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Scuola Primaria
“O. LUCCHI” TENNO
UN PERCORSO TRA STORIA, FANTASIA, ARTE E AMBIENTE
COMUNE DI
TENNO
UN PERCORSO TRA STORIA,
FANTASIA, ARTE E AMBIENTE
Scuola primaria “O. Lucchi” - Tenno
Quattro mosse
per conoscere Tenno
Un percorso tra storia, fantasia, arte e ambiente
“Che magia il castello”, la capacità di farlo rinascere e di custodirlo per tutti noi!
E proprio vicino a queste fantastiche mura i nostri ragazzi hanno avuto l’opportunità di
esprimere doti e passioni, in un luogo unico, suggestivo e carico di emozioni.
Grazie quindi al dottor Zumwinkel per la sua presenza sempre puntuale, preziosa e
disponibile. Una persona straordinaria per un evento straordinario.
Grazie alle maestre della scuola primaria di Tenno che con la loro professionalità e
bravura sono riuscite a regalarci una serata unica.
Grazie ai nostri bambini che con il loro impegno, dedizione ed entusiasmo ci hanno fatto
apprezzare le tante sfumature della Tenno di ieri e quella di oggi.
Un grande gioco di squadra quindi; solo con l’aiuto e la collaborazione di tanti attori si
poteva sperare in un tale successo; e così è stato per la soddisfazione di tutti.
Carlo Michele Remia
Sindaco di Tenno
da “l’Adige”, 2 giugno 2012
La sera del 7 giugno 2012 la nostra Comunità ha vissuto un momento speciale che ha
trasformato Tenno in un posto magico. Tutti noi, ed eravamo veramente tanti, ci siamo
lasciati prendere per mano, trasportare in un altro posto e in un altro tempo e incantare
dallo spettacolo messo in scena dagli scolari della scuola primaria “O. Lucchi” guidati dalle
loro insegnanti. Il rullo dei tamburi, le musiche, le danze, i costumi, lo scenario, la bravura
dei bambini hanno creato un’atmosfera insolita che ha coinvolto tutti, protagonisti e spettatori, in un momento di grande partecipazione emotiva e di socializzazione.
Ma lo spettacolo, benché complesso e articolato, non è stato che il momento conclusivo, solo una parte di tutto il lavoro svolto durante l’anno scolastico. Gli alunni accompagnati
dalle loro maestre e dagli esperti sono stati coinvolti in un percorso di ricerca per conoscere
il nostro territorio nei suoi vari aspetti e imparare così ad amarlo e rispettarlo: hanno scoperto, osservato, interpretato, raccolto, riprodotto segni del passato, aspetti artistici e culturali, ambientali, botanici, geografici e antropologici.
Per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno che il loro lavoro dovesse essere documentato e messo a disposizione di tutti; abbiamo perciò deciso di raccogliere i materiali prodotti, i percorsi seguiti, le attività e le ricerche in una pubblicazione che desideriamo
consegnare a tutte le famiglie della nostra Comunità. Così tutti potranno conoscere il lavoro
svolto, condividere esperienze, sensazioni e fatiche ma anche il piacere della ricerca e della
scoperta.
Desidero, interpretando sicuramente il pensiero di tanti, ringraziare con riconoscenza
le maestre che con grande disponibilità, impegno e professionalità hanno accettato la nostra
proposta, hanno elaborato il progetto e poi hanno guidato e sostenuto i loro alunni in percorsi didattici ed educativi nuovi ed impegnativi; un grazie anche agli esperti che hanno affiancato le insegnanti e collaborato con loro portando nella scuola le loro preziose conoscenze. Un altro grazie al dr. Zumwinkel e a tutte quelle persone che in vari modi si sono lasciate
coinvolgere e hanno fatto sì che il risultato fosse quello sperato, risultato che abbiamo avuto
e avremmo ancora di più, con questa pubblicazione, l’opportunità di apprezzare.
Laura Benini
Assessore alla Cultura di Tenno
Classe 1ª
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Raccogliamo le foglie
Martedì 27 settembre 2011 siamo usciti dalla scuola per
raccogliere foglie ed osservare le piante che crescono sui vecchi
muretti a secco fatti con i sassi.
Ci ha accompagnati la professoressa
Mimma Ballardini e
ci ha spiegato molte cose interessanti.
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I muri: quelli più antichi si riconoscono perché tra le pietre c’è della terra e crescono delle
piantine, mentre tra le pietre dei muri nuovi vediamo il cemento e non cresce niente.
I sassi dei muri: quelli più vecchi si riconoscono
perché su di loro sono spuntati i licheni cioè
piccolissime piantine.
I licheni possono essere di color giallo, marrone
o rosa pallido. Poi può crescere anche il
muschio, soprattutto nelle parti in ombra.
Ai piedi dei muri cresce l’erba e crescono le
ortiche.
Alle ortiche piace la pipì dei cani perciò
crescono bene ai piedi dei muretti.
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Sul muro a secco abbiamo trovato queste piante:
Le felci
Questa felce ha il fusto chiaro e le foglie
si alternano come i gradini; le foglie sono
dette “alterne”.
Questa felce ha le foglie messe una di fronte
all’altra sono foglie opposte attaccate ad un
fusticino scuro.
Ecco il nostro disegno:
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La borraccina
La borraccina ha le foglioline a forma di salsicce e cresce raggruppata a mazzetti.
Cresce sui muri soprattutto nella parte alta, più calda e soleggiata.
Ecco il nostro disegno:
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Aristolochia
Le foglie sono a forma di cuore, color verde chiaro con una nervatura centrale.
In dialetto vengono chiamate “lengue de
lumazi”, cioè “lingue di lumaca”. Ha dei
piccoli fiori gialli che sembrano una piccola
calla.
Abbiamo trovato anche i frutti: sono verdi a
forma di biglia e sono rari da trovare.
Ecco il nostro disegno:
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Colombina gialla
La colombina gialla è una leguminosa, infatti come frutto fa dei piccoli fagiolini. I fiori sono
gialli a forma di trombetta con uno sperone posteriore (uncino). Le foglie sono composte di
color verde chiaro.
Ecco il nostro disegno:
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Erba porraia
L’erba porraia solitamente cresce alla base dei muri, è una pianta delicata con foglie composte.
Ha dei piccoli fiori color giallo brillante a 4 petali. Rompendo il fusticino esce un lattice bianco-giallo usato un tempo per la cura delle verruche. Anche oggi in erboristeria si trovano
creme a base di erba porraia.
Ecco il nostro disegno:
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Parietaria
In dialetto viene chiamato erba “vedriola” perché un tempo usavano i rami di questa pianta
per pulire le bottiglie di vetro.
Ha le foglie piccole, con il bordo liscio, con una peluria sulla pagina inferiore così si attaccano
facilmente ai vestiti.
Ecco il nostro disegno:
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Le ortiche
Le foglie sono color verde, con il margine a dentini e pungono. Hanno una peluria e i peletti,
toccandoli, si rompono ed esce un liquido urticante (peli urticanti) che fa venire delle bolle
sulla pelle.
Ecco il nostro disegno:
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L’edera
L’edera è un rampicante sempreverde; la troviamo attaccata ai muri o ai tronchi degli alberi. Preferisce vivere in luoghi ombrosi e freschi. Le foglie sono lucide e di un verde brillante.
Ecco il nostro disegno:
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I bambini della classe prima di Tenno raccontano una bella storia
sull’antica chiesetta di S. Lorenzo
C’era una volta un pittore...
Tanto tempo fa, nel lontano 1384, arrivò a Tenno il pittore veronese Giuliano d’Avanzo che
propose al curato del piccolo borgo di Frapporta di affrescare la chiesa di S. Lorenzo.
Tutti gli abitanti, che in verità a quei tempi erano ben pochi, si resero disponibili ad aiutare
il pittore nel suo lavoro.
Giuliano insegnò loro come si faceva un affresco, bisognava:
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• Coprire le pareti della chiesa con della malta fresca;
• disegnare su un cartone il disegno che si voleva rappresentare e con un punteruolo fare
tanti piccoli fori lungo il suo contorno;
• appoggiare il cartone alla parete e coprirlo di carbone in polvere;
• stampare il contorno del disegno sul muro, quindi dipingere.
Il pittore inoltre doveva procurarsi i colori dallo speziale a Venezia; essi provenivano
dall’Oriente ed erano molto costosi, si trattava di terre colorate ricavate da piante, pietre e
animali. I colori, principalmente ocra, rosso e azzurro, venivano poi mescolati per ottenere
altre tinte.
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Ma cosa dipingere?
Giuliano chiese agli abitanti se conoscevano la storia di qualche santo e alla fine decisero di
rappresentare sulle pareti della chiesa la leggenda di S. Lorenzo.
“Lorenzo era di famiglia nobile e possedeva molte ricchezze.
Un giorno arrivarono da lui le guardie dell’imperatore Dacio, esse pretendevano tutti i suoi
averi per le spese di guerra. Ma Lorenzo, che era un uomo buono e da poco era diventato
cristiano, aveva già distribuito tutti i suoi beni ai poveri.
L’imperatore Dacio, infuriato per l’affronto subito, decise di punire questa sua azione e
Lorenzo venne condannato a morire sui carboni ardenti.
Lui però era un uomo così buono che il fuoco non riuscì a bruciarlo.”
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Il 10 agosto, nella notte di S. Lorenzo, si possono vedere le stelle cadenti che secondo la leggenda sono in realtà i carboni ardenti su cui si cercò di bruciare Lorenzo.
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Classe 2ª
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Le fontane
Noi bambini di seconda siamo andati ad esplorare la zona vicino al castello e abbiamo trovato due belle fontane, ricche di acqua ma anche di storia
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Questo disegno rappresenta la fontana usata dagli animali.
Dopo una lunghissima giornata di fatica nei campi mucche e buoi si fermavano qui per dissetarsi e riprendere le forze.
Questa fontana ha sopra un tetto perché veniva usata dalle donne del paese per lavare i
panni. Mentre lavoravano, chiacchieravano fra loro e i bambini piccoli giocavano nei prati vicini. Le donne per
tenere lontani i
bambini più piccoli
dall’acqua raccontavano molte
storie e leggende.
Una di queste
l’abbiamo voluta
illustrare e raccontare con le
nostre parole.
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UN RAGAZZO CURIOSO
Tanto tempo fa la gente del paese di Tenno
borbottava che intorno alla fontana nei pressi
del castello, ogni notte accadevano cose strane.
Un ragazzo curioso voleva saperne un po’ di più.
A mezzanotte in punto si aprì una porticina e
uscì una misteriosa signora con un cesto pieno
di panni sporchi.
Il ragazzo decise di andare a vedere con
i propri occhi cosa succedeva. Così quella
notte si nascose dietro un albero vicino
alla fontana e aspettò.
La signora girò intorno alla fontana poi
ci buttò i panni. Il ragazzo era sempre
più incuriosito.
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All’improvviso i panni cominciarono a ballare
di qua e di là,a muoversi nell’aria, a strizzarsi, a sbattere… Il ragazzo vedendo questo
magnifico spettacolo rimase a bocca aperta.
