giornalino dei liceali sede di Pergola

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giornalino dei liceali sede di Pergola
INDICE
L’ANGOLO DI
GENNARO
15
ATTUALITÀ
2
EPISTOLE...
16
SAGGI E
RECENSIONI
7
SBALLO
20
ATTUALITÀ
VERITÀ PER GIULIO REGENI
A soli 28 anni, Giulio Regeni aveva già lavorato
presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo
sviluppo industriale, e stava conseguendo un dottorato di ricerca presso l’Università di Cambridge; si
trasferì in Egitto per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani presso l'Università Americana del Cairo. In alcuni articoli, pubblicati
dall'agenzia di stampa Nena e, postumo, da “il manifesto”, emerge la descrizione del ricercatore italiano
inerente alla difficile situazione sindacale dopo la
rivoluzione egiziana del 2011. Giulio Regeni era un
ragazzo in gamba. Anzi, più che in gamba: l’ormai
(tristemente) classico cervello in fuga che l’Italia
snobba e poi rimpiange. Un giovane con un futuro
roseo davanti, ricco di aspettative e progetti. Ciò che
è successo è profondamente ingiusto, non doveva
andare così. Giulio Regeni è infatti morto, o meglio,
è stato ucciso. L'omicidio è stato commesso in Egitto
tra il gennaio e il febbraio 2016. Il ricercatore triestino è stato probabilmente rapito il 25 gennaio 2016,
giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e il suo corpo ritrovato il 3 febbraio successivo. Le condizioni della sua salma, trovata vicino al Cairo in un fosso lungo l'autostrada CairoAlessandria, hanno evocato ipotesi di tortura eventualmente in connessione con i legami che Regeni
aveva con il movimento sindacale che si oppone al
governo del generale al-Sīsī. Il corpo recuperato mostrava segni compatibili con ipotesi di sottoposizione
a tortura: contusioni e abrasioni in tutto corpo, come
quelle tipicamente causate da un grave pestaggio,
lividi estesi; si contarono più di due dozzine di fratture ossee, tra cui sette costole rotte, e si riscontrarono coltellate multiple sul corpo, oltre a numerosi
tagli, in ogni zona corporale. Subito dopo il ritrovamento del cadavere, il generale Khaled Shalabi
(direttore dell'amministrazione generale delle indagiPagina 2
ni di Giza) dichiarò che Regeni era stato vittima di
un semplice incidente stradale. La polizia egiziana
sostenne che l'omicidio poteva essere avvenuto per
motivi personali.
Funzionari egiziani ed italiani hanno condotto autopsie separate sul corpo di Giulio Regeni.
La relazione ufficiale forense egiziana del 1º marzo
2016 attesta che il ricercatore italiano fu interrogato
e torturato prima di essere ucciso, mentre i risultati
dell'autopsia egiziana non sono ancora stati resi pubblici. Un rapporto di 300 pagine contenente i risultati
dell'autopsia italiana è stato consegnato all'ufficio
del pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di Roma. In seguito, Il 24 marzo 2016 la
polizia egiziana ha ucciso in una sparatoria quattro
uomini, inizialmente indicati come probabili responsabili di sequestro di persona in danno del Regeni. Il
Ministero dell'Interno egiziano ha affermato che la
banda criminale uccisa era specializzata nei rapimenti di cittadini stranieri al fine di estorcere loro
denaro.
Durante l'operazione in cui è stata sgominata la banda, la polizia egiziana ha ritrovato una borsa nella
quale erano contenuti vari oggetti, di cui alcuni effettivamente appartenuti a Regeni: il passaporto, i
tesserini di riconoscimento dell'Università di Cambridge e dell'Università Americana del Cairo, oltre
alla carta di credito; l'ufficio del procuratore di Nuovo Cairo ha poi negato che la banda criminale fosse
coinvolta nell'omicidio. I servizi di sicurezza del
governo di Abd al-Fattah al-Sisi sono stati quindi
inevitabilmente sospettati di coinvolgimento nella
sua uccisione, potendo nutrire le ragioni di un eventuale movente nell'attività di ricerca di Regeni. I media e il governo dell'Egitto hanno respinto l'accusa di
coinvolgimento nell'omicidio, sostenendo invece che
gli agenti segreti sotto copertura appartenenti ai Fratelli Musulmani avrebbero effettuato il crimine al
fine di mettere in imbarazzo il governo egiziano e
Gens Una Sumus
destabilizzare i rapporti tra Italia ed Egitto. Il caso
ha chiaramente suscitato l’interesse e l’attenzione di
altri paesi: oltre 4000 accademici hanno portato
avanti una protesta, chiedendo di firmare un'inchiesta sulla sua morte e sulle numerose sparizioni che si
verificano in Egitto ogni mese. Amnesty International Italia ha poi lanciato la campagna “Verità per
Giulio Regeni” e il 10 marzo 2016 il Parlamento
europeo a Strasburgo ha approvato una proposta di
risoluzione che ha condannato la tortura e l'uccisione
di Giulio Regeni e le continue violazioni dei diritti
umani del governo di al-Sisi in Egitto. Una situazione quindi delicatissima, che potrebbe fratturare i rapporti tra i due paesi: lo stato egiziano continua a
cambiare versione, o meglio, menzogna, mentre la
famiglia di Giulio non smette di piangere: Il caso è
diventato ormai una questione diplomatica di primo
livello. Ciò che non va dimenticato è che dietro c’è
una vita umana, un omicidio di un giovane che si
apprestava a diventare uomo: ma è mai possibile che
nemmeno la morte provochi compassione nelle istituzioni? Ci sono cose più importanti di un’alleanza
europea di primo ordine, o di una stretta collaborazione per la realizzazione di centri di lavorazione del
grano. L’Egitto, attribuendo a chi non può difendersi
la responsabilità delle torture e del delitto Regeni,
assume un comportamento ignobile. La situazione è
inaccettabile, per la famiglia di Giulio, per gli italiani e per l'opinione pubblica mondiale, così come è
inaccettabile il metodo tentato per uscirne. Le indagini sono in capo all’autorità e alla polizia giudiziaria egiziane, quelle italiane collaborano nei limiti del
possibile: poiché in questi mesi hanno prodotto solo
depistaggi, sventati dagli inquirenti italiani, le forze
investigative e la nazione egiziana non sono più credibili. In Egitto hanno tentato di infangare l’immagine di Giulio e quando non ci sono riusciti hanno scaricato la responsabilità del rapimento e della morte
sulla banda dei cinque rapinatori. L’unica via per
arrivare a una ricostruzione coerente dei fatti sembra
essere rappresentata dalla testimonianza di un Anonimo-testimonianza che è stata fatta recapitare agli
organi del quotidiano “La Repubblica”, che l’hanno
poi pubblicata per la prima volta in un articolo del 6
aprile- che racconta ciò che sarebbe accaduto a Giulio tra il 25 gennaio e il 3 febbraio. Una storia che
porta dritta al cuore degli apparati di sicurezza egiziani, civili e militari, della polizia di Giza, del Ministero dell'Interno, della Presidenza. L'Anonimo alternando, nei testi, l'inglese, qualche parola di italiano,
e la sua lingua, l'arabo, lascia intendere di essere
veicolo di informazioni di chi non può esporsi in
prima persona, se non a rischio della vita. Delle sue
mail sono in possesso il legale della famiglia Regeni,
Alessandra Ballerini. Come ogni Anonimo, l'attendibilità del suo racconto va presa con assoluto beneficio di inventario, se non fosse per una circostanza:
l'Anonimo svela almeno tre dettagli delle torture
Anno XIX numero 1
inflitte a Giulio Regeni mai resi pubblici e conosciuti solo dagli inquirenti italiani, perché corroborati
dall'autopsia effettuata sul cadavere di Giulio nell'Istituto di medicina legale di Roma. Chi scrive, insomma, chiunque esso sia, sapeva e sa qualcosa che
potevano conoscere solo i torturatori di Giulio o chi
dei suoi tormenti è stato testimone.
"L'ordine di sequestrare Giulio Regeni - scrive l'Anonimo - è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento
investigativo di Giza", il distretto in cui Giulio
scompare il 25 gennaio. Lo stesso ufficiale con alle
spalle una condanna per torture che, dopo il ritrovamento del cadavere, accrediterà prima la tesi dell'incidente stradale e quindi quella del delitto a sfondo
omosessuale. "Fu Shalabi, prima del sequestro, a
mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento
insieme ad ufficiali della Sicurezza Nazionale". E
"fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a
trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza
di Giza per ventiquattro ore".
In un articolo tratto da “La Stampa” del 22 maggio,
si evince come il consulente al Cairo della famiglia
Regeni, Ahmed Abdallah, sia stato rinchiuso in carcere (ormai da un mese) con l’accusa formale di attività sovversiva. «Non mi hanno torturato finora»
dice l’uomo, che in una situazione così surreale, angosciante e vergognosa si limita a chiedere all’Italia
e alla famiglia Regeni di non mollare. Come sia andata realmente la vicenda è ormai sotto gli occhi di
tutti: chi crede veramente che Giulio non sia stato
ucciso dai servizi segreti d’Egitto è in malafede.
Dietro questa storia assurda -che necessariamente
deve giungere, in un tempo brevissimo, all’ormai
chiaro epilogo Reale- oltre a Giulio e al dolore dei
suoi genitori ci sono gli italiani e gli europei vogliosi
di chiarezza: insomma, qualsiasi cittadino creda nella giustizia, perché è questa che si esige. Se il comportamento dell’Egitto è stato e continua ad essere
incommentabile, quello degli organi istituzionali
italiani doveva essere diverso, sicuramente più duro.
Per un momento, per un diavolo di momento, è fondamentale mettere da parte gli interessi, per dimostrare come lo Stato e gli statisti siano presenti, come essi siano vicini alle persone comuni e come lottino perché casi così riprovevoli non si verifichino.
Mai più.
Antonio Bompani
Fonti utilizzate: “La Repubblica” (articolo 6/4), “La
Stampa” (pezzo 22/5), “L’Espresso” (per ricostruzione vicenda dagli albori).
‘
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NECROLOGIO PER MARCO PANNELLALa gioia di Lottare
soglie molto più basse (tranne per l’exploit isolato
della Lista Emma Bonino alle elezioni europee del
1999, quando prese l’8,5 per cento dei voti)- fonte
“La Repubblica”-, e nonostante ciò diede del filo da
torcere e seppe incidere sull’Italia in una misura notevolmente maggiore rispetto alle sue piccole dimensioni. Una lotta radicale alla quale molti giovani sono legati è quella relativa all’antiproibizionismo delle droghe leggere: considerata negli anni ’70 roba da
hippie, oggi invece se ne discute, finalmente, come
strumento adatto per contrastare le narcomafie. Pannella era avanti, avanti rispetto ai benpensanti e
all’opinione collettiva: il suo percorso libertario e
libertino lo era. I detrattori gli contestano certe scelte
di alleanza politica, effettivamente discutibili: negli
anni ottanta aveva puntato su Bettino Craxi, leader
del PSI, poi nel 1994 su Silvio Berlusconi. Lo fece
nella convinzione di potere, in questo modo,
“rompere” il sistema politico italiano minando lo
strapotere dei partiti e delle corporazioni; quelle
scelte rimasero comunque episodi nella sua battaglia
lunga una vita per rendere l’Italia un paese più moderno, quindi inevitabilmente più umano. Molte di
quelle battaglie sono ormai vinte, altre sono ancora
aperte. Se oggi discutiamo di diritto a disporre della
propria vita o di antiproibizionismo in modo molto
diverso rispetto a qualche anno fa, lo dobbiamo in
buona parte a Marco Pannella, che ci ha lasciato come insegnamento più grande, a modello dei grandi
pensatori del passato, la propria Vita. E, magari, non
è nemmeno morto: forse sta portando avanti lo sciopero dell’ossigeno.
