Scarica il documento

Transcript

Scarica il documento
8 Primo piano
Mercoledì 9 novembre 2011
Primo piano 9
Mercoledì 9 novembre 2011
|
Lotta al Crimine
|
La ’ndrina aveva investito
sull’elezione di Morisani
Operazione della Dda di Reggio
contro gli interessi della cosca Crucitti
Colpo al clan
del «sistema»
Otto persone in manette, tra cui alcuni prestanome
e imprenditori della grande distribuzione
di GIUSEPPE BALDESSARRO
L’arresto
dell’imprenditore
Domenico Suraci
coinvolto
nell’operazione
”Sistema”
della Dda
(photo Sapone)
|
TRA BANCHE E SPA
|
La società fatta fallire
per poi ripartire ex novo
di CLAUDIO CORDOVA
REGGIO CALABRIA - Un vero e proprio
dominus che avrebbe dettato le strategie e
foraggiato le aziende che gestiva in maniera occulta. Già l’indagine “Raccordo”, di alcuni mesi fa, aveva dimostrato la vocazione imprenditoriale del boss di ConderaPietrastorta, Santo Crucitti. In particolare, in quell’indagine curata, come quella
scattata ieri, denominata “Sistema”, dal
pm della Dda, Marco Colamonici, venne a
galla la stipula di una convenzione tra la
Fin Reggio, la finanziaria di proprietà di
Crucitti, e la Multiservizi, la società partecipata del Comune di Reggio Calabria, il
cui direttore operativo, Giuseppe Rechichi, è attualmente in carcere essendo ritenuto un affiliato dei
Tegano.
Gli ultimi accertamenti sul
conto di Crucitti avrebbero dimostrato come il boss avrebbe
messo le mani sulla società Planet Food, attiva nel settore della
grande distribuzione cittadina. Una strategia che non è
sfuggita ai magistrati che sottolineano «l’evidente capacità
finanziaria e la vocazione imprenditoriale della cosca Crucitti, ribadendo come essa si distingua per la sua abilità
nell’incunearsi, per il conseguimento degli obiettivi prefissati, in diversi settori
economici, legati al mondo della distribuzione alimentare come a quello dell’imprenditoria edile o, come si era constatato
con la precedente ordinanza, dell’intermediazione creditizia». Crucitti, dunque,
avrebbe gestito in maniera occulta la Planet Food, proprietaria di due punti vendita
in città, uno nel rione Modena e uno sulla
Strada Statale 106, nei pressi di Pellaro, risultando gestita di fatto da Domenico Suraci classe 73, unitamente a Sandro Aurora e ad Antonino Minniti, tutti soggetti indagati nel procedimento. Crucitti interverrebbe nelle dinamiche della società sia
attraverso l’immissione diretta di capitali,
sia sfruttando le conoscenze su cui può
contare negli ambienti dell'intermediazione del credito a Reggio Calabria. Gli stessi
tre gestori occulti della Planet avrebbero
incontrato il boss Crucitti per occuparsi di
vicende economiche. Incontri avvenuti anche nell’ufficio di Crucitti, in quel tempo
monitorato dalle cimici dei Carabinieri.
Elemento centrale, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il direttore della filiale
reggina della Banca Popolare di Lodi,
Francesco Gullì. Un uomo con cui si rapporterà prima Domenico Suraci e poi lo
stesso Crucitti. Un rapporto, quello tra i
due che porterà gli inquirenti a rilevare
«l’accondiscendenza del direttore nel venire incontro alla società e ai personaggi che
dietro la stessa si celano». Secondo gli investigatori, il contenuto dei contatti tra Gullì
e Crucitti dimostrerebbe come il direttore
della filiale reggina fosse un vero e proprio
punto di riferimento per le problematiche finanziarie riguardanti la Planet Food: «Clamorosa appare l’espressione del Gullì, quando, rivolgendosi al Crucitti Santo, afferma che bisogna
iniziare a dare schiaffi a quelli
di Planet Food, considerando
che ci sono problemi con degli
assegni» è scritto nell’ordinanza firmata dal Gip Domenico
Santoro. Gullì che, comunque,
allo stato attuale, non risulta
indagato, sarebbe stato un personaggio
chiave del “sistema”, interessandosi alle
parabole finanziarie della Planet Food anche dopo il suo trasferimento da Reggio
Calabria.
L’indagine “Sistema” ha cercato di fare
luce anche su una moltitudine di imprese
direttamente riconducibili a soggetti che i
pregressi giudiziari, le frequentazioni e i
vincoli familiari lasciano ritenere vicini a
vari sodalizi presenti sul territorio ed in
particolare alle famiglie mafiose De Stefano, Tegano e Libri. Tra i fornitori della società, infatti, c’erano i due generi di Giovanni Tegano, Carmine Polimeni e Michele Crudo, nonché Pasquale Utano, suocero
di Paolo Rosario De Stefano e Paolo Schimizzi, ma anche Antonia Maria Siclari,
moglie di quel Natale Iannì ritenuto affiliato ai clan Borghetto-Zindato, federati alla
famiglia Libri. Circostanze che confermerebbero il pieno inserimento della cosca
Crucitti nell'area destefaniana.
I rapporti
con il direttore
della Popolare
di Lodi
REGGIO CALABRIA - Santo Crucitti, capo
locale di Condera, aveva mire importanti. Si
stava ingrandendo ed era alla ricerca del
grimaldello per entrare a Palazzo San Giorgio. Voleva contare anche in ambito politico. Così aveva deciso di scendere in campo
apertamente ed aveva ordinato ai suoi di votare Pasquale Morisani. Siamo nel 2007 e a
Reggio si vota per le amministrative. Da
una parte c’è l’uscente Giuseppe Scopelliti
(attualmente governatore della Calabria),
dall’altra Eduardo Lamberti Castronuovo
(oggi assessore provinciale del centrodestra). Morisani è candidato con una delle liste civiche che sostengono Scopelliti e risulterà eletto per la prima volta in Consiglio comunale (in passato era stato presidente di
circoscrizione).
L’attuale assessore ai Lavori pubblici della Giunta
guidata da Demetrio Arena
non è indagato. Lo stesso
gip Domenico Santoro, nella
sua ordinanza che ieri ha
portato all’arresto di 8 persone, afferma che «non sono
emersi, come correttamente
segnala il pm (Marco Colamonici, ndr), elementi penalmente rilevanti nei riguardi di Morisani». Il rapporto di conoscenza tra Morisani ed i componenti la cosca, scrive il gip, «era emerso già dalla misura cautelare emessa nei confronti degli esponenti della cosca
Crucitti nel procedimento
“Pietrastorta”. E «importanti conferme in tal senso sono
emerse nel corso dell’attività del presente procedimento, ove viene fugato ogni
dubbio in ordine al sostegno
elettorale fornito dalla consorteria a favore del candidato Morisani nelle amministrative del 2007».
«Inequivocabili», in questo senso, per il gip, «le discussioni avvenute all’interno dell’ufficio in uso a Santo Crucitti a ridosso delle consultazioni, laddove emergeva
l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le
preferenze elettorali di soggetti a lui vicini a
favore del consigliere».
Poche settimane prima delle elezioni
all’interno dell’ufficio in uso a Santo Crucitti, si svolge una sorta di riunione, dalla quale scrivono i magistrati «emergeva l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le preferenze elettorali di soggetti a lui vicini - quali,
tra gli altri, Sergio Quattrone, Francesco
Scaramuzzino e Massimo Silva - a favore del
succitato consigliere». Il 2007 è un anno
elettoralmente molto difficile per il centrodestra. Scopelliti sa di vincere e anche di parecchi. Ma a sostenerlo ci sono tantissime liste e la battaglia per un posto in consiglio è
particolarmente dura all’interno del centrodestra.
«Estremamente significative . scrive il
Gip Santoro - erano le riflessioni del Morisani che rappresentava il clima delle consultazioni che si sarebbero svolte da lì a poco come: “una convergenza di interessi da parte
di diverse cosche”, affermando come alla fine “ci si farà più nemici che amici”».
D’altra parte, circa due mesi prima, la vettura di proprietà dell’allora presidente di
circoscrizione era stata completamente distrutta dalle fiamme e lo stesso Morisani, in
una conversazione intrattenuta con un altro futuro consigliere, Dominique Suraci,
aveva ricollegato l’evento al ruolo politico ricoperto.
Come accennato, in relazione all’appoggio garantito nelle consultazioni comunali
da Santo Crucitti e dai propri accoliti a sostegno di Morisani, «non lascia dubbi».
Per gli inquirenti «inequivocabile era la
richiesta che il Crucitti rivolgeva sia a Sergio Quattrone: “(…) quanto riesci a dargliene voti? quanti gliene dai? (…)” , sia a Scaramozzino che peraltro manifestava tutta la
propria disponibilità replicando: “(…) io la campagna
per Pasquale Morisani, non
perché è presente, gliela sto
facendo io, io so come fare(…)”».
Una lunga conversazione
nel corso della quale «numerosi sono comunque i
passaggi della conversazione in questione da cui emerge l’impegno del Crucitti a
sostegno dell’elezione, come quello in cui riferiva:
«(…) oggi ho parlato pure
con Totò, però ce ne dà due
soli (…)… allora te ne devono uscire quattro cartellini
e sono due di Totò e in quello
di Totò c’è pure suo cugino e
quindi giustamente dei
tuoi (si accavallano le voci e
l’audio risulta incomprensibile) e un ragazzo non mi
ricordo come si chiama …
incomprensibile... cioè è
inutile che le persone gli ho
detto Totò quindi sono due
questi qua, poi alla Croce
Valanidi ne ha? E due ne
escono alla Croce Valanidi
… incomprensibile ...Totò e
suo fratello, però me ne
danno due perché anche loro giustamente hanno tremila impegni
(…)»;
Ed ancora: « (…) segnati Meduri pure,
…inc… qua avevo dieci voti sicuri, ogni volta io, le persone che da vent’anni che lavorano con me… sono impegnati, (incomprensibile) oh fighioli mei, segnati Meduri, tu
quanto gliene dai Massimo? (…)».
Per il Giudice per l’indagine preliminare
«Evidente appare, alla luce di quanto sintetizzato nella richiesta del pubblico ministero, un ulteriore profilo dell’attività rientrante nel programma delinquenziale tipico della consorteria mafiosa, ovvero l’infiltrazione nella vita politica cittadina, mediante l’individuazione di un candidato di
riferimento, cui garantire appoggio, evidentemente nell’ottica di poter ottenere, in
futuro, agevolazioni (sebbene non siano
emersi, come correttamente segnala il pm,
elementi penalmente rilevanti nei riguardi
del Morisani)».
In altri termini, Santo Crucitti stava facendo una sorta di investimento. Sosteneva
una candidatura nella speranza di passare
poi all’incasso.
g.bal.
La campagna elettorale
di boss e amici
a caccia di preferenze
per le amministrative
della primavera 2007
LA SCHEDA
Il capocosca
inchiodato dai pentiti
REGGIO CALABRIA Già a metà anni
‘90, i collaboratori di giustizia lo indicavano come il boss dei rioni Condera e Pietrastorta. Il primo a parlarne, nel febbraio
2002, è Giacomo Ubaldo Lauro, il pentito
che aprì scenari su 'ndrangheta e massoneria. Poi arriveranno anche le dichiarazioni di altri soggetti come Umberto
Munaò. E sul suo conto avranno qualcosa da dire anche Antonino Gullì, ucciso
alcuni anni fa dopo essere uscito dal programma di protezione, Antonio Rodà e
Giovanni Battista Fracapane. Gli ultimi
due collaboratori, in ordine temporale, ad
accusare Santo Crucitti, sono Antonino
Lo Giudice, ex boss dell’omonima cosca,
e Roberto Moio, nipote del boss Giovanni
Tegano. Crucitti sarebbe dunque il capo di un’organizzazione criminale “satellite” della
potente consorteria che fa capo alla famiglia De Stefano, inserita durante la II guerra di
mafia nel più ampio cartello riconducibile alle famiglie De Stefano-Tegano-Libri. Nel verbale del 5 ottobre 2010, Moio, racconta anche la circostanza riguardante l'uccisione del
fratello di Crucitti, avvenuta diversi anni fa. Crucitti, dunque, sarebbe stato un soggetto
criminale vicino al boss Mario Audino, trucidato nel 2003, con il quale, peraltro, subisce
diversi controlli di polizia. Un soggetto, dunque, a disposizione della fitta rete di elementi
vicini a Peppe De Stefano, attualmente detenuto in regime di 41bis all'interno del carcere di Tolmezzo, dopo l'arresto operato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria.
Le minacce del capobastone a un imprenditore a cui aveva fatto dei lavori edili che non riusciva a pagare
«Se non mi restituisci i soldi ti rompo le braccia»
REGGIOCALABRIA- La cosca Crucitti, una
famiglia mafiosa, federata al cartello destefaniano, che si sarebbe mossa come un avvoltoio sul territorio reggino, approfittando “di
ogni situazione di difficoltà di imprenditori
per infiltrare il tessuto economico”. E’duro il
giudizio del Gip Domenico Santoro, che firma l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i soggetti coinvolti nell'indagine “Sistema”. E’ duro, ma è suffragato da circostanze che dimostrerebbero la
pervasività del clan retto da
Santo Crucitti. Un esempio, un
emblema, di tale strategia sarebbe quello che coinvolgerebbe Salvatore Morabito, titolare
di una pizzeria nella zona di
Pietrastorta, debitore di Crucitti minacciato in modo esplicito dal boss: «Vuoi che te lo dico chiaramente, Sasà, ti rompo
le braccia va bene, ma non soltanto a te, Sasà mi devi risolvere il problema».
Per i giudici
l’obiettivo
era quello
di rilevare
l’azienda
L’arresto di Antonino Crucitti
Una strategia che Crucitti avrebbe messo
in atto nel corso degli anni: subentrare, in
maniera assai semplice, nelle attività commerciali in crisi finanziaria. E Morabito sarebbe una delle vittime: «La vicenda - scrive il
Gip - permette di illuminare compiutamente
la pericolosità di Crucitti Santo che, abbandonate le vesti di imprenditore, mostra la
personalità criminale sua e del sodalizio a lui
direttamente riconducibile». Morabito, infatti, sarebbe incappato nella rete di Crucitti,
che avrebbe realizzato, con la propria ditta,
dei lavori proprio con riferimento alla pizzeria “Zì Sasà”. A causa delle precarie condizioni economiche, Morabito sarebbe riuscito a
pagare a Crucitti solo una parte della somma
pattuita, contraendo, dunque, un debito con
il boss: «Sasà ti sto dicendo io tu non puoi approfittare delle persone tu lo sai che stai facendo ora stai approfittando della mia bontà…inc…perché iome nefotto setu approfitti della mia bontà, il problema serio è un altro
che io ora ho difficoltà, ho difficoltà quindi tu
mi stai creando un danno, il danno non è che
un danno….inc…ora io devo avere il blocchetto va bene e devo andare a saldare un debito tuo….inc…è giusto questo discorso
qua?».
