’emergere della persona
adulta” Winnicott (1961). (Goisis, 2014).
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Goisis P. T. Costruire l’adolescenza, tra immedesimazione e bisogni. Mimesis (2014)
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Ripamonti, C. A. (2011). La devianza in adolescenza. Il Mulino
Tsaliki , L., Chronaki, D., Olafsson, K. (2014). Experiences with sexual content: what we know from the
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https://www.commonsensemedia.org/research/the-common-sense-census-media-use-by-tweens-and-teens
Settimanale “Internazionale” Snapchat spiegato agli adulti. Il social network basato su messaggi che si
autodistruggono è il più usato dagli adolescenti. E il più amato dalle grandi aziende. 15-21 aprile 2016.
SOS Il Telefono Azzurro Onlus www.azzurro.it
The Guardian. Snapchat: the self-destructive message app that’s becoming a phenomenon. 26 Giugno 2013.
https://www.theguardian.com/technology/shortcuts/2013/jun/26/snapchat-self-destructing-message-appDott.ssa Francesca Scandroglio
“Sexting: una ricerca sul fenomeno, dal punto di vista degli adolescenti”
Pag 22
Università degli Studi di Roma La Sapienza - Master di II Livello in Psicologia Giuridica e Forense
phenomenon
The New York Times. Schools can’t stop kids from sexting. More technology can. 10 novembre 2016
http://www.nytimes.com/2015/11/10/opinion/schools-cant-stop-kids-from-sexting-more-technologycan.html?emc=eta1&_r=0
Dott.ssa Francesca Scandroglio
“Sexting: una ricerca sul fenomeno, dal punto di vista degli adolescenti”
Pag 23