“Credo d’aver capito, già piccolissimo, che non ci
può essere divorzio fra vita pubblica e vita privata, e
che i fatti della vita privata diventano occasione per
fare politica e quindi vita”. Fu sempre questa la linea
di azione che accompagnò l’operato di Marco Pannella, figura storica della politica e della società italiana, morto il 19 maggio all’età di 86 anni. Pannella
si mosse sempre in prima persona, combattendo per
un futuro e uno stato migliori, pragmaticamente migliori. Egli si distinse dagli statisti “tradizionali”
creando l’immagine di un politico “sui generis” il
quale obiettivo primario era quello di allargare, per
tutti i cittadini, l’orizzonte dei diritti civili, e quindi
della libertà individuale. Mai starsene con le mani in
mano, ma agire: agire per smuovere le coscienze,
agire per creare dibattito, agire per cambiare. Egli si
definì “radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, antimilitarista,
nonviolento e gandhiano” anche se in realtà la sua
vera forza fu proprio quella di porsi aldilà di qualsiasi ideologia. Il cuore della campagna civile di Pannella è datato anni ’70, quando l’avvocato, giornalista e “disobbediente per professione” come egli stesso si definì, si impegnò, assieme agli altri componenti del suo movimento, il Partito Radicale, fondato
nel ’55 da egli stesso, nelle campagne per i diritti
civili, dal referendum per il divorzio a quello per
l’aborto. Successivamente, negli anni ottanta e novanta, i radicali si mossero in favore del “no” al nucleare (furono i primi a portare avanti battaglie Antonio Bompani
“ecologiche”, quando ancora un partito verde non
c’era), per la laicità dello stato, per un sistema eletto- Utilizzati, come fonti, Wikipedia, l’Espresso
rale maggioritario e per la depenalizzazione delle (articolo 19/5), La Repubblica (articolo 20/5).
droghe leggere, oltre che per i diritti dei gay, delle
lesbiche, dei detenuti e per una nuova legge sul fine
vita.
Convinto sostenitore della non violenza, Pannella
condusse l’azione (anche) attraverso i suoi celebri
scioperi della fame e della sete. Sul fronte internazionale si schierò per anni contro la fame nel mondo,
per l’abolizione della pena di morte e per il rafforzamento della giustizia internazionale. A Pannella e ai
radicali dobbiamo buona parte delle nostre tutele
civili: sebbene il partito avesse ben pochi sostenitori
(e si sa, i partiti dell’1 per cento non fanno che stimolare sorrisetti, ironie e poca considerazione, poiché si tende a pensare che non possano incidere più
di tanto) grazie soprattutto a Pannella esso fu incredibilmente influente nelle scelte di governo. Il PR
non superò mai il 3 per cento, fermandosi di solito a
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MERAVIGLIOSAMENTE, INCREDIBILMENTE, fabbrica di sostegni ortopedici, coltivando il sogno
LEICESTER.
di diventare un giorno professionista a tempo pieno.
Ce l’ha fatta, nonostante un processo per aggressioIl 3 maggio 2016 è una data che rimarrà impressa ne e il successivo braccialetto elettronico imposto ai
nella mente di tutti gli appassionati di Calcio e, più sorvegliati e l’obbligo di rincasare non più tardi delgeneralmente, di Sport: Il Leicester City, squadra le 18. Segnò l’ultimo gol con il club di allora davanti
operaia, priva di un budget astronomico, solitamente a 768 persone, imparagonabili ai 30.000 ai quali ha
abituata a lottare per non retrocedere (o per salire in regalato, a novembre, il gol del pareggio contro il
Premier League-la serie A inglese-dalla Champion- Man. Utd che gli è valso il nuovo record di 11 gol in
ship) è campione d’Inghilterra. Per rendere l’idea, la 11 partite consecutive. Quest’estate sarà sicuro titovittoria del titolo ad inizio stagione era datata dai lare agli Europei in Francia con la maglia della sua
bookmakers 5000 a 1, ovvero più delle possibilità nazionale. Insomma, la stella di questo racconto fiache esista il Mostro di Loch Ness (eventualità offerta besco non poteva essere mica un personaggio banain lavagna 1000 a 1) o addirittura che Elvis Presley le!
sia ancora vivo (ipotesi bancata 2.000 a 1). Oltre ad Il Leicester ha unito e appassionato gli sportivi di
essere la più grande sorpresa della storia delle scom- ogni angolo del mondo: anche se la frase può apparimesse, quello del Leicester è stato soprattutto un re alquanto retorica, il Leicester ci ha trasmesso il
vero e proprio miracolo sportivo, forse il più grande messaggio di non mollare un centimetro, in qualsiasi
degli ultimi decenni, che ha riconsegnato allo sport ambito, qualunque sia il percorso che stiamo portanpiù bello del mondo la passione che merita e una do avanti. Loro non l’hanno fatto mai, e alla fine la
pagina magica che ha ben pochi precedenti. La gam- coppa l’hanno alzata: sembrerebbe non si tratti solo
ba e il cuore sono stati le costanti delle “Foxes” (così di retorica.
sono soprannominati i giocatori del Leicester in patria) durante tutto l’arco del campionato: artefice
dell’impresa eroica è l’uomo seduto in panchina, Antonio Bompani
Claudio Ranieri, allenatore italiano troppo spesso
sottovalutato, che ha saputo legare alla competenza
tecnica un lato umano di grande comprensione e
bonaria simpatia. L’aver trionfato in una lega storicamente difficile ed equilibrata come quella inglese
rende la favola ancora più romantica: senza il blasone di Manchester United e Liverpool, senza le disponibilità finanziarie di Manchester City e Chelsea,
senza la classe e la qualità tecnica dei calciatori di
Arsenal e Tottenham, il Leicester ha puntato tutto
sulla grinta, sull’impegno, sull’arrivare prima
dell’avversario in ogni pallone. La Premier e dunque
frutto del lavoro, maturato con fatica e poi emerso: è
l’ennesima dimostrazione che con la determinazione
e la costanza si possano ottenere risultati impensabili
e ben oltre le nostre possibilità. Uno straordinario
apporto è stato dato dal pubblico, che con il suo calore e con l’entusiasmo proprio di un bambino ha
reso lo stadio di casa, il King Power Stadium, una
fortezza quasi invalicabile, senza mai rendersi autore
di atteggiamenti anti-sportivi o poco consoni al carattere del gioco. Simbolo della rosa è Jamie Vardy,
che oltre ad essere il capocannoniere della squadra
ha una storia personale suggestiva e particolare: il
centravanti inglese, infatti, fino a quattro anni fa militava in quinta serie, ed oltre a fare il calciatore per
guadagnarsi uno stipendio vero era operaio in una
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UMBERTO ECO, UNA CONVERSIONE ALLA cose reali, tangibili per avere delle basi su cui apROVESCIA
poggiare la propria esistenza. Forse nel caso di Eco,
questa mancanza di risposte e nello stesso tempo la
presenza di domande irrisolte, ha fatto sì che una
“- E comunque io ti pregherò: andrò in paradiso pri- mente, sempre tendente alla ricerca della verità, coma di te
me quella dello scrittore, a questi quesiti a senso uni- Non ti faranno entrare
co si impose con uno stacco totale come quello di un
- Lo dici tu: Dio lo conosco, abbiamo letto gli stessi circuito. Ora, dopo pochi mesi dalla sua morte, polibri, e poi sono amico di San Tommaso…
trebbe darci e darsi una risposta; vedere se quel Dio
- … ti ci sei arruffianato…
tanto invocato esista veramente oppure era vero che
- È quello che ti dicevo: li conosco, sono vecchi ami- “nomina nuda tenemus”, ovvero che ormai “la verità
ci: vuoi che mi lascino fuori? Ma non temere: ti è perduta e Dio stesso è un puro Nulla”.
aspetterò sul portone”.
Questa è una conversazione intrattenuta da Umberto
Eco e Franco Cardini, riportata da quest’ultimo su
Avvenire. Da quanto scritto dal giornalista sul quotidiano si può riscontrare l’intero percorso religioso
dello scrittore alessandrino nella sua –se così si può
definire- conversione alla rovescia. Infatti passò
dall’essere uno dei dirigenti della GIAC (gioventù di
azione cattolica) a definirsi un “ateo turbato”; dalla
sua tesi di laurea su San Tommaso (“Il problema
estetico in Tommaso d’Aquino” NOTA) fino a volere funerali laici il giorno del suo ultimo saluto. Ma
quali potrebbero essere le cause di questo mutamento? La risposta ce la dà proprio Eco in una sua intervista NOTA in cui afferma che l’aspetto razionale e
quello biografico non bastano per spiegare il suo
percorso: per lui la perdita della fede fu come
“l’interruzione di un circuito elettrico”. Perciò a coloro che gli chiesero il perché di questa evoluzione
rispose semplicemente “e chi può dirlo?”. È possibile che un uomo, a maggior ragione un intellettuale
del calibro di Umberto Eco, possa aver cambiato
repentinamente idea su una tematica così profonda,
che ha caratterizzato lo sviluppo dell’uomo, inteso
come entità materiale e spirituale, in tutta la sua storia? Infatti l’uomo ha sempre cercato di materializzare, rendere concreto il suo rapporto con il trascendente, proprio perché per sua natura ha bisogno di
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Manfredi Giovanni V B
BIBLIOGRAFIA
corriere della sera, articolo di Vittorio Messoi del 21
febbraio 2016
Avvenire, articolo di Alessandro Zaccuri del 21 febbraio 2016 di Franco Cardini del 21 febbraio 2016
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SAGGI E RECENSIONI
BOKU WA MOU SHINDEIRU (IO SONO GIÀ dopo vari scontri diventa sempre più forte fino a salMORTO)
vare il mondo [es Dragonball]) dove tutto sembrava
perfetto ed etereo, dove non importavano le relazioni, non importava l’amore, bastava solo salvare tutti
Disclaimer: Come affermato da Hideaki Anno e tutto sarebbe andato bene; ma è il tempo del disin“Evangelion è come un puzzle, ogni telespettatore canto, Eva ha fatto capire di quanto soli ci si possa
può mettere insieme i pezzi liberamente”. Nel se- sentire e di come la colpa possa non essere la proguente testo do interpretazioni soggettive derivate pria, ma degli altri, è colpa delle ragazze se non ci
dalla visione delle serie che citerò cercando di far amano, non nostra; è colpa del datore di lavoro che
capire nel modo più chiaro possibile, nei limiti delle non ci assume, non nostra; è colpa della società se
mie capacità, di come l’evoluzione dell’animazione smettiamo di vivere, non nostra. Sono nate due gransia strettamente legata all’involuzione della società, di tipologie di persone, anche se esistevano da semsempre più chiusa e meno portata al vivere nel mon- pre ma avevano paura di farsi vedere: gli hikikomori
do 3d. ricordo inoltre che per chi si volesse informa- ed i neet, i primi soffrono di un disturbo psicologico
re al meglio, e non volesse vedere le serie, di cercare che gli impedisce relazioni sociali, gli dà la nausea
tranquillamente i titoli su wikipedia, così dal farsi solo l’idea di uscire di casa, si riducono a lasciare
almeno un’idea generale sulle trame ed i messaggi. scuola e lavoro ed a vivere chiusi in casa mantenuti
dai genitori, i secondi invece scelgono volontariaAnime e manga; sicuramente molti sono cresciuti mente di isolarsi e di vivere in casa, ma entrambi
con essi, le vecchie generazioni con Goldrake, Ma- soffrono per la loro condizione e per il fatto che neszinger e Hokuto no Ken, i più giovani con Dragon- suno li ami, ma la natura umana non può fare a meball, Naruto e One piece. Chi poi ha voluto adden- no delle relazione, e soprattutto non può fare a meno
trarsi più affondo nell’animazione nipponica avrà dell’amore, ed eccoci giunti alla risposta della dosicuramente guardato serie sottotitolate e si sarà cer- manda, il perché l’animazione si sta concentrando
tamente reso conto di come il genere moe (ragazze molto sul creare personaggi femminili carismatici e
carine che fanno cose carine), ecchi (serie spinta con “appetibili”: per gli hikikomori e per i neet, perché
contenuti sessuali velati e doppi sensi) e gli hentai nel mondo che scegli di crearti, tutto sembra più fa(porno) stiano andando per la maggiore, come se il cile e più bello se hai qualcuna accanto a te, magari
pubblico pretendesse di vedere ragazze e solo ragaz- ti compri una sua statua in pvc, un dakimakura
ze, come si può spiegare tutto ciò ? semplice, ma per (cuscino con stampato un personaggio, spesso vestirispondere a questa domanda bisogna tornare indie- to da un lato e in costume/nudo dall’altro) da abbractro al 1995, anno dell’uscita di Neon Genesis Evan- ciare la sera nel letto, usi sue foto come sfondo per
gelion. Evangelion, o semplicemente Eva, ha rivolu- tutto, le parli, festeggi il suo compleanno, e ti spegni
zionato il mondo dell’animazione e il suo pubblico guardandola, perfetta e giovane, come la realtà oniriin modo assoluto, come una sorta di Nietzsche. Non ca che ti eri costruito.
