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IL GIORNO 8 OTTOBRE 2010, L’ASSOCIAZIONE ARCHITECTURAL & URBAN FORUM HA INVIATO UNA LISTA DI 10 DOMANDE
AGLI ATTUALI CANDIDATI SINDACO AL COMUNE DI MILANO (AD OGGI: GIULIANO PISAPIA, STEFANO BOERI, VALERIO
ONIDA, MICHELE SACERDOTI), AL FINE DI MEGLIO CONOSCERE I RISPETTIVI PROGRAMMI, CON RIFERIMENTO A TEMI
URBANISTICI E TERRITORIALI CRUCIALI PER MILANO. DI SEGUITO LE RISPOSTE PERVENUTE:
1. PERIFERIE. Il PGT in approvazione da parte dell’attuale amministrazione comunale farà sì che il mercato abbia un ruolo cruciale
nella distribuzione delle nuove volumetrie edilizie sul territorio comunale. Pensa che questa impostazione possa portare alla
“trasformazione delle periferie generiche della città di Milano in nuove e molteplici centralità identitarie” (obiettivo dichiarato nel
PGT) o pensa, nel caso fosse eletto, di poter/dover indirizzare diversamente la collocazione degli eventuali nuovi volumi nel
territorio milanese?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Non sono d’accordo con la densificazione senza controlli, in particolare nelle
zone fin troppo dense (20.000 ab/kmq) tra le mura spagnole e la cerchia ferroviaria. Il mio PGT non assegnerà un indice
volumetrico alle aree agricole.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Cosa sono le “nuove centralità identitarie”? Io non lo so, voi lo sapete? Il Piano di
governo del territorio dovrebbe servire, appunto, a governare lo sviluppo della città. L’attuale piano sembra rimettere tutto alla
“spontaneità”, cioè al mercato degli immobili. Non si può, invece, rinunciare ad avere una idea della città che cresce.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Il mercato come appare disegnato dal PGT è del tutto asimmetrico: è chiaro solo
che si aprirà una contrattazione su diritti volumetrici largamente presunti, a prescindere dalla esistenza di acquirenti reali, in carne
ed ossa. Chi sono gli abitanti cui il PGT si riferisce? Quali saranno i redditi reali senza i quali non c’è acquirente? O, per dirla in altro
modo, quale pensa sia il PGT la domanda reale di abitazione e servizi? Si dimentica, se si vuole parlare del mercato reale, che a
Milano ci sono decine di migliaia di appartamenti sfitti e vuoti (stime di 10.000 pubblici e di 70/80.000 privati) e di 800.000 mq a
servizi e uffici, ugualmente inutilizzati. Siamo sicuri che parlare di mercato abbia senso, in questo quadro? Il PGT va profondamente
rifatto, a partire da orientarlo nel senso della area metropolitana e in quel senso rivedere tutte le previsioni.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): L’errore di fondo del PGT è quello di non avere una visione generale del futuro di
Milano che cerchi di immaginare le tipologie di lavori e le realtà sociali della nuova città, e questo problema si riflette su tutti i suoi
aspetti, rendendo arbitrari i suoi calcoli previsionali. Il PGT non funziona, perché rende possibili delle trasformazioni prive di
governo. Inoltre, un piano privo di un censimento del vuoto e dello sfitto non può parlare di nuove residenze. A questo aggiungo
che il generico richiamo a una non meglio precisata “Borsa dei valori immobiliari” rende ancora più confusa – e dunque pericolosa –
l’enfasi data al concetto di perequazione. E l’atteggiamento sul Parco Sud è pericoloso, perché non si ha nessun progetto ma
soltanto un indice volumetrico.
2. NUOVI ABITANTI. Dal punto di vista quantitativo, il PGT prevede 300.000 nuovi abitanti per Milano. È una previsione credibile
in questo momento storico? Chi potrebbero essere questi 300.000?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): La previsione di 300.000 nuovi abitanti non è credibile, potrebbero essere al
massimo 100.000. L’ufficio statistica del Comune non prevede neppure questo.
