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LA RISCOPERTA DI
UN MAESTRO
TRA SIMBOLISMO
E NOVECENTO
Sezioni della mostra
PORDENONE
GALLERIA D’ARTE
MODERNA
E CONTEMPORANEA
“ARMANDO PIZZINATO”
VIALE DANTE 33
10 APRILE
21 SETTEMBRE 2014
1.
Gli anni di “Arte italiana decorativa e industriale”, 1900-1905
Autodidatta, D’Andrea ebbe una prima esperienza professionale, a cui è dedicata
questa prima sezione, collaborando ventenne con disegni per illustrazioni di motivi decorativi alla rivista “Arte italiana decorativa e industriale”. Diretta da Camillo
Boito, era volta a diffondere nelle scuole d’arte un repertorio di forme che potessero costituire lo “stile” dell’Italia unita che si affacciava sul ventesimo secolo, sulla
base della documentazione del passato riproposta nel presente, con qualificante,
stretta integrazione tra arti “maggiori” e “minori”. I disegni erano impaginati nel testo
delle singole pagine di ciascun numero con illustrazioni fotografiche e, in chiusura, in alcune tavole, nonché in altre tavole, allegate, di dettagli. La collaborazione di
D’Andrea inizia con il n. 2 del 1900, con specifica, ma non esclusiva, attenzione ad
edifici e oggetti di area lombarda, come nell’annata seguente, in cui la produzione
dell’artista è maggiore, come lo sarà nel biennio 1904-1905, mentre nel 1902-1903
è più ridotta per il richiamo al servizio militare di leva.
2a.
L’architettura e la scultura nella pittura, Milano 1906-1930
L’interesse, e il rapporto, per l’arte del passato, soprattutto per l’architettura, e per
la stessa scultura, in connessione con l’architettura, coltivati professionalmente da
D’Andrea nel primo lustro del secolo per le illustrazioni pubblicate nella rivista “Arte
italiana decorativa e industriale”, restano attivi in D’Andrea dopo il trasferimento nel
1906 a Milano e l’interruzione di quella esperienza, anche proprio come loro conseguenza, in particolare nell’attenzione per i monumenti locali, a cominciare dal Duomo e dalla Basilica di Sant’Ambrogio, in una serie di dipinti, con ricorrente attenzione
alle decorazioni scultoree, anch’essa debitrice della lezione di Boito: l’architettura e
la scultura nella pittura, appunto, come presto, dal 1910, con un ribaltamento di
soggetto e oggetto, la pittura nell’architettura. Inclinazione che si ritroverà in altri,
più tardi, dipinti, allora rivolta alla nuova Milano, col singolare episodio della veduta
di Milano degli anni ‘30, qui esposta, che sintetizza l’ieri e l’oggi in un’unica visione/
immagine.
2b.
L’architettura e la scultura nella pittura, Sicilia e altri luoghi, 1905-1930
Ancora legati all’eredità di Boito sono i disegni e i dipinti di questa sezione nei quali
protagoniste sono le architetture del passato di altre località italiane, in particolare, fin dagli anni ‘10, siciliane (la Cattedrale di Palermo, quella di Cefalù, la Zisa e
altri edifici monumentali). Che lo influenzarono, e a cui il pittore dedicò un nutrito
corpus di disegni ed oli eseguiti durante soggiorni nell’isola nel 1915, nel 1918 e
forse in altre date precedenti e successive al biennio 1916-1917, quando D’Andrea
Assessorato alla Cultura
è in Valsugana, combattente al fronte. Le opere attribuibili al primo soggiorno sono
caratterizzate da pennellate più sciolte, libere e materiche, diversamente da quelle,
maggiormente definite, databili attorno al 1918. Più tarde, di misure molto maggiori
e stilisticamente differenti, nel taglio della veduta, nel cromatismo vivo e nell’aerea
leggerezza dell’insieme, le due vedute di Santa Maria della Steccata a Parma e della
Cattedrale di Castellarquato, ormai documenti maturi della pittura degli anni ‘20 del
maestro.
3.