mi soffermerò sulla trama, leggibile da chiunque su
wikipedia, anche se ne consiglio la visione, di Eva, Biondi Federico V B
ma mi soffermerò sui caratteri fondamentali, quali il
profondo nichilismo del protagonista, la sua inettitudine alla vita, i problemi relazionali e l’assenza di
relazioni vere con famiglia e amici, ciò l’ha portato a
dire “morte, morte a tutti” in quanto per lui nessuno
era degno di vivere. L’emblematica battuta detta sul
finale: “che schifo” ha senza dubbio distrutto tutte le
speranze di un finale positivo e di un mondo migliore, tutto è schifo, nulla merita le nostre attenzioni, la
vita è schifo, le persone sono schifo. Come può aver
reagito un povero spettatore a ciò ? era finito l’incanto degli shounen (serie, prevalentemente indirizzate ad un pubblico maschile, dove un protagonista
Anno XIX numero 1
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RECENSIONE ANIME: WELCOME TO THE tagonista elabora la teoria per cui il business degli
N.H.K.
anime, dei manga, dei videogiochi e dei gadget
(titolo originale: N.H.K. ni youkoso)
(facilmente identificabile con la società NHK, appunto) sia responsabile del fenomeno degli hikiAUTORE: Tatsuhiko Takimoto
komori, fornendo loro un universo parallelo in cui
REGIA: Yuusuke Yamamoto
rifugiarsi, più bello e semplice della vita reale.
EPISODI: 26
In preda al delirio da droghe, Satou crea così nella
PRIMA TV: 9/7/06
sua mente anche i fantomatici "agenti" della NHK,
STUDIO: Gonzo
incaricati del fallimento di ogni attività ed opera delTRAMA: Tatsuhiro Satou è un giovane che da quat- la vittima: il primo tipo di personale è quello dei
tro anni vive praticamente recluso nel suo piccolo classici Man in Black, capaci di assumere l'aspetto di
appartamento di Tokyo e incarna perfettamente lo qualsivoglia personaggio e ingaggiati per ridurre al
stereotipo dell'hikikomori giapponese: ha interrotto silenzio il soggetto facendolo ripiombare nell'isolaqualsiasi legame con il mondo esterno e si mantiene mento; il secondo è quello di ragazze piacenti che,
a malapena con i soldi che gli inviano i genitori (per rispondendo ai caratteri del moe indirizzati al classiquesto è definito anche NEET).
co tipo di otaku, traviano la vittima e distruggono
Un giorno, mentre è come al solito nel suo apparta- ogni sua aspettativa di relazione amorosa col sesso
mento ad oziare e fantasticare, bussa alla porta opposto; il terzo, infine, è quello di un esercito di
un'anziana testimone di Geova accompagnata da una creature mostruose blu e simili a goblin che, tirando
giovane ragazza. Questa successivamente si mette in i fili della grande cospirazione, sembrerebbero essere
contatto con Satou, affermando di conoscere il modo a capo dell'intera società.
per curarlo dalla sua malattia. Misaki, questo il suo Invero, ad un certo punto della storia Satou realizza
nome, gli porge quindi un contratto e lo invita a se- che ad ogni individuo corrisponda una propria verguire
alcune
lezioni
private sione personale della NHK, quale giustificazione
di psicoanalisi improvvisata che terrà per lui la sera, deresponsabilizzante per i propri fallimenti e capro
al parco di Mita 4-Chome in cui egli suole recarsi.
espiatorio su cui sfogare le proprie frustrazioni: un
Sebbene il giovane inizialmente provi diffidenza e vero e proprio destino tragico, con cui nessuno può
tenti in tutti i modi di cancellare l'offerta dalla sua sfuggire al confronto, all'insegna di un'infantile fuga
mente, alla fine accetta e ogni sera si reca al parco dalla realtà con le forti tematiche trattate, quali la
vicino per ascoltare le lezioni della ragazza.
droga, l’isolamento morboso, il suicidio, la paura del
Misaki appare timida e introversa almeno quanto contatto umano, una società che si aspetta troppo. La
Satou, ma si rifiuta di fornire al ragazzo informazio- pesantezza delle tematiche e la sofferenza dei personi su di sé, soprattutto perché si interessi tanto a lui e naggi sono attenuate dalla componente autobiograficome fa a conoscere tutti i particolari della sua vita. I ca, la voglia dell’autore di far uscire gli hikikomori
giorni si susseguono e Satou sembra effettivamente dal loro guscio come ha fatto lui stesso e i siparietti
sollevarsi dalla sua condizione di hikikomori, alme- comici o tragicomici, uniti ad un finale aperto per un
no finché vecchie conoscenze dal passato non torna- futuro tranquillo dei personaggi, dopo i vari drammi
no a farsi vive scaricando i loro problemi sul ragazzo subiti e il desiderio di morire, infondono speranza e
e mettendolo nuovamente con le spalle al muro.
felicità nei telespettatori, così come un desiderio di
ANALISI: « A questo mondo le cospirazioni esisto- vivere, perché è più facile dire che è tutta una cospino. Tuttavia[…] in oltre il 99% dei casi sono pure e razione, non si sa di chi, non si sa perché, ma non è
semplici fantasie[...] Nient'altro che noiose invenzio- mai colpa nostra se non riusciamo a vivere, a relani. Però[...] esiste un uomo che si è accorto di una zionarci, a desiderare di vivere, a provare a vivere;
vera e propria "cospirazione".[…] Sono io. » Queste invece le cospirazioni sono solo nella nostra mente,
le parole del prologo, perché solo una cospirazione ci nascondiamo e basta, ma Satou (Tatsuhiko) ce lo
spiegherebbe la condizione di Satou, un hikikomori fa capire, e sì ha visto la vera “cospirazione”, quella
(persona che vive chiusa in casa non riuscendo a di chi ha paura della vita e del futuro, e ce ne fa uscirelazionarsi con gli altri, spesso muoiono di stenti re assieme.
dopo la morte dei genitori che erano unica fonte di
soldi). In Giappone la sigla NHK si riferisce alla tv Biondi Federico V B
pubblica e omonima società di trasmissione Nippon
Housou Kyoukai, famosa appunto per aver trasmesso
diverse
serie
animate
di
successo
(come Planetes o Il mistero della pietra azzurra). In
Welcome to the NHK la sigla diventa però la sigla
di Nihon Hikikomori Kyoukai, ovvero "Ente degli
Hikikomori Giapponesi": infatti, nel corso di uno
smarrimento allucinatorio per via della droga, il proPagina 8
Gens Una Sumus
IL VERSO ERA TUTTO
ta, divina è la parola:/ ne la pura Bellezza il ciel ripose/ ogni nostra letizia; e il Verso è tutto.” (Giova, o
amico, ne l’anima profonda [Isotteo]), credeva ancora al ruolo di massima importanza che aveva il poeta
nella società, doveva essere il superuomo che guidava le masse, ma anche questo guscio alla fine cadde,
“Ogni uomo nella culla/ succia e sbava il suo dito/
ogni uomo seppellito/ è il cane del suo nulla.” (Qui
giacciono i miei cani). D’Annunzio si rende conto
che neppure lui può fare più nulla, non è più il verso
ad essere tutto, ma è la morte.
Niente più aureole, niente più vati, cosa resta ?
“Perché tu mi dici: poeta ?/ io non sono un poeta./ Io
non sono che un piccolo fanciullo che piange.” (Corazzini, Desolazione del povero poeta sentimentale) ecco cosa resta. Il poeta se lo chiede chi è,
ma non lo sa, magari non è nessuno, magari non è
nulla, magari non è nulla la realtà, è l’infinita vanità
del tutto, vedere la bellezza oltre le cose magari non
serve più, perché non esiste nulla se non l’ingannare
la morte pensandoci vivi. Ma “all’ombra dei cipressi
o dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro ?” Lo è per chi, con la sua
mente, è riuscito a cogliere quell’attimo di liberazione oltre la realtà, oltre il mondo, oltre il tutto: il poeta.
Poeti. Una parola che suscita mille pensieri e fa apparire mille volti in mente, dalle tre corone, che vivevano con grande rispetto ed ammirazione delle
persone a loro contemporanee, ai poeti cavallereschi,
che decantavano la corte che gli forniva protezione,
alcune volte visualizziamo anche i poeti romantici,
quasi mai invece i moderni e contemporanei, perché ? Cosa è successo ai poeti moderni da farli finire
ai ruoli più marginali della società ? Cosa ha tolto
loro la grande ammirazione e il profondo rispetto dei
contemporanei ?
Tutto ha inizio con la rivoluzione industriale: macchine, lavoro, soldi. La società iniziò a pensare in
termini di praticità e concretezza, contava solo guadagnare soldi. Chi non lavorava manualmente nelle
fabbriche ma di mente non veniva minimamente
considerato, anzi era emarginato, deriso da chi era
un grande industriale per il suo “vivere fra le nuvole”. Lo intuì perfettamente Baudelaire nei suoi versi
“il Poeta è come lui, principe delle nubi/ che sta con
l’uragano e ride degli arcieri;/ esule in terra fra gli
scherni, non lo lasciano/ camminare le sue ali di gigante.” (L’albatro, Spleen e Ideale, I fiori del male).
