LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

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LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI
Liceo Classico Statale Adolfo Pansini
N UMERO I
A NNO 2013-14
L’E DITORIALE
L'altro giorno, come ogni
anno, il nostro preside Salvatore Pace è entrato in
ogni classe della scuola, e ci
ha buttato in faccia una
cruda realtà che MAI negli
anni precedenti ci era stata
buttata addosso così violentemente e senza mezzi termini.
Il profitto degli studenti del
pansini è giunto ad un livello spaventosamente basso.
Mai niente è stato associato
alla nostra scuola, al nostro
amato cubo rosso, come il
fervore, la voglia di fare, la
decisione che a volte sfociava finanche nell'esagerazione e nell'errore da parte
degli studenti. Ma andava
bene, andava dannatamente
bene esagerare in quel senso, dire stupidaggini guidati
dalla convinzione di essere
nel giusto e guidati sopratutto dal fervore che alla
nostra scuola si accompagna
così spesso, nel luogo comune.
(segue a pag.2)
LE QUATTRO GIORNATE
DI NAPOLI
Il giorno 27 settembre 2013 si
celebra il 70°
anniversario delle
Quattro Giornate
di Napoli (27-31
settembre 1943):
la ribellione della
città di Napoli
che per prima in
Europa si liberò
autonomamente
dai nazisti cui,
dopo l’armistizio
con gli angloamericani,
la
città era stata
consegnata
da
Ettore Del Tetto,
generale italiano
cui era affidata la
responsabilità
militare
della
città. E’ venuto
nella nostra scuola a parlarci delle
Quattro Giornate
da un punto di
vista storico e
politico il professore
Giuseppe
Aragno. La premessa del suo
discorso è stata di
non credere all’immagine
delle
Quattro Giornate
che
tradizionalmente ci propongono, cioè quella
di una rivolta di
scugnizzi e disperati che si ribellarono ai tedeschi
solo per fame e
assolutamente non
mossi da ideali
politici.
Questa
immagine sociale
della rivolta traspare dalla costruzione di un monumento in onore
degli
scugnizzi
sulla Riviera di
Chiaia, in Piazza
della Repubblica.
Non esiste, invece,
alcun monumento
né fu assegnata
medaglia al valor
militare in onore
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SERIES
dei convinti antifascisti, che già prima dell’occupazione tedesca facevano
propaganda
antifascista.
Per
esempio
Adolfo
Pansini, studente
del Sannazaro, che
a 18 anni finì in
galera per aver
formato
giovani
antifascisti e morì
nelle Quattro Giornate. O suo padre
Edoardo Pansini,
che formò il figlio
con ideali mazziniani e a cui fu
chiuso un suo giornale in cui criticava l’arte fascista: il
giornale fu riaperto
dopo la caduta del
fascismo e poi fatto
richiudere
dai
“democratici” americani.
(segue a pag. 3)
Colpa delle
stelle
La tv di qualità
corre sul web
a pagina 4
Giovanni Pezzella
a pagina 7
Giulia Sodano
a pagina 10
LE SEZIONI

PIANETA PANSINI pag.2

POLITICA pag.2

ATTUALITA’ pagg. 3-4-5

CULTURA pagg. 5-6

CONTROCULTURA pag.
7-8-9-10

RACCONTI pagg. 10-11

INDOVINELLI pag. 12
P AUSA CAFFÈ
P AGINA 2
L IBERTÀ DI P AROLA
(segue dalla prima pagina)
Perchè è questa la cosa che secondo me ha fatto più male al nostro
preside, il fatto che una generale,
disinteressata aridità si stia diffondendo nella scuola e stia facendo avvizzire la nostra volontà di
parlare e far sentire la nostra voce
con tutta la passione di cui siamo
capaci.
Vogliamo davvero far morire intellettualmente una scuola come il
Pansini? vogliamo lasciar cadere
tutto nell'oblio e darci alla mentalità del "facitv na pell"?
Io non voglio, e sarò molto presuntuoso nell'affermare che neanche
voi dovete volerlo.
Come ci ha ricordato Pace, nean-
che il Diavolo vuole gli ignavi vicino a lui.
Abbiamo un maledetto bisogno di
voi, gente.
Belli, brutti, analfabeti, letterati,
di destra o di sinistra, abbiamo
bisogno che voi rinneghiate questa
politica della nullafacenza e vi
mettiate a parlare, a far valere
questo sacrosanto diritto di parola
di cui tanto parliamo e di cui tanto
ce ne freghiamo, non utilizzandolo.
Dite la vostra, non abbiate paura
di venire sotterrati dalle opinioni
contrarie e di ricevere rappresaglie da parte dei capetti di turno,
perchè così come loro hanno le ide
chiare anche voi dovete averle, e
dovete tutti lottare per una discussione tranquilla e per un confronto alla pari che conduca al
bene comune.
Il nuovo giornalino aspetta solo
voi, aspetta voi per far ripartire
questo gigante dormiente che è il
Pansini, per far ricominciare i
"tempi d'oro" che tanto mancano
ai più anziani di noi e che io per
mia sventura non ho mai vissuto,
ma che mi fanno immaginare
grandi cose solo a sentirli nominare. Non parliamone col passato
remoto, non serve a nulla.
Cominciamo ad usare il futuro.
Gianmarco Landi I A
PARTNERSHIP ITALIA-USA
Nella giornata del 17 Ottobre 2013 si
è svolto un incontro tra il Presidente
del Consiglio italiano, il premier Enrico Letta, ed il Presidente degli Stati
Uniti Barack Obama presso la Casa
Bianca a Washington.
I due presidenti hanno trattato varie
tematiche, due in particolar modo: la
crescita e la stabilità.
Obama afferma che bisogna collaborare affinché gli Stati Uniti d’America, l’Italia e in generale l’Europa possano crescere sotto il profilo economico e affrontare assieme il problema
della crisi. Dalle parole del leader
americano, l’Italia svolgerà un ruolo
fondamentale nella guida dell’Europa
stessa e farà in modo che il continente possa riacquistare il suo potere nel
mercato mondiale al fianco degli
USA.
Sebbene l’economia mondiale sia retta dagli Stati Uniti d’America, Obama afferma che senza dubbio l’Europa è una partner essenziale e che il
suo percorso, seppur travagliato durante questo periodo di crisi, è piuttosto positivo. Dunque, il continente
europeo viene considerato come parte essenziale dell’economia
mondiale sulla quale
gli USA impongono il
loro dominio.
Successivamente, il
presidente americano
ribadisce che il rapporto tra Washington e Roma è molto
solido ed è testimoniato anche in
alcuni documenti in cui si afferma
che il rapporto tra i due degli Stati in
collaborazione è destinato a continuare a lungo. Ciò è confermato anche dal comune impegno nella promozione della pace, delle regole e
della libertà nel mondo ed è lodevole,
dice Obama, che l’Italia sia a comando delle forze dell’ONU in Libano per
una tra le missioni internazionali
che più interessano i Paesi europei.
Infine, al termine dell’incontro, Obama rinnova i complimenti a Letta
per il modo in cui sta guidando il
paese e per il voto
di fiducia e la legge
di stabilità. Il premier, in risposta,
offre un invito al
Presidente degli
USA ed alla First
Lady presso la regione Toscana,
regione molto apprezzata da Obama
il quale accetta con piacere l’offerta.