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VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Milano ha perso 400.000 abitanti in pochi decenni. Come si può pensare di
riportarne qui 300.000 (che non siano nuovi milionari russi!), con i prezzi attuali delle abitazioni disponibili? Milano ha un’eccedenza
di immobili anche residenziali a prezzi elevati, e un deficit di alloggi ad affitti moderati. Si può puntare a fermare l’esodo dei giovani,
e magari a farli ritornare, con un programma edilizio che accresca la disponibilità di questi ultimi, e con una gestione migliore del
consistente patrimonio residenziale pubblico.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Nello stesso PGT si fa riferimento, in luoghi diversi a quantità differenti. 100.000
sembra una quantità più adeguata e realistica ma vale, comunque, il secco cambiamento di asse, come indicato sopra.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Cerchiamo di essere realisti: una città come Berlino ha attratto migliaia di giovani
perché è stata in grado di dar loro opportunità, dagli affitti, al lavoro, alla cultura. Milano è una città dove queste opportunità ci
sono sempre meno e dove gli affitti sono alle stelle. Il centro storico è vuoto, e nel mentre il PGT fa previsioni sballate e legate a
una semplice crescita estensiva della città. Anche perché manca una visione della città del futuro, delle sue dinamiche sociali, delle
nuove tipologie di lavori. Questa città non può veramente crescere perché non dispone di un piano per la crescita.
3. EDILIZIA SOCIALE. Il tema dell’edilizia sociale è strategico per la Milano di oggi? Come si può questo tema correlare alle
nuove volumetrie previste per la città? Esistono ulteriori misure che potranno essere adottate per affrontare il problema della casa?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Aumenterò l’housing sociale da 0,35 mq/mq a 0,50 mq/mq e l’edilizia
sovvenzionata da 0,5 a 0,20 mq/mq diminuendo corrispondentemente l’edilizia libera da 0,65 mq/mq a 0,50 mq/mq.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Per le ragioni dette al punto 2), l’edilizia sociale in tutte le sue forme (pubblica,
convenzionata, cooperativa) è certo strategica.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Ci sono esperienze in corso di ristrutturazione di alloggi pubblici di piccole
metrature che con 11/13.000 euro possono tornare ad essere fruibili per categorie sociali particolari e che esprimono il più alto
bisogno: giovani che vogliono scegliere la vita autonoma, giovani coppie, studenti e lavoratori fuori sede, immigrati. Attenzione, non
si tratta solo del tradizionale intervento per fare fronte a emergenze sociali – del tutto doveroso, del resto – ma di un investimento
per favorire e sostenere energie nuove di cui Milano ha bisogno e finora ha respinto. Si può, inoltre, e lo dicono molte interessanti
esprienze di housing sociale, operare per realizzare interventi di autentico mix sociale. Bisogna uscire dalla trappola, economica e
sociale, che ha privilegiato l’acquisto della casa per rilanciare un mercato sostenibile dell’affitto. Per esempio, si può operare per
trasformare la destinazione di stabili destinati a uffici inutilizzati e trovare una altra vasta disponibilità che non consuma suolo.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): La mia proposta è semplice: partire dal grande patrimonio immobiliare inutilizzato.
Grazie al censimento di tutti gli appartamenti (80.000, quasi l’intero quartiere Bicocca!) e degli uffici (900.000 mq, come 30
Pirelloni!) sfitti e invenduti, attiveremo un’Agenzia per la Casa che rimetterà sul mercato a prezzi accessibili una parte della città che
oggi è deserta. Migliaia di appartamenti che verranno offerti con affitti a prezzi accessibili per studenti e giovani coppie, centinaia di
uffici che trasformeremo in loft e spazi di vita e lavoro, vita e studio, vita e ricerca. Barcellona l’ha fatto con Provivienda, l’agenzia di
housing sociale che inviteremo a Milano per un incontro durante la campagna elettorale, Torino lo sta facendo. Milano non può più
aspettare.