Il poeta è come un albatro, la sua fantasia, il suo saper comporre, queste sue “ali di gigante” gli impediscono di muoversi nella società moderna e industria- Biondi Federico V B
le, non ha più la corona di alloro, piuttosto è inerte ai
mutamenti, “egli non trascina, ma è trascinato; non
persuade, ma è persuaso” (Pascoli, Il fanciullino). La
società si era scordata dei poeti, si era scordata della
bellezza oltre le cose, ma non tutti si rassegnavano al
perdere l’aureola, soprattutto D’Annunzio, il poeta
vate, l’uomo che smuoveva gli animi di mezza Italia
con la sua vita, le sue azioni e le sue parole: “O poe-
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L’IMPORTANZA DELLA LETTURA NEL MON- l’adolescenza che di certo ha solo il proprio nome e
DO DI OGGI PER I GIOVANI
cognome perciò vedono nei romanzi un luogo in cui
possono essere qualcuno che è già stato costruito
A che cosa può servire la lettura? Perché una perso- dallo scrittore, qualcuno di ben definito. I ragazzi
na mentre nel mondo ci sono guerre, mentre bambini possono permettersi quindi di abbandonarsi e dimeninnocenti muoiono di fame o semplicemente mentre ticarsi momentaneamente di chi sono in realtà. Pertutti sono ad una festa, decide di stare a casa, da solo ciò è necessario che tutti possano avvalersi di questo
e leggere? Cosa si trova di cosi utile o divertente in momento di avventura, e per arrivare a ciò bisogna
un libro? Escludiamo i quotidiani e le riviste divul- educare i bambini, fin da piccoli, alla lettura con
gative che servono ad informare la popolazione ri- testi consoni alla propria età.
guardo la politica, la società, i principali avvenimen- Qui è invitabile un'altra domanda: cosa consigliare
ti, e anche i libri scolastici che bisogna per forza ac- di leggere? È ovvio che bisogna guidare i ragazzi
quistare; occupiamoci piuttosto dei libri veri e pro- nella scelta di un libro e proporre quindi quei testi
pri, intesi come romanzi, di vario genere, classici e formativi dove ciascuno può capire ciò che gli è sisaggi. Perché qualcuno decide di comprarne uno e mile o ciò che differisce totalmente dai propri ideali,
leggerlo? È ovvio che una persona acquisti un ma- perché sono letture formative anche quelle che ci
nuale o un ricettario o legga il foglietto illustrativo permettono di individuare tutto quello che considedelle medicine per scopi pratici. Ma un libro, come riamo negativo. Perciò è utile cominciare dai classiad esempio ‘Delitto e castigo’ di Dostojevskij,a che ci, pilastri della letteratura che Calvino definisce
cosa serve?
come quelli che non possono esserti indifferenti e
Per rispondere a questa domanda è utile citare come che servono per definire te stesso in rapporto e maCalvino fece, Emil Cioran <Mentre veniva preparata gari in contrasto con essi. Possono essere quindi pala cicuta, Socrate stava imparando un aria sul flauto. ragonati ad uno scheletro di base fondamentale che
“a cosa ti servirà?” gli fu chiesto.
successivamente può essere perfezionato, ampliato o
“A sapere quest’aria prima di morire”>. Ecco quindi meno a discrezione del ragazzo con letture di vario
che non c’è una motivazione ben precisa per leggere genere. È indispensabile però fornire anche gli struun libro, al più si può tentare di fornire una spiega- menti per giudicare liberamente se si prova o meno
zione che però non sarà mai condivisibile all’unani- il bisogno di leggere libri, affinché la lettura non sia
mità come una legge fisica. Si può dire che un libro un obbligo ma un piacere, che come afferma Eco ci
aiuti a crescere, a immedesimarsi in un'altra persona permette di vivere cinquemila anni e di non vivere
e capire quali sentimenti si provano in determinate solo una volta.
situazioni, aiuta a saper affrontare certe situazioni
che ognuno di noi si troverà davanti al proprio cam- Alessandri Rebecca III A
mino prima o poi. Leggere è un modo di viaggiare
mentalmente senza spendere un minimo di energia e
denaro al fine di estraniarsi da tutta quella pragmaticità che ci circonda e dalle innumerevoli sovrastrutture al fine di immaginare liberamente senza limiti e
divieti.
Attraverso le statistiche ISTAT gennaio ’16, riportanti la fascia di età più attiva nella lettura, notiamo
che i giovani tra gli undici e i diciannove anni sono
coloro che hanno più necessità di leggere. Essi infatti sono alle ricerca di certezze in un periodo quale
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Gens Una Sumus
TEMPI MODERNI (Chaplin)
Citerei come ultimo esempio "Lo strano caso di Dr.
Jeckill e Mr. Hide" di Stevenson, in cui l'io si sdoppia spaccando l'individualità del personaggio, frantumandone la coerenza e la possibilità di riconoscersi:
un po' come Mattia Pascal, se non che lo stile narrativo privilegi nel primo caso la brutalità e la dolorosa
follia del personaggio, impotente di fronte al suo
inconscio; e dall'altro la curiosità del fatto, visto dal
di fuori e accettato "filosoficamente" da Mattia e
solo a volte, ma quasi con naturalezza, doloroso (si
veda il tentativo di scappare dalla propria ombra).
Tutti questi autori hanno dato voce allo stesso problema, mai come allora trattato perché mai come
allora preoccupante era stato lo smarrimento dell'individualità, l'estraneamento da se stessi. Sicuramente
il testo più simbolico e allarmante per l'epoca e ancora oggi è "Brave new world" di Aldous Huxley, in
cui addirittura l'autore, visto il progressivo cambiamento dell'atteggiamento sociale degli uomini —
sempre più arido e distante dalla condivisione spirituale- s'immagina che per praticità l'uomo arriverà
addirittura a creare i suoi figli in fabbrica, e a sterilizzare il coito, togliendo ogni sacralità alla vita, è
questo il punto decisivo, il rapporto uomo-tecnica, il
fallimento dei luddisti. Nel romanzo di Huxley viene
venerato Ford al posto di Cristo. A fine ottocento
l'industria invade l'economia: inizia il secolo degli
operai, degli uomini chiamati con un numero, come
D-503. E vaglielo a dire a loro; che "non sa di nomi
la vita", diglielo a loro che "sono quell'albero. Albero, nuvola; domani libro o vento; il libro che leggono (quando?), il verso che bevono (dove?), tutto fuori, vagabondi". (citazione dal documento numero 4,
preso da "Uno, nessuno, centomila" di Pirandello).
Sentiamo distintamente una precisa parte del nostro
corpo soltanto quando essa è malata, dolorante. Che
sia un piede, un dente... non è dunque evidente che
la coscienza individuale sia una malattia dell'anima?
Così in sintesi scrive Zamjatin in "Noi" (1922), per
denunciare la scomparsa dell'individualità nell'Unione Sovietica. Una simile educazione all'abbandono
della singolarità si può notare in Italia ben prima del
fascismo osservando sulla scia di Eco il modello
esaltato dal "Cuore", ovvero l'obbedienza e il rispetto da parte dell'individuo di tutti i canoni comportamentali assegnatigli. E sebbene Pirandello avesse
cercato come Zamjatin di contrastare il germe del
conformismo e del pensiero unico, la cultura borghese europea restò intrappolata nella rete della moda
decadente. Lo testimonia "Quer pasticciaccio brutto
de via Merulana" di Gadda e "Foto di gruppo con
signora" di Boll, che ne mostrano l'effimera attenzione all'immagine esteriore, fondata sull'idea che "la
vita è un'opera d'arte" (D'annunzio) e su
quell’"idealismo" alla Cyrano de Bergerac per cui
non ha importanza la nostra felicità o il nostro dolore, purchè si appaia valorosi e forti.
Ciò è evidente anche ne "Gli indifferenti" di Moravia, in cui i personaggi ostentano il loro buon costume nascondendo meschinamente le loro perversioni
e i l'oro fallimenti.
Anche Céline e Beckett, in "Voyage au bout de la
nuit" e "More pricks than kicks" affrontano negli
anni '30 il tema dell'io, rappresentando personaggi
singolari e forti, diversi e soli. Ma essi sono mossi
da semplici perversioni, intuizioni irrazionali, sono
personaggi impulsivi (Belacqua Shuah è riconosciuto pazzo), per non parlare di Zeno Cosmi, dove addirittura manca la possibilità di effettuare la volontà
dell'io (vedi l’"ultima sigaretta") e si presenta come
un ospite inquietante l'inettitudine, la stessa della
Paperi Alessandro
pistola scarica di Michele ne "Gli indifferenti".
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“ANCORA IL SANGUE DI ABELE, nazi e fonda- rale, si fa strumento per combattere la chiusura menmentalisti son tra noi”
tale e il fanatismo offrendo di ogni evento più proUMBERTO VITIELLO
spettive spesso discordi, relativizzando le varie situaLUPO EDITORE, 2015
zioni che vengono raccontate mantenendo però un
16,00€
costante rigore obiettivo che salva i narratori da
qualsiasi inattendibilità.
La storia narrata in questo libro mi sta incredibil- I personaggi sono giovani tra i venti e i trent’anni,
mente a cuore.
tutti in qualche modo dediti ad attività culturali, acSarà perché ho avuto la fortuna di conoscere il suo comunati dall’aver ricevuto gli insegnamenti del
autore, sarà perché abbiamo stretto un bellissimo professore liceale Friedeman, grazie ai quali riescorapporto di amicizia e solidarietà, sarà perché abbia- no a mantenere una salda fiducia verso l’essere umamo condiviso tre giornate in ospedale in cui mi ha no e quindi nella democrazia. Ciò li rende tutti eroi
sostenuto e regalato una miriade di esperienze diver- positivi, attivi nel distruggere muri e nel costruire
tenti ma anche molto profonde. Poter chiamare uno ponti tra gli individui e tra le comunità, a livello soscrittore per nome è una grande gioia per chi ama la ciale, religioso e politico. Soprattutto nel momento
letteratura. Soprattutto quando si tratta di noi, ragaz- in cui la democrazia mostra le sue debolezze, la sua
zi liceali, per i quali il mondo della scrittura è lonta- incapacità di dominare sui disordini e sulla violenza:
no e indistinto quanto il futuro.
saranno questi a risvegliare i particolarismi, i moviUmberto ha conosciuto molti modi di governare, menti di indipendenza politica delle varie comunità
molti ideali e molti modi di difenderli e diffonderli. religiose, supportate da fanatici, frustrati e assetati di
Ha conosciuto molta violenza ma anche molta uma- potere.
nità, si è offerto per permettere la comunicazione tra Tra le raccapriccianti violenze, le speculazioni dei
familiari lontani migliaia di chilometri tra loro e ha giovani democratici e gli accordi nascosti tra i potencurato per decenni l’istruzione in Italia. Il materiale ti si sviluppa quindi una complessa trama che ci ofche ha utilizzato per scrivere questo libro è tutto nei fre in meno di 400 pagine un ritratto dell’affascinanvolti che ha visto, negli odori che ha sentito e nelle te est Europa che lo riscatta da anni di propaganda
storie che con profonda umanità e curiosità ha sapu- che l’ha mostrato agli italiani come capro espiatorio
to ascoltare e rielaborare.
delle atrocità della cronaca nera quotidiana; ma soIn effetti questo romanzo è strutturato proprio come prattutto ci mostra il tipico esempio di come il germe
un insieme di ricordi dei vari personaggi (“ogni rife- dell’integralismo si insinui negli uomini e venga carimento a eventi e a persone reali è puramente casua- valcato da autorità di tutt’altro interesse, insegnandole. Tutto però è accaduto davvero…”) che narrano in ci a riconoscerlo e combatterlo in tempo, subito, qui
prima persona le situazioni di cui sono protagonisti; ed ora: perché “nazi e fondamentalisti son tra noi”.
testimonianze poi raccolte dall’autore, fittizio, che si
dichiara nelle prime due pagine, nella premessa: “i Paperi Alessandro V B
protagonisti di questa storia sono stati tutti a casa
mia, sull’Ile Saint-Louis a Parigi, in tempi diversi,
singolarmente e a gruppi di più persone: credenti e
non credenti, ebrei, cristiani e musulmani che scappavano dalla Città Santa del Grande Caravanserraglio, fino a qualche anno fa ritenuta un modello di
convivenza pacifica fra le sue varie etnie, ora travolta dal terrorismo e dalla guerra civile. Come lo fu
Sarajevo alcuni decenni fa, con l’assedio più lungo
della storia moderna”.