Minacce, quelle di Crucitti, minacce fisiche, ma anche palesi tentativi di distogliere
Morabito dall’eventuale possibilità di denunciare alla giustizia la grave situazione:
«(…) mi arrestano pure hai capito e se poi mi
arrestano poi saranno ulteriori guai per te
hai capito(…)». Da tale debito nascerà dunque la strategia di Crucitti per acquisire, a
basso costo (appena cinquantamila euro) il
locale: «c’è una persona, ieri gliel’ho telefonato ieri io (…) che se lo vuole comprare il ristorante» dice ai parenti di Morabito. Un’operazione che verrà perfezionata grazie all'intervento del fido Mario Chilà. Un comportamento apparentemente conciliante, con il
coinvolgimento di una “persona” interessataallocaleche, però,adettadegliinquirenti,
si inquadra nella strategia di sciacallaggio
messa in atto, negli anni, dal boss Crucitti.
cla.cor.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
«Inequivocabili», in questo senso, per il
gip, «le discussioni avvenute all’interno
REGGIO CALABRIA - Il «sistema» era con- dell’ufficio in uso a Santo Crucitti a ridosso
solidato. Il boss Santo Crucitti i suoi conti li delle consultazioni, laddove emergeva
sapeva fare. Si muoveva su diversi fronti e l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le
aveva idee chiare sulle strategie da adotta- preferenze elettorali di soggetti a lui vicini
re. Controllava il suo territorio con «cura a favore del consigliere». Insomma la cosca
maniacale». Tentava di rilevare attività pu- puntava in alto, alla politica.
Ma non è tutto. L’inchiesta che ha portalite strozzandole prima e acquisendole poi.
Aveva già messo piede nella grande distri- to all’arresto di otto presunti affiliati alla
buzione. E si era speso a sostegno di un cosca, ha anche fatto luce su un sistema di
candidato vincente alle amministrative fallimenti pilotati. Nella sostanza una soper sfruttare anche anche il filone politi- cietà, la “Planet Food”, titolare di alcuni
grandi supermercati era stata indebitata e
co.
Il «sistema» Crucitti, all’alba di ieri è sta- poi fatta fallire da un gruppo di persone
che successivamente riprento fatto saltare per aria da
devano la gestione delle stesun’inchiesta che porta la firse attività attraverso nuove
ma del pm della Dda Marco IL CASO
aziende intestate prestanoColamonici. Un’indagine,
me. La Procura ha scoperto
svolta dai carabinieri del Coche al momento della messa
mando provinciale di Regin liquidazione, i soci si
gio Calabria, che ha consenpreoccupavano di pagare
tito di dimostrare quanto
soltanto i fornitori mafiosi,
siano state falsate le regole
mentre degli altri, come didi un pezzo di mercato nel
ceva Domenico Suraci (uno
quale a rimetterci erano le
dei soci) «se ne fottevano».
imprese sane, a vantaggio di
Così, mentre le aziende sane
società riconducibili ad alcuaffondavano per gli insoluti,
ne delle famiglie mafiose più
quelle riferibili ai Tegano, ai
potenti della città.
De Stefano o agli Iannì, non
Crucitti e i suoi erano riuci rimettevano mai un euro.
sciti ad infiltrarsi nel settore
In questa maniera quando la
della grande distribuzione
“Planet Food” crollò sotto il
alimentare, dell’intermediapeso di 750 mila euro di debizione del credito e dell’imti, Suraci e compagni fondaprenditoria edile, anche grarono la “Distribuzione e comzie a prestanome compiacenmercio” e iniziarono esattati. E forti di questo potere La convenzione
mente da dove erano rimasti.
economico hanno tentato di
Con le facce nuove dei prestacondizionare l’attività politi- con la Multiservizi
nome, ma senza cambiare
ca cittadina in occasione del- IL BOSS Santo Crucitti si era
una virgola nella sostanza.
le elezioni del 2007.
mosso anche con una finanSoci, per alcuni aspetti, di
Nelle ordinanze firmate ziaria per stipulare un convenPasquale Crucitti che nelle
dal Gip Domenico Santoro zione con i vertici della società
aziende ci metteva anche il
vengono contestati l’asso- municipalizzata Multiservizi.
ciazione a delinquere di Questo grazie all’attività credi- suo contante, e più amici di
prima con i boss che contistampo mafioso, il concorso tizia di Mario Chilà, all’interno
nuavano a riempire gli scafesterno, l’intestazione fitti- della “Fin Reggio”, società rizia di beni e la bancarotta conducibile al capo cosca. Per fali con la propria merce.
Nel corso dell’operazione,
fraudolenta.
far ciò Crucitti si avvale in pricome detto, i carabinieri
Il tutto sullo sfondo di rap- mo luogo del rapporto con
hanno notificato otto ordiporti costanti col mondo po- soggetti in grado di fare da innanze di custodia cautelare.
litico. Per infiltrarsi nel Co- termediari nei rapporti con soOltre che Crucitti e Suraci, in
mune di Reggio, secondo cietà anche a partecipazione
carcere sono finiti Sandrino
l’accusa, il capo della cosca pubblica quale ad esempio la
dei rione Condera, aveva da- Multiservizi di Reggio Calabria. Amedeo Aurora, di 41 anni;
to disposizione ai suoi di conIn tale contesto, Crucitti Antonino Gennaro Crucitti
vogliare i voti su Pasquale sfrutta il rapporto che lo lega al (31) (nipote del boss); MicheMorisani, allora candidato consigliere comunale Domeni- le Crudo (34); Antonino Minin una lista civica a sostegno co Suraci, detto Dominique, il niti (34); Carmine Polimeni
dell’elezione del sindaco Giu- quale riesce a far ottenere a (31) e Domenico Polimeni
seppe Scopelliti, oggi Presi- Mario Chilà la stipula di una (35), alcuni dei quali già dedente della Regione. Morisa- convenzione tra i dipendenti tenuti.
Gli investigatori hanno
ni, che adesso, dopo le elezio- della Multiservizi e la società fini della primavera scorsa, è nanziaria di cui il Chilà si è rile- anche sequestrato beni intestatati a Antonio Gennaro
assessore al Comune di Reg- vato essere socio di fatto.
Crucitti, ma ritenuti nella digio (sindaco Demetrio Aresponibilità di Santo Crucitti.
na, del centrodestra), non è
indagato, ma la sua voce è stata registrata Secondo il sostituto Marco Colamonici il
più volte assieme a quella di Crucitti e dei nipote del boss era in realtà la faccia pulita
suoi sodali. Lo stesso gip, nella sua ordi- della famiglia a cui intestare i beni. Ieri innanza, afferma che «non sono emersi, co- fatti sono stati posti i sigilli alla società Epi
me correttamente segnala il pm, elementi con sede legale a Reggio Calabria; a quote
penalmente rilevanti nei riguardi di Mori- della «Fitland società sportiva dilettantisani». Tra l’altro, il rapporto di conoscenza stica a r.l.», di cui è amministratore unico:
tra Morisani ed i componenti la cosca, scri- All’impresa individuale Costruzioni edili e
ve il gip, «era emerso già dalla misura cau- locazione dei relativi immobili. Nel mirino
telare emessa nei confronti degli esponen- anche un fabbricato e una palestra, un mati della cosca Crucitti nel procedimento gazzino ed una autorimessa.
Un vero «sistema» dunque, che com“Pietrastorta”, ma oggi «viene fugato ogni
dubbio in ordine al sostegno elettorale for- prendeva anche tutti i crismi del metodo
nito dalla consorteria a favore del candida- mafioso, compreso quando erano necessato Morisani nelle amministrative del rie le minacce ad interlocutori che non aveva capito con chi avevano a che fare.
2007».
NELLE CARTE
Mercoledì 9 novembre 2011
Negli anni diversi collaboratori di giustizia hanno tracciato il profilo del padrino di Condera e Pietrastorta
Crucitti “spiegato” dai pentiti
A capo di un’organizzazione “satellite” del potente clan dei De Stefano
LA SCHEDA
di CLAUDIO CORDOVA
GIÀ a metà anni '90, i collaboratori di
giustizia lo indicavano come il boss dei
rioni Condera e Pietrastorta. Il primo a
parlarne, nel febbraio 2002, è Giacomo
Ubaldo Lauro, il pentito che aprì scenari
su 'ndrangheta e massoneria. Poi arriveranno anche le dichiarazioni di altri soggetti come Umberto Munaò. E sul suo
conto avranno qualcosa da dire anche
Antonino Gullì, ucciso alcuni anni fa dopo essere uscito dal programma di protezione, Antonio Rodà e Giovanni Battista
Fracapane. Gli ultimi due collaboratori,
in ordine tempoale, ad accusare Santo
Crucitti, sono Antonino Lo Giudice, ex
boss dell'omonima cosca, che riconosce
Crucitti nella foto sottopostagli dagli inquirenti, e Roberto Moio, nipote del boss
Giovanni Tegano. Crucitti sarebbe dunque il capo di un'organizzazione criminale “satellite” della potente consorteria
che fa capo alla famiglia De Stefano, inserita durante la II guerra di mafia nel più
ampio cartello riconducibile alle famiglie
De Stefano-Tegano-Libri. Ed è proprio Roberto Moio che a questo schieramento è appartenuto fino al giorno del pentimento, avvenuto subito dopo
l'arresto nell'operazione “Agathos”, a parlare con maggiore precisione di Crucitti. Nel
verbale del 5 ottobre
2010, Moio, racconta
anche la circostanza
riguardante l'uccisione del fratello di Crucitti, avvenuta diversi
Roberto Moio
anni fa:
Moio: «...tramite,
tramite Mario Audino
con Santo, con Santo,
Santo… con Crucitti,
non mi ricordo se si
chiama Santo, forse il
fratello che hanno ammazzato che io so anche chi l'ha ammazzato a suo fratello».
Pm 1: «Questo Crucitti Santo di dove è?».
Moio: «Di Pietrastorta, sopra… Santo
si chiama, diciamo…
comunque…».
Pm 1: «Se si chiama
Santo, di Pietrastorta…».
Moio: «…lo conosco,
lo conosco, gli hanno
ucciso il fratello, gli
hanno ucciso».
Pm 1: «Come si chiamava il fratello?».
Moio: «Un certo
Mimmo, Mimmo Crucitti mi pare o Santo
Crucitti, Santo è lui o
Michele è l'altro, comunque».
Pm: «Va bene, va bene…».
Nino Lo Giudice
Moio: «…non mi ricordo bene».
Pm: «Poi chi fa parte di questo gruppo?».
Moio: «Di questi… no, non sto parlando… sto parlando delle persone che vedevo».
Pm: «Delle persone vicine a Giuseppe
De Stefano».
Moio: «…che vedevo sempre ultimamente con loro, dopo insomma questa,
questa tipo rottura che c'è stata».
Pm: «Esatto…».
Moio: «…e si vedeva insomma…».
Pm: «Chiamiamola rottura per farci,
per capirci».
Moio: «Sì, bravo».
Dichiarazioni utili, quelle di Moio, dichiarazioni che il pubblico ministero titolare del fascicolo, Marco Colamonici,
allega alle prove raccolte sul boss di Condera e Pietrastorta, già condannato, in
primo grado per associazione mafiosa.
Crucitti, dunque, sarebbe stato un soggetto criminale vicino al boss Mario Audino, trucidato nel 2003, con il quale, peraltro, subisce diversi controlli di polizia.
Un soggetto, dunque, a disposizione della fitta rete di elementi vicini a Peppe De
Stefano, attualmente detenuto in regime
di 41bis all'interno del carcere di Tolmezzo, dopo l'arresto operato dagli agenti
della Squadra Mobile di Reggio Calabria.
Roberto Moio
racconta
l’uccisione
del fratello
del boss
Il sistema scoperto
dalla Dda reggina
ASSOCIAZIONE di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso,
intestazione fittizia di beni, bancarotta fraudolenta aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso. Sono accusate di questi reati, a vario titolo, le
otto persone, indicate come appartenenti o contigue alla cosca Crucitti,
operante nel quartiere di Condera-Pietrastorta, arrestate ieri dai Carabinieri del comando provinciale di Reggio
Calabria nell’ambito dell’operazione
«Sistema» (altro servizio a pagina 8
e 9) . L’indagine avrebbe documentato
l’infiltrazione pervasiva della ‘ndrangheta, nel settore della grande distribuzione alimentare, dell’intermediazione del credito e dell’imprenditoria
edile, attraverso la complicità di imprenditori che avrebbero fatto da prestanome alle cosche. Le cosche, forti di
questo potere economico, avrebbero
tentato di condizionare l’attività politica, riferita alla competizione elettorale del 2007, sostenendo Pasquale
Morisani (non indagato). Gli arrestati
sono Sandrino Amedeo Aurora, 41 anni; Antonino Gennaro Crucitti, di 31;
Santo Crucitti di 48, già detenuto; Michele Crudo di 44 , anch’egli già detenuto; Antonino Minniti, di 34; Carmine Polimeni di 31, già detenuto; Domenico Polimeni, 35 anni, già detenuto;
Domenico Suraci, di 38, tutti reggini.
Antonio Minniti in manette
L’intercettazione nell’ufficio del boss per la campagna elettorale di Morisani
Convergenza di interessi tra clan
Per i magistrati il capocosca sperava di infiltrare la politica cittadina
C’È una intercettazione che consente di dire ai magistrati che
Santo Cricitti ha sostenuto l’elezione di Pasquale Morisani alle
amministrative del 2007. Il boss
votò per l’attuale assessore ai Lavori Pubblici. Si tratta dell’intercettazione ambientale (di cui pubblichiamo uno stralci) di Santo
Crucitti che parla con Pasquale
Morisani, Sergio Quattrone e
Francesco Scaramozzino, poche
settimane prima del voto.
Morisani:«Sono tregiorniche
devo andare a Condera, mi credi,
mi credi ora a parte il fatto di Sergio che è tre giorni che voglio salire a Condera, compreso ora, e
tutti mi chiamano, perché minchia deve ancora a Condera a trovare un sacco di persone, devo andare a Condera a trovare un sacco
di persone, niente si fanno le nove
e mezza di sera, alle nove e mezza
puoi andare più a suonare alle
persone? no!».
Quattrone: «Sai chi è venuto ieri Morace? Sai perché è venuto?».
Crucitti: «Vabbé Morace è alla
cosa, alla circoscrizione».
Quattrone: «Penso che a Condera tanto bene non va Morace».
Morisani: «Sergio, la politica,
e tu sarai d’accordo con me, non si
costruisce in quindici giorni prima delle elezioni, puoi andare
dalle persone quindici giorni pri-
ma ma non si costruisce».
Crucitti: «Ma sai che voglio dire
io ehhhh ... no no poi alla fine non
c’è niente da fare, perché ognuno
va e gli dice la sua eh. Glieli dai un
paio di voti?»
Quattrone: «Tutti i miei familiari sono dieci, cinque sono per
voi»
Morisani:
«Per
davvero? Quelli che
portono, quelliche ci
danno cinque voti di
famiglia sono…».
Quattrone: «Cinque io a Panuccio glieli faccio avere, perché
se mi vedo con chi mi
vedo non gli devo girare gli occhi… incomprensibile… per
me sarà cosi».
Morisani: « … incomprensibile …sono
mischiati…».
Quattrone: «… incompr … ripeto non sono mai andato, l’altra
volta organizzato per mangiare
ma io non sono mai andato».