Quando arrivò il sole i panni diventarono
bianchissimi, luccicavano come pietre preziose. Allora la signora prese i suoi panni e
se ne andò.
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Subito dopo la signora prese i panni, li
stese sul prato e ci fece un giro intorno.
Ed aspettò. Il ragazzo continuava ad osservare ed era sempre più stupito.
Il ragazzo era molto spaventato, pensava
di aver sognato, così decise di tornare la
sera successiva. Ma… vide la stessa cosa: la
signora buttò i vestiti nella fontana, i vestiti ballarono, la signora stese i vestiti e la
mattina erano più brillanti e puliti che mai.
La sera successiva il ragazzo provò a fare la stesse
azioni della signora con la sua camicia. Anche la sua
camicia ballò, si strizzò e si tuffò nell’acqua da sola.
Poi quando la mise al sole e sull’erba cominciò a brillare più che mai.
Poi una forza stranissima attirò il ragazzo
alla sua camicia, così la indossò ma di colpo si trasformò in un corvo nero nero con
un’ala bruciata
Quando il ragazzo prese fra le
mani la sua camicia si scottò tantissimo e la buttò per terra.
Da allora, quando le donne vanno a lavare i panni alla fontana, nel prato vicino
vedono un corvo con l’ala bruciata.
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Una camminata nel bosco con Mimma!
Noi bambini di classe seconda siamo partiti dalla nostra scuola e siamo arrivati al “Sentiero
di Gola” con la nostra guida Mimma!
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Lungo il percorso abbiamo osservato:
Il sentiero fatto di sassi
Il muretto “a secco”, più antico rispetto a quello costruito con il cemento
Le “filagne” che segnano il confine del sentiero
I “terrazzamenti” che servivano per poter
coltivare sui terreni più ripidi
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La “Colombina Gialla”, un bel fiorellino che
cresce solo sui muri e sulle rocce
I licheni che crescono tra le rocce e per
formarsi impiegano tanti anni
Il muschio
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Con l’aiuto di Mimma abbiamo raccolto alcune foglie verdi dai rami:
IL SAMBUCO
L’OLIVO
L’ORNIELLO
L’EDERA
IL BOSSO
IL GELSO
L’AILANTO
IL LECCIO
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Mimma ci ha spiegato che esistono foglie semplici (una sola foglia) e foglie composte (formate
da tante foglioline).
SEMPLICI: Edera, Gelso, Olivo, Leccio, Bosso, Ligustro
COMPOSTE: Ailanto, Sambuco, Orniello
MA COME FACCIAMO A DISTINGUERLE TRA LORO?
Se è semplice ogni foglia ha la
sua gemma
Se è composta la gemma si
trova solo sul ramo
Durante questa bella esperienza abbiamo inoltre imparato a conoscere meglio le foglie, a distinguerle e a descriverle osservando il bordo, il colore, la forma, l’odore, le venature, dove si
trova la gemma, se la foglia è semplice o composta.
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EDERA
SEMPLICE
SEMPREVERDE
NERVATURE EVIDENTI
LUCIDA
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OLIVO
SEMPREVERDE
SEMPLICE
RESISTENTE
LANCEOLATA
UNA NERVATURA EVIDENTE
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GELSO
BORDO SEGHETTATO
CUORIFORME
GRANDE
MORBIDA
NERVATURE
“IN VISTA”
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AILANTO
COMPOSTA
LANCEOLATA
ODORE SGRADEVOLE “PUZZONA”
DELICATA
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Classe 3ª
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“Dos de le Strie”
Noi alunni di classe terza della scuola Primaria O. Lucchi di Tenno, il 13 aprile 2012 abbiamo effettuato un’uscita al “Dos de le Strie” guidati dalla professoressa Mariangela Ballardini.
Abbiamo così osservato le foglie di quattro tipi diversi di piante.
Roverella
Lungo il sentiero sassoso che porta al
dosso abbiamo visto una roverella: a
terra c’era un tappeto formato dalle
sue foglie secche, color marrone, grigio
o nocciola. C’erano anche molte ghiande, alcune delle quali s’erano aperte e
stavano germogliando. Certe avevano
emesso una piccola radice che si era
attaccata saldamente al terreno; forse diventeranno, fra qualche anno, una
bellissima pianta.
Abbiamo osservato attentamente le
foglie; sono piuttosto dure e resistenti, hanno un margine ondulato (foglia
lobata), al centro c’è una grossa nervatura che parte dal picciolo ed arriva
fino alla punta arrotondata. Molte altre
nervature, più sottili, partono dalla
nervatura centrale e arrivano alla fine
di ogni lobo.
I nostri disegni:
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ORNIELLO
Continuando lungo il sentiero abbiamo incontrato un orniello
ed abbiamo osservato con attenzione le giovani foglioline appena spuntate. L’orniello ha le foglie composte, cioè la foglia è
formata da un lungo e sottile picciolo a cui sono attaccate sette
o nove foglioline. Sono in numero dispari perché una si trova
sulla punta. Hanno il margine liscio, sono appuntite, leggere e
delicate di color verde chiaro. Leggere e poco visibili sono anche
le nervature che le attraversano.
I nostri disegni:
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carpino
Proseguendo lungo il sentiero Mariangela ci ha mostrato un
nuovo albero: il carpino. Anche al carpino erano appena spuntate delle giovani foglie, leggere e delicate di grandezza medio- piccola, color verde chiaro brillante. Sono appuntite con
il margine leggermente seghettato ed hanno un corto picciolo
verde. Le nervature, che partono da quella più grossa centrale,
si presentano una parallela all’altra e vicine vicine tra loro.
I nostri disegni:
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TIGLIO
Più avanti, lungo il sentiero abbiamo incontrato un
tiglio; le foglie hanno una bella forma a cuore, sono
leggere e delicate di un verde chiaro e brillante. Il
margine è leggermente dentellato. Ogni foglia ha
una grossa nervatura centrale che parte dal picciolo ed arriva sino alla punta. Dalla nervatura centrale partono altre piccole nervature che raggiungono il margine della foglia.
Alle api piace ronzare attorno ai fiori del tiglio per
raccogliere il nettare e tornare all’alveare per produrre un buonissimo miele
I nostri disegni:
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La classe terza presenta
I toponimi del comune di Tenno
Prima di iniziare questa ricerca non conoscevamo il significato dei termini TOPONIMO E
TOPONOMASTICA, né avremmo sospettato che i nomi dei luoghi potessero nascondere un
mondo così vasto e ricco, tutto da scoprire.
Per prima cosa ci siamo posti il seguente problema:
COSA SONO I TOPONIMI? A COSA SERVONO?
Abbiamo cercato una risposta attraverso un percorso strutturato come segue:
1. Visita al Bussé, dove abbiamo osservato le piante di bosso e abbiamo avuto un primo
contatto con il mondo della toponomastica;
2. visita al Dòss de le Strie dove abbiamo liberato la fantasia su una possibile origine fantastica del nome di quel luogo;
3. ciascuno di noi ha chiesto a genitori e nonni di elencare una decina di toponimi sui quali
concentrare la nostra ricerca e di raccontarci storie legate a questi;
4. abbiamo poi effettuato una classificazione dei toponimi in base a categorie scoperte;
5. infine abbiamo trascritto testimonianze, storie e leggende che riguardano alcuni luoghi
del nostro Comune.
COSA ABBIAMO CAPITO AL TERMINE DEL LAVORO?
1. Il termine TOPONIMO deriva dal greco tòpos=luogo e ònoma=nome quindi nome di un
luogo;
2. lo studio dei toponimi è un fenomeno complesso che richiede competenze adeguate: per
cercare il significato dei toponimi ci siamo avvalsi del libro “TOPONOMASTICA DI TENNO” di Maria Odorizzi Coraiola;
3. i nomi propri dei luoghi servono ad identificare una località e ad individuarla con facilità;
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4. i luoghi prendono il loro
nome da caratteristiche
geologiche, naturalistiche,
storiche, dal mondo fantastico di fiabe e leggende,
da attività umane ed altro
ancora;
5. i toponimi sono importanti perché ci forniscono dati
relativi alla storia del nostro territorio, ci aiutano
a capire tradizioni e modi
di vivere e scomparsi, forniscono informazioni sulle
attività, sulla religiosità,
sull’utilizzo di un territorio
nel tempo e così via;
6. non tutti i toponimi hanno
origine certa o conosciuta;
7. i nomi dei luoghi hanno
origini antichissime che
hanno radici latine, greche,
celtiche, dialettali…;
8. un nome può subire nel
tempo una serie di mutamenti dovuti a più fattori:
dall’evoluzione della lingua
ad interferenze di vario
genere. Un esempio: Vedesé
= VEDESETUM da VITICETUM, derivato dal latino
VITEX (in composizione con
VIMEN, vimine)= insieme di
piante di vedesi.
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TOPONIMI LEGATI AD ASPETTI GEO - MORFOLOGICI DEL TERRITORIO
CONFORMAZIONE DEL TERRITORIO
MAROCHÉT: piccola estensione di sassi - PRANZO
VALÙCLA: piccola valle che scende dalla Volta de No
LAVÌN: ammasso di sassi franati dal monte - VILLE
GRÓM: altura, dosso (dal latino grumus, mucchio)- TENNO
GÒLA: valle stretta DA TENNO A VARONE
LAVÉ: luogo con presenza di pietre (dal latino lapis) - PRANZO
BUSÓN: depressione, catino naturale - TENNO
VOLTA DE NÒ: luogo morbido per l’umidità (dal latino Noa)
PIÀZZE: area pianeggiante (dal latino platea)
DÒS DE LA TORTA: altura dalla forma di torta
SALT: salto, sbalzo - DA TENNO A CALVOLA
CÌNGOL RÓS: roccia rossa (dal latino cingulum, cengia) - COLOGNA
GINGÈL: ripiano erboso lungo una cengia rocciosa - VILLE
CLÒCIA: dosso simile a una gallina che cova - LAGO DI TENNO
VANDRÌM: catino morenico (forse dal latino vannus, catino) - TENNO
SALT DE LA VÓLP: luogo tra la rupe di Tenno e la Toresela dove le pareti opposte si alzano
e curvano ad arco avvicinandosi e formando un passo aereo.
