Self Empowerment – Time management

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Self Empowerment – Time management
“Self Empowerment – Time management”
Episodio numero 18: Un giorno da manager
Testo dell’episodio del podcast audio “Un giorno da manager”
Contenuto
An. : Ciao Arianna
Ar. : Ciao Andrea, ho fatto come mi hai chiesto. Ho riascoltato tutta la serie e
trascritto le osservazioni, i suggerimenti, gli strumenti di cui abbiamo parlato nei
nostri incontri. Mi avevi telefonato per questo, l’altra sera, no?
An. : Si ti avevo chiamato proprio per questo. Volevo che tu fossi pronta per la mia
proposta di oggi: manager per un giorno.
Ar. : Cosa?
An. : La situazione che ti propongo è questa: tu sei il manager per un giorno ed io il
tuo consulente, quello che ti segue. Osservo la tua giornata e intervengo discutendo
con te le scelte che hai operato.
Ar. : Ci sto. E ho anche una mezza idea del manager che vorrei essere. Qualche
giorno fa sono stata all’incontro di avvio per la mia nuova collaborazione
professionale.
An. : Ti riferisci all’incarico per il doppiaggio del cartone animato?
Ar. : Esatto. Dalla prossima settimana si comincia con il lavoro e ho conosciuto i miei
nuovi colleghi e il direttore di doppiaggio. Penso di poter impersonare il suo ruolo.
An. : Bene Arianna, neodirettrice di doppiaggio della società a cui è stato affidato il
doppiaggio del cartone animato, quello per il mercato italiano. Sei pronta?
Ar. : Cominciamo. Ma con un’avvertenza: la realtà è diversa ma vorrei immaginare un
modo personale di fare il direttore di doppiaggio. Un modo mio, originale.
An. : È lunedì mattina e arrivi al lavoro. In genere il lavoro comincia alle 9 e a
quell’ora arrivano quasi tutti i tuoi colleghi, gli attori, i tecnici della produzione, la
segreteria di redazione.
Ar. : Lunedì mattina arrivo alle 8.30. In genere arrivo un po’ prima degli altri la
mattina. Mi preparo un caffè e lo bevo mentre scorro la posta elettronica che mi è
arrivata. Il lunedì ho bisogno di dieci minuti in più per pianificare gli impegni della
settimana. Con l’agenda e i miei appunti sulle cose da fare comincio ad individuare
le priorità per la settimana.
An. : E quando hai trovato il tempo di prepararti la lista delle cose da fare?
Ar. : Venerdì sera alla fine della giornata di lavoro.
An. : Cosa prevede la tua giornata per oggi?
Ar. : Alle 9.30 c’è la riunione di programmazione delle attività. Non amo cominciare la
settimana con una riunione e non abbiamo l’abitudine di fare una riunione il lunedì
mattina, anche se molti miei colleghi mi dicono che è utile.
An. : Effettivamente succede spesso che il lunedì mattina sia dedicato uno spazio
alla programmazione settimanale. Avere un momento fisso da destinare al confronto
con i collaboratori può essere molto utile; se il tempo dedicato è sempre lo stesso giorno, orario e durata - ognuno può programmare la propria agenda tenendo conto
dell’impegno. Ma l’aspetto ancora più importante è la certezza di disporre di uno
spazio di confronto, un momento in cui presentare le criticità che si manifestano
prima che diventino un problema, o semplicemente aggiornarsi sull’andamento del
lavoro, soprattutto di quello che è stato delegato dal manager. Accanto a questi
aspetti positivi ci sono quelli negativi, i pericoli. Il più evidente è la ritualizzazione: se
facciamo una riunione tutte le settimane, sempre nello stesso modo, alla lunga si
manifesta la tendenza ad improvvisare la riunione, a non definire l’ordine del giorno,
a non mandare un feedback di ciò di cui si è parlato e che si è deciso. Naturalmente
è solo un pericolo potenziale…
Ar. : Questo lunedì la riunione è necessaria per distribuire i compiti e condividere la
pianificazione di tutto il lavoro di produzione. I miei collaboratori sono stati informati. Ho inviato
loro in una comunicazione via mail l’ordine del giorno; presentazione della pianificazione del
lavoro da parte mia, distribuzione dei compiti, condivisione degli obiettivi intermedi. Il piano di
lavoro l’ho inviato con l’ordine del giorno in modo che ognuno lo potesse studiare in anticipo.
An. : Ci sono altri impegni nella sua giornata?