Morisani: «C’'è tutta … incomprensibile … la verità è un’altra
Sergio, ricorda quello che ti dico
(si accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) la verità é
che non c’è la volontà di creare un
progetto politico a Condera… (si
accavallano le voci e l'audio risul-
ta incomprensibile) tu ci sei, perché non sei disperso e poi ne riparliamo (incomprensibile)… io
dico che non c’è, sembra di si, ma
in verità non c’è… perché non si
crea con il partito, il ceto politico
si crea (incomprensibile) zone dove ci sono persone che facciano
(incomprensibile) … è la provincia».
Quattrone: «(incomprensibile)».
Morisani: «Infatti
li c’è unaconvergenza
di interessida partedi
diverse cosche».
Quattrone: «No,
perché stanno cercando di mantenersi…incomprensibile…».
Morissani:
«da
parti diverse … vedi
che questa è campagna: u trenta maggio si fanno più
nemici che amici».
Crucitti: «Franco mi raccomando»
Scaramozzino: « …incomprensibile... ma ci mancava».
Crucitti: «No no no no per questa cosa Franco, (si accavallano le
voci e l’audio risulta incomprensibile) senti, senti la cosa importante (incomprensibile)».
Scaramozzino:«Io la campagna per Pasquale Morisani, non
«Le famiglie
si stanno
tenendo
da diverse
parti»
perché è presente, gliela sto facendo io, io so come fare»Morisani: «Ma te li sei presi i
fac simili».
Scaramozzino: «E non me li
hai dati».
Morisano: «I giornalini?».
Crucitti: «Vedi di non cadere
Ciccio».
Scaramozzino:
«certo…incomprensibile... la stessa cosa io
vado da un parente mio da un
amico mio: Ciccio che devo fare
chi devo votare? Gli dicevo così,
così e così oppure zio, cugini (si
accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) tutta quella
pubblicità, sai quanta ne ho nella
macchina dell’Enel…».
….omissis ....
Crucitti: «Oggi ho parlato pure
con Totò, però ce ne dà due soli».
Morisani: «Totò chi?».
Crucitti: «…incompr… allora
te ne devono uscire quattro cartellini e sono due di Totò e in quello di Totò c’è pure suo cugino e
quindi giustamente dei tuoi (si
accavallano le voci e l’audio risulta incomprensibile) e un ragazzo
non mi ricordo come si chiama
…incomprensibile... cioè è inutile che le persone gli ho detto Totò
quindi sono due questi qua, poi
alla Croce Valanidi ne ha? E due
ne escono alla Croce Valanidi
…incomprensibile...».
GLI ARRESTATI
Santo Crucitti
Antonio Crucitti
Sandrino Aurora
Michele Crudo
Domenico Suraci
Carmine Polimeni
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
20 Reggio
Il pm Sara Ombra che condusse l’inchiesta “Terrazzamento” scagiona l’ex amministratore dell’Atam
Chiesta l’archiviazione di Arena
Sollecitato il rinvio a giudizio degli altri imputati. Si valuta la posizione di Filardo
di CLAUDIO CORDOVA
L’UNICO imputato per cui il
pubblico ministero Sara Ombra
ha richiesto il non luogo a procedere è l’attuale sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena.
La sua posizione sarebbe stata
insomma chiarita, ed è per questo che l’accusa ha chiesto l’archiviazione.
Per tutti gli altri soggetti coinvolti nell’indagine “Terrazzamento”, invece, il rappresentante dell’accusa ha richiesto il rinvio a giudizio.
Un procedimento che scaturisce da un’operazione condotta
dai Carabinieri del Comando
Provinciale e del Noe (Nucleo
Operativo Ecologico) che accertarono come in un’area, quella
del vallone Bovetto, dove sarebbero dovuti sorgere degli uliveti, si era dato vita, invece, a delle
discariche a cielo aperto.
I reati contestati nell’ambito
dell’indagine indagine coordinata anche dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza sono
quelli di realizzazione di discarica abusiva di rifiuti speciali non
pericolosi (materiali edili da demolizione provenienti da cantieri) in un territorio in cui vige lo
Stato di Emergenza nel settore
dei rifiuti, traffico di rifiuti, realizzazione di lavori di terrazzamento di terreni a scopo agricolo
in assenza dei prescritti titoli autorizzativi, nonchè gestione e
trasporto non autorizzati di rifiuti speciali non pericolosi.
Arena, oggi sindaco della città, è stato coinvolto nell’inchiesta per delle condotte messe in
atto quando era Amministratore Unico dell’Atam, l’azienda di
trasporto pubblico del Comune
di Reggio Calabria.
Quel terreno, dove dovevano
sorgere alberi, in realtà, era divenuto venuto una discarica colma di rifiuti provenienti da demolizioni e cantieri edili, ma anche dall’Atam.
I legali di Arena, gli avvocati
Francesco Albanese e Aldo Labate, hanno rimarcato come Arena, da amministratore unico,
non poteva avere il totale polso
della situazione: storia diversa
rispetto a quanto poteva, invece,
il direttore generale dell'azienda, Vincenzo Filardo. Sulla sua
posizione, peraltro, il pm Ombra
ha chiesto la trasmissione degli
atti all’Ufficio di Procura, al fine
di valutare se esistano o meno
profili di responsabilità penale.
Per altri quindici imputati,
l’accusa ha chiesto il rinvio a
giudizio. Si tratta di Vittorio
Bruno Martino, Maurilia Colanino Ziino, Nicola Irto, Pasquale
Tripepi, Domenico Malavenda,
Giuseppe Schiavone, Francesca
Minniti, Giuseppe Laganà, Rosario De Vivo, Domenico Alampi, Giuseppe Nocera, Angelo Toscano, Demetrio Arcudi, Andrea Gattuso, nonché il boss Giovanni Ficara. Adesso toccherà
agli avvocati, tra gli altri Francesco Calabrese, Carlo Morace e
Giovanni De Stefano, tentare di
smontare l’impianto accusatorio ed evitare il giudizio.
L’incipit dell’indagine, avviata nel luglio 2009, è curioso: volendo approfondire gli affari
della Eko Mrf, gestita da Vittorio Bruno Martino, elemento
centrale dell’inchiesta, i Carabinieri, collegati a un normale sito
di mappe satellitari, hanno avuto modo di osservare che la foto
immortalava all’interno dall'area di proprietà della ditta un camion che scaricava materiale
edile su un costone della collina.
Da qui, poi l’avviamento vero e
proprio delle indagini, con servizi di osservazione per il controllo dei movimenti dei mezzi e
le conseguenti attività svolte sul
sito di stoccaggio, anche attraverso controlli aerei effettuati
dell’Elinucleo di Vibo Valentia,
che hanno documentato l’alterazione dell’assetto morfogeologico del territorio.
IL BLITZ
Il Noe partì dalle immagini del satellite
L’indagine mosse i primi passi grazie ai filmati del web
che immortalavano i camion che scaricavano i rifiuti
REGGIO CALABRIA - L’operazione “terrazzamento” scatto l’8 febbraio scorso,
quanto grazie ai satelliti fu possidile scoprire i camion che scaricavano i rifiuti in maniera illecita. L’inchiesta portò al sequestro
di tre società di smaltimento di rifiuti speciali e di 21 tra camion e ruspe, oltre che a
conti correnti e ad uno dei bar interni all’aeroporto dello Stretto. Un caso singolare. Ne-
gli atti che portarono all’iscrizione sul registro degli indagati di 22 persone - quasi tutti titolari di ditte che si occupano di edilizia ci sono infatti le immagini di “Bing Maps”,
un motore di ricerca che consente di visualizzare pezzi di territorio attraverso filmati
e fotografie. Frammenti provenienti dal satellite, che registrarono alcuni camion nel
momento esatto in cui stavano scaricando
rifiuti speciali in un vallone adiacente alla
fiumara di Bovetto, di Reggio Calabria.
Partì così l’indagine dei carabinieri de Comando provinciale e degli specialisti del
Noe, coordinata dal Pm Sara Ombra.
All’epoca fu spiegato che gli esperti del
Noe (Nucleo operativo ecologico), dopo aver
visto le immagini satellitari, si erano messi
a lavoro per svolgere gli ulteriori accertamenti del caso, scoprendo che alcune aziende, riconducibili all’imprenditore Bruno
Martino, scaricavano illegalmente rifiuti
speciali provenienti da lavorazioni edili, in
una piccola vallata. Un’operazione che pensava passasse inosservata. Martino infatti,
era proprietario del terreno ed aveva chiesto l’autorizzazione per realizzare dei terrazzamenti che, ufficialmente, dove servire
ad accogliere degli uliveti. In realtà usava il
territorio come discarica che andava coperta da uno strato di terriccio, sui andavano
piantumati gli alberi di ulivo. Tutto illegalmente secondo i carabinieri e la Procura della Repubblica.
Tant’è che durante alcuni controlli, si è
scoperto come in realtà le aziende di Martino portassero nel vallone materiali che normalmente andrebbero smaltiti n discarica.
Pezzi di pilastro, resti di demolizioni, di bitume stradale, legno, plastica e ferro, finiva
tutto assieme, finivano in un unico calderone che, secondo quanto appurato «aveva
iniziato a creare problemi anche sul fronte
idrogeologico».
Oltre alle tre società ed al bar interno
all’aeroporto (intestato ad una di esse) finirono sotto sequestro i mezzi di 16 ditte che
furono “pizzicate” a scaricare nel vallone,
con camion non autorizzati al trasporto di
rifiuti speciali. Le accuse contestate a vaio
titolo ai 22 indagati erano discarica abusiva
di rifiuti speciali non pericolosi.
g. bal.
Le immagini satellitari
Il gup Rodolfo Palermo accoglie la richiesta di giudizio del pm Antonio De Bernardo
“Locri unita” andrà a processo
I legali dei Cordì avevano chiesto l’abbreviato condizionato ad alcuni testimoni
E’ STATA scongiurata l’ipotesi
di scarcerazione per i tre imputati del procedimento “Locri è unita”. Ilario Aversa, Antonio Cordì
e Antonino Caroleo, ieri mattina, sono stati rinviati a giudizio
dal Gup di Reggio Calabria, Rodolfo Palermo.
Compariranno nel febbraio
2012 al cospetto del Tribunale
Penale di Locri per rispondere
dei reati formulati contro di loro
dalla Direzione distrettuale antimafia.
La decisione arriva alla fine di
un mese e mezzo di rinvii: l'’dienza preliminare, infatti, sarebbe
dovuta iniziare (e concludersi,
visto l’esiguo numero di imputati) il 29 settembre scorso. E tuttavia si sono registrati tuta una serie di problemi. In questo senso,
le astensioni e le ricusazioni di
tre giudici hanno, di fatto, paralizzato il processo fino a ieri,
quando, a una settimana dalla
scadenza dei termini di custodia
cautelare, il quarto Gup designato ha emesso il decreto che
dispone il giudizio.
E’ stato necessario, infatti, ricorrere a un giudice del Tribunale Civile, il dottor Palermo, per
districare una vicenda che, con il
passare delle settimane, si era
complicata.
Su richiesta dei legali dei tre
imputati, infatti, ben tre Gup
avevano dovuto “passare la mano”: Antonino Laganà, Daniela
Oliva e, da ultima, Silvana Grasso. Giudici che hanno dovuto rinunciare in quanto erano intervenuti in passato in decisioni
L’arresto di Antonio Cordì e un’immagine delle riprese della polizia durante l’indagine
che riguardavano i tre imputati
o procedimenti ad essi colegati.
E anche ieri, comunque,
l’udienza è filata tutt’altro che in
maniera liscia.
I legali, infatti, avevano avanzato una richiesta di rito abbreviato, condizionato dalla produzione di alcuni documenti e
dall’ascolto di una lunga serie di
testimoni, tra cui il celebre boss
di Siderno, Giuseppe Commisso,
detto il “mastro”. E se sulla documentazione il pm titolare del
procedimento, Antonio De Bernardo, non aveva formulato alcuna opposizione, si era fermamente schierato contro l’ascolto
dei testimoni: una circostanza
che andava a cozzare contro
l’economicità temporale del rito
abbreviato.
Argomentazioni, quelle del
pm De Bernardo, condivise dal
Gup Palermo che ha così rigettato le richieste di rito abbreviato
condizionato, inducendo le difese a optare per l'ordinario, dove,
eventualmente, potranno proporre di ascoltare i testimoni citati ieri.
Il procedimento, che adesso
passa a Locri, scaturisce da
un’operazione della Squadra
Mobile di Reggio Calabria del 16
novembre 2010. Un’indagine
dall'altissima valenza, perchè
sancirebbe la riappacificazione
tra le cosche Cordì e Cataldo, che
per oltre quarant’anni hanno
messo a ferro e fuoco Locri in
una sanguinosissima faida. Secondo le indagini e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di
giustizia, infatti, a causa della
guerra tra i Cordì e i Cataldo, il
locale di Locri, giudicato troppo
turbolento, sarebbe stato “messo
in sonno” per diverso tempo. La
riapertura del locale, infine,
avrebbe sancito la pace tra i due
schieramenti, in lotta dal lontano 1967, garantendo alle cosche
la possibilità di gestire in pace il
giro di denaro del comune della
Locride.
cla. cor.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Reggio 21
Mercoledì 9 novembre 2011
30
Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected]
Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected]
San Lucido Email [email protected]
Scalea Email [email protected]
Belvedere Email [email protected]
Acquappesa E-mail [email protected]
Scopelliti: «Abbiamo deciso di investire dieci milioni per la vostra città e per Cetraro»
«Vogliamo rilanciare la sanità»
Consiglio comunale d’eccezione a Paola col presidente della Regione
di FRANCESCO STORINO
PAOLA – Consiglio comunale d’eccezione alla presenza del presidente della
Regione, Giuseppe Scopelliti. Oggetto di discussione
l’Ospedale “San Francesco” oggi riunito in Spoke
con quello di Cetraro. Il governatore è accompagnato
da consiglieri (Chiappetta,
Serra, Perfetti, Orsomarso) e assessori regionali
(Mancini).
Troppo polemiche in
questi mesi per non intervenire di prima persona
cercando di mettere fine ad
inutili discussioni. Scopelliti parla a braccio dopo
aver ascoltato attentamente i consiglieri comunali,
gli esponenti del comitato,
il sindaco e illustra carte alla mano quello che stava
per fare Loiero.
Come da noi anticipato,
nell’ultimo piano si prevedeva la chiusura dell’Ospedale di Paola. «La verità - ha
evidenziato - non si può negare. Gli ospedali con meno di 120 posti letto al 12
febbraio 2010 dovevano
chiudere e Paola ne aveva
96».
A parte questa premessa
Scopelliti parla di sanità
territoriale e non solo, di
voglia di rilancio e della Calabria e di chi «ha deciso di
rimanere e pertanto deve
lottare per portarla avanti,
per vederla crescere, per
avere una regione migliore».
Su Paola: «quanto fatto
Un momento del consiglio comunale di ieri con Scopelliti e parte del pubblico presente
oggi è solo un punto di partenza. Abbiamo previsto 10
milioni di euro per la vostra
città e 10 per Cetraro. Saranno investiti in risorse
umane,
adeguamenti
strutturali e il 15% in nuove tecnologie. Non ci devo-
no essere divisioni. Perché
il nostro obiettivo ha un solo e grande interesse rilanciare la sanità».