CALVÓLA: luogo spoglio di vegetazione (dal latino calvus)
CANÀLE: presenza di un condotto d’acqua (dal latino canalis)
AZIONE DELL’ACQUA
GAVÀZZO: da gava, acqua corrente
PÓZZE: buca piena d’acqua - TENNO
FONTANÈLE: fontane, piccole sorgenti - TENNO
MAGNÓNE: 1) origine popolare: torrente “mangione” 2) grande, alto (dal latino magnus)
FÓCI: apertura di un fiume, dal latino faux
ÀLBI: pozza o vaso contenente acqua (dal latino alveus) - PRANZO
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TOPONIMI DI ORIGINE BOTANICA E AGRICOLO-PASTORALE
SPIÀZ GRANT: spazio aperto - PRANZO
GRÉGIONI: terreni incolti
CAMPIÀM: campi pianeggianti - PRANZO
PRÀ: prato - TENNO
NOVÀL: terreno rinnovato (dal latino novare)
NOVÌNO: terreno di recente lavorazione (dal latino novus) - TRA COLOGNA E TENNO
RANCIÓN: terreno dissodato in montagna (dal latino runcare) - MONTE CALINO
PASTERNÓN: terreno zappato (dal latino pastinare) - TENNO
MATÓNI: antico pascolo o prato - VILLE
FRATÓN: terreno dissodato/campo di monte (dal latino frangere)
NAGRÉM: campo coltivato (dal latino ager) - PRANZO
PASTOÓDO: zona di pascoli (dal latino pastus, pascolo)
CARCIÓN: luogo con presenza di piante di carice - SOPRA LAGO DI TENNO
VEDESÉ: insieme di piante di vedesi (specie di salice) - M.S. PIETRO
MORÈRA: luogo con presenza di piante di gelso (dal latino morus, gelso) - VILLE
BUSSÉ: luogo con presenza di piante di bosso - TENNO
NOGHERÓLE: luogo con presenza di piante di noce - CALVOLA
LORÉ: luogo con presenza di alloro o querce (da laurus o robur) - PIAZZE
VERMIÓN: luogo con presenza di ontani - TENNO
TOPONIMI CHE INDICANO ATTIVITÀ UMANE
FORNÀS: presenza di una fornace (dal latino fornax) - PRANZO
CALCHÈRA: presenza di una fornace calcinatoria - LAGO DI TENNO
MOLÌNI: presenza di mulini - TENNO
TRÈNI: luogo di traino di carichi (dal latino trahere) - M.S. PIETRO
TÓF: canalone ripido in montagna (forse dal latino tubus) - VOLTA DE NO
SÉGHE: presenza di una segheria - VILLE
DÒSS DEI CAVÀI: luogo di sosta deIle carovaniere - VILLE
OSELÉRA: uccellatoio - VILLE
FUSÌNE: fucina, bottega di lavoro (dal latino officina) - PRANZO
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FRÈRI: luogo dove lavoravano i fabbri (dal latino ferraius) - PRANZO
TRAVÀIA: baracca del maniscalco (dal latino trabs, trave) - VILLE
MÉNA: condurre, trasportare - VILLE
TOPONIMI DI ORIGINE INCERTA
TÉNNO:
l’origine del nome rimane dubbia. Alcune interpretazioni:
1) Ten/Then, dal celtico quercia
2) Tenne, dal tedesco aia
3) Ten presso i Celti e i Latini significava tenere
PRANZO:1) forse dal termine longobardo prando/brando, spada
2) prato davanti, dal latino pratum composto con il termine d’inanzo
TOPONIMI DI ORIGINE VARIA
ÉNDRA: origine sconosciuta - TENNO
PIL: forse da pila, termine latino con molti significati - TENNO
PIÉS: forse dal latino picea, abete - CALVOLA
BOLBÓN: forse da bos, bue; oppure da bova, smottamento - TENNO
TEGIÓLE: dal latino tegia, capanna, tettoia - COLOGNA
ORGHÈLLE (Orgele): origine sconosciuta - VILLE
STRAMBEVÌE: l’interpretazione popolare si riferisce alla stranezza del percorso - VILLE
ACQUA DEI MALÀI: sorgente a nord di Pranzo
FRAPPÒRTA: al di là del portone, dal latino in fra portam
TOPONIMI FRA STORIA E LEGGENDA
CASA DEL CARDINÀL: casa dove soggiornò il cardinale Adriano da Corneto - FRAPPORTA
REGÓL: dal termine storico riferito alle istituzioni medioevali (dal latino Regula) - TÉNNO
COLÒGNA: dal latino colonia, fattoria. Indica un gruppo di persone inviate ad occupare un
luogo conquistato per meglio dominarlo.
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VILLE DEL MONTE: dal latino Villa /Villicus, villaggio
MARONÈR DE GARIBALDI: pianta di castagno sotto cui si dice abbia riposato il generale PRANZO
CASA DI GARIBALDI: casa a Frapporta in cui si dice che il generale abbia trascorso alcune
giornate in compagnia della bella signora che vi abitava
PORTA DEL PICCININO: porticina secondaria del castello di Tenno da cui si racconta sia
fuggito Niccolò Piccinino
TOPONIMI DAL MONDO FANTASTICO
DÒSS DE LE STRÌE: colle delle streghe. Zona di interesse archeologico - TENNO
BUS DE LA GIÀNA: grotta della strega - MONTE S. MARTINO
CÓEL/CÓEN DE LA GIÀNA: pozzo (glaciale) della strega - VALLE DEL MAGNONE
FRÀTTA DEL TESORO: campo del tesoro - SCAVI DI S. MARTINO
CÓEL/CÓEN DEI CENTENÈRI: spaziosa grotta naturale (dal latino cubulum, riparo nella roccia). Per il termine Centeneri esistono più ipotesi: 1) luogo segreto in cui si riunivano i
patrioti che può contenere un centinaio di persone; 2) presso i Longobardi i Centeneri erano
i custodi di cento case; 3)centenari/zenteneri = vasi di pietra per l’olio (analogia con la pietra scavata).
TOPONIMI DI ORIGINE RELIGIOSA
SPIÀZ A LUC: spiazzo del bosco sacro. Luogo consacrato a qualche divinità pagana
nel quale non si potevano tagliare gli alberi - PRANZO
LUNA: forse riferito a un culto della Luna - pressi del monte S. Martino
SAN MARTINO: colle sopra Pranzo di grande interesse archeologico (agionimo)
SAN PIETRO: detto anche monte Calino (agionimo)
SANT’ANTONIO: una delle quattro Ville del Monte (agionimo)
LA CRÓS: simbolo del Cristianesimo. Toponimo presente a Tenno, Ville, Calino (Dos Dari)
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TOPONIMI DEL LAGO DI TENNO
SPIÀZI: luogo pianeggiante
CÓA: coda, dalla forma allungata che il lago
assume in quel luogo
LÓRE/LORÈI: luogo dove le acque formano
gorghi, mulinelli. Si dice che soprattutto da
qui l’acqua del lago filtri attraverso il fondo e
defluisca verso il torrente Magnone.
SALOMÓNI: origine sconosciuta
BARCHE: luogo di attracco delle barche a
remi usate sul lago nel passato.
VALGÀN: zona scoscesa sassosa
SOMPÉS: origine sconosciuta in prossimità
della foce del Rio Secco.
LE GÈRE: luogo ghiaioso in prossimità della
foce del Rio Secco.
COLTÙRA: indica terra coltivata a grani o
legumi
LAURÈL: valletta a forma di imbuto dove si
raccolgono le acque superficiali. Qui si trova
la sorgente del “Laurel”
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TOPONIMI DELLE MONTAGNE
MONTE TÓMBIO: altura, monte (dal latino tumulus)
MONTE SALTI: 1) salto, balzo, (dal latino saltus) 2) bosco, luogo da pascolo
CORNI DI PICHÈA: Corno = cima Pichea = luogo di picchi, punte
TOFÌNO: canalone ripido e scosceso (da Tof)
VÈNDER: 1) sommità, cima 2) origine popolare: terreno di poco conto, da vendere
MISÓNE: monte di mezzo, (dal latino medius)
MONTE CALÌNO: da Calava, scoscendimento
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VILLE DEL MONTE
CALVOLA: luogo spoglio di vegetazione (dal latino calvus)
CANALE: presenza di un condotto d’acqua (dal latino canalis)
GINGÈL: ripiano erboso lungo una cengia rocciosa -VILLECLÒCIA: dosso simile a una gallina che cova (dal latino clociare) -LAGO DI TENNOOSELÉRA: uccellatoio -VILLEMÉNA: condurre, trasportare -VILLESTRAMBEVIE: l’interpretazione popolare si riferisce alla stranezza del percorso - VILLEPIÉS: forse dal latino picea, abete -CALVOLA-
Canale
Calvola
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PRANZO
1) forse dal termine longobardo prando/brando, spada
2) prato davanti, dal latino pratum composto con d’inanzo
SPIAZ A LUC: spiazzo del bosco sacro. Luogo consacrato a qualche divinità pagana nel quale
non si potevano tagliare gli alberi -PRANZONAGRÉM: campo coltivato (dal latino ager) - PRANZOLAVÉ: luogo con presenza di pietre (dal latino lapis) -PRANZO
Pranzo
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Pranzo
TENNO
l’origine del nome rimane dubbia. Alcune interpretazioni:
1) Ten/Then, dal celtico quercia
2) Tenne, dal tedesco aia
3) Ten presso i Celti e i Latini significava tenere
GROM: altura, dosso (dal latino grumus, mucchio)- TENNO
SALT DE LA VOLP: luogo tra la rupe di Tenno e la Toresela dove le pareti opposte si alzano
e curvano ad arco avvicinandosi e formando un passo aereo.
VANDRÌM: catino morenico (forse dal latino vannus, catino) -TENNOVERMION: luogo con presenza di ontani -TENNO-
Tenno
Tenno
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COLOGNA E GAVAZZO
COLOGNA: dal latino colonia, fattoria. Indica un gruppo di persone inviate ad occupare un
luogo conquistato per meglio dominarlo.
GAVAZZO: da gava, acqua corrente
CÌNGOL ROS: roccia rossa (dal latino cingulum, cengia) -COLOGNAVALÙCLA: piccola valle che scende dalla Volta de No
NOVINO: terreno di recente lavorazione (dal latino novus) -TRA COLOGNA E TENNOTEGIOLE: dal latino tegia, capanna, tettoia - COLOGNA-
Cologna
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Gavazzo
Leggende della tradizione popolare
legate ai toponimi
BUS DE LA GIANA
Si trova al di là della valle, sul Monte S. Martino, non molto lontano dagli scavi archeologici
ed è un pozzo glaciale che sprofonda pericolosamente.
La Giana era una strega vecchia e astuta che si divertiva a giocare brutti scherzi a chi si
avventurava di notte per sentieri e mulattiere: lo faceva cadere per terra, sbattere contro i
muri o sbagliare strada.
Se la prendeva anche coi bambini cattivi o con quelli che non volevano andare a dormire per
ascoltare le chiacchiere degli adulti.
“Vegn la Giana e la te porta via”, era il ritornello. Lo avrebbe portato, naturalmente, nella
sua tana: il “Coel de la Giana”.
Rid. e adatt. “Toponomastica di Tenno”, M. Odorizzi Coraiola
COEL DE LA GIANA
È situato nella valle di Magnone, sul lato sinistro del torrente, dove ci sono le ultime cascatelle prima che l’acqua si plachi nei bacini della troticoltura.
È una notevole rientranza nella roccia di escavazione fluviale che, a giudicare dai resti di
fuochi che vi si trovano, deve essere servita come riparo alle persone colte di sorpresa dal
maltempo.
Rid. e adatt. “Toponomastica di Tenno”, M. Odorizzi Coraiola
DOSS DE LE STRIE
La tana della Giana ospitava anche le altre streghe o strie, delle quali la Giana era la più autorevole. Le loro riunioni o “sabba” (dal latino sabbatum) avvenivano sempre il sabato notte.
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I luoghi delle loro riunioni erano le radure dei boschi e la cima pianeggiante del Doss de le
Strie. A notte inoltrata, in fila, guidate dalla Giana, uscivano dal coel e risalivano la valle per
recarsi a danzare sul colle.