4. ACCESSIBILITÀ PUBBLICA. Il PGT in approvazione prevede di “leggere la città di Milano come parte di un sistema
multicentrico e reticolare ampio”, ovvero rafforzare le relazioni della città alle scale territoriali e internazionali. La nostra
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associazione ha proposto una metropolitana “circle-line” sopraelevata rispetto all’anello del ferro esistente ed una “triangle-line”
sopraelevata sulla tangenziale est e sulla tangenziale nord, per mettere a sistema i tre aeroporti dell’area milanese. Le sembra una
proposta credibile e/o quali altre idee propone, in qualità di candidato sindaco, per migliorare l’accessibilità pubblica alla città?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Le due proposte di nuove linee sono interessanti perché rafforzano i
collegamenti circolari, attualmente molto difficoltosi con il trasporto privato. Le linee proposte dal PGT sono ancora radiali.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): L’accessibilità e la mobilità interna sono cruciali per una città come Milano che ogni
giorno è “usata” da una popolazione che è più del triplo di quella che risiede nel Comune. Pianificare un sistema di trasporti pubblici
adatto per questa realtà richiede decisioni prese da un governo metropolitano (la Città metropolitana di cui parla la Costituzione).
Non sarei ora in grado di pronunciarmi specificamente sulla fattibilità delle due proposte di linee sopraelevate, anche se
indubbiamente linee di tipo circolare renderebbero più accessibili tutte le zone della città.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Propongo anch’io la circle line ma anche l’attestamento in corrispondenza dlele
linee di forza del trasporto pubblico in punti esterni a Milano ed alla rete tangenziale: ancora una volta, approccio almeno
metropolitano: non solo il PGT ma 15 anni di giunte di centrodestra hanno ignorato il tema, nella sostanza. Il traffico va separato
nelle sue componenti, così come va costruito un sistema che superi il radiocentrismo cittadino.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Alle dichiarazioni di principio della parte iniziale (Documento di Piano) del PGT, non
corrispondono poi le scelte concrete illustrate nelle altre parti. Questo scarto è evidente nella mancanza di tempistica e di indicazioni
più dettagliate rispetto alle previsioni infrastrutturali e alla mancanza di una visione che vada al di là dei confini comunali.
Sicuramente un collegamento circolare su ferro è un aspetto rilevante (soprattutto nel completamento del passante che già c’è),
così come l’attenzione ai colleganti a scala vasta con i tre aeroporti. Tuttavia la declinazione progettuale va ben studiata.
L’accessibilità pubblica va pensata in un sistema integrato ferro-gomma, con interscambi posti fuori dai confini comunali.
5. MOBILITÀ PRIVATA. Scelte precise in tema di mobilità sono cruciali per Milano. Il PGT demanda al prossimo Piano Urbano
della Mobilità le decisioni relative al maxi-tunnel carrabile da costruirsi sotto la città, dalle aree della fiera Rho-Pero a Linate. Pensa
che, unitamente all’Ecopass, il Maxi-Tunnel sia la giusta soluzione al problema del traffico e/o quali altre misure intenderà
promuovere per coordinare la mobilità privata se sarà eletto sindaco?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Sono contrario al nuovo tunnel e favorevole all’estensione dell’ecopass alla
circonvallazione esterna, facendolo passare da pollution charge a congestion charge. Andranno migliorati i trasporti pubblici su scala
metropolitana con parcheggi di corrispondenza nei comuni di prima e seconda cintura e con una tariffa unica dei mezzi pubblici. Ci
vorrà anche nuovo materiale rotabile per migliorare le condizioni di viaggio dei pendolari.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Il traffico automobilistico privato va radicalmente ridotto nelle aree più centrali
(anche attraverso chiusura di strade e piazze), puntando su trasporti pubblici efficienti. Oggi chiunque sa che se deve spostarsi in
aree servite dalla metropolitana questa è il mezzo più rapido e più comodo. Se si aggiungessero strade ciclabili e biciclette “Bikemi”