Ar. : La riunione dovrebbe concludersi alle ore 11.00. Fino alle 13 ho lasciato lo
spazio per visionare un nuovo prodotto, un cartone animato giapponese che ci
hanno proposto di doppiare. Devo capire se abbiamo la capacità di farlo nel poco
tempo che ci mettono a disposizione. A pranzo sono con un’amica, alle due e mezzo
torno in ufficio, anzi vado direttamente in sala mixer. Insieme con il fonico dobbiamo
visionare il lavoro che abbiamo fatto la scorsa settimana. In pratica si tratta di
vedere un film che abbiamo doppiato, un bel film a dire il vero, francese. Saranno un
paio d’ore piacevoli, in fondo. L’ultima parte della giornata la dedicherò alla
corrispondenza, alle telefonate ai fornitori e ai clienti; ho delle seccature con un paio
di loro, sulla qualità del lavoro e ci hanno bloccato i pagamenti. Ho bisogno di tutta la
calma e la pazienza per affrontarli.
In questo periodo devo anche preparare un report per il consiglio di amministrazione
della società ed è mio compito fornire informazioni e dati per prendere le decisioni.
An. : Pausa. Il tuo manager è razionale e organizzato. Fino ad ora ci ha detto proprio
questo; la sua giornata è impostata, gli spazi destinati alle attività sono equilibrati;
tanto al lavoro di coordinamento, tanto al lavoro di approfondimento individuale,
tanto alle relazioni, anche alle comunicazioni. Dalle parole del tuo manager emerge
anche un buon rapporto con i collaboratori, improntato all’efficienza e alla
trasparenza.
Ar. : Se posso uscire un attimo dal personaggio, c’è una cosa che mi piace di questo
manager. Ha il controllo della sua vita in ufficio. Mi piace che non tergiversi, che non
apra facebook, faccia due chiacchiere via mail. In questa giornata si è dedicato solo
la pausa pranzo come momento ricreativo.
An. : Gli chiederemo più tardi come gestisce le pause o le possibili perdite di tempo.
Ora mi interessa capire da lui qualcosa di più sulla collaborazione con i dipendenti.
Ar. : Chiedi pure.
An. : L’oggetto della riunione era la presentazione della pianificazione del lavoro,
vero?
Ar. : Esatto. Il documento che avevo inviato loro.
An. : Qual è la reazione dei tuoi collaboratori?
Ar. : Reazioni varie, sai dipende dal carattere. C’è l’attore sicuro e navigato che dice
“nessun problema” per ogni cosa. C’è quello alle prime armi, insicuro, che si lamenta
del poco tempo disponibile per questa o quell’attività. C’è la segretaria che
diligentemente fa notare le incongruenze o le possibili sovrapposizioni tra le attività
pianificate e gli altri impegni della società. Che so: “la sala prove in quei giorni è
stata già prenotata per un’altra produzione” oppure “il tecnico del montaggio deve
prima finire un altro lavoro”. Ci sono un paio di attori che suggeriscono soluzioni
alternative.
An. : Le reazioni in genere dipendono dal carattere è vero, ma molto anche dal ruolo e dagli
obiettivi personali di chi lavora con il manager. Mi spiego meglio; la segretaria gioca il suo ruolo
e riafferma il suo campo di azione e la sua competenza ricordando quello che il manager può
non aver considerato, ovvero l’integrazione delle attività che lui gestisce con quelle che fanno
gli altri nella società. L’attore navigato riafferma il suo ruolo di leader, quello giovane come dici
tu è insicuro e mette le mani avanti rispetto a possibili fallimenti. Sono solo esempi, ma ciò che
conta è la capacità del manager di ascoltare attentamente i suoi collaboratori e collocare il loro
intervento nel quadro della attività da programmare ma anche nel loro quadro psicologico,
motivazionale. E soprattutto deve capire quali sono gli obiettivi di ognuno di loro.
Ar. : Perché gli obiettivi determinano le priorità giusto?
An. : Esatto. Se gli obiettivi dei tuoi collaboratori sono chiari ed espliciti ci sono due
cose che puoi fare: verificare che i loro obiettivi siano coerenti e compatibili con gli
obiettivi che hai tu, che sono quelli dell’attività pianificata naturalmente e in quel
caso assecondarli; se gli obiettivi sono distanti o conflittuali cercare di trasformarli a
vantaggio dell’attività che sei chiamato a gestire. E nel caso non ci riuscisse
riaffermare le priorità del gruppo di lavoro.
Ar. : Pensavo che un manager prendesse solo decisioni.
An. : No, non prende solo decisioni. Ci sono uomini e donne con lui, non lavora da
solo. Ci sono uomini e donne con le loro vite, le loro percezioni, i loro sbandamenti e
le loro intuizioni. Il lavoro di squadra ha bisogno di qualcuno che sia capace di
trasformare gli individui in un insieme coordinato di idee, valori, capacità di lavoro,
competenze. Il successo dell’attività che ha pianificato è il successo di questo lavoro
di coordinamento, posto che al manager sono assegnate risorse, obiettivi e vincoli.
Ar. : Comunque il mio personaggio manager è uno che sa ascoltare e dedica tempo
ai suoi collaboratori. Conosce la vita personale di ognuno e conosce le motivazioni.