Non possiamo che aspettarci un futuro di miglioramenti grazie anche
al supporto degli Stati Uniti d’America. Dovremo impegnarci per tenere
duro, anche se per resistere avremo
bisogno di un intervento immediato
da parte dei nostri politici per risolvere i problemi che ci impediscono di
raggiungere la piena stabilità economica.
Alessandro Peluso II G
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LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI
(segue dalla prima pagina)
E’ meglio credere in una rivolta di
disperati, politicamente manipolabili
(e riutilizzabili dagli americani in
funzione anti-comunista), piuttosto
che in un popolo pensante e animato
da ideali politici. Ad Edoardo, ad
Adolfo, ad Antonio Ottaviano, che
arricchì l’antifascismo di ideali europeisti, all’anarchico Tito né monumento né medaglie. In occasione del
70° anniversario delle Quattro Giornate un giorno è stato dedicato ai
carabinieri, un altro alla cultura
ebraica , un altro ai luoghi dell’insurrezione. Ma non ce n’è uno dedicato
all’antifascismo. Fondamentale nel
discorso di Aragno è la convinzione
che la storia abbia senso solo in funzione del presente. Allora facciamo i
conti con il nostro passato e siamo
consapevoli del fatto che il Codice
Penale Rocco attualmente in uso è di
derivazione fascista ( in base a questo
fu condannato, dopo la caduta del
fascismo,
Edoardo
Pansini,
per
“violazione
di domicilio
e
furto”:
accuse dovute al fatto
che
aveva
sfondato la
porta delle
case di alcuni gerarchi
fascisti
e
aveva distribuito al popolo affamato la merce che
vi aveva trovato e che era destinata al
mercato nero); oppure che Gaetano
Azzariti, che durante il fascismo era
Presidente del Tribunale della Razza,
divenne membro delle due Commissioni per la riorganizzazione dello
Stato dopo la caduta del fascismo e
poi giudice costituzionale della Repubblica; che Giovanni Leone, avvocato dei collaborazionisti, divenne Presidente della Repubblica; che il fascismo è stato riciclato nelle istituzioni
repubblicane. In occasione delle
Quattro Giornate il Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano è
venuto a Napoli alla Sala dei Baroni
il 28 settembre. Ricca di personalità
politiche, militari e religiose ( il Presidente
della
Regione
Campania Stefano Caldoro, gli ambasciatori di
Gran Bretagna, di Francia
e di Germania, l’ arcivescovo di Napoli Crescenzio
Sepe, il prete anticamorra
don Patriciello, rappresentanze delle forze armate,
dell’ordine e dei vigili del
fuoco etc. ), la Sala dei
Baroni è il quadro vivente dell’ Italia
e dell’Europa agli occhi degli studenti delle scuole scelte per assistere
alla celebrazione, cioè Umberto, Pansini, Sannazaro e De Nicola. Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, è
stato il primo a prendere la parola:
ha reso onore alle Quattro Giornate
come rivolta di “donne, bambini e
giovani, alcuni con una storia politica nota, altri nell’anonimato” , la
rivolta di un popolo stremato “dai
bombardamenti da un lato e dall’oppressore nazista dall’altro”. Il discorso del sindaco sottolinea che da questo tipo di rivolte è nata la Repubblica, ragion per cui la celebrazione
delle Quattro Giornate diventa l’occasione per difendere la Costituzione
del 1948 “ spezzata e umiliata”. Ha
parlato Guido D’ Agostino, presidente dell’Istituto Campano di Storia
della Resistenza “Vera Lombardi”,
che ha dato delle Quattro Giornate di
Napoli un’interpretazione storica.
Egli
definisce
il
1943
uno
“spartiacque”, l’anno che aprì la strada a una svolta e a nuovi percorsi
storico-politici. Nelle Quattro Giornate si sono concretizzati il deciso
rifiuto della guerra e del nazifascismo in una rivolta dal basso attraverso la quale il popolo ha preso le
redini del proprio destino. D’Agostino
afferma che in questa rivolta si è
manifestato “ l’istinto di libertà e la
mancanza del bisogno di protezione”
della città di Napoli che autonoma-
mente si è liberata prima dell’arrivo
degli Alleati. Ha parlato il Presidente
del Comitato provinciale dell’ANPI
(Associazione Nazionale Partigiani
Italiani) Antonio Amoretti, che ha
posto l’accento sul significato storico e
politico della
rivolta: una
rivolta
che
può
essere
inserita
a
buon diritto
nella storia
della
Resistenza, una rivolta antifascista che
“segna la caduta del fascismo e inaugura l’inizio della conclusione vittoriosa della Resistenza” . Ed è anche il
ricordo di queste imprese gloriose che
deve ricordarci come l’unione di forze
democratiche abbia portato alla nascita della Repubblica e alla Costituzione, che dobbiamo difendere e tenere a riferimento per ogni rinnovamento politico e sociale. Infine, Giorgio
Napolitano ha ringraziato le autorità
presenti in sala e gli studenti e ha
esaltato Napoli e il suo spirito forte
che è servito nel ’43 da stimolo per la
Resistenza nazionale contro il nazifascismo. In quanto rappresentante
dell’ unità nazionale, il Presidente,
attraverso il riconoscimento del valore di Napoli nelle Quattro Giornate,
ha sottolineato l’importanza per l’Italia di superare i pregiudizi e gli stereotipi e di abbandonare l’idea di un
Nord virtuoso e un Sud “ palla al piede della comunità nazionale”, in nome
della collaborazione e della fiducia
reciproca. Napoli deve senza dubbio
sottoporsi a una severa autocritica,
ma ha un potenziale che va espresso
nella mobilitazione collettiva.
Le Quattro Giornate sono vive e devono continuare a esserlo in futuro nelle
nostre memorie, come esempio di
collaborazione, di determinazione
collettiva, di sforzo comune per il
rinnovamento.
Antonia De Vivo III B
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E’ in corso la Seconda Guerra Mondiale quando, dal 27 al 30 settembre 1943, si combattono le “quattro
giornate” di Napoli.
Uno dei protagonisti di questa battaglia è senza dubbio Adolfo Pansini: inizia la sua propaganda antifascista non ancora diciassettenne, e
proprio a diciassette anni prende
parte alla ribellione partecipando
all’attacco allo stadio Collana, riuscendo a liberarne i prigionieri
sacrificando la sua vita.
Il suo gesto è emblematico: un ragazzo che sacrifica la sua vita pur
di far valere le proprie idee e non
rimanere fermo a guardare mentre
ciò che gli sta intorno (e, soprattutto, CHI gli sta intorno) viene distrutto dagli orrori della guerra
A mio avviso, questo vuol dire
quindi difendere la libertà, perché
è ovvio che se non si fa nulla in
situazioni come quella tutto è perso, e sopratutto significa difendere
la parresia, ovvero la libertà di
pensiero e di parola; non è inoltre
da sottovalutare la dose di coraggio
che un ragazzo di quell’età debba
possedere per voler combattere a
tutti i costi contro soldati sicuramente più armati e preparati.
L’insegnamento di Pansini è probabilmente questo: la difesa delle
nostre idee, che compongono una
grandissima parte di noi stessi, e
sono la cosa più preziosa che abbiamo in assoluto, le colonne portanti
della nostra vita.