accessibili ad ogni stazione di metropolitana, per gli spostamenti brevi, sarebbe ancora meglio. Un maxi tunnel carrabile sotto la
città mi sembra un incubo. Vorrei, da Sindaco, “regalare” ai milanesi almeno un quarto d’ora in meno (in media) di tempo di
percorrenza casa-lavoro ogni giorno.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Il tunnel è stato accantonato, questa è la parola giusta, nel PGT ma andrà
eliminato dal piano della mobilità. Zone pedonali nei quartieri della città, oltre che nel centro, potenziamento del mezzo pubblico
(quantità, qualità del materiale rotabile, fluidificazione dei percorsi, biglietto unico e tariffa integrata), piste e corsie ciclabili, aree
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con ingresso a pagamento in base al tipo di auto e al suo ingombro, per superare gli aspetti di discriminazione sociale nell’Ecopass
come praticato: insomma, un insieme di provvedimenti, non una o poche soluzioni miracolistiche.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): La proposta del tunnel così com’è pensata rappresenta un pericolo di
congestionamento per la città (si pensi all’uscita prevista nel tessuto urbano) e una spesa enorme che può essere meglio impiegata,
prima di tutto finanziando il trasporto pubblico.
Non basta l’Ecopass, per frenare il traffico di 700.000 automobili che tutti i giorni si riversano su Milano. È necessario rafforzare i
trasporti pubblici verso le aree più esterne al centro, e gestire meglio lo spazio stradale. Rinnovare il parco mezzi, migliorandone
numero, qualità e impatto ambientale (incluso il rumore), ampliando le frequenze, la copertura oraria, autobus notturni per i giovani
e taxi a tariffa ridotta per le donne di sera. Servono inoltre incentivi per le pratiche virtuose, come per esempio il trasporto in
condivisione (bike e car sharing, car pooling). Milano è una città piatta, e potrebbe essere una città ciclabile, ma deve anzitutto
diventare una città dove i pedoni e o ciclisti possano muoversi in sicurezza. Vogliamo centinaia di stalli per le bici e una rete di
percorsi ciclabili diffusi e coerenti, con interventi rapidi da realizzare e poco costosi. Rafforzeremo gli interscambi, creando
disincentivi e convenienze, per convincere gli automobilisti a lasciare l’auto nei parcheggi esterni e a muoversi in città con i
trasporti pubblici, le biciclette, a piedi. Abbiamo bisogno di più zone pedonali in città, di circuiti in bicicletta studiati a partire dal
modo in cui funziona la città e non elaborati in modo geometrico.
6. EXPO 2015. Nel 2015 la città di Milano ospiterà l’esposizione universale “Nutrire il pianeta”. Ad oggi ancora importanti scelte
devono essere prese relativamente a questo grande evento, ad iniziare dalla disponibilità delle aree per il quartiere fieristico. Quale
pensa sia la collocazione più appropriata per tale quartiere, anche in relazione alla proprietà delle aree e alla sua riconversione dopo
l’evento?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Ormai è deciso che l’Expo si svolga vicino a Rho-Pero, anche se lo
spostamento all’ortomercato è una proposta interessante. Alla fine dell’esposizione le aree edificabili andranno ridotte rispetto a
quanto previsto negli accordi del 2007 con i privati, mantenendo una grande area ad uso agricolo.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Non è ammissibile che si discuta ancora, dopo due anni, dove fare l’Expo. Parliamo
del dopo Expo: cosa deve restare a Milano, solo tanta cubatura in più per i proprietari (pubblici e privati) delle aree? Sarebbe
meglio più verde, più spazi pubblici, e soprattutto Milano capitale mondiale permanente della ricerca e del pensiero sui temi della
fame e dell’energia.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Ho sempre sostenuto il progetto di Expo diffusa per valorizzare tanti luoghi
significativi e strategici di Milano. Expo sulla alimentazione comporta che sia centrale il Parco Sud, altro che farvi nascere, invece
che prodotti agricoli, metri cubi anche se (per ora, solo, ma fino a quando?) virtuali. Per altre aree - come Ortomercato – quanto
meno è troppo tardi, anche perché così Expo andrebbe riprogettata, al netto dei progetti appena presentati su quell’area: mi ha