Tale Città Santa, “ispirata a Sarajevo, il cui nome
etimologicamente si ricollega a un caravanserraglio” (come dichiara in un’intervista di Pietro De
Bonis), è uno dei più affascinanti esempi di democrazia: infatti ben 3 religioni (con storiche e profonde rivalità) al suo interno riescono a vivere in buoni
rapporti e ad integrarsi tra loro. La stessa tipologia
narrativa scelta da Umberto, quella del romanzo co-
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Gens Una Sumus
QUI DI SEGUITO DUE CONSIDERAZIONI SUL ROMANZO “PASSIONE RIBELLE” DI PAOLA
MASTROCOLA.
Studiare. Studiare significa imparare, imparare come
va il mondo, come esso si muove. Studiare è spesso
sinonimo di fatica, la quale comporta uno sforzo sia
fisico che intellettuale; la “ribellione” di chi passa il
proprio tempo sopra i libri va interpretata in questo
modo, come esercizio necessario per comprendere le
tematiche (anche quelle più assurde) che gravitano
nel nostro pianeta. Chi studia è ribelle rispetto a chi
non lo fa: le cose facili, infondo, sappiamo farle tutti.
Paola Mastrocola afferma nel suo romanzo,
“Passione ribelle”, che lo studio si “ferma” e “si mette da un’altra parte rispetto al mondo”: la celebre
frase “la vita è come una bicicletta, devi muoverti
per restare in equilibrio”, attribuita ad Albert Einstein, è molto significativa per controbattere l’autrice: l’adolescente, il ragazzino, l’adulto non studiano
(o almeno non dovrebbero farlo) per allontanarsi o
addirittura opporsi alla società, quindi alla vita quotidiana con la quale, volenti o nolenti, sono costretti a
convivere, ma per comprenderla. L’unico modo per
farsi un’opinione che sia solida e motivata su ciò che
sta succedendo oggi è informarsi sullo ieri, sull’evoluzione del pensiero dell’essere umano e sulle rivoluzioni antropologiche e culturali che lo hanno visto
protagonista. Altro che fermarsi, qui si tratta di andare a cento all’ora! Dovremmo (il condizionale è ancora d’obbligo) studiare con entusiasmo, passione, o
almeno in modo determinato, e non per appagare una
o più “scontentezze”: questo è ciò che probabilmente
manca. Ci manca. Le parole non sono da interpretare
come retoriche, la retorica, quella vuota, piatta e banale appare sempre più essere propria di presunti
intellettuali che parlano, continuamente ed esasperatamente, di “ribellione”, quando in realtà per
“sconfiggere” il mondo e le sue ingiustizie, quindi
per cambiare, seppur nel nostro piccolo, il corso delle cose, bisognerebbe in primis farcelo “alleato”,
quindi capirlo, contestualizzarlo. Correggere i difetti
sì, ma internamente, e non da un più alto livello di
contemplazione: sporcandosi dunque le mani, con
poco “chic” e tanto pragmatismo. Si potrebbe obiettare che la ribellione della quale parla la Mastracola
sia “silenziosa”, da non interpretare come fuga: la
verità è che non esiste ribellione che sia invisibile,
poiché la ribellione intellettuale è per definizione il
muoversi non solo per se stessi (ma anche, almeno in
via teorica) per gli altri, agendo quindi concretamente, utilizzando il motore della “praxis”. L’espressione “ribellione silenziosa”, stride dunque alle orecchie, sembrando fungere da ossimoro. A volte c’è la
tendenza a fare cose senza un opportuno bagaglio
culturale, con ben poche competenze: ciò è ovvia-
Anno XIX numero 1
mente errato, donne e uomini devono necessariamente prepararsi, ma per poi agire, e non per restare
invisibili. Una volta raggiunto un buon mix di conoscenza e applicazione alle conoscenze, le proprie
capacità devono essere messe a servizio degli altri,
contribuendo a un disegno complessivo che porti al
miglioramento dell’assetto sociale: così si vince, così
ci si comporta da ribelli, migliorando le cose. E’ comunque possibile che la Mastrocola non intendesse
propriamente la ribellione invisibile come il farsi da
parte, lo studiare per se stessi, fermandosi: forse pensava solamente a mettere in risalto la differenza che
c’è tra lo studiare e il non farlo, denunciando una
condizione di ignoranza e di pochezza intellettuale
che affligge, tra gli altri, anche il Bel paese. Non mi
trovo comunque d’accordo sul fatto che studiare rimanendo poi fermi contrasti l’andamento del mondo,
o almeno aiuti a cambiare. L’andare in direzione
“ostinata e contraria”- seppur ami Faber –non è sempre necessario. Bisogna far emergere l’opposizione
quando ciò è necessario, quando siamo di fronte a
qualcosa di profondamento ingiusto e che vogliamo
venga cambiato, sicuramente non per ideologia o per
partito preso, peggio ancora per “moda” (ma non è il
caso della Mastracola).
Studiare per se stessi significherebbe soltanto puntare a un’occupazione dignitosa, a un ruolo nel contesto della società: e ciò, del termine “studiare”, sarebbe quanto meno limitativo. Credo nelle competenze,
che non siano fine a se stesse, ma che siano applicate: viva i ribelli, competenti, visibili. Forse è utopia,
ma se parliamo di classi dirigenti, bisogna che questi
non si chiudano in se stessi, pensando al proprio io
ma si mettano al servizio di chi la conoscenza, per
scelta o per mancanza di possibilità, non ce l’ha.
Antonio Bompani V B
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"Chi studia è sempre un ribelle", così Paola Mastrocola all'interno della sua opera La passione ribelle definisce coloro che studiano. Ad una prima
lettura l'accostamento dei termini "studio" e
"ribelle" può sembrare strano, insolito ma, riflettendo meglio, si può giungere alla conclusione che,
effettivamente, lo studio è un atto di ribellione. Ribellione contro chi e contro cosa? Tale ribellione è
rivolta ad un "mondo" che impedisce all'uomo di
rendersi consapevole della situazione in cui sta vivendo. Oggi, nel XXI secolo il "mondo" a cui si
può far riferimento è il mondo dei mass media, dei
social networks e di tutti quei sistemi di comunicazione che racchiudono l'uomo all'interno di una
bolla di vetro illudendolo di vivere in un'epoca felice. Lo studio, invece, ha sempre permesso all'uomo
di conoscere il mondo che lo circonda, di interpretarlo e comprenderlo al meglio. Basti pensare a
Lucrezio che, nei sei libri del De rerum natura, ha
cercato di dare un'interpretazione a tutti quelli che
erano fenomeni celesti e terrestri allora sconosciuti;
o Copernico il quale, per primo, ipotizzò la teoria
eliocentrica. La conoscenza, inoltre, è ciò che contraddistingue ogni individuo, ciò che permétte a
quest'ultimo di opporsi ad un mondo che risulta
molto spesso pieno di ingiustizie sociali, politiche,
economiche Non a caso i differenti regimi politici
autoritari che si sono susseguiti nel corso della storia hanno basato il loro potere sull'ignoranza dei
loro sudditi: ignorando, o meglio, non conoscendo
realmente la situazione all'interno della quale erano
stati inseriti, essi non potevano ribellarsi; solo coloro che avevano appreso tramite lo studio e la conoscenza la gravità del momento che stavano vivendo, avevano modo di contrastare il regime autoritario e dispotico. Uno dei tanti esempi a cui si può far
riferimento è la dittatura fascista attuata da Mussolini in Italia e quella nazista di Hitler in Germania,
entrambe nate tra la fine della Prima guerra mondiale e l'inizio della Seconda. Un altro esempio,
molto meno recente, ci viene fornito dallo storico
imperiale per eccellenza: Tacito. Egli, attraverso le
sue opere (Agricola, Historiae, Annales) fornisce
dettagliate informazioni riguardanti la tirannide
Domizianea ed il ruolo degli intellettuali e dei filosofi: nei primi tre capitoli dell'Agricola Tacito afferma che i filosofi e gli intellettuali venivano banditi dall'impero e molte loro opere venivano messe
al rogo, Io scopo finale di tutto ciò era quello di
impedire agli uomini di "esercitare il loro pensiero". Attraverso l'opera di Tacito si può quindi comprendere quel legame che unisce lo studio ad una
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forma di ribellione. Studiando, infatti, ogni uomo
crea una forma mentis in grado di aiutarlo nella
"decifrazione del mondo", degli occhiali da vista
che gli permettono dì comprendere autonomamente
tutti gli avvenimenti che fanno e faranno parte della
sua vita (Kant parlava infatti di "forma" in termini
di spazio e tempo). Talvolta però, lo studio potrebbe non esser considerato una forma di ribellione o
eversione, anzi, potrebbe esser giudicato un mezzo
attraverso il quale conformarsi a tutti gli altri individui. Non condivido affatto tale opinione in quanto studiare non significa condividere perfettamente
il pensiero di un dato autore, studiare significa
comprendere il concetto espresso e cercare di rielaborarlo con spirito critico (dal greco "crino": giudicare). Ed è proprio lo spirito critico (che nasce paradossalmente grazie allo studio) che differenzia
ogni individuo, lo particolarizza e Io rende capace
di opporsi a quel mondo che (come affermato dalla
Mastrocola) ne contrasta la corsa. Molte saranno,
infatti, quelle situazioni che cercheranno di ostacolare il nostro cammino, che cercheranno di renderlo
più difficile, ma solo attraverso la cultura ed uno
studio attento ed approfondito avremo una corazza
e delle armi con le quali proteggerci.
Gasparini Federica V B
Gens Una Sumus
IL RISO E LA SATIRA: DA FRANTI A CHARLIE occidente, figlia del pensiero scientifico che ormai si
HEBDO
è talmente affrancata da qualsiasi tipo di credenza
religiosa da non riuscire più comprenderla, bollandoA più di un anno dalla strage di Parigi, rimane estre- la inevitabilmente come superstitio e ridendone sinmamente attuale il dibattito su quali siano i limiti ceramente. Questa satira non e mossa da una cieca
della libertà di espressione e quando una provocazio- fede nell' astratto concetto di libertà di espressione,
ne si trasforma in offesa gratuita Le vignette del set- che troppo spesso è tirato in ballo e rischia di diventimanale parigino infatti sono state oggetto di forte tare un vuoto slogan, ma e proprio la "faccia tosta e
critica sia da parte di ambienti religiosi (si ricordi triste" ereditata da Franti, il suo ribellismo anarchico
l'affermazione di papa Francesco" a chi insulta mia che non guarda in faccia a nessuno che spinge in
madre, spetta un bel pugno") sia di ambienti laici maniera spasmodica allo smascheramento delle false
come l'accusa di mancanza di "buon senso" da parte credenze. E sebbene spesso i vignettisti di Charlie
del giornale inglese Financial Times(7/06/201 5). esagerino con le provocazioni non v'è dubbio che
Esistono dunque delle colonne d'Ercole oltre le quali essi condividano il pensiero dello scrittore israeliano
nemmeno la satira si può spingere?