Tornerei però a focalizzare sulla
giovane età dell’eroe partenopeo:
il fatto che ci sia stata lasciato
tanto da un nostro coetaneo è
estremamente significativo: dimostra infatti che siamo capaci
di grandi cose e che le nostre
azioni, sono in grado di lasciare
un segno indelebile nella memoria, addirittura nella storia di un
popolo, come è riuscito a fare
settant’anni fa chi oggi definiremmo semplicemente “uno di
noi" e da cui avremmo invece
tanto da imparare e che tanto ha
dimostrato.
E chi ha detto che il prossimo
non possa essere proprio “uno di
noi"?
Marco Sica I A
Il giorno 11 ottobre 2013 muore a
Roma Erich Priebke, ex-capitano
delle SS che , insieme a Herbert
Kappler, ex comandante dell’SD
( Servizi Segreti delle SS) e della
Gestapo a Roma, e Albert Kesserling, ex comandate della Luftwaffe
( Aeronautica militare tedesca fino al
1945), fu uno dei
principali responsabili dell’eccidio delle
Fosse Ardeatine del
24 marzo 1944, in
cui 365 italiani morirono fucilati. L’eccidio fu una sorta di
azione punitiva dei
tedeschi, in seguito a
un attacco del GAP ( “Gruppi di
azione patriottica”, organizzazione
partigiana) contro le truppe germaniche in transito in via Rasella
a Roma, ed è uno dei più significativi esempi della durezza e crudeltà del nazifascismo in Italia. Fino
all’ultimo Priebke ha sostenuto
che nei campi di concentramento
le camere a gas non sono mai esistite, che “c’erano solo immense
cucine” e che le voci che incolpano
i tedeschi di queste crudeltà sono
frutto di falsi documenti fabbricati
dagli Alleati. L’opinione pubblica
si è divisa sulla questione della
sua sepoltura: è giusto che sia
regolarmente e pubblicamente
seppellito ( come ovviamente ritiene la famiglia di Priebke ) o è più
giusto che venga seppellito in si-
lenzio, in un luogo segreto, o addirittura cremato, in modo che la
tomba non possa diventare meta di
pellegrinaggio di gruppi neonazisti? Ma Priebke non voleva essere
cremato, come ribadisce il suo avvocato Paolo Giachini. In secondo
luogo, è giusto seppellire
Priebke in Italia, dove
commise crimini così orribili? Non sarebbe più
giusto rimettere la questione alla Germania? Il
portavoce del Ministero
degli
Esteri
Martin
Schaefer sostiene che la
questione della sepoltura
di una persona è da rimettere al Paese in cui
questa persona è morta e aggiunge,
d’altra parte, che Priebke potrebbe
essere sepolto in Germania, ma
solo se lo richiedono i parenti, come
stabilisce la legge per i tedeschi
all’estero. Provocatoriamente, il
figlio Jorge ha proposto addirittura di seppellire la salma del padre
in Israele. Sul piano religioso, la
questione riguarda il perdono: cristianamente si potrebbe sostenere
che ognuno ne ha il diritto. Ma c’è
da considerare che Priebke è morto
senza pentirsi, difendendo il regime nazista. La salma è stata trasportata ad Albano Laziale, vicino
a Roma, dove i preti lefebrviani
( cristiani ultraconservatori, seguaci di Marcel Lefebvre, vescovo francese che negava l’esistenza delle
camere a gas e sosteneva che i mor-
ti nell’ Olocausto furono trecentomila e non sei milioni ) volevano
farsi carico delle esequie nella
chiesa della fratellanza di San
Pio X ( fondata da Marcel Lefebvre ). Il funerale è stato poi sospeso, data la tensione che si era
creata fuori alla Chiesa di San
Pio X: a scontrarsi gruppi neonazisti e di ultradestra e contestatori antifascisti. La salma è stata
poi spostata nella zona militare
di Pratica di Mare e da lì sarà
trasferita in luogo segreto. E’
stata trovata una scritta nera
presso la casa di Priebke a Roma:
“ ONORE A PRIEBKE” , con
tanto di svastica vicino. Visto che
la morte di Priebke e la questione della sua sepoltura sono state
l’imput per manifestazioni neonaziste, il liceo Adolfo Pansini è
sceso in piazza il 19 ottobre e ha
svolto una sorta di processione
funebre in onore dei 365 italiani
fucilati nell’ eccidio delle Fosse
Ardeatine. A turno, a due a due,
abbiamo portato sulla testa una
bara fatta di cartone: “ R.I.P. 365
CADUTI DELLE FOSSE ARDEATINE” e a squarciagola abbiamo gridato “SIAMO TUTTI
ANTIFASCISTI”. Il corteo è partito da Piazza Quattro Giornate
ed è arrivato a Via Scarlatti. Col
megafono alcuni ragazzi hanno
fatto degli interventi, per ricordare che il fascismo non deve
esserci mai più. Abbiamo fatto il
percorso a ritroso e, dirigendoci
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verso la sede centrale del liceo Pansini, abbiamo coinvolto una banda
che suona musica country ( “La Terza Classe” ) che ha suonato per noi
“Bella Ciao”, con grande interesse e
partecipazione dei passanti. Arrivati
alla sede centrale del liceo, abbiamo
appeso alla porta di ingresso lo striscione che abbiamo portato durante
il corteo: “Non perdoniamo i nostri
assassini”. Ma il punto della questione non è il perdono che si può o no
concedere a un assassino. Il punto è
che Priebke in questi giorni è diventato il simbolo di tante cose: del na-
zifascismo, della crudeltà della guerra, delle vittime della Seconda Guerra
Mondiale. Che ancora ci sia adesso il
germe del nazifascismo, dopo tutto il
male che ha causato, sconvolge. Ma
sconvolge e fa riflettere ancora di più
una parte del “video-testamento” in
cui Priebke afferma “ che non avrebbero potuto fare altrimenti, perchè
avevano ricevuto degli ordini” e , per
quanto terribili, dovevano eseguirli.
Priebke deve diventare il simbolo di
come la devozione assoluta e cieca a
un’ideologia o a un ruolo nella società
possa in maniera gravissima offende-
re il senso di umanità che ognuno
dovrebbe considerare prioritario
rispetto a ogni altra cosa. Priebke,
per contrasto, deve servire come
stimolo a ragionare con la propria
testa, a essere liberi e autonomi
nelle proprie scelte, perché, come
direbbe Kant, “la legalità non sempre coincide con la moralità”. E la
moralità, la coscienza e il senso di
umanità devono sempre e comunque guidare il nostro agire.
Antonia De Vivo III B
Sentendo la letteratura
Cos’è la letteratura? Si sono date
molteplici interpretazioni del termine a seconda delle posizione ideologiche, politiche, filosofiche, teoriche o
perfino a seconda degli umori. Risulta quindi difficile spiegare il termine
letteratura e, più in generale, spiegare cosa racchiude questo termine
il cui significato è così ampio. Partendo dall’etimologia del termine
possiamo dedurre che letteratura
deriva dal latino litteratura, derivante a sua volta da littera (lettera).