fatto pensare al pallone gettato in tribuna! Sulla proprietà e la qualità dell’area, Moratti Formigoni e il Governo hanno tutte le
responsbilità dei tre anni di paralisi e per il dopo evento siamo ancora alle ipotesi: la RAI non risponde, l’edilizia sociale ci sarà solo
di conserva a quella privata e questa quanta sarà, fatta da chi e per quali abitanti? Rimetterei al centro dell’attenzione la
realizzazione dei progetti di cooperazione internazionale e soprattutto delle opere – a partire dalle metropolitane – che servono a
Milano: sono preoccupato, perché è la storia di un fallimento di interi gruppi dirigenti, della politica e della economia milanese.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Expo 2015 è una grande occasione per Milano, che si scontra con un’ambiguità di
fondo: le esorbitanti promesse iniziali del pubblico ai proprietari privati delle aree (è la prima volta che un’esposizione internazionale
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si tiene su aree di proprietà privata), aspettative che non sono mai state limitate dalla responsabilità degli attori politici. Il risultato
è la realizzazione di volumetrie eccessive, al posto dell’idea forte dell’Orto Botanico prevista dal Masterplan e dell’idea di una grande
area agricola di sperimentazione e di ricerca, che sarebbe la scelta fondamentale per il futuro dello stesso quartiere. Se nell’accordo
iniziale era prevista un’edificazione sul sito di 580mila metri quadrati, la variante attuale in attesa di essere presentata in consiglio
comunale consentirà ben 740mila metri quadrati di costruzioni, l’equivalente di 25 Pirelloni. Dai miei calcoli, dopo il 2015 i privati
potranno costruire 505mila metri quadrati. A questi ne vanno aggiunti i 230mila che Expo realizzerà. In totale è l’equivalente di un
quartiere come la Bicocca concentrato su un territorio più piccolo. Si tratta tuttora, nonostante la partecipazione dei privati ai costi
delle infrastrutture, di un’indebita valorizzazione di un terreno privato prodotta grazie a investimenti pubblici.
7. SICUREZZA. Il problema sicurezza è di primaria importanza per l’area urbana milanese. Pensa che l’operazione "Strade Sicure"
(prevista dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92,
recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" e dal DL del 1° luglio luglio 2009 n. 78) e le ordinanze comunali relative al
“coprifuoco” per alcune zone della città siano una soluzione a tale problema? Quali eventuali altre misure saranno prese nel caso sia
eletto sindaco?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Sono contrario al coprifuoco e favorevole ad un controllo sociale da parte delle
varie comunità etniche sui comportamenti dei loro membri.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Le due leggi citate c’entrano sino a un certo punto con i problemi della sicurezza
urbana. Di tratta del “pacchetto sicurezza” e del decreto “anticrisi”. Il primo contiene le note nuove norme sulla repressione della
guida sotto l’influenza dell’alcool, che però riguardano essenzialmente il traffico extraurbano. Le ordinanze c.d. coprifuoco
riguardano altri temi: il controllo degli affitti in nero e la chiusura anticipata notturna di certi esercizi. Non mi sembra che queste
misure servano ad aumentare realmente la sicurezza nella città. Il problema degli affitti in nero c’è in tutta la città e non solo in Via
Padova o in Via Sarpi. Quanto agli orari, è discutibile che chiudendo prima certi esercizi (per di più solo in una zona, con effetto di
concorrenza sleale da parte degli esercizi fuori zona) si renda la città più sicura. Occorrerebbe intensificare i controlli, per esempio
sulla violazione del divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori, o sullo spaccio di droga nelle discoteche. In tutta la città.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Ho detto dall’inizio, ai primi di luglio, che revocherò – tra i primi atti della giunta
– le ordinanze coprifuoco che rendono la città più buia, più triste e la gente più sola. Milano aperta, illuminata, percorsa da chi vi
abita è una città sicura, per davvero.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Le ordinanze sul “coprifuoco” non sono la soluzione per i problemi della città.