Amos Oz che individua nel senso dell'umorismo una
Per rispondere a questa domanda occorre allontanar- terapia contro il fanatismo (Amos Oz "Contro il faci un poco dall'argomento in questione citare il gran- natismo")
de semiologo e scrittore Umberto Eco, da poco Nel mondo moderno, con la caduta dei grandi sistescomparso, che scrisse un breve saggio intitolato mi ideologici (quelli che Pirandello chiamava
"Elogio a Franti" ("Diario minimo" 1963) in cui pro- "lanternoni"), gli unici in grado di garantire un orizpone una lettura ironica e innovativa del libro zonte di senso, la pars destruens è destinata ad avere
"Cuore" del De Amicis. All'interno di un romanzo un ruolo sempre più dominante all'interno del procommissionato dallo stato italiano postuntario e in- cessò maieutico, e magari, chi lo sa, il dilagante relatriso di vuota retorica, Eco capovolge completamen- tivismo potrebbe eleggere satira e umorismo a metote il sistema dei personaggi individuando una sola di conoscitivi.
figura positiva: Franti. Presentato dal De Amicis Bibliografia:
come un ragazzo dal carattere ribelle, con la "faccia youtube: "il pugno di papa Francesco"
tosta e trista", naturalmente incline al male, quasi un www.ft.com (financial times)
doppio di Rosso Malpelo, egli in realtà rappresenta Eco "Elogio a Franti" (Diario Minimo 1963) Piran1' unico personaggio critico di tutto il romanzo, di- dello "L'umorismo"
sorganico nei confronti dell'ideologia borghese e Amos Oz "Contro il fanatismo"
patriottica della quale l'autore si fa portavoce. E in- Baudelaire "L'essenza del riso"
dovinate un po’ come si manifesta il suo criticismo?
Con il riso. Franti ride di tutto e di tutti: dei compa- Nagni Danilo V B
gni, del maestro, della madre piangente, di un soldato zoppo. La celebre frase di Baudelaire "il riso è
satanico: è dunque profondamente umano" si addice
perfettamente alla figura di Franti, la cui risata spietata non risparmia nessuno. Non si tratta quindi di
una risata liberatoria, ma piuttosto marcatamente
"umoristica" nel senso pirandelliano del termine, in
quanto scaturisce dal "sentimento del contrario" così
come dietro la buffa immagine della "vecchia signora imbellettata" si nasconde il dramma di una donna
che non riconosce più se stessa nel suo corpo, così
l'apparente serenità che trapela dal libro "Cuore"
cela m realtà tutta l'ipocrisia della retorica postunitaria Allo stesso modo, ritornando all'argomento in
questione, le vignette di Charlie Hebdo manifestano
una secolarizzazione pressoché totale di una parte di
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LA SABBIA DEL TEMPO da Alcyone
La tematica che funge da fil rouge all’interno della raccolta “Alcyone” (terza e ultima delle Laudi per l’incompiutezza delle ultime due) è l’estate. Se da un lato, rispetto
alle precedenti “Maya” ed “Elettra”, Alcyone sembra avere un tono meno ideologico e più intimista, in essa non
sono comunque assenti spunti di riflessione ideologica e
superomistica (quindi vitalistica). Questo componimeto,
però, usando termini quali “scorrea” (v. 1) , “il giorno era
più breve” (v. 3) che allude alla stagione del sole, dunque
divina che è avvertito interiormente, dal “cor” (v. 3), lasciano spazio ad una considerazione esistenziale che sembra preannunciare il momento successivo della poetica
dell’autore, quello “Notturno”. I due nomi si contrappongono ossimoricamente. Del resto “l’appressar dell’umido
equinozio” (v. 5), che “offusca l’oro delle piagge salse” (v. 6) già nominate con l’epiteto “calda sabbia lieve” (v. 1), annunciano il concludersi dell’estate, che è
vissuto in quel mese di settembre, nel quale aleggia, sebbene incompiuta, la nostalgia per la stagione estiva, nella
quale “le ombre degli steli e delle lancette dell’orologio
sono allungate” (v. 9-10).
ogni stelo, che è “vano” in quanto caduco, rinviano all’eclissarsi della vita. Dunque, la sabbia, che inerte scorre e
si posa nella mano esattamente come fa la sabbia in una
clessidra, simboleggiata dal cuore “palpitante” (v. 8),
quando finisce il suo corso, è l’elemnto tramite il quale si
compie l’analogia tanto cara a d’Annunzio e ai simbolisti.
l’identificazione armoniosa nella natura si compie tramite
la trasformazione panica che naturalizza l’uomo e antropomorfizza la natura, con un procedimento non dissimile
da quello che avviene in altri componimenti, come la
“Pioggia nel pineto” e “La sera fiesolana”. L’identificazione si compie tra l’urna e la mano, resa imponente
dall’enjambement e dall’iperbato presenti nel sintagma
“urna la mano era” (la mano fungeva da urna), il cuore
diviene “clessidra”, fatto che si riallaccia allo stesso cuore
del v. 3 che per primo aveva avvertito che il giorno era
più breve, quasi che il tempo fosse una dimesione interiore insita nel poeta stesso. Il cuore è comunque
“palpitante”, e in questo si avverte lo stimolo vitalista del
superuomo dannunziano, che contempera in sè la dimensione umana e soprattutto, quella più che umana, l’unico
in grado di “indiarsi”, di “transumanar” che si compie
grazie al superuomo nella fusione panica con la natura che
La prima strofa enuncia il passaggio da un primo momen- qui, ad ogni modo, è dolorosa, in quanto dissacra in parte
to, quello dell”ozio” (v. 2) nel quale l’uomo vive inerte lo la funzione del superuomo;
scorrere del tempo, a quello fulmineo della consapevolezza dolorosa.
la parola che acquista uno spessore considerevole oltre a
E’ un procedimento che avrà prole nell’esponente mag- “tempo” è “vano” al v. 9. Essa è posizionata alla fine del
giore dell’Ermetismo, Salvatore Quasimodo, il quale nel verso come apposizione del sostantivo “stelo”.
celeberrimo componimeto “Ed è subito sera”, ricalca con
le dovute modifiche date da un mutato contesto storico, il Questa istanza, ossia quella della vacuità di tutte le cose
trascorrere del tempo e l’amara consapevolezza della fine viventi, rispecchia in maniera ancora silenziosa quella
del giorno. Questa presa di coscienza assale “d’ansia” (V. tematica presente nell’ultimo componimento dell’Autore,
4) lo stesso cuore che aveva “sentito che il giorno era più “Qui giacciono i miei cani” del ’35, dove si legge “se pan
breve”.
è tutto, e se la morte è tutto”. Anzi, proprio l’accostamento e l’immedesimazione del poeta in oggetti che segnalaIl quarto verso specifica il sentimento già annunciato nella no lo scorrere del tempo, come la “clessidra” qui, e gli
strofa precedente, quello dell’”ansia repentina”, in rispo- ossi rosicchiati dei cani in eterno (del precedente composta alla noia oziosa che aveva pervaso l’uomo incosciente nimento), sono elementi di continuità che segnalano il
dello scorrere del tempo che avverte l’affacciarsi inesora- progredire della poetica dell’autore.
bile dell’”umido equinozio”, della fine dell’estate alias Il Madrigale è composto da dieci versi endecassilabi racfine della vita.
colti in due terzine (i primi sei) e una quartina finale. Le
prime due terzine hanno schema rimico ABACBC, l’ultiNell’ultima strofa si verifica l’accostamento analogico ma quartina invece ha una rima alternata con schema DEdelle immagini, incasellate nelle prime due tra le celle del DE.
Il componimento è classicheggiante nella forma, e presenricordo.
Infatti, se nelle prime due strofe il tempo dell’azione è ta una corrispondenza logico strofica in tutti i versi e in
quello remoto (“scorrea” v. 1, “sentì” v. 3, “m’assalse” v. tutte le strofe (ISOSTROFISMO), ognuna delle quali è
4), dai versi 7 al 10 si verifica lo spostamento dell’asse conclusa dal punto fermo. I secondi versi delle terzine
temporale nella dimensione delle proposizioni giustappo- iniziano entrambi con “per”, indicando lo stesso paralleliste, che esulano dalla dimensione del tempo, impresse smo di situazioni tramite però un complemento differente:
nella memoria del verbo “era” in posizione forte, segnala- il primo apre a un complemento di moto per luogo, il seto da un vistoso enjambement, l’unico, che separa sogget- condo è una causa.
E’ presente un enjambement ai versi 9 e 10 tra soggetto e
to e verbo e regge l’intero periodo.
predicato, molto importante in quanto dà rilievo al verbo
l’oggetto considerato è l’urna, che corrisponde alla metà che è l’unico della strofa e regge per intero il periodo.
di una clessidra nella quale si posa la sabbia una volta che Se dall’analisi metrica il componimento risulta avere
un’impronta classicheggiante privo ancora dell’utilizzo
ha terminato il suo corso.
L’appartenenza al campo semantico della morte è eviden- del verso novecentesco per eccellenza, quello libero, si
te in quanto la clessidra, che testimonia la fine dello scor- possono comunque segnalare elementi di disarmonia con
rere del tempo, è associata per analogia, ad un’urna che la tradizione che hanno reso D’Annunzio il “ponte” italiaappartiene al linguaggio funebre. Le stesse “ombre” di no per la letteratura moderna.
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Gens Una Sumus
Le caratteristiche stilistiche che rendono la poesia vicine a
una sensibilità nuova e moderna sono: primo fra tutti,
l’impianto analogico e metaforico. D’Annunzio memore
della lezione simbolista, utilizza una metafora che non è
più quella medievale che sfruttava l’allegorismo perchè
attingeva ad un codice condiviso di valori, ma la metafora
(inaugurata da Baudelaire) è ora sfumata, collega ad un
Tutto, che nello stesso tempo è Molteplice. Il poeta intesse una trama di fitte corrispondenze che però, se ineffabili, sono efficaci nell’immediato del particolare che lo collega con l’universale.
Le proposizioni vivono di un accostamento analogico che
è testimone della posizione mutata del poeta, al quale è
“caduta l’aureola”. D’Annunzio risponde prima esteticamente e poi con il “superuomo”, ma la sua è una posizione comunque fragile, che non può battere “la sabbia del
tempo”. La caducità delle cose sarà la risposta novecentesca agli stravolgimenti in atto nella storia.
Il D’Annunzio della lirica è un D’Annunzio più dimesso,
accostato alla posizione del “Notturno”, che sarà l’esito
successivo della fase superomistica. Dalla critica, sebbene
meno commerciale, è stato giudicato il più autentico.
All’”Andrea Sperelli”, l’”esteta”, che poneva l’arte al di
sopra della morale, si era sostituito il “Superuomo”, che
esaltava la macchina, ma non era comunque un padrone
della sua realtà, pur atteggiandosi come tale. Ora, D’Annunzio non può fare a meno di constatare la sua posizione
di “uomo inutile”, lui che potrebbe fare dell’osso del cane
il flauto di Pan. Fa rimare terribilmente “nulla” e “culla”,
quasi a testimoniare il trionfo della morte, sopra la quale
non ha mai avuto un vantaggio nonostante l’appellativo di
“vate”. Qui, annuncia lo scorrer del tempo come qualcosa
che procura ansia, che non può essere fermata. Se tutto
era parola, “prole delle foreste” ora anche questa, se “tutto
è nulla”, risulta vana.