L’aggettivo
litteratus
indicava
“scritto con lettere”. Quindi, è evidente che semanticamente letteratura va ricollegato, dal punto di vista
etimologico, alla scrittura e alla
grammatica. La letteratura va
anche inscritta, per molteplici
aspetti, nel campo dell’antropologia. E’ parte privilegiata
del sistema socio- culturale
perché è attraverso essa che il
genere umano ha espresso la
sua identità, le sue regole
civili, le sue speranze e paure
ecc. Su questa linea possiamo
quindi dire che qualsiasi testimonianza scritta di un dato
periodo storico può essere considerata letteratura. A livello estetico è
giusto affermare che la letteratura è,
in quanto prodotto estetico, frutto
del suo tempo, anche se si basa sul
concetto di imitazione come per il
Classicismo.
Il genere letterario, qualunque esso
sia, può essere considerato come una
serie di rapporti fra il piano dell’espressione e quello del contenuto.
Non è mia intenzione fare un inutile
trattato concettuale, quindi facciamo
un esempio: al sonetto (piano dell’espressione) si associa una materia
(piano del contenuto), sia essa amorosa, politica o sociale. Partendo da questa rete di rapporti possiamo apprezzare meglio un testo letterario. Lo
studio della letteratura, ossia della
nostra storia e identità, per nostra
sfortuna, molto spesso viene limitata
a quelle poche ore scolastiche. Gran
parte della generazione studentesca
vive il suo incontro con la letteratura
nei banchi di scuola a lezione. Proprio
questa “responsabilità” ha reso contradditorio l’insegnamento della letteratura in quanto l’interessamento al
prodotto
estetico
deve
essere
una
scelta
personale a
seconda
nei nostri
bisogni
interiori. Purtroppo l’istituzione scolastica non può tener conto dei nostri
bisogni e/o gusti personali e per questo motivo se alla tot ora del tot giorno di scuola tocca all’Infinito di Leopardi non ci resta che studiare l’Infinito o, come avviene più comunemente, rifugiarci in una colpevole distrazione. Al giorno d’oggi per l’incontro
con i testi assume una funzione rilevante l’esperienza che lo studente ne
fa in aula. Se questa è positiva, ben
venga la lettura di opere, se è negativa o mediocre l’insegnante o lo
studente non è riuscito non è riuscito ad “esprimere la letteratura”. Ma
cosa s’intende per espressione? Dal
latino ex-primere significa tirare
fuori. La letteratura si manifesta
timidamente, non è il rumore chiassoso dei nostri comizi, è un grido
sottile, una fiamma tenue che se
alimentata
può
incendiarci in pochi secondi.
Un
grande
critico della
letteratura
italiana, nonché autore di
una sua propria letteratura, Francesco De Sanctis parla
di
“ascoltare
la letteratura”. Cosa intendiamo per ascoltare? Dal
latino auris( orecchio) è prestare
orecchio, nel senso di prestare attenzione a ciò che ci viene detto.
Tuttavia, la letteratura non parla in
modo consueto, come abbiamo detto
il suo è” un mal di gola perenne”, se
mi viene passata l’espressione alquanto maccheronica. Ma come possiamo apprestarci a dialogare con la
letteratura se questa ha una voce
così flebile? Prima di tutto assodiamo che la letteratura è una forma,
nel senso che è un misto di oggetti-
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vità e soggettività e come entità
concettuale può manifestarsi come
contenuto sensibile se associata al
concetto di spazio e tempo, ossia se
inquadrata in un determinato contesto storico- culturale; ciò, ovviamente, non vale solo per la letteratura
ma per qualsiasi ideologia, pensiero
ecc. Accostarci alla letteratura non
deve essere un salto repentino ma
una tenera passeggiata in un giardino pieno di fiori e animali. Passeg-
giando tra i testi della nostra letteratura dobbiamo aguzzare i nostri
sensi e quindi sentire, sentire e sentire. Se ci sediamo al centro di questo giardino parole melodiose come
sinfonie, immagini di paesaggi agresti, uomini e donne innamorati perdutamente, scene di paese si accosteranno a noi, intorno usignoli,
praterie, fiumi, cascate, scene di
ogni sorta. Sta a noi interiorizzare il
tutto, facendoci sommergere da que-
sto fiume in piena per poi farlo
nostro e sentirlo scorrere dentro
di noi. Noi siamo alberi, ma gli
alberi senza radici o linfa non
resisteranno a lungo alle tempeste. Perché studiare la letteratura? Il dialogo con gli antichi ci
nutre. In questo modo i nostri
rami coperti di foglie color arcobaleno si estenderanno sempre di
più, fino all’infinito e allora e solo
allora staremo vivendo realmente.
Giuseppe Leone III A
Le parole, ossia pietre
Ma avete mai riflettuto sulla nostra
lingua? Sì, intendo proprio l’italiano.
Noi lo diamo per scontato senza mai
addentrarci, o per la complessità
della materia o per puro disinteresse, nel magico mondo dell’analisi
linguistica. Se la letteratura è la
pratica che esprime la nostra identità nella storia, l’italiano è il mezzo
che permette di esprimere tale identità. E’ uno strumento nelle nostre
mani la cui storia è quanto mai affascinante, ma uno strumento se non
usato in modo adeguato può fare
tanti danni. Pensiamo solamente a
quando non riusciamo ad esprimere
perfettamente il nostro pensiero
perché “non ci viene in mente quella
determinata parola” e cadiamo
nell’incomprensione. Prima di tutto,
tracciamo una linea diacronica dell’italiano. Come tutti sappiamo, l’italiano, essendo una lingua romanza,
deriva dal latino quindi è giusto dire
che la nostra è una matrice classica.
Immaginando tale retta poniamo
l’origine nel latino volgare, non dimenticando la matrice indoeuropea.
L’indoeuropeo non è una lingua storicamente attestata ma attraverso
studi di linguistica comparata gli
studiosi sono riusciti a ricostruirlo.
Dunque il nostro primo punto è il
latino. Passiamo poi dal volgare
latino a quello italiano. La prima
testimonianza in merito è il Placito
di Capua, che recita: Sao ke kelle
terre per kelle fini que ki contiene
trenta anni la possette parte Sancti
Benedicti. Notiamo la presenza della
congiunzione “ke” molto vicino all’italiano “che”. Il verbo “Sao” (dal
latino sapio) è molto vicino all’italiano “so”. Non è affascinante notare in
questa breve frase la presenza di
parole così vicine alla nostra lingua?
Pensate solo che ciò avveniva più di
seicento anni fa. E’ giusto, ed anche
doveroso, fare una sosta presso Dante. L’italiano moderno è infatti modellato sul dialetto fiorentino del
trecento, ripulito delle influenze
locali. A partire dalla fine del Trecento la lingua parlata a Firenze di
distacca da questo modello. Da questo momento in poi si aprirà una
questione della lingua che si estenderà fino all’ottocento. Perché focalizzare su questi punti? La risposta
ci viene data, o meglio ci è stata
data, dallo studioso Ferdinand De
Saussure. La linguistica da lui inaugurata viene chiamata strutturalismo e vede le lingue come un insieme di fenomeni in continua dipendenza reciproca e interazione, insomma vanno ad influenzarsi reciprocamente; non a caso nella lingua
italiana sono presenti francesismi,
inglesismi ecc. Per fare un esempio,
prendiamo una parola, antropolgia.
Individuiamo
i
due
morfemi
(elemento di una parola dotato di
significato) “antropo” e “logia”, entrambi dal greco. Un altro esempio,
più vicino a noi napoletani, può essere il termine dialettale “paccr”.