Quindi rivolgendosi ai
cittadini di Cetraro presenti: «Il sindaco Aieta condivide la scelta che abbiamo
fatto. Cetraro avrà il punto
nascita per la chiusura della clinica Cascini. E non solo. Oggi è cambiato metodo. Non si può più pretendere di avere l’Ospedale
sotto casa. La sanità deve
essere di qualità e dare ga-
ranzie».
L’assemblea che si è aperta con l’intervento del presidente del consiglio comunale, Ferruccio Fedele, ha
visto la presenza di una delegazione di Lpu che attendono la stabilizzazione e di
un gruppo di ex precari
stabilizzati presso gli ospedali del territorio.
Fedele dopo aver condannato le diatribe di questi
mesi, rivolgendosi a Scopelliti ha rimarcato: «Ha
valutato saggiamente ed
avvedutamente la rete
ospedaliera di questa area e
il corretto rapporto posti
letto/abitanti, le condizioni
di viabilità e di trasporto ed
ha anche rispettato il tasso
di utilizzo dei posti letto in
rapporto
alla
qualità/quantità delle prestazioni ospedaliere erogate».
Il sindaco dopo aver
espresso la sua soddisfazione per la presenza del
governatore ha difeso
l’operato dell’amministrazione: «abbiamo sempre affrontato la questione senza
partigianeria senza spirito
di parte. Abbiamo sempre
difeso gli ospedali riuniti
senza indugi».
Interventi critici sono
stati invece quelli dell’assessore alla sanità Franco
Perrotta e del consigliere
comunale Tonino Longo.
Perrotta ha attaccato il Pdl
locale e ha parlato di campagna propagandistica e
ha esortato a compiere scelte coraggiose.
Longo invece si è soffermato tra l’altro sulla problematica delle stabilizzazioni.
Quindi hanno preso la
parola Lucio Cortese e
Franco Cortese rispettivamente di Prc e Comitato Bonavita. E infine i consiglieri comunali Arlia, Di Natale, Ferrari e Serranò.
VERSO LE AMMINISTRATIVE
Paola, il Psdi lavora per larghe convergenze
PAOLA - Convergenze verso il Psdi.
In punta dei piedi il partito di Lamberti lavora. E in gran segreto, ma
non troppo, tesse la tela. Dopo aver
confermato di voler candidare a sindaco l'esponente socialdemocratico,
l'attuale assessore Giovanni Abruzzo, il Psdi si è incontrato nei giorni
scorsi con la correntedel Pd guidata
da Graziano Di Natale. Il leader dei
Democratici per Paola e capogruppo
al consiglio comunale di S&D se con
la maggioranza non si aggiusteranno le cose potrebbe dare appoggio
proprio al partito dell'ex vicesindaco. Dopo le voci filtrate di una presunta indisponibilità di Graziano Di
Natale a candidarsi, che comunque
ha affermato di rimettersi alle decisioni che scaturir anno dal partito,
potrebbe essere questa una convergenza importante. Senza dimenticare che non molto tempo fa anche il
Pri di Sergio Stancato ha avuto un
incontro con il gruppo di Piero Lamberti. Manovre di avvicinamento e
contatti che porterebbero gli “scontenti” e gli avversari di Roberto Perrotta verso alleanze che se confermate creerebbe non pochi grattaca-
pi all'attuale coalizione di maggioranza che sembra avere sposato la
candidatura di Carlo Gravina, ex segretario di Forza Italia e consigliere
comunale dimissionario dal Pdl.
Il Prise da unlato appenaun mese
fa ha assicurato fedeltà al Pdl dall'altro sta anche sondando il terreno in
altre direzioni e nel farlo potrebbe
mettere sul piatto anche un suo nominativo. Tutto è comunque da verificare. Nelle prossime ore potrebbero emergere importanti novità.
f. s.
Nepetia. Il teste: «Aveva una versione diversa sulla gestione dell’Appenino» Ne ha parlato in aula il pentito Ulisse Serpa
L’incontro a Oristano
con Mario Serpa
In aula la testimonianza dell’amministratore Alberto Cioli per la riappacificazione
«Ero in conflitto con La Rupa»
di PAOLO VILARDI
AMANTEA – Il processo Nepetia è entrato nel clou. Nel
corso dell’udienza celebrata
ieri mattina nell’aula collegiale del Tribunale di Paola
sono emersi particolari importanti sulla gestione
dell’Appennino paolano, la
Spa addetta alla raccolta dei
rifiuti, poi sciolta, al centro
del vortice giudiziario. Dinanzi al presidente Paola Del
Giudice e ai giudici a latere
Nicoletta Campanaro e Anna
Maria Buffardo ha reso significative testimonianze
Alberto Cioli, l’ex amministratore delegato della società per azioni che venne sfiduciato dai comuni, al quale
successe Samà. Cioli ha riferito sui suoi rapporti “conflittuali” con l’allora sindaco
Franco La Rupa, presidente
della società medesima, nonché sulle presunte ingerenze
di personale dipendente e un
“rapporto preferenziale”della Spa con Amantea. Una serie di argomentazioni agli atti d’indaginedi questoprocedimento penale a carico di 24
persone, imputate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, di
droga e singoli reati contro il
patrimonio, che operavano
nel comprensorio del basso
Tirreno cosentino.
Alberto Cioli, primo teste
sentito, sollecitato dalle domande del Pm della Dda
Gianpaolo Boninsegna ha
esordito con le incomprensioni che caratterizzavano il
suo rapporto con La Rupa:
“Aveva una visione nettamente diversa dalla mia sulla
gestione della società. Il conflitto nasceva in quanto lui
era sindaco e presidente
dell’Appennino. Pertanto –
ha proseguito il teste –voleva
un rapporto “preferenziale”
con Amantea, dando ordini
non sempre nelle competenze della società”.
L’ex amministratore delegato è così entrato nei particolari: “La Rupa cercava di
imporsi su di me nei consigli
di amministrazione, forse
perché ero l’unico non calabrese, fino a quando burrascosamente non si chiuse
l’avventura. Venni difatti sfiduciato dai comuni”.
Sempre Cioli ha altresì raccontato sulla necessità al
tempo per la Spa di reperire
altri mezzi di lavoro, soprattutto nel periodo estivo: “Ho
sempre cercato di noleggiarli al di fuori di questa zona,
anche aduna societàdi Scandicci, in Toscana, per non richiederle a Marchese e Samà,
onde evitare incompatibilità”. L’allora amministratore
non sarebbe però riuscito
nell’intento, in quanto la Spa
alla fine noleggiò i mezzi di
Samà.
In chiusura dell’esame
Cioli ha spaziato sugli attentati perpetrati alla Spa:
Franco La Rupa
“L’Appennino paolano ricevette molti danneggiamenti,
ma mai intimidazioni nei
miei confronti, che denunciai puntualmente, anche in
prefettura, ma a cui non davo
molta importanza. Ero consapevole che si poteva trattare delle conseguenze di aver
cercato di togliere il lavoro a
persone”.
Il teste è stato poi sottoposto al controesame da parte
della difesa di La Rupa, che
ha cercato di farlo convenire
sul fatto che il suo assistito,
ben a conoscenza del territorio, voleva far prevalere
esclusivamente una linea di
gestione, che non varcava i
confini della legalità. Ha altresì rilevato che la sfiducia
non gli giunse solo daAmantea, ma
da parte di tutti i
comuni, sembrerebbe all’infuori di
uno, che facevano
parte della società”.
A seguire è stato
sentito Roberto Filippo, consigliere
comunale di San
Lucido dal 1987,
tranne una piccola parentesi, e assessore comunale
dal 1997 al 1998.
Anch’egli entrò in
contrasto con la
Spa: “A mio avviso
non venne rispettato il capitolato
d’appalto. Da qui le divergenze”. Filippo ha infine raccontato che una mattina trovò le
gomme squarciate della sua
auto, senza azzardare riferimenti sul movente.
L’ultimo intervento è stato
di Antonino De Fazio, allora
coordinatore dei servizi
dell’Appennino paolano, che
denunciò due attentati col
fuoco a mezzi della società,
nonché una bottiglia di benzina fatta ritrovare a Cetraro, a bordo di un mezzo.
Infine due carabinieri operanti hanno riferito sull’attività che aveva sventato il
traffico di stupefacenti, che
verrà approfondita nella
prossima udienza, fissata
per il 22 novembre.
PAOLA – Un incontro ad
Oristano, in Sardegna, con
l’ex boss Mario Serpa, per
riappacificare i rapporti
nella famiglia, quindi prevenire una guerra intestina.
E’ quanto ha riferito ieri
mattina, davanti al collegio del Tribunale di Paola,
il collaboratore di giustizia
Ulisse Serpa, sottoposto ad
interrogatorio dal pm della
Dda Giampaolo Boninsegna, nel corso del processo
a carico di Salvatore Serpa
e Giuseppe Sirufo, 24 e 28
anni.
I due imputati sono accusati di tentata estorsione ai
danni di due ristoratori del
posto, aggravata dal metodo mafioso.
Ulisse Serpa si era recato
insieme ad alcuni parenti
ad Oristano, in tempi non
sospetti, dove riceveva l’invito da Mario Serpa, detenuto in regime di semilibertà, a superare recenti
incomprensioni nella famiglia Serpa, di cui in
udienza lo stesso collaboratore ha riferito nei particolari. Quindi al fine di evitare spaccature nel presunto
clan. Una situazione di contrasto che ad ogni modo si
attenuò col tempo, con l’arresto di Ulisse e Giuliano
Serpa, oggi collaboratori
di giustizia, nonché di
Giancarlo Gravina, tutti
dello stesso gruppo.
Secondo l’accusa, tornando all’udienza di ieri
del processo, i due imputati
tentarono di perpetrare
l’estorsione vantando appunto la parentela col boss
Mario Serpa, un atteggiamento negato dai due giovani, ma che suscitò la reazione dei parenti che redarguirono i ragazzi invitandoli ad atteggiamenti prudenti, non tirando in ballo i
familiari che sarebbero stati all’oscuro di tutto.
In particolare, come si
evince dal capo d’imputazione, Serpa e Sirufo
all’epoca dei fatti, tra il
2009 e il 2010, chiesero al
titolare di un esercizio
commerciale la somma di
500 euro, promettendo
“protezione”. Il commerciante si rifiutò però di pagare e sporse denuncia ai
carabinieri. Partì quindi
l’attività investigativa da
cui scaturì l’emissione di
un’ordinanza cautelare in
carcere che raggiunse entrambi gli imputati, eseguita dai carabinieri di
Paola.
Nella penultima udienza
era stato ascoltato anche
Giuliano Serpa, altro collaboratore di giustizia, che
aveva riferito sugli equilibri dei clan dopo i primi anni Ottanta. Il processo è stato rinviato al prossimo 13
dicembre.
p. v.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Tirreno
Mercoledì 9 novembre 2011
Mercoledì 9 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
8
Calabria
.
OPERAZIONE SISTEMA Arrestati dai carabinieri otto presunti componenti della cosca Crucitti dominante nel quartiere Condera-Pietrastorta
Reggio, un altro colpo alla ’ndrangheta Spa
Credito, intermediazioni e grande distribuzione. La voglia di infiltrarsi nella pubblica amministrazione
Paolo Toscano
REGGIO CALABRIA
In riva allo Stretto la ’ndrangheta si era infiltrata nei settori della grande distribuzione alimentare, dell’edilizia e dell’intermediazione del credito. Emerge
uno
spaccato
inquietante
dall’inchiesta condotta dai carabinieri del comando provinciale, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia reggina, sulle attività dei
presunti appartenenti alla cosca Crucitti, attiva nel quartiere
Condera-Pietrastorta. L’inchiesta è sfociata ieri nell’operazione “Sistema”, con l’arresto di otto persone.
La presenza della cosca Crucitti era già stata certificata da
un’altra inchiesta sfociata
nell’aprile scorso nell’operazione “Piertastorta”, con l’arresto
di Santo Crucitti, presunto boss
di Pietrastorta, e del suo braccio
destro Mario Chilà. Oggi come
allora, facendo leva sulla complicità di imprenditori ben inseriti nel contesto socio economico della città e pronti a fare da
prestanome, secondo quanto
emerso dalle indagini, l’organizzazione criminale aveva allungato i tentacoli in ambiti
produttivi dove sono in ballo interessi enormi. L’indagine ha
fatto luce su un sistema di fallimenti e conseguente acquisizione di punti vendita alimentari
da parte degli stessi soggetti che
avrebbero sempre privilegiato,
durante le procedure concorsuali, i fornitori legati alla
’ndrangheta. Emblematico il caso della catena di supermercati
“Planet food” i cui titolari, secondo gli inquirenti, avrebbero
ripetutamente ricevuto da elementi di una potente organizzazione di ’ndrangheta reggina
come il clan Tegano sostanziose
somme senza avere alcun titolo.
E che ci fosse qualcosa che non
quadrava nei movimenti di
quelle somme, come accertato
dalle indagini, è venuto fuori
quando la “Planet” è crollata
sotto un passivo enorme e nessuno ha avviato procedure per
recuperare i soldi elargiti dino
al giorno precedente.
La cosca, inoltre, forte di uno
smisurato potere economico
avrebbe anche tentato di condizionare l’attività politica citta-
dina, riferita alla competizione
elettorale del 2007, mediante
candidati di riferimento a cui
assicurare sostegno elettorale.
Riferimento del clan, secondo
quanto si rileva dall’ordinanza
del gip Domenico Santoro, in
occasione alle elezioni amministrative di quattro anni fa, sarebbe stato il consigliere comunale Pasquale Morisani, attuale
assessore ai Lavori pubblici del
Comune di Reggio Calabria.
Morisani, tuttavia, non è indagato in quanto, scrive il gip
nell’ordinanza, «non sono
emersi, come correttamente segnala il pm, elementi penalmente rilevanti» nei suoi riguardi. Per il gip, l’attività tecnica
espletata nel corso dell’attività
investigativa «ha rivelato anche
il tentativo di condizionamento
politico perpetrato dall’organizzazione criminale attenzionata, concretizzatosi nel supporto garantito da Santo Crucitti e dai suoi accoliti a beneficio
di Pasquale Morisani, candidato nelle consultazioni comunali
del 2007 in una lista civica a sostegno dell’elezione del sindaco
Giuseppe Scopelliti. Il rapporto
di conoscenza tra Morisani e i
componenti della consorteria
criminale – si fa rilevare – era
emerso già dal contenuto della
misura cautelare emessa nei
confronti degli esponenti della
cosca Crucitti nell’ambito del
procedimento
denominato
“Pietrastorta”. In particolare, –
scrive ancora il magistrato – era
risultato il legame del consigliere Pasquale Morisani con Giuseppe Romeo, condannato in
primo grado per associazione
mafiosa nel richiamato procedimento “Pietrastorta”, unitamente a Santo Crucitti e Mario
Chilà, poi nuovamente sottoposti a custodia cautelare in carcere per il medesimo reato». La risposta delle istituzioni all'ennesima offensiva della ’ndrangheta è giunta all’alba di ieri con
l’operazione “Sistema”. In esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere,
emessa dal gip Domenico Santoro su richiesta del sostituto
procuratore della Dda Marco
Colamonici, i carabinieri hanno
arrestato 8 persone accusate di
essere appartenenti o contigue
alla 'ndrangheta nella sua articolazione territoriale denomi-
IN SINTESI
L’OPERAZIONE. A conclusione dell’inchiesta denominata “Sistema” i carabinieri
del comando provinciale
hanno dato esecuzione a
un’ordinanza di custodia
cautelare a carico di 8 persone (quattro già detenute).