C’è chi afferma d’aver sentito dire dai vecchi che nella notte di luna sono state viste da alcuni. E possiamo anche credere che siano stati in fede, solo che la loro fantasia ha scambiato
per veli di strega le nebbie risalenti per l’umida valle del Magnone e stagnanti sulla piana
sommità del Doss de le Strie.
Rid. e adatt. “Toponomastica di Tenno”, M. Odorizzi Coraiola
FRATTA DEL TESORO
Anche il nostro Comune ha il suo toponimo portafortuna: la Fratta del tesoro.
Una lontana tradizione parlava di un tesoro nascosto lassù sulla cima del monte S.Martino
che sovrasta il paese di Pranzo e la cosa aveva interessato, a più riprese, i giovani del luogo.
I quali avevano iniziato a scavare, sognando di vedere luccicare, sotto le loro vanghe, il prezioso metallo in monete sonanti. Apparvero invece anfore, recipienti per il culto e monete
perlopiù appartenenti all’epoca imperiale di Roma: il tesoro esisteva veramente ma non si
trattava di quello immaginato dalla gente.
Rid. e adatt. “Toponomastica di Tenno”, M. Odorizzi Coraiola
TENNO
Ten è oggi il capoluogo del comune, ma in origine Tèn fu il nome del poggio più alto della
rupe su cui nel medioevo fu costruito il castello.
Tèn appare come la leggera variazione dell’ etrusco Tin, che era la più grande divinità celeste degli Etruschi.
Egli era il signore del cielo e il padrone del fulmine.
Per questa divinità non poteva esserci, nella valle di Tenno, sede più appropriata dell’alta e
tempestosa catena di bei monti che ha nome Tenera. Tenera significa infatti l’area, la sede, il
cielo di Tin.
Sulla terra Tin era il dio dei termini, il custode e il garante dei confini dei campi. Perciò a
chi spostava i termini, lanciava i suoi fulmini più sanguigni.
Riduz. e adatt. “L’onde etrusche nel Benaco”, C. Menotti
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FONTI ORALI: genitori e nonni raccontano
SALT DE LA VOLP
È un luogo tra la rupe di Tenno e la “Toresela”, dove le pareti opposte si alzano e curvano ad
arco avvicinandosi e formando un passo aereo.
Sembra che di lì sia passato il Piccinino sulle spalle del suo fedelissimo servitore per mettersi
in salvo e raggiungere Riva.
Nicolò Piccinino era un condottiero al servizio dei Visconti di Milano e venne sconfitto nel
1438 a Tenno dai Veneziani in una delle tante battaglie per il controllo della città di Brescia.
Il Piccinino era asserragliato all’interno del castello assediato: riuscì a salvarsi, sembra, fuggendo attraverso una porticina segreta del castello, ora murata, da cui si può raggiungere
facilmente il sentiero di Gola, via di fuga più probabile rispetto a quella leggendaria del Salt
de la Volp.
Questa porticina si chiama appunto Portina del Piccinino.
Ma perché Tenno era teatro di guerra tra Veneziani e Milanesi?
Tenno si trova sull’antica Via Occidentale, passaggio obbligato che metteva in comunicazione
il Lago di Garda con Brescia attraverso i passi Ballino eDurone.
Fonte orale corredata da notizie raccolte nel libro “Toponomastica di Tenno”, M. Odorizzi Coraiola
IL PICCININO
Un’altra versione della fuga rocambolesca dal castello di Tenno del famoso condottiero, lo
vede chiuso in un sacco e trasportato in spalla dal suo fedele servitore attraverso le linee
nemiche.
I normali controlli furono evitati perché si era diffusa la voce che era scoppiata la peste e
venne fatto credere ai soldati che il Piccinino, nascosto nel sacco, fosse un morto di peste
condotto alla sepoltura.
Rid. e adatt. “Toponomastica di Tenno”, M. Odorizzi Coraiola
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BUSSÉ
Bussé prende il nome dalle piante di bosso che ricoprono tutto il dosso.
Venivano usate per addobbare le vie dei paesi quando c’erano feste particolari (es. arrivo del
nuovo parroco) perché il bosso è un sempreverde e ben si presta a questo utilizzo.
DOS DE LE STRIE
Sotto il Dos delle Strie ci sono degli anfratti dove vivevano gli uomini preistorici.
Il nonno, quando andava a scuola, è stato in quel posto a scavare e ha trovato dei reperti
che ha portato a scuola.
Qualche altra persona assicura che quel luogo si chiama Dos delle Strie perché nei tempi
passati la gente di notte vedeva le streghe a causa della fame.
LE STRAMBEVIE
Era un luogo dove si teneva l’assemblea della comunità di Ville del Monte.
Vi partecipavano i capi famiglia dei paesi di Canale, Calvola, Pastoedo e Sant’Antonio che
formavano la Vicinia Granda per stabilire delle regole che riguardavano l’uso dei terreni della comunità.
LA CALCHERA
Era il posto dove i nostri nonni cuocevano i sassi per fare la calce
che serviva per imbiancare le case, disinfettare le stalle e fare la malta.
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IL COEN DEI CENTENERI
Il Còen dei Centenèri è un’ampia grotta che si trova a 800 metri di altitudine al passo di
Treni, tra il monte Misone e il monte San Giovanni; è profonda una ventina di metri e alta
circa 5 o 6, con vista verso il monte Baldo e il lago di Garda.
Viene chiamato così perché si dice che i “Centenari” longobardi la usassero per ripararsi durante le caccia e al ritorno dalla valle del Lomaso.
CANTA MARZO
Quando mio nonno era un ragazzo c’ era un’ usanza molto particolare.
Verso sera, dal primo al 31 marzo, i ragazzi di Tenno andavano sul Bussé e si dividevano in
due gruppi per gridare la filastrocca che segue e che si chiama “Canta Marzo”.
Un gruppo poneva le domande, l’ altro rispondeva.
Per amplificare le voci, in modo da essere sentiti in paese, usavano degli imbuti.
CANTA MARZO
Marzo, marzo,
è arrivato Marzo su questa terra,
per maridar ‘na bela putela:
Chi ela, chi ela?
‘Na bela zitela!!
La Lucia (nome esemplificativo) de Frapporta.
La darem… la darem …
A chi la ghente da dar? …
Al Pero della Lisa!!!!
Era un momento dell’anno atteso con impazienza da tutti perché era un vero divertimento ascoltare queste unioni improbabili con l’aggiunta di commenti a volte esagerati, ma che
avevano l’unico scopo di far ridere.
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LA FORNAS
Un tempo in questo luogo esistevano delle fornaci nelle quali si creavano e si cuocevano i
mattoni e tegole per le case del posto.
ACQUA DEI MALAI
Si narra che il nome di questa sorgente sia dovuto al fatto che nei periodi di siccità l’acquedotto che portava l’acqua alle fontane di Pranzo erogasse poca acqua che oltretutto conteneva impurità (terra, animaletti…).
Per questo motivo, in presenza di persone deboli o ammalate, la gente si recava fino alla
sorgente detta appunto “Acqua dei malai” per attingere acqua fresca e pulita.
LIBERE INTERPRETAZIONI POPOLARI
S. Antonio di Val: si dice che dal capitello di Sant’Antonio di Val la gente del posto durante
la guerra si difendesse gettando i sassi ai nemici che salivano dal sentiero di Gola.
Gola: perché quando si saliva si aveva il fiato corto.
Vermione: luogo dove si trovavano i vermi per andare pescare.
Fontanelle: perché c’erano fontanelle d’acqua che usciva dal terreno.
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Classe 4ª
61
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Conosciamo il Bussè
Noi alunni di classe quarta in corso
d’anno siamo andati sul Bussè accompagnati dell’esperta di botanica Mariangela Ballardini per conoscere la flora del
nostro territorio.
Durante le uscite abbiamo avuto modo
di osservare molte piante e di apprendere molte cose. Con l’intento di condividere con voi quanto imparato abbiamo
realizzato questo cruciverba che vi invitiamo a risolvere.
Chi poi si troverà in difficoltà potrà
consultare con attenzione le fotografie
che abbiamo scattato e trovare le informazioni necessarie.
Volete raccogliere questa sfida?
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65
1
1
Sul Bussè
7
2
3
4
8
con Mimma
4
11
5
6
13
2
5
9
14
7
8
12
6
10
9
10
11
12
3
13
14
15
Soluzione a pag. 68
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ORIZZONTALI
ORIZZONTALI
1. Animaletto che vive sugli alberi, munito di lunga coda.
2. Pianta grassa a forma di rosellina.
3. Arbusto con foglie ovali che in autunno si tingono di molti colori.
4. Albero con corteccia a scaglie rettangolari e foglie con nervature parallele.
5. Sempreverde che fa parte della famiglia delle querce.
6. Albero con foglie composte e semi alati.
7. Parassita che costruisce il suo nido sui pini neri e li fa morire.
8. Pianta del sottobosco che si sviluppa da un bulbo.
9. Sono i primi vegetali che abitano i sassi e possono essere di vari colori.
10.Le false foglie del pungitopo si chiamano…
11.Piantina dei muretti con fiorellini a forma di bocca di leone.
12.Pianta dei muri con fiori gialli a forma di trombetta.
13.Arbusto che si fa notare per la lucentezza delle sue foglie.
14.Albero che ci fornisce frutti saporiti e ricchi di grassi.
15.Terreno molto fertile risultato dalla decomposizione di foglie o animali.
VERTICALI
1. Quercia che mantiene attaccate le foglie secche fintanto che le nuove gemme in primavera non le faranno cadere.
2. Servono ai funghi e ad altre piante per riprodursi.
3. Crescono rigogliose nei pressi delle malghe.
4. Una pianta invasiva che sta prendendo il sopravvento su tutte le altre.
5. Un’ erba dura e appuntita che riesce a crescere sulle rocce.
6. Piccole macchie che troviamo sulla faccia inferiore di alcune piante del sottobosco.
7. La pianta da cui ha preso il nome il Bussè.
8. Animale che scava buche in cui depone i suoi escrementi.
9. Smacchiatore che si ricava dal terebinto.
10.Piantina del sottobosco che ci regala rossi e saporiti frutti.
11.Il muschio talvolta assume una forma a cuscinetto detta…
12.Pianta con fiori rossi ad ombrella con lo stesso nome di quella usata in erboristeria per
le sue proprietà sedative, antispasmodiche e antinevralgiche.
13.Lo strano nome di una felce.
14.Semi saporiti che si nascondono all’interno di pigne.
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SOLUZIONE DEL CRUCIVERBA A PAG. 66
ORIZZONTALI
1. scoiattolo
2. semprevivo
3. scotano
4. carpino
5. leccio
6. orniello
7. processionaria
8. ciclamini
9. licheni
10.cladodi
11.cimbalaria
12.colombina
13.ligustro
14.noce
15.humus.