La pittura nell’architettura, 1913-1938
È nella decorazione architettonica che D’Andrea trova alcuni dei più importanti riconoscimenti, già nel 1910 con la collaborazione alle perdute decorazioni liberty del
negozio American Shoe in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, e nel corso degli anni
‘10 con quelle, del 1911-14, sempre a Milano, dell’androne di Casa Berri-Meregalli in
via Cappuccini 8, costruita da Giulio Ulisse Arata, e del 1913-15, in Villa Erba a Cernobbio, sul Lago di Como, documentate in mostra attraverso riproduzioni fotografiche. Come l’impresa decorativa più celebre dell’artista, i cartoni del 1915 per il grande mosaico che occupa l’intera sala del bar Camparino in Galleria Vittorio Emanuele
a Milano, ultimo incarico prima di un lungo silenzio, interrotto solo nel 1935-1936
con una serie di cartoni per le vetrate della Chiesa del nuovo Ospedale Maggiore a
Niguarda (1935), non eseguite, e due vetrate realizzate per il Pantheon (o Sala dei
Benefattori) del medesimo ospedale (1938).
4.
Tra simbolismo e divisionismo, 1910-1925
Pur non allineabile al simbolismo centroeuropeo, D’Andrea ne sente l’influenza. Lo
documenta soprattutto questa sezione della mostra, ma anche, nella successiva,
con questa interferente, un quadro come Gratia plena, del 1920-1921, che ricorda il
dipinto Le cattive madri, del 1896-1897 di Segantini. Però fuori di forzature espressionistiche e concettuali e in genere di rapporti puntuali con situazioni e autori di
quella situazione, con cui fu in contatto, anche per la contiguità del suo luogo di
nascita e prima formazione con le regioni in cui si affermarono le congiunture secessioniste e simboliste transalpine, in particolare austriache e della bassa Germania. Più puntuali i nessi col divisionismo milanese e romano, con cui l’artista ebbe
un rapporto diretto negli anni ‘10, evidente nella tecnica, principalmente, ma anche,
talora, nei soggetti e nella
loro presentazione, come nel primo quadro di questa sezione, Campidoglio, che
nell’edificio in costruzione sulla destra chiuso da impalcature richiama dipinti quali
Officina a Porta Romana di Boccioni del 1910 e La giornata dell’operaio di Balla del
1904.
5.
La tensione al sacro, anni ‘10-’30
Connessa nelle tematiche e nella componente spiritualista a opere della precedente
sezione dedicata ai rapporti di D’Andrea con il simbolismo e il divisionismo, questa
parte della mostra punta sulla tensione al sacro, nell’artista radicata. E dominante
nella sua produzione della prima metà degli anni ‘20, in chiave esplicitamente cri-
stiana, puntata sul ciclo organico della Vita di Maria Santissima, dall’Annunciazione
alla Fuga in Egitto con Gesù e Giuseppe, qui integralmente documentato attraverso
una selezione dei numerosi dipinti sugli stessi soggetti. La tematica sacra torna nei
cartoni e nelle vetrate per il nuovo Ospedale Maggiore a Niguarda, esposti nella sezione 3. Significativo il fatto che D’Andrea, gravemente ammalato, al termine ormai
della vita, si sia iscritto al concorso per una pala d’altare nella chiesa di Sant’Angelo
a Milano e che lo scultore Riccardo Fontana, che gli fu vicino in quel difficile e triste
periodo, abbia tentato di ottenere la realizzazione di una grande retrospettiva nel
Centro culturale Angelicum, annesso alla chiesa di Sant’Angelo e al Convento milanese di San Francesco.
6.
Lo spirituale nel naturale, 1905-inizio anni ‘20
Primaria, anche quantitativamente, nell’opera di D’Andrea, è la preferenza per soggetti naturali, montagne, laghi, pascoli, in particolare, ma non solo, delle natie regioni alpine. Paesaggi sempre vissuti, anche nella pittura, con inclinazione ecomplicità
poetica, mai solo, crudamente, “territori” nella corrente accezione fisico-geografica,
o addirittura economico-commerciale. E talora trasfigurati nell’allegoria e nel simbolo, come in alcune opere raccolte in mostra nella sezione Tra simbolismo e divisionismo, e più frequentemente pervasi da una spiritualità non trascendente, né
tanto meno sacrale, di rapporto con la divinità, ma alla natura immanente. Così nei
dipinti di cui si dà qui una selezione con immagini esemplari, nella diversità di realtà
e situazioni, ma unite dall’aspirazione a un’assolutezza travalicante la narrazione,
per attingere una dimensione spirituale coinvolgente in un’individuale e quindi differenziata esperienza interiore di meditazione ed elevazione, finanche metafisica,
pur entro e non oltre la realtà fisica.