LA COSCA. Colpita l’organizzazione criminale facente capo alla famiglia Crucitti, considerata dominante
nel quartiere Condera-Pietrastorta.
GLI INTERESSI. La cosca
aveva i suoi principali interessi nei settori dell’intermediazione del credito,
dell’edilizia e della grande
distribuzione alimentare.
Puntava, inoltre, a infiltrarsi nella pubblica amministrazione.
IL PRECEDENTE. Nell’aprile
scorso, con l’operazione
“Pietrastorta”, la cosca era
stata già colpita. Erano stati
arrestati l’imprenditore
Santo Crucitti, ritenuto il
capo dell’organizzazione, e
il presunto braccio destro,
Mario Chilà.
Antonino Gennaro Crucitti, nipote del presunto boss Santo Crucitti, lascia la caserma e viene accompagnato al carcere di via San Pietro
nata “cosca Crucitti”.
Il provvedimento restrittivo è
stato notificato in carcere all'imprenditore Santo Crucitti,
48 anni, a Michele Crudo e Carmine Polimeni, 34 e 31 anni, entrambi generi del boss Giovanni
Tegano, e a Domenico Polimeni, 35 anni; sono stati arrestati
anche Sandrino Amedeo Aurora, 41 anni, Antonino Gennaro
Crucitti, 31 anni, Antonino
Minniti, 34 anni, Domenico Suraci, 38 anni. L'operazione ha
registrato, inoltre, il sequestro
di beni intestati ad Antonio
Gennaro Crucitti ma, secondo
gli inquirenti, nella disponibilità dello zio, Santo Crucitti. Si
tratta di una quota della società
Epi srl con sede legale a Reggio
Calabria, di una quota della “Fitland società sportiva dilettantistica”, l’impresa individuale Costruzioni edili e locazione dei
relativi immobili con sede nella
città dello Stretto. Tra i beni se-
questrati immobili siti a Reggio
Calabria ed in particolare un
fabbricato e locale per esercizi
sportivi con fini di lucro, un magazzino ed un’autorimessa.
Gli arrestati sono accusati a
vario titolo in concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, bancarotta fraudolenta, tutti reati aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso.
I risultati dell’inchiesta “Sistema” vanno a integrare quanto emerso da precedenti indagini. È il caso di ricordare che i primi a parlare dell’esistenza della
cosca Crucitti a Condera-Pietrastorta erano stati numerosi pentiti storici della ’ndrangheta. A
cominciare da Antonio Gullì e
Antonio Rodà, passando per
Giacomo Ubaldo Lauro, Umberto Munaò e Giovan Battista Fracapane. In tempi recenti anche
Roberto Moio e Nino Lo Giudice.
L’invito della parlamentare di Fli
Napoli: la politica rinunci
ai voti delle “famiglie”
REGGIO CALABRIA . «L’operazione “Sistema”, condotta dal
comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria
con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, che ha portato all’arresto
di otto soggetti ritenuti legati
alla cosca Crucitti della
’ndrangheta reggina, consolida quanto ormai emerge da
più inchieste avviate sul territorio nazionale. Gli uomini
della ’ndrangheta votano e
fanno votare e hanno la capacità di far eleggere i loro rappresentanti politici in seno ai
vari organismi elettivi».
Parole dure quelle usate da
Angela Napoli, deputato del
Fli, nel commentare le notizie
relative all’impegno elettorale
della cosca Crucitti a Reggio,
in occasione delle Comunali
del 2007, con il sostegno di un
candidato del centrodestra.
La parlamentare aggiunge:
«Credo sia giunto il momento
di comprendere che non servono più fiumi di parole antimafia, proprio nel mentre una
parte della politica, sicuramente quella malata, continua a destreggiarsi solo con la
“conta” dei risultati elettorali».
L’esponente di Futuro e Libertà continua: «Penso, invece, sia giunto il momento di
fare un bagno con i sali
dell’umiltà e della responsabilità, verificando la qualità dei
consensi ottenuti. Contemporaneamente il mondo della
politica dovrebbe trovare il
coraggio di “cacciare dagli Enti elettivi, a tutti i livelli, coloro che si sono avvalsi dei consensi elettorali mafiosi».
L’on. Napoli sostiene che
sia giunto il momento di attuare un’inversione di rotta
dalla portata storia: «Basta –
afferma ancora – con le “targhe”, utili solo a vestire di
“verginità” alcune Istituzioni.
La politica ha il dovere di allontanare i “ladri della legalità”, rei di usurpare quella liceità necessaria ad assicurare
la giustizia sociale ai cittadini
onesti».(r.rc)
PALMI Sopralluogo sull’autostrada del ministro Matteoli accompagnato dal presidente dell’Anas Ciucci e dal governatore Giuseppe Scopelliti
Sa-Rc, lavori a ritmo serrato ma resta un “buco” di 58 km
Ivan Pugliese
PALMI
In bilico come sul filo di un rasoio,
alle prese con l’equilibrio precario
dei difficili incastri per mantenere
una maggioranza di Governo che
sia tale almeno numericamente,
al Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Altero Matteoli, deve
esserne sembrata poca roba destreggiarsi tra viadotti in costruzioni e gli eterni cantieri dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria.
L’occasione è stata la visita effettuata nella mattinata di ieri assieme al numero uno dell’Anas, Pietro Ciucci. Al sopralluogo ha preso
parte anche il Governatore della
Calabria Giuseppe Scopelliti. La
cospicua carovana composta da
un autobus, diverse auto blu e
Forze dell’Ordine ha effettuato il
tragitto che da Villa San Giovanni
conduce sino allo svincolo di
Sant’Elia. In particolare il ministro
ha percorso i tratti di autostrada,
non ancora aperti al pubblico, ma
che rappresentano il nuovo percorso stradale della A3. Le promesse che erano già state fatte
nelle visite precedenti da Matteoli
e ribadite più volte pubblicamente da Ciucci in diverse occasioni,
sono confermate, nessun rinvio
insomma: «Dei 440 km di cui si
compone la Salerno – Reggio Calabria – ha sottolineato il Ministro
– circa 240 sono già aperti. Entro
la prossima estate saranno percorribili altri 35 km. Ciò vuol dire
che per la metà del prossimo anno
potremmo contare su 275 km di
strada, questo è un bel risultato».
La visita del Ministro e dell’Ad
di Anas si è concentrata su alcune
importanti opere del tratto percorso: il viadotto Favazzina
(campata centrale da oltre 200
metri, due laterali da 110 e altezza di oltre 100 metri); il viadotto
Sfalassà (con più grande luce tra
i viadotti mai realizzati in Europa) e, dove poi si è svolto l’incontro con la stampa, la galleria Barritteri (lunga circa 2,5 chilometri). «Bisogna tenere conto – ha
proseguito Matteoli – quando si
analizzano i lavori, che siamo di
fronte ad un’opera complessa,
fatta di grandi gallerie e continui
viadotti». Matteoli conferma
quindi la data di consegna con
una piccola postilla: «Entro dicembre del 2013 i lavori saranno
ultimati, l’unico dubbio riguarda
58 km di tragitto per i quali, a
causa della mancanza di fondi o
della progettazione, non possiamo fare previsioni su quando e
come saranno completati».
Proteste degli utenti per le
lunghe code, attentati ai cantieri, infiltrazioni mafiose rilevate
dalla Dda di Reggio Calabria,
l’installazione dei tutor e/o dei
pedaggi, ma i lavori, spediti o
meno proseguono. «Spetta al
Governo – ha esordito Ciucci – la
decisione finale sui tutor e sui pedaggi. Io penso che inserire il pagamento del pedaggio sia giusto
quando gli introiti sono poi utili a
poter offrire opere e servizi al territorio». Ciucci non è sembrato
interessato ad approfondire il discorso relativo alle possibili infiltrazioni evidenziando come la
questione «non interessa Anas».
La Sa-Rc è suddivisa nel suo complesso in 62 interventi ripartiti in
12 macrolotti e 50 lotti, nei quali
sono inclusi altri 7 svincoli ini-
Il ministro Altero Matteoli e il presidente dell’Anas Pietro Ciucci sui cantieri della Salerno-Reggio Calabria
zialmente non previsti dal piano
di adeguamento del percorso.
Oltre ai 240 km ultimati, in corso
di lavori sono altri 120, mentre
25 sono in appalto, in totale
3385 km che fanno circa l’87%
del totale del percorso. Chiosa
sullo stato dei lavori da parte del
Governatore Scopelliti, che ha
già avanzato più volte personali
osservazioni sulla questione:
«Abbiamo constatato che con
l’approvazione della legge obiettivo c’è stata una accelerazione
sui lavori. Da quello che abbiamo
avuto modo di vedere in questi
tratti si lavora anche nei weekend. Il sogno è di vederla realizzata nel più breve tempo possibile. Stiamo parlando di un’arteria
di vitale collegamento per i calabresi. Le parole del Ministro ci inducono a ben sperare per il completamento dei lavori che dovrebbe avvenire entro la fine del
2013. Per quanto concerne la
questione tutor ribadisco che va
discussa con il Prefetto mentre
per i pedaggi se ne dovrebbe parlare quando i lavori saranno oramai completati».
30
Mercoledì 9 Novembre 2011 Gazzetta del Sud
31
Gazzetta del Sud Mercoledì 9 Novembre 2011
Cronaca di Reggio
Cronaca di Reggio
.
.
OPERAZIONE SISTEMA Sotto la lente le comunali del 2007
NEL MIRINO LA GRANDE DISTRIBUZIONE
L’ombra
del clan Crucitti
su Palazzo
San Giorgio
Il gip Santoro: «Fugato ogni dubbio sul sostegno
elettorale fornito a Pasquale Morisani»
Piero Gaeta
Già la prima indagine della Dda
sulla cosca Crucitti – l’ordinanza dell’operazione “Pietrastorta” fu eseguita lo scorso 13 aprile – aveva gettato un’ombra di
sospetto sui rapporti tra l’allora
consigliere comunale Pasquale
Morisani (oggi assessore ai Lacvori pubblici) e i presunti appartenenti alla cosca egemone nella periferia collinare della città.
Sospetti che, pur non essendo
Morisani indagato («non sono
emerse su di lui fattispecie penalmente rilevanti», annota il
gip Domenico Santoro), sono
stati rilanciati delle indagini
dell’operazione “Sistema” che
hanno svelato anche il tentativo
di condizionamento politico
perpetrato dall’organizzazione
criminale, concretizzatosi – secondo i Carabinieri e i magistrati della Procura antimafia – nel
supporto garantito da Santo
Crucitti e dai suoi accoliti a beneficio di Pasquale Morisani,
candidato nelle consultazioni
comunali del 2007 in una lista
civica a sostegno del sindaco
Giuseppe Scopelliti.
Nell’operazione “Pietrastorta” era risultato il legame di Pasquale Morisani con Giuseppe
Romeo, condannato in primo
grado per associazione mafiosa,
unitamente a Santo Crucitti e
Mario Chilà, poi nuovamente
sottoposti a custodia cautelare
in carcere per il medesimo reato.
Nel corso di un colloquio intercettato tra il Romeo e il Morisani quest’ultimo partecipava
attivamente alla conversazione,
in cui veniva commentato il modo di operare, in seno alla cosca,
di Santo Crucitti, esternando
critiche e considerazioni, condividendo le riflessioni dell’affiliato Romeo sul momento difficile allora attraversato da Santo
Crucitti, sia per ragioni personali dovute alla separazione
dalla moglie, sia per la morte di
“Mario”, che s’identifica in Mario Salvatore Audino, deceduto
il 19.12.2003 in un agguato mafioso, ritenuto capo dell’omoni-
ma cosca operante a San Giovannello e personaggio molto
vicino a Santo Crucitti, come riportato nella richiamata sentenza “Pieterastorta” .
Le difficoltà del Crucitti inducevano il Romeo a riferire al
Morisani la grande debolezza
dello stesso: «(…)…ora è debolissimo, io lo sto lasciando in pace, non gli sto dicendo niente, gli
ho detto Santo tu … non ti sto dicendo niente … me la vedo io politica … tu fottitene …(inc.)…
ma sai con Alberto… va bene fottitene (…)».
D’altra parte, quale fosse l’effettivo interesse del Morisani
nel corso della conversazione
intercettata emergeva chiaramente nel momento in cui i due
interlocutori facevano chiaro ri-
L’imbarazzo
Forte imbarazzo ieri, a Palazzo San Giorgio, non appena si è diffusa la notizia
dell’inchiesta che ha sfiorato, ancora una volta, Pasquale Morisani. Nel 2007
eletto consigliere comunale e oggi nominato assessore ai Lavori pubblici, secondo le indagini della
Procura antimafia, l’avvocato Morisani avrebbe goduto dell’appoggio elettorale fornito dalla cosca
Crucitti. E questa notizia
ha creato nuove fibrillazioni in un’Amministrazione comunale già provata
da mille problemi di natura finanziaria. E adesso
Morisani cosa farà? In
quest’indagine l’assessore
non è stato nemmeno indagato, tuttavia emerge
uno spaccato poco edificante che può generare
anche qualche retropensiero che Morisani potrebbe scacciare facendo un
passo indietro. Molto cauto il sindaco Arena che si è
riservato un paio di giorni
prima di assumere qualsiasi decisione.
ferimento alla spartizione
dell’elettorato del rione Condera, accostando al sostegno elettorale che Santo Crucitti avrebbe dovuto fornire al Morisani
l’individuazione del bacino
elettorale degli altri esponenti
politici.
Tuttavia, nonostante le difficoltà che in quel momento attraversava il capo cosca Santo
Crucitti, era Romeo a garantire
al Morisani il sostegno politico
del gruppo d’appartenenza:
«(…) …dobbiamo andare avanti noi Pasquale (…)». Quindi replicando al Morisani che chiedeva: «(…) Ma con Santo hai
parlato, hai chiarito … (inc.) …
vi siete chiariti? (…)», il Romeo
asseriva: «(…) Ma lui aveva problemi (…)Si, si, lui dice si, si, ma
Pasquale è scassato lui poveretto,
lo sai com’è in questo periodo,
una..una…un coso è, con Santo
non ho problemi e poi…(…)».