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VERTICALI
1. roverella
2. spore
3. ortiche
4. ailanto
5. festuca
6. sori
7. bosso
8. tasso
9. trementina
10.fragole
11.pulvino
12.valeriana
13.capelvenere
14.pinoli
Classe 5ª
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Alla scoperta dei tesori del nostro territorio
Gli alunni della classe 5°, camminando piacevolmente lungo antichi sentieri, accompagnati
dalle insegnanti e dall’esperta Carmen Picciani del Centro Studi Judicaria, hanno imparato
ad osservare e ad interpretare segni del passato, preziosi tesori artistici e culturali, aspetti
geografici e antropologici del nostro ambiente.
Sicuramente questo li ha resi più consapevoli della bellezza e dell’importanza storico-culturale del nostro territorio e quindi più responsabili e attenti per la tutela e la salvaguardia
dell’ambiente naturale, culturale e paesaggistico.
Con l’intento di presentare, far conoscere ed amare Tenno e le sue bellezze hanno deciso di
pubblicare immagini e descrizioni dei luoghi visitati sul sito: http://tenno.crowdmap.com che
vi invitano a visitare. Per incuriosirvi e stimolarvi a farlo vi offrono questo “piccolo assaggio”…
IL CASTELLO DI TENNO
Era simbolo di potere e di forza che metteva in evidenza, anche visivamente, la superiorità del Signore
che vi abitava rispetto alle altre persone che vivevano sul medesimo territorio.
Le sue origini le troviamo lontane nel tempo.
Una grande roccia,che il passaggio dei ghiacciai non
è riuscito a distruggere, si alza erta a picco sul Basso
Sarca e sul lago di Garda. La sua posizione è strategica: dalla sua sommità si domina tutta la zona
circostante e le rocce scoscese rendono difficoltoso
l’avvicinamento da qualsiasi punto.
Già liguri, etruschi e antichi romani avevano indi71
viduato questa rupe come luogo strategico per costruirvi un fortilizio, così come in seguito
fecero longobardi, conti e principi vescovi. Infatti sono numerosi i potenti che nel corso dei
secoli combatterono per impossessarsi del castello e avere così il controllo delle terre, della popolazione e delle strade. Infatti dal lago di Garda salivano più vie che, passando lungo
il castello, collegavano il porto di Riva con le valli del Trentino, permettendo il passaggio di
merci importanti come il sale e le spezie da Venezia, il grano dalla pianura Padana, il ferro
da Pejo, il legname.
Dai primi anni dell’800 il castello, ormai privo di importanza militare e in decadenza, venne acquistato da privati e trasformato in residenza.
La torre del castello, alta 48 m, crollò la mattina dell’ 8 aprile 1920.
NELLE VICINANZE DEL CASTELLO…
Una volta si chiamava “allo spiazzo” il luogo dove si
trovano le fontane all’esterno di Frapporta.
Una prima fontana sembra sia stata fatta costruire
a spese del Cardinale Adriano Castellasi all’inizio del
XVI secolo proprio vicino alla sorgente da cui scaturisce l’acqua che le alimenta. Sappiamo che le fontane attuali furono costruite nel 1873 quando, anche
nel Tennese, si iniziarono a costruire gli acquedotti
che portavano acqua pulita a tutte le fontane del
paese. Il signor Marocchi ci ha indicato una piccola
porta nel muro che sostiene la strada e ci ha detto
che la sorgente si trova a pochi passi dal ristorante “Alla Croce”. La loro posizione all’esterno
del borgo permetteva anche a chi era di passaggio di fermarsi,abbeverare gli animali e dissetarsi. Le fontane si trovano infatti lungo l’antica via di Soprè.
Presso la fontana di Frapporta oppure al capitello posto “fra il Piano e il Borgo di Tenno”
si riuniva la Regola Generale, composta dai capifamiglia della comunità. Essa amministrava
i beni comuni che appartenevano a tutta la comunità, le proprietà indivisibili come strade,
acqua, pascoli e boschi. In caso di disaccordi tra le singole “ville”, aiutava a trovare una soluzione pacifica. Era inoltre incaricata dei rapporti con la Pieve e il Signore o rappresentante
del vescovo che viveva nel castello.
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BORGO DI FRAPPORTA E CHIESA DI S. LORENZO
Il borgo era protetto da spesse mura di pietra e vi si entrava attraverso una porta che veniva sempre controllata, giorno e notte, da soldati.
L’ingresso al borgo veniva protetto da un’ulteriore grata che veniva fatta scendere dall’alto:
le scanalature sono ancora riconoscibili ai lati dell’avvolto.
La chiesetta che vediamo oggi risale al XII secolo, anche se tracce di una chiesa più antica
sono visibili all’esterno e ci raccontano di una chiesa costruita già tra i secoli VIII e IX d.C.
A fianco alla chiesa si trova il piccolo cimitero.
All’ esterno gli stipiti delle finestrelle sono in pietra scolpita: si riconoscono nodi e intrecci
curiosi, roselline e pavoni. Sono un indizio importante del passaggio anche a Tenno del “popolo dalla lunga barba e dalle lunghe alabarde”: i Longobardi. Ciò significa che una prima
chiesa fu costruita almeno tra i secoli VIII e IX d.C.
Dopo essere stata sconsacrata al tempo di Napoleone e poi dal governo italico, la chiesa viene nuovamente consacrata nel 1840.
La scritta e lo stemma cardinalizio sopra la porta principale della chiesa di S. Lorenzo ricordano il cardinale Adriano e la sua generosità: a sue spese fece costruire il piccolo porticato davanti alla chiesetta dove, al riparo dalle intemperie o dal sole, potevano soffermarsi i
tennesi che si erano recati alla messa.
La chiesa fu affrescata da Giuliano d’Avanzo di Verona nel 1384.
Gesù è seduto su un trono, ha grandi occhi spalancati e una mano alzata in segno
benedicente, un libro in mano. Indossa
una veste rossa e sulla testa è stata dipinta un’ aureola bianca.
Attorno a lui i simboli dei 4 evangelisti: il
leone alato, l’aquila, l’angelo e il toro
Anche nel cimitero vicino alla chiesa di
San Lorenzo ci sono i cipressi, alberi che
per gli antichi greci simboleggiavano l’eternità. La loro forma alta e snella sembrava collegare la terra e il cielo, gli esseri
umani e gli dei!
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Conoscere la storia dal vivo
Introduzione
di Guido Omezzolli
Il progetto “4 mosse x
conoscere Tenno” ha
preso in considerazione
anche la visita e lo studio di alcuni capitelli del
nostro territorio. Ben
felice di collaborare, mi
son reso disponibile ad
accompagnare i ragazzi delle classi 4° e la 5°
alla scoperta di queste
antiche testimonianze.
Dopo le uscite in loco, il
“percorso” è continuato
in classe con gli elaborati che gli alunni hanno
prodotto con l’insegnante di italiano: leggende
ideate dai leggendari di classe quarta, poesie dai poeti di classe quinta.
Quanta è stata la mia meraviglia quando mi son trovato a leggere quei testi! Meraviglia e
sorpresa di quanto loro hanno letteralmente “rubato” alle mie spiegazioni quand’eravamo lì
seduti a capannello davanti al capitello o affresco! Dentro le leggende e le poesie son confluiti, miscelati dalla loro fantasia, tutti gli elementi, storici, agiografici, architettonici, paesaggistici, folcloristici... nulla è andato perso!!
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I capitelli
I capitelli sono opere di carattere artistico-architettonico presenti anche sul nostro territorio. In Trentino e in Veneto i capitelli sono “contenitori a tema religioso” o raccontano un
avvenimento. Sono stati posti solitamente in punti di passaggio allo scopo di trasmettere un
messaggio a chi passava di lì.
Guido Omezzolli ci ha accompagnati a visitarne alcuni e, grazie a lui, oggi noi possiamo raccontare e scrivere dei capitelli della nostra zona.
Capitello nel centro storico di Tenno
Dedicato ai caduti della guerra, ma nel passato probabilmente a S. Libera o alla liberazione
dalla peste, questo capitello
si trova sulla strada principale del paese di Tenno, ai
piedi del castello. In particolare è stato posto sull’incrocio di più strade dove può
essere visto da molte persone quotidianamente.
È un capitello molto antico:
la struttura è quella tipica
dell’800 con una tela dipinta nella nicchia.
Dopo il restauro del 1980 è
stato dedicato ai soldati con
una raffigurazione del pittore Giovanni Lancinotti. Sulla
destra del capitello, inizia il
sentiero di “Gola” un tempo
molto frequentato perché
portava verso Cologna, Gavazzo e Riva del Garda.
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“El Crist de la via vecla”
“La Crocifissione” (1400 circa)
Realizzato sulla strada che dal
centro di Tenno porta in campagna passando per la “vecchia
via” che corrisponde all’antico
tracciato della strada romana,
era la via principale, un tempo
molto frequentata.
Al centro è raffigurato il Cristo
sulla croce.
Ai suoi piedi pregano Maria
sulla sinistra e San Giovanni
Minore sulla destra; essi sono
ritratti in grandi dimensioni
perché personaggi importanti.
Più piccoli vengono rappresentati Santa Maria Maddalena e
San Pietro con in mano le chiavi del Regno dei Cieli.
In alto, sulla cornice, due angeli
suonano la tromba per annunciare la resurrezione dopo la morte.
La nostra interpretazione fantastica...
EL CRIST DELA VIA VECLA
Parecchi secoli or sono, nel castello di Tenno viveva il principe Pietro, figlio del re Federico.
Era un bambino molto curioso, coraggioso e umile.
Un bel mattino di primavera, quando l’aria è tiepida e colma di luce, colori e cinguettii, Pietro, giocando in giardino, inciampò in un oggetto strano, seminascosto in un’aiuola di tuli76
pani variopinti e profumati, regno delle farfalle. Immediatamente fu abbagliato da un luccichio. Incuriosito, si chinò e scoprì che era una chiave d’oro molto grande e di forma strana:
assomigliava infatti ad un’ala d’angelo.
La raccolse e velocemente rientrò nel castello. Fortunatamente il re e tutta la corte erano
impegnati in un’assemblea con il popolo perciò lui, approfittando della situazione, cominciò
subito a cercare la serratura “appropriata” anche nelle stanze “proibite”. Cercò, provò, ma
invano!
Decise allora di salire le scale che portavano alla torre più alta della reggia, ma improvvisamente sentì un rumore di passi. Allora velocemente si introdusse in una stanza proibita,
sbarrò la porta con una vecchia armatura, e si avventurò all’interno. Fu subito attratto da
un bellissimo quadro dipinto con colori abbaglianti come la lucente chiave e che raffigurava
una tromba dalla quale uscivano dei fiori a forma di note musicali. Alzò gli occhi verso l’alto
e notò che il soffitto era “tappezzato” da disegni astratti e mentre pensava a cosa potessero
rappresentare, sbatté contro il magnifico dipinto il quale traballò e cadde.
Stupito, Pietro si accorse che nascosta dietro il quadro c’era una porta d’argento. Attirato dalla sua bellezza provò ad infilare la chiave e la porta si spalancò. Con un po’ di timore
entrò e si trovò in un luogo indescrivibile: un giardino avvolto in un chiarore argenteo. Ma
la cosa che lo attrasse di più furono due leggiadri angeli che stavano accanto ad un laghetto
nel quale nuotavano, in acque limpide e trasparenti come l’aria del mattino, due eleganti e
candidi cigni. Gli angeli indossavano azzurre tuniche ricamate d’oro e suonavano la tromba
spandendo nell’aria una soave melodia. Pochi attimi dopo, un soffio di vento leggero sollevò
Pietro da terra e lo trasportò davanti ad un trono rivestito d’oro sul quale era seduta Maria.