Le soluzioni formali e ideologiche di D’Annunzio e Pascoli sono estremamente antitetiche ma comunque complementari. L’elemento base è la dissacrazione del ruolo
“sacerdotale” del poeta, che ha esiti differenti nei due
autori, i quali impersonano le istanze del possidente medio schiacciato dall’industria da un lato e dal proletariato
dal basso: l’uno che si chiude aristocraticamente in se
stesso prima, per farsi cantore della modernità poi, sfruttando la massa “plebe e canaglia” per riportare al potere
l’aristocrazia che ricalcherà i fasti della Roma antica; l’altro, che invece si chiude nel nido domestico rifuggendo
dalla politica militante attiva e violenta e propinando un
messaggio (esclusivamente morale) di fraternità evangelica e cristiana. Col culto dei morti e una paura fanciullina
per l’esterno oltre la siepe. D’Annunzio celebra la sua
parola quale “verbo di vate”, figlia delle foreste, la poesia
come rivelazione del mistero (“io ti dirò”....). Pascoli, al
contrario, parla umilmente di “Myricae”, tamerici, allacciandosi a Virgilio con la poetica delle piccole cose umili,
che, spingendo gli uomini a contentarsi della propria condizione tramite una poesia pura, esorcizza la lotta di classe. Il fanciullino che è in ognuno di noi è in grado quale
“nuovo Adamo”, di guardare ogni cosa con lo “stupor”
della prima volta, ed è decadente nell’uso dell’intuizione
simbolica per conoscenza. Ad ogni modo Pascoli non ha
la cosruzione retorica tanto cara a D’Annunzio, e quindi
Anno XIX numero 1
risulta essere più autentico del Superuomo, spesso pomposo. La dimensione bambinesca è la stessa che guarda
alla vegetazione malata quale simbolo di un erotismo
proibito (“La digitale purpurea”, “Il Gelsomino notturno”), che intesse una rete di corrispondenze inquietanti
che incarnano lo spirito decadente. Sul piano formale,
D’Annunzio ha esercitato un’influenza enorme nell’utilizzo di prefissi e suffissi, pur nello stesso tempo, rinnegato.
Pascoli con l’uso simbolico (decadente) di un linguaggio
“Pregrammaticale” (onomatopea e fonosimbolismo)
“Grammaticale” e “Postgrammaticale” (lingue speciali,
dialetti, contaminazioni straniere) (Contini) ha concluso
con la tradizione classica ma ha aperto la porta alle future
avanguardie e movimenti del Novecento.
Battistini Rachele V B
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Questo è l’articolo sul laboratorio teatrale, che quest’anno in particolare ha riscosso col suo spettacolo mirabolanti successi intercomunali. Perciò abbiamo scelto di porre l’accento direttamente sulla rappresentazione, nel tentativo di provocare il più profondo pentimento in chi non lo è andato a vedere.
LIMBO!!!
definito la prima sfocata immagine di un’opera che
tocca due realtà della vita, quella terrena e quella
celeste, e affronta con ironia e profondità il tema
della morte. Il nostro lavoro è il succo della concretezza di Elena e Valentina, dell’organizzazione della
prof. Fratini, delle commuoventi musiche di Paolo e
del genio di Simone, il collante di tutto. Dico genio
perché, per creare un’opera geniale, non si può essere altro. Infatti, come sosteneva Alfieri, il poeta, per
cantare l’eroe, deve essere eroe egli stesso. Grazie
per aver creduto in noi.
È così, quindi, che con il fiato sospeso siamo arrivati
alla fine. Una fine agognata e duramente sudata, che
ci ha però riempito il cuore di orgoglio. Orgoglio per
i tanti apprezzamenti ricevuti, per gli applausi, le
lacrime e le risa degli spettatori, per il tempo trascorso insieme e per un’esperienza che ci auguriamo
abbia fatto riflettere e sognare. Grazie, grazie per
averci portato lontano, oltre i limiti della fantasia, “a
danzare con le stelle…”
Luce. Uno spaccato di quotidianità accoglie gli spettatori in sala. L’ordinaria vita di una locanda qualsiasi, in un giorno di pioggia come tan... No, però,
aspetta! Troppo strano per essere un luogo qualsiasi.
La gente, qui, arriva, se ne va, dimentica. Sì, sembra
strano, ma la gente dimentica. Persino i detective,
che sono arrivati prima dell’alba, quando fuori pioveva, non ricordano su cosa stavano indagando.
Mentre una tale, vestita completamente di rosa, con i
bigodini in testa, racconta la sua vita, o meglio le sue
vite passate. Infatti, così, sentendola parlare, sembra
che abbia vissuto centinaia di volte.
La gente, qui, arriva, se ne va, dimentica, chiede il
perché. Perché un bambino non è più nella pancia di
sua madre, che lo stava aspettando, e gli angeli non
possono provare sentimenti terreni? Perché quando
una pistola spara non uccide e perché, in tutto questo
caos, i lavoranti non sembrano accorgersi di nulla?
La gente, qui, arriva, se ne va, dimentica, chiede il
perché, si guarda intorno. Guarda una pittrice che Catena Elena IV A
dipinge, sostenendo di non essere una pittrice, guarda una bambina di nome Rosita e un uomo che, tenendola fra le braccia, le insegna a vivere. Guarda
una donna in carriera, due nobildonne in pelliccia,
che si lamentano del colore delle tende, e un boss di
mafia che confessa i suoi peccati ad un prete.
La gente, qui, arriva, se ne va, dimentica, chiede il
perché, si guarda intorno e ama. Si amano il sogno e
il divino, di un amore già scritto da tempo. Un tempo certo e indefinito, chiaro e gravido d’incertezze.
Si amano un padre e sua figlia, perché un padre e
una figlia non possono non amarsi. Si amano il ricordo e la realtà, che si fondono nell’infinito spazio
di un addio, il primo rendendo sublime la concretezza della seconda.
Questa è una traccia dell’ambizioso progetto che,
noi ragazzi del laboratorio teatrale di Pergola, abbiamo deciso di portare quest’anno a teatro. Tutto è
partito dalla richiesta del nostro regista di raccontare
una storia, o presentare un personaggio, che ci piacessero particolarmente. Con il progressivo accumularsi di scene, idee ed estratti di libri che, in minore o
maggiore misura rappresentano noi stessi, abbiamo
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Gens Una Sumus
L’angolo di Gennaro
Gennaro Francesco Lucchino I B
IL CYBERBULLISMO
dopo l’ultima grande tappa dello sviluppo tecnologico, che ha portato alla massiccia rivoluzione informatica e digitale, anche i rapporti sociali si sono dovuti adattare. In particolare ci preoccuperemo in questo modestissimo articolo di approfondire un problema sociale che riguarda la fascia d’età di noi ragazzi
del liceo: il cyberbullismo. Questo è l'insieme degli
atti di bullismo praticati nel cyberspazio e che del
bullismo tradizionale mantengono soltanto la violenza psicologica amplificandola attraverso l'uso di contenuti multimediali come le immagini e i video, che
superano il linguaggio del bullismo tradizionale. È
perciò ben più subdolo e difficilmente controllabile
del vecchio bullismo, poiché è la realtà virtuale, in
questa fase transitoria in cui non ha ancora assunto
grado di realtà maggiore di quella naturale, ad essere
più subdola della realtà naturale. "La virtualità è diversa dallo spettacolo, che lasciava ancora spazio a
una coscienza critica e a una demistificazione. L'astrazione dello "spettacolo" , anche nei situazionisti,
non era mai irrimediabile. Infatti, non siamo più alienati né spossessati: siamo in possesso di tutta l'informazione."1. se infatti un insulto, anche detto da una
persona influente e popolare, è subito sotterrato dalla
“sabbia del tempo” e può anche essere smentito
dall'agire della vittima; all’interno della realtà virtuale esso non ha tempo di essere dimenticato, perché
appunto non esiste il tempo. Il problema dunque arriva perché non si riesce più a dimenticare, a superare
una situazione scomoda, a staccarsi di dosso un’umiliazione o meglio a superarla, a crescere con lei. Infatti la realtà virtuale, proprio perché non ha tempo,
è pura giustapposizione di immagini e non si corregge mai. La sola soluzione a questo punto sembra essere quella di mantenersi lontani, tangenti a questa
virtualità mostruosa e infallibile (anche se spesso fa
piacere immergersi nella sua infinita leggerezza),
affinchè una cattiva parola su uno schermo non abbia più il potere di ferirci. Ma forse sarebbe ancor
meglio, anziché rifiutare ciò che ormai è più vero del
vero nella nostra quotidianità, prevenire queste situazioni in altro modo, cioè attraverso una certa cautela
nei confronti dei social network. Esempio: non converrebbe essere prudenti nel condividere le proprie
Gennaro Una Sumus
informazioni personali, soprattutto se non si fosse
certi di poter sopportare molestie virtuali? O addirittura non converrebbe aspettare di essere più lucidi
prima di immergersi nel fantasma della comunicazione virtuale? Non a caso c’è un’età minima con cui
poter entrare nel mondo parallelo dei social network,
anche se non viene rispettata quasi mai, come se la
rete fosse perfetta e non avesse bisogno di regole,
ma sappiamo bene che non è così. O forse come se
quelle regole non toccassero noi ma la nostra copia
virtuale, e allora dà anche più piacere infrangerle. In
questo caso non si può fare proprio nulla, l’unico
caldo consiglio che ci sembra provvidenziale è
“Pensaci, Giacomino!”2, perchè è solo la cultura e la
fuga dalla forma che ci può salvare dal “delitto perfetto” della realtà, alienata dall’ “Alta Definizione”.
“L’immagine ad alta definizione. Nulla a che vedere
con la rappresentazione, ancor meno con l’illusione
estetica. L’illusione generica dell’immagine è completamente annientata dalla perfezione tecnica. Ologramma o realtà virtuale o immagine tridimensionale, essa non è altro che l’emanazione del codice digitale che la genera. Non è altro che la smania di fare
in modo che un’immagine non sia più un’immagine,
ossia ciò che toglie una dimensione al mondo reale”3.
NOTE
1: da “Il delitto perfetto” di J. Baudrillard, Raffaello
Cortina editore, p.33
2: dramma di L. Pirandello in cui ci pare attuarsi una
esemplare reazione all’alienazione
3: op. cit. p.36
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POESIA
LO SCONTRINO
Nell’utopia, alchimia
Progetto sul mio corpo
Elitre per le penne che
Volano come non fossero
D’inchiostro
E cerco disperato
Di deviare deragliare
Nel delirio il naturale
Diventare della china
In piombo offeso, ferito
Sempre sparato al suolo
Poi, ipotetico gabbiano gaberiano
Ipotecato in qualche
Grande magazzino buongiorno,
sono ventinove e tredici,
grazie, arrivederci,
arrivederci, arrivederci…
salutarti è così bello
vita
che starei ancora
qui a guardarti andare
fino a domattina
Paperi Alessandro V B
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Gens Una Sumus
DIALOGO DELLA LINGUA E DI UN PESARESE
Gabbiano, dov’è
La gabbia che porti nel nome?
Sia proprio il volerti
Chiamare a ogni costo
La smania di nomare tutto?
E se svelassi?
Chiamandola gabbia
La folle impresa
Bianca vela di Ulisse
Del chiudere in nomi
Le percezioni sul mare
Sarebbe bianco allora
Il tuo volo leggero
A bandiera, caduto
Tra nuvole
Frutto del mare.
L’indice al vento
Leccato l’immergo
Per donde scoprire
Nettuno mi tira
Nessuno mi chiama
In questa barca
Dalle colonne
Di Gibilterra distrutta
Sprecata.