«Evidenziati negli atti del
processo “Pietrastorta” gli elementi attestanti il legame tra il
Morisani, Santo Crucitti e altri
soggetti a quest’ultimo legati –
scrive il gip Santoro –, importanti conferme sono emerse nel
corso delle indagini del presente procedimento, ove viene fugato ogni dubbio in ordine al sostegno elettorale fornito dalla
consorteria a favore del candidato Pasquale Morisani nelle
consultazioni amministrative
del 2007. Inequivocabili in tal
senso sono le discussioni avvenute all’interno dell’ufficio in
uso a Santo Crucitti a ridosso
delle predette consultazioni,
laddove emergeva l’impegno di
quest’ultimo nel dirottare le
preferenze elettorali di soggetti
a lui vicini – quali, tra gli altri,
Sergio Quattrone, Francesco
Scaramozzino e Massimo Silva
– a favore del succitato consigliere».
Estremamente significative
erano le riflessioni del Morisani
che rappresentava il clima delle
consultazioni che si sarebbero
svolte da lì a poco come: «Una
convergenza di interessi da parte di diverse cosche. Ci si farà
più nemici che amici».
Sandrino Amedeo Aurora scortato da due Carabinieri prima di essere trasferito in carcere
Così funzionava il collaudato sistema
della spartizione dei ricchi affari
Domenico Malara
Altro dato emerso nel corso delle
indagini, è quello per cui il sistema della spartizione tra gruppi
criminali del settore economico
della grande distribuzione, mediante la suddivisione delle forniture tra ditte appartenenti o riconducibili ad ambiti diversi, se
da un lato permea il sistema
dall’altro, considerato la personalità e la caratura dei vari protagonisti, non manca di provocare alcune fibrillazioni che tuttavia non alterano il meccanismo nel suo complesso, né mutano la rilevanza dei comportamenti tenuti dai vari protagonisti della vicenda.
Le indagini, infatti, hanno
permesso di rivelare come Pasquale Utano e gli altri fornitori
legati alla famiglia De Stefano-Tegano abbiano costituito
per i gestori delle società impegnate nel settore della grande
distribuzione e monitorate
nell’ambito della presente indagine, un costante punto di riferimento per la soluzione di qualsivoglia problematica legata ai
rapporti con altri personaggi orbitanti nel contesto criminale
reggino. Ciò è testimoniato proprio da quanto accade in relazio-
Gli otto arrestati
Santo Crucitti
Antonino Gennaro Crucitti
Antonino Minniti
Domenico Suraci
Sandrino Amedeo Aurora
Carmine Polimeni
I voti nel rione di Condera? Erano roba loro...
blicità e poi viene e ci rompe le
palle per le provinciali, che facciamo noi? Tu sei…(inc.)… Pasquale, quegli altri lo hanno il
pane, chi è Assessore, che è
qua… chi è là… se… se lo ritagliano il posto… (…)».
Nel passaggio appena riportato, Romeo faceva riferimento agli elettori originari di Africo e residenti numerosi a Condera che il medesimo riteneva
spartire il loro voto tra Totò
Caridi da una parte e Alberto
dall’altra.
Tra gli “africoti” veniva fatto specifico riferimento a Mimmo Logiudice, pacificamente
ne alla vicenda della Planet Food
Srl, allorquando Domenico Suraci li indicava immediatamente
come soggetti cui chiedere sostegno («poi ti metti con l’Arcoti») nel momento in cui i rapporti
con uno dei fornitori “privilegiati”, Natale Iannì, precipitavano.
La problematica si manifestava per la prima volta nel corso di
una conversazione ambientale
registrata a bordo della vettura
di Domenico Suraci. Le minacce
registrate danno conferma circa
lo spessore criminale di Iannì, il
quale, rivolgendosi a Suraci, gli
diceva: «(…)non te lo dico più io
Domenico (…)no mi interessa a
me (…)li risolvo io, perché sono
cose nostre, se volete li risolviamo,
se non li risolviamo non fa niente
(…)non prendermi per il culo,
perché a me (incomprensibile)
perché tu pensi che prendi (incomprensibile), con me (incomprensibile) tu fai come la (incomprensibile), non fate questo discorso, volete saltare... compare
(…)a me mi hai detto guarda:
prima ci vediamo dopo Natale, di
dopo Natale ci vediamo giorno
due, poi giorno due ci vediamo
giorno sette, hai capito (…)noi
giorno sette dobbiamo definire
quello che è (incomprensibile)
giorno sette ci dobbiamo sedere
(incomprensibile), per vedere come me li devi dare, perché (incomprensibile) non mi stanno bene
(incomprensibile), uno ha problemi, arrivi tu e mi dici ti devi
prendere questi perché ho questi,
che vuole dire? (…)».
Importante frontiera degli investimenti
criminali
della
’ndrangheta, come confermato
anche dai recenti sviluppi giudiziari, è sicuramente l’esercizio
abusivo del credito che spesso si
tramuta nell’ancor più grave delitto di usura, praticato da esponenti, o comunque da personaggi contigui, all’anzidetta organizzazione criminale. Attività
che consente di reinvestire capitali dalla provenienza illecita in
una ulteriore e redditizia attività
criminale, riuscendo a conseguire illeciti profitti da illeciti capitali.
Con riferimento a quanto rilevato nel corso dell’attività investigativa, la ’ndrangheta oltre a
monopolizzare le forniture e a
controllare, con il tramite di propri referenti, le società che gestiscono diverse unità di distribuzione alimentare in questa provincia, interviene in detto settore anche esercitando attività
creditizia a favore delle società
già controllate e come rilevato
spesso destinate al fallimento.
Crediti ovviamente “privilegiati” che comunque l’organizzazione è sicura di recuperare anche quando tali società vengono
dichiarate fallite, al contrario di
quanto avviene per gli altri creditori che sottostanno a ben altre difficoltà nel recupero di
quanto dovuto.
Circostanza, questa, riscontrata nella vicenda riguardante
il fallimento della Planet Food
Srl giacché, allorquando il Tribunale di Reggio effettuava la
dichiarazione di fallimento, sullo stato passivo della società la
somma ancora da saldare ai creditori ammonta a 714.673,13
euro e tra questi, ovviamente,
non vi era nessuno dei creditori
“privilegiati” cui si farà riferimento nel prosieguo del presente capitolo.
L’utilizzo di canali per l’accesso al credito di natura illecita è
un altro degli aspetti che caratterizza la gestione della Planet
Food Srl. Dalle indagini, infatti,
si rileva che alcuni fornitori ritenuti organici alla cosca De Stefano-Tegano, diventano importanti punti di riferimento per il
reperimento del credito da parte
dei soggetti posti al controllo
della società.
Michele Crudo
Tanti “pentiti” indicano Santo Crucitti come il boss di Pietrastorta
In una intercettazione Romeo e Morisani parlano di come venivano spartite le preferenze elettorali
In un’intercettazione con l’avvocato Pasquale Morisani,
Giuseppe Romeo riferiva:
«(…) …guarda i cosi... come si
chiamano… gli africoti votano
a Totò…(…) la parte di Mimmo Logiudice vota a… Alberto,
a Condera ci sono quelli là Ferrante, Marcianò che votano a
lui, non glieli sposti i voti!
(…)».
Proseguendo Romeo aggiunge: «(…)…perché una volta…se Totò Caridi sale… non
hanno motivo di farci la guerra
a noi, perché se la fanno per loro stessi Pasquale, però se viene…(inc.)… a fare questa pub-
(FOTO ATTILIO MORABITO)
identificabile in Domenico Logiudice, figlio di Fortunato e
fratello maggiore di Antonio
coniugato con Giovanna Maviglia, per l’appunto, originaria
di Africo.
Al fine di evidenziare la personalità dei personaggi a cui
fanno riferimento i due interIl gip Domenico
Santoro ha
accolto le
richieste
formulate dai
magistrati della
Procura antimafia
Domenico Suraci lascia il comando dei Carabinieri
locutori, appare doveroso sottolineare che i Logiudice appartengono all’omonima famiglia mafiosa capeggiata da
Fortunato Logiudice detto
“Nato”.
A loro proposito, il collaboratore di giustizia Paolo Iannò
– ex braccio destro del boss Pasquale Condello “il supremo” –
nel riferire sulla spartizione
criminale della città di Reggio
Calabria a seguito della raggiunta pax mafiosa, in merito
al quartiere di Condera, riferisce: «(…) Arrivando su, la frazione Condera prende: dal nostro lato, un parente di Con-
Domenico Polimeni
dello, tale Nato Logiudice, come responsabilità; dall’altro
lato prende Bruno Crucitti, tali
Siclari, anonimi che hanno
avuto un parente ucciso, che
ne fanno parte loro, salendo.
Però la responsabilità sono che
65%, anche qui, i soldi li prendono loro, essendo un gruppo
maggiore di persone cadute in
disgrazia in quella zona, e il restante 35% lo prende Nato Logiudice (…)».
Tornando, infine, al colloquio intercettato con Giuseppe
Romeo, Pasquale Morisani,
con riferimento alle considerazioni fatte dal suo interlocutore sulla spartizione dell’elettorato del rione Condera, concludeva palesando la condivisione di quanto asserito da Romeo e riferisce testualmente:
«(…) Sì, sì non glieli sposti!
(…)».(p.g.)
L’assessore comunale ai Lavori pubblici Pasquale Morisani è tornato al centro delle cronache
politico-giudiziarie che riguardano le elezioni comunali del 2007. Sopra: l’ingresso nella frazione di
Pietrastorta “regno” della cosca Crucitti che è stata oggetto dell’inchiesta “Sistema”
Santo Crucitti è il boss indiscusso di
Pietrastorta. Tanti pentiti – Gullì, Rodà, Lauro, Munaò, Fracapane e Moio –
sono concordi nel considerare Crucitti
il capo di un’organizzazione criminale
“satellite” della potente consorteria De
Stefano. Nel verbale del 5 ottobre
2010, è Moio, pochi giorni dopo l’inizio
della sua collaborazione, a parlarne.
Moio: «…tramite, tramite Mario Audino con Santo, con Santo, Santo… con
Crucitti, non mi ricordo se si chiama
Santo, forse il fratello che hanno ammazzato che io so anche chi l’ha ammazzato a suo fratello».
Pm: «Questo Crucitti Santo di dove è?»
Moio: «Di Pietrastorta, sopra… Santo
si chiama, diciamo… comunque…»
Pm: «Se si chiama Santo, di Pietrastorta…»
Moio: «…lo conosco, lo conosco, gli
hanno ucciso il fratello, gli hanno ucciso…»
Pm: «Come si chiamava il fratello?»
Moio: «Un certo Mimmo, Mimmo Crucitti mi pare o Santo Crucitti, Santo è
lui o Michele è l’altro, comunque…»
Pm: «Va bene, va bene…»
Moio: «…non mi ricordo bene…»
Pm: «Poi chi fa parte di questo gruppo?»
Moio: «Di questi… no, non sto parlando… sto parlando delle persone che
vedevo…»
Pm: «Delle persone vicine a Giuseppe
De Stefano…»
La sua atttività commerciale è stata danneggiata più volte e lo scorso febbraio è stato ferito in un agguato
Bentivoglio, l’imprenditore che non si è mai piegato al pizzo
L’inchiesta sfociata nell’operazione “Sistema” si è occupata anche delle disavventure di Tiberio
Bentivoglio, commerciante finito ripetutamente nel mirino del
racket per il suo rifiuto a pagare il
pizzo. Il suo negozio era stato più
volte danneggiato e il 10 febbraio dello scorso anno, mentre
si trovava ad Ortì, Bentivoglio
era stato ferito a colpi di pistola.
Prima di quel drammatico episodio Bentivoglio aveva denunciato le gravi intimidazioni subite: «Rappresento – aveva scritto
– che sono contitolare con mia
moglie Vincenza Falsone dell'attività commerciale denominata
“Sanitaria Sant'Elia”, in via Reggio Camp dal 1981. In questi anni la mia attività commerciale è
stata fatta oggetto di azioni delittuose tra cui incendi, telefonate
estorsive, missive anonime dal
contenuto estorsivo, missive
contenenti proiettili e attentato
dinamitardo. Rappresento che il
13 Aprile 2005, presso l’attività
commerciale in argomento, si è
sviluppato un incendio di natura
dolosa ad opera di ignoti, fatto
per il quale veniva sporta regolare denuncia presso questi uffici».
Bentivoglio aveva dichiarato
di sospettare che quell’evento
delittuoso fosse maturato nel-
l'ambito di un'associazione culturale no-profit: «Dichiaro ciò –
aveva scritto – perché ho dovuto
affrontare alcune discordanze
maturate sia all’interno dell'associazione che sul territorio ove
era ubicata la stessa e dopo aver
avuto modo di leggere alcuni
stralci di conversazioni ambientali registrate nell’ambito di indagini precedenti».
Bentivoglio aveva spiegato
che dopo una prima riunione con
altre persone del quartiere era
stato contattato il parroco, don
Nuccio Cannizzaro, perché c’era
la volontà di inserirlo nel direttivo come consigliere spirituale in
quanto tutti i soci partecipavano
attivamente alla vita parrocchiale.
L’incarico era stato rifiutato
dal religioso che, secondo il commerciante, si era dichiarato sfavorevole alla costituzione di tale
associazione: «Preciso che, seppur amareggiato – scriveva BenL’imprenditore
Tiberio
Bentivoglio è
stato ferito in un
agguato a Ortì
lo scorso mese
di febbraio
tivoglio nella sua denuncia –, sia
io che gli altri soci decidiamo di
proseguire nei nostri intenti per
avviare l'associazione». Una decina di giorni dopo, nel novembre 2004, ci sarebbe stato l’intervento di Santo Crucitti che a uno
dei soci aveva chiesto conto di
cosa si stesse realizzando e dopo
esserne venuto a conoscenza
dell’iniziativa avrebbe posto il
suo fermo diniego.
«Trascorrono tre giorni – aveva aggiunto Bentivoglio – e due
donne che facevano parte dei soci fondatori si dissociano dal
gruppo chiedendo anche di non
essere menzionati in alcuna
scrittura e di non accettare eventuale cariche nel direttivo, poiché la visita di Crucitti non era
piaciuta, nonché per evitare
eventuali disaccordi con i rispettivi mariti».
Il commerciante antiracket
indicava nella sua denuncia una
serie di conversazioni intercettate, compresa una dove tra gli interlocutori c’era l’avvocato Pasquale Morisani impegnato nel
tentativo di individuare i fondatori dell’associazione.
Successivamente, nel corso di
una riunione a uno dei soci fondatori veniva chiesto perché
avesse intrapreso l'iniziativa di
andare dal parroco a parlare: «Lo
stesso ci ebbe a riferire – continuava Bentivoglio – di averlo fatto perché sapeva che Giuseppe
Romeo, amico di Santo Crucitti,
era molto vicino al prete in quanto frequentatore della parrocchia. Tranquillizzati dalle affermazioni del parroco, continuavamo nell’espletamento dei nostri programmi cominciando a
reperire altri associati illustrando loro il programma e i fini del
all'associazione, ma il tutto viene
fortemente osteggiato da tante
dicerie contro l'associazione che
circolavano nel quartiere; per
esempio: “sono contro la parrocchia”, “stanno creando un gruppo contro il volere del parroco”,
etc. Queste voci procuravano
molteplici difficoltà allorquando
cercavamo di relazionarci con la
brava gente del quartiere».(r.rc)
Gazzetta del Sud Mercoledì 9 Novembre 2011
29
Cronaca di Catanzaro
.