La Madre lo informò che era arrivato nel Regno dei Cieli:un posto serafico, pieno di tenui
colori.
All’improvviso cominciò a cadere una pioggia fitta, fitta, grossi nuvoloni scuri cominciarono
a coprire il cielo azzurro fino a farlo diventare nero e cupo come le tenebre. Poi la pioggia
cessò, le nubi si ritirarono e comparve un magnifico arcobaleno seguito da un uomo molto
anziano: Dio. Sull’arcobaleno camminavano leggeri come petali di rosa San Giovanni Minore
e Santa Maria Maddalena, sotto l’arcobaleno apparve Gesù in croce.
Si sentì uno sbatter d’ali: era un unicorno bianco come la neve in groppa al quale c’era un
angelo che, preoccupato, avvisò Pietro che suo padre lo stava cercando e che era in guai seri.
Gli angeli lo aiutarono: suonando un’altra dolce melodia lo addormentarono e poi lo adagiarono ai piedi di un melo fiorito del suo giardino. Quando Pietro si svegliò non ricordava
più nulla; allora,gli angeli, sapendo che il principe non avrebbe mai più vissuto un momento
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come quello, decisero di costruire un capitello che lo ricordasse insieme ai personaggi religiosi che gli erano apparsi. Lo posizionarono su una parte di muro della “Via Vecla”, un antica
strada romana che dal centro di Tenno porta nella campagna, una via, a quel tempo, molto
importante e frequentata.
E ancor oggi “EL CRIST DE LA VIA VECLA” è lì a testimoniare ciò che vi abbiamo appena
raccontato.
Stupito Pietro si accorse che nascosta dietro il quadro c’era una
porta d’argento. Attirato dalla sua
bellezza provò ad infilare la chiave
e la porta si spalancò…
Con un po’ di timore entrò e si
trovò in un luogo indescrivibile: un
giardino avvolto in un chiarore argenteo… La Madre lo informò che
era arrivato nel Regno dei Cieli: un
posto serafico, pieno di tenui colori.
Un soffio di vento leggero lo sollevò
da terra e lo trasportò davanti ad
un trono rivestito d’oro sul quale
era seduta Maria…
I LEGGENDARI della classe quarta: Alillari Serena - De Oliveira Kevin - Pozzer Ilaria- Risatti Riccardo - Salvini Letizia - Zanoni Victoria
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... e in versi
EL CRIST DELA VIA VECLA
el vedem tut scolorì,
El capitel del Crist dela via vecla
ma de sicuro la so beleza
lè colocà sula straa vecia
per noialtri l’è ancor ‘na gran richeza.
che ‘na volta l’era quela principal
e che la porta en mez ai prai.
La va su vers Vile del Mont
e tanti bò ghè pasà,ma mai bisont.
Al zentr del capitel ghel Crist en cros
con ai pei la Madona e San Giovan,
ghe anca San Pero che ‘l gà ‘n man
le ciavi del paradis
e Santa Maria Madalena che la varda ‘l “Crocefis”
e per finir ghe ‘ i angei en zima ala cornis
che ‘i sona le trombe per anunziar
la resureziom del Crist.
‘Na volta i diseva che portava bem fermarse lì davanti
e pregar tuti quanti.
Pasava i cari pieni de fem
da sfamar le bestie,
e i paesani i diseva ‘na preghiera
per no’ petar ‘en tera.
Pasava i contadini coi bovini
e i sengenociava davanti a quei “santini”.
El capitel l’era tut colorà:
col marmo ros
I poeti di classe quinta:
come ‘n autun el bosc
Alì Raseb
e se te alzi ioci en aria
Barberi Alessia
te vedi l’arenaria.
Baroni Francesco
En zima al capitel i gavea fat scolpir
Menotti Alice
do bele foie per abelir.
Zaman Ali Hamza
Se ades pasem de lì
79
‘Na volta i diseva che portava bem
fermarse li davanti
a pregar tuti quanti.
…
… e i paesani i diseva ‘na preghiera
per no petar en tera.
Paseva i contadini coi bovini
E i se ‘nginociava davanti a quei “santini”.
… ghè anca san Pero che ‘lg’ha ‘n man
le ciavi del paradis…
… e per finir ghè
i angei en cima a la cornis
che i sona le trombe per anunziar
la resureziom del Crist.
80
Il capitello di Sant’Antonio
Se dal centro di
Tenno si prosegue verso sud,
alla fine del paese si giunge ad
un sentiero un
tempo molto
frequentato da
carri e persone a
piedi, che porta
nei campi, a Volta di No e a Riva
del Garda, Qui
è stato scolpito
nella roccia un
capitello (1500
d.C. circa).
Alla fine dell’800
è stato rifatto.
Nella nuova risistemazione troviamo raffigurato
Sant’Antonio da Padova in ginocchio davanti a Gesù Bambino; il Santo sul capo ha la “torsura” (la parte alta della testa senza capelli) simbolo di povertà e ai piedi giglio, simbolo di
purezza.
Coloro che passavano davanti al Santo lo ringraziavano per il viaggio appena terminato o
chiedevano sostegno e conforto per il viaggio appena iniziato.
Osservando attentamente si può anche intravedere una piccola parte di affresco dell’epoca.
Sul dipinto sono presenti buchi di mitragliatrice, sparati dai soldati tedeschi.
Questo capitello è stato recentemente restaurato da Guido Omezzolli, una delle nostre preziose guide.
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La nostra interpretazione fantastica...
SANT’ANTONI
Tanti e tanti anni fa esisteva a Tenno “la via dei campi”: un sentiero a sud del paese molto
frequentato da persone a piedi che si recavano a Volta di No e a Riva del Garda, ma anche da contadini che lo percorrevano con i carri trainati dai buoi per recarsi nei loro campi
coltivati. Era una strada tortuosa, soleggiata, ai bordi della quale, a primavera, spuntavano
fiori di campo dai colori allegri e dai profumi delicati.
Solo dietro ad una curva crescevano parecchi cespugli ed i contadini, al tramonto, quando,
stanchi e sudati, tornavano verso casa, arrivati in quel punto, cominciavano a tremare. Sicuramente vi chiederete il perché. Per colpa dei rovi? Forse le spine si conficcavano negli zoccoli
dei buoi? Assolutamente no! Dovete sapere che proprio lì, dietro quella curva, si nascondevano dei furfanti che cercavano in ogni modo di rubare il raccolto di cui erano carichi i carri.
Nel castello che sorgeva poco distante vivevano due principi, due fratelli gemelli che rappresentavano la Bontà e la Cattiveria. Uno si chiamava Satana e solo a vederlo faceva paura: sulla sua testa spuntavano due corna ruvide e verdi come il dorso di un rospo ed affilate
come una spada. Sul viso rosso come lava incandescente spiccavano due occhi enormi simili
a carboni ardenti; indossava sempre abiti rossi come il sangue e teneva stretto nella mano
destra un forcone. L’altro, invece, Antonio era umile e gentile con tutti, amava i fiori, soprattutto i gigli che rappresentavano la purezza del suo cuore e che crescevano spontanei
tutt’intorno alla reggia.
Ultimamente era diventato molto povero perché aveva donato ogni sua ricchezza ai meno
fortunati del paese e perciò era molto amato da tutta la popolazione. Satana, invidioso e
perfido, non sopportava tutta quella bontà e tutto quell’amore così un giorno, arrabbiatissimo, creò un vulcano che subito cominciò ad eruttare “semi di rovi” i quali, appena toccavano terra, immediatamente si trasformavano in cespugli altissimi e spinosi e che trasformarono ben presto il paese in una boscaglia selvatica. Antonio supplicò il fratello di smetterla:
i campi coltivati erano spariti e i contadini morivano di fame. Satana, anziché rispondergli,
gli sputò addosso lingue di fuoco che gli bruciarono tutti i capelli al centro della testa.
A questo punto, Antonio, disperato, chiese aiuto a Gesù Bambino il quale gli inviò una stupenda colomba bianca come la neve. Quando l’uccello aprì il becco per cantare, anziché
spargere nell’aria il suo canto, cosparse tutti i rovi di una polverina lucente come una stella e
morbida come il velluto.
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In un attimo tutti i cespugli scomparvero ed iniziarono a spuntare ovunque erba, fiori, alberi. Ma un po’ di polverina, trasportata da una leggera brezza, finì sul capo di Satana il quale
si dissolse nel nulla.
Antonio, felice, organizzò una gran festa nella piazza principale del paese ed invitò tutti i
contadini, i quali, riconoscenti, gli dedicarono un capitello che innalzarono proprio su quel
sentiero e decisero anche che Antonio sarebbe stato il loro protettore.
Ma un triste giorno lo spirito di Satana, ancora pieno di rabbia, per vendicarsi, scagliò il
forcone sul capitello lasciandolo pieno di “buchi”. Poi, a causa dell’ enorme collera che ancora
c’era in lui, si mutò in cenere e di lui non si seppe più nulla.
Così ancor oggi se vi capita di passare di lì vedrete che…
… vivevano due principi, due fratelli
gemelli che rappresentavano il Bene
ed il Male. Antonio … era umile e
gentile con tutti, amava i fiori, soprattutto i gigli che rappresentavano la purezza del suo cuore…
Antonio, disperato, chiese aiuto a
Gesù Bambino il quale gli inviò una
stupenda colomba bianca come la
neve …
In un attimo tutti i cespugli scomparvero ed iniziarono a spuntare
ovunque erba, fiori, alberi …
I LEGGENDARI della classe quarta: Balsamo Mirko - Berto Luca - Menotti Teresa - Parolari
David - Pozzer Ilaria - Tarolli Devid
83
... e in versi
LA BELLEZZA DI TENNO
Benvenuto nel tennese
o capitello mitragliato
che la guerra hai passato
e dove il pellegrin
a lungo si è fermato ed ha pregato!
Sant’Antonio, il padovano,
la sofferenza ha curato,
ma poi s’è ammalato,
la sua torsura da poverello
perpetuata è nel capitello.
Il suo giglio profumato,
simbolo dell’amore che egli ha donato,
per la vita l’ha accompagnato
e la purezza del suo cuore ha segnato.
Inginocchiato accanto a Gesù Bambino
lui è rappresentato
mentre a pregar cominciava
affinché nessuno s’ammalava.
Percorrean carri e buoi
quel sentier davanti agli occhi suoi
per i viaggi a lui si rivolgean
così che gli incidenti non accadean.
Una lamiera un poco bucata
oggi a noi è restata,
qui a Tenno la possiamo ammirar
come un antico esemplar
dove ancor ora, se vuoi, puoi pregar.
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I poeti di classe quinta:
Bonora Martina
Fambri Elias
Garzotto Siria
Giacon Elena
Miori Davide
… o capitello mitragliato
che la guerra hai passato
e dove il pellegrin
a lungo si è
fermato ed ha pregato.