Questo deriva dal greco e significa
“con tutta la mano” (pàs,pàsa,pàn
tutto e keìr, keiròs mano). Sembra
incredibile ma è così, quando parliamo in napoletano spesso le parole
che diciamo derivano dal greco antico.
Ogni produzione linguistica va associata al concetto di spazio e tempo.
La deissi è la maniera più evidente
con cui si manifesta il rapporto tra
lingua e contesto. Analizziamo quindi brevemente il concetto di deissi
temporale e spaziale. Quella temporale permette di focalizzare l’enunciato lungo un’asse temporale (si
pensi agli avverbi ieri, oggi, domani,
l’altro ieri ecc), quella spaziale in un
luogo fisico (si pensi agli avverbi qui
e lì che indicano vicinanza e lontananza). Da questa breve dimostrazione possiamo capire quanto sia
importante il linguaggio in quanto
ci permette di esprimere idee, con-
cetti, necessità ecc. E’ la base di
qualsiasi scambio culturale interpersonale. Al giorno d’oggi la bellezza della nostra lingua viene
sottovalutata o messa da parte e
sempre di meno sono le persone
che fanno un corretto uso della
lingua italiana. L’italiano sta
scomparendo! In alcuni paesi esistono vere e proprie istituzioni
volte alla salvaguardia della lingua. La nostra costituzione recita:
“ la repubblica italiana protegge le
minoranze linguistiche”. Per nostra sfortuna, anche la lingua
principale sta diventando una
minoranza a causa degli influssi
di mille dialetti o lingue straniere.
Sia chiaro, la lingua è un sistema
aperto basato sullo scambio o prestito linguistico, tuttavia tutelare
la lingua italiana non è una cattiva idea. Pensate al momento in
cui pronunciate una parola, dietro
ci sono molteplici meccanismi
psico-fisici comuni a tutti.
Le parole, quindi, sono come pietre. Ogni singola parola che pronunciamo ha un suo peso, una sua
storia. La parola, o meglio la lingua, non è da sottovalutare. Come
le pietre di una montagna, a seconda dell’erosione a causa dei
cambiamenti climatici più o meno
aggressivi, ci permettono di capire
la storia di quella montagna così
la lingua, sollecitata da fattori
sociali e spesso anche fisici, ci
permette di capire la “storia del
nostro parlare”. Questa storia
accomuna tutti noi, a prescindere
dalla nostra visione religiosa o
politica; è un elemento comune a
tutti noi la cui bellezza è talmente
incommensurabile da essere quasi
trascendente.
“Il pensiero e il linguaggio sono
per l’artista strumenti della sua
arte.” O.Wilde.
Giuseppe Leone III A
N UMERO 1
P AGINA 7
YOUTUBE SERIES
La tv di qualità corre sul web
Giovani, irriverenti, creativi,
questo il ritratto dei giovani youtubers, che hanno sconvolto il mondo
del cinema e della televisioni con il
fenomeno delle web-series.
Ma procediamo per ordine. Quando nel 2005 fu fondata la videocommunity di “Youtube”, l’intento
degli sviluppatori era quello di
offrire a chiunque la possibilità di
condividere brevi filmati su qualsiasi cosa passasse per la testa
degli utenti. Non molti, però, avevano già intuito le grandi potenzialità che questa piattaforma on-line
avrebbe offerto.
Ma cos’è esattamente uno youtuber? Questo neologismo, assai utilizzato nel linguaggio della rete, sta
a indicare quelle persone che si
impegnano a pubblicare video sul
“Tubo” con assiduità e passione. E
con risultati spesso stupefacenti.
Uno dei primi youtuber italiani in
assoluto è stato probabilmente
Yotobi,
iscrittosi nel 2007, il
cui canale ha
recentemente
raggiunto le
300.000 iscrizioni. Grande
appassionato
di cinema e
videogames,
Yotobi fa da
sempre recensioni dei peggiori film di
serie B, quanto di più trash il mondo della cinematografia ha prodotto dall’invenzione della pellicola fino ai giorni
nostri.
Su Youtube, però, non troviamo
soltanto recensioni. Il fenomeno più
imponente, cui avevamo già accennato all’inizio, è quello delle webseries. Vere e proprie serie tv, scritte, dirette e interpretate da ragazzi
e condivise gratuitamente sul web.
Ecco allora che emerge il fenomeno Nirkiop. Un gruppo di sei
ragazzi di Taranto,
nato da un’idea di Nicola Conversa, che ha
fatto ridere migliaia e
migliaia di fan con la
serie Facce da Scuola.
Come non citare, poi,
i The Jackal, tre ragazzi di Napoli, che
hanno inventato un
nuovo modo di fare
spettacolo in maniera assolutamente interattiva. “Stiamo lavorando a
una serie sceneggiata dagli utenti,
nella quale i migliori commenti
verranno selezionati ed utilizzati
per scrivere le puntate successive.”
Questa la promessa, poi mantenuta, fatta agli utenti il giorno del
rilascio dell’Episodio 0 della loro
opera più conosciuta, Lost in Google.
Non possiamo, inoltre, non menzionare Cotto e Frullato, parodia
di un noto programma televisivo di
cucina, condotto dal simpaticissimo
Maurizio Merluzzo. In questa
serie di filmati, si può assistere alla
preparazione di deliziose leccornie,
frullate al termine del programma
insieme a qualche ingrediente assolutamente inappropriato.
Come in ogni bella favola non
mancano, però, i risvolti tristi. A
cominciare dalle web series iniziate
e interrotte dopo i primi episodi, a
causa della mancanza di fondi. É il
caso di Kubrick – Una storia por-
no, serie riguardante il fascino (e
le relative spiacevoli sorprese) che
il mondo del cinema può esercitare sui ragazzi. Prodotta da Magnolia Fiction, sceneggiata da La
Buoncostume
e distribuita
da The Jackal, la serie
è stata interrotta
dopo
tre episodi,
nonostante
la
qualità
eccellente
della recitazione.
Un
altro triste
esempio
è
quello de La
deriva del panda, prodotto interamente dai ragazzi de La Buoncostume, interrotto nel 2011
dopo appena una puntata. Ultimo, ma non per importanza, il
caso di Nemesis – A Chatroulette Story, serie scritta, ideata e
prodotta dai Fancazzisti Anonimi, tre degli youtuber più famosi
attualmente in attività. La trama
della serie è una delle più intense
e appassionanti tra quelle mai
proposte alla community italiana
di Youtube. Un vero peccato, insomma, che sia stata interrotta
alla terza puntata.
Non solo web-series, ovviamente. Youtube nasce come piattaforma per la condivisione on-line dei
filmati degli utenti, quindi gran
parte dei server del sito è occupata ovviamente da cortometraggi.
Abbondano, dunque, anche i filmati di breve durata, la cui natura è quasi sempre comica. Gli
autori? Citarli tutti sarebbe impossibile. Potremmo, però, accennare a Marco Merrino, in arte
P AUSA CAFFÈ
P AGINA 8
Croix89, che con la sua comicità
irriverente ha fatto ridere migliaia
di “ragazzi dai gusti pazzi”, come
lui stesso ama definire i suoi fan. E
potremmo parlare degli iPantellas
(recentemente sbarcati anche in
televisione), di Guglielmo Scilla, in
arte Wilwoosh, (approdato da
qualche anno anche nel mondo del
cinema), di NonApriteQuestoTubo, al secolo Claudio Di Biagio, o di
tantissimi altri youtuber che, onde
evitare di riempire queste pagine
soltanto di nomi, non possiamo
citare.