Bisogna accendere, e non spegnere, la luce nelle periferie. Certo, non bastano gli auspici ed è necessario suggerire azioni concrete.
Ho presentato un progetto dettagliato per la sicurezza dove enuncio in cinque punti
fondamentali http://www.stefanoboeri.it/blog/una-prospettiva-diversa-sulla-sicurezza-la-prevenzione-sociale/#more-1735 il
ribaltamento della prospettiva dalla repressione alla prevenzione sociale.
8. VERDE PUBBLICO. La città di Milano soffre di un’endemica carenza di verde pubblico. Nel caso sia eletto sindaco, come
intenderà affrontare questo tema, con specifico riferimento ai parchi urbani nella città consolidata, ai piani di cintura urbana nel
territorio comunale ed al grande polmone del Parco Sud?
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MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): I parchi urbani saranno ampliati e creati dei nuovi dovunque possibile, nei
piani di cintura urbana non sarà prevista nuova edificazione, a partire dai PCU Idroscalo e Monluè (ATIPG Forlanini ed Monluè).
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Pubblicherò prossimamente nel sito (www.milanonida.it) un documento sul
verde. Rimando ad esso.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Almeno raddoppiare il verde disponibile e fruibile è il mio obiettivo. In primo
luogo, non consumando suolo, “costruire sul costruito” deve essere lo slogan; curando gli spazi nei e dei quartieri, per creare effetti
città, con acque pubbliche e fontane (così si ridurrebbe il livello della falda e diminuirebbe il rischio delle esondazioni). Del Parco
Sud ho detto: risorsa da usare in senso proprio.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Da parte dell’attuale amministrazione non vi sono indicazioni chiare circa la
destinazione delle aree verdi, né all’interno della città, con un potenziamento del verde urbano e la valorizzazione dei parchi, né in
periferia e nelle zone limitrofe. Penso al Parco Sud: non si dice come possa acquisire il valore economico e culturale necessario per
diventare un effettivo presidio contro la crescita estensiva della città. Non si parla di orti urbani, agricoltura di prossimità,
forestazione, aree di rinaturalizzazione, istituti di formazione e didattica, cascine, ecc… In questa situazione, la semplice
acquisizione al pubblico delle aree non costituisce una garanzia della loro difesa come zone permeabili e verdi. Questo anche perché
nulla si dice sul modo in cui il pubblico potrebbe accollarsi i costi di manutenzione e di gestione di questo grande
sistema territoriale.
Un altro fronte su cui lavorare è il progetto Metrobosco della Provincia di Milano, iniziato nel 2006, che ha già portato alla
piantumazione di 300mila alberi in un anello verde attorno a Milano. Il progetto Metrobosco ha coinvolto circa una sessantina di
Comuni e prevede che ogni ettaro di bosco possa contenere fino a 100 alberi, per abbattere così 50 tonnellate di CO2 all’anno, al
costo di 50mila euro ad ettaro. È necessario riprenderlo al più presto.
9. FEDERALISMO DEMANIALE. È in corso di approvazione il cosiddetto “federalismo demaniale” da parte dell’attuale governo.