… per la vita l’ha accompagnato
e la purezza del suo cuore ha segnato.
…
Percorrean carri e buoi
quel sentier davanti agli occhi suoi
per i viaggi a lui si rivolgean
così che gli incidenti non accadean.
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Affresco: San Rocco e la Madonna
Esplorando una località chiamata “Dos de le
Strie”, zona rocciosa con diverse grotte e caverne, si può incontrare un capitello affrescato
direttamente sulla roccia.
Oggi lo dobbiamo osservare da un punto di vista
diverso rispetto a quello originale: la strada ora
infatti si è alzata di livello ed il capitello si presenta all’altezza del terreno; in origine si pregava e si osservava guardandolo posto invece in
alto.
L’affresco, non ben conservato, è stato dipinto
su una superficie piana, scolpita nella roccia.
Nelle parti di affresco ancora visibili possiamo
osservare San Rocco e Maria.
Di Maria è facile riconoscere la figura del viso, i
capelli, il panneggio del vestito.
Sulla sinistra, la figura di San Rocco appare
molto deteriorata. Il santo è riconoscibile per
il cagnolino e il bastone con il campanellino,
utilizzato dagli appestati per avvisare del loro
arrivo. San Rocco era figlio di un nobile francese
che, dopo un pellegrinaggio a Roma si converte,
prende i voti e si dedica ad aiutare e curare gli
appestati.
Quando si ammala di peste viene allontanato
dal paese, si ritira in campagna e va a vivere in
povertà, in una baracca. La storia racconta che in questo periodo riesce a nutrirsi grazie ad
un cagnolino che ogni giorno gli portava del pane.
Il Santo viene dipinto nell’atto di alzare le vesti per mostrare le piaghe della peste sanguinanti sulle gambe.
Una terza aureola è probabilmente riconducibile a S. Sebastiano
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La nostra interpretazione fantastica...
IL MISTERO DEL “DOS”
Moltissimi anni fa viveva a Tenno una ragazzina di nome Maria che abitava assieme ai suoi
genitori in una casetta al limitare del bosco. Lei aveva un cuore di ghiaccio: era invidiosa e
gelosa di tutto e di tutti ed amava i colori cupi e tetri, al contrario i suoi cari genitori: Anna
e Beniamino adoravano il sole ed avevano un cuore d’oro, ma erano purtroppo entrambi
molto malati e per questo motivo dovevano mandare la figlia da sola tutti i giorni ai mulini
a macinare il grano.
Un brutto giorno i suoi cari morirono e per la prima volta in vita sua Maria pianse.
Ogni giorno, per andare alle macine, doveva percorrere una strada che costeggiava “El dos
dele strie”: una collinetta a forma di lucertolone, una zona rocciosa con diverse grotte e
caverne che le metteva addosso tanta paura perché da piccola Anna e Beniamino le avevano
raccontato che proprio in quel luogo vivevano delle terribili streghe che con i loro occhi pieni
di crudeltà distruggevano i campi ed avvelenavano le persone.
Quell’inverno il gelo si era impadronito del terreno, ma Maria portò comunque del grano
al mulino e una gelida mattina le parve di intravedere un cappellaccio nero come l’oscurità
dietro un rovo di spine. Si spaventò a morte e corse rapidamente al mulino e per fortuna,
sulla strada trovò il saltaro che la tranquillizzò.
Quella notte, in sogno, le apparve ancora quel misterioso copricapo, allora si fece coraggio:
uscì di casa e si diresse verso il rovo. Si avvicinò troppo e due streghe, brutte come rospi,
la catturarono imprigionandola in un sacco di iuta che poi richiusero con un cordone che
prima avevano immerso in una pozione malefica preparata con: ali di pipistrello, zampe di
piccioni, antenne di scarafaggio, pelle di lucertola, lombrichi e per finire una ciocca di capelli
di strega. La portarono nella loro grotta e per cena le diedero un piatto di minestrone da
cui fuoriusciva un fumo verdastro. Lei lo mangiò fino all’ultima cucchiaiata e subito si sentì
diversa: era diventata una strega!
Quella notte, prima di addormentarsi, ebbe una visione: i suoi genitori le apparvero davanti
al letto bisbigliandole all’orecchio queste parole: - Vattene di qui! Torna a casa e non rimettere più piede in questo posto orribile! Poi si dissolsero!
Tutto ciò colpì molto Maria lasciandola sconvolta; decise allora di scappare e, allo scoccare
della mezzanotte, quando i pipistrelli che popolavano la caverna cominciarono a volare sopra la sua testa emettendo i loro acuti stridii, corse all’entrata del tugurio e fuggì. Proprio in
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quel momento scoppiò un furioso temporale con lampi, fulmini, saette e tuoni rimbombanti. Subito le streghe si svegliarono di soprassalto e andarono immediatamente a controllare
in camera di Maria. Appena si accorsero della sua fuga, furenti, le scagliarono addosso uno,
due, dieci fulmini, ma inutilmente: lei, con grande agilità, riuscì a schivarli tutti.
La notte era nera come la pece e lei non riusciva ad orientarsi e a ritrovare la strada di
casa. Camminò, camminò, finchè, sfinita, cadde a terra e si addormentò accanto ad un cespuglio di rovi.
Purtroppo non si rese conto di aver girato a vuoto e di essere ritornata sul “dos dele strie”!
Il mattino seguente, al sorgere del sole, il cielo era limpido ed un raggio illuminò la sua figura, così le streghe si accorsero subito della sua presenza e la catturarono nuovamente mentre ancora dormiva. Questa volta la incatenarono in una prigione sotterranea, umida, buia
e infestata di topi. I suoi genitori, questa volta, chiesero aiuto alla Madonna che mandò San
Sebastiano a liberarla, ma quando le streghe scoprirono chi era il “salvatore” gli lanciarono
delle frecce avvelenate che lo colpirono in pieno petto e dopo pochi istanti il santo morì.
Maria piangeva continuamente ed un giorno una lacrima si posò sulle catene che la imprigionavano spezzandole. Immediatamente, ne approfittò e scappò mentre le streghe stavano
preparando un’altra pozione malefica che questa volta doveva colpire il paese di Cologna.
Lei, questa volta, riuscì a tornare a casa, sbarrò la porta e non uscì per una settimana.
Nel frattempo le streghe riuscirono a diffondere la peste a Cologna!!!
Il castellano di Tenno, per evitare che i suoi paesani si ammalassero, mandò in ogni casa un
piccione viaggiatore, con attaccato alla zampetta un messaggio, nel quale ordinava a tutta la
popolazione di non uscire in strada in modo da evitare il contagio.
In quei terribili giorni le strade erano deserte, si aggirava soltanto un tenero cagnolino sconosciuto a tutti il quale si fermava solo davanti alla porta di Maria.
Una mattina lei dischiuse la porta e lui entrò, le rubò una pagnotta e, stringendola fra i
denti, se ne andò.
Incuriosita, lo seguì finché giunsero nel paese appestato, percorsero la strada principale ed
arrivarono in campagna dove la ragazza vide un rogo sul quale stavano bruciando gli indumenti degli infetti e lì accanto, seduto ai piedi di un ulivo, c’era un uomo: San Rocco, anche
lui colpito dalla peste.
Il cane gli diede la pagnotta e lui cominciò a mangiarla. Accanto a sé aveva il bordone, il
classico bastone degli appestati con un piccolo campanello attaccato sulla cima. Al bordone
era appesa anche una zucca svuotata e riempita d’acqua che il santo sorseggiava un po’ alla
volta. Maria, che intanto si era nascosta dietro un muretto a secco, sfidando il pericolo, gli si
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avvicinò e lui alzò le vesti e le mostrò le piaghe sanguinanti della peste che aveva sulle gambe.
Quando si accorse che la ragazza non scappava terrorizzata, le chiese se voleva sedersi accanto a lui. Lei accettò ed il malato cominciò a raccontarle la storia della sua vita. Mentre
lui parlava Maria si sentiva strana, molto strana… Poi capì: il santo le aveva tolto il maleficio, era tornata quella di prima! No, anzi, era addirittura diventata buona!!!
Da quel giorno, ogni giorno, mise in bocca al cagnolino una pagnotta che l’animale portò al
suo padrone fino a quando questo morì di peste.
Allora Maria, per ringraziare la Madonna, San Sebastiano e San Rocco, i suoi salvatori, fece
realizzare un affresco che li rappresentava proprio sul “dos dele strie”.
Ancor oggi, se passate di lì, potete ammirare questo capitello, ma… attenti alle streghe ed ai
loro malefici!!!
… si fece coraggio, uscì di casa e
si diresse verso il rovo. Si avvicinò
troppo e due streghe, brutte come
rospi, la catturarono imprigionandola.
Maria piangeva continuamente
ed un giorno una lacrima si posò
sulle catene che la imprigionavano
spezzandole.
Intanto che lui parlava Maria si
sentiva strana, molto strana… Poi
capì: il santo le aveva tolto il maleficio, era tornata quella di prima.
No, anzi, era addirittura diventata
buona!
I LEGGENDARI della classe quarta: Alillari Serena - De Oliveira Kevin Prandi Nicola - Risatti
Riccardo - Salvini Letizia - Zanoni Victoria
89
... e in versi
ALLA SCOPERTA DEL” DOS DELE STRIE”
Del “Dos dele strie” il capitello
rovinato sì, lo sappiamo,
ma ornato da un prodigioso praticello
dove i bei tempi rimpiangiamo,
ricordiamo le vite passate da questa maestosa opera:
tutti pregavano, nessuno dormiva
e la speranza di trovar qualcuno … svaniva.
Sul capitello di cui vi parliamo
il viso e le vesti di Maria possiamo osservare
ed infine riconosciamo
San Sebastiano e San Rocco, da non dimenticare!
San Rocco, lo sappiamo,
è il protettore degli appestati
accanto a lui scopriamo,
rifugiati si son gli ammalati.
Di lui gli oggetti
tutti insieme non scordiamo
ed ancora i dispetti.
alla nostra mente rivolgiamo.
Del suo cagnolino
apprezziamo il valore,
gli portava un panino
ogni giorno alle stesse ore.
Come dei libri le saghe
uguali a questa tradizione,
San Rocco aveva le piaghe,
ma anche un bastone: il bordone.
Attaccata alla cintura,
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per lui, essenziale
era la zucca
di cui non dovete aver paura,
come l’attore quando si trucca.
Posata sul petto
una conchiglia da pellegrino
a San Rocco apparteneva l’oggetto
simbolo di riconoscimento del suo cammino.
San Sebastiano ancor sicuri non siam
che sul dipinto resti ancora,
ma se volete capir, possiam
portarvi lì, or ora.
Il “Dos dele strie”,
di cui la verità conosciamo,
stregoni e stregonerie
ancor lì incontriamo.
Rosso come il cielo al mattino,
rosa come fantasie,
nero come il fumo del camino:
questo è il capitello del “Dos dele strie”.
I poeti di classe quinta:
Fruner Melissa
Gauto Guadalupe
Remia Margherita
Tomasini Valeria
Valentini Anna
Come dei libri le saghe
uguali a questa tradizione,
San Rocco aveva le piaghe…
Del suo cagnolino
apprezziamo il valore,
gli portava un panino
ogni giorno alle stesse ore…
… accanto a lui scopriamo
rifugiati si son gli ammalati.