Come non pensare, poi, alle possibilità che Youtube offre a musicisti
indipendenti per farsi pubblicità.
Un esempio potrebbe essere costituito dagli ElectrOphelia, una
band electro-rock napoletana, cui si
deve la straordinaria colonna sonora di Lost In Google. Oppure si
potrebbe parlare di Mark The
Hammer, eclettico musicista che
propone sul suo canale pezzi sempre nuovi, modificando continuamente il suo stile.
Insomma, dalla sua nascita la
community di Youtube è cresciuta tantissimo, dando la possibilità a tanti giovani di mettere in
mostra il proprio talento. C’è da
sperare adesso che anche i produttori comprendano presto l’importanza di questo fenomeno. Il
prossimo Steven Spielberg potrebbe essere già sul web e rischia di non essere mai scoperto.
Giovanni Pezzella I C
Yume Nikki: il Diario dei Sogni
Urge una premessa: coloro che
amano i giochi veloci, vivaci, dall'azione coinvolgente, giochi in cui
occorre ammazzare nemici, avere
scariche di adrenaline a saltare su
edifici, piattaforme, esplosivi, giochi in cui far fuori nelle maniere
più spensierate o
cruente o
e cci tanti
possibili i
cattivi di
t urno,
anche a
costo della qualità
e f f e tt i va
della trama e della
s t o r i a
contenuta
nel gioco stesso, si astengano dal
continuare oltre questo rigo.
Per certi versi neanche il gioco che
voglio trattare ha una trama, una
storia effettiva che possa riuscire a
strabiliare e a permettere di scalzare le classifiche dei giochi più belli.
E' un gioco molto semplice, a tratti
scarno, sicuramente infinitamente
misterioso e confusionario, a prima
vista sembra fatto di getto, superficialmente nel giro di una giornata
da un uomo che non aveva nulla da
fare; questa ipotesi non sarebbe
neanche tanto campata in aria,
giacché nei crediti di questo gioco
indie freeware si verrà a scoprire
che una sola persona, Kikiyama, è
responsabile della creazione, della
produzione, dei disegni e delle musiche del gioco, senza alcun altro
collaboratore. La grafica , poi, su
motore RPG Maker 2003 (per intenderci la vista dall'alto dei primi
giochi di Zelda) non è certo tra le
migliori e mozzafiato. Perché allora
nel mondo del web è così tanto
celebre, tanto discusso e ha anche
tantissimi fan e persone che lo
amano e lo
celebrano
come un “
capolavoro
incompreso” ?
Trama
del
gioco: il giocatore vestirà i
panni di Madotsuki,
ragazzina dall'età indefinita
con le treccine
e gli occhi
sempre chiusi,
il cui unico scopo è mettersi sotto le
coperte del suo letto ed essere catapultata nel suo immenso mondo
dei sogni; entrato in esso, l'unico
obiettivo sarà quello di raccogliere
gli Effetti, 24 oggetti sparsi per i
12 mondi dei sogni, ognuno dei
quali, se evocati, cambieranno l'aspetto o fungeranno d'accessorio
per la ragazzina. E basta!
Chi della categoria che ho citato
nella premessa ha avuto la curiosità ancora di continuare a leggere, o
finalmente si sarà deciso a smettere di farlo sghignazzando, comunque continuerà a chiedersi allora
cosa ha di così speciale e meraviglioso un gioco così banale.
La soluzione sta proprio nel finale
del gioco, pur sempre appartenente
alla scarna trama effettiva del gioco: una volta raccolti i 24 effetti ed
essersi risvegliata e tornata normale Madotsuki salirà su una
scala, spuntata dal nulla vicino
al balcone, e si suiciderà buttandosi giù nel vuoto. Qualsiasi giocatore che ha giocato per la prima volta a Yume Nikki, dopo
aver assistito a tale finale, sarà
saltato dalla sedia o comunque ci
sarà rimasto di sasso e profondamente perplesso, se non angosciato. Ed a quel punto forse
anche il gamer più “ spensierato”
e volenteroso dell'azione avrà
iniziato a vedere il gioco sotto
una luce diversa e a rivedere con
occhio più vigile i tantissimi elementi di cui è composto nel contorno il gioco della protagonista,
ognuno dei quali rivela un proprio significato celato che possa
spiegare il perché di un simile ed
estremo gesto, ognuno dei quali,
tuttavia, allo stesso tempo rimane misterioso e impossibile da
interpretare. Uno dei primi proprio quel “ mondo reale” composto solo dalla stanza della ragazza e il balcone, in cui le uniche
azioni che potremo fare è giocare
al videogioco NASU e, alla fine di
Yume Nikki, compiere il suicidio;
andare oltre la porta della stanza
sarà impossibile, poiché la ragazzina ogni volta scuoterà la testa
e si rifiuterà di uscire. Nel mondo dei sogni, poi, ci si può sbizzarrire nel trovare elementi misteriosi in cui scervellarsi nelle
interpretazioni: i 12 mondi sono
luoghi perlopiù bui, solitari, composti tra l'altro da ulteriori luoghi secondari e nascosti, tutti
ambienti misteriosi, celestiali o
angoscianti ( alimentati soprat-
N UMERO 1
P AGINA 9
tutto dalle diverse musichette ripetitive che risuoneranno in ognuno
di essi) pieni di bizzarri e, a volte,
spaventosi particolari nelle scenografie e gli sfondi ( come volti urlanti, figure sanguinanti e mostruose o addirittura arti mozzati ambulanti); nella maggior parte di essi
sarà possibile anche imbattersi in
tantissimi personaggi, alcuni dei
quali umani o dall'aspetto umanoide, molti altri creature dall'aspetto
bizzarro e variopinto o spaventoso e
macabro.
Proprio questa mancanza di una
trama e di una spiegazione per
qualsiasi meccanica del gioco, sono
le chiavi del successo di Yume Nikki, rendendolo un gioco che tutti
possono far proprio. A differenza
della maggior parte degli altri giochi , infatti, in cui il giocatore dovrà
muoversi e avanzare entro una
trama lineare già strutturata
dall'autore, Yume Nikki pare lasciato apposta “incompleto”, affinché ogni giocatore possa interpretare alla propria maniera e farsi
entrare nel cuore la triste storia di
Madotsuki, e trovare il motivo conduttore per la sua tragica fine,
celato in ogni minimo e all'apparenza insignificante elemento, personaggio e luogo del mondo dei
s
o
g
n
i
.
Proprio questo enorme ed intrigante mistero che avvolge il titolo rappresenta quella ventata di novità,
la sfida nello spalancare nuove
frontiere del mondo videoludico,
spingendo migliaia di giocatori a
rispecchiare la propria vita, i propri pensieri e le proprie esperienze
in quelle della piccola e sfortunata
ragazzina, e a impietosirsi per le
enormi sofferenze che hanno
condotto alla distruzione prematura della sua fragile vita.
Non vi biasimo se queste mie
righe non sono riuscite a sollecitarvi, e a buttarvi alla sua ricerca giusto per curiosità; non ci
sono parole per descrivere le
emozioni, il mistero e il senso di
malinconia, tristezza e solitudine
che ho avvertito ogni secondo che
vagavo in quell'insieme di mondi
onirici, ma vi posso assicurare
che solo se vi lascerete trasportare dall'atmosfera del gioco, potrete innamorarvene.