Santo il mare tra la terra
Santo il sale sotto il legno
Dei miei piedi
Santa la lingua che a occhio nudo
Già vedo rappresentata
In scogliere e verdure sinuose.
E maledetto lo sguardo più lungo
Del gozzo che ferma alle colonne
Il cuore che sale frecciato:
le coste alle spalle perdute
per l’India incapace di andare,
le costole fuse, spaccate.
Disfatto. Lor solo, i gabbiani
Sventolando a digiuno
Aspettano con me
Che muoia
Nessuno.
Paperi Alessandro V B
Anno XIX numero 1
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EPISTOLE...
Risposte alla lettera che Umberto Eco scrisse a suo nipote
Caro nonno Eco,
felici di fare gare di memoria, anzi proprio non gli
interessa, al massimo ci interroghiamo prima delle
verifiche, comunque sì la storia la sappiamo un po’
tutti e, come dici tu, leggendo si vivono altre vite,
anch’io altre ne ho vissute: io c’ero a Santa Barbara
il 23 maggio, c’ero alla presa delle Termopili, c’ero
all’assassinio di Cesare, attaccavo a Pearl Harbor e
mi difendevo a Midway, ho visto la mano di Pietro
Micca salutar, ho sentito, pensa un po’, addirittura
gli odori dei bassifondi medioevali (e non erano
molto gradevoli). Ho già vissuto parecchio, forse più
del dovuto, e chissà quanto vivrò ancora, magari vivrò anche la tua di vita. Ora devo andare nonno, ho
Teresa che mi aspetta.
non ti preoccupare, non suona troppo deamicisiana
la tua lettera, e tranquillo, sono etero ma non vado su
quelle centinaia di siti porno, e di certo non per vedere rapporti uomo-animale, ma non parlo con le
ragazze che tu chiami vere, ma non è questo il punto:
il punto è la memoria. Sì l’alleno ogni tanto, di solito
ricordo numeri, sequenze matematiche o giochi di
logica, mai le capitali, anzi è già tanto se so che la
capitale del Sud Africa è Città de Capo. Poesie non
ne imparo, non tutte, memorizzo solo qualche verso,
di quelli che mi piacciono di più. Certo è vero che
con internet posso raggiungere tutte le informazioni
che voglio senza problemi, e ciò è una cosa buona,
sapere tutto di tutti, se si sa cosa cercare ovviamente, Biondi Federico
e se si sa come filtrare le informazioni, impararle?
Magari le scriverò sulla ricerca che sto facendo e
così qualcosa ricorderò. I miei amici non sono molto
Carissimo nonno Eco,
fisica, il calcio non mi piace così tanto (anche se alcune di quelle pornostar ribadiscono spesso in tv che
anche Pasolini giocava a calcio); preferisco camminare come i peripatetici, che fa anche meno male alle
articolazioni e bruci più grassi che correndo.
Ad essere sincero questa storia della memoria l’avevo già presa in considerazione: ha un ruolo sociale
troppo importante… pensa soltanto a Orwell e
Huxley (che certo conosci perché li hai citati tu stesso in quell’articolo a Pasolini): in 1984 la memoria
viene costantemente distrutta e ricreata (viene quindi
annullata la coscienza di sé, perché non c’è coerenza
nel ricordo); nel “bel mondo nuovo” viene infestata
inconsciamente tramite l’ipnopedia. E poi nel tuo
“nome della rosa”! quel libro sul riso di Aristotele!
Bruciato a 451 gradi Fahrenheit da Jorge da Burgos.
Per questo ti ricorderemo, nonno Eco. Perché i tuoi
testi non siano dimenticati né nascosti dal fuoco della censura e del fascismo
sì. Sono io. Sessuale. Etero, sessuale. Grazie mille
per il tuo notevole consiglio sulla memorizzazione,
già lo sto utilizzando e inizio a trarre giovamento.
Infatti aver imparato a memoria i nomi di tutte le
attrici pornografiche mi consenta di risparmiare un
sacco di tempo perché so già cosa cercare. Te ne
scrivo un po’, così vedi come sto diventando bravo:
Barbara D’Urso, Simona Ventura, Raffaella Carrà,
Antonella Clerici, Daniela Santanchè, Raffaella Fico, Alessia Marcuzzi, Ayda Yespica, Giorgia Meloni, Maria Elena Boschi e potrei continuare all’infinito citando anche le relative misure di seni e fianchi
(Nicole Minetti…). So bene –come vedi- che la memoria è importante: infatti ricordo benissimo cosa
dicevano sui teleschermi codeste fanciulle e mi rendo conto che è uguale a quello che continuano a dire
oggi. Niente è cambiato. E mi accorgo che è piuttosto buffo il fatto che – sebbene io mi sia naturalmente stancato di rivedere le stesse identiche cose in for- Paperi Alessandro
ma diversa tutti i giorni- milioni di persone continuano ancora ad alimentare l’”audience” e il successo di
donne col culo per aria e i seno scoperto a metà. In
altre parole: veline. Per quanto riguarda l’attività
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Gens Una Sumus
egregio dottor Darwin,
Arriva il tempo in cui si diventa troppo grandi per la
culla in cui s‘è cresciuti, per l'ambiente in cui ci si è
sviluppati. Arriva il tempo in cui non basta più, dove
è insopportabile accettare gravità vincoli e lacci. Arriva il tempo in cui la perversione porta a devastare
tutto quello che si trova tra le mani, a devastare tutto. Siamo sempre noi,
caro D,
scusa se ti ho fatto perdere tempo. Infondo siamo
sempre noi: quei folli che hanno saputo volare fin
sopra le nubi senz'ali, che hanno saputo correre più
veloci del vento senza muoversi affatto, che hanno
saputo cancellare dal pianeta milioni di gemme con
il solo alito. Forse abbiamo sbagliato soltanto a chiamarci sapiens. Scusa di nuovo, caro, sempre che tu
abbia avuto la pazienza di leggere tutta la lettera,
ma secondo te, no? Non ti sembra che rispetto ad
altri e rispetto al passato, alcuni uomini (sempre di
più, tra l'altro) si relazionino in modo completamente diverso con la natura? Non ti sembra forse di vedere un modo radicalmente diverso di adattarsi ad
essa? Voglio dire: io sto scrivendo come un cretino,
a un morto. Anzi non sono cretino io, perché io sono
stato costretto a farlo. Ah, doppiamente cretino…
ma lasciamo stare. Stavo dicendo che sì, anche l'homo più sapiens dei sapiens sapeva disegnare, litigare, imparare dalla storia… ma l'interazione e l'integrazione nell'ambiente mi sembra un po' cambiata da
allora. Mi pare come se, sì dai… hai presente quel
pazzo? Quello lì, il primo homo. Quello che si faceva sputare dalle scimmie sugli alberi! Chissà che gli
è preso, come gli sarà venuta in mente un'idea del A presto,
genere… ma che idea? BISOGNO! Lui doveva
scendere! Ed è sceso. E di fatto ai suoi occhi la natu- Paperi Alessandro
ra, la realtà è rimasta uguale, coi piedi per terra. E Quello della V B
poi pensa anche un attimo -uno solo eh, tranquillo
Darwy- a quel tipo che s'è accorto che si poteva vivere anche d'attesa: anche lì, dalle caverne poi capanne poi casine e casone, la natura era sempre lei
per l'homo.
Poi pensa un poco a quel matto che ha rifatto nomade l'uomo: ah, maledetto Copernico!
Sembra, eh?
Non hai notato l'errore, ammettilo… non hai notato
che l'uomo è rimasto uguale, è la natura che è cambiata! Relativizzandola, l'uomo non ha fatto che accorgersi di quanto fosse grande l'apertura nella prigione da cui si sentiva maternamente stretto, rinchiuso, protetto.
E allora? Ti pare poco? E di cosa credi si sentisse
più figlio, l'uomo? Di cosa era più circondato?
Null'altro che dubbi e corpi, anch'essi tra l'altro dubitabili, maledetto Cartesio (dico più che altro per i
piani cartesiani…). L'habitat in cui era immerso l'uomo non era più quel genitore severo e giusto, quel
grembo generatore, quella fatale o divina provvidenza. La fiducia nel mondo uscì dalle tasche dei pantaloni degli uomini. Ma la fiducia nei loro mezzi non
la persero mai, guarda i positivisti.
Lo eri anche tu, gentilissimo ingegner Darwin? Avevi elevato anche tu la tua individualità al di sopra del
tuo habitat? Mai nessun animale, mai nessun homo
c'era riuscito. Ti faccio i miei complimenti, carissimo.
Anno XIX numero 1
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“Un’idiozia conquistata a fatica”...
Due singoli in diretta da Radio Sudario...
A ZANDRI VALENTINO, COSTRETTO DAL DURO DESTINO A IMBOCCARE L’ENTRATA SBAGLIATA DELLA SUPERSTRADA, PRESSO ACQUALAGNA.
OH GIOVE, PERCHÉ TANTO ADIRATO? NON SOLO CONTROMANO, PERSINO UNA
PATTUGLIA IN QUEL FRANGENTE A SGAMARLO HAI MANDATO…
Tu non credi nei semafori
Neanche ai sensi unici
Neanche se ti sbattono dentro
Questa guida lascia i brividi
A volte pure i lividi…
A volte ci lasci la patente.
C’è quel freno che non sai
Che poi non usi mai
Che va incontro al tuo piede
Come il mondo va contro di te
E tu non sai perché
Lo so, lo sto vedendo bene
Io sono qui
Stringendo il cuore in mano
Rantolerò
Il mio dolore invano
Stramazzerò
Perché mi sento strano
Accanto a te
Viaggiando contromano
Risolverò
Magari poco o niente
Morto sarò
Tra meno di un istante
Mi sento un po’
Martire talebano
Accanto a te
Viaggiando contromano
Solo la polizia lo sa
Quando e come finirà
La mia sofferenza
E il mio supplizio
Paperi Alessandro V B
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Gens Una Sumus
QUI GIACCIONO I MIEI PIANI
Alle quinte
Qui giacciono i miei piani
Gli inutili miei piani
Forse perpendicolari
Sul foglio protocollo
Fedeli et infedeli
Al Vettore giacitura
Non a me uom da nulla.
Rosicchio la mia penna
Nel buio senza fine
Premo tasti, i suoi tasti
Non cesso di rodere sui tasti
Vuotati di radianti
Et io potrei farne
La pascalina di Pascal
Se c’avessi un’idea almeno
I’ potrei, per saccheggiare il sei
Farne la calcolatrice di Pascal
Se Pascal è il tutto
E se la Stroppa è il tutto.
Ogni alunno nello strazio
Ciancia e sbava aspartame
Ogni studente all’esame
È il piano del suo spazio
Biondi Federico V B
E Paperi Alessandro V B,
direttamente ispirati da Apollo
Anno XIX numero 1
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GENS UNA SUMUS©
Giornale del Liceo scientifico
“G.Torelli” di Pergola
Anno scolastico 2015/2016
REDAZIONE
Alessandri Rebecca, Paperi Alessandro
GIORNALISTI
Alessandri Rebecca, Battistini Rachele, Biondi Federico,
Bompani Antonio, Catena Elena, Gasparini Federica
Lucchino Gennaro Francesco, Manfredi Giovanni,
Nagni Danilo, Paperi Alessandro, Visconti Davide
COPERTINA
Visconti Davide
Ringraziamo la professoressa Imperatori Anna,
Ma soprattutto lo staff tecnico adibito alla stampa guidato da
Ceccarani Dario
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Gens Una Sumus