Cosa pensa di questa iniziativa e come pensa di sfruttarla in Milano, se eletto sindaco?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Le aree acquisite con il federalismo demaniale (essenzialmente le caserme da
dismettere) saranno utilizzate per il verde e l’housing sociale, non per fare cassa con edilizia di lusso.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Vuol dire semplicemente che certi immobili di proprietà pubblica passano dallo Stato
al Comune. Se sono di uso pubblico (demanio) devono restare tali, a meno che non servano più. Se sono adibiti ad usi particolari o
dismessi (tipo caserme) il Comune dovrebbe valorizzarli e adibirli ad usi di interesse generale.
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): Una grande occasione per riprogettare ampie parti della città. Meglio se ci fosse
una legge che regoli poteri di gestione e pianificazione particolare, aumentando il potere dell’ente pubblico: la norma nazionale
lascia varchi enormi e si fonda su concetti ambigui (la valorizzazione come condizione per acquisire il patrimonio). Certo, né il
Governo né la Regione hanno questo in mente e quindi forse si dovrà operare sul solo piano amministrativo: una bella occasione
per decisioni ampiamente partecipate, con il contributo di tecnici e intellettuali che dovranno essere motivati a fare qualcosa di
profondamente nuovo per a loro città.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Sotto l'etichetta un po' oscura di federalismo demaniale si nasconde un enorme
passaggio di consegne di beni paesaggistici e immobiliari (spiagge, laghi, caserme...) dallo Stato agli enti locali. Un’operazione
molto delicata, che il Governo di centro-destra sta affrontando con troppa approssimazione e leggerezza. Come sindaco di Milano
mi preoccuperei innanzitutto che siano tutelati (e rinnovati) i beni di valore culturale e monumentale (ad es. Brera). Penso
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comunque che con un'attenta gestione questo passaggio possa essere un'occasione per rimettere a disposizione dei cittadini aree
oggi inaccessibili (ad es. il poligono di tiro in via Forze Armate). Un fondo immobiliare di finanza etica e responsabile potrebbe
essere lo strumento per finanziare una valorizzazione di questi luoghi che sia veramente utile per la città (housing sociale, centri di
aggregazione, spazi per le reti associative, servizi culturali).
10. AREE MILITARI DISMESSE. Circa un milione di metri quadri (attualmente a destinazione area militare) sono l’oggetto del
Protocollo d’Intesa firmato nel maggio 2009 tra il Comune di Milano ed il Ministero della Difesa. Quale sarà l’indirizzo politico di
sviluppo di tali aree nel caso sia eletto sindaco, anche in relazione al disegno di legge 1373 che prevede la costituzione della società
di diritto privato “Difesa Servizi s.p.a.” incaricata della compravendita delle aree militari?
MICHELE SACERDOTI RISPONDE (09/10/2010): Vedi punto 9.
VALERIO ONIDA RISPONDE (13/10/2010): Ecco un esempio di ciò che si diceva al punto 9. La mania delle s.p.a. dilaga nel
nostro paese. Fra poco avremo l’esercito o la polizia s.p.a. ! A parte gli scherzi, un conto è valorizzare e usare bene i beni di
proprietà pubblica (giusto), un altro vendere o svendere un patrimonio che potrebbe essere destinato a usi di interesse generale
(salvo naturalmente casi particolari, in cui si potrebbe vendere destinando il ricavato a riduzione del debito pubblico).
GIULIANO PISAPIA RISPONDE (18/10/2010): vedi punto 9.
STEFANO BOERI RISPONDE (21/10/2010): Ho già risposto nel punto 9 sulla possibile destinazione delle aree ex-militari. Su
“Difesa Spa”, penso sia un modo sbagliato e rischioso di gestire il destino di beni che, in capo allo Stato o ai Comuni, rimangono
comunque pubblici (quindi di tutti noi). Già in troppe occasioni abbiamo visto come questa impostazione, invece di portare
maggiore efficienza e minori costi per la collettività, ha aumentato solo la discrezionalità e l'opacità delle scelte, come pure i rischi di
lottizzazione politica. Da Sindaco mi impegnerò per aumentare la trasparenza degli atti e delle decisioni, anche di quelle che
necessitano di intese con altri enti.
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