7.
Natura e paesaggio, 1905-1932
Il gran numero di dipinti dedicati da D’Andrea alla natura e al paesaggio ha richiesto
una seconda sezione, volta a consentire una loro più ampia conoscenza, con opere
anche talora affini a quelle esposte nella precedente sezione, come alcune immagini di Ulivi e Uliveti ed altri paesaggi siciliani, ma in genere meno sinteticamente
tese a cogliere e fissare sulla tela la dimensione spirituale immanente nel naturale,
a favore di una maggiore attenzione al dato naturale in quanto tale e quindi alla
registrazione oggettiva della natura. Con una forte partecipazione emotiva, come
nel crudo paesaggio di Orte, della seconda metà degli anni ‘10, e più ancora in alcuni
dei primi paesaggi siciliani, dipinti con pennellate veloci e perentorie nel soggiorno
nell’isola del 1915 e quelli del più tardo 1918, cariche di energia, seppur formalmente più definite, quali l’affocato Tramonto e le numerose vedute di Uliveti, dai colori
caldi e luminosi della generosa solarità dell’isola, da accostare a coeve scene bucoliche di ambientazione romana, quali Gregge in campagna romana e Via Appia, e
forse Pastori.
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8.
Gli anni della Grande Guerra, 1915-1918
La sezione, che raccoglie pitture e disegni eseguiti da D’Andrea nel biennio 1916-17,
al culmine della Grande Guerra, quando, militare combattente, era di stanza a Telve, nel Trentino, si apre con il quadro, di questo Museo, Il Corso Vittorio Emanuele il
giorno della dichiarazione di guerra, del 1915. Dipinto dall’artista in contemporanea
con l’evento, ha, con la sua retorica, un sapore macabro nel contesto delle altre opere qui esposte, che presentano la contrapposizione tra la serenità dei paesi ancora
integri e vivi e gli orrori della guerra che li colpirono, devastandoli e provocando morti
e feriti.
I borghi fermati sulla carta da D’Andrea, tra le ultime testimonianze visive della realtà originaria, suonano come una condanna senza giustificazioni della guerra, che i
tre dipinti del 1916, anch’essi eseguiti in diretta da D’Andrea, Incendio a Telve, Incendio a Telve Valsugana, Telve in fiamme, raffiguranti la distruzione col fuoco di Telve,
dopo le devastazioni più atroci, rendono più forte con la forza del linguaggio dell’arte, memoria del passato e ammonimento per il presente.
9.
La figura femminile. La maternità. L’Eros, 1906-anni ‘20
Altro tema ricorrente nell’opera di Angiolo D’Andrea è la figura femminile, ritratta in
epoche diverse e in diverse situazioni, tra le quali soprattutto la maternità, esaltata
anche nel ciclo Vita di Maria Santissima, documentato nella sezione 5, e l’Eros, con
cui si apre questa parte della mostra, con un sensuale, raffinato e formalmente notevole Nudo femminile sdraiato a sanguigna su carta del 1906. Rilevante anche su di
un piano documentario del costume, oltre che per il rapporto con la cultura figurativa lombarda di inizio secolo è l’interesse per l’abbigliamento, fin dagli anni ‘10, nel
Ritratto di nobildonna e in Donna seduta con cappello, qui presentati con La modella
degli anni ‘20, in cui l’attenzione per la moda è esplicitamente dichiarata.
10.
Le suggestioni del genere: fiori e nature morte, 1910-1930
Spesso di alta qualità, come il primo qui esposto, con turgidi fiori che coprono l’intera superficie del quadro con un singolare, espressivo, horror vacui o Cuscino, ceramiche, rose con una suntuosa ambientazione in un edificio monumentale chiesastico, sono assai numerosi, anche per la più diffusa richiesta del mercato e coprono
l’intero arco del percorso creativo di D’Andrea.
Di difficile datazione, quando sono cronologicamente collegabili a opere dell’artista
di altra tematica contribuiscono all’approfondimento della conoscenza della tecnica e delle scelte cromatiche dell’artista.