Leonardo Bruno (exPansiniano)
Regia: Mario Bava
Cast: Luigi Pistilli, Claudine Auger, Leopoldo Trieste, Laura Betti,
Claudio Volonté.
Musiche: Stelvio Cipriani
Durata: 95 minuti
ITALIA, 1971
Un’anziana signora viene impiccata dal marito, dal quale è separata,
nella sua villa che si affaccia su
una baia. L’omicida viene poco dopo ucciso a coltellate. Nel frattempo
sopraggiungono: un architetto che
vuole speculare sulla baia e i due
possibili eredi della villa.
Questo è uno dei migliori film di
Mario Bava, che è anche il direttore della fotografia, talento trasmessogli dal padre Eugenio, effetti
speciali del grande Carlo Rambaldi
(il creatore di E.T. e dello xenomorfo di Alien), inquietante musica di
Stelvio Cipriani. Un film in cui “gli
esseri umani sono raccontati come
insetti in un mondo dominato da
pulsioni brutali” (Morando Morandini). È diventato un cult e ha dato
inizio al genere slasher (morti violente con armi da taglio) ed ha ispirato numerose produzioni americane come “Halloween – La notte
delle Streghe” di John Carpenter e
la saga di “Venerdì 13” creata da
Sean S. Cunningham (in un film
della saga vi è una scena che copia
spudoratamente questo film).
Ottimi gli attori e la recitazione,
così come è ben fatto il doppiaggio. Pino Locchi doppia Luigi
Pistilli, mentre Rita Savagnone
doppia Claudine Auger.
Per una maggiore godibilità del
film si sconsiglia l’edizione DVD
italiana, a causa della qualità
audio scadente e del video disturbato, e dei pochi contenuti extra
disponibili.
In conclusione, “Reazione a catena” (anche noto col titolo
“Ecologia del Delitto”) è un buon
film, molto inquietante e con un
lavoro tecnico eccellente.
Francesco Effuso I C
P AUSA CAFFÈ
P AGINA 10
Colpa delle stelle
“I miei pensieri sono stelle che
non riesco a convergere in costellazioni”.
Hazel Grace Lancaster ha sedici
anni, a tredici
anni le è stato
diagnosticato un
tumore alla tiroide
e, successivamente, ai polmoni.
Grazie a un farmaco sperimentale, però, il suo
cancro è in regressione. I tre anni
che lei ha perso in
ospedale, tuttavia,
cominciano a farsi
sentire: la sua
migliore amica di sempre, Kaitlyn,
ha un ragazzo, e le cose sembrano
essere cambiate così tanto che Hazel, già timidissima, si chiude sempre di più in se stessa, tra televisione e i suoi amati libri. La madre,
temendo che la ragazza si stia avviando verso la depressione, e sotto
consiglio dei medici, la convince ad
andare ad un gruppo di sostegno,
sperando che almeno lì si faccia
degli amici. Ed è proprio lì che tutto cambia. Al gruppo di sostegno
conosce un ragazzo affascinante e
misterioso, amico del suo compagno
di gruppo Isaac, Augustus “Gus”
Waters, diciassettenne, ex giocatore di pallacanestro, a cui era
stato diagnosticato un lieve
osteosarcoma un anno e
mezzo prima. Dopo un'iniziale diffidenza, Hazel e
Augustus riescono a stringere un'amicizia che diventa
sempre più stretta, attraverso libri, messaggi e risate.
Hazel riesce addirittura a
convincerlo a leggere il suo
libro preferito :”Un'imperiale
afflizione” ,da cui Augustus
è ossessionato quasi quanto
lei. Quel libro, però, non ha
finale. Lascia spazio all'immaginazione, lascia immaginare cosa sia
successo, ma questo ad Hazel e Gus
non basta più. Van Houten, però, è
totalmente irraggiungibile, vive ad
Amsterdam ed è impossibile rintracciarlo. Ma Gus, tramite la mail
della segretaria dello scrittore,
riesce a contattarlo. I due ragazzi,
dopo varie difficoltà, riescono a
partire per Amsterdam per incon-
trarlo .Ad attenderli, però troveranno una grossa delusione. Lo
scrittore, infatti, non è per niente
come se lo aspettavano...
John Green (scrittore statunitense di cui ricordiamo anche “Città
di carta” e “Cercando Alaska”), in
Colpa delle stelle, è come Van
Houten in “Un'imperiale afflizione”. Riesce a capire e colpire
dritto al cuore dei lettori e a render chiari i pensieri di Hazel, i
pensieri di una sedicenne che le
ha passate letteralmente tutte.
Con uno scenario al contempo
romantico, dolce, divertente e
malinconico e con un linguaggio
giovanile e leggero, adatto a una
ragazza della sua età, riesce a
caratterizzare la protagonista in
modo assolutamente straordinaria per il suo libro assolutamente
straordinario.
Giulia Sodano V H
SALVATION
"Signorina, dove scende?"
"Lei pensi a guidare"
6 fermate.
Sorrisi, chissà come le doveva sembrare la mia voce. Sono una delle
poche persone al mondo ad avere
una buona opinione della propria
voce. Non che la qualità delle proprie emissioni vocali abbia molta
importanza, quando un cancro ti
divora lo stomaco secondo dopo
secondo. E' un dolce, effimero conforto, sapere che avrei potuto fare il
doppiatore, lo youtuber, lo sceneg-
giatore radiofonico.
Ma anche un terribile dolore, che
nascondo insistentemente dietro
ogni angolo di strada, dicendomi
che posso affrontarlo a tempo debito, con calma.
Stasera l'autobus è quasi deserto.
Guido assorto, immerso nella luce
artificiale del mio abitacolo, con le
luci stradali che ritmano la corsa
lasciando sul mio volto ad intervalli
regolari le loro strisce di arancione,
bianco funereo, rosso rabbico, come
i raggi laser immaginari lasciati da
pistole immaginarie durante il
gioco di due bambini. Gli speaker
alla radio, dalla voce calda come
un fuoco scoppiettante, stanno
introducendo uno sceneggiato
radiofonico, uno di quelli che
dopo la calata del sole rendono il
viaggio un'esperienza intima, fra
me e me. I miei preferiti.
Le malinconiche, seppur scontate, note di un pianoforte accompagnano l'entrata in scena del
primo attore. Parlano, parlano,
le loro voci riempiono il silenzio.
N UMERO 1
Parole belle, parole piene, che costano poco e danno tanto. Parole
con un'anima, che avrei potuto
pronunciare io alle orecchie di
qualche altro autista con un cancro. Che avrei potuto pronunciare
nella calma dello studio, sicuro che
a casa avrei trovato pace. E che il
massimo del dolore, a breve termine, era la perdita della mia squadra del cuore.
Il viaggio è piacevole, la strada una
lunga distesa dove far rotolare le
ruote del mio mezzo pubblico, a cui
tengo molto. Nulla può interrompere questa catarsi, nulla può rovinare la statica perfezione delle strade
notturne di città, nulla.
5 fermate.
Una goccia, poi un'altra, che si
incrociano e si sfidano sul parabrezza lasciando scie. Delle compagne le seguono, una dopo l'altra,
cadendo copiose e disegnando l'idrografia di quel pezzo di vetro
incastonato nella scocca di un mezzo pubblico. Dandogli anima.