OPERAZIONE CHIOSCO Chiesto e ottenuto dai sostituti procuratori Vincenzo Capomolla e Paolo Petrolo
Giudizio immediato per 25 indagati
Sono le stesse persone colpite dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere
Giuseppe Mercurio
Giudizio immediato per venticinque indagati dell’operazione Chiosco. È la richiesta formulata dai sostituti procuratori della Repubblica Vincenzo Capomolla e Paolo Petrolo
al giudice per le udienze preliminari del Tribunale del capoluogo che ha accolto la richiesta dell’accusa e fissato
l’udienza davanti al Tribunale
per il 17 gennaio.
Le venticinque persone per
le quali è stato chiesto e ottenuto il giudizio immediato sono: Marcello Berlingieri, 32
anni; Nuccio Berlingieri, alias
"Pupetto", 31; Roberto Berlingieri, alias "faccia tagliata",
26; Silvano Berlingieri, alias
"Pacciani", 39; Alessandro Bevilacqua, 26; Franco Bevilacqua, 43; Francosimone Bevilacqua, alias "il grasso", 30;
Luigi Bevilacqua, 43; Giuseppe Ceravolo, 32; Ivan Corapi,
36; Fabio Critelli, 35; Alessandro Galzarano, 52; Antonio
Lemma, 25; Pantaleone Mamone, 59; Luigi Miletta, 39;
Romina Passalacqua, 36;
Claudio Procopio, 39; Cosimo
Damiano Veneziano, 26; Massimo Berlingieri, alias "Massimo o Riggitano", 34; Luciano
Bevilacqua, 25; Pasquale Cappellano, 40; Nicola Fusca, 39;
Ivan Manfredi, 24; Alessandro
Sestito, 33 e Angelo Villella,
29.
Praticamente si tratta di
tutte le persone per le quali il
giudice per le indagini preliminari Tiziana Macrì emise il
provvedimento di misura cautelare della custodia in carcere. Nell’operazione finirono
altre dieci persone che furono
sottoposte alla misura cautelare del divieto di dimora nel
territorio della regione men-
Un gatto a spasso per la città
Una famiglia chiede danni per 5mila euro
«Quel gatto randagio
ha morso nostro figlio»
Citati il Comune e l’Asp
Uno degli arrestati mentre viene caricato su una camionetta dei Carabinieri durante l’operazione Chiosco
tre altre sette persone furono
indagate a piede libero.
nell’inchiesta finirono pure
tre minorenni arrestati su disposizione del tribunale per i
minorenni.
L'operazione
"Chiosco",
portata a termine in maniera
congiunta da Polizia e Carabinieri, è stata diretta a sgominare una banda ben organizzata che, secondo le accuse,
sarebbe stata capace di gestire
in maniera autonoma lo spaccio di sostanze stupefacenti
nel quartiere "Aranceto", attraverso quello che gli inqui-
renti hanno definito un supermarket della droga, con stupefacente di ogni tipo e per
ogni gusto, a qualunque ora
ed a qualunque prezzo. Cocaina, eroina, e soprattutto cobrett, una sorta di eroina di
scarto che costa pochissimo e
si assume per inalazione, che
arrivavano da Reggio e da Napoli, direttamente consegnati
a casa di chi li doveva spacciare.
L'operazione è il risultato di
due diverse inchieste di polizia e carabinieri, che alla fine
sono arrivate a individuare in
Francosimone Bevilacqua il
responsabile dell'attività di
spaccio del gruppo criminale
che sarebbe stato composto
da soggetti di etnia rom.
A questo punto i venticinque indagati, assistiti dai loro
avvocati di fiducia, dovranno
decidere se farsi giudicare col
rito immediato e, di conseguenza, comparire davanti ai
giudici del Tribunale il prossimo 17 gennaio o, in alternativa, chiedere di essere giudicati con il rito abbreviato (che
prevede, in caso di condanna,
lo sconto di pena di un terzo)
che si basa esclusivamente sugli atti attualmente presenti
all’interno del fascicolo processuale.
In quest’ultimo caso il fascicolo processuale ritornerà dal
giudice per le udienze preliminari che fisserà una nuova
udienza per gli indagati che
avranno presentato l’istanza
di rito abbreviato. Le rimanenti posizioni invece proseguiranno l’iter giudiziario già
intrapreso dall’accusa con la
celebrazione del giudizio immediato davanti al tribunale.
PROCESSO RINASCITA Alla sbarra gli undici imputati che non hanno scelto il rito abbreviato
Immaginate un gattino e un ragazzino amici per la pelle. Pensateli a scambiarsi coccole, più
sono piccoli e più sono teneri.
Immaginate, adesso, un
bimbo tranquillo nella sua cameretta; non ha gatti e agli
animali, in quel momento, non
pensa minimamente. All’improvviso un gatto randagio - e
forse anche nero - entra nella
stanza probabilmente da una
finestra, gli si avventa contro
come fosse una tigre, lo morde
e lo graffia. Fantascienza? Assolutamente no, almeno stando all’atto di citazione con il
quale una coppia di genitori
del centro storico ha chiesto
5mila euro di danni al Comune
e all’Azienda sanitaria provinciale per a disavventura capitata al loro figlio minorenne.
Sfogliare gli atti pubblicati
all’Albo pretorio del Comune
può riservare anche qualche
sorpresa. E non si tratta di banale curiosità: capita spesso,
agli Enti locali, di essere chiamati in causa per le più disparate questioni. Nel caso del
gatto-tigre (sempre di felino si
tratta...) la richiesta di risarcimento danni riguarda fatti del
2008, è stata formalizzata al
giudice di pace e chiaramente
notificata al Comune, che ha
deciso da parte sua di resistere
in giudizio nominando - sulla
base di una delibera votata
dalla Giunta lunedì scorso - gli
avvocati Ida e Anna Maria Paladino, Annarita De Siena e
Santa Durante. I quattro legali
dovranno dunque sostenere le
ragioni del Comune contro la
tesi esposta, per i ricorrenti,
dal’avvocato Demetrio Battaglia che ha chiesto 5mila euro
oltre rivalutazione monetaria,
interessi e spese di giudizio.
I contenziosi scaturiti da aggressioni animali non sono
un’assoluta novità. Due mesi
fa, per esempio, abbiamo dato
notizia del caso di un automobilista che «mentre si trovava
in località Pontepiccolo e si apprestava a scendere dalla sua
autovettura», stando all’atto di
citazione è stato aggredito da
«un cane randagio» e «nel tentativo di sfuggire all’animale si
portava sulla parte posteriore
della macchina andando a
sbattere violentemente contro
lo spigolo all’altezza delle luci
posteriori». In giudizio sono
stati chiamati anche in questo
caso Comune e Asp. Il danno
supposto? Duemila 500 euro.(g.l.r.)
DROGA Le richieste dell’accusa
Tre testimoni chiave ritrattano le loro dichiarazioni Fuori dal tunnel, 4 anni
Hanno ritrattato le loro dichiarazioni accusatorie tre testimoni
chiave dell’inchiesta antidroga
della Direzione distrettuale antimafia battezzata “Rinascita”. È
successo ieri, davanti al tribunale
collegiale, nel corso del giudizio
immediato a carico degli undici
imputati che non hanno scelto il
rito abbreviato.
Davanti ai giudici (presidente
Antonio Battaglia, a latere Adriana Pezzo e Giovanna Mastroianni), incalzati dalle domande del
pubblico ministero Vincenzo Capomolla e degli avvocati, tre persone – Raffaele Bianco, Ugo Giorgianni e Raffaele Rotundo – hanno negato le dichiarazioni che
avevano rilasciato agli investigatori in fase di indagini, e cioè di
aver acquistato la droga da molti
degli imputati. Un dietrofront talmente clamoroso da comportare
l’invio del relativo verbale
d’udienza alla Procura, per le opportune determinazioni in merito all’ipotesi di falsa testimonianza. È comunque venuto meno, in
questo modo, un importante elemento a carico degli imputati,
che in questo giudizio immediato
sono Gianluca Berlingieri, Alessandro Bevilacqua (32 anni),
Alessandro Bevilacqua (29 anni),
Andrea Bevilacqua, Franco Bevilacqua, Mario Bevilacqua, Simone Bevilacqua, Luca Bianco, Vitaliano Bianco, Luigi Palummo, Nino Passalacqua (tra gli avvocati
Alessandro Guerriero, Anselmo
Mancuso, Antonio Ludovico, Sergio Rotundo, Giovanni Le Pera,
Raffaele Bruno, Maria Aiello, Vi-
Il tribunale di via Argento
taliano Gallo, Lucio Canzoniere,
Giuseppe Spinelli, Salvatore Iannone e Piero Chiodo). Il processo
per loro riprenderà il 12 dicembre. Gli altri 56 indagati di “Rinascita” – per i quali la Procura aveva pure chiesto il giudizio immediato ma che hanno scelto l’abbreviato - torneranno invece davanti al gup distrettuale il 30 novembre per le ultime arringhe difensive e la sentenza.
L’operazione “Rinascita” è
scattata il nove novembre scorso,
per l’esecuzione di 73 provvedimenti cautelari disposti su richiesta della Direzione distrettuale
antimafia. Associazione armata
finalizzata al traffico di droga
l’accusa principale mossa ai numerosi indagati dell’inchiesta,
considerati dagli inquirenti
Agenda telefonica cittadina
FARMACIE DI TURNO
GALLELLI - Via Mario Greco
GIANCOTTI - Corso Mazzini, 237
DI STEFANO - Via Gullì (Lido)
FARMACIE NOTTURNE
MICELI - Via Tommaso Campanella (Mater Domini)
RUFFA - Via Educandato (Monte)
COLACE - Viale Crotone (Casciolino)
GUARDIE MEDICHE
Dalle ore 14 del sabato alle ore 8 del lunedì successivo
CATANZARO I (Centro e Nord) - Via Acri
tel. 0961745833
CATANZARO II (Sud - Sala e S. Maria) tel.
096163146
CATANZARO LIDO - Viale Crotone tel.
0961737562
ALBI - Viale Trieste, 0961923075
AMARONI tel. 0961913157
BADOLATO tel. 096785010
BELCASTRO tel. 0961932116
BORGIA tel. 0961951318
BOTRICELLO tel. 0961963069
CARDINALE tel. 0967938217
CHIARAVALLE tel. 0967999416
CICALA tel. 096885061
CROPANI tel. 0961965309
DAVOLI tel. 0967533101
GASPERINA tel. 0961486101
GIMIGLIANO tel. 0961995015
GIRIFALCO tel. 0968747219
GUARDAVALLE tel. 096782024
ISCA JONIO tel. 096744168
MIGLIERINA tel. 0961993144
MONTAURO tel. 0967486101
MONTEPAONE tel. 0967576391
PALERMITI tel. 0961917542
PENTONE tel. 0961925041
PETRONÀ tel. 0961933402
SAN PIETRO A. tel. 0961994050
SAN SOSTENE tel. 0967533101
SANTA CATERINA J. tel. 096784307
SANT’ANDREA J. tel. 096744168
SAN VITO JONIO tel. 096796194
SATRIANO tel. 0967543012
SELLIA MARINA tel. 0961964514
SERSALE tel. 0961931292
SETTINGIANO tel. 0961953193
SIMERI CRICHI tel. 0961481282
SOVERATO tel. 0967539406
SQUILLACE tel. 0961912052
STALETTÌ tel. 0961918012
TAVERNA tel. 0961927401
TIRIOLO tel. 0961992285
VALLEFIORITA tel. 0961919355
ZAGARISE tel. 0961937042
membri di due gruppi criminali
nomadi contrapposti: quello facente capo a Domenico Berlingieri, 50 anni, e quello guidato da Silvano Berlingieri, 39 anni, detto
“Pacciani”. Gli zingari, sempre secondo l’accusa, avrebbero avuto
la totale gestione del mercato della droga in tutti i quartieri a sud
della città, con importanti rapporti con esponenti della 'ndrangheta del reggino e, soprattutto,
con una inquietante disponibilità
di armi micidiali, tra cui fucili, pistole e mitra Kalashnikov.
Intanto, Domenico Bevilacqua
e Alessandro Passalacqua sono
stati posti agli arresti domiciliari
su istanza dei difensori, gli avvocati Piero Chiodo e Giuseppe Di
Renzo del foro di Vibo Valentia(g.m.)
Il grande schermo
OSPEDALI
«Pugliese» e «Ciaccio», centralino unico
tel. 0961883111.
Servizio emergenza Suem tel. 118
CATANZARO SOCCORSO
Centrale operativa tel. 096132155
CARABINIERI
Comando provinciale tel. 0961894111
Reparto operativa tel 0961894289
Sezione di P.G. presso Procura Repubblica: Tribunale cent. tel. 0961885375.
TAXI
Piazza Grimaldi tel. 0961721348
Piazza Immacolata tel. 0961741428
Piazza Matteotti tel. 0961725846
Piazza Roma tel. 0961721034
Stazione Lido tel. 096132473
Stazione Sala tel. 0961753504
Viale Pio X tel. 0961747848
SELLIA MARINA
CARABINIERI
Comando compagnia tel. 0961964103
Sellia Marina tel. 0961/964103
Simeri Crichi tel. 0961/481007
Zagarise tel. 0961/937003
Petronà tel. 0961/933016
Sersale tel. 0961/931012
Belcastro tel. 0961932041
Cropani tel. 0961/965096
Botricello tel. 0961/963110
GUARDIA DI FINANZA
Comando Brigata (Sellia Marina) tel.
0961/968760
SOVERATO
FARMACIA DI TURNO
SANGIULIANO - Soverato
A cura dei gestori sui quali ricade la
responsabilità dell’improvviso cambio di
programmazione.
SUPERCINEMA Via XX Settembre
18, tel. 09611725964
«I SOLITI IDIOTI» di Enrico Lando,
con Fabrizio Biggio, Francesco
Mandelli, Madalina Ghenea,
Gianmarco Tognazzi. Spett. 16 - 18
- 20 - 22. Chiusura settimanale
martedì.
CINEMA MASCIARI Piazza Lepera,
tel. 09611721490.
CARABINIERI
Comando compagnia tel. 0961/21766
Soverato tel. 0961/721458
Gasperina tel. 0961/748096
Petrizzi tel. 096794005
Davoli tel. 0967533186
Sant’Andrea Apostolo Jonio tel.
0961/744101
SALA A: «La peggiore settimana della
mia vita» di Alessandro Genovesi, con
Cristiana Capotondi, Fabio De Luigi,
Antonio Catania, Monica Guerritore.
Spett. ore 18 - 20 - 22.
SALA B: «The tomorrow series - Il
domani che verrà» di Stuart Beattie, con
Caitlin Stasey, Rachel Hurd-Wood,
Lincoln Lewis, Deniz Akdeniz. Spett. ore
18 - 20 - 22.
Chiusura settimanale mercoledì.
AVIS
Viale Magna Grecia, tel. 0961/780127
CINEMA COMUNALE: Corso Mazzini,
74 - Tel. 0961741241.
CROCE ROSSA ITALIANA
Comitato provinciale via Millelli 40, tel.
0961744111 - fax 0961/741769
Chiusura settimanale giovedì.