La segretaria è divorziata da poco, ha una figlia di undici anni ed è molto legata al
suo lavoro, oltre che competente. Forse è anche un modo per riaffermare le sue
capacità e la sua autostima. Come manager so che posso contare su di lei e posso
confrontarmi onestamente e liberamente, ma so anche che a volte è difficile per lei
conciliare la sua vita privata di mamma single con il lavoro. Il giovane attore l’ho
scelto io, dopo averlo visto all’opera in uno spettacolo. Mi è piaciuto, ha grandi
potenzialità, ma è davvero insicuro e ha bisogno di essere sostenuto. L’attore più
anziano lavora in azienda da prima di me ed ho faticato ad essere accettata da lui.
Lo coinvolgo spesso per avere il suo parere, ma mi accorgo che non siamo in linea e
devo fare molta attenzione a non contraddirlo troppo.
An. : Il tuo manager mi pare molto centrato nel suo ruolo. Un dubbio; nella giornata
che stai descrivendo non c’è spazio per l’ascolto di cui hai parlato? Come fa ad
essere a conoscenza di tutto questo? In altri termini: impiega molto tempo per capire
come lavorare con i suoi collaboratori?
Ar. : A volte è inevitabile concedere un po’ di tempo anche durante le normali
occupazioni, quel tempo un po’ per cosi dire “rubato”. Ma le sue giornate seppure
intense, raramente sono riempite totalmente e come ti ho detto nella giornata di oggi
ho tempo da dedicare ai clienti e ai fornitori, un tempo per alcune seccature e grane
da risolvere. A quel tempo, più o meno tra le 16.30 e le 18.00 posso rimandare
eventuali incontri con i collaboratori, magari anche solo per capire quali sono le loro
opinioni o perplessità sul lavoro che è stato pianificato e discusso insieme.
An. : Bene qualche avvertenza. Motivare le persone, accogliere le loro proposte e le
loro
difficoltà è certamente importante perché permette di valorizzare i contributi e al tempo stesso
di prevenire possibili criticità che comunque pesano sulla sua responsabilità perché alla fine
sarà lui chiamato a rispondere del successo o del fallimento dell’attività, in questo caso del
lavoro di doppiaggio dei cartoni animati che gli è stato affidato. Da queste capacità di ascolto e
motivazione deriva la possibilità di individuare i compiti da affidare. Se sono compiti concreti,
chiari e misurabili, coerenti con le competenze dei collaboratori, utilizzerà al meglio il loro
tempo e anche il proprio.
Ar. : Quindi sono brava come manager!
An. : Sì, lo sei. Devi solo fare attenzione a non lasciarti trascinare in lunghe
conversazioni fini a se stesse con i tuoi collaboratori. In questo come manager puoi
influire più con l’esempio che con le capacità persuasive. Il fatto che tu abbia diviso
la giornata in “unità” definite è certamente di grande aiuto; la riunione della mattina
è importante e anche il lavoro di studio delle nuove sceneggiature e proposte di
lavoro. C’è bisogno del massimo della concentrazione e la mattina in genere è
ideale. Le attività del pomeriggio sono operative e relazionali; richiedono meno
impegno che con l’andare della giornata diventa più difficile da sostenere. Insomma
un buon equilibrio.
Ar. : Sai, era il primo giorno. Ma martedì potrebbe essere diverso. Ci potrebbero
essere imprevisti, il giovane attore può sbagliare, quello esperto può impuntarsi e
polemizzare con me su alcune scelte…
An. : Gli errori devono essere accettati e anche tu come manager sbaglierai. La
gestione dell’errore è un grande momento di crescita. Dall’analisi dell’errore possono
derivare importanti occasioni di sviluppo del lavoro, delle competenze di chi ha
sbagliato e anche delle tue nell’affinare gli strumenti di controllo intermedio e non
rischiare altri errori in futuro. Io sono dell’idea di non lesinare gli encomi e non
umiliare nelle osservazioni negative. Devi prevedere con i collaboratori una relazione
di lungo periodo che ha bisogno di un clima positivo di condivisione, non di terrore.
Le persone intimorite e sotto stress sbagliano più spesso e nessuno mi convincerà
mai del contrario.
Ar. : Nient’altro.
An. : Due cose. La prima: decidi. Il tuo ruolo, come dicevi, è anche quello di prendere
decisioni e spesso si confonde dare gli ordini con prendere le decisioni. La capacità
decisionale è la prerogativa del manager e da lui ci aspetta che lo faccia.
Ar. : E la seconda?
An. : Ricordati di mandare un feedback ai tuoi collaboratori sulle decisioni prese
durante la riunione. Potresti aver delegato a qualcuno l’annotazione in un verbale dei
contenuti della riunione. Dovresti avere il tempo di controllare ciò che è stato scritto,
integrarlo e mandarlo in modo che rimanga un traccia delle decisioni prese.
Ar. : E poi posso depennare dalla mia lista le cose fatte…e andare a casa contenta!