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Dipinto in via delle Cesure (chiusure)
Questa dipinto si
trova nel centro
storico di Tenno. Il
termine “cesure”
da “chiusure”, sta
ad indicare i muretti a secco che
chiudevano gli orti
o i campi e che un
tempo servivano
ad impedire agli
animali di invadere i coltivi.
Nel punto che un
tempo segnava
il confine tra il
paese abitato e le
campagne, è stato
dipinto un capitello con un’immagine sacra allo
scopo di rassicurare i passanti
giunti in paese.
Non è un affresco ma una tempera che risale ad un periodo compreso tra fine ‘700 e primi
‘800. Si trova sulla facciata di una casa signorile i cui proprietari potevano permettersi di
realizzare una tale opera sulla propria abitazione e presenta una cornice riccamente decorata. All’interno è rappresentata la Madonna su una nuvola con in braccio Gesù Bambino. La
parte in basso, molto deteriorata, con tutta probabilità ospitava altre figure di santi.
92
La nostra interpretazione fantastica...
Alle porte di Tenno: LE CESURE
Nei tempi andati esisteva (ma esiste ancora) un piccolo paese di nome Tenno, un luogo su cui
si era abbattuta una grande siccità che aveva rovinato il raccolto. A causa di ciò, gli abitanti
erano caduti in miseria ed erano costretti a fare grandi sacrifici per sopravvivere. Anche agli
animali superstiti non era toccata una sorte migliore: le poche capre e mucche non producevano più latte e quindi non si potevano mungere, le pecore non venivano tosate tanto era
spelacchiato il loro pelo, i buoi non trainavano più i carri perché non ne avevano la forza
e non si poteva nemmeno “ tirare il collo” a qualche gallo o gallina da quanto erano magri! Perciò ogni contadino lasciava il suo misero bestiame libero di invadere gli altri coltivi
(i campi coltivati) nella speranza che trovasse cibo per sfamarsi. Così facendo, però, cominciarono a litigare fra di loro e ad andare continuamente dal re, che abitava il castello, a
lamentarsi. Il sovrano non riusciva a trovare una soluzione a questo problema e ogni volta li
rimandava a casa molto delusi.
Per fortuna, nel punto che a quei tempi segnava il confine tra il paese abitato e le campagne, viveva una nobile e ricca famiglia, formata da marito e moglie, che non sapeva assolutamente cosa volesse dire essere poveri. Possedevano entrambi un grande cuore ed erano
molto tristi nel vedere come stavano vivendo i paesani ed anche perché da anni desideravano avere un figlio che però non era mai arrivato.
Un giorno a Luigi, il capofamiglia, venne un’idea e andò in segreto a parlarne con il re.
Quando fu alla presenza del grande signore gli disse: - Maestà nel nostro paese deve tornare
la pace! Dobbiamo assolutamente fare qualcosa: io propongo di costruire dei muretti a secco
in modo che gli animali non distruggano le coltivazioni degli orti e della campagna.
Il re approvò e subito tutti gli uomini del paese, aiutati anche dalle donne e dai bambini,
cominciarono la costruzione e Luigi contribuì pagandoli con monete d’oro. I muretti a secco
vennero innalzati e con i soldi ricevuti la popolazione riuscì a tirare avanti per qualche tempo, ma poi il denaro finì. Il nobile uomo continuava a pensare a come aiutare il paese, ma
non riusciva proprio a trovare una soluzione.
Passava le notti in bianco cercando di risolvere questo grave problema, pregava molto e
piangeva per la brutta sorte che aveva colpito i suoi compaesani.
Un giorno, la Madonna, ammirando i gesti nobili di Luigi e la sua disperazione, decise di
premiarlo facendo un miracolo: ammassò le nuvole e fece piovere per giorni e notti. In breve
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tempo il raccolto abbondò, il bestiame ingrassò e la carestia finì. La Madonna volle renderlo
completamente felice e gli donò l’immensa gioia di poter avere un figlio!
Finalmente sul paese di Tenno regnava la serenità e la pace!
I tennesi, per dimostrare la loro gratitudine a Luigi, decisero di dipingere sulla facciata della sua abitazione un capitello: chiamarono il miglior pittore della zona il quale racchiuse in
una cornice riccamente decorata con tanti cuori che rappresentavano la bontà di Luigi, la
Madonna con in braccio Gesù Bambino. Maria è raffigurata sopra una nuvola che ricorda la
pioggia che segnò la fine della siccità, mentre il Bambinello è il simbolo del figlio che partorì
la moglie di Luigi.
Quando, in un bel giorno di primavera, decidete di fare una passeggiata, se passate da quelle
parti, alzate gli occhi su quel muro...
Nei tempi andati esisteva (ma
esiste ancora) un piccolo paese di
nome Tenno, un luogo su cui si era
abbattuta una grande siccità che
aveva rovinato il raccolto…
Il re approvò e subito tutti gli uomini del paese, aiutati anche dalle
donne e dai bambini, cominciarono
la costruzione e Luigi contribuì a
pagarli con monete d’oro…
… decise di premiarlo facendo un
miracolo: ammassò le nuvole e fece
piovere per giorni e notti. In breve
tempo il raccolto abbondò, il bestiame ingrassò e la carestia finì.
I LEGGENDARI della classe quarta: Balsamo Mirko - Berto Luca - Menotti Teresa - Parolari
David - Pozzer Ilaria- Tarolli Devid
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... e in versi
IL CONFINE
Alle porte di Tenno dove un dì la povertà regnava
c’era una nobil casa che il confin segnava:
a monte governavan cinguettii e pascoli,
a valle contadini e bambini.
Dipinto c’era un capitello
davanti al quale tutti toglievano il cappello,
e guardando la cornice d’oro
pregavano in coro
Ringraziavano il gentil signor
che con nobil gesti,
anche se ricco di vesti,
la pace nel paese avea riportato
e in tal modo ognuno era stato aiutato.
La Madonna avvolta in un ceruleo manto,
su una nivea nube adagiata,
osservava la vita appena nata,
in braccio tenea il bambinello
ed insieme custodivan il campicello.
Il capitello creato
e poi restaurato
con un color che ricorda il sole,
dipinge l’amore
in ogni cuore.
Sullo sfondo le pennellate del tramonto
abbracciano insieme
le campagne del tennese
e le sfumature di colore rosso
invitan tutti quanti a più non posso
a render omaggio
a questo incantevole messaggio.
Le poetesse di classe quinta:
Berto Sara
Fincato Gaia
Giacon Stefania
Nadif Widad
Pasini Samantha
Thoma Anna
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Alle porte di Tenno
dove un dì
la povertà
regnava
c’era una nobil casa
che il confin segnava…
Ringraziando il gentil signor
che con nobili gesti,
anche se ricco di vesti,
la pace nel paese avea riportato.
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Terra, mani e fuoco = biscotto
Laboratorio di ceramica
Con Guido Omezzolli abbiamo scoperto quanto sia piacevole e divertente lavorare la creta
per creare. Siamo riusciti a realizzare oggetti belli ma anche utili prendendo spunto da
aspetti naturali e antropologici del nostro territorio.
Ricerca sul TERRITORIO
TERRA
CRETA - ARGILLA
lavorazioni o tecniche
A BACO
(vermicelli per fare vasi)
A STAMPO (stampi di angioletti, capitelli e stemma della scuola
A LASTRA (casetta degli uccelli
+ TEXTURE (stampigliatura a pressione di erbe e foglie)
A MANO
(creazioni libere)
+ elemento FUOCO
LA CERAMICA
detta anche
TERRACOTTA O BISCOTTO
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Festa al castello nel segno delle fate:
un viaggio nel passato e nella magia
I bambini di tutte le classi della scuola, durante quest’anno scolastico, con l'aiuto delle
insegnanti e di alcuni esperti hanno lavorato
con impegno ed entusiasmo per prepararsi ad una serata magica e misteriosa che ha
preso avvio, alle ore 20:00 di giovedì 7 giugno, al rullo dei tamburi. Un evento, iniziato ai piedi del castello, tra musiche e danze
e proseguito a teatro dove gli alunni hanno
rappresentato questa leggenda avvolta nella
magia e nella stregoneria …
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NEL SEGNO DELLE FATE
Gli abitanti di Tenno hanno ormai perso ogni contatto con Madre Natura poiché, lo sfruttamento delle risorse e l’avidità umana, hanno messo il mondo in pericolo.
Così le fate intervengono e svelano alla popolazione tennese la “realtà invisibile” che li circonda raccontando loro una antica leggenda: La leggenda del castello di Tenno.
Due trovatelle, Malva e Melissa, sono costrette a far da serve al malvagio fratello del re: Ser
Tura.
Questi, dieci anni prima, per far impazzire il sovrano ed impossessarsi così del trono, aveva fatto rapire, con l’aiuto del consigliere del monarca, la regina e le sue due figlie. Ma il
re, seppur disperato, non cedette mai il regno al crudele fratello, perciò Ser Tura decide di
avvelenarlo e farlo sembrare un suicidio.
Malva e Melissa scoprono il piano e scappano.
Camminando in cerca di funghi per sfamarsi, arrivano al “Dos de le Strie” e incontrano
Amanita e Artemisia, due streghe che le aspettavano. Da quest’ultime, le trovatelle, apprendono di essere “segnate” dalle fate e ricevono un filtro che apre loro un mondo incantato nel
quale incontrano Gogus e Chacha, due folletti burloni e tutte le fate.
Le streghe, poi, svelano quale sia la vera identità delle due sorelle: Malve e Melissa, in effetti,
sono le figlie del re!
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Raccontano loro di come siano state rapite da Ser Tura, di come la loro madre,la regina,
sia prigioniera del drago a due teste, di come le fate le abbiano segnate con un braccialetto
rosso al polso e della loro inconfondibile voglia di campanula sul braccio che le renderà riconoscibili a tutti.
Allora le due principessine entrano nel cerchio magico e vanno dal drago a due teste, diventato cattivo poiché tutti lo trattano male per via del suo aspetto. Ma Malva e Melissa sono
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gentili con lui, così il drago, commosso da tanto affetto, diventa loro amico, abbandona la
cattiveria e libera la regina.
Questa corre dall’amato compagno, gli racconta ogni cosa e, dopo essersi entrambi cosparsi di polvere di fata che rende invisibili, gli fa scoprire il complotto ordito dal fratello e dal
consigliere: servire al re carne “velenada” invece che carne “salada”.
Così il sovrano li fa imprigionare, ritrova l’amata moglie e le adorate figlie.
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da “l’Adige”, giugno 2012
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RINGRAZIAMENTI
Le insegnanti ringraziano per la preziosa
collaborazione i seguenti esperti che le hanno
coadiuvate nello svolgimento del progetto:
• Associazione “Il fotogramma”
• Mariangela Ballardini
• Francesca Bondavalli
• Guido Omezzolli
• Carmen Picciani
• Mariella Scala
• Enrico Tavernini
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Grafica 5 snc - Arco (TN)
Novembre 2012
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