«Le avventure di Tin Tin»Film
d’animazione di Steven Spielberg. Spett.
ore 16 - 18 - 20 - 22.
solo per due imputati
Quattro anni per due imputati
per un singolo episodio di
spaccio di cocaina e prescrizione per tutti gli altri imputati e
per i rimanenti capi d’imputazione. È questa la richiesta del
pubblico ministero nei confronti di quattro persone coinvolte nell'operazione antidroga "Fuori dal tunnel". Nel dettaglio la condanna è stata chiesta per Roberto Valeo e Antonio Gualtieri mentre la prescrizione per Anna Maria Zangari
e Giuseppe Palaia. Il giudice
Antonio Battaglia (cancelliere
Marcello Chiriatti) ha poi rinviato l’udienza all’undici novembre dove si terranno le arringhe difensive (tra i legali Ar-
turo Bova e Gregorio Viscomi)
e la sentenza. Il rinvio a giudizio dei quattro imputati risale
al 9 novembre del 2006, quando altri due imputati decisero
di patteggiare la pena. L'operazione invece risale all'alba del
25 maggio del 2005 quando fu
eseguita un'ordinanza cautelare per stroncare un traffico di
droga destinata a rifornire le
piazze del comprensorio. Agli
indagati, per specifiche condotte, è contestato il traffico di
stupefacenti. La droga, secondo le accuse, spesso veniva
consegnata in alcuni bar cittadini - e specialmente in alcuni
posti del quartiere Lido - dagli
indagati.(g.m.)
Dalla Corte d’appello per due fratelli
Furto in una scuola
Condanna confermata
La Corte d’appello ha confermato
la sentenza di condanna a due anni, due mesi e venti giorni di reclusione e 200 euro di multa ciascuno inflitta ai fratelli Francesco
Rocky e Marco Alessandro Bulbo,
rispettivamente di 27 e 19 anni,
arrestati dalla polizia il 18 marzo
scorso dopo essere stati sorpresi
mentre stavano tentando un furto nella sede dell’Istituto professionale di Stato. I giudici della seconda sezione penale (presidente Giulio Gaetano De Gregorio,
consiglieri Francesca Marrazzo e
Gianfranco Grillone, cancelliere
Giuseppe Femia) hanno accolto
la richiesta del sostituto procuratore generale, lasciando immutata la sentenza emessa dal Tribunale il 28 aprile scorso, al termine
del giudizio abbreviato chiesto
dal difensore dei fratelli Bulbo,
l’avvocato Piero Chiodo, che è
valso ai due giovani lo sconto di
pena di un terzo. Gli imputati erano stati arrestati dagli agenti della Squadra volante, intervenuti
dopo una telefonata al “113” con
la quale erano stati segnalati rumori sospetti all’interno dell’istituto professionale. (g.m.)
Gazzetta del Sud Mercoledì 9 Novembre 2011
43
Cronaca di Vibo
.
COMUNE A disanza di una settimana dalla segnalazione non un fascicolo o una sedia rotta sono stati rimossi
La “discarica” in Municipio resiste
Condizioni igieniche inammissibili regnano nel sottoscala del palazzo
A distanza di una settimana
dalla segnalazione la discarica
“a cielo chiuso” – realizzata
all’interno di palazzo “Luigi
Razza” – è ancora lì. Trovarla
non è difficile basta scendere le
scalinata principale, quella che
se fatta a salire porta alla sala
consiliare. Un luogo nascosto
certo, secondario e non in vista
dove negli anni si è gettato di
tutto. Dagli arredi che non servono più, ai fascicoli e ai documenti, che ci si augura non
debbano un giorno servire a
qualcuno.
Insomma nel sottoscala del
Municipio a quanto pare si va e
si deposita e dallo stato in cui
tutto il locale versa il via-vai
deve essere più o meno costante. Con il risultato che ai materiali gettati alla meno peggio si
aggiunge un’immancabile coltre di polvere ormai stratificata. Tutto qui? Macché. Magari
si trattasse soltanto di polvere,
anche se ad averne così tanta
più di qualche fastidio lo si avverte, perché nel sottoscala di
palazzo “Luigi Razza” per
quanto delicati si cerchi di essere è la sporcizia, nelle sue varie forme e odori, ad avere la
meglio. Una situazione che però, a quanto pare, non sembra
preoccupare più di tanto chi
Vecchi armadietti e scatoloni con documenti ovunque
Lo “spettacolo” ai piedi della scalinata
Altro “angolo” trasformato in ricettacolo
già da giorni, per rimanere
nell’arco di tempo dalla segnalazione, avrebbe dovuto far
mettere mano e ripulire. Non
tanto perché la discarica “a cielo chiuso” era stata scoperta
ma soprattutto per il fatto che
in nessun luogo, pubblico o privato che sia, sono ammissibili
condizioni igienico-sanitarie al
pari di quelle viste e fotografate nel sottoscala. Se poi si considera che l’ammasso di vecchi
arredi, fascicoli, ferramenta e
quant’altro si trova all’interno
di una “casa comunale”, allora
la questione diventa più grave
anche perché lo stesso Comune
è chiamato a vigilare sul territorio proprio per impedire e
stroncare sul nascere la realizzazione di discariche, di qualsiasi dimensioni e tipologia esse siano. Insomma è come
“predicare bene e razzolare
male”.
Già in passato, comunque,
un altro accumulo di rifiuti vari
era stato segnalato all’interno
del Municipio. Forse nello stesso sottoscala, ma all’epoca si ripulì tutto, senza indugiare,
nell’arco di pochi giorni. Oggi,
invece, si va a rilento come se
fosse normale trasformare parte del Municipio in ricettacolo
di materiali vari.(m.c.)
’NDRANGHETA L’attacco all’imprenditore Pietro Lopreiato e alla cooperativa Talità Kum al centro delle indagini
Uliveto distrutto, forse una richiesta estorsiva
L’indignazione per il taglio a colpi di motosega delle mille piante
di ulivo di proprietà dell’imprenditore agricolo Pietro Lopreiato,
50 anni, di San Gregorio d’Ippona, non si placa. Dopo la grave intimidazione, infatti, avvenuta
nella notte tra venerdì e sabato
scorsi in località Vajoti di
Sant’Onofrio, è stato un susseguirsi di reazioni da parte delle
istituzioni e del mondo sindacale
e dell’associazionismo. Ultima in
ordine di tempo è la dura presa di
posizione del coordinamento
provinciale di “Libera Vibo” il
quale sottolinea: «Siamo profondamente indignati e delusi per il
vile gesto ai danni della cooperativa Talità Kum. Siamo, inoltre,
vicini a don Salvatore Santaguida e a don Domenico Muscari
ispiratori dell’iniziativa che si
propone di promuovere la cultura della legalità e dello sviluppo,
insieme a tantissimi giovani del
posto, in una terra sottomessa alla mentalità mafiosa e all’indifferenza. Distruggere le piante di
ulivo equivale a distruggere i loro
sogni e le loro speranze, e ancora
una volta le nostre speranze. Non
possiamo più fingere che tutto
vada bene ma dobbiamo avere la
forza di reagire ad ogni forma di
sopruso».
Sul fronte delle indagini i carabinieri battono la pista dell’estorsione nei confronti dell’imprenditore Lopreiato, socio e punto di
forza della cooperativa sociale
Talità Kum la quale imbottiglia e
commercializza l’olio prodotto
con il metodo biologico.(l.f.)
Il Comune all’apice della piramide delle Associazioni: si realizzino le isole ecologiche
solo si rispettassero i quantitativi
di differenziata previsti dal contratto Eurocoop e imposti dalla
legge».
Così potrebbe e dovrebbe essere e qualche segnale sulla buona riuscita del servizio dal quartiere Carmine, più d’ogni altro,
era arrivato. Un aspetto quest’ultimo che il Forum ricorda per evidenziare che non solo denuncia è
stata fatta, ma anche «fattiva collaborazione». Però nell’affrontare la problematica “differenziata” nei suoi molteplici aspetti le
Associazioni – che si dicono disponibilissime a un incontro/dibattito per discutere «dei vantaggi finanziari, occupazionali, ambientali che la differenziata produce» – non mancano di rilevare
che «si continua a non capire (o a
far finta di non capire) che i servizi che la ditta deve rendere non
possono che fare riferimento alle
condizioni di appalto che però
incasella gli obblighi reciproci in
una cornice generale, recante le
condizioni che devono essere
realizzate per lo svolgimento di
un corretto ciclo dei rifiuti e, di
conseguenza, per il raggiungimento di risultati apprezzabili.
Ci riferiamo a un efficiente ed
esteso servizio “porta a porta”,
alla gestione delle isole ecologiche, a una costante campagna di
sensibilizzazione dell’opinione
pubblica...».(m.c.)
Carabinieri della stazione di Sant’Onofrio nel corso del sopralluogo in località Vajoti di Sant’Onofrio
Differenziata, il Forum invita ognuno
ad assumersi le proprie responsabilità
Il Forum delle associazioni replica alle critiche mosse dai rappresentanti sindacali dello Slai Cobas e Uil in merito all’intervento
sulla raccolta differenziata. Un
servizio che potrebbe diventare
una risorsa per il territorio. Potrebbe, appunto. Perchè alla luce
dei dati che il Forum riporta la situazione non è per niente confortante: 10,51% nel 2010 (fonte Arpacal) mentre per l’Eurocoop, nello stesso anno, la percentuale è del 9, 46% al netto degli ingombranti. Se a tutto ciò si
aggiungono poi le isole ecologiche ancora irrealizzate – riguardo a questo aspetto il consiglio
delle Associazioni al Comune è
«di evitare, se possibile, di perdere come già avvenuto più volte i
finanziamenti regionali» – e la
raccolta “porta a porta” che stenta a ri-partire, allora di strada da
fare per far diventare risorsa la
differenziata bisogna coprirne
ancora tanta. Pertanto le Associazioni ritengono sia giunta
l’ora «che ognuno si assuma coscienziosamente le proprie re-
Qualche mese fa la distribuzione dei sacchetti per la differenziata in contrada Feudotto
sponsabilità», mettendo il Comune «in cima alla piramide».
Ma il Forum replica, soprattutto, per chiarire di non essere
indifferenti alla sorte dei lavoratori e per ribadire che, al contrario, «un servizio di raccolta diffe-
renziata efficace ed efficiente,
creerebbe un indotto occupazionale di non indifferente portata:
a Vedelago, che è l’esempio più
alto, l’indotto generato dalla
strategia “rifiuti zero” ha creato
la bellezza di 9mila e 200 posti di
lavoro, senza tener conto dei benefici ambientali». Incremento
che, a parere del Forum, se il servizio decollasse potrebbe aversi
anche in città: «I 13 occupati nella piattaforma di località Aeroporto potrebbero triplicarsi se
La villa comunale lungo viale Regina Margherita
Vecchio (Cisal): negligenza intollerabile
Il Comune in “rosso”
che regala le targhe
ma... chiude la villa
C’è il lucchetto. Ma il verde lo si
può scorgere dalle barriere.
Quelle che separano la villa comunale dal resto della città.
Chiusa perchè l’Amministrazione comunale non poteva far
fronte alle spese per la pulizia.
Verde e sporco, storia e abbandono. Una città sospesa fra quello che era e quello che è oggi. É lì
impressa nella villa comunale
che tanto lustro diede al Giardino sul mare. Oggi, chiusa. Con
un lucchetto.
Ricorda la storia e la sua bellezza, il segretario della Cisal
Antonino Vecchio; gli anni ‘60 e
‘70 e oggi la chiusura «al pubblico – chiosa con amarezza – perchè sporca, ricettacolo di immondizie che rendono l’aria
quasi irrespirabile, nonostante
la presenza di alberi, di pini secolari che madre natura mantiene in perfetta forma». Questo
“spettacolo” per la Cisal «è una
negligenza intollerabile» per cui
«i vibonesi – spiega Vecchio –
pur non facendo sentire la loro
vibrata protesta in forma plateale, non hanno affatto gradito
l’accaduto». Tante le lamentele,
in questo senso, che sono giunte
al sindacato. Raccolte e rilanciate, perchè «se dovessimo – incalza Vecchio – andare a realizzare
un referendum, attraverso la
Calabria, per chiedere quante
ville comunali chiudono per cattive condizioni igienico sanitarie e ambientali, difficilmente
troveremmo analoghe situazioni nel resto della regione. Eppure – incalza – si è avuto il coraggio di mettere il lucchetto ai cancelli», senza pensare a quanti
frequentavano la villa.
Ma, non è la frequenza, in
ogni caso, ribadisce il segretario
della Cisal il problema, perchè il
nodo resta il fatto che non si sia
fatto nulla «per assicurare la piena funzionalità ad una delle aree
verdi più salutari della città». Insomma, chiunque e quanto la si
frequenti, il punto fermo è che
«la villa comunale è stata sempre un biglietto da visita per la
città proprio per la sua collocazione su corso Umberto I». Un
luogo ricco di storia, che ha conservato negli anni la sua eleganza. «É pertanto assurdo – prosegue – che il Comune abbia autorizzato questo black out del servizio perchè impossibilitato a far
fronte all’impegno con la ditta
addetta alle pulizie». Ragioni
che dalla Cisal non si comprendono e la proposta è quella di
«una colletta di amministratori»
che così potrebbero dare il loro
esempio. In fondo per alcuni di
loro dalla città si trovano i soldi
per «consegnare targhe e pergamene».(s.m.)
Venerdì e sabato campagna informativa
Ambiente, si punta
sul fotovoltaico
Lidia Ruffa
L’amministrazione comunale
fa un passo avanti verso
l’energia rinnovabile, facendo
diventare così, la “città amica
dell’ambiente”.
Questo il titolo del progetto
promosso da Enel Green Power che venerdì e sabato prossimi (11 e 12 novembre) con
uno stand informativo in Piazza Martiri d’Ungheria, promuoverà il fotovoltaico tra i
cittadini.
L’iniziativa che vede coinvolti l’assessorato agli affari
istituzionali guidato da Nicolino La Gamba e Mario Di Fede assessore alle attività produttive è stato presentato ieri
nella sala giunta di palazzo
“Luigi Razza” alla presenza
del sindaco Nicola D’Agostino
e dei responsabili calabresi di
Enel Green Power, Rossella
Sirianni e Francesco Carchedi.
Ai cittadini, secondo quanto rilevato in conferenza
stampa, sarà proposto il pac-
chetto chiavi in mano: “Raggio senza pensieri”, un kit fotovoltaico che nelle versioni
da 2,76 a 20Kwp, consentirà
di realizzare impianti adatti
alle diverse esigenze della comunità.
Il pacchetto inoltre, garantisce finanziamento, installazione, monitoraggio e garanzia dell’impianto. «Un’iniziativa utile – ha affermato l’assessore La Gamba – soprattutto
in vista dell’avvio di un circuito virtuoso, volto alla diminuzione delle emissioni di Co2 e
al conseguente buon uso delle
energie derivanti da fonti rinnovabili». Una due giorni informativa quindi, durante la
quale, saranno illustrati nel
dettaglio i diversi incentivi
economici, nonché i risparmi
che derivano dall’installazione di un impianto fotovoltaico.
Nell’ambito dell’iniziativa
al Comune sarà donata inoltre, una bici elettrica che sarà
messa a disposizione della cittadinanza.