La luce dell'abitacolo sfarfalla, e
infine muore.
La radio lascia l'ultima frase
dell'attrice a metà, nel più bello di
una dichiarazione d'intenti che mi
era assolutamente indifferente, in
quanto avrei potuto dirla io.
Il placido brusio del motore non mi
lascia, e proseguo nella notte piovosa, immerso nel pieno silenzio della
notte. Romba, motore, romba, elimina il silenzio.
Qualcosa mi scende in fondo al
cuore, caldo e consolante, dandomi
una sensazione di pace che ormai
non provo da mesi, che solo al pensiero mi trasmette statica disperazione.
E' consapevolezza.
4 fermate.
Do uno sguardo nello specchietto,
ho 3 passeggeri.
Una ragazza, di bell'aspetto e sulla
ventina. Due ubriaconi, seduti agli
ultimi posti, addormentati uno
nelle braccia dell'altro, in cerca di
calore umano.
La ragazza si è seduta quanto più
lontano è possibile da loro, e ogni
tanto si lancia occhiate diffidenti
alle spalle.
Lei pensi a guidare, penso fra me e
me.
Un sorriso dolce mi increspa il volto.
"Beh io ci penso, signorina. Ma
arrivati al capolinea non penso che
potrò continuare ancora a lungo."
"Lei dice?"
Accolgo in silenzio la sua obiezione,
sorridendo stolidamente. 3 fermate
P AGINA 11
e dovrò fermarmi, far scendere gli
ubriaconi e la signorina e andare
placidamente a ritirarmi nel mio
splendido appartamento del quale
non posso più pagare le rate d'affitto.
Che importanza ha, ormai? cambierebbe qualcosa se avessi i soldi?
3 fermate.
Certi colleghi mi raccontano che a
volte, quando fanno il giro lungo
per le colline, guidano per ore e ore
con i cadaveri dei barboni che cercano riparo nell'autobus. Guidano
per ore con un cadavere a poca
distanza, di notte. E quando arrivano alla stazione, e si accorgono
della presenza, sono costretti ad
avvicinarsi. Per sincerarsi delle
condizioni. E toccano un cadavere,
lo tastano, magari gli dicono anche
in tono confidenziale che quell'autobus non è un hotel e che dovrebbero togliere le loro chiappe dal
sedile.
Certe volte mi chiedo se quando
mia nipote mi bacia è come se stesse baciando un cadavere.
2 fermate.
Placide, le luci.
Le auto agli angoli della strada
risplendono dei miei fari. Gatti
randagi fuggono in direzione delle
loro tane, in cerca delle loro compagne notturne. Come invidio la loro
vita breve ed ignorante. Il nulla
emotivo che compone lo scandire
dei loro giorni. Com'è bello non
essere consapevoli.
Capolinea.
Mi giro, la guardo.
Apro con il bottone le porte.
La guardo negli occhi.
Sono verdi.
Non ci vuole molto per capirci, le
ore notturne, secondo me, amplificano la percezione.
Chiudo le porte.
Riparto, dirigendomi verso la periferia.
Lei viene a sedersi accanto a me, su
un sediolino immediatamente dietro il posto del guidatore. I suoi
occhi sono verdi.
Spesso mi ero lamentato di quel
posto, quando magari vi si siedeva
un bambino petulante ed ero costretto a sorbirmi le sue litanie
nelle orecchie. Ma è da un po' che
non accoglievo bambini sul mio
autobus. Da quando era iniziata la
mia agonia, era sopraggiunta l'insonnia, e con essa il trasferimento
al turno di notte. Ora i sudditi del
mio regno erano ubriaconi, drogati,
figli di papà al ritorno dalla discoteca.
Prendo la strada costiera.
Le curve sono dolci, accompagnarle con il volante è un piacere. Mi fermo in mezzo alla strada, spegnendo i fari, gustandomi
il silenzio.
Respiriamo, per 10 minuti.
Silenzio.
A volte il mare è verde.
Lei mi viene accanto, mi guarda,
mi comunica.
La bacio.
E' un bacio dolce, un bacio di
morte. Un effimero scampolo di
vita nell'esistenza di due ruderi.
Non so perchè lei è morente, ma
lo sento, lo comunica.
Ho un'erezione, mentre la sua
lingua si muove nella mia bocca.
Curioso come gli ultimi rantoli di
vita siano sempre i più piacevoli.
Lei mi sussura di ripartire, e
mentre io premo l'acceleratore
mi sfila con dolcezza le mani dal
volante. E' lei ora ad accompagnare le curve, con un espressione beatamente risoluta sul volto,
illuminata dagli sporadici lampioni. Mai il golfo di Napoli è
stato così bello da vedere, mai la
staticità del vesuvio, così imponente, è stata così bella, mai
quelle curve sono state più belle,
mai la bellezza ha riscaldato, ha
invaso i cuori. Mai come quella
sera.
Bello, profondamente bello.
La strada si fa dritta per un po',
e a 100 m di distanza è visibile
un'altra curva. La costiera Amalfitana è quasi alla fine.
Lei non muove il volante.
Mancano 20 m alla curva, ma il
volante resta fermo, come il perno di un meccanismo che stiamo
inceppando. Ce la stiamo facendo, mi dico, sto fermando questa
macchina di morte, sto mettendo
i bastoni fra le ruote al fato. Perchè quel volante, quel fermo ingranaggio di distruzione che
girando mi porterà più vicino
alla morte, non si muoverà. resterà ottusamente fermo. Mi
salverà.
Ho ancora il tempo di un ultimo
sguardo, coronato da un sorriso.
Anche lei sorride.
I suoi occhi sono verdi.
E, in pochi secondi, voliamo diretti verso la salvezza.
Gianmarco Landi I A
ORA TOCCA A TE
R EDAZIONE
Coordinamento:
Prof.ssa Maria Palumbo
Caporedattori:
Gianmarco Landi,
Giovanni Pezzella,
Lorena Liparoti
Impaginazione e Grafica:
Giovanni Pezzella
Hanno collaborato a questo numero:
Leonardo Bruno
Antonia De Vivo
Francesco Effuso
Gianmarco Landi
Giuseppe Leone
Alessandro Peluso
Giovanni Pezzella
Marco Sica
Giulia Sodano
Eva Luna Tarallo
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“ P AUSA C AFÈ”
PAUSA CAFFÈ
LA VOCE DEL PANSINI
Cari signore e signori, benvenuti alla prima edizione de “Gli indovinelli della Luna”! Cosa c’è di meglio
che dilettarsi in alti passatempi volti ad esercitare ragione e logica?
Scherzi a parte, vi propongo un indovinello, uno facile per cominciare, per far capire il funzionamento
del rompicapo, da applicare poi per gli indovinelli futuri. Lo scopo finale ovviamente è trovare la soluzione tramite indizi. Gli indizi vi porteranno per prima cosa ad una parola, i successivi vi diranno come modificarla per ottenerne una parte, apparentemente senza senso. L’unione di queste parti porterà
alla soluzione.
Buon divertimento!
Ciò che ti dico non è una frottola,
togli ciò che fa la trottola
da chi ha il collo lungo e gira in coppia,
senza dimenticare di togliere la doppia.
In natura l’alto verde,
più inizi di giornata perde.
Unisci ciò che hai trovato,
scoprirai da chi è emesso un raggio dorato.
Eva Luna